LIBRE

associazione di idee
  • idee
  • LIBRE friends
  • LIBRE news
  • Recensioni
  • segnalazioni

Disoccupazione: era il vero obiettivo dei nostri oligarchi

Scritto il 12/4/13 • nella Categoria: idee Condividi Tweet

Quante inutili lacrime di coccodrillo bagnano il solito conformismo della grande informazione. Ora improvvisamente si scopre che non c’è un milione di posti di lavoro in più, ma in meno. E naturalmente la parola più adoperata è emergenza. Ma quale emergenza, la disoccupazione di massa è un obiettivo perseguito da venti anni da parte delle classi dirigenti, con una accelerazione negli ultimi due così brutale che forse il risultato è andato oltre quanto ci si prefiggeva. Ma resta il fatto che la disoccupazione è prima di tutto voluta. Nella ideologia liberista che ancora domina tutte le politiche economiche, soprattutto in Europa, la disoccupazione è lo strumento per riequilibrare il mercato del lavoro quando calano i profitti. Le aziende riducono il personale e questo crea una disoccupazione che dopo un po’ produce concorrenza al ribasso sul prezzo della forza lavoro. Alla fine il salario precipita fino al punto in cui le imprese trovano conveniente ricominciare ad assumere e si riparte, c’è la famosa ripresa.

Questa politica è stata da noi attuata per venti anni, prima con la precarizzazione e poi, quando è scoppiata la grande crisi, con la Montidisoccupazione di massa. E tutto questo ha prodotto il risultato voluto, il crollo dei salari e l’aumento degli orari di chi è rimasto al lavoro. Pensiamo solo a Marchionne. Nulla del suo progetto sulla forza lavoro sarebbe stato realizzabile senza il ricatto della disoccupazione, ovviamente amplificato dalla minaccia: o così o all’estero. Anche questa minaccia infatti sarebbe meno efficace se ci fossero alternative immediate per chi rifiuta di accettare quel ricatto. Ma siccome chi perde il lavoro, soprattutto se di mezza età, deve mettersi in coda dietro ai più giovani nella vana ricerca di una occupazione precaria e neppure la trova, è chiaro che il ricatto funziona.

Così in questi anni di precarietà e disoccupazione di massa, chi ancora conserva un posto di lavoro degno di questo nome ha imparato ad autosfruttarsi. Del resto la solita informazione di regime spiega ogni giorno che gli occupati “normali” sono dei privilegiati. Hai già il lavoro, accontentati, non pretendere anche il salario! Così alla fine l’obiettivo è stato raggiunto, là dove ancora si lavora la minaccia della disoccupazione di massa ha fatto sì che i dipendenti accettino condizioni di lavoro e salario che solo poco tempo fa sarebbero state ripudiate perché lesive della dignità. Obiettivo raggiunto, ma non si riparte e la crisi si aggrava. Perché queste politiche liberiste possono avere, a prezzo di terribili ingiustizie, qualche successo se l’economia complessiva è in fase di grande crescita. Ma se come ora l’economia nel mondo ristagna, cresce solo in Cina, India, etc e precipita Marchionneverso il basso nell’Occidente; allora il risultato non c’è. Come dopo la crisi del 29, le politiche liberiste aggiungono danno a danno.

In più l’Italia aggiunge a tutto questo una politica di pagamento del debito, che ci è imposta dall’Europa e che in tempi di crisi è totalmente insostenibile, come lo erano le riparazioni di guerra chieste alla Germania alla fine della prima guerra mondiale. Come facciamo a pagare una rata annuale di 120 miliardi all’anno, tra interessi e riduzione del debito, come ci impone il Fiscal Compact? Non possiamo, a meno di distruggere continuamente risorse che potrebbero essere dedicate alla ripresa. Per questo il calo dello spread si è fermato, non per il teatrino della politica, ma perché gli investitori sanno che l’Italia dalla crisi non esce. Le misure di riduzione dei costi della politica sono giuste sul piano della morale pubblica, ma sul piano economico il loro effetto è zero. Il pagamento dei debiti pubblici alle imprese è giusto, ma al massimo impedisce ulteriori chiusure, non fa ripartire una economia ferma. Così pure incentivare le assunzioni a tempo indeterminato può far assorbire qualche contratto precario particolarmente scandaloso, ma non aggiunge all’esistente nulla. Nessuna azienda assume se non ha nulla da fare in più di quello che già fa.

E allora? Allora bisogna abbandonare totalmente le politiche liberiste che continuano a fallire e a farci fallire. Per metterla in politica bisogna dire no a Berlusconi, ma anche a Ciampi, a Prodi e ovviamente a Monti. Se davvero si vuol abbattere la disoccupazione di massa e considerarla, come fecero tutti i progressisti e gli antifascisti negli anni trenta, il primo nemico della democrazia, allora bisogna rovesciare il tavolo delle misure e dei convincimenti di questi venti anni. Primo, ci vuole un grande intervento pubblico perché il mercato è fallito. Ci vogliono nazionalizzazioni e investimenti pubblici in opere necessarie davvero, abbandonando le varie Tav che producono lauti profitti, ma quasi zero lavoro. Secondo, bisogna bloccare i licenziamenti subito, imponendo alle multinazionali e alle grandi imprese una vera e propria tassa sociale per il lavoro. Se te ne vai paghi Cremaschimolto di più di quello che ti costa restare, questo deve imporre un potere politico con la schiena dritta.

Terzo, bisogna ridurre qui e ora l’orario di lavoro nelle due modalità conosciute. L’abbassamento dell’età della pensione e la riduzione dell’orario settimanale. Questo non crea nuovo lavoro, ma ridistribuisce quello che c’è in modo più giusto, soprattutto a favore dei giovani e degli esodati, e in prospettiva migliora la stessa produttività. Quarto, bisogna ridistribuire ricchezza, prima di tutto con il reddito ai disoccupati e poi con l’aumento delle retribuzioni e delle pensioni più basse. Questo perché bisogna smetterla di pensare che l’economia riparta vendendo Ferrari e Armani ai benestanti e ai ricchi nel mondo. Siamo troppi in Italia per vivere solo di questo. Naturalmente ci sono tante altre misure che andrebbero prese, ma qui ho voluto sottolineare quelle davvero di emergenza e di rottura con le politiche economiche che ci hanno portato a questo disastro.

So bene che queste scelte, che negli anni trenta sarebbero state definite come riformatrici, nulla hanno a che vedere con l’ideologia del riformismo liberista delle oligarchie che ci governano, in Italia e in Europa. Però quanto dobbiamo aspettare e pagare ancora, prima che si capisca che queste oligarchie ci stanno trascinando nel loro fallimento? Facciamo della lotta alla disoccupazione di massa la priorità della politica, e se qualcuno ci risponde parlando di Europa rispondiamo come recentemente hanno fatto milioni di portoghesi: che si fotta la Troika.

(Giorgio Cremaschi, “Disoccupazione, obiettivo raggiunto”, da “Micromega” dell’8 aprile 2013).

Articoli collegati

  • La Fiat suicida l'auto ma vuole il Corriere, cioè il potere
  • Larghe intese per la catastrofe, aspettando Hitler
  • E dopo l'inciucio i ragli di Renzi: sulla crisi, idee zero
  • Cremaschi: si è arresa anche la Fiom, fine del sindacato?
  • Chomsky: fermate la Germania, vuole solo depredarvi
  • Basta euro: dalla Germania un'alternativa per l'Europa
  • Kohl confessa: imposi l'euro contro la volontà dei tedeschi
  • Suicidi, il cimitero-Italia creato dai criminali del rigore
  • Stipendi da 250 euro: le multinazionali ricattano la Grecia
  • Rigore illegale: Lisbona, la Corte suprema boccia la Troika
  • Barnard: sveglia grillini, il vostro leader è un figurante
  • Mts, la fabbrica dello spread: la nostra crisi frutta miliardi
  • Euro-tasse criminali: moneta sovrana, la sfida di Cantù
  • Altre tasse, l'euro-funerale dell'Italia officiato da Monti
  • La profezia di Godley: con l'euro, nazioni ridotte a colonie
  • Stato di piena occupazione: e la crisi sarebbe un ricordo
Tag: alternativa, antifascismo, anziani, aziende, Bce, Berlusconi, brutalità, Carlo Azeglio Ciampi, Cina, classe dirigente, concorrenza, conformismo, Corte Costituzionale, crescita, crisi, debito pubblico, delocalizzazioni, democrazia, dignità, disastro, disinformazione, disoccupazione, dominio, economia, élite, emergenza, Europa, fallimento, Fiat, Fmi, Germania, giovani, giustizia, globalizzazione, Grande Depressione, ideologia, imprese, India, interessi, lavoro, lusso, made in Italy, media, mercato, Micromega, minaccia, morale, multinazionali, neoliberismo, No Tav, Occidente, pensioni, politica, Portogallo, posti di lavoro, potere, precari, prima guerra mondiale, produttività, profitti, progressisti, recessione, regime, ricatto, ricchezza, ricchi, riforme, ripresa, Romano Prodi, salari, scandali, sfruttamento, sostenibilità, spesa pubblica, storia, tagli, tasse, Torino-Lione, Usa

5 Commenti

  1. giovanni
    12 aprile 2013 • 12:53

    La prima parte dell’articolo, sulle cause della disoccupazione, non fà una grinza, ma è la parte finale che suggerendo una soluzione troppo a vantaggio dei disoccupati e dei lavoratori in genere, mi sembra che risulti non immediatamente condivisibile, perchè è fin troppo evidente che non tiene conto nella fattispecie di alcuni elementi che caratterizzano la crisi e che sussistono in atto e che sono comunque di fondamentale importanza ,primo tra tutti la competitività delle nostre aziende, nel contesto economico globale, tutti sanno che ormai l’economia è globalizzata, e tutte le aziende del mondo devono fare i conti con i giganti asiatici Cina India etc. gli americani per fare crescere le loro esportazioni hanno sacrificato rinunciandovi a una parte del valore della loro moneta il dollaro svalutandola volutamente, inoltre il già precedente altissimo costo del lavoro in italia unitamente all’incredibile pressione fiscale, non soltanto hanno contribuito ad aumentare la disoccupazione, ma hanno determinato altri due effetti collaterali forse ancora più gravi il primo è che gli stranieri ormai da parecchi anni si guardano benne dall’investire nel nostro paese e di questo se ne erano già accorti tutti da tempo, e il secondo ancora più grave e quello che tra i nostri imprenditori il novanta per cento cerca di fuggire e di andare a impiantare i suoi stabilimenti di produzione all’estero, la politica dell’aumento salariale e della riduzione degli orari di lavoro e quella che è stata perseguita dai sindacati in italia fin dal 1946 cioè quando l’italia è diventata una repubblica ciò non senza la complicità di una parte politica che li ha strumentalizzati solo per ottenerne i voti, la sinistra e oggi il risultato che ne emerge e che in italia la crisi sembra essere non soltanto finanziaria creata in parte dalle banche con i derivati e in parte dall’enorme debito pubblico italiano ma anche una crisi dell’economia reale, cioè delle imprese che a causa dell’alto costo del lavoro e della pressione fiscale devono chiudere i battenti o fuggire all’estero, qualsiasi azienda del mondo per poter pagare in misura maggiore i dipendenti deve avere la possibilità di vendere i propri prodotti realizzando dei profitti adeguati, quindi io penso che anzichè aumentare indiscriminatamente i salari e ridurre gli orari di lavoro, forse sarebbe più opportuno che l’italia si dotasse di una legislazione tale da favorire la partecipazione agli utili dei dipendenti sul modello giapponese solo cosi facendo come fanno gli altri guardando ai migliori , forse si potranno risolvere almeno una piccola parte del problemi del nostro bel paese.

  2. Paolo Anedda
    13 aprile 2013 • 16:52

    In sintesi,alla Cremaschi,(e Landini)cancellare gli ultimi 20anni é prioritario, berlusconi ha prodotto danni in ogni campo,giustizia,ed economia sono quelle che ne hanno pagato le estreme conseguenze!E ci vorrebbe un eloquenza migliore della mia x ripercorrere lo schifo a suo uso e consumo che ha prodotto!

  3. barbara
    16 aprile 2013 • 22:10

    “Monti. Se davvero si vuol abbattere la disoccupazione di massa e considerarla, come fecero tutti i progressisti e gli antifascisti negli anni trenta,”

    sulla disoccupazione in italia negli anni 30 ci sarebbe parecchio da approfondire
    Non ‘ che cremaschi si confonde gli Usa degli anni 30???

    A forza di riscrivere la storia si rischia di ricordare dati sbagliati.
    Peccato, tante buone considerazioni infarcite però della pisciatina del divide et impera.

    Se nella crisi ci siamo entrati E’ GRAZIE A QUEI PROGRESSISSI TANTO ANTIFASCISTI QUANTO FILO EUROPEISTI.

  4. barbara
    16 aprile 2013 • 22:19

    So bene che queste scelte, che negli anni trenta sarebbero state definite come riformatrici”

    a proposito. nei fasci di combattimento c’era scritto proprio dell’abbassamento dell’età pensionabile e la riduzione dell’orario di lavoro. Ma tali riforme sono state definite fasciste e da antifascisti ovvio che siano state combattute. Con immensa gioia dell’elite

  5. barbara
    16 aprile 2013 • 22:13

    @paolo
    eh sì. ed ovviamente l’ha fatto da solo. Peccato che negli ultimi 15 anni hanno governato per l’esattezza 8 anni il Pdl e per 7 il Pd.
    Ma si sà, l’Italia giusta non ha colpe, è solo vittima delle circostanze.
    Ah l’europa non ha niente a che vedere con la crisi.

    E’ colpa di Berlusconi anche per la crisi in Grecia, in Spagna, In Irlanda, in Islanda.

Libri

UNA VALLE IN FONDO AL VENTO

Articoli collegati

    La Fiat suicida l'auto ma vuole il Corriere, cioè il potere
    Larghe intese per la catastrofe, aspettando Hitler
    E dopo l'inciucio i ragli di Renzi: sulla crisi, idee zero
    Cremaschi: si è arresa anche la Fiom, fine del sindacato?
    Chomsky: fermate la Germania, vuole solo depredarvi
    Basta euro: dalla Germania un'alternativa per l'Europa
    Kohl confessa: imposi l'euro contro la volontà dei tedeschi
    Suicidi, il cimitero-Italia creato dai criminali del rigore
    Stipendi da 250 euro: le multinazionali ricattano la Grecia
    Rigore illegale: Lisbona, la Corte suprema boccia la Troika
    Barnard: sveglia grillini, il vostro leader è un figurante
    Mts, la fabbrica dello spread: la nostra crisi frutta miliardi
    Euro-tasse criminali: moneta sovrana, la sfida di Cantù
    Altre tasse, l'euro-funerale dell'Italia officiato da Monti
    La profezia di Godley: con l'euro, nazioni ridotte a colonie
    Stato di piena occupazione: e la crisi sarebbe un ricordo
Condividi Libre
Follow @libreidee
Sottoscrivi il feed Libre  Feed via FeedBurner

Pagine

  • Blind Wine
  • Chi siamo
  • Contatti
  • Pubblicità su Libreidee.org
  • Siberian Criminal Style
  • UNA VALLE IN FONDO AL VENTO

Archivi

Link

  • BLIND WINE
  • Cadavre Exquis
  • Centro Studi Ambientali
  • Hammam Torino
  • Il Cambiamento
  • Libre scrl
  • Movimento per la Decrescita Felice
  • Neuma
  • Nicolai Lilin
  • Penelope va alla guerra
  • Rete del Caffè Sospeso
  • Rialto Sant’Ambrogio
  • Rubamatic
  • Shake edizioni
  • TYC
© 2019 LIBRE • Realizzato con da Libre sc