Archivio del Tag ‘Algeria’
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Video-choc: lo stragista di Tolosa era una pedina degli 007
«Va’ all’inferno, traditore. Mi hai mandato in Iraq, Pakistan e Siria per aiutare i musulmani. E ora ti riveli essere un criminale e un capitano dei servizi francesi. Non lo avrei mai creduto». A parlare è Mohammed Merah, lo stragista franco-algerino di Al Qaeda poi ucciso a Tolosa dalla polizia, nell’alloggio in cui si era asserragliato dopo aver commesso l’ennesimo attentato. Merah parla in un video e accusa il suo migliore amico, Zouheir: «Mi ucciderete senza un motivo», dice, ma «siete voi che mi avete messo in questa situazione». Merah si congeda drammaticamente da Zouheir: «Non ti perdonerò mai». Il giovane attentatore, scrisse il “Foglio” già il 22 marzo «grazie a fonti dei servizi», era nientemeno che «un’operazione dell’intelligence francese finita male». Un infiltrato “inconsapevole”, incaricato di organizzare stragi da attribuire poi a paesi come la Siria, accusati di ospitare terroristi.
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Volpe-132: elicottero caduto sulla pista di armi-fantasma?
Un elicottero della Guardia di Finanza s’inabissa nel mare della Sardegna il 2 marzo 1994, davanti al poligono missilistico del Salto di Quirra, a poca distanza da una nave-fantasma: natante segnalato da tre testimoni oculari, a cui però le autorità militari non credono. L’indomani, in Somalia, vengono assassinati Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, inviati della Rai, finiti probabilmente su una scomoda pista di traffico d’armi che sembra imbarazzare il governo italiano. Quattro mesi dopo, a luglio, l’equipaggio di un mercantile sardo viene sterminato in un porto semi-abbandonato dell’Algeria in preda al terrorismo. Dal carico dichiarato, semola, mancherebbero 600 tonnellate. Armi? Le stesse che costarono la vita a Ilaria Alpi e ai due finanzieri precipitati insieme all’elicottero esploso in volo?
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Partire lontano: lasciateci sognare l’Europa
«Oh barca, amore mio, portami fuori dalla miseria. Partire lontano: nel mio paese mi sento umiliato, sono stanco e mi sono stufato». Il ritmo è rap, la melodia araba. Il brano è firmato dagli algerini Reda Taliani e 113. Racconta, come meglio non si potrebbe, quello che spinge i giovani tunisini sui barconi che approdano a Lampedusa: “partire lontano”, ovvero «andare via, evadere, come da una prigione, per vedere il mondo», dice Gabriele Del Grande, osservatore speciale dei migranti dal blog “Fortress Europe”. «Di canzoni così ce ne sono decine, dal Marocco all’Egitto. Ma su tutte spicca il grande successo di “Partir loin”», firmato da giovani: lasciateci andare, cantano, perché il mondo non è solo vostro.
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Se il mondo brucia, vacilla il dogma della crescita infinita
La Lega Araba, dice il falco Edward Luttwak, avrebbe avuto tutti i mezzi militari necessari per intervenire il Libia: invece ha preferito ripararsi dietro la coalizione Nato, lasciando all’Occidente la parte del cattivo. Se non altro, i governi arabi hanno confermato l’appoggio alla risoluzione Onu, con due eccezioni: Siria e Algeria. La Siria è scossa dal vento del Maghreb, la polizia ha sparato sulla folla e ora il presidente Assad tenta una tardiva retromarcia promettendo riforme; l’Algeria è da anni un cratere pronto a riesplodere: la rivolta deflagrata coi primi moti tunisini ed egiziani è stata per ora soffocata della repressione. Il mondo sta letteralmente bruciando, e non solo quello arabo.
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Via Mubarak, incognita Mediterraneo: l’ora della Turchia
Dopo la Tunisia, l’Egitto: e adesso trema l’Algeria insieme allo Yemen, mentre anche il Marocco scende in piazza a festeggiare la caduta di Mubarak insieme alle folle libanesi, giordane e palestinesi. Si sgretola la geografia post-coloniale di Nord Africa e Medio Oriente, congelata per cinquant’anni: da una parte le autocrazie petrolifere arabe commissariate dagli Usa, dall’altra la supremazia militare di Israele nella regione. Unica forza estranea al composito quadro che ora va disgregandosi, la potenza iraniana dell’Islam sciita: a sua volta destabilizzata dalle recenti pulsioni democratiche represse nel sangue, la Persia di Ahmadinejad tenta di attribuirsi meriti per la svolta egiziana, festeggiandola con Hamas a Gaza ed Hezbollah in Libano, mentre sale il prestigio del possibile stato-guida di domani, la Turchia.
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Fame: la minaccia del grano su Cairo e Algeri
Al grido “Aish! Aish!” (pane), milioni di egiziani presero d’assedio i forni di tutto l’Egitto. Era il marzo del 2008. In 15 giorni, nelle interminabili file morirono quindici persone; schiacciate dalla folla, percosse dalla polizia, o nelle liti per strapparsi la pagnotta a prezzi sussidiati. Morti per accaparrarsi un alimento base che ironicamente, in arabo (Aish), significa anche vita. Come in questi giorni, la rabbia si riversò contro il presidente Hosni Mubarak. Reo, agli occhi di molti egiziani, di aver forgiato un sistema dove la corruzione detta le regole e permea ogni strato della società.
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Rivoluzione Maghreb, un respiro del mondo
Chi si aspettava una rivolta popolare in Tunisia, in Algeria, in Egitto? Nessuno. Non la Francia, persuasa di detenere idealmente il controllo su un paese che era stato sua colonia e ha fatto una gaffe clamorosa proponendo a un Ben Ali, già in fuga, di mandargli a sostegno le sue forze più esperte in tema di repressione. Non gli Stati Uniti, che avevano nel vacillante Hosni Mubarak il più forte alleato in Medioriente, l’Egitto essendo uno dei due paesi ad aver riconosciuto formalmente lo stato di Israele e speciale nel dare un colpo al cerchio e uno alla botte nel conflitto fra Israele e Palestina.
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Saharawi, premio al coraggio di una nazione negata
Un premio al coraggio di una donna che, da quasi vent’anni, ricorda al mondo l’esistenza (negata) del suo paese, abitato dal popolo arabo-berbero Saharawi, invaso dal Marocco dopo il ritiro delle forze coloniali spagnole. La Train Foundation di New York ha ora conferito ad Haminatou Haidar il Civil Courage Prize. Prima della partenza per ritirarlo, le autorità marocchine l’avevano avvisata che al suo rientro sarebbe stata nuovamente arrestata, come le accadde nel 1987, quando fu torturata e fatta scomparire per quattro anni, senza neppure un processo.
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Italia boom, è il secondo produttore mondiale di armi
Non solo moda e cibo. Anche fucili, pistole, bombe, velivoli, mezzi blindati e corazzati. E’ la nuova frontiera del made in Italy, il record dell’export nazionale: l’Italia ha superato la Russia ed è ora il secondo produttore mondiale di armi, dopo gli Usa. Nel 2008, l’industria italiana ha infatti venduto armamenti per 3,7 miliardi di dollari. Cifre da capogiro, per un mercato di cui si parla pochissimo, rappresentato da prodotti-emblema, ad alta tecnologia, come l’elicottero d’attacco A-129 Mangusta, il primo progettato in Europa, e l’ormai celebre veicolo blindato Lince, che protegge le pattuglie dalle mine in agguato tra le insidiose piste afghane.
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Arctic Sea, il Mossad e i missili russi per l’Iran
Sarebbe stato sequestrato dal Mossad, e non dai pirati, perché carico di missili destinati all’Iran, il cargo russo “Arctic Sea”, scomparso a luglio al largo della Manica e ritrovato a metà agosto a Capo Verde. Lo hanno sostenuto diverse fonti, rivelando che il premier israeliano Netanyahu avrebbe compiuto un viaggio-lampo a Mosca il 7 settembre per chiedere al Cremlino di rinunciare a dotare Teheran di avanzati sistemi di difesa missilistica, destinati alla protezione delle installazioni nucleari iraniane da eventuali raid aerei da parte dei jet di Tel Aviv. Ne dà notizia in Italia il network “PeaceReporter”, che rileva «gli ingredienti per la sceneggiatura di un film o per un libro noir».
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Addio a Teresa Strada, presidente di Emergency
«La serenità consapevole con la quale è andata incontro alla conclusione del suo tempo ha espresso la determinazione e il coraggio che rappresentano la verità della nostra azione in un’attività che ha dato senso alla sua e alla nostra esistenza». Emergency ha annunciato così la morte della sua presidente, Teresa Sarti Strada, che si è spenta a 63 anni nella sua casa di Milano. Ad assisterla il marito Gino, con il quale nel ‘94 aveva fondato l’organizzazione che cura le vittime civili delle guerre, e la figlia Cecilia. Qualche ora prima era stata trasferita dalla struttura sanitaria torinese che l’aveva in cura per una malattia che l’affliggeva da due anni.
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Galtung: Turchia ed Euro-Cina dopo il declino Usa
Ovviamente la Turchia diverrà membro dell’Unione Europea, col sostegno francese e tedesco. Ci vorrà un po’, ma hanno un bisogno reciproco. Il matrimonio è scritto nelle stelle. Quando, è più difficile dire. Probabilmente per il 2015, sicuramente per il 2020; può anche arrivare molto prima per ragioni da esplorare. Chiarisco perché. Una volta (nel 1980) predissi il declino e la caduta dell’impero Sovietico, cominciando dal Muro di Berlino, di lì a dieci anni; e (nel 2000) predissi il declino e la caduta dell’impero Usa, non del paese Usa, per molti versi meraviglioso, entro vent’anni.