Salvare la Libia: via alla missione Onu contro Gheddafi
Scritto il 18/3/11 • nella Categoria:
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Bombardare Gheddafi, col via libera delle Nazioni Unite: dopo infinite esitazioni, il 17 marzo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione 1973 che impone l’attesa “no-fly zone” sui cieli della Libia e prevede «tutte le necessarie misure per proteggere la popolazione civile», tranne un’invasione di terra. Immimente, secondo la Francia, l’avvio dei raid aerei della Nato. E la Bbc non esclude un primo intervento dell’aviazione britannica già il 18 marzo, per colpire le artiglierie che stanno cingendo d’assedio Bengasi, la capitale degli insorti. E’ la svolta nella tragedia libica, accolta con scene di giubilo nella città assediata, dove migliaia di manifestati si sono riversati in strada.
Sarà dunque la minaccia delle armi, avallata dall’Onu dopo l’esplicito invito della Lega Araba, a porre fine alla mattanza, dovuta alla supremazia aerea delle truppe di Gheddafi che in una settimana, colpendo gli insorti dal cielo, hanno potuto riconquistare gli snodi petroliferi di Raf Lanuf e Brega, strappando centinaia di chilometri e mettendo alle corde le stremate difese di Bengasi, Misurata e Tobruk. Disperato l’appello all’Occidente per un intervento della comunità internazionale. Decisiva la pressione della Francia, giunta a minacciare un intervento militare autonomo per difendere i libici ribellatisi al Colonnello, e poi la tenacia diplomatica degli Usa: al Palazzo di Vetro, Obama e la Clinton hanno ottenuto infine l’astensione determinante di Russia e Cina, disposte a rinunciare al loro potere di veto dopo le ultime minacce di Gheddafi, che ha terrorizzato la popolazione promettendo di fare strage degli insorti.
A favore dell’attacco internazionale al Colonnello si sono espressi dieci paesi: con Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, anche Bosnia, Gabon, Nigeria, Sudafrica, Portogallo, Colombia e Libano. Insieme a Russia e Cina, nel Consiglio di Sicurezza si è invece astenuta la Germania, unica nazione europea che non fornirà appoggio alla missione, insieme a due potenze mondiali emergenti come Brasile e India. Tutti, alla fine, favorevoli a metter fine al regime di Gheddafi e comunque non contrari all’uso della forza. La “no-fly zone” prevede infatti raid aeronavali per neutralizzare la capacità offensiva dell’aviazione di Gheddafi, colpendo anche basi, artiglierie contraeree, rampe missilistiche e centri radar. In pratica, un’azione di guerra a tutti gli effetti, per liquidare anche sul piano militare un regime sanguinario, già messo all’indice e colpito da ogni forma di boicottaggio economico.
È stato il ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, a presentare in Consiglio la risoluzione tanto attesa dalla resistenza libica: in funzione del documento approvato, il via libera alla “zona di non-sorvolo” sulla Libia potrebbe scattare già nella notte fra il 18 e il 19 marzo. La Francia ha reso noto al Palazzo di Vetro che diversi Paesi arabi parteciperanno alla “no-fly zone”: secondo indiscrezioni, scrive “La Stampa”, nella “guerra dell’Onu” contro il Colonnello potrebbe scendere in campo anche l’Egitto, accato a Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Giordania.
«Nel momento stesso in cui la risoluzione è stata approvata – scrive “La Stampa” – migliaia di persone hanno festeggiato in piazza a Bengasi, davanti alla sede del Consiglio nazionale transitorio (Cnt), il governo degli insorti, nonostante pochi minuti prima fossero state udite tre forti esplosioni e fosse subito entrata in azione la contraerea dei ribelli». Il nuovo testo esclude la possibilità di avere in Libia una “forza occupante”, ma contempla e autorizza invece l’uso di «tutte le misure necessarie» per la protezione dei civili, compreso un intervento militare aereo. Secondo alcuni diplomatici Onu, tuttavia, la “no-fly zone” potrebbe in realtà aprire la strada anche ad operazioni terrestri, se ritenute necessarie per tutelare la popolazione, schierata con gli insorti.
«È questione di giorni, se non di ore», aveva detto il ministro francese Juppè, chiedendo il voto favorevole del Consiglio: «Dobbiamo agire subito per fermare Gheddafi, sperando che non sia già troppo tardi». Intanto, in attesa dei primi raid aerei della Nato, per effetto della risoluzione delle Nazioni Unite vengono bloccate entità finanziare libiche come la Central Bank of Libya, la Libyan Investment Authority, la Libyan Foreign Bank, oltre che la Libyan National Oil Company. Tutti i voli commerciali sono ora vietati: la Libia è completamente isolata, per fermare l’afflusso di denaro nelle casse del Colonnello o l’arrivo di nuovi mercenari come quelli impiegati dal regime per tentare di stroncare la rivolta, appoggiata da migliaia di militari libici che hanno disertato dall’esercito regolare.
Drammatiche le ultime ore di Bengasi prima dell’annuncio dell’Onu: «Preparatevi, stiamo arrivando», ha avvertito Gheddafi in un messaggio audio diffuso dalla tv libica, minacciando un bombardamento a tappeto sul capoluogo della Cirenaica. Poco dopo, l’annuncio da New York: la comunità internazionale ha finalmente deciso di intervenire per metter fine alla strage. Prime reazioni da Tripoli: quella del viceministro Khaled Kaaim che si dice «pronto a un cessate il fuoco», auspicando che l’Italia «si tenga fuori» dalla controffensiva internazionale. Poi, le nuove minacce: il ministero della difesa di Tripoli avverte che, se le forze di Gheddafi saranno attaccate, la Libia «metterà a rischio tutto il traffico aereo e marittimo nel Mediterraneo e ogni mezzo mobile civile o militare sarà obbiettivo di una controffensiva libica». Nonostante gli “avvertimenti” di Tripoli, l’Italia appoggerà l’intervento militare, quantomeno mettendo a disposizione le proprie basi nel Mediterraneo.
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