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Mini: falliti tutti gli obiettivi dopo 10 anni in Afghanistan

Scritto il 09/10/11 • nella Categoria: idee Condividi Tweet

DIECI ANNI DI GUERRA. L’ex comandante della missione Nato in Kosovo traccia un bilancio molto negativo della missione afgana ed esprime pessimismo per il futuro
di Enrico Piovesana – peacereporter.net.
Generale Mini, che bilancio traccia di questi dieci anni di guerra in Afghanistan?
Un bilancio del tutto negativo, visto che non è stato conseguito nessuno dei grandi obiettivi con cui gli Stati Uniti e la comunità internazionale hanno giustificato l’intervento in Afghanistan: dalla sconfitta del terrorismo internazionale, che non è certo morto con Bin Laden, alla democratizzazione e ricostruzione del Paese, al contrasto al narcotraffico.
Se la missione Isaf si fosse limitata al suo obiettivo iniziale stabilito a Bonn nel dicembre del 2001, ovvero alla stabilizzazione dell’area di Kabul e al supporto alla creazione di un governo transitorio, le cose sarebbero andate diversamente.
Quando e perché sono cambiati gli scopi della missione afgana?
Il fallimento afgano è iniziato quando nel 2003 gli Stati Uniti, per concentrarsi sull’Iraq, hanno lasciato la missione Isaf in mano alla Nato, che ne ha stravolto gli scopi allargandoli ai suddetti obiettivi di antiterrorismo, nation-building e antidroga, ma che poi non è stata in grado di gestire la situazione. La Nato ha voluto strafare, disperdendo le sue scarse forze su tutto il territorio e finendo così a fare da bersaglio senza riuscire a raggiungere nessuno di quegli ambiziosi convertiti. Il paradosso è che eravamo andati lì per difendere gli afgani, e oggi ci ritroviamo a difendere noi stessi dagli afgani.
Quali sono le sue previsioni sul futuro dell’Afganistan e della missione internazionale?
Riguardo al futuro sono altrettanto pessimista, perché in dieci anni non è stato affrontato nessuno dei problemi sociali e culturali che avrebbe potuto garantire un futuro diverso all’Afghanistan. In tutto questo tempo non abbiamo portato nessun miglioramento dal punto di vista dell’economia, dell’istruzione, delle leggi. Anzi, con la nostra inazione e i nostri errori abbiamo peggiorato le cose, allontanando sempre più la popolazione dal nuovo governo sostenuto dall’Occidente. Per riparare ai nostri danni dovremmo rimanere in Afghanistan per decenni!
Quindi non crede che l’occupazione dell’Afganistan finirà nel 2014?
Noi europei ce ne torneremo a casa nei prossimi anni senza aver risolto niente, ma gli americani rimarranno a tempo indeterminato, lasciando basi e forze speciali: loro non usciranno mai più dall’Afghanistan, esattamente come non usciranno mai più dall’Iraq. E già che ci sono, fanno di necessità virtù: dovendo rimanere per forza, ne approfittano per piantare degli avamposti contro potenziali nemici regionali e globali, Cina in primis, gettando i presupposti per nuove e ben più rischiose guerre globali. E per rimanerci sono prontissimi a scendere a patti con i talebani.
Mantenere i nostri soldati in Afganistan costa a noi italiani 800 milioni l’anno: in tempi di crisi non sarebbe il caso di riportarli a casa subito?
Se si considerano i pessimi risultati che abbiamo ottenuto finora potremmo andarcene anche domani, risparmiando un bel po’ di denaro. Ma per ragioni di politica interna italiana e di rapporti con gli alleati Nato, l’Italia non può permettersi un ritiro unilaterale.

Terrorismo, democrazia, ricostruzione, narcotraffico: in dieci anni di guerra in Afghanistan, nessuno degli obiettivi è stato centrato: potremmo tornarcene a casa anche subito, se non fossimo così legati agli Usa – che invece resteranno a Kabul per chissà quanto, anche solo per presidiare la frontiera occidentale della Cina. Il generale Fabio Mini, ex comandante della missione Nato in Kosovo, è pessimista. A partire dal bilancio di questo decennio: «Un bilancio del tutto negativo, visto che non è stato conseguito nessuno dei grandi obiettivi con cui gli Stati Uniti e la comunità internazionale hanno giustificato l’intervento in Afghanistan: dalla sconfitta del terrorismo internazionale, che non è certo morto con Bin Laden, alla democratizzazione e ricostruzione del Paese, al contrasto al narcotraffico».

Se la missione Isaf si fosse limitata al suo obiettivo iniziale stabilito a Bonn nel dicembre del 2001, ovvero alla stabilizzazione dell’area di Kabul e al supporto alla creazione di un governo transitorio, le cose sarebbero andate Fabio Minidiversamente, aggiunge Mini, intervistato da Enrico Piovesana per “PeaceReporter”. Il fallimento afghano, continua il generale, è iniziato quando nel 2003 gli Stati Uniti, per concentrarsi sull’Iraq, hanno lasciato la missione Isaf in mano alla Nato, «che ne ha stravolto gli scopi allargandoli ai suddetti obiettivi di antiterrorismo, nation-building e antidroga, ma che poi non è stata in grado di gestire la situazione». Per Mini, «la Nato ha voluto strafare, disperdendo le sue scarse forze su tutto il territorio e finendo così a fare da bersaglio senza riuscire a raggiungere nessuno di quegli ambiziosi convertiti. Il paradosso è che eravamo andati lì per difendere gli afgani, e oggi ci ritroviamo a difendere noi stessi dagli afghani».

Riguardo al futuro, Mini è altrettanto pessimista, perché in dieci anni non è stato affrontato nessuno dei problemi sociali e culturali che avrebbe potuto garantire un futuro diverso all’Afghanistan: «In tutto questo tempo non abbiamo portato nessun miglioramento dal punto di vista dell’economia, dell’istruzione, delle leggi. Anzi, con la nostra inazione e i nostri errori abbiamo peggiorato le cose, allontanando sempre più la popolazione dal nuovo governo sostenuto dall’Occidente. Per riparare ai nostri danni dovremmo rimanere in Afghanistan per decenni!». Quindi non crede che l’occupazione dell’Afganistan finirà nel 2014? «Noi europei ce ne torneremo a casa nei prossimi anni senza aver risolto niente, ma gli americani rimarranno a tempo indeterminato, lasciando basi e forze speciali: loro non usciranno mai più dall’Afghanistan, esattamente come non usciranno mai più dall’Iraq. E già che ci sono, fanno di necessità virtù: dovendo rimanere per forza, ne approfittano per piantare degli avamposti contro potenziali nemici regionali e globali, Cina in primis, gettando i presupposti per nuove e ben più rischiose guerre globali. E per rimanerci sono prontissimi a scendere a patti con i talebani».

Mantenere i nostri soldati in Afghanistan, ricorda “PeaceReporter”, costa a noi italiani 800 milioni l’anno: in tempi di crisi non sarebbe il caso di riportarli a casa subito? «Se si considerano i pessimi risultati che abbiamo ottenuto finora potremmo andarcene anche domani, risparmiando un bel po’ di denaro. Ma per ragioni di politica interna italiana e di rapporti con gli alleati Nato, l’Italia non può permettersi un ritiro unilaterale» (info: www.peacereporter.net).

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Tag: Afghanistan, Cina, democrazia, Enrico Piovesana, Fabio Mini, guerra, narcotraffico, Osama Bin Laden, ricostruzione, spese militari, terrorismo, Usa

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