Nessuno lo dice, ma se si vota Berlusconi perde: ecco come
Attenzione: al di là delle minacce ripetutamente ventilate di ricorrere al voto anticipato, Berlusconi sa benissimo che vincere non gli sarebbe facile: la ribellione di Fini, sommata alle possibili diserzioni di Caldoro in Campania e Lombardo in Sicilia, potrebbero privarlo delle Regioni-chiave. Senza contare il Piemonte, sempre il bilico, dove alle regionali Cota ha vinto di un soffio: finiani e Udc potrebbero favorire il successo del centrosinistra. Il rischio di perdere al Senato sarebbe piuttosto alto, scrive lo storico e politologo Aldo Giannuli nel suo blog, e questo per Berlusconi sarebbe una catastrofe anche se vincesse alla Camera: infatti, non avrebbe i numeri per fare il governo e sarebbe altamente improbabile un ennesimo ricorso alle urne.
La coalizione di destra, continua Giannuli nella sua analisi, avrebbe ottime probabilità di vincere in Veneto, Lombardia, Friuli e Calabria, ne avrebbe discrete di vincere in Abruzzo e Molise, ma perderebbe quasi certamente in Emilia, Toscana, Umbria e Marche e avrebbe poche speranze di vincere in Liguria, Trentino, Val d’Aosta e Basilicata. A forte rischio sarebbero Piemonte, Lazio, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. «Infatti – scrive Giannuli – in queste regioni peserebbe non solo la scissione finiana (Lazio, Campania) ma anche quelle che si profilano di Caldoro (Campania) e di Pisanu (Sardegna), mentre la Sicilia sarebbe persa ad opera di Lombardo».
Quanto al Piemonte, dove Cota ce l’ha fatta per un pelo, basterebbe che il Pdl perdesse pochi voti (i finiani, il gruppo dello stesso Scandenberech che ora minaccia di ripassare con l’Udc) per rovesciare di nuovo l’esito. In Puglia potrebbero influire sia l’effetto psicologico della vittoria di Vendola, sia un accordo con la Poli Bortone. Insomma, sempre secondo Giannuli c’è una verità tattica piuttosto evidente, ancorché sottaciuta: «Ad Udc e Pd sarebbe sufficiente fare accordi tecnici a scacchiera per vincere in almeno quattro delle regioni a rischio e Berlusconi sarebbe in minoranza».
Dato per improbabile il recupero di Fini o dell’Udc, la strada obbligata – malgrado lo scalpitare di Bossi – sarebbe ora quella di un governo di unità nazionale. «A presiederlo dovrebbe essere un uomo della coalizione PdL-Lega, che avrebbe pur sempre la maggioranza assoluta alla Camera, ma potrebbe essere lo stesso Berlusconi? Improbabile: Pd ed Udc non potrebbero accettare che a presiedere un governo di confluenza sia il capo del partito avverso. Certo la destra cercherebbe di far muro ponendo la presidenza Berlusconi come condizione irrinunciabile, ma non avrebbe nessuna risorsa se non di riproporre lo scioglimento delle Camere». Non è difficile prevedere il nome che spunterebbe fuori: Tremonti.
Già, perchè le difficoltà del Cavaliere non si fermano al Senato: europee e regionali hanno segnato una fuga di quasi 5 milioni di elettori (prevalentemente astenuti) dal Pdl che ha limitato i danni in percentuale solo perchè anche il Pd è riuscito a perdere 4 milioni di voti verso l’astensione e perchè la Lega ha recuperato qualcosa. Ma i rapporti di forza fra Pdl e Lega, che alle politiche erano di 1 a 4,5 a favore del Pdl, potrebbero scendere anche ad 1 a 1,3 o 1,4 se la Lega si attestasse al 15-18% nazionale e il Pdl si fermasse al 24-27%. Una débacle, conclude Giannuli: e considerando la scissione finiana, il logoramento di immagine di Berlusconi, la serie di scandali che hanno investito il Pdl, non si tratta affatto di una prospettiva impossibile (info: www.megachipdue.info).