LIBRE

associazione di idee
  • idee
  • LIBRE friends
  • LIBRE news
  • Recensioni
  • segnalazioni

Aiutare l’Africa nel solo modo possibile: andandocene via

Scritto il 05/12/18 • nella Categoria: idee Condividi Tweet

«Il debito è la nuova forma di colonialismo. I vecchi colonizzatori si sono trasformati in tecnici dell’aiuto umanitario, ma sarebbe meglio chiamarli tecnici dell’assassinio. Sono stati loro a proporci i canali di finanziamento, i finanziatori, dicendoci che erano le cose giuste da fare per far decollare lo sviluppo del nostro paese, la crescita del nostro popolo e il suo benessere… Hanno fatto in modo che l’Africa, il suo sviluppo e la sua crescita obbediscano a delle norme, a degli interessi che le sono totalmente estranee. Hanno fatto in modo che ciascuno di noi sia, oggi e domani, uno schiavo finanziario». Questo discorso fu tenuto nel 1987 da Thomas Sankara all’“assemblea dei paesi non allineati”, Oua. Fu assassinato due mesi dopo. Debbo la conoscenza di questo straordinario discorso, ampiamente dimenticato, a un mio giovane amico, Matteo Carta, che lo aveva ripreso da un servizio di Silvestro Montanaro per il programma di Rai3 “C’era una volta” andato in onda alle undici di sera il 18 gennaio 2013. E questa fu anche l’ultima puntata di quel programma. Thomas Sankara arrivò al potere con un colpo di Stato che rovesciò la pseudo e corrottissima democrazia.
Nei quattro anni del suo governo fece parecchie cose positive per il Burkina: si impegnò molto per eliminare la povertà attraverso il taglio degli sprechi statali e la soppressione dei privilegi delle classi agiate, finanziò un ampio sistema di riforme sociali incentrato sulla costruzione di scuole, ospedali e case per la popolazione estremamente povera, fece un’importante lotta alla desertificazione con il piantamento di milioni di alberi nel Sahel, cercò di svincolare il paese dalle importazioni forzate. Inoltre si rifiutò di pagare i debiti coloniali. Ma non fu questo rifiuto a perderlo, Francia e Inghilterra sapevano benissimo che quei debiti non potevano essere pagati. A perderlo fu il contenuto sociale della sua opera che i paesi occidentali non potevano tollerare. Tanto è vero che nel controcolpo di Stato che portò all’assassinio di Sankara, all’età di 38 anni come il Che, furono coinvolti oltre a Francia e Inghilterra anche gli Stati Uniti che ‘coloniali’ in senso stretto non erano stati.
Sankara doveva quindi morire. Non approfittò mai del suo potere. Alla sua morte gli unici beni in suo possesso erano un piccolo conto in banca di circa 150 dollari, una chitarra e la casa in cui era cresciuto. Questo discorso di Sankara è più importante di quello che Gheddafi avrebbe tenuto all’Onu nel settembre del 2009 e che gli sarebbe costato a sua volta la pelle. Gheddafi, in un linguaggio assolutamente laico, come laico era quello di Sankara, si limitò, in buona sostanza, a denunciare le sperequazioni istituzionali e legislative fra i paesi del Primo e del cosiddetto ‘Terzo Mondo’ (questa immonda e razzista definizione ha un’origine abbastanza recente, fu coniata dall’economista Alfred Sauvy nel 1952 – Poca terra – nel 2000). Sankara, a differenza di Gheddafi, centra l’autentico nocciolo della questione: le devastazioni economiche, sociali, ambientali provocate dall’introduzione in Africa Nera, spesso con il pretesto di aiutarla, del nostro modello di sviluppo. Ecco perché bisogna stare molto attenti quando, con parole pietistiche, si parla di “aiuti all’Africa”. Non per nulla parecchi anni fa durante un summit del G7 i sette paesi più poveri del mondo, con alla testa l’africano Benin (Sankara era già stato ucciso) organizzarono un controsummit al grido di “Per favore non aiutateci più!” (mi pareva una notizia ma si guadagnò solo un trafiletto su “Repubblica”).
Per questo tutti i discorsi che girano intorno al “aiutiamoli a casa loro”, che non appartengono solo a Salvini, sono pelosi. Noi questi paesi con la nostra presenza, anche qualora, raramente, sia in buonafede, non li aiutiamo affatto. Li aiutiamo a strangolarsi meglio, a nostro uso e consumo. Il solo modo per aiutare l’Africa Nera è che noi ci togliamo dai piedi. E dai piedi devono levarsi anche quelle Onlus come l’Africa Milele per cui lavora, o lavorava, Silvia Romano, attualmente prigioniera nelle boscaglie del Kenya, formate da pericolosi ‘dilettanti allo sbaraglio’. Pericolosi perché – e almeno questo dovrebbe far rizzare le orecchie al nostro governo – sono facili obbiettivi di ogni sorta di banditi o di islamisti radicali a cui poi lo Stato italiano, per ottenerne la liberazione, deve pagare cospicui riscatti. E’ stato il caso, vergognoso, delle “due Simone” e dell’inviata dilettante del Manifesto Giuliana Sgrena la cui liberazione costò, oltre al denaro che abbiamo sborsato, la vita a Nicola Calipari. In quest’ultimo caso il soldato americano Lozano, del tutto legittimamente perché avevamo fatto le cose di soppiatto senza avvertire la filiera militare statunitense, a un check-point sparò alla macchina che si avvicinava e uccise uno dei nostri migliori agenti segreti.
(Massimo Fini, “Aiutiamo l’Africa andandocene via” dal “Fatto Quotidiano” del 29 novembre 2018; articolo ripreso sul blog di Fini).

«Il debito è la nuova forma di colonialismo. I vecchi colonizzatori si sono trasformati in tecnici dell’aiuto umanitario, ma sarebbe meglio chiamarli tecnici dell’assassinio. Sono stati loro a proporci i canali di finanziamento, i finanziatori, dicendoci che erano le cose giuste da fare per far decollare lo sviluppo del nostro paese, la crescita del nostro popolo e il suo benessere… Hanno fatto in modo che l’Africa, il suo sviluppo e la sua crescita obbediscano a delle norme, a degli interessi che le sono totalmente estranee. Hanno fatto in modo che ciascuno di noi sia, oggi e domani, uno schiavo finanziario». Questo discorso fu tenuto nel 1987 da Thomas Sankara all’“assemblea dei paesi non allineati”, Oua. Fu assassinato due mesi dopo. Debbo la conoscenza di questo straordinario discorso, ampiamente dimenticato, a un mio giovane amico, Matteo Carta, che lo aveva ripreso da un servizio di Silvestro Montanaro per il programma di Rai3 “C’era una volta” andato in onda alle undici di sera il 18 gennaio 2013. E questa fu anche l’ultima puntata di quel programma.

Thomas Sankara arrivò al potere con un colpo di Stato che rovesciò la pseudo e corrottissima democrazia. Nei quattro anni del suo governo fece parecchie cose positive per il Burkina: si impegnò molto per eliminare la povertà attraverso il taglio degli Massimo Finisprechi statali e la soppressione dei privilegi delle classi agiate, finanziò un ampio sistema di riforme sociali incentrato sulla costruzione di scuole, ospedali e case per la popolazione estremamente povera, fece un’importante lotta alla desertificazione con il piantamento di milioni di alberi nel Sahel, cercò di svincolare il paese dalle importazioni forzate. Inoltre si rifiutò di pagare i debiti coloniali. Ma non fu questo rifiuto a perderlo, Francia e Inghilterra sapevano benissimo che quei debiti non potevano essere pagati. A perderlo fu il contenuto sociale della sua opera che i paesi occidentali non potevano tollerare. Tanto è vero che nel controcolpo di Stato che portò all’assassinio di Sankara, all’età di 38 anni come il Che, furono coinvolti oltre a Francia e Inghilterra anche gli Stati Uniti che ‘coloniali’ in senso stretto non erano stati.

Sankara doveva quindi morire. Non approfittò mai del suo potere. Alla sua morte gli unici beni in suo possesso erano un piccolo conto in banca di circa 150 dollari, una chitarra e la casa in cui era cresciuto. Questo discorso di Sankara è più importante di quello che Gheddafi avrebbe tenuto all’Onu nel settembre del 2009 e che gli sarebbe costato a sua volta la pelle. Gheddafi, in un linguaggio assolutamente laico, come laico era quello di Sankara, si limitò, in buona sostanza, a denunciare le sperequazioni istituzionali e legislative fra i paesi del Primo e del cosiddetto ‘Terzo Mondo’ (questa immonda e razzista definizione ha un’origine abbastanza recente, fu coniata dall’economista Alfred Sauvy nel 1952 – Poca terra – nel 2000). Sankara, a differenza di Gheddafi, centra l’autentico nocciolo della questione: le devastazioni economiche, sociali, ambientali provocate dall’introduzione in Africa Nera, spesso con il pretesto di aiutarla, del nostro modello di sviluppo. Ecco perché bisogna stare molto attenti quando, con parole pietistiche, si parla di “aiuti all’Africa”. Non per nulla parecchi anni fa durante un summit del G7 i sette paesi più poveri del mondo, con alla testa l’africano Benin (Sankara era già stato ucciso) Thomas Sankaraorganizzarono un controsummit al grido di “Per favore non aiutateci più!” (mi pareva una notizia ma si guadagnò solo un trafiletto su “Repubblica”).

Per questo tutti i discorsi che girano intorno al “aiutiamoli a casa loro”, che non appartengono solo a Salvini, sono pelosi. Noi questi paesi con la nostra presenza, anche qualora, raramente, sia in buonafede, non li aiutiamo affatto. Li aiutiamo a strangolarsi meglio, a nostro uso e consumo. Il solo modo per aiutare l’Africa Nera è che noi ci togliamo dai piedi. E dai piedi devono levarsi anche quelle Onlus come l’Africa Milele per cui lavora, o lavorava, Silvia Romano, attualmente prigioniera nelle boscaglie del Kenya, formate da pericolosi ‘dilettanti allo sbaraglio’. Pericolosi perché – e almeno questo dovrebbe far rizzare le orecchie al nostro governo – sono facili obbiettivi di ogni sorta di banditi o di islamisti radicali a cui poi lo Stato italiano, per ottenerne la liberazione, deve pagare cospicui riscatti. E’ stato il caso, vergognoso, delle “due Simone” e dell’inviata dilettante del Manifesto Giuliana Sgrena la cui liberazione costò, oltre al denaro che abbiamo sborsato, la vita a Nicola Calipari. In quest’ultimo caso il soldato americano Lozano, del tutto legittimamente perché avevamo fatto le cose di soppiatto senza avvertire la filiera militare statunitense, a un check-point sparò alla macchina che si avvicinava e uccise uno dei nostri migliori agenti segreti.

(Massimo Fini, “Aiutiamo l’Africa andandocene via” dal “Fatto Quotidiano” del 29 novembre 2018; articolo ripreso sul blog di Fini).

Articoli collegati

  • Francia cannibale, si mangia l'Africa: il bilancio dell'orrore
  • Konare: è la Francia a depredare l'Africa, ditele di smettere
  • Migranti, il business dei predoni globalisti condanna l'Africa
  • Con Palme e Sankara, Europa e Africa sarebbero oasi felici
  • Sankara: basta rapinare l'Africa, col debito. E lo uccisero
Tag: abusi, Africa, Africa Milele, Africa Nera, aiuti, alberi, Alfred Sauvy, ambiente, benessere, Benin, Blaise Compaoré, Burkina Faso, casta, Che Guevara, check-point, colonialismo, conoscenza, corruzione, crescita, debito, debito estero, democrazia, denuncia, desertificazione, devastazione, diktat, economia, élite, equità, finanza, Francia, G7, Giuliana Sgrena, giustizia, golpe, Gran Bretagna, Il Fatto Quotidiano, Il Manifesto, Inghilterra, intelligence, Islam, istituzioni, jihadisti, Kenya, La Repubblica, Lega, liberazione, Libia, Mario Lozano, Massimo Fini, Matteo Carta, Matteo Salvini, morte, Muhammar Gheddafi, Nicola Calipari, non allineati, Occidente, oligarchia, omicidio, Onlus, Onu, ospedali, Oua, pericolo, Poca terra, popolazione, popolo, potere, poveri, povertà, privilegi, Rai, Rai Tre, razzismo, ricatto, riforme, riscatto, rivoluzione, Sahel, scuola, servizi segreti, sfruttamento, Silvestro Montanaro, Silvia Romano, Simona Pari, Simona Torretta, Sismi, sistema, sociale, sperequazioni, sprechi, Stati Uniti, Stato, sviluppo, tagli, televisione, terzo mondo, Thomas Sankara, umanitarismo, Usa, vergogna, vincoli, welfare

8 Commenti

  1. Roberto
    5 dicembre 2018 • 06:44

    Che uno strozzino presta i soldi per portarti via quello che gli interessa e aumentare l’interesse a piacimento non é una gran novità.

    Poi con quei soldi mezza Italia (se basta) ha mangiato a sbafo a suon di sussidi, ruberie varie, mazzette su lavori pubblici, condoni ecc…

    A tirare il carretto, pagando le tasse dovute e contribuendo realmente alla crescita siamo rimasti quattro gatti ora. Non bastiamo più. Forse é solo il momento che i nodi vengano al pettine..speriamo non tutti altrimenti facciamo la fine del Venezuela se non peggio

  2. Wubbì
    5 dicembre 2018 • 09:00

    Anni fa incontrai, durante un periodo di vacanza, una coppia di giovani e, nel parlare , fecero sfoggio del loro impegno umanitario in un paese africano dove periodicamente , e per alcuni mesi l’anno , aiutavano la gente a loro dire sottosviluppata. Alla fine di questa fiera delle vanità dissi tranquillamente loro che non condividevo nulla di tutto quello che facevano … è sempre stato un mio modo di vedere le cose : andare a casa della gente per imporre il mio aiuto pensando che stiano male solo perchè non vivono come me è un atto di arroganza e di disagio interiore , perchè molto probabilmente chi fa questo cerca di colmare un proprio vuoto o mancanza.

    Quello del “buonismo” è solo un aspetto del problema ; il grosso è rappresentato dai professionisti , trafficanti , speculatori , fabbricanti di armi , ma senza il terreno fertile del buonismo tutto questo giro perverso subirebbe , almeno , un ridimensionamento.

    Voglio semplicemente dire che , dal momento che i rapaci sono sempre esistiti , il fenomeno di colonizzazione mascherato da aiuto umanitario ci sarà sempre , ma un organizzazione per quanto ben congegnata e efficiente ha sempre bisogno di una base “volontaria” indottrinata , di persone che fanno dell’aiuto agli altri una ragione di vita , e in buona fede perchè non ci guadagnano nulla , sono anche “apprezzabili” da un certo punto di vista … ma prima avrebbero bisogno di terapie psicologiche per verificare i problemi di fondo che li portano a queste scelte e poi , chissà , potrebbero arrivare a capire che se non viene richiesto nessun aiuto non c’è nessun motivo di inventarsi problemi da riversare su chi si vorrebbe aiutare. Vivi e lascia vivere

  3. Miao
    5 dicembre 2018 • 09:22

    Purtroppo molte persone ancora non capiscono che l’Africa è povera perchè i Paesi Occidentali, tramite FMI, e ora anche la Cina, la tengono povera. Queste stesse persone parlano di volontariato senza capire la sorgente del problema.

  4. Gio rgio
    5 dicembre 2018 • 09:41

    Come non essere d’accordo con Fini?
    L’aiuto può custodire valenza positiva o negativa non essendo neutro.
    Noi c’impegniamo per unirci ai francesi ancora schiavisti di molte nazioni africane, bella unione!!!!!

  5. Gio rgio
    5 dicembre 2018 • 10:04

    A parte De Gaulle i francesi hanno sempre avuto governi di sinistra ed è proprio la sinistra enfiteuta dell’albagia in tutti i campi ed in tutti i ruoli. I comunisti hanno la pretesa di possedere la verità assoluta.
    Pochi minuti fa ho attinto Radio Rai Uno con un whatsapp per stigmatizzare la mia avversità nei confronti del già ministro Padoan (comunista), messaggio a cui ho allegato la mia tessera elettorale intonsa per sgombrare il campo da ogni equivoco.
    Il signore più sopra continua a criticare l’attuale governo, così facendo insulta la mia intelligenza e quella di altri milioni d’italiani, facendo capire che tutte le sue “azioni”, inverate nella sua funzione di ministro, sono state talmente “alte” da sfuggire alle nostre capacità intellettive, altro che braccia rubate all’agricoltura!!!!!
    E poi dicono dei pregiudizi…. Il fornaio ed il ruspista non hanno ancora realizzato nulla, si possono solamente accusare d’immobilismo
    Nel mio fondo agricolo non gli affiderei nemmeno la zappa, al genio in questione, perché sarei sicuro che ne spezzerebbe il manico.

  6. Primadellesabbie
    5 dicembre 2018 • 11:18

    Nel Burkina, come nel resto dell’Africa, esiste anche una realtà profonda nella quale né gli occidentali né le Onlus, possono mettere piede (provate ad avvicinarvi ad un villaggio sperduto e cintato o cercate di convincere un anziano ad occidentalizzarsi!).

    Sankara non faceva parte di quel mondo, aveva studiato in Francia, e neanche Gheddafi ne faceva parte, nonostante la sua tenda da beduino, i figli hanno studiato a Londra.

    Siamo vittime della cultura che ci siamo dati, come gli africani, che sfruttiamo dall’antichità.

    Non esiste una cultura europea? E la scienza e le sue conseguenze che abbiamo ’scoperto’ tutti assieme e che determina la tendenza che ci dirige, e ci unisce negli intenti, sfruttamento compreso?

    La faccenda é più complicata di quanto la provocazione di Fini faccia immaginare.

    Dobbiamo maturare una coscienza e disarmare gli incoscienti, al punto in cui siamo non esistono altre vie.

  7. nomevlad
    5 dicembre 2018 • 15:32

    Noi? I francesi dovrebbero andare via dall’Africa, specie con la loro moneta che schiavizza ancora oggi buona parte del continente.

    Scambiate pure qualche opinione con Blondet che al 22 di novembre 18 ci informava che “La previsione che Rol fece nel 1991, fu questa: “che nel 2025 in Italia vi saranno il 60% di persone “di colore” e il 40% di bianchi.” Mica mentule. 60% di colore in Italia vorrebeb dire avere circa 100 milioni di stranieri in casa, ovviamente, tutti al Sud. Poco male però, ci tranquillizza sempre Blondet al 3 dicembre 18:

    “La distanza fra Nord e Sud diverrà incolmabile. Posso immaginare perfino sul piano linguistico: poiché col “reddito di cittadinanza” alle generazioni nuove del Sud non occorrerà più studiare né imparare a leggere far di conto, parleranno in modo sempre più esclusivo i vernacoli sempre più gutturali e belluini; nella decrescita felice andranno alla raccolta dei mitili e bacche e impareranno ad abitare sulle palafitte (abusive, naturalmente), come i cacciatori-raccoglitori della civiltà villanoviana. Il Nord diventerà sempre più quello che già è, un’appendice del motore industriale tedesco, e finirà per adottare fonemi germanici (a voi lo sembra già il milanese).”

    Dopo 150 anni non abbiamo ancora l’Italia. Pensare che il Sud, gutturale e belluino, si fece assimilare da ROMA. E dico Roma. Con certi italiani, forse, meglio avere neri in casa; hai visto mai!

Trackbacks

  1. Aiutare l’Africa nel solo modo possibile: andandocene via | Benvenuti nel rifugio di Claudio

Libri

UNA VALLE IN FONDO AL VENTO

Articoli collegati

    Francia cannibale, si mangia l'Africa: il bilancio dell'orrore
    Konare: è la Francia a depredare l'Africa, ditele di smettere
    Migranti, il business dei predoni globalisti condanna l'Africa
    Con Palme e Sankara, Europa e Africa sarebbero oasi felici
    Sankara: basta rapinare l'Africa, col debito. E lo uccisero
Condividi Libre
Follow @libreidee
Sottoscrivi il feed Libre  Feed via FeedBurner

Pagine

  • Blind Wine
  • Chi siamo
  • Contatti
  • Pubblicità su Libreidee.org
  • Siberian Criminal Style
  • UNA VALLE IN FONDO AL VENTO

Archivi

Link

  • BLIND WINE
  • Cadavre Exquis
  • Centro Studi Ambientali
  • Hammam Torino
  • Il Cambiamento
  • Libre scrl
  • Movimento per la Decrescita Felice
  • Neuma
  • Nicolai Lilin
  • Penelope va alla guerra
  • Rete del Caffè Sospeso
  • Rialto Sant’Ambrogio
  • Rubamatic
  • Shake edizioni
  • TYC
© 2019 LIBRE • Realizzato con da Libre sc