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Medusa è il potere: se lo guardi ti pietrifica, succede a tutti

Scritto il 21/5/17 • nella Categoria: idee Condividi Tweet

Per poter gestire la cosa pubblica bisogna essere formati, e formati molto bene. Questo gli antichi lo sapevano, ci hanno avvertito, ma è un sapere che ci è stato completamente tolto. Il potere è una delle cose più pericolose da maneggiare. Non si presenta mai come tale, ma indossa sempre dei panni – di prestigio, ambizione, ascendente, reputazione, carisma, decisione. Ha sempre una maschera, e i greci lo sapevano bene: il mito della Medusa lo descrive molto bene. La Medusa era il potere, il nome si riferisce a colei che domina, sovrana, ed è una combinazione tra umano e bestiale tra le più terrifiche. Insieme a Steno e Euriale è una delle tre Gorgoni. Secondo il mito, avevano il potere di pietrificare chiunque avesse incrociato il loro sguardo. E, delle tre, Medusa era l’unica a non essere immortale. Solitamente venivano rappresentate con le ali d’oro, le mani con artigli di bronzo, il volto leonino, zanne da cinghiale, orecchie allargate – gli attributi simbolici di tutte le metafore zoomorfe del potere. E il loro potere mortale era nello sguardo. La Medusa era tutta mostruosa, ma concentrava negli occhi la sua arma fondamentale: fissare la Medusa significava perdersi, trasformarsi in pietra dura, opaca.
Cosa voleva dire, il mito? Attenzione: il potere possiede quasi un incantesimo. E quindi, nel momento in cui tu guardi e non sei formato, non sei protetto, perdi te stesso. Perdi la tua capacità di guardare, di avere uno sguardo proprio, di appartenerti. La Medusa è disumana, ed è in grado di disumanizzare chi vi entra in relazione. E infatti chi uccide la Medusa? Perseo, perché è formato e protetto: ha lo scudo di Atena, i calzari alati offerti da Ermes. Perseo è colui che doma le potenze infere, la natura selvaggia del potere. La conoscenza non è altro che scudo e consapevolezza: solo chi è formato può resistere al potere, può andare in un posto di potere e non perdersi, una volta raggiunto il potere. Se non sei formato, puoi essere anche la persona con le migliori intenzioni del mondo, ma verrai pietrificato.
Tanto è forte, questo insegnamento, che addirittura a Dante, nel nono canto dell’Inferno, quando incontra le Gorgoni, Virgilio dice di chiudere gli occhi; non sicuro che Dante tenga davvero gli occhi chiusi, gli chiude gli occhi lui stesso, con le mani, perché sa che le Gorgoni sono pericolosissime. Virgilio mette proprio le mani sugli occhi di Dante e gli dice: volgiti indietro e tieni il viso chiuso, perché se la Gorgona si mostrasse e tu la vedessi, nulla potrebbe più tornare come prima, saresti perso per sempre. E subito dopo c’è quel famoso verso, che poi ognuno interpreta un po’ come vuole, dove Dante, appena dopo l’avvertimento di Virgilio, dice: “O voi ch’avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani”. Come dire: se un giorno avrai intenzione di ricoprire una carica importante, e quindi andare in un posto di potere a fare determinate cose, potrai essere la persona migliore del mondo e avere le intenzioni migliori del mondo, ma se non sei formato sarà un disastro, per te ma soprattutto per gli altri.
Noi oggi questo non lo sappiamo, e quindi puntiamo sui giovani. Brave persone? Bene, ci fa piacere, ma sono anche adeguati? Bisogna essere formati, e bisogna avere esperienza. Siamo abituati a visitare New York sul computer; ma passeggiarci davvero, a piedi, è un’altra cosa. Queste sono tutte saggezze che a noi sono state tolte. Anzi, ci fanno credere il contrario: ci fanno credere che oggi il mondo dev’essere dei giovanissimi, e che a 25 anni sei già vecchio. “Largo ai giovani”, che non sono formati. E pur essendo persone meravigliose, quando arrivano in determinati posti vengono stritolati: si perdono. Questa è una saggezza tramandata ovunque, da Omero in poi, dal IX secolo avanti Cristo. Ma poi a noi hanno iniziato a cambiare il modello di insegnamento, perché noi non dovevamo più formare uomini, ma creare lavoratori.
(Solange Manfredi, dichiarazioni rilasciate nel corso della diretta web-radio di “Forme d’Onda” del 4 maggio 2017).

Per poter gestire la cosa pubblica bisogna essere formati, e formati molto bene. Questo gli antichi lo sapevano, ci hanno avvertito, ma è un sapere che ci è stato completamente tolto. Il potere è una delle cose più pericolose da maneggiare. Non si presenta mai come tale, ma indossa sempre dei panni – di prestigio, ambizione, ascendente, reputazione, carisma, decisione. Ha sempre una maschera, e i greci lo sapevano bene: il mito della Medusa lo descrive molto bene. La Medusa era il potere, il nome si riferisce a colei che domina, sovrana, ed è una combinazione tra umano e bestiale tra le più terrifiche. Insieme a Steno e Euriale è una delle tre Gorgoni. Secondo il mito, avevano il potere di pietrificare chiunque avesse incrociato il loro sguardo. E, delle tre, Medusa era l’unica a non essere immortale. Solitamente venivano rappresentate con le ali d’oro, le mani con artigli di bronzo, il volto leonino, zanne da cinghiale, orecchie allargate – gli attributi simbolici di tutte le metafore zoomorfe del potere. E il loro potere mortale era nello sguardo. La Medusa era tutta mostruosa, ma concentrava negli occhi la sua arma fondamentale: fissare la Medusa significava perdersi, trasformarsi in pietra dura, opaca.

Cosa voleva dire, il mito? Attenzione: il potere possiede quasi un incantesimo. E quindi, nel momento in cui tu guardi e non sei formato, non sei protetto, perdi te stesso. Perdi la tua capacità di guardare, di avere uno sguardo proprio, di appartenerti. La Medusa, CaravaggioMedusa è disumana, ed è in grado di disumanizzare chi vi entra in relazione. E infatti chi uccide la Medusa? Perseo, perché è formato e protetto: ha lo scudo di Atena, i calzari alati offerti da Ermes. Perseo è colui che doma le potenze infere, la natura selvaggia del potere. La conoscenza non è altro che scudo e consapevolezza: solo chi è formato può resistere al potere, può andare in un posto di potere e non perdersi, una volta raggiunto il potere. Se non sei formato, puoi essere anche la persona con le migliori intenzioni del mondo, ma verrai pietrificato.

Tanto è forte, questo insegnamento, che addirittura a Dante, nel nono canto dell’Inferno, quando incontra le Gorgoni, Virgilio dice di chiudere gli occhi; non sicuro che Dante tenga davvero gli occhi chiusi, gli chiude gli occhi lui stesso, con le mani, perché sa che le Gorgoni sono pericolosissime. Virgilio mette proprio le mani sugli occhi di Dante e gli dice: volgiti indietro e tieni il viso chiuso, perché se la Gorgona si mostrasse e tu la vedessi, nulla potrebbe più tornare come prima, saresti perso per sempre. E subito dopo c’è quel famoso verso, che poi ognuno interpreta un po’ come vuole, dove Dante, appena dopo l’avvertimento di Virgilio, dice: “O voi ch’avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani”. Come dire: se un giorno avrai intenzione di ricoprire una carica importante, e Solange Manfrediquindi andare in un posto di potere a fare determinate cose, potrai essere la persona migliore del mondo e avere le intenzioni migliori del mondo, ma se non sei formato sarà un disastro, per te ma soprattutto per gli altri.

Noi oggi questo non lo sappiamo, e quindi puntiamo sui giovani. Brave persone? Bene, ci fa piacere, ma sono anche adeguati? Bisogna essere formati, e bisogna avere esperienza. Siamo abituati a visitare New York sul computer; ma passeggiarci davvero, a piedi, è un’altra cosa. Queste sono tutte saggezze che a noi sono state tolte. Anzi, ci fanno credere il contrario: ci fanno credere che oggi il mondo dev’essere dei giovanissimi, e che a 25 anni sei già vecchio. “Largo ai giovani”, che non sono formati. E pur essendo persone meravigliose, quando arrivano in determinati posti vengono stritolati: si perdono. Questa è una saggezza tramandata ovunque, da Omero in poi, dal IX secolo avanti Cristo. Ma poi a noi hanno iniziato a cambiare il modello di insegnamento, perché noi non dovevamo più formare uomini, ma creare lavoratori.

(Solange Manfredi, dichiarazioni rilasciate nel corso della diretta web-radio di “Forme d’Onda” del 4 maggio 2017).

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Tag: ambizione, animali, antichità, artigli, Atena, bronzo, carisma, cinghiale, computer, conoscenza, consapevolezza, Cristo, cultura, Dante Alighieri, disastro, dominio, Ermes, eroi, esperienza, Euriale, formazione, Forme d'onda, giovani, Gorgoni, Grecia, immortalità, incantesimo, Inferno, La Divina Commedia, lavoratori, Leone, magia, maschere, Medusa, mito, mondo, mostri, natura, New York, occhi, Omero, oro, paura, perdizione, pericolo, Perseo, pietrificazione, potere, prestigio, protezione, reputazione, saggezza, sapere, schiavitù, scuola, sguardo, simboli, simbologia, smarrimento, Solange Manfredi, sottomissione, sovranità, Steno, terrore, umanità, vecchi, Virgilio, virtuale, web, web-radio, zanne, zoomorfismo

4 Commenti

  1. Sergio
    21 maggio 2017 • 08:26

    L autore si è “dimenticato” di dare la definizione di “formazione”. Cosa vuol dire essere formati? Perché non si utilizza la parola “saggezza”?
    Per gestire il potere bisogna essere saggi. E alla saggezza si arriva con esperienza, conoscenza e umanità, qualità che difficilmente si possono riscontrare in una vita ancora agli albori (giovane).
    Lasciate ai giovani la loro gioventù ed ai maturi (adulti) la loro saggezza. Ma oggi no, vogliamo energie dirompenti anche se non sublimate.

  2. Giorgio
    21 maggio 2017 • 08:51

    Questo post dovrebbe essere tatuato ad ogni persona che svolge, od ambisce a farlo, un ruolo pubblico.
    Complimenti a Solange.

  3. Roberto
    21 maggio 2017 • 11:42

    Da che mondo è in mano agli umani gli interessi, la ferocia e la mancanza di scrupoli e sensibilità, hanno prevaricato e annientato la sensibilità e la pacatezza degli individui pacifici.
    Sai che scoperta…
    Adesso la ferocia a volte ha bei modi e bei vestiti oltre che posti di potere na il succo non cambia.

  4. Giorgio
    21 maggio 2017 • 09:16

    Da ereticamente.net

    I fatti di Lonate Pozzolo impongono una riflessione sulla corruzione della pubblica amministrazione in Italia, che secondo stime attendibili del CGIA di Mestre del 17 marzo 2015, in Italia ha raggiunto i livelli di Senegal e Swaziland, ed è un serio freno alla competitività dell’intero sistema. Il problema non è (solo) giudiziario: quello interessa i giudici, che saranno chiamati ad accertare le responsabilità penali ed amministrative. Il problema è politico, nel senso “alto” del termine. Perché non serve a nulla “gridare” l’appartenenza politica di questo o quel politico coinvolto in eventi corruttivi, quando la situazione è praticamente endemica. Chi vuole compiere un’analisi politica e non gridare slogan, deve indagare sui motivi del dilagare del fenomeno e non attaccare il partito a cui è iscritto il corrotto di turno.

    Certo, c’è un fondo “antropologico”. Se viviamo in un contesto in cui la considerazione sociale è meramente economica, non vi è alcuna profilassi sociale nei confronti del corrotto, che godrà della stima della gente per il suo tenore di vita e non dell’isolamento per effetto della sua disonestà, ondeè quasi “naturale”, nell’attuale “contesto”, la larga diffusione del fenomeno. Ma vi sono altre cause, individuabili in un vero e proprio “sistema criminogeno”. La virtuale scomparsa del sistema dei controlli in nome di una malintesa “efficienza” dell’amministrazione,è certamente una delle cause preponderanti della tendenza alla corruzione. La consapevolezza di non incontrare alcuna verifica al proprio operato, è senza dubbio una remora in meno alla commissione di illeciti. Ma vi è di più.

    L’eccessivo “peso” della burocrazia, spesso inutile, fa aumentare le occasioni di incontri corruttivi. Ma certamente non è ipotizzabile un Far West in cui ognuno agisca senza dar conto a nessuno. La burocrazia è necessaria, ma un suo snellimento farebbe diminuire le “tentazioni”. Il problema più imponente è però quello della selezione della classe dirigente. Negli anni 90 fu molto propagandata la scissione delle funzioni di indirizzo da quelle di gestione quale mezzo di interdizione della corruzione della classe politica. “I politici non dovranno più toccare una lira” era lo slogan del momento.

    Sta di fatto che, parallelamente alla separazione tra le due funzioni (oggi cristallizzato nell’art. 4 D.Lgsl. 30 marzo 2001 n. 165), veniva rivoluzionata la dirigenza. Maggior potere ai dirigenti, soliti slogan ed anglismi come “managerialità”, con improponibili paragoni tra amministrazione pubblica ed impresa privata. E riforma del sistema di reclutamento dei dirigenti. Via ogni requisito “serio”, scelta basata sulla “fiducia”, così praticamente “consegnando” i dirigenti nelle mani dei politici che li nominano. Qualunque laureato che abbia maturato cinque anni di “esperienza” (la legge parla fumosamente di “concrete esperienze di lavoro”, puòessere chiamato ad esercitare mansioni dirigenziali, contestualmente il politico è libero, senza alcuna motivazione, di far “ruotare” i dirigenti, così potendo allontanare un dirigente “scomodo” al momento opportuno.

    Proprio i fatti di Lonate Pozzolo dimostrano nel modo più evidente gli effetti criminogeni dell’attuale disciplina della dirigenza. Il sindaco aveva minacciato di rimozione il comandante della polizia municipale che non si piegava alle pressioni. Il problema è che– come detto – è improponibile il parallelo tra impresa privata e pubblica amministrazione. L’imprenditore ha come fine il profitto, la pubblica amministrazione l’interesse pubblico. L’imprenditore amministra soldi propri, la pubblica amministrazione soldi dei cittadini. Perciò l’imprenditore può essere libero di scegliere il dirigente secondo la fiducia che gli ispira, il pubblico amministratore no, perché l’imprenditore rischia in proprio ed è giusto che abbia la massima discrezionalità nel decidere chi debba amministrare il suo capitale. Il pubblico amministratore non può godere della stessa discrezionalità.

    Perché va detto che il sistema Italia, oltre ad essere corrotto, è anche inefficiente. Sempre il CGIA di Mestre, ha accertato che la burocrazia italiana è la meno efficiente d’Europa (comunicato del 22 febbraio 2014). E l’inefficienza è vizio ancora più grave della corruzione. Per copiare un’espressione di Aldo Giannuli, “meglio corrotto che cretino”. Purtroppo, i criteri di selezione dei dirigenti e – soprattutto – l’assenza di previsione di severi requisiti per ricoprire cariche dirigenziali, ha creato una classe burocratica inefficiente e corrotta, legata al potere politico molto più ogni rispetto all’epoca in cui la classe politica aveva anche poteri di gestione. Neanche la tanto strombazzata “riforma Madia” varata dal Consiglio dei Ministri ha messo mano al sistema di selezione della dirigenza.

    Misure demagogiche, ancora una volta “figlie” di un malinteso senso di assimilabilità tra impresa privata e pubblica amministrazione. Il “giudizio dei cittadini” così tanto sbandierato, fa pensare più ad un cliente non soddisfatto della qualità di un hamburger da Mc Donald’s che non ad un giudizio sull’efficienza della pubblica amministrazione. Il cittadino comune non solo non ha i mezzi tecnici per valutare l’operato del dipendente, ma – nell’ambito del suo “particulare” di guicciardiniana memoria – potrebbe essere indotto ad utilizzare il giudizio negativo quale mezzo di pressione per ottenere provvedimenti non dovuti. E c’è il concreto rischio che le grosse lobbies possano utilizzare sistematicamente proprio questa arma di pressione.

    Ma, si ripete, il punto è che occorre riformare ab imis il sistema di selezione e di valutazione della classe dirigente. In attesa di una palingenesi del “sentire comune” che faccia stimare le persone per ciò che sono e non per ciò che hanno, bisogna fissare requisiti rigorosi e dotati di SPECIFICITÀ per l’esercizio di funzioni dirigenziali, prevedere prestigiosi corsi di formazione, affidati al mondo universitario, per gli aspiranti dirigenti, escludere i politici dal procedimento di scelta dei dirigenti e da qualunque gestione delle loro mansioni, prevedendo controlli inflessibili affidati, anche questi, al mondo universitario, per valutare l’efficienza dei dirigenti: solo allora la separazione tra funzioni di indirizzo e funzioni di gestione potrà raggiungere il fine di svelenire la politica dagli affari ed avere dirigenti con le potenzialità necessarie per guidare la classe burocratica di una nazione. I corrotti ci sono sempre stati e ci saranno sempre, ma la netta separazione tra chi fa politica e chi gestisce il denaro pubblico, con la conseguente reciproca vigilanza, ed un adeguato sistema di controlli, potrà diminuire le occasioni corruttive.

    Luigi Morrone

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