Riciclare Al Qaeda per fermare la Primavera Araba
Osama Bin Laden è morto ufficialmente il 1° maggio 2011 perché non poteva compiere, alla svelta, il terzo voltafaccia della sua impetuosa carriera: prima uomo Cia in Afghanistan contro l’Urss, poi leader antiamericano. Ora i suoi sauditi servono nuovamente, come ai vecchi tempi, dalla parte dell’America: in Libia per eliminare Gheddafi e mettere le mani sul petrolio, in Egitto per annullare la rivoluzione democratica di piazza Tahrir e in Siria, per demolire Bashar Assad che non rompe con l’Iran, non fa la pace con Israele e non abbandona i palestinesi al loro destino. L’improvviso accordo tra Hamas e Abu Mazen, che ha spiazzato Tel Aviv? E’ la risposta dei palestinesi contro chi vorrebbe trasformare Assad in un dittatore, dopo aver infiltrato anche l’esercito siriano di cecchini che sparano sulla folla.
Lo sostiene Thierry Meyssan, in un’ampia analisi sulla “Komsomolskaya Pravda”, uno dei maggiori giornali russi, per svelare la “fiction” dei media sulla drammatica crisi in Medio Oriente, frutto a suo avviso di una disinvolta manipolazione. Intellettuale francese, fondatore e presidente di “Réseau Voltaire” e della conferenza “Axis for Peace” Meyssan ha pubblicato libri come “L’Effroyable imposture”, che smaschera “manipolazioni e disinformazione”. Sul banco degli imputati Al Jazeera, creata dai miliardari francesi David e Jean Frydman col sostegno del Qatar per promuovere un dialogo tra arabi e israeliani, minimizzando di fatto l’apartheid del regime di Tel Aviv grazie anche a una redazione folta di reporter reclutati fra corrispondenti della Bbc, vicini all’intelligence britannica. «Al-Jazeera, che ha coperto in modo eccezionale le rivolte in Tunisia e in Egitto, ha improvvisamente cambiato la sua linea editoriale nel caso della Libia», scrive Meyssan, mettendo a fuoco la sua tesi: il canale satellitare è diventato «il portavoce dei Sudairi», il potente clan saudita che sta letteralmente guidando la «controrivoluzione» in atto in Medio Oriente dopo le rivolte esplose in Tunisia, Egitto e Bahrein.
Legatissimi a Bush padre, i Sudairi – guidati dal principe Bandar – stanno cercando di destabilizzare l’area petrolifera per tentare di rovesciare il sovrano saudita. Sono il vero mandante dei Fratelli Musulmani, che vorrebbero instaurare ovunque la legge islamica, rinsaldando però l’alleanza economica con l’Occidente. Questo, secondo Meyssan, spiega la “controrivoluzione” in corso al Cairo, dove Mohammed El Baradei è stato emarginato. Nella guerra in Libia contro Gheddafi sarebbero stati proprio i Sudairi ad armare le truppe di Bengasi per poi a mettere il petrolio della Cirenaica sotto il controllo del Bahrein. Ma l’obiettivo maggiore resta la Siria, dove si cerca di rovesciare il regime di Assad, costringendolo ad apparire brutale e repressivo al punto da spingere la Nato a intervenire, come in Libia. Dietro le quinte, Israele – unico paese sceso in campo in difesa di Mubarak quando milioni di egiziani reclamavano la caduta del tiranno – tifa segretamente per l’intelligence saudita del principe Bandar, la stessa organizzazione che reclutò miliziani per il network Al-Qaeda e ora sostiene i jihadisti in Libia.
Addirittura sconcertante la lettura che Meyssan propone riguardo alla «destabilizzazione della Siria», progettata a tavolino con la pagina Facebook “Rivoluzione Siriana 2011” editata ai primi di febbraio raccogliendo 80.000 adesioni, quando ancora nel paese regnava la calma. La rivolta è divampata a Deraa, cittadina rurale vicina ai confini con Giordania e Israele. «Degli sconosciuti – scrive Meyssan – hanno pagato alcuni ragazzi per disegnare dei graffiti antigovernativi sui muri della città. La polizia locale ha arrestato gli studenti e li trattati come dei criminali». I ragazzi sono stati percossi, e le famiglie infuriate hanno attaccato la stazione della polizia, che ha risposto con brutalità ancora maggiore. L’incidente è stato chiuso con soddisfazione di tutti dal presidente Assad, che ha fatto arrestare i responsabili della repressione, disinnescando sul nascere la rivolta. Fino a quando «alcuni cecchini mascherati hanno sparato dai tetti di un edificio sulla folla e sulla polizia, gettando la città nel caos».
Approfittando della confusione, uomini armati hanno attaccato un edificio governativo che ospita l’intelligence responsabile del controllo del territorio delle alture siriane del Golan, occupate da Israele. «I servizi di sicurezza hanno aperto il fuoco per difendere l’edificio e il loro archivio: ci sono stati morti da entrambe le parti». Impauriti, i “notabili” di Deraa «hanno chiesto la protezione dell’esercito», che ha dispiegato carri armati e dato la caccia ai miliziani infiltrati. Secondo Meyssan, «i media internazionali hanno deformato i fatti e hanno accusato l’esercito siriano di attaccare il popolo di Deraa». Il conflitto si è esteso a Laodicea, Latakia in arabo, «patria delle mafie specializzate nel contrabbando marittimo», che – finanziate dal Libano – hanno «vandalizzato il centro della città». La polizia è intervenuta armata solo di manganelli, su ordine di Assad, mentre «i malviventi sono arrivati con le loro armi da guerra e hanno ucciso decine di poliziotti disarmati».
Stesso copione a Banias, centro petrolifero, dove però – vista la mattanza di Latakia – gli agenti hanno risposto al fuoco e lo scontro «si è trasformato in una battaglia campale». E mentre dalle moschee di Homs i fondamentalisti filo-sauditi esortavano i fedeli alla rivolta contro «il regime che sta uccidendo i nostri fratelli a Laodicea», folle imponenti – mai prima scese in piazza così numerose nella storia della Siria – invadevano le strade di Damasco, Aleppo e persino Latakia al grido di “Dio, la Siria, Bashar!”. Miliziani arrestati hanno confessato di esser stati reclutati dal libanese Jamal Jarrar, amico del principe saudita Bandar, secondo l’Fbi implicato nel dirottamento del volo che l’11 Settembre si schiantò in Pennsylvania. Jarrar, continua Meyssan, è anche cugino dei fratelli Ali e Yousef Jarrah, arrestati dall’esercito libanese nel novembre 2008 con l’accusa di spionaggio nei confronti di Israele.
Da Londra, i Fratelli Musulmani – che nel 1982 subirono l’atroce repressione del regime di Damasco, un bagno di sangue ordinato dal presidente Hafez Assad – predicano ora il rovesciamento dell’erede, Bashar Assad, che ha invece avviato le riforme richieste e cancellato la legge speciale dello stato d’emergenza. Assad, scrive sempre Meyssan, rischia di apparire tirannico ma in realtà deve fronteggiare una pericolosa sedizione: se i siriani non hanno mai conosciuto la democrazia, che ora pretendono, a orchestrare le violenze sono network internazionali ben noti, riconducibili – in questo caso attraverso il Libano – al potentissimo clan saudita dei Sudairi. In Siria sarebbero in campo anche militanti libanesi di Hizb ut-Tahrir, un’organizzazione islamista con sede a Londra, dove vive indisturbata, e particolarmente attiva in Asia centrale: proprio per contrastarla, la Cina si sta riavvicinando alla Russia in seno alla Shangai Cooperation Organization.
«In seno al governo saudita», scrive Meyssan, «i Sudairi hanno beneficiato della malattia di re Abdullah per emarginarlo», mentre «con l’aiuto degli Stati Uniti e d’Israele hanno supervisionato la controrivoluzione araba». Giornali della regione hanno parlato dei «mercanteggiamenti» in corso per destabilizzare la Siria: la violenza si fermerà «solo quando Bashar el-Assad si piegherà a due ordini: rompere con l’Iran e interrompere il sostegno alla resistenza in Palestina, Libano e Iraq». Problema: finora, i miliziani sauditi di Bandar «avevano combattuto sotto la bandiera di Osama Bin Laden in Afghanistan, Bosnia, in Cecenia o altrove». Inizialmente considerato un anticomunista, Bin Laden era progressivamente diventato l’antioccidentale per eccellenza, simbolo dello “scontro di civiltà” enunciato da Bernard Lewis e reso popolare dal suo allievo Samuel Huntington. Massimo momento di gloria: l’11 Settembre. Ora invece si tratta di cambiare casacca: non poteva essere lo stesso Osama a guidare l’ennesima svolta.
«Nel momento attuale – scrive Meyssan – è necessario cambiare l’immagine degli jihadisti. Ora, li si invita a combattere a fianco della Nato come una volta hanno combattuto al fianco della Cia in Afghanistan contro l’Armata Rossa. Conviene dunque ritornare al discorso filo-occidentale di un tempo e trovargli un’altra anima in sostituzione dell’anti-comunismo. Questo sarà il lavoro ideologico dello sceicco Youssef al-Qardawi», l’ideologo saudita dei Sudairi. «Per facilitare questa metamorfosi, Washington ha annunciato la morte ufficiale di Osama Bin Laden», aggiunge Meyssan. «Una volta sparita questa figura tutelare, i mercenari del principe Bandar possono essere mobilitati sotto una nuova bandiera».
Non casuale, quindi, il «balletto di sedie» nell’amministrazione Obama: il generale David Petraeus messo a capo della Cia lascia intendere un ritiro accelerato dall’Afghanistan e «un maggiore coinvolgimento degli uomini di Bandar nelle operazioni segrete dell’Agenzia». Leon Panetta, il direttore uscente dell’intelligence Usa, è diventato Segretario della Difesa: carica che può rivestire anche come membro della Commissione Baker-Hamilton. «Nel caso di nuove guerre, dovrebbe limitare gli spiegamenti di forze sul terreno, tranne le forze speciali». Per Meyssan, «a Riad e a Washington è già stato redatto il certificato di morte della “Primavera Araba”. I Sudairi possono dire del Medio Oriente quel che il Gattopardo diceva dell’Italia: “Tutto deve cambiare perché non cambi niente”» (info: www.megachip.info) .
thanks for this matter. i understand to be able to succeed well in writing articles and my inspiration always comes from your blog, thanks for the help!http://www.dedetizador.com