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La faccia tosta di Prodi, il pifferaio della svendita dell’Italia

Scritto il 15/11/18 • nella Categoria: idee Condividi Tweet

Romano Prodi è uno dei massimi artefici della mutazione genetica della sinistra italiana, avendo validamente contribuito a traghettarla dal campo socialista al campo liberale; fa parte (con Andreatta, Ciampi e Carli) del clan dei grandi burocrati che, prima, hanno sottratto al paese la sovranità monetaria, favorendo il divorzio fra il Tesoro e la banca centrale, poi hanno operato per sottrargli anche la sovranità nazionale (e quindi la sovranità popolare); è il grande liquidatore di quell’industria di Stato che aveva promosso il nostro sviluppo industriale, e che lui ha fatto sì che venisse trasferita in mani private; è fra coloro che hanno spianato la strada alla deregulation finanziaria, alla colonizzazione del nostro sistema produttivo da parte delle imprese transnazionali, alla distruzione del potere contrattuale dei sindacati; è – con Bill Clinton, Tony Blair, Schröder e altri – fra i massimi ispiratori della “sinistra” neoliberale e antikeynesiana; si è battuto perché l’Italia entrasse a qualsiasi costo nell’Unione Europea contribuendo a realizzare l’utopia di von Hayek, cioè la nascita di un’entità sovranazionale che ha neutralizzato i principi “criptosocialisti” della Costituzione del ‘48 e imbrigliato la nostra politica economica con vincoli esterni che le vietano di ridistribuire risorse a favore delle classi subalterne.
Questo è l’uomo che ha oggi la faccia tosta di lanciare un appello (sulle pagine del “Corriere della Sera” di venerdì 5 ottobre) per salvare l’Italia che, parole sue, «rischia di diventare una democrazia illiberale». Democrazia illiberale è un termine interessante, quasi un lapsus. Il binomio democrazia-liberalismo si è infatti dissolto da un pezzo, come hanno spiegato, fra gli altri, Colin Crouch e Wolfgang Streeck: i nostri sono regimi post-democratici, nei quali la democrazia si riduce all’esercizio formale di alcune procedure, mentre le vere decisioni sono delegate ai “mercati” (mitiche entità impersonali dietro cui si celano gli interessi di ben precise caste economiche), in nome dei quali governano esecutivi che giustificano le proprie decisioni antipopolari con i vincoli (che loro stessi hanno scelto di autoimporsi!) dettati da istituzioni sovranazionali prive di legittimazione democratica. Regimi liberali, nel senso che vengono ancora rispettati i diritti civili e individuali (ma non quelli sociali!), ma certamente non democratici, come ha sperimentato sulla propria pelle il popolo greco.
Parlando del pericolo dell’avvento di una “democrazia illiberale”, Prodi e soci manifestano la propria paura che possa ritornare una democrazia capace di far valere gli interessi delle classi subalterne. Un ritorno che, causa la latitanza delle forze politiche che avrebbero dovuto difenderla (quelle sinistre che oggi ballano come topolini al suono dei pifferi liberali), ha assunto il volto “barbaro” della rivolta populista: dall’elezione di Trump, alla Brexit, alla bocciatura del referendum renziano, passando per la valanga di voti raccolti da formazioni di diversa coloritura ideologica (Lega e M5S in Italia, Mélenchon e Le Pen in Francia, Podemos e Ciudadanos in Spagna, ecc.) ma accomunate dal rifiuto del pensiero unico liberal/liberista. Per certa gente la democrazia diventa illiberale quando capisce che il popolo non la segue più, che non riconosce più la loro autorevolezza di “esperti” e pretende di avere voce in capitolo su temi che è troppo rozza per capire. È allora che viene agitato lo spettro di una democrazia che può trasformarsi in “dittatura della maggioranza”, o addirittura suicidarsi, aprendo la strada all’avvento di regimi totalitari. È allora che si lanciano appelli come quello di Prodi (rilanciato da Gentiloni il giorno seguente) che invita a costruire un fronte “antipopulista” che dovrebbe andare da Macron a Tsipras.
Quale sublime sfrontatezza: si chiama a raccolta Tsipras, l’uomo che ha tradito il voto del suo popolo, piegandosi alla volontà della Troika e accettando che la Grecia venisse ridotta allo stato di colonia, un uomo che non ha più alcun titolo per dirsi di sinistra (giustamente Mélenchon ne ha chiesto l’espulsione dal gruppo parlamentare della sinistra europea), accostandolo a Macron, l’uomo che dopo essere stato eletto in nome di una sacra unione antipopulista, è riuscito, a causa alle sue scellerate scelte antipopolari, a perdere in tempi brevissimi il consenso raccolto con quell’espediente. Senza operare alcuna riflessione autocritica, si rilancia un progetto che si è già dimostrato fallimentare, nella speranza di poter cancellare – con la complicità del terrorismo mediatico – l’evidenza dei fatti e di far dimenticare ai cittadini il recente passato. Non funzionerà. O meglio: non funzionerà per la maggioranza dei cittadini, funzionerà invece nei confronti dei resti d’una sinistra che continua a correre verso il baratro come un branco di lemming.
(Carlo Formenti, “Prodi ovvero il pifferaio stonato”, da “Micromega” dell’8 ottobre 2018).

Romano Prodi è uno dei massimi artefici della mutazione genetica della sinistra italiana, avendo validamente contribuito a traghettarla dal campo socialista al campo liberale; fa parte (con Andreatta, Ciampi e Carli) del clan dei grandi burocrati che, prima, hanno sottratto al paese la sovranità monetaria, favorendo il divorzio fra il Tesoro e la banca centrale, poi hanno operato per sottrargli anche la sovranità nazionale (e quindi la sovranità popolare); è il grande liquidatore di quell’industria di Stato che aveva promosso il nostro sviluppo industriale, e che lui ha fatto sì che venisse trasferita in mani private; è fra coloro che hanno spianato la strada alla deregulation finanziaria, alla colonizzazione del nostro sistema produttivo da parte delle imprese transnazionali, alla distruzione del potere contrattuale dei sindacati; è – con Bill Clinton, Tony Blair, Schröder e altri – fra i massimi ispiratori della “sinistra” neoliberale e antikeynesiana; si è battuto perché l’Italia entrasse a qualsiasi costo nell’Unione Europea contribuendo a realizzare l’utopia di von Hayek, cioè la nascita di un’entità sovranazionale che ha neutralizzato i principi “criptosocialisti” della Costituzione del ‘48 e imbrigliato la nostra politica economica con vincoli esterni che le vietano di ridistribuire risorse a favore delle classi subalterne.

Questo è l’uomo che ha oggi la faccia tosta di lanciare un appello (sulle pagine del “Corriere della Sera” di venerdì 5 ottobre) per salvare l’Italia che, parole sue, «rischia di diventare una democrazia illiberale». Democrazia illiberale è un termine Romano Prodiinteressante, quasi un lapsus. Il binomio democrazia-liberalismo si è infatti dissolto da un pezzo, come hanno spiegato, fra gli altri, Colin Crouch e Wolfgang Streeck: i nostri sono regimi post-democratici, nei quali la democrazia si riduce all’esercizio formale di alcune procedure, mentre le vere decisioni sono delegate ai “mercati” (mitiche entità impersonali dietro cui si celano gli interessi di ben precise caste economiche), in nome dei quali governano esecutivi che giustificano le proprie decisioni antipopolari con i vincoli (che loro stessi hanno scelto di autoimporsi!) dettati da istituzioni sovranazionali prive di legittimazione democratica. Regimi liberali, nel senso che vengono ancora rispettati i diritti civili e individuali (ma non quelli sociali!), ma certamente non democratici, come ha sperimentato sulla propria pelle il popolo greco.

Parlando del pericolo dell’avvento di una “democrazia illiberale”, Prodi e soci manifestano la propria paura che possa ritornare una democrazia capace di far valere gli interessi delle classi subalterne. Un ritorno che, causa la latitanza delle forze politiche che avrebbero dovuto difenderla (quelle sinistre che oggi ballano come topolini al suono dei pifferi liberali), ha assunto il volto “barbaro” della rivolta populista: dall’elezione di Trump, alla Brexit, alla bocciatura del referendum renziano, passando per la valanga di voti raccolti da formazioni di diversa coloritura ideologica (Lega e M5S in Italia, Mélenchon e Le Pen in Francia, Podemos e Ciudadanos in Spagna, ecc.) ma accomunate dal rifiuto del pensiero unico liberal/liberista. Per certa gente la democrazia diventa illiberale quando capisce che il popolo non la segue più, che non riconosce più la loro autorevolezza di “esperti” e pretende di avere voce in capitolo su temi che è troppo rozza per capire. È allora che viene agitato lo spettro di una democrazia che può trasformarsi in “dittatura della maggioranza”, o addirittura suicidarsi, aprendo la strada all’avvento di Macron e Tsiprasregimi totalitari. È allora che si lanciano appelli come quello di Prodi (rilanciato da Gentiloni il giorno seguente) che invita a costruire un fronte “antipopulista” che dovrebbe andare da Macron a Tsipras.

Quale sublime sfrontatezza: si chiama a raccolta Tsipras, l’uomo che ha tradito il voto del suo popolo, piegandosi alla volontà della Troika e accettando che la Grecia venisse ridotta allo stato di colonia, un uomo che non ha più alcun titolo per dirsi di sinistra (giustamente Mélenchon ne ha chiesto l’espulsione dal gruppo parlamentare della sinistra europea), accostandolo a Macron, l’uomo che dopo essere stato eletto in nome di una sacra unione antipopulista, è riuscito, a causa alle sue scellerate scelte antipopolari, a perdere in tempi brevissimi il consenso raccolto con quell’espediente. Senza operare alcuna riflessione autocritica, si rilancia un progetto che si è già dimostrato fallimentare, nella speranza di poter cancellare – con la complicità del terrorismo mediatico – l’evidenza dei fatti e di far dimenticare ai cittadini il recente passato. Non funzionerà. O meglio: non funzionerà per la maggioranza dei cittadini, funzionerà invece nei confronti dei resti d’una sinistra che continua a correre verso il baratro come un branco di lemming.

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Tag: Alexis Tsipras, antikeynesiani, antipopulismo, autocritica, autorevolezza, Banca d'Italia, banche centrali, Bankitalia, Beniamino Andreatta, Bill Clinton, Brexit, burocrazia, Carlo Azeglio Ciampi, Carlo Formenti, casta, cittadini, Ciudadanos, clan, Colin Crouch, colonialismo, colonizzazione, complicità, consenso, Corriere della Sera, Costituzione, democrazia, democrazia illiberale, deregulation, diktat, diritti, disinformazione, dittatura, dominio, Donald Trump, economia, elezioni, élite, Emmanuel Macron, fallimento, finanza, Francia, Friedrich Von Hayek, genetica, Gerhard Schröder, governo gialloverde, Gran Bretagna, Grecia, Guido Carli, ideologia, imprese, individuo, industria, interessi, istituzioni, Italia, Jean-Luc Melenchon, John Maynard Keynes, Lega, legittimazione, lemming, M5S, mainstream, Marine Le Pen, Matteo Renzi, media, mercati, Micromega, moneta, movimento 5 stelle, multinazionali, mutazione, neo-feudalesimo, neoliberismo, oligarchia, Paolo Gentiloni, paura, Pd, pensiero unico, pericolo, Podemos, politica, popolo, populismo, post-democrazia, post-keynesiani, potere, privatizzazioni, rapina, referendum, regime, rischio, risorse, rivolta, Romano Prodi, sfrontatezza, sindacati, sinistra, sistema, socialismo, sottomissione, sovranismo, sovranità, sovranità monetaria, sovranità nazionale, sovranità popolare, Spagna, speranza, Stato, subalternità, suicidi, svendita, sviluppo, Syriza, tecnocrati, terrorismo, terza via, Tesoro, Tony Blair, totalitarismo, tradimento, troika, Ue, Unione Europea, Usa, utopia, vincoli, Wolfgang Streeck

10 Commenti

  1. redfifer
    15 novembre 2018 • 05:56

    Il soggetto in questione e non solo… andrebbe carcerato e messo non in una normale cella, ma in una cella non più alta di 130 cm. con cocci rotti cementati al posto delle mattonelle senza né letto né bagno e ancor meno qualcosa per sedersi comodamente per quel che ha fatto all’Italia e agli italiani.

    L’altezza di 130 cm. servirebbe lui e a tanti altri come lui a non fargli alzare più la testa, il resto e fargli provare quello che significa vivere eternamente sulla lama di un rasoio, senza che nessuno provi poi pietà per averti messo in tale condizione, proprio come ha fatto lui con gli italiani. Altro che mega pensione!

  2. Roberto
    15 novembre 2018 • 06:35

    Se dovessimo mettere in galera tutti i politici che nazionali, regionali e comunali che sono stati dannosi per la comunità servirebbero parecchie carceri… e non mancherebbero esponenti di qualsiasi partito che é esistito.

    Quindi, troppo riduttivo pensare a uno solo.

  3. Wubbì
    15 novembre 2018 • 07:59

    Un altro reggiano di cui andare fieri ;)

  4. Telmi
    15 novembre 2018 • 08:47

    ma il governo attuale parla di 18 Miliardi di privatizzazioni..
    …. non sarà svendita?

  5. Giorgio
    15 novembre 2018 • 09:26

    Questo sarebbe lo stesso Prodi del tavolino spiritico con le indicazioni di Gradoli?

  6. TheTruthSeeker
    15 novembre 2018 • 09:39

    Integrazione all’articolo.

    “De Benedetti e Romano Prodi
    Come fare una montagna di soldi a spese dello Stato” di Paolo Barnard.

    Febbraio 2013

    https://it-it.facebook.com/335112876571532/posts/de-benedetti-e-romano-prodicome-fare-una-montagna-di-soldi-a-spese-dello-statola/130621713774659/

    Da notare che sebbene Prodi abbia svenduto il sistema economico italiano nel peggiore dei modi, nessuno finora gli ha fatto i conti in tasca e non in tasca…, insomma, nonostante tutti i disastri i media mainstream e le alte sfere della magistratura sono ancora dalla sua parte a difesa arcigna dello status quo e niente si smuoverà in questa direzione nel breve medio termine, a meno che alle elezioni europee ci sia un risultato soprendente molto a favore dei cosiddetti “populisti” che poi vogliano anche davvero andare avanti e senza avere nessuna pietà per far uscire fuori certi scheletri negli armadi davvero ingombranti, senza fare calcoli politici per non farlo e via dicendo, condizioni improbabili da concretizzarsi nel prossimo futuro.

  7. Primadellesabbie
    15 novembre 2018 • 10:42

    Non mi sembra opportuno aggiungere i propri commenti, per modesti che siano, a interventi sguaiatamente truculenti e fuori controllo.

  8. EXILADADELSUR
    15 novembre 2018 • 17:31

    Dante lo esproprierebbe, gli darebbe una casa a prezzo popolare e la minima di pensione; punizione umana e sufficiente, giusto quello che assieme ad altri pochi ha fatto a tanti. amen

  9. cikagiuro
    16 novembre 2018 • 21:12

    Il mortadella bolognese fu pure quello che senza sprezzo del ridicolo affermò:

    “Con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”

    Questo ex-boiardo di Stato lo manderei a Goli Otok a spaccare pietre tutto il giorno.

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