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Il debito globale esplode. L’Italia? Meglio di quanto si creda

Scritto il 30/11/18 • nella Categoria: segnalazioni Condividi Tweet

Nel secondo trimestre del 2018 le dimensioni globali del debito hanno raggiunto un nuovo massimo, arrivando a 260.000 miliardi di dollari. Al tempo stesso il rapporto globale debito/Pil ha superato per la prima volta la soglia del 320%. Su questo totale, il 61% (160.000 miliardi di dollari) è rappresentato dal debito privato del settore non-finanziario, mentre solo il 23% è rappresentato dal tanto vituperato debito pubblico. Gli Usa da soli hanno emesso più del 30% del nuovo debito pubblico, con una notevole accelerazione negli ultimi due anni sotto la gestione Trump. Il ministero del Tesoro statunitense è seguito, in questo, dalle agenzie di debito giapponesi e cinesi e, a grande distanza, dalle maggiori economie dell’Eurozona. I valori riportati dalle agenzie pubbliche cinesi vanno valutati con cautela alla luce dei ripetuti casi di falsificazione delle statistiche perfino da parte di funzionari pubblici. È quindi probabile che non solo il debito pubblico di Pechino, ma anche quello delle imprese cinesi, che già è il più elevato al mondo, sia in realtà più allarmante di quanto le stime ufficiali vogliano far credere.
Storicamente il debito di un paese, sia pubblico che privato, tende a crescere nel tempo in rapporto costante con la dimensione dell’economia. Fanno eccezione, seppure notevole, i casi di default improvvisi, che cancellano grandi porzioni del debito. Pertanto l’enormità del debito totale non fornisce, di per sé, informazioni sulla sua sostenibilità. Non si può nemmeno dedurre, per contro, che un debito totale più basso sia segno di stabilità finanziaria. In realtà un livello molto basso, o addirittura l’assenza di debito, potrebbe rivelare solo una completa mancanza di fiducia, tale da escludere tutti gli agenti economici nazionali dai mercati internazionali del credito. Questo fu, per esempio, il caso dell’Argentina nei cinque anni successivi al drammatico default del 2002. In una prospettiva adeguata, un’equa valutazione dovrebbe tenere conto della dimensione del debito totale in rapporto al Pil. Da questo punto di vista, usando una misura opportuna, la classifica globale appare rovesciata: il Lussemburgo balza al primo posto con un debito totale pari al 434% del Pil, composto quasi esclusivamente da debiti societari.
Ad una certa distanza troviamo il Giappone, con un debito totale che si aggira sul 373% del Pil, caratterizzato da una componente preponderante di debito pubblico, il 216%. L’elevata incidenza del debito sia pubblico che privato pone la Francia, la Spagna e il Regno Unito nei primi otto posti della classifica, mentre l’Italia fa la sua comparsa solo al nono posto, con un rapporto di debito totale ben bilanciato, al 265% del Pil, e con bassi livelli di debito delle famiglie e delle imprese, che compensano il più elevato livello del debito pubblico. Ma anche un basso rapporto tra debito totale e Pil non può essere considerato segno di virtù o salute economica. Al fondo della classifica stanno i casi paradossali dell’Argentina e della Turchia. Sebbene entrambi i paesi abbiano debiti totali sotto controllo (il debito privato è praticamente inesistente in Argentina, mentre il debito pubblico in Turchia è appena il 28% del Pil), entrambi i paesi corrono il rischio di perdere l’accesso ai mercati a causa delle loro crisi valutarie e della bilancia dei pagamenti.
Per un apparente paradosso, i tassi di interesse a breve termine dell’Argentina, che ha ambiente finanziario a basso indebitamento, sono al 70%, mentre quelli del Giappone, che ha un debito mostruoso, sono stabilmente negativi. Preoccuparsi solo del debito pubblico quando si vuole valutare lo stato di un’economia, magari facendo riferimento a delle soglie arbitrarie, è sempre una cattiva pratica, che porta a conclusioni errate. I criteri usati dai mercati per valutare la solvibilità del debito sono molteplici: la percentuale del debito detenuto da investitori esteri rispetto a quelli interni, il fatto che il debito sia emesso sotto legge nazionale oppure legge estera, la crescita dell’economia, la ricchezza finanziaria dei cittadini, l’efficienza del gettito fiscale, la sovranità monetaria, eccetera. Nel caso del Giappone, per esempio, il 90% del debito è nelle mani della sua stessa banca centrale, dei suoi fondi pensione e delle banche giapponesi, ed è quasi perfettamente bilanciato dalla buona salute finanziaria delle istituzioni pubbliche. È quasi impossibile immaginare una crisi di fiducia che semini dubbi sulla solvibilità del governo giapponese. Allo stesso modo, il fatto che i paesi dell’Eurozona non possano gestire la propria politica monetaria in modo autonomo fa sì che tutti i debiti pubblici appaiano, di fatto, come soggetti a legge estera, e questa è una condizione che rende il problema enormemente più complesso da gestire.
Inoltre, questo debito è in media detenuto per più del 70% da investitori stranieri, una categoria che per definizione è più reattiva sui mercati secondari, e alimenta facilmente il panico in caso di vendita generalizzata. E c’è di più. Le statistiche ufficiali non considerano il problema del “debito implicito”, ovvero il peso legato agli impegni finanziari che i governi si sono assunti rispetto alle pensioni e alla spesa sanitaria. In generale, questi debiti futuri non appaiono nelle cifre dei conti nazionali per fondate ragioni, legate alle difficoltà di stimare l’aumento dei costi su orizzonti temporali così lontani. Se questi debiti impliciti dovessero essere messi nel conto, il debito Usa sarebbe, per esempio, quintuplicato, raggiungendo i 100.000 miliardi di dollari. Ma la Spagna, il Lussemburgo e l’Irlanda sarebbero messi ancora peggio, dato che le loro passività aumenterebbero di oltre 10 volte, superando il 1.000% del Pil nel caso irlandese. L’Italia, invece, dal punto di vista del debito implicito, sotto la legislazione attuale, risulterebbe il paese europeo più virtuoso.
A livello globale, il debito delle imprese è la variabile che i mercati temono maggiormente. Un settore privato pesantemente indebitato è vulnerabile all’aumento dei tassi di interesse, dopo anni in cui i tassi di interesse sono stati mantenuti artificialmente bassi favorendo l’espansione del credito e la riduzione del capitale societario attraverso il massiccio riacquisto di azioni proprie. L’instabilità intrinseca dell’indebitamento rispetto all’apporto di capitale proprio suggerisce che il prossimo rallentamento della crescita potrebbe portare a un congelamento insolitamente forte degli investimenti aziendali. Questo in Italia è già successo durante la Grande Recessione del 2008-2009: per ogni punto percentuale di riduzione della crescita del credito, c’è stata una contrazione di quattro punti negli investimenti nelle imprese più dipendenti dal credito bancario, e due punti di contrazione in quelle finanziariamente più indipendenti. Questo è un disastro economico che non si deve ripetere.
(Marcello Minenna, “Il debito globale è al suo apice e l’Italia sta meglio di quanto si creda”, da “Social Europe” del 28 novembre 2011; analisi tradotta e ripresa da “Voci dall’Estero”).

Nel secondo trimestre del 2018 le dimensioni globali del debito hanno raggiunto un nuovo massimo, arrivando a 260.000 miliardi di dollari. Al tempo stesso il rapporto globale debito/Pil ha superato per la prima volta la soglia del 320%. Su questo totale, il 61% (160.000 miliardi di dollari) è rappresentato dal debito privato del settore non-finanziario, mentre solo il 23% è rappresentato dal tanto vituperato debito pubblico. Gli Usa da soli hanno emesso più del 30% del nuovo debito pubblico, con una notevole accelerazione negli ultimi due anni sotto la gestione Trump. Il ministero del Tesoro statunitense è seguito, in questo, dalle agenzie di debito giapponesi e cinesi e, a grande distanza, dalle maggiori economie dell’Eurozona. I valori riportati dalle agenzie pubbliche cinesi vanno valutati con cautela alla luce dei ripetuti casi di falsificazione delle statistiche perfino da parte di funzionari pubblici. È quindi probabile che non solo il debito pubblico di Pechino, ma anche quello delle imprese cinesi, che già è il più elevato al mondo, sia in realtà più allarmante di quanto le stime ufficiali vogliano far credere.

Storicamente il debito di un paese, sia pubblico che privato, tende a crescere nel tempo in rapporto costante con la dimensione dell’economia. Fanno eccezione, seppure notevole, i casi di default improvvisi, che cancellano grandi porzioni del debito. Marcello Minenna, economista della ConsobPertanto l’enormità del debito totale non fornisce, di per sé, informazioni sulla sua sostenibilità. Non si può nemmeno dedurre, per contro, che un debito totale più basso sia segno di stabilità finanziaria. In realtà un livello molto basso, o addirittura l’assenza di debito, potrebbe rivelare solo una completa mancanza di fiducia, tale da escludere tutti gli agenti economici nazionali dai mercati internazionali del credito. Questo fu, per esempio, il caso dell’Argentina nei cinque anni successivi al drammatico default del 2002. In una prospettiva adeguata, un’equa valutazione dovrebbe tenere conto della dimensione del debito totale in rapporto al Pil. Da questo punto di vista, usando una misura opportuna, la classifica globale appare rovesciata: il Lussemburgo balza al primo posto con un debito totale pari al 434% del Pil, composto quasi esclusivamente da debiti societari.

Ad una certa distanza troviamo il Giappone, con un debito totale che si aggira sul 373% del Pil, caratterizzato da una componente preponderante di debito pubblico, il 216%. L’elevata incidenza del debito sia pubblico che privato pone la Francia, la Spagna e il Regno Unito nei primi otto posti della classifica, mentre l’Italia fa la sua comparsa solo al nono posto, con un rapporto di debito totale ben bilanciato, al 265% del Pil, e con bassi livelli di debito delle famiglie e delle imprese, che compensano il più elevato livello del debito pubblico. Ma anche un basso rapporto tra debito totale e Pil non può essere considerato segno di virtù o salute economica. Al fondo della classifica stanno i casi paradossali dell’Argentina e della Turchia. Sebbene entrambi i paesi abbiano debiti totali sotto controllo (il debito privato è praticamente inesistente in Argentina, Conte e Junckermentre il debito pubblico in Turchia è appena il 28% del Pil), entrambi i paesi corrono il rischio di perdere l’accesso ai mercati a causa delle loro crisi valutarie e della bilancia dei pagamenti.

Per un apparente paradosso, i tassi di interesse a breve termine dell’Argentina, che ha ambiente finanziario a basso indebitamento, sono al 70%, mentre quelli del Giappone, che ha un debito mostruoso, sono stabilmente negativi. Preoccuparsi solo del debito pubblico quando si vuole valutare lo stato di un’economia, magari facendo riferimento a delle soglie arbitrarie, è sempre una cattiva pratica, che porta a conclusioni errate. I criteri usati dai mercati per valutare la solvibilità del debito sono molteplici: la percentuale del debito detenuto da investitori esteri rispetto a quelli interni, il fatto che il debito sia emesso sotto legge nazionale oppure legge estera, la crescita dell’economia, la ricchezza finanziaria dei cittadini, l’efficienza del gettito fiscale, la sovranità monetaria, eccetera. Nel caso del Giappone, per esempio, il 90% del debito è nelle mani della sua stessa banca centrale, dei suoi fondi pensione e delle banche giapponesi, ed è quasi perfettamente bilanciato dalla buona salute finanziaria delle istituzioni pubbliche. È quasi impossibile immaginare una crisi di fiducia che semini dubbi sulla solvibilità del governo giapponese. Allo stesso modo, il fatto che i paesi dell’Eurozona non possano gestire la propria politica monetaria in modo autonomo fa sì che tutti i debiti pubblici appaiano, di fatto, come soggetti a legge estera, e questa è una condizione che rende il problema enormemente più complesso da gestire.

Inoltre, questo debito è in media detenuto per più del 70% da investitori stranieri, una categoria che per definizione è più reattiva sui mercati secondari, e alimenta facilmente il panico in caso di vendita generalizzata. E c’è di più. Le statistiche ufficiali non considerano il problema del “debito implicito”, ovvero il peso legato agli impegni finanziari che i governi si sono assunti rispetto alle pensioni e alla spesa sanitaria. In generale, questi debiti futuri non appaiono nelle cifre dei conti nazionali per fondate ragioni, legate alle difficoltà di stimare l’aumento dei costi su orizzonti temporali così lontani. Se questi debiti impliciti dovessero essere messi nel conto, il debito Usa sarebbe, per esempio, quintuplicato, raggiungendo i 100.000 miliardi di dollari. Ma la Spagna, il Lussemburgo e l’Irlanda sarebbero messi ancora peggio, dato che le loro passività aumenterebbero Il Lussemburgo ha il peggior debito europeodi oltre 10 volte, superando il 1.000% del Pil nel caso irlandese. L’Italia, invece, dal punto di vista del debito implicito, sotto la legislazione attuale, risulterebbe il paese europeo più virtuoso.

A livello globale, il debito delle imprese è la variabile che i mercati temono maggiormente. Un settore privato pesantemente indebitato è vulnerabile all’aumento dei tassi di interesse, dopo anni in cui i tassi di interesse sono stati mantenuti artificialmente bassi favorendo l’espansione del credito e la riduzione del capitale societario attraverso il massiccio riacquisto di azioni proprie. L’instabilità intrinseca dell’indebitamento rispetto all’apporto di capitale proprio suggerisce che il prossimo rallentamento della crescita potrebbe portare a un congelamento insolitamente forte degli investimenti aziendali. Questo in Italia è già successo durante la Grande Recessione del 2008-2009: per ogni punto percentuale di riduzione della crescita del credito, c’è stata una contrazione di quattro punti negli investimenti nelle imprese più dipendenti dal credito bancario, e due punti di contrazione in quelle finanziariamente più indipendenti. Questo è un disastro economico che non si deve ripetere.

(Marcello Minenna, “Il debito globale è al suo apice e l’Italia sta meglio di quanto si creda”, da “Social Europe” del 28 novembre 2011; analisi tradotta e ripresa da “Voci dall’Estero”. Noto economista e dirigente della Consob specializzato nell’analisi quantitativa, Minenna è docente alla Bocconi di Milano e “lettore” alla London Graduate School of Mathematical Finance).

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Tag: Argentina, autonomia, azioni, banche, banche centrali, capitale, Cina, Consob, credito, crescita, crisi, debito, debito implicito, debito pubblico, default, disastro, Donald Trump, economia, efficienza, euro, Eurozona, famiglie, fiducia, finanza, fisco, fondi pensione, Francia, Giappone, globalizzazione, Gran Bretagna, Grande Depressione, imprese, indebitamento, indipendenza, investimenti, investitori, Irlanda, istituzioni, Italia, Londra, Lussemburgo, Marcello Minenna, matematica, mercati, Milano, moneta, panico, passività, pensioni, pil, politica, recessione, Regno Unito, ricchezza, sanità, Social Europe, solvibilità, sostenibilità, sovranità, Spagna, speculazione, stabilità, statistica, storia, stranieri, tasse, tassi d'interesse, Tesoro, Turchia, università, università Bocconi, Usa, valori, valuta, virtù, Voci dall'Estero

13 Commenti

  1. Proud to be a profane
    30 novembre 2018 • 06:55

    Il debito globale esplode ?! E i creditori dove sono ? Su Marte ?

  2. Primadellesabbie
    30 novembre 2018 • 07:49

    Questo sarebbe stato il mio commento al post della Bifarini di ieri che é stato “censurato” assieme alle conseguenti rimostranze (!!!):

    La scrupolosa ed agguerrita Bifarini lamenta che:

    “…La maggioranza degli italiani non crede in queste ricette. …”

    Credo di capire si riferisca alle sue ricette, di Stigliz ecc., ed imputa questo scetticismo anche alla attività mediatica di sbarramento, organizzata fin nei minimi dettagli, dai neo liberisti imperanti.

    Ma se la politica facesse il suo mestiere, anziché cadere nel tranello di appiattirsi sull’economia, e promuovesse un modello di vita che ci mettesse una buona volta al riparo da quanto paventato puntualmente da Wuppì:

    “…Si torna all’ubriacatura del boom economico , si cementifica , si costruisce in ogni angolo rimasto libero , ci si dispera se si vendono meno auto del previsto e poi ci si lamenta se prendiamo una multa per divieto di sosta?…”

    se potessero almeno sperare in un futuro più desiderabile di quello che l’esperienza ricorda loro, ci sarebbe una buona probabilità di convincere, e di cambiare lo spirito di rassegnazione di una gran parte degli italiani.

    Prima di tutto bisognerebbe verificare se i soggetti che attualmente occupano la scena politica dispongano della cultura peculiare minima, indispensabile a comportarsi finalmente da politici…

  3. Miao
    30 novembre 2018 • 07:50

    Io non ci capisco di economia, a nessun livello, ma quando leggo questi articoli penso sempre la stessa cosa….che viviamo in un manicomio. I Mercati, le Banche Centrali, il FMI. Ma non siamo nelle mani di mostri ? Non so nemmeno se questi mostri sappiano più cosa stanno facendo.

  4. aiccor
    30 novembre 2018 • 15:35

    Gold Is Money, Everything Else Is Credit!
    J.P.Morgan

  5. aiccor
    30 novembre 2018 • 15:39

    com’e’ possibile debiti\pil 320%?? possiamo dire che ci sono più debiti che denaro in circolazione? cambieremo il paradigma attuale in cui le banche private creano il denaro dal nulla fondandolo sul debito?
    lo scopriremo nella prossima puntata (se saremo vivi)

  6. luigiza
    30 novembre 2018 • 17:38

    Segnalo che l’articolo é apparso sul sito Voci dall’Estero all’indirizzo: Il debito globale è al suo apice e l’Italia sta meglio di quanto si creda corredato da un bel grafico esplicativo che qui su LibreIdee non compare.

  7. Monia De Moniax
    30 novembre 2018 • 18:52

    Grazie aiccor…JP Morgan il pirata di giovè sa bene quello che dice…vi ricordate? Si fecero il Vitello D’Oro, mica di Bitcoin ! Effettivamente ci sono più debiti che denari in circolazione…perché i denari o crediti finiscono, mentre il debito aumenta…di denaro che non esiste…. non ricordo il link ma è recente la spiegazione molto ben fatta, che come disse Paolo Barnard tanto tempo fa capirebbe anche il Gatto Silvestro che se ne fotte di tutti e di tutti-e. Grande Gatto Silvestro ! A me invece sta tan to sul Gioiello la canarina teetee, una boldrina in bello !

    A proposito di femmine peggiori dei maschi…L’aereo della MERKEL ha fatto flop perché si vergognava di portare la mutti loro al G20 al cospetto di Giuseppe Conte, vista la “situazione” in cui si trova, NON DA ADESSO, la Deutche Bank, che incorporò, non dimentichiamocelo, la Banca d’america e d’ITALIA..Con quello che hanno tentato di fare col NOSTRO MPS…..La soluzione per Noi ottimale c’è: nazionalizziamo l’estorto in primis MPS, la Banca più Antica, di “brand” ITALIA, lo scrivo in anglocazzone così “loro” non possono far finta di NON CAPIRE, sottraendola alla speculazione di borsa ed allo spread. La banca d’Italia si troverebbe in posizione di “privato” rispetto al Pubblico, Statale, Governativo, dove lo STATO siamo Noi, il Popolo Sovrano che non ha limiti di sorta, pari al d’io che i cravattari d’antan si sono inventato per sottomettere maschi per bene e femmine fattrici di carne da macello…Ma andate a dar via il macron e la sua muti mutti mutti la la la…NUN TORNA’ !

  8. Monia De Moniax
    30 novembre 2018 • 18:58

    Grazie aiccor…JP Morgan il pirata di giovè sa bene quello che dice…vi ricordate? Si fecero il Vitello D’Oro, mica di Bitcoin ! Effettivamente ci sono più debiti che denari in circolazione…perché i denari o crediti finiscono, mentre il debito aumenta…di denaro che non esiste…. non ricordo il link ma è recente la spiegazione molto ben fatta, che come disse Paolo Barnard tanto tempo fa capirebbe anche il Gatto Silvestro che se ne fotte di tutti e di tutti-e. Grande Gatto Silvestro ! A me invece sta tanto sul Gioiello la canarina teetee, una boldrina in bello !

    A proposito di femmine peggiori dei maschi…L’aereo della MERKEL ha fatto flop perché si vergognava di portare la mutti loro al G20 al cospetto di Giuseppe Conte, vista la “situazione” in cui si trova, NON DA ADESSO, la Deutche Bank, che incorporò, non dimentichiamocelo, la Banca d’america e d’ITALIA..Con quello che hanno tentato di fare col NOSTRO MPS…..La soluzione per Noi ottimale c’è: nazionalizziamo l’estorto in primis MPS, la Banca più Antica, di “brand” ITALIA, lo scrivo in anglocazzone così “loro” non possono far finta di NON CAPIRE, sottraendola alla speculazione di borsa ed allo spread. La banca d’Italia si troverebbe in posizione di “privato” rispetto al Pubblico, Statale, Governativo, dove lzzzzzzzo STATO siamo Noi, il Popolo Sovrano che non ha limiti di sorta, pari al d’io che i cravattari d’antan si sono inventato per sottomettere maschi per bene e femmine fattrici di carne da macello…Ma andate a dar via il macron e la sua muti mutti mutti la la la…NUN TORNA’ !

  9. TheTruthSeeker
    30 novembre 2018 • 20:31

    Buona analisi, ma per completare il discorso si dovrebbe includere nei calcoli del debito globale anche i debiti del settore bancario finanziario e logicamente saltarebbero all’occhio subito delle “sorprese”.

    Facciamo i calcoli ad esempio per il 2011 con questo tipo di inclusione:

    Total debt (government, private, business and bank debt) as a percentage of GDP in 2011, selected countries

    https://www.statista.com/statistics/206050/total-debt-as-a-percentage-of-gdp-in-selected-countries/

    Da questo punto di vista nel 2011 UK è prima in classifica con un debito totale del 497% rispetto al PIL ( GDP ), ora per dare efficacia all’esempio andiamo a vedere nel prossimo post UK sempre nel 2011 ma senza questo tipo di inclusione ovvero escludendo i debiti del settore bancario finanziario dai calcoli del debito globale britannico.

  10. Gio rgio
    30 novembre 2018 • 20:35

    Non ho capito che numeri devo giocare al lotto e su che ruota?

  11. TheTruthSeeker
    30 novembre 2018 • 20:53

    Visualizing global debt.

    See how the debt of 51 countries has evolved since 2000 in an interactive data visualization.

    In the latest in its series of reports on debt and deleveraging, the McKinsey Global Institute (MGI) has created a Tableau data visualization that shows the evolution of different types of debt across 51 countries, including the debt of households, nonfinancial corporations, and governments. This data visualization enables users to see the amount of debt outstanding expressed in either US dollar terms or as a percent of national GDP since 2000.

    Proseguimento:

    https://www.mckinsey.com/business-functions/strategy-and-corporate-finance/our-insights/visualizing-global-debt

    Quindi risulta che invece secondo questa misurazione (escludendo i debiti del settore bancario finanziario dai calcoli del debito globale britannico) UK nel 2011 aveva un debito globale del 278% rispetto al PIL ( GDP ), ovvero il 201% in meno rispetto alla misurazione precedente più rigorosa e completa.

    Quindi la differenza è notevole, a dir poco.

    E a chi conviene non includere i debiti del settore bancario finanziario nei calcoli del debito globale ?

    A chi tiene i cordoni delle “Borse” e a quei paesi in cui coloro che detengono i cordoni delle “Borse” hanno un’enorme influenza sul potere politico, insomma, nei paesi dove la “TurboFinanaza” detta le regole del gioco, la cosa grave è però che se si limitassero a fare giochi di prestigio del genere a casa loro e allora sarebbero solo ca… loro e invece purtroppo non è stato e non è così, almeno finora, poi certo tutto è possibile……

  12. TheTruthSeeker
    30 novembre 2018 • 21:06

    Giuoco interessante per il fine settimana per eventali lettori.

    Benvenuti a PolitiScale, il test politico online. Vi sarà presentata una serie di affermazioni e per ciascuna di esse dovrete cliccare sul tasto che più corrisponde alla vostra opinione.

    Le domande presuppongono che voi siate cittadini di un sistema politico pluri-partito in un’economia di mercato.

    È sempre possibile non rispondere ad una domanda. Ma se non ne capite il significato, provare a invertirne il senso per capire meglio ciò che essa implica.

    Questo test cerca di rappresentare un insieme quanto più ampio possibile di idee e contiene alcune frasi che possono turbare, soprattutto in materia di razzismo e omosessualità.

    Avvia il test.

    Proseguimento:

    http://www.politiscales.net/it_IT/

    Buon giuoco a tutti!

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