Archivio del Tag ‘analogia’
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Abolire le lezioni di storia: i docenti non insegnano niente
Un po’ di giorni fa, le associazioni dei docenti di storia e l’Istituto Storico per la Storia della Resistenza hanno lanciato un grido di dolore contro la proposta di abolire la traccia di storia fra quelle degli esami di Stato, additando l’incultura di chi ha fatto l’infausta proposta ed hanno colto l’occasione per la solita geremiade sulle cattedre perse, della marginalizzazione delle ore di insegnamento della storia ridotte ad una sola negli istituti tecnici, eccetera. La commissione ministeriale che ha approvato questa riforma degli esami di Stato è certamente composta da allevatori di bestiame capitati non si sa come in quella posizione, non discuto. Ma bisogna riconoscere che qualche ragione ce l’hanno: è un fatto che nell’ultimo decennio (più o meno) la traccia è stata scelta solo dall’1% dei candidati. E la cosa, cari colleghi, non vi dà nessun sospetto? Se il 99% degli studenti scansa la traccia di storia, non dipenderà dal fatto che la storia gli è stata insegnata con i piedi? Non cominciamo con le solite scuse sulla vulgata corrente che marginalizza le materie umanistiche e disincentiva i giovani a studiare la storia, su quella trappola infernale che è Internet, eccetera eccetera; il punto è che i nostri docenti non riescono ad interessare i ragazzi alla materia in questione.E questo si inserisce nel problema più generale dei troppi insegnanti che, magari, conoscono la materia ma non la sanno insegnare, e questo vale per tutte le discipline. In estate lessi di una classe di un istituto livornese dove erano stati bocciati o rimandati 40 studenti su 41, e un imbecille di docente confessava come giustificazione: «Non riusciamo a farli studiare». Come dire che “non sappiamo fare il nostro mestiere”, visto che il compito del docente è proprio quello di motivare i ragazzi a studiare. Morale: licenziamo in blocco i docenti di quella classe e faremo una cosa santa. Ma, si dice, della storia ha bisogno non solo la cultura ma anche la democrazia, perché, si dice, la storia ha un alto valore formativo. Ecco: il punto è proprio questo: la storia, così come viene insegnata, ha ancora questo valore formativo? Direi proprio di no. Per il modo in cui è ora mal insegnata non ha alcun valore culturale e, meno che mai, professionale. La storia non serve a “far bella figura in società” o ad assecondare una qualche voglia individuale di intrattenimento. La storia ha una funzione precisa nella spiegazione e critica del presente e, solo a questa condizione, è elemento utile al dibattito politico e culturale.Frugare a caso nel passato non serve a niente, quello che serve è risalire lungo la catena dei nessi causa effetto-che spieghino l’attuale stato di cose e servano da lente di ingrandimento per individuare cosa va conservato e cosa mutato nell’attuale ordinamento. Ora, c’è qualcuno che ha il coraggio di sostenere che l’attuale insegnamento serva a questo? Quanti docenti sarebbero in grado di spiegare il passaggio dalla formula merce-denaro-merce a quella denaro1-merce-denaro2 e spiegarne la portata storica? Quale insegnante saprebbe spiegare le conseguenze della decisione di Nixon sulla non convertibilità del dollaro nel 1971? Quanti docenti hanno una pur vaga idea del pensiero politico di Gandhi, Sukarno, Kemal Ataturk o sanno chi sono stati Nasser, Al Qutb o Franz Fanon? E chi saprebbe presentare adeguatamente il processo di codificazione dello Stato moderno europeo o il passaggio dalla decretazione alla legge? Ne dubito fortemente, perché i nostri docenti in massima parte sono filosofi o letterati che non capiscono nulla di diritto o economia e poco di sociologia o politologia.D’altro canto, i libri di testo che hanno a disposizione non parlano di certe cose e ripropongono la solita sbobba identica a se stessa da almeno 60 anni. Sì, ci abbiamo appiccicato a forza qualche capitolo sulla storia delle donne, dei giovani o dell’ambiente (che nessun docente trova il tempo di spiegare e che sono posti senza alcun legame con tutto il resto) ma la struttura resta quella di sempre, nella quale è possibile distinguere con chiarezza i suoi vari strati alluvionali: alla base il catechismo della “religione della Patria” con i suoi martiri (Menotti, Speri, Bandiera) e il suo glorioso cammino verso l’unità; poi il capitolo sulla Prima Guerra Mondiale per lo più di derivazione fascista; quindi la grande cupola dell’insegnamento crociano con il suo culto per l’analogia e il suo insopportabile moralismo, per cui il fine della storia è il giudizio morale (insomma, il voto in condotta a chi ci ha preceduto) e la sua totale insensibilità ai dati istituzionali ed economici; infine un po’ di catechismo antifascista.Beninteso: sono antifascista da sempre, non ritengo affatto che l’antifascismo sia un valore superato, ma non sopporto alcun tipo di catechismo. Si può capire che nel primo trentennio della Repubblica fosse necessario radicare la condanna del fascismo, ma vogliamo capire che la storia del fascismo va studiata in riferimento al tipo di modernità che si è costruita in questo paese? E che dopo il fascismo ci sono stati 70 anni di storia che sono bellamente ignorati dai nostri manuali? E senza che questo attenui di un etto la condanna del fascismo. L’antifascismo va benissimo, ma facciamolo vivere nel quadro del presente e non trasformiamolo in un polveroso museo di memorie. Insomma, è accettabile che il nostro insegnamento ignori cose come la decolonizzazione, la strategia della tensione, il Sessantotto, i mutamenti dell’ordine monetario, il crollo dell’Urss e dell’ordinamento bipolare, la trasformazione imperiale della presidenza americana, le rivoluzioni di Cina, Indonesia, Algeria, Vietnam, le guerre mediorientali, eccetera eccetera? Caro colleghi, ma in che secolo vivete?E non si tratta solo di recuperare il passato più recente, ma di leggere con altri occhi anche tutto il resto della storia alla luce dell’attuale ordinamento del mondo. Ad esempio, siamo sicuri che la storia degli Assiri, dei Babilonesi, dei Fenici sia così importante, mentre si trascurano del tutto le ben più importanti civiltà di India e Cina? Certo che la storia romana dobbiamo studiarla, ma è necessario beccarsi tutta la solfa delle dinastie gallo-romane, l’elenco completo delle battaglie di Cesare, gli imperatori più insignificanti, e non tentare una comparazione con le parallele vicende dell’India? Il medioevo va studiato, ma è così fondamentale dare tanto spazio alla lotta per le investiture, piuttosto che dare uno sguardo all’evoluzione dell’economia cinese a metà del XIV secolo, con il passaggio all’economia del riso e con il parallelo affermarsi del dispotismo asiatico? E, nella storia moderna, si potrebbe restringere un po’ il solito elenco di guerre e battaglie, ma dare più spazio alla nascita del diritto commerciale o al colbertismo. Quanto alla storia contemporanea, va bene che si parli della Shoà, ma non sarebbe più urgente e importante parlare del colonialismo e del suo residuo permanente? Magari ci riuscirebbe di capire meglio un fenomeno come il terrorismo jhadista.Tutto questo, però, presupporrebbe un corpo docente ben altrimenti formato. Anche l’istituzione del corso di laurea in storia è stato un vero disastro: nessun insegnamento di economia, diritto, scienza della politica, una infarinatura appena di sociologia, psicologia e antropologia e, in cambio, una valanga delle storie più minute e meno utili. Solito schema per le storie generali all’interno del solito eurocentrismo. Un marziano che scendesse sulla Terra e leggesse i nostri manuali di storia per farsi unìidea, capirebbe che l’unico protagonista della storia è sempre stato l’uomo bianco, salvo qualche rapida comparsata di qualche altro; che la storia umana ha seguito un unico cammino rettilineo, e che gli umani si sono sempre preoccupati solo dell’aspetto ideologico, dedicando di tanto in tanto qualche cenno di attenzione ai processi materiali. Cari colleghi, diciamolo, voi non fate storia, fate una noiosissima antiquaria. E non parliamo dell’aspetto metodologico: quanti docenti hanno idea di cosa sia la scienza della complessità o sarebbero spiegare cosa è un modello di simulazione e come funziona (anche un semplice wargame)? Quanti se la sentirebbero di accennare un approccio comparatistico? E quanti potrebbero provare una spiegazione dei processi storici in termini di psicoanalisi di massa? Lasciamo perdere.Già sento la risposta: «Dobbiamo rispettare i programmi ministeriali». Già, l’annosa piaga dei programmi ministeriali che mi fanno pensare che sia arrivato il momento di sbarazzarci della scuola statale (non ho detto della scuola pubblica, ma di quella statale): un modello organizzativo che ha avuto i suoi meriti ma che oggi, forse, è il caso di superare. In ogni caso, non mi è capitato di leggere di nessuna protesta dei docenti, dei loro sindacati, delle loro associazioni disciplinari contro i famigerati programmi ministeriali, pecoronescamente applicati. Tutto ciò premesso, come si fa a sostenere che l’attuale insegnamento della storia abbia una qualche utilità e possa riscuotere più di qualche sbadiglio dei ragazzi? Capisco la difesa più che della storia, degli impiegati statali incaricati di spiegare la “storia” da cui cercano “di tirare quattro paghe per il lesso”, ma se l’insegnamento della storia deve essere questo, forse è meglio che lo aboliamo del tutto. E forse i ragazzi odieranno di meno la storia e qualcuno inizierà a studiarla per proprio conto.(Aldo Giannuli, “Una modesta proposta sull’insegnamento della storia: aboliamolo. Lettera aperta ai colleghi storici”, dal blog di Giannuli del 30 ottobre 2018).Un po’ di giorni fa, le associazioni dei docenti di storia e l’Istituto Storico per la Storia della Resistenza hanno lanciato un grido di dolore contro la proposta di abolire la traccia di storia fra quelle degli esami di Stato, additando l’incultura di chi ha fatto l’infausta proposta ed hanno colto l’occasione per la solita geremiade sulle cattedre perse, della marginalizzazione delle ore di insegnamento della storia ridotte ad una sola negli istituti tecnici, eccetera. La commissione ministeriale che ha approvato questa riforma degli esami di Stato è certamente composta da allevatori di bestiame capitati non si sa come in quella posizione, non discuto. Ma bisogna riconoscere che qualche ragione ce l’hanno: è un fatto che nell’ultimo decennio (più o meno) la traccia è stata scelta solo dall’1% dei candidati. E la cosa, cari colleghi, non vi dà nessun sospetto? Se il 99% degli studenti scansa la traccia di storia, non dipenderà dal fatto che la storia gli è stata insegnata con i piedi? Non cominciamo con le solite scuse sulla vulgata corrente che marginalizza le materie umanistiche e disincentiva i giovani a studiare la storia, su quella trappola infernale che è Internet, eccetera eccetera; il punto è che i nostri docenti non riescono ad interessare i ragazzi alla materia in questione.
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Laghi della morte: il Camerun “spiega” le Piaghe d’Egitto
«Ma io indurirò il cuore del faraone e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nel paese d’Egitto», fa dire a Yahvè il libro biblico dell’Esodo. «Il faraone non vi ascolterà e io porrò la mano contro l’Egitto con grandi castighi e farò così uscire dal paese d’Egitto le mie schiere, il mio popolo Israel». Allora, aggiunge l’Elohim con cui è in contatto Mosè, «gli egiziani sapranno che io sono il signore quando stenderò la mano contro l’Egitto e farò uscire di mezzo a loro gli israeliti». Detto fatto. Seguono, nell’ordine: la “tramutazione dell’acqua in sangue”, l’invasione di rane dai corsi d’acqua, la comparsa di nubi di zanzare e mosche. Eventi catastrofici per l’agricoltura, cui segue una disastrosa morìa del bestiame, mentre gravi ulcerazioni piagano il corpo di animali ed esseri umani. Il cielo è spaventosamente minaccioso, per via della “pioggia di fuoco e ghiaccio”, mentre il terreno viene invaso da un’altra specie infestante – le locuste – e la Terra precipita nelle tenebre. Infine, la tragedia: la morte dei primogeniti maschi. Fantasie apocalittiche? Linguaggio simbolico “da contestualizzare”, come spesso sostiene chi dice che la Bibbia – qua e là – vada interpretata in chiave allegorica? Non è detto. Ben tre laghi africani, infatti, danno vita a fenomeni pressoché identici a quelli descritti nell’Esodo.
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Morandi, Benetton, soldi: tragedia “annunciata dalle stelle”
Il viadotto Morandi? Quei due monconi danno al paesaggio una sensazione di guerra, e fanno intuire quale ferita sociale ed economica sia stata inferta alla città di Genova, già duramente provata dal passato recente. Utilizzando il mio ambito di ricerca, l’astrologia, per esaminare la vicenda del ponte crollato – che dava sempre la sensazione, percorrendolo, di una leggera instabilità – parto dal suo ideatore, l’ingegner Riccardo Morandi, nato di lunedì all’inizio del secolo scorso sotto il segno della Vergine – elemento Terra, che in genere favorisce questo tipo di professione. I Vergine sono portati al calcolo, alla precisione, e hanno una buona dose di senso pratico (come gli altri segni di Terra). Lui però era anche abbastanza visionario, per via di quel rapporto armonico del Sole (l’Io profondo) con Nettuno (fantasia, capacità evolutiva e di trasformazione). Infatti ha ideato e portato avanti dei progetti che poggiavano su un materiale allora all’avanguardia, il calcestruzzo armato pre-compresso, di cui ottenne il brevetto nel ‘48, e che allora pareva potesse rispondere alle esigenze di un paese in via di ricostruzione e ammodernamento, a costi inferiori rispetto ai materiali classici (la Vergine tende sempre a fare economia, è una sua caratteristica).Al momento della costruzione, terminata nel 1967, nessuno – a cominciare da lui – si era posto il problema della durabilità di questo materiale nuovo, esposto agli agenti atmosferici. Ma pare che, negli anni, questo pensiero lo abbia abbastanza tormentato. Fu portato a dare suggerimenti per la manutenzione, che a quanto pare non sono stati presi troppo in considerazione. Ma l’elemento principale della mia analisi è la nascita del ponte stesso. Infatti l’indagine astrologica è possibile non solamente sulle persone, ma su qualsiasi cosa (o animale) che nasca, in un dato momento, in un determinato punto della Terra, per il noto effetto analogico: se decifro i simboli celesti presenti in quella data ora, giorno, anno e luogo, ho il quadro delle caratteristiche di quanto sta nascendo, perché “come in alto, così in basso”. Quel ponte è stato inaugurato il 4 settembre 1967, alle ore 17,30. Ed era un lunedì: giorno tradizionalmente legato alla Luna, la quale – come si sa – è legata all’elemento Acqua. La prima cosa che colpisce, nel quadro astrale, è l’accumulo di buona parte dei pianeti in un settore che ha un significato ben preciso: morte e rinascita.Si tratta dell’Ottava Casa legata allo Scorpione, segno d’Acqua, mentre questi pianeti sono nel segno della Vergine. Il Sole (che rappresenta proprio la vita) e la Luna sono congiunti. La Luna si trova infatti nella fase di “luna nuova”, fiaccata e resa invisibile dal Sole: e questo aspetto abbassa le aspettative di vita. Invece di rinforzarsi a vicenda, questi due corpi celesti si ledono. Mercurio, Urano e Plutone sono tutti nel segno della Vergine, e tutti in contatto tra loro a farsi forza. Ma Urano può procurare incidenti ed errori tecnici, e tutti sono pur sempre in un settore che parla di morte (e anche di politica, perché sicuramente un’opera del genere non poteva nascere senza l’avvallo della politica del tempo). Poi si aggiunge Venere – un poco, come dire, la salute del ponte stesso. E’ sempre in Vergine, e con una posizione dissonante con Marte in Scorpione (che non promette bene, per la durata del ponte stesso). Il clamore suscitato, non solo in Italia, da questo ponte avveniristico, è ben descritto da due pianeti nel settore della fama, della visibilità; peccato che si tratti del solito Marte e di Nettuno in Scorpione. Sono pianeti poco favorevoli a una fama duratura e priva di pericoli.Se poi vogliamo proprio entrare nell’ambito specifico della durabilità, vediamo che Saturno – simbolo dello scheletro umano e quindi anche della struttura interna di questa costruzione – è isolato, e quindi senza alcun appoggio: non depone certo a favore di una lunga vita. Notizia da prendere con beneficio di inventario: pare siano stati fatti degli studi sull’impatto della Luna, che sappiamo avere da sempre degli effetti sulla Terra e soprattutto sulle acque, presenti anche nel corpo umano. Pare che la Luna abbia un effetto sulle costruzioni in cui è presente il cemento – che, non dimentichiamolo, si forma anche con l’acqua, anche se poi viene assorbita. Il ponte Morandi è nato di lunedì, con una Luna importante ma indebolita: per questo, il cemento ne sarebbe risultato indebolito? Lascio in sospeso la risposta: sono una ricercatrice, sempre alla ricerca di conferme. Questa comunque è la situazione natale del ponte, che resta sempre sullo sfondo. Ma poi i pianeti si muovono, seguendo le loro orbite regolari, e quindi prevedibili, creando rapporti armonici o dissonanti coi pianeti natali. E come erano messi, quel tragico martedì 14 agosto, alle ore 11,36?Erano molto significativi, anche se non necessariamente leggibili con quanto è realmente successo, dato che le previsioni sono l’aspetto meno facile (e sotto certi aspetti anche meno utile) nell’analisi astrologica, perché possono anche condizionare le persone. Ma comunque la capacità di previsione esiste, e questi transiti danno più di un indizio. Anzitutto il giorno, martedì, mi ha portato subito a cercare di vedere dove si trovava Marte, quel giorno: si trovava bene in evidenza, in primo piano. Marte è un pianeta dirompente, legato agli incidenti, ma era Venere (la salute di questo ponte) ad essere insidiata da due pianeti più pericolosi, in questi casi: si tratta di Saturno e Urano, entrambi portatori di incidenti e difficoltà anche quando, come in questo caso, si trovano in posizione armonica. Ho la sensazione che la tragedia avrebbe potuto essere molto, ma molto più grave, se si pensa che poteva anche passare un treno, sotto il ponte, e che il fatto che piovesse in quella maniera abbia limitato il transito di veicoli, in un giorno tra l’altro di grande traffico. Proprio il fatto che Saturno e Urano formassero con Venere un aspetto armonico credo che abbia contribuito a limitare i danni: se non fosse stato armonico, molto probabilmente ci sarebbero stati guai peggiori.Comunque, l’Ottava Casa è anche simbolo di rinascita: è certo che il ponte rinascerà. E chi potrebbe esserne il nuovo padre? Forse Renzo Piano, che si è offerto fin da subito gratuitamente per via del suo legame con la città. Per una strana coincidenza, anche Renzo Piano è della Vergine. E non finisce qui, l’affinità con l’ingegner Morandi: anche in Renzo Piano, infatti, Nettuno (simbolo di fantasia) è unito al Sole; ma il Nettuno di Piano è in Vergine, e quindi è più prudente e tecnico del Nettuno di Morandi, che si trovava in Cancro (Acqua). Ne so qualcosa, perché ho anch’io Nettuno in Vergine (e Nettuno è un pianeta lento, e quindi generazionale). Ma le analogie con Morandi finiscono qui, perché Renzo Piano ha un tema molto più solido, strutturato e fortunato di quello di Morandi. Renzo Piano è nato a Genova da una famiglia di imprenditori edili e ben presto, dopo la laurea in architettura, ha fatto esperienza all’estero, collaborando fin da giovanissimo con uno dei massimi architetti mondiali e realizzando con lui l’originale Centre Pompidou a Parigi. In seguito ha collaborato con i maggiori architetti e ingegneri del mondo, realizzando opere famose che spaziano dai musei alla chiesa di Padre Pio a Monterotondo, fino al grattacielo più alto d’Europa, The Shard, a Londra, di straordinaria arditezza – più che un grattacielo, sembra un sogno fattosi realtà.Il suo stile non sembra appartenere a nessuna scuola corrente. Si basa su di una interazione tra aspetti tecnologici, pratici e anche poetici, che contraddistinguono le sue opere. Lui ha avuto un tringolo a stella, che è una grande potenza, tra il Sole (il suo Io profondo, la sua parte attiva) con Giove e Saturno (attivismo) in Capricorno, e Urano (lavoro e capacità pratica) in Toro. I tre segni di Terra sono uniti, e in posizione armonica, diventano un potente volano per capacità lavorativee pratiche. Ma lui ha anche degli aspetti generosi e delle punte idealistiche: con Venere in Leone (genersiotà) e Marte in Sagittario (che sempre effetti idealistici). Se si aggiunge la Luna (la sua parte femminile) nell’efficiente, ambizioso e costruttivo segno del Capricorno, ecco il quadro di una persona vincente, che è stata il grado di sviluppare al massimo le sue capacità iniziali. Certo, quando vedo una veda posizione del Sole con Giove (il pianeta che, oltre a un carattere fiducioso, dona sempre anche la quasi-certezza che la vita stessa offrirà delle opportunità di crescita e di successo) non mi meraviglia che una personi così incominci la sua vita col nascere nell’ambiente sociale giusto – meglio tra costruttori edili che nella famiglia dell’assassino della porta accanto – e faccia, nell’arco della sua vita, gli incontri giusti al momento giusto. Ben venga il suo ponte, dunque, anche se non è ancora certo che sarà lui a realizzarlo.Rispetto a questa vicenda c’è un aspetto che mi ha inquietato molto, come credo tanti italiani. Mi riferisco all’evidente mancanza di un’adeguata manutenzione del ponte stesso da parte della società che ne ha la gestione. Nel lontano 1999, la gestione della maggior parte delle autostrade italiane – detenuta dall’Iri e controllata dal ministero del Tesoro – venne data a quella che sarà poi costituita, nel 2002, come società Autostrade per l’Italia, che dal 2007 ha parte del gruppo Atlantia, il cui principale azionista è la veneta famiglia Benetton. Atlantia controlla la maggioranza dei 6.000 chilometri di autostrade italiane, costruite con investimenti pubblici (ossia con i soldi del cittadino italiano), e si è rivelata una gallina dalle uova d’oro. Nel’ultimo anno, a fronte di un fatturato di 3.600 miliardi, ha realizzato un utile di 998 milioni (il 19% in più dell’anno precedente). E quindi mi è scattata la curiosità di capire qualcosa, sul piano astrologico, di questa famiglia potentissima, sia economicamente che politicamente, che è partita da esordi difficili e poveri. Si tratta di quattro fratelli – Luciano, Giuliana, Gilberto e Carlo – rimasti orfani di padre nel 1945, ma pieni di iniziativa e di voglia di lavorare (come accadeva in molte famiglie, nel dopoguerra). Cominciano piano piano, con Giuliana che confeziona in casa maglioni colorati, che poi Luciano vende, mentre Gilberto tiene i conti e Carlo – un disegnatore – si occupa degli aspetti tecnici e produttivi. E da lì volano.Negozi in tutto il mondo, la prestigiosa sede in Veneto. Proprietari di mezza Patagonia, dove allevano le pecore per i loro prodotti (e dove, tra parentesi, hanno avuto un contenzioso con gli indigeni sfrattati). Poi: l’acquisizione di altri marchi, ma soprattutto la costruzione di una rete diffusa di interessi finanziari, lontanissimi dai maglioncini colorati che avevano costituito la loro prima fortuna. I fratelli più vecchi sono i gemelli Luciano e Giuliana, nati col Sole nel segno del Toro, con Urano (il pianeta del lavoro) pure in Toro, in posizione vincente per intraprendere un lavoro indipendente e creativo. E in effetti sono loro ad aprire la strada, con la prima confezione artigianale da parte di Giuliana di un maglioncino giallo, in un momento in cui non erano di moda i colori sgargianti, e l’intuizione di Luciano di commercializzare i prodotti. Segue Gilberto, il fratello di mezzo, con il Sole nel segno dei Gemelli: adattissimo a occuparsi di finanza, sotto un segno intelligente e abbastanza disinvolto – anche se, eticamente parlando, per muoversi in un ambito in cui non abbondano gli scrupoli. E anche in lui c’è una fortunata, vincente congiunzione tra Urano (pianeta del lavoro), Giove (fortuna e denaro) e Saturno (potere). L’ultimo era Carlo, nato col Sole nel segno del Capricorno congiunto a Giove (il che aiuta, a raggiungere degli obiettivi); è morto recentemente, mentre era in corso un passaggio di Saturno nel suo segno.Comunque, non a caso, i fratelli Benetton sono nati sotto tre segni di Terra (l’elemento che, più di altri, possiede tenacia e capacità lavorativa) e un segno di Aria (che suggerisce le capacità di muoversi nel volatile e difficile mondo della finanza). Che dire? Il successo e il potere raggiunto li hanno allontanati, come spesso succede, dal mondo delle persone comuni, quelli che hanno problemi con il mutuo e a raggiungere la fine del mese, inclusi gli sfollati di Genova che ora affrontano tutti i disagi del non avere più una casa – senza contare il dolore delle persone che hanno perso i loro cari. Ho passato gli ultimi trent’anni della mia vita a occuparmi di ricerca spirituale. Sono in contatto con guide spirituali, e ho una chiara visione di quella che dovrebbe essere l’impostazione corretta di una vita ben spesa – che è sempre lontana dall’egoismo, dall’avidità e dal volere sempre di più, incuranti degli altri. Il desiderio di rifarsi sugli altri per riscattarsi dalle sofferenze patite è molto umano e molto diffuso. E non è facile abbandonare questo modo di essere, perché sembra darci forza (se invece ti accosti al perdono, ti sembra una debolezza).In effetti il perdono non dovrebbe essere superficiale ma, anzi, dovrebbe essere il riconoscimento che, qui sulla Terra, siamo tutti compagni di viaggio e possiamo sbagliare; quindi non vale ergersi a giudici, perché siamo tutti passibili di fraintendimenti ed errori. Fatto nel modo giusto, il perdono è un segno di grande forza: certifica che tu hai raggiunto pace, tranquillità e forza interiore. Se uno si guarda attorno, però, vede un grande vociare… Alla mia età ho ormai una visione più distaccata, ma tutto questo comunque mi fa male: anche se con gli anni subentra una certa saggezza, questo spettacolo mi ferisce sempre. E quello che mi ferisce di più è l’egoismo, l’avidità. Mi chiedo: che bisogno c’è di accumulare fortune immense, che spesso i discendenti (meno saggi e meno preparati a lavorare) poi dissipano in poco tempo? E comunque: a che serve accumulare, procurando danni strada facendo? Perché è difficile accumulare fortune senza far danni attorno. Di solito, se lavori onestamente e senza buttarti in troppi campi, non riesci a raggiungere certe posizioni. Io me lo chiedo, perché vedo persone che sono prese da questa ansia di primeggiare sugli altri, e così perdono di vista tante cose, molto più importanti: la solidarietà, la compassione, un occhio per chi ha meno di te.(Germana Accorsi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti durante la trasmissione web-radio “Border Nights” del 25 settembre 2018).Il viadotto Morandi? Quei due monconi danno al paesaggio una sensazione di guerra, e fanno intuire quale ferita sociale ed economica sia stata inferta alla città di Genova, già duramente provata dal passato recente. Utilizzando il mio ambito di ricerca, l’astrologia, per esaminare la vicenda del ponte crollato – che dava sempre la sensazione, percorrendolo, di una leggera instabilità – parto dal suo ideatore, l’ingegner Riccardo Morandi, nato di lunedì all’inizio del secolo scorso sotto il segno della Vergine – elemento Terra, che in genere favorisce questo tipo di professione. I Vergine sono portati al calcolo, alla precisione, e hanno una buona dose di senso pratico (come gli altri segni di Terra). Lui però era anche abbastanza visionario, per via di quel rapporto armonico del Sole (l’Io profondo) con Nettuno (fantasia, capacità evolutiva e di trasformazione). Infatti ha ideato e portato avanti dei progetti che poggiavano su un materiale allora all’avanguardia, il calcestruzzo armato pre-compresso, di cui ottenne il brevetto nel ‘48, e che allora pareva potesse rispondere alle esigenze di un paese in via di ricostruzione e ammodernamento, a costi inferiori rispetto ai materiali classici (la Vergine tende sempre a fare economia, è una sua caratteristica).
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Summa Symbolica: conoscere i simboli per sfuggire al Mago
Ecco, arriva il mago e risolve tutto. Si chiama Macron? Libera i francesi dall’Uomo Nero,che in quel caso era una donna, Marine Le Pen – l’unica, peraltro, a denunciare le cause eurocratiche delle sofferenze sociali della nazione. Siamo in Italia e il mago si chiama Matteo Renzi? Ha in mano quei famosi 80 euro, che infatti gli valgono il 40% dei consensi alle europee. Ha poi risolto qualcosa, il mago Renzi? Assolutamente no: infatti, in capo a pochi mesi, l’Harry Potter di Rignano sull’Arno ha dovuto sloggiare dal palazzo, dove oggi altri ipotetici maghi – di diversa scuola – provano a loro volta a convincere l’opinione pubblica con analoghe trovate, sempre nel campo miracoloso del “tutto e subito”. E’ colpa loro, dei maghi? Sì e no, dice Gianfranco Carpeoro, esoterista coltissimo e dotato di un raro talento nel diffondere generosamente il suo sapere anche presso i non addetti, quelli che i massoni – bontà loro – chiamano profani, cioè rimasti fuori dalla porta del tempio dove si tramanda, “da bocca a orecchio”, la cosiddetta conoscenza iniziatica. Non sarebbe ora di farlo uscire dalle segrete stanze, quel benedetto corpus di informazioni e codici? E’ esattamente la missione che si prefigge Carpeoro con la pubblicazione, a puntate, dei volumi di “Summa Symbolica”, primo studio sistematico – destinato a tutti – sulla “scienza dei simboli”.Una disciplina oscura perché non svelata, che persino Umberto Eco – per poterla introdurre in ambito universitario – ha dovuto camuffare, chiamandola “semiotica”. Tuttora, la simbologia non è materia di insegnamento, da nessuna parte: lo è stata, solo per un certo periodo, nell’università statunitense di Princeton, nel New Jersey, da cui – non a caso – transitarono personaggi come Albert Einstein, il presidente americano Thomas Woodrow Wilson e il matematico John Nash, Premio Nobel per l’Economia come gli altri “princetoniani” Paul Krugman e Angus Deaton. Niente di strano, direbbe Michele Proclamato, allievo di Carpeoro ed eminente simbologo italiano, autore di libri straordinari sui “numeri dell’universo” che emergono, sempre gli stessi, dai rosoni delle cattedrali e dagli antichi zodiaci egizi, dai “sigilli ermetici” di Giordano Bruno e dalla fisica di Newton, dalla matematica “metafisica” di Cartesio e dalle opere di Leonardo, di Arcimboldo, di Vitruvio, di Bach e Mozart, e persino dai “cerchi nel grano”. «Se penetri il simbolo e ne impari a cogliere il messaggio, alla fine diventi più intelligente», sostiene Proclamato: «Il linguaggio dei simboli è fondato sull’analogia e stimola la nostra capacità di intuizione. E in fondo, anche ridotto alla sua essenza numerica, racconta sempre la stessa cosa: la dinamica delle emozioni, che mette gli esseri umani in relazione diretta con qualsiasi altra forma di vita, terrestre e celeste».Da Proclamato a Carpeoro, il passo è breve. Entrambi scrivono libri e animano appassionate conferenze. Tutte cose impensabili, vent’anni fa: «All’epoca – sorride Carpeoro – ad ascoltarmi c’era solo mia sorella, più il gestore della sala». Cos’è successo? Deluso dal consumismo e dalla politica post-ideologica, il pubblico ha scoperto la “new age”, «di cui si è prontamente impossessato il potere, quello che oggi sforna guru, corsi e libri che ti spiegano come avere successo, in modo istantaneo, in ogni campo della vita». Carpeoro presidia strade assai meno battute, quelle dei leggendari Rosacroce, regolarmente maltrattati: l’ufficialità nega ostinatamente la loro esistenza storica, mentre associazioni come l’Amorc – di marca statunitense – ne propongono una versione mistico-occultistica. Sono fuori strada, sostiene Carpeoro: la ricerca dei Rosacroce – fratellanza iniziatica “fantasma”, sempre in clandestinità per sfuggire al dominio cattolico – ha ben poco di mistico. Riguarda casomai la metafisica e soprattutto l’estetica, il codice della bellezza: «Attraverso i loro artisti, tra cui i massimi esponenti del Rinascimento italiano, i Rosacroce hanno creato innanzitutto un linguaggio, ben sapendo che soltanto l’estetica può alimentare l’etica, dal momento che ognuno di noi – pur non essendone consapevole – ha dentro di sé quella stessa bellezza che l’artista riproduce, emozionandoci».L’operazione? Sofisticata e decisiva: «Elevare tutto questo alla portata della nostra consapevolezza. Ecco a cosa serve conoscere il linguaggio simbolico: a non subire più il potere del mago». In materia, Carpeoro è categorico: «Siamo pieni di cosiddetti maestri, che rappresentano la nostra schiavitù psicologica. Nessuno può dirsi maestro, tantomeno io, perché ognuno di noi è maestro in qualcosa: insegnamo e impariamo gli uni dagli altri». Ed è quello che il mago, cioè il cattivo maestro, si guarda bene dall’ammettere: finirebbe disoccupato. «In realtà non ci serve nessun maestro», taglia corto Carpeoro. «Tutto quello che dobbiamo sapere è già dentro di noi. Abbiamo già tutto ciò che ci serve, per raggiungere i nostri obiettivi. La domanda, semmai, è questa: siamo proprio sicuri di sapere che cosa vgliamo? Perché in questo sta la libertà: non nel fare quello che si vuole, ma nel sapere di cosa abbiamo davvero bisogno». E questo, assicura Carpeoro, te lo “insegna” proprio il linguaggio dei simboli, i segni ricorrenti che popolano il mondo, spesso in incognito e a nostra insaputa: li subiamo, facendocene condizionare, ma senza coglierne il significato.Il potere – politico, economico, religioso – fa un uso massiccio dei simboli. Perché funzionano? Lo spiega benissimo il primo volume di “Summa Symbolica”: i simboli sono una traduzione degli archetipi, che sono eterni. Si tratta di eventi materiali (fatti) o immateriali (pensieri) che vivono, da sempre, in una dimensione impalpabile, che Carpeoro chiama “memoria ancestrale dell’universo”. «Entrano in contatto diretto con noi soltanto in un modo: attraverso i sogni che facciamo durante il sonno profondo. Sogni che non possiamo ricordare, perché il nostro linguaggio – limitato – non riesce a catturare l’assoluto archetipico». Ci restano due strade: quella del mito, che l’archetipo lo racconta, e quella – parallela – del simbolo, dove l’archetipo viene rappresentato: con un segno, un numero, una parola, un suono, un colore, persino un odore. In base una “legge” identificata dall’esoterista francese René Guénon, il simbolo è un microcosmo che allude a un macrocosmo: il piccolo contiene il grande, non viceversa. «Il simbolo ti interroga, ti costringe a pensare». E il “pensiero” del simbolo – che spinge a domandarsi “perché” – è il contrario esatto del non-pensiero del mago, che ti spiega solo il “come” (che è una semplice conseguenza del “perché”).Secondo Carpeoro, la nostra società – ormai interamente “magica” – ha saltato sistematicamente il “perché”, concentrandosi solo sul “come” (avere successo, fare soldi, conquistare una donna). Ed è proprio su questa nostra debolezza che il mago, anche politico, gioca facile. Traccia sempre lo stesso cerchio, nel quale ti rinchiude. Prima ti astrae dal tuo mondo reale, dettando le sue regole. Si chiama: astrazione. Poi ti ci trasloca mentalmente, nella nuova casa (estrazione). Ti insegna come abitarla (istruzione) ma fa in modo che tu non possa tornare indietro (ostruzione). Quando ti accorgi che hai vissuto in una bolla immaginaria, ormai è troppo tardi (distruzione). Oggi, oltre il 60% dei francesi reputa Macron una specie di cialtrone, deludente e addirittura pericoloso. E’ il finale perfetto di ogni parabola “magica” che si rispetti. Macron è un mago politico di prima grandezza. Viene da un’alta scuola di esoterismo finanziario. Lo conosce, eccome, il linguaggio dei simboli. Il guaio è che, a non conoscerlo affatto, sono le sue “vittime”.Non si sono accorte, dice Carpeoro, della simbologia – non islamica, ma templare – nascosta dietro ai più atroci attentati recenti, da Charlie Hebdo al Bataclan, all’epoca in cui Macron “studiava” da presidente in pectore. Né si sono accorti, i belgi, del terribile significato del doppio attentato di Bruxelles, dove stati colpiti l’aeroporto e la metropolitana. «Il messaggio? Come in Cielo, così in Terra. Che significa: noi siamo Dio». Puro delirio di onnipotenza, scrive Carpeoro nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, in cui svela la natura massonica della “sovragestione” occidentale che ha organizzato, in Europa, la strategia della tensione affidata a servizi segreti deviati e manovalanza islamista targata Isis. Risultato finale: ecco il mago Macron all’Eliseo. Veniva dalla Banca Rothschild, ma è stato presentato come outsider. Cerchio magico: uno slogan imbecille, “En Marche”. Et voilà, il gioco è fatto: il mago getta la maschera e annuncia di voler tagliare un terzo del pubblico impiego, di “tosare” il mitico welfare francese. Gli elettori gridano al tradimento? Troppo tardi: ostruzione, distruzione.Leggere “Summa Symbolica” non basta, ovviamente, per liberarsi dei Macron. Ma forse aiuta a non cadere in trappola così facilmente. Il primo volume, uscito nel 2017, svela il legame che unisce i simboli agli archetipi. Il secondo, da poco in libreria e già ottimamente piazzato nelle classifiche, si addentra in un viaggio affascinante: si parte dalla croce (l’Ankh egizio, il Tau ebraico, la croce cristiana, il Cardo e il Decumano dei romani nonché la “croce laica” di Cartesio) per arrivare al Cerchio, al Quadrato, all’Ottagono. Creazione e distruzione? Ecco la tradizione biblica, quella cristiana e quella islamica. Poi il millenarismo e l’alchimia, per verificare “tutte le volte che il mondo doveva finire”, incluso il mitico 2012 dei Maya. “Summa Symbolica” è un sentiero: tra nascita, vita, morte e resurrezione. Il Natale e Orione, le tante nascite “divine”. Stelle e divinità: Sirio e Iside. Il Cigno: la croce nelle stelle. Carpeoro si interroga sul ruolo archetipico di Thanatos e sulla morte di Mario Monicelli, preconizzata nel film “Brancaleone alle Crociate”. Cinema, arte e letteratura propongono anche i simboli (rosacrociani) della resurrezione, dal Pellicano alla Fenice. E poi ci sono gli schemi simbolici collegati a un archetipo fondamentale, quello dell’eroe, che si riverbera nelle maschere immortali create da Omero e Virgilio.«Dopo l’inatteso e imprevedibile successo della prima parte di quest’opera – scrive l’autore, in premessa – è con comprensibile timore che ci accingiamo alla pubblicazione della seconda, consistente nel primo volume della trattazione degli archetipi». Se infatti era insolita e originale la parte precedente (sulle dinamiche dei simboli e sui metodi d’analisi), questo intero volume dedicato a singoli archetipi di particolare rilievo affronta contesti di maggiore complessità. «Quindi – avverte Carpeoro – sicuramente questa lettura sarà più faticosa. Ma – aggiunge – non ci stancheremo mai di ripetere che la vera ricerca esoterica non può mai essere agevole». In altre parole: «Grande la ricompensa, maggiore è la fatica del percorso per ottenerla». Ovvero: questo libro non è per chi cerca risposte facili. Ovvio, ci vuole impegno: «Se voglio farti apprezzare la buona tavola posso cucinarti un’ottima cena», dice Carpeoro, che è anche gastronomo. «Ma se vuoi imparare a cucinare non c’è alternativa: posso darti istruzioni, ma il lavoro devi farlo tu». Socrate la chiamava: maieutica. Tradotto: meglio se ci arrivi da solo, alle conclusioni.E’ la “scuola”, senza tempo, del simbolo. E può portare molto lontano – fino al centro di se stessi – grazie alla regina delle domande: “perché”. Vanno bene tutte le risposte, concede Carpeoro, purché non siano definitive e non precludano la domanda successiva. Lo sanno bene i vari cercatori di Graal: la meta è il vaggio, il Graal è la ricerca stessa. Lo scopre, con struggente dolcezza, il grande Toma Alistar, musicista nomade, alla fine dei suoi giorni, dopo un’intera esistenza consacrata al vano inseguimento del grande amore della sua vita. Toma Alistar è il protagonista di un film che fece epoca, “I Lautari”, diretto dal moldavo Emil Loteanu, iniziato Rosacroce. La sua missione: commuovere il pubblico, costringedolo a specchiarsi nella purezza archetipica dell’eroe. “Bello di fama e di sventura”, scrive Foscolo di Ulisse. Quella bellezza – che il simbolo si incarica di trasferire intatta, alludendo all’archetipo sovrastante – ha un messaggio per ognuno di noi: ci rende più consapevoli di appartenere a un universo infinito e senza tempo, che frequentiamo soltanto in sogno. Proprio da lì viene il mondo sulle cui tracce si mette in cammino, la preziosa “Summa Symbolica” di Carpeoro.(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Summa Symbolica. Istituzioni di studi simbolici e tradizionali. Vol. 2\1: Studi sugli archetipi”, edizioni L’Età dell’Acquario, 334 pagine, 28 euro).Ecco, arriva il mago e risolve tutto. Si chiama Macron? Libera i francesi dall’Uomo Nero, che in quel caso era una donna, Marine Le Pen – l’unica, peraltro, a denunciare le cause eurocratiche delle sofferenze sociali della nazione. Siamo in Italia e il mago si chiama Matteo Renzi? Ha in mano quei famosi 80 euro, che infatti gli valgono il 40% dei consensi alle europee. Ha poi risolto qualcosa, il mago Renzi? Assolutamente no: infatti, in capo a pochi mesi, l’Harry Potter di Rignano sull’Arno ha dovuto sloggiare dal palazzo, dove oggi altri ipotetici maghi – di diversa scuola – provano a loro volta a convincere l’opinione pubblica con analoghe trovate, sempre nel campo miracoloso del “tutto e subito”. E’ colpa loro, dei maghi? Sì e no, dice Gianfranco Carpeoro, esoterista coltissimo e dotato di un raro talento nel diffondere generosamente il suo sapere anche presso i non addetti, quelli che i massoni – bontà loro – chiamano profani, cioè rimasti fuori dalla porta del tempio dove si tramanda, “da bocca a orecchio”, la cosiddetta conoscenza iniziatica. Non sarebbe ora di farlo uscire dalle segrete stanze, quel benedetto corpus di informazioni e codici? E’ esattamente la missione che si prefigge Carpeoro con la pubblicazione, a puntate, dei volumi di “Summa Symbolica”, primo studio sistematico – destinato a tutti – sulla “scienza dei simboli”.
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Giorgio Galli: magia, esoterismo e potere. La storia segreta
Il mago in politica? Conta, sì. Ma non ha l’ultima parola. Certo, esiste: anche se i giornali non ne parlano mai. E spesso, proprio con il mondo esoterico sono in contatto i servizi segreti. Lo rivela il professor Giorgio Galli, autorevole politologo, per lunghi anni docente all’università di Milano. Un monumento della cultura italiana contemporanea. Classe 1928, ha all’attivo quasi cento titoli: dal volume d’esordio sulla storia del Pci, risalente al ‘53, fino all’ultimo lavoro, “Il golpe invisibile” (Kaos, 2015), che spiega “come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo Stato di diritto”. Intervistato da Fabio Frabetti e Paolo Franceschetti a “Border Nights” sul ruolo dell’occultismo nella politica, il professore chiarisce: la deriva “magica” dell’esoterismo ha certamente condizionato importanti leader del passato, Hitler in primis. Ma poi il fenomeno si è attenuato. Perché parlarne, allora? Perché non ne parla mai nessuno, a livello di ufficialità, se non per liquidare l’argomento in modo sprezzante, come se il fenomeno non esistesse. Altrettanto sbagliato, secondo Galli, l’atteggiamento iper-complottista di chi considera onnipotenti le società iniziatiche, massoneria compresa: hanno il loro peso, senz’altro, ma non possono decidere tutto.La missione dello studioso: svelare retroscena occulti e, al tempo stesso, demifisticare – con l’occhio razionale dello storico – le tante mitologie connesse al presunto potere di grandi “maghi”, al fianco dei potenti della Terra. Nel mirino innnanzitutto il leader del nazismo. Un fenomeno al quale – tra Himmler e la società Thule – il professor Galli ha dedicato ben tre saggi. Il primo, “Hitler e il nazismo magico” (Rizzoli) risale al 2005. A seguire, “La svastica e le streghe”, una “intervista sul Terzo Reich, la magia e le culture rimosse dell’Occidente”, pubblicata da Hobby & Work nel 2009, quattro anni prima di “Hitler e la cultura occulta”, libro uscito nel 2013, pubblicato ancora da Bur-Rizzoli. Impossibile non notare il potere ipnotico che la retorica del dittatore esercitava su masse immense, durante le celebri adunate oceaniche del nazismo. Disponeva di tecniche occultistiche? «Intanto era nato a Braunau sull’Inn, paese che ha dato i natali a un numero di medium superiore alla norma: c’è chi ritiene che, in determinate zone della Terra, vi siano cariche magnetiche che conferiscano doti particolari, come quelle che caratterizzano i medium e i veggenti». Inoltre, aggiunge Galli, è noto che Hitler prese lezioni da Erik Jan Hanussen, famoso ipnotista austriaco che, «nei teatri, ipnotizzava gli spettatori, facendo creder loro che fossero reali fenomeni che erano solo immaginari».Lo stesso Hanussen, mago e illusionista, fu poi ucciso dai nazisti il 30 giugno del 1934 nella strage passata alla storia come la “notte dei lunghi coltelli”. Una buona occasione «per far sparire le tracce della formazione ipnotistica che Hitler aveva ricevuto». Ma una cosa è ammettere che Hitler credesse nell’occulto e si avvalesse di maghi come Hanussen, un’altra è pensare che il nazismo sia “esploso” in virtù della magia: «Mai, il nazismo, si sarebbe potuto affermare senza la sconfitta della Germania nel primo conflitto mondiale, senza la crisi del dopoguerra e senza la grande crisi del ‘29, tutti fenomeni che hanno determinato il destino del paese sino all’avvento del Terzo Reich». Quindi attenzione: «Io non sostengo che l’esoterismo sia la chiave interpretativa della storia», precisa Galli. «Dico che ne è una delle componenti (e non delle più importanti), che però è stata completamente trascurata». E’ chiaro che a partorire il nazismo è stata la crisi politica, sociale ed economica patita dalla Germania a partire dal 1914. «Le cause che gli storici hanno studiato permettono di capire la vicenda tedesca anche senza bisogno di studiare l’esoterismo. Però, appunto, c’è anche l’esoterismo: e ha avuto un ruolo importante nella formazione culturale di una parte dell’élite nazionalsocialista».La storia politica ed economica spiega tante cose, ribadisce Galli, ma «talvolta, in determinate circostanze, non spiega tutto». Secondo il gollista Maurice Schumann, gruppi esoterici presenti anche in Vaticano hanno influenzato la nascita della stessa Unione Europea: «E’ una componente sin qui trascurata, meno importante di altre, ma che va tenuta presente». Giorgio Galli ha scritto anche un’introduzione al recente saggio “Mussolini e gli Illuminati”, nel quale Enrico Montermini mette in luce il rapporto (rimasto in ombra) tra il fascismo e l’esoterismo, dal ruolo di Giuseppe Cambareri – il mago di tanti ufficiali dell’esercito mussoliniano – all’intervento della massoneria anglosassone agli esordi delle camicie nere, fino al drammatico epilogo di piazzale Loreto, «macabro sacrificio rituale per celebrare simbolicamente la caduta dell’ultimo Cesare». Magia e dittature, ma non solo: «Lo stesso Churchill, che era massone – racconta Galli – si consultò moltissimo con l’ambiente esoterico, prima di decidere l’atteggiamento da assumere con Hitler». Furono alcuni esoteristi a confermargli che occorreva opporsi strenuamente al Terzo Reich: impossibile conviverci, perché avrebbe trasformato l’Europa nel peggiore degli incubi.Esoterismo? «E’ una cultura che ha solide radici nella storia dell’Occidente», spiega Giorgio Galli al pubblico di “Border Nights”. «Bisogna risalire agli astrologi caldei, ai profeti ebraici, fino a personaggi molto recenti come René Guénon e Julius Evola». Si intitola “Occidente misterioso” un saggio del 1987, edito da Rizzoli, in cui Galli indaga tra “baccanti, gnostici, streghe”, ovvero “i vinti della storia e la loro eredità”. «E’ una corrente di pensiero che ha solide radici e si ripresenta anche in periodi di grande avanzamento scientifico». Per dire: erano esoteristi Cartesio e Newton. «Si tratta di una cultura che ha profonde radici nello sforzo umano verso la conoscenza: radici così solide che, dal ‘500 in poi, ha potuto resistere al grande avvento della rivolzione scientifica». Quella dell’esoterismo «è un tipo di conoscenza che prevede approcci diversi da quelli scientifico-razionali». Metodo analogico, pensiero simbolico. Com’è che i politici entrano in contatto col mondo esoterico? «Esistono gruppi e associazioni che mantengono viva questa tendenza». Secondo la cultura esoterica, aggiunge il professore, «sulla Terra sono esistite civiltà molto remote, in genere scomparse per catastrofi naturali: l’esempio più noto sono i riferimenti che Platone fa ad Atlantide».Giorgio Galli segnala un libro come “L’altra Europa”, nel quale l’autore – Paolo Rumor (figlio di Mariano, pluri-minustro Dc) – documenta «la convinzione che siano esistite civiltà terrestri delle quali sono rimaste tracce, e in cui affonderebbe le sue radici la politica che poi ha portato all’Unione Europea». Intorno all’anno Mille, dice Galli, in alcuni ambienti «era maturata quella convinzione», riguardo all’ancestrale discenza da civiltà estinte. E quindi «ci sarebbe un rapporto tra antichi assetti sociali e il progetto dell’Ue, che in realtà è nato molto prima di quanto si ritenga». Se qualcuno ha in mente solo Jean Monnet, la Cee e l’Unione Europea si sbaglia: «Documenti di Mariano Rumor – afferma il professore – dimostrano che questo progetto sarebbe maturato molto più in là nel tempo, in ambienti legati alla cultura esoterica e alla convinzione dell’esistenza di antiche civiltà scomparse, che avrebbero lasciato tracce nella nostra cultura». Sicché, periodicamente, «emergono piccoli cenacoli, che credono di essere gli eredi di un antico sapere». Gli approcci sono diversi, aggiunge Galli: «Alcune società esoteriche sono orientate verso la conoscenza: per loro, l’esoterismo è uno strumento del sapere. In altri gruppi, invece, si ritiene che possa anche essere uno strumento per il potere».Non ha molti segreti, per Giorgio Galli, la contaminazione esoterica della politica: ne parlava già nel 1995 in “Cromwell e Afrodite” (Kaos), o in libri come “La politica e i maghi, da Richelieu a Clinton”, pubblicato da Rizzoli nello stesso anno. Galli ha firmato studi sulla massoneria, su Fatima, sulla new age, sulle Torri Gemelle. Titoli accattivanti: “La venerabile trama”, del 2007 (Lindau), racconta “la vera storia di Licio Gelli e della P2”. In “Stelle rosse” (Alacran, 2007), mette a nudo “astrologia neo-illuminista a uso della sinistra”. Titoli espliciti: “Politica ed esoterismo alle soglie del 2000”, scritto con Rudy Stauder e pubblicato da Rizzoli nel 1992, e “Esoterismo e politica” (Rubbettino, 2010). E’ del 2004 il saggio “La magia e il potere”, ovvero “l’esoterismo nella politica occidentale”, edito da Lindau. Ma cos’è la magia? Solo superstizione? «E’ un approccio culturale che si è manifestato in una fase della storia umana», spiega il professore a “Border Nights”, rispondendo alle domande di “Maestro di Dietrologia”. «Non credo che esista una magia con un reale potere», aggiunge. «Credo però che sia una convinzione diffusa». L’esoterismo, dice, è anche questo: «La convinzione che, facendo determinate operazioni, o con certe liturgie, si possano ottenere determinati risultati. La cultura esoterica è legata a questa convinzione, che però non è la mia».I maghi, aggiunge Giorgio Galli, sono i rappresentanti di questo tipo di cultura: talvolta entrano in contatto col potere e talvolta no. «La rivoluzione scientifica ha reso meno sistematici quei rapporti: quelli che vengono chiamati Magi, astrologi e veggenti facevano parte normalmente del personale vicino al potere – a Roma e in Grecia, poi nelle corti medievali. Fino al ‘500-600 questi rapporti erano organici e continui, in seguito sono diventati più rari o soltanto occasionali». E i famosi maghi consultati da capi di Stato? «In alcuni casi – risponde Galli – ci sono società segrete che trasmettono questo tipo di cultura. Alcune – tedesche, francesi, inglesi – sono elencate in “Hitler e il nazismo magico”. Probabilmente ne esistono ancora, anche se adesso la loro influenza mi pare molto minore di quanto non fosse all’inizio del secolo scorso». Magia e potere, ma soprattutto stelle, oroscopi, tarocchi. «Quello che so – aggiunge Galli – è che molti politici, anche di rilievo, consultano abituamente astrologi e cartomanti: sono un aspetto popolare e diffuso di culture che hanno origini esoteriche, ma è anche un campo che si presta moltissimo alle truffe e alle manipolazioni».Da Roma, ha contattato il professore un gruppo di tradizione esoterica che si definisce “Evoliani a 5 Stelle”, dal nome di Evola. «Sono degli esoteristi di cultura evoliana, che si esprimono positivamente attorno al Movimento 5 Stelle», precisa Galli. Non che l’esoterismo sia del tutto estraneo, ad alcuni aspetti del mondo grillino: «Lo stesso cortometraggio di Gianroberto Casaleggio, “Gaia”, esprime una cultura che qualche rapporto con quella esoterica potrebbe averlo: è collegata con la cultura delle grandi catastrofi, che poi alla fine danno un risultato positivo». Ma quello dei 5 Stelle è un populismo destinato a trasformarsi nella vera avanguardia tecnocratica del neoliberismo globalista? Giorgio Galli lo esclude in modo categorico. «I 5 Stelle secondo me sono ancora in una fase magmatica, in cui convivono componenti dell’anticapitalismo di sinistra e componenti dell’anticapitalismo di destra. Penso che siano in una fase di trasformazione – conclude il politologo – ma non credo affatto che possano diventare i nuovi strumenti del grande capitale: rimarranno sempre un movimento indirizzato a cambiamenti che, nella loro cultura, ritengono positivi. Che poi riescano nel loro intento è un altro problema, ma non credo che si mettano al servizio del potere capitalistico».Il mago in politica? Conta, sì. Ma non ha l’ultima parola. Certo, esiste: anche se i giornali non ne parlano mai. E spesso, proprio con il mondo esoterico sono in contatto i servizi segreti. Lo rivela il professor Giorgio Galli, autorevole politologo, per lunghi anni docente all’università di Milano. Un monumento della cultura italiana contemporanea. Classe 1928, ha all’attivo quasi cento titoli: dal volume d’esordio sulla storia del Pci, risalente al ‘53, fino all’ultimo lavoro, “Il golpe invisibile” (Kaos, 2015), che spiega “come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo Stato di diritto”. Intervistato da Fabio Frabetti e Paolo Franceschetti a “Border Nights” sul ruolo dell’occultismo nella politica, il professore chiarisce: la deriva “magica” dell’esoterismo ha certamente condizionato importanti leader del passato, Hitler in primis. Ma poi il fenomeno si è attenuato. Perché parlarne, allora? Perché non ne parla mai nessuno, a livello di ufficialità, se non per liquidare l’argomento in modo sprezzante, come se il fenomeno non esistesse. Altrettanto sbagliato, secondo Galli, l’atteggiamento iper-complottista di chi considera onnipotenti le società iniziatiche, massoneria compresa: hanno il loro peso, senz’altro, ma non possono decidere tutto.
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Summa Symbolica: noi e la memoria ancestrale dell’universo
C’è un non-luogo, chiamato “memoria ancestrale”, in cui è depositata ogni traccia di vita: l’impronta invisibile di pensieri e azioni, eventi materiali e immateriali. Una banca dati sconfinata, una sorta di “preistoria del tempo”. L’ipotesi è profondamente suggestiva: ogni nostra cellula conterrebbe in sé una parte di quella “memoria universale”: la condivide, le corrisponde – per vie analogiche e misteriose, attraverso processi istantanei che non possiamo controllare, e di cui non abbiamo neppure consapevolezza. Tutto quello che riusciamo a verificare è soltanto a valle del “prima”, è qualcosa che avviene dopo. E’ la nostra imperfetta traduzione di quel “grande prima”. E può esprimersi in due modi: sotto forma di miti, cioè narrazioni, oppure di simboli, ovvero rappresentazioni. Ma gli eventi, raccontati o rappresentati, sono i medesimi: si chiamano archetipi, e popolano (da sempre) un non-tempo che ci riguarda da vicinissimo. Una dimensione che “frequentiamo” soltanto in sogno. Per tentare di risalire all’origine, scoprendone il senso segreto, uno strumento efficace è quello che Gianfranco Carpeoro chiama “scienza simbolica”. Materia vastissima, spesso sfiorata da svariati campi del sapere (dalla filosofia alla psicologia, fino alla semiotica) ma mai affrontata separatamente e in modo analitico, sistematico – scientifico, appunto.Proprio l’approccio razionale al mondo sfuggente dei simboli è l’ambizioso l’obiettivo di “Summa Symbolica”, primo volume – introduttivo, metodologico – del vasto lavoro di Carpeoro, simbologo di formazione massonica e rosicruciana, con alle spalle trent’anni di studi sul mondo dei segni tradotti in simboli – segni visivi ma anche sonori, musicali, e persino olfattivi, tattili e gustativi. E’ una dimensione, quella simbolica, nella quale siamo costantemente immersi: meno ce ne rendiamo conto, e più rischiamo di subirla. Esempio: «Verso mezzogiorno, nei supermercati, viene spesso diffuso il profumo del pane caldo, appena sfornato: è un odore che diventa simbolo, innesca la memoria di ciascuno e serve a incrementare la motivazione d’acquisto, da parte degli ignari consumatori». Un simbolo può essere acustico: è il caso del segnale di pericolo emesso dalla gazzella quando, nella savana, avvista la leonessa in caccia. E’ un richiamo straziante, drammatico: l’imitazione perfetta dell’ultimo rantolo esalato, chissà quando, da una gazzella catturata e sbranata. Lo hanno scoperto gli etologi: le gazzelle superstiti assistettero alla predazione e udirono quel grido. Che da allora, una volta riprodotto, avverte le consimili, in modo inequivocabile, dell’imminente pericolo di morte.Ricostruendo l’origine del simbolo, a partire dal “simbolo Universo” e dal “simbolo prima del segno”, Carpeoro si sofferma a lungo sull’analisi del mondo originario da cui il simbolo discende, cioè la dimensione degli archetipi che affollano la “memoria ancestrale”. L’autore esamina le diverse interpretazioni del mondo archetipico sviluppate dal pensiero contemporaneo a partire da Jung, per poi passare attraverso studiosi come Mircea Eliade, Elémire Zolla, il simbologo René Guénon, pensatori meno noti come Réné Alleau e autori controversi come Julius Evola. «A nostro avviso – scrive Carpeoro – i nostri primi grandi archetipi, che noi denominiamo “protoarchetipi” o “specula” sono quelli fondati appunto sulla specularità: buio-luce, silenzio-suono, dolore-piacere, vita-morte». Che cosa sono? «Sono le nostre prime cognizioni o percezioni», cioè «gli eventi primari, fisici o metafisici», tutti derivanti dall’evento base, primigenio, espresso da Amleto: “Essere o non essere”». La cronologia esatta va invertita, e cioè: “non-essere, essere”. Prima il nulla, poi la creazione. Quel motto di Amleto caratterizza anche «il dubbio esistenziale, psicoanalitico e letterario, relativo ai sogni e alla distinzione dei medesimi rispetto alla vita reale, sintetizzato dalla massima “La vita è un sogno e la morte è il risveglio”, del grande scrittore spagnolo Pedro Calderón de la Barca”».«L’evento base “non essere, essere”, o anche “tutto e il contrario di tutto”, realizza il Primo Archetipo», che Carpeoro chiama “Speculum”, specchio. Da quello, e dagli altri “protoarchetipi”, «derivano tutti gli schemi simbolici che ci circondano e ci spiegano la storia e il cosmo, se e quando ci troviamo nella condizione di interpretarli». Fiabe, leggende e allegorie ripropogono sistemi simbolici anche complessi, poi tradotti nella stessa interpretazione dei sogni, a cui tanta importanza ha attribuito la psicanalisi. Sono tutte porte aperte sul misterioso mondo del “prima”, dove la nostra cognizione della vita comincia a nascere, in modo inafferrabile, a partire dallo “speculum” iniziale, l’opposizione tra “non essere” e “essere”, in realtà destinata poi a ricomporsi in modo complementare, nella comprensione del tutto. In altre parole, il linguaggio dei simboli – in cui si specchiano gli archetipi – può dirci qualcosa di importante sul vero luogo in cui nasce, da sempre, la nostra possibilità di pensiero. Il simbolo, poi, fa a meno dell’ordinario codice alfabetico: può viaggiare per secoli e millenni, conservando intatto il suo messaggio primigenio, a prescindere dale epoche e dalle civiltà attraversate. E’ un messaggero del “grande prima”: ci parla del nostro passato più in ombra, quello che non finisce sui libri di storia: è la meta-storia, quella del pensiero (anche invisibile) da cui poi sgorga la storia vera e propria.Nell’agile narrazione del primo volume di “Summa Symbolica”, arricchita da rapide escursioni nel mondo dell’arte, fino al cinema contemporaneo, si coglie lo sforzo di collocare la “scienza simbolica” in un preciso contesto di ricerca, a metà strada tra filosofia e neuroscienze, nell’intento di restituire piena dignità a una materia sempre e solo affrontata in modo tangenziale, periferico e accessorio. Fondamentale, nel lavoro di Carpeoro, la precisione con cui l’autore descrive la meccanica del simbolo, il suo funzionamento, che risponde a regole precise (l’autore le chiama “leggi”). La prima è quella che definisce il simbolo come rappresentazione di un archetipo. Fondamentale la Prima Legge di Guénon: nel simbolo, il piccolo può rappresentare il grande, l’inferiore il superiore, la parte il tutto – mai viceversa. Esistono leggi statiche, che espandono il simbolo in orizzontale, e leggi di corripondenza, secondo cui il simbolo deve contenere le esatte corripondenze della realtà rappresentata (nella frase “come in cielo, così in terra” rivive il motto esoterico “quod superius, sicut inferius” degli antichi alchimisti: al microcosmo corrisponde sempre il macrocosmo).Il simbolo, riassume Carpeoro, obbedisce anche a leggi dinamiche: può essere trasmesso in modo consapevole, mediante iniziazione, o in maniera inconsapevole, per semplice ripetizione (tradizione). Il simbolo ha inoltre precise funzioni: sintetica ed evocativa. «Se per la funzione sintetica è sufficiente un unico simbolo, per la funzione evocativa è necessaria una pluralità di simboli organizzata in linguaggio». A cascata, i sistemi simbolici che costituiscono il cuore delle fiabe vivono in un habitat narrativo fatto di emotività (pathos), mentre è l’epos a “ingigantire” la narrazione delle leggende, e una terza chiave – l’ethos – governa l’allegoria, imponendovi un preciso ordine. Nel sogno, infine, si articola il lògos (parola, racconto), che deriva la greco léghein (legare, collegare) da cui derivano vocaboli come “intelligenza”. Proprio nel sogno, scrive Carpeoro, il cerchio si chiude: in quella esclusiva dimensione, gli archetipi rivivono in purezza. Durante il sonno, la “memoria ancestrale” ci parla direttamente, senza mediazioni. Non disponendo di un linguaggio per tradurla, siamo costretti a ricorrere a espedienti ingegnosi: i simboli, appunto. Per questo è importante imparare il loro linguaggio: potremmo scoprire qualcosa di fondamentale della nostra storia, del nostro pensiero, della nostra vita. Fino a “riconoscere” che molte cose che sappiamo, o crediamo di sapere, hanno un’origine remotissima: “abitano”, da sempre, nella “memoria ancestrale” dell’universo.(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Summa Symbolica. Istituzioni di studi simbolici e tradizionali”, parte prima, “Origine e dinamica dei simboli”, edizioni L’Età dell’Acquario, 221 pagine, 24 euro).C’è un non-luogo, chiamato “memoria ancestrale”, in cui è depositata ogni traccia di vita: l’impronta invisibile di pensieri e azioni, eventi materiali e immateriali. Una banca dati sconfinata, una sorta di “preistoria del tempo”. L’ipotesi è profondamente suggestiva: ogni nostra cellula conterrebbe in sé una parte di quella “memoria universale”: la condivide, le corrisponde – per vie analogiche e misteriose, attraverso processi istantanei che non possiamo controllare, e di cui non abbiamo neppure consapevolezza. Tutto quello che riusciamo a verificare è soltanto a valle del “prima”, è qualcosa che avviene dopo. E’ la nostra imperfetta traduzione di quel “grande prima”. E può esprimersi in due modi: sotto forma di miti, cioè narrazioni, oppure di simboli, ovvero rappresentazioni. Ma gli eventi, raccontati o rappresentati, sono i medesimi: si chiamano archetipi, e popolano (da sempre) un non-tempo che ci riguarda da vicinissimo. Una dimensione che “frequentiamo” soltanto in sogno. Per tentare di risalire all’origine, scoprendone il senso segreto, uno strumento efficace è quello che Gianfranco Carpeoro chiama “scienza simbolica”. Materia vastissima, spesso sfiorata da svariati campi del sapere (dalla filosofia alla psicologia, fino alla semiotica) ma mai affrontata separatamente e in modo analitico, sistematico – scientifico, appunto.
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La materia è pensiero: Giordano Bruno anticipò la scienza
«Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia», scrive l’astrofisica Giuliana Conforto. «La Forza è la Vita Cosmica». Giordano Bruno? «Non esprime filosofia, ma una scienza del futuro e una saggezza antica. Testimonia l’eterno presente e, con l’Arte della Memoria, indica il modo per viverlo». Di fatto, il grande pensatore rinascimentale bruciato vivo a Roma il 17 febbraio 1600 «anticipa la scoperta della Forza, la Vita Cosmica, e rivela il grande segreto della materia nucleare che la scienza non ha ancora compreso: la comunione diretta e quindi l’etica naturale di ogni essere umano con la Forza». Fu questo, aggiunge la Conforto, il motivo vero della sua condanna, «perché rende vano il ruolo delle chiese come presunte rappresentanti di Dio». Infatti, «la comunione diretta rivela la centralità dell’uomo e spiega il faticoso preludio al grande evento: la nascita dell’uomo nuovo che, per il fatto di “aver mutato intento”, diverrà cosciente, responsabile di sé e capace di creare un nuovo mondo». Da sempre, sulla Terra, sottolinea una studiosa come Manuela Racci, esistono esseri che «indicano la via per edificare un nuovo mondo, per aprire il cammino all’umanità verso una nuova aurora: sono esseri di luce, accomunati dalla stessa forza ed energia, marchiati dalla stessa solitudine». Forse «venuti troppo presto, nati postumi con la mente dinamite», come direbbe Nietzsche.Giordano Bruno potrebbe davvero considerarsi un nobile antesignano di questa specie chiamata “indaco”, giunta a edificare un nuovo mondo, «un mondo di luce per esseri di luce che vedono e sentono con gli stessi occhi e la stessa mente sia gli universi visibili che quelli invisibili», scrive la Racci, in una riflessione ripresa dal blog “Visione Alchemica”. «Un grande pensatore, arso vivo per il vizio di pensare; un filosofo di una modernità quasi inquietante, ma soprattutto un uomo fuori del comune, uno spirito folletto, fantasioso, originale». Quello che trasmetteva «non era solo un’immagine della vita, ma un’emozione del mondo». Giordano Bruno «era un grande: in lui albergava la conoscenza dei mondi paralleli, della metempsicosi, delle energie sottili». Straordinario, per quei tempi. La sua profondità «non è quella che connota il pensiero tecnico-scientifico da secoli imperante in Occidente». Va ricercata nell’inconscio della scienza stessa, «che è a un tempo ciò da cui la scienza scaturisce e ciò che la scienza rimuove». Innegabili sono i miglioramenti che la scienza ha apportato alla vita dell’uomo occidentale. «Ma sotto l’aspetto della felicità, della ricerca di una pace interiore, di una quiete dell’anima in piena armonia con la natura e più ampiamente con il Tutto, risulta più difficile parlare di progresso».Per la professoressa Racci, sembra quasi che la scienza abbia sdradicato l’uomo dal suo habitat naturale, la fusione con la natura, «facendolo sentire meno alienato di fronte a un computer che al cospetto di un tramonto». Allo stesso modo, la religione, «per quanto antiscientifica possa sembrare», ha sovente «cercato il connubio con la ragione, con l’evidenza e la chiarezza del “lumen” naturale, perdendo in realtà la sua vera “quidditas”, la sua dimensione sacrale». Per questo Giordano Bruno fu messo al rogo: «La sua “nova filosofia” non era né scientifica, né strettamente religiosa, in quanto si fondava sulla “magia naturale”, sulla “prisca Aegiptorum sapientia”», l’amtica sapienza egizia. «Bruno è infatti il vero sensitivo immerso nella “fusis”, convinto che si possano abbattere le barriere tra l’umano e il divino». E attenzione: «Niente è più positivo dello sfondamento dei limiti, dello spostare le pietre di confine per arrivare alla comprensione che l’uomo, la Natura e Dio sono la stessa cosa. Nell’universo tutto è Vita, tutto è animato da uno stesso spirito vivificatore». Letteralmente: «Tutte le cose sono nell’universo e l’universo è in tutte le cose», in perfetta armonia.E’ un’innegabile forma di animismo: per Bruno, tra le piante, gli animali, gli uomini non c’è differenza se non di grado. La differenza è nel “Dorso della Forma”, sono fenomeni di un’unica sostanza universale. Pensare che il mondo sia là solo per l’uomo è un grave errore: «Il filosofo esce così dalla cultura occidentale cristiana e modula il suo sentire sul registro affine a quello buddista». Con l’ammirazione dovuta a chi sacrifica la vita per le proprie idee, «Bruno andrebbe inserito in una sfera iniziatica, riferendosi non tanto alla sua laicità, bensì alla sua sacralità, al suo vedere la presenza divina in ogni cosa, alla sua ansia di ricerca che trascende il raziocinio nel suo identificarsi nella natura, che è per lui un vero e proprio “indiamento”», cioè un’unione estatica tra l’umano e il divino. Si tratta di varcare il limite dell’homo sapiens per avviarsi «verso altra natura, altri corsi, altri mondi».La materia dunque non è inerte, ma viva, animata (pampsichismo) e costituisce uno dei centri archimedei del pensiero di Bruno: infatti, continua Manuela Racci, il filosofo perviene a una concezione della materia universale come fonte dell’infinito prodursi di tutta la realtà: come la gestante che riscuote da sé la sua prole, la materia contiene in sé tutte le forme, è «cosa divina e ottima parente, genitrice e madre di cose naturali, anzi la natura tutta in sustanza»; è «fonte de l’attualità» di ogni cosa. Per Bruno la materia è Vita, materia infinita, e tra l’anima dell’uomo e quella delle bestie non c’è alcuna differenza sostanziale. «Potremmo dire che la “magia naturale” di Bruno si colloca in quella sotterranea corrente che prende il nome di “pensiero per immagini” che, pur perdente in Occidente, costituisce la fonte segreta del sapere, fonte a cui si accede non per via logico-architettonica ma per pratica amorosa». La concezione che Bruno ha della forza dell’Amore ribadisce la pregnanza e l’attualità di tale concetto in campo metafisico e metempirico: la forza «che move il sole e l’altre stelle», di cui parla Dante, è «l’unica che muove infiniti mondi e li rende vivi». E quella “magia naturale” che solo il vero saggio da sempre sente.«L’amore, dice il filosofo, sa “comprendere” ciò che la ragione non sa “spiegare”, là dove la scienza può spiegare tutto, senza nulla comprendere». L’astrofisica Giuliana Conforto, in uno studio irrinunciabile sulla futura scienza di Giordano Bruno, evidenzia come il pianeta si stia trasformando e come il filosofo nolano sia uno dei grandi saggi che l’abbiano previsto. «Quella di Bruno è scienza del futuro, coscienza delle infinite potenzialità dell’essere umano e soprattutto della sua immortalità. Egli annuncia la nascita dell’uomo nuovo, libero da tabù e paure, capace di ricevere e di riflettere nelle sue opere l’intero messaggio vitale, oggi noto come Dna, quindi di creare un nuovo mondo di pace e vera giustizia». In altre parole, «Bruno rivela il grande segreto, la magia della natura: la comunione naturale di ogni corpo con il messaggio genetico, che fu poi il motivo vero della sua condanna perché vanifica il ruolo della Chiesa come intermediaria tra l’uomo e Dio: Bruno rivela il ruolo centrale di protagonista dell’uomo nel progetto cosmico, prevede i tempi attuali e l’evento che ristabilirà l’antico volto: il risveglio dell’uomo alla coscienza dell’infinita e vera realtà, l’Amore».Quella forza cosmica prende il nome, in Bruno, di “eroico furore”: «L’uomo nuovo è il furioso, l’ebbro di Dio e arso d’amore che, con uno sforzo eroico (da eros) e appassionato, giunge a una sorta di sovrumana immedesimazione con il processo cosmico per cui l’Universo si dispiega nelle cose e le cose si risolvono nell’Universo, generando una sorta di copula d’amore tra lui e la Natura. Solo il fuoco dell’esperienza dell’Amore è in grado di aprire la strada alla visione di Dio, del Tutto, dell’unità». Scorrendo in particolare i suoi sette scritti magici, tra cui esemplare risulta essere la “Lampas triginta statuarum”, testo di eccezionale bellezza poetica e immaginativa, il lettore non può non cogliere questo moderno senso del divino nell’uomo come appartenenza al Tutto, scintilla perfetta di un Tutto unico e animato. Per Manuela Racci, è una affascinante concezione della metempsicosi di ascendenza orfico-pitagorica: la morte non è altro che una dissoluzione di legami, ma nessun spirito o nessun corpo celeste perisce; è solo un continuo mutare di complessione e combinazioni. Affiora un «senso etico di giustizia cosmica», che spinge le anime «a comunicarsi a corpi sempre diversi, in una sorprendente affinità con il Karma delle religioni orientali, nella commossa intuizione che l’anima possa istituire innumerevoli legami tra piani dell’universo».Prima ancora dello stesso movimento romantico, Giordano Bruno ha quindi riportato l’attenzione sull’intima connessione del Tutto rispetto all’analitica scansione delle parti, in cui il pensiero logico-razionale per natura trattiene se stesso, smarrendo i vincoli che legano tra loro tutte le cose. Dunque, «non essendoci nell’universo parte più importante dell’altra, non è concesso all’uomo quel primato che lo prevede possessore e dominatore del mondo, ma semplice cooperatore dell’operante natura». All’enfatizzazione del soggetto, Bruno contrappone un percorso opposto: non il primato dell’uomo, ma «il primato degli equilibri sempre instabili e sempre da ricostruire tra soggetto e oggetto, tra uomo e natura». La sua “magia”? «Non è potere sulla natura, ma scoperta dei vincoli con cui tutte le cose si incatenano, secondo il modello eracliteo dell’invisibile armonia». Ed è la proposta filosofica di Bruno, «antitetica sia alla matematica sia alla religione». Alla legge dell’uomo occidentale sul Tutto, la “magia” bruniana si volge alla legge del Tutto: siamo parte della natura, non i suoi dominatori. E la nostra possibilità di felicità risiede nella complementarità attraverso cui possiamo combaciare con altri esseri, al tempo stesso naturali e divini.Tra le idee straordinarie che Bruno ha consegnato alla modernità, aggiunge la Racci, è impossibile non citare le due opere in chiave ermetica che si presentano come veri trattati di arte della memoria, la mnemotecnica (“De umbris idearum” e “Cantus circaeus”). Ne sviluppa un’analisi sottile Gabriele La Porta, nel suo libro “Giordano Bruno. Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero”: le immagini descritte dal filosofo non avrebbero solo il compito di potenziare e raffinare la memoria visiva, ma rivestirebbero anche un significato propriamente “magico”. «Infatti la loro contemplazione e la loro rammemorazione porterebbero in contatto con energie cosmiche primordiali, con la vera “quidditas” delle cose, con le realtà supreme e archetipe, infondendo nell’animo pace, quiete, serenità». Secondo La Porta, Bruno si propone di suscitare una sorta di rivoluzione spirituale: «Seguendo le vie di un sapere esoterico, che ha tutti i caratteri di un’illuminazione, l’uomo si libera dai pregiudizi, dalle passioni negative, dagli egoismi, per diventare saggio, cioè in grado di percorrere la via della Forza, quella Forza che è trasparenza, libertà, verità».Una vera e propria scienza futura, che i saggi come Bruno già conoscevano: «Una coscienza che comprende interamente il messaggio della Vita e soprattutto il ruolo cosmico, immortale dell’essere umano». Come non ricordare poi la sua vulcanica intuizione cosmologica? Giordano Bruno, aggiunge la Racci, fu il primo a dedurre che la vita intelligente è distribuita un po’ dappertutto nell’universo, «ponendo così le basi alla giustificazione dei trasferimenti di essa da pianeti in estinzione ma ad alto livello di tecnologia a pianeti non abitati ma tali da consentire la vita». A ragione, Bruno viene visto come il primo ufologo: «Oggi le sue osservazioni sono considerate il punto di partenza per la ricerca di altre forme di vita nell’universo». Superando la rivoluzione copernicana, Bruno immaginava un universo infinito, popolato da un’infinità di stelle che, abbattute le muraglie del cielo fisso e finito, corrono per ogni dove. «Stelle come il nostro sole, ciascuna circondata da pianeti, su taluni dei quali prosperano altre intelligenze, creature viventi senzienti e razionali».«Apri la porta attraverso la quale possiamo osservare il firmamento senza limiti», era il suo motto. «Così si magnifica l’eccellenza di Dio, si manifesta la grandezza de l’imperio suo: non si glorifica in uno, ma in soli innumerevoli, non in una terra, un mondo, ma in duecentomila, dico in infiniti». Un universo dunque senza limiti, dai caratteri divini: infinito lo spazio, infiniti i mondi, infinite le creature, infinita la vita e le sue forme. Per Manuela Racci si potrebbe chiudere questa riflessione, meramente propedeutica alla necessità di far risorgere le intuizioni bruniane, con un’asserzione efficace del geniale filosofo che più volte sostiene di essere la reincarnazione di Ermes, il messaggero degli dei, sceso per aprire gli occhi agli uomini. «L’umanità ha bisogno di persone che testimonino la possibilità della fratellanza, in nome della conoscenza e della ricerca». Obiettivo: «Gettare i semi per piante che fruttifereranno nel futuro». Non è possibile dire quando, «ma è importante lasciare un segno, dire parole, formulare pensieri, viver in una dimensione di segno opposto a quella dell’attuale imbecillità. E soprattutto, non scoraggiarsi».«Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia», scrive l’astrofisica Giuliana Conforto. «La Forza è la Vita Cosmica». Giordano Bruno? «Non esprime filosofia, ma una scienza del futuro e una saggezza antica. Testimonia l’eterno presente e, con l’Arte della Memoria, indica il modo per viverlo». Di fatto, il grande pensatore rinascimentale bruciato vivo a Roma il 17 febbraio 1600 «anticipa la scoperta della Forza, la Vita Cosmica, e rivela il grande segreto della materia nucleare che la scienza non ha ancora compreso: la comunione diretta e quindi l’etica naturale di ogni essere umano con la Forza». Fu questo, aggiunge la Conforto, il motivo vero della sua condanna, «perché rende vano il ruolo delle chiese come presunte rappresentanti di Dio». Infatti, «la comunione diretta rivela la centralità dell’uomo e spiega il faticoso preludio al grande evento: la nascita dell’uomo nuovo che, per il fatto di “aver mutato intento”, diverrà cosciente, responsabile di sé e capace di creare un nuovo mondo». Da sempre, sulla Terra, sottolinea una studiosa come Manuela Racci, esistono esseri che «indicano la via per edificare un nuovo mondo, per aprire il cammino all’umanità verso una nuova aurora: sono esseri di luce, accomunati dalla stessa forza ed energia, marchiati dalla stessa solitudine». Forse «venuti troppo presto, nati postumi con la mente dinamite», come direbbe Nietzsche.
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Summa Symbolica: finalmente svelato il segreto dei simboli
«Vi siete mai chiesti perché l’acqua delle nostre fontane esce così spesso dalla bocca di un leone?». Il re della savana non è certo un animale acquatico. Eppure è associato, da sempre, alla sorgente d’acqua. Per quale motivo? E’ vero, non ce lo siamo domandato. «Infatti, non siamo più abituati al “pensiero simbolico”, cioè il pensiero contenuto nei simboli, che ci spinge a chiederci sempre il perché delle cose, che in prima battuta non capiamo». Parola di Gianfranco Carpeoro, simbologo con alle spalle trent’anni di appassionati studi. Tutto si aspettava, l’autore, tranne che vedere la sua ultima fatica, “Summa Symbolica”, schizzare in alto nelle classifiche librarie online: è il primo trattato divulgativo interamente dedicato a svelare il grande “segreto” dei codici simbolici che, in fondo, affollano la nostra vita quotidiana, con i loro “perché” a cui non facciamo caso. Il leone e l’acqua? «Qual è la città più acquatica d’Italia?». Venezia, ovviamente. «E qual è il simbolo araldico di Venezia? Il leone alato di San Marco, l’evangelista rappresentato appunto dal leone». Da Venezia al Nilo: «Gli egizi scolpirono teste di leone sulle chiuse in pietra che regimavano le acque del fiume durante la piena, quando nel cielo dell’Egitto campeggiava la costellazione del Leone». Il che rimanda a un archetipo ancestrale: il Diluvio. Simboli, che hanno viaggiato in incognito fino a noi, per raccontarci – a modo loro – la parte nascosta della nostra storia, la meta-storia dell’umanità.Autore di romanzi ermetico-esoterici come “Il volo del Pellicano”, “Labirinti” e (di prossima pubblicazione) “Il Re cristiano”, Carpeoro – al secolo Gianfranco Pecoraro, avvocato e già pubblicitario, saggista, musicologo, direttore di riviste – nel 2016 ha pubblicato per “Revoluzioni” il dirompente saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che svela il contesto simbolico destinato a “firmare” i peggiori attentati che hanno recentemente insanguinato l’Europa, dietro il paravento di sigle come l’Isis. Attentati che, per l’autore, sono opera della “sovragestione” dell’Occidente, un vertice occulto che mette insieme settori dell’élite politico-economica e apparati di intelligence al servizio dell’oligarchia reazionaria. Retroterra comune: il codice simbolico adottato dalla massoneria, «ormai quasi interamente infiltrata e corrotta dal potere, il cui linguaggio è quello del “pensiero magico”, cioè l’opposto del “pensiero simbolico”». Traduzione: «Il potere ha organizzato una sorta di deriva “magica” della conoscenza, in tutti i campi, introducendo il dogma». Tema sul quale Carpeoro ha spesso insistito, in seminari e conferenze, nonché nelle video-chat “Carpeoro Racconta”, su YouTube, la domenica mattina con Fabio Frabetti della trasmissione web-radio “Border Nights”.Pensiero magico e pensiero simbolico, dicotomia decisiva per il nostro destino: «Se ci piace una ragazza, andiamo dal “mago” a chiedere come potrebbe accorgersi di noi, anziché chiedere – innanzitutto a noi stessi – perché mai quella ragazza dovrebbe innamorarsi di noi». Così per tutto: «Se siamo malati ricorriamo al medico, ma finchè siamo sani preferiamo la cartomante». Per Carpeoro, il “pensiero magico” – funzionale al potere – ha scalzato il “pensiero simbolico”, condizionando negativamente l’evoluzione dell’umanità: «Finiamo per essere tutti prigionieri di “cerchi magici”, nei quali non valgono le regole della vita, della realtà, ma quelle del “mago” di turno: fattucchiera, pubblicitario, leader politico, economista». Tutti sapienti manipolatori. Il loro obiettivo: «Farci fare, a nostra insaputa, quello che vogliono loro». Capeoro cita il suo antico maestro, l’intellettuale triestino Francesco Saba Sardi, autore del saggio “Dominio” che ripercorre l’origine della civiltà. «Tutto nacque con la comparsa dell’agricoltura. I nomadi scoprirono l’importanza del possesso della terra. Servivano improvvisamente nuove figure: contadini e soldati. Fu lì che nacque il potere, in forma di dominio. E nacque grazie all’invenzione della religione: è stato il “magus”, preteso “ponte” tra l’umano e il divino, a utilizzare la sua superiore conoscenza per indurre gli altri a lavorare e combattere al posto suo. Potere, religione, guerra. Era l’inizio del Neolitico, e da allora quello schema non è cambiato, governa il mondo tuttora».Al “pensiero magico”, Carpeoro contrappone il “pensiero simbolico”: «Non ti spinge a imparare “come” fare una cosa, ma ti costringe innanzitutto a chiederti se farla, e perché». Risultato: la libertà dell’individuo, la sua crescente consapevolezza, l’espansione autonoma della coscienza. E’ il risultato di quella che Carpeoro, per spiegare il meccanismo simbolico, chiama “l’intelligenza del dado”: «Di ogni faccia riconosciamo immediatamente il valore numerico, senza dover contare i puntini: e questo dipende dalla loro precisa disposizione». Simbolo, dal greco “symballo”, unire: mettere insieme, in un’unica rappresentazione, aspetti lontani tra loro. Tutto, a monte, nasce dall’archetipo, cioè dall’insieme di eventi – materiali e immateriali – che sono «depositati nella memoria ancestrale dell’universo», a cui abbiamo accesso «soltanto in un modo, nei sogni del sonno profondo: quello che non sappiamo ricordare, perché non disponiamo del codice linguistico per tradurli». Così, nell’ètà classica, «l’umanità ha tradotto gli archetipi in due modi: nel mito, che è la narrazione dell’archetipo, e nel simbolo, che ne è la rappresentazione». E il simbolo, secondo il francese René Guénon, ha una caratteristica fondamendale: funziona, ci fa pensare, perché rappresenta sempre qualcosa di più grande.Il simbolo è come uno specchio, per dirla con Ermete Trismegisto: «Tutto ciò che è in alto è come ciò che è in basso, tutto ciò che è in basso è come ciò che è in alto». E questo, aggiunge il sommo esoterista, «per realizzare il miracolo di una cosa sola, da cui derivano tutte le cose, grazie a un’operazione sempre uguale a se stessa». L’editoria ha sfornato bellissimi volumi che catalogano i simboli, o si occupano specificamente di qualcuno di essi. Ma nessuno, finora, aveva mai presentato uno studio unitario sulla simbologia, «materia a cui di regola non è riconosciuta dignità propria». Spesso, afferma in una nota l’editore di “Summa Symbolica”, L’Età dell’Acquario, la simbologia viene affrontata solo in affiancamento ad altre discipline: semiologia, filosofia, letteratura, storia dell’arte. Lo studio di Carpeoro (di cui è uscito per ora solo il primo volume, 221 pagine) affronta invece la materia in modo finalmente organico e sistematico: la prima parte, da qualche giorno in libreria, svela le origini antiche del linguaggio simbolico e le sue dinamiche generali, verificate e catalogate con approccio scientifico: la sua essenza, i singoli simboli e gli schemi simbolici complessi, il rapporto con il mito e gli archetipi, le leggi che lo regolano, la presenza del simbolo nelle leggende, nelle fiabe, nei sogni.«Dopo aver studiato il mondo dei simboli fin dal 1981 – racconta Carpeoro – nel 199 ho maturato la decisione di raccogliere tutti i miei appunti in un’opera organica. L’ho terminata nel 2003, ma è stata più volte aggiornata nel corso degli anni, assumendo dimensioni tanto imponenti da rendere necessaria una sua suddivisione in più parti». In confidenza: «Non speravo che quest’opera avrebbe mai trovato un editore, né tantomeno che un libro simile potesse suscitare tanto interesse, tra i lettori». La prima parte – oggetto del volume appena uscito – ha un taglio esclusivamente metodologico, proviene da uno studio del 1994 che si intitolava “Il Metodo Carpeoro” e costituisce «il primo tentativo di individuare le regole e le leggi del mondo dei simboli in modo totalmente originale e autonomo rispetto ad altre discipline». L’auspicio dell’autore? E’ che «sia riconosciuto, agli studi simbolici e tradizionali, quel carattere di scientificità fino a oggi loro negato».La chiave della missione? I simboli, il potere, li conosce benissimo. E ovviamente li usa a nostro danno, in modo “magico”. Conoscerli a nostra volta significa innanzitutto imparare a difendersi dagli abusi della manipolazione quotidiana. Fino a scoprire che il mondo dei simboli racchiude in sé qualcosa di meraviglioso, che ci riguarda direttamente: è un racconto, per immagini, della nostra vera storia, che attinge all’universo della “memoria ancestrale” della specie. E’ un sistema profondamente analogico che può contenere vere e proprie rivelazioni: ci lascia intuire come siamo fatti, da dove veniamo, chi siamo davvero – e cosa potremmo diventare, se imparassimo a espandere la nostra coscienza. «Accanto alla dimensione fisica esiste una dimensione metafisica», sottolinea Carpeoro. «Analogamente, accanto alla storia esiste anche una meta-storia: è la storia del pensiero non ufficiale, che ha spesso viaggiato sottotraccia, giungendo fino a noi, utilizzando proprio il linguaggio cifrato dei simboli». Funziona, eccome: magari non capiamo perché l’acqua fuoriesca dalla bocca del leone, ma quelle fontane ci sono familiari, ci piacciono. Le troviamo bellissime, anche se non sappiamo perché.(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Summa Symbolica. Istituzioni di studi simbolici e tradizionali, vol.1”, L’Età dell’Acquario, collana Biblioteca dei simboli, 221 pagine, 24 euro).«Vi siete mai chiesti perché l’acqua delle nostre fontane esce così spesso dalla bocca di un leone?». Il re della savana non è certo un animale acquatico. Eppure è associato, da sempre, alla sorgente d’acqua. Per quale motivo? E’ vero, non ce lo siamo domandato. «Infatti, non siamo più abituati al “pensiero simbolico”, cioè il pensiero contenuto nei simboli, che ci spinge a chiederci sempre il perché delle cose, che in prima battuta non capiamo». Parola di Gianfranco Carpeoro, simbologo con alle spalle trent’anni di appassionati studi. Tutto si aspettava, l’autore, tranne che vedere la sua ultima fatica, “Summa Symbolica”, schizzare in alto nelle classifiche librarie online: è il primo trattato divulgativo interamente dedicato a svelare il grande “segreto” dei codici simbolici che, in fondo, affollano la nostra vita quotidiana, con i loro “perché” a cui non facciamo caso. Il leone e l’acqua? «Qual è la città più acquatica d’Italia?». Venezia, ovviamente. «E qual è il simbolo araldico di Venezia? Il leone alato di San Marco, l’evangelista rappresentato appunto dal leone». Da Venezia al Nilo: «Gli egizi scolpirono teste di leone sulle chiuse in pietra che regimavano le acque del fiume durante la piena, quando nel cielo dell’Egitto campeggiava la costellazione del Leone». Il che rimanda a un archetipo ancestrale: il Diluvio. Simboli, che hanno viaggiato in incognito fino a noi, per raccontarci – a modo loro – la parte nascosta della nostra storia, la meta-storia dell’umanità.
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Siamo tutti interconnessi, neuroni-specchio risuonano in noi
“Nessun uomo è un’isola”, scrisse il poeta John Donne. Aveva ragione: siamo tutti interconnessi, collegati strettamente l’uno all’altro. Lo ha scoperto il team del professor Giacomo Rizzolatti, del dipartimento di neuroscienze dell’università di Parma. Quello che ci unisce – questa la scoperta – è qualcosa di infinitamente piccolo: neuroni. Li hanno battezzati “neuroni specchio”, perché riflettono, in modo automatico e senza il filtro della mente, i comportamenti altrui. In pratica, questi neuroni fanno sì che “risuoni”, dentro di noi quello in cui ci imbattiamo: persone, azioni, immagini. «I neuroni specchio – scrive “Coscienze in Rete” – sono una delle più importanti scoperte scientifiche dgli ultimi vent’anni», qualcosa che «ha cambiato il nostro modo di comprendere l’interazione tra gli essere umani (e tra gli animali)». L’esistenza dei neuroni-specchio è stata rilevata prima volta verso a metà degli anni ‘90 da Rizzolatti e colleghi, osservando un gruppo di scimmie, macachi: i ricercatori si accorsero che alcuni gruppi di neuroni non si attivavano solo quando gli animali erano intenti a determinate azioni, ma anche quando guardavano qualcun altro compiere le stesse azioni.Studi successivi, effettuati con tecniche non invasive, hanno dimostrato l’esistenza di sistemi simili anche negli uomini: sembrerebbe che essi interessino diverse aree cerebrali, comprese quelle del linguaggio. I neuroni-specchio «permettono di spiegare fisiologicamente la nostra capacità di porci in relazione con gli altri». Ovvero: «Quando osserviamo un nostro simile compiere una certa azione si attivano, nel nostro cervello, gli stessi neuroni che entrano in gioco quando siamo noi a compiere quella stessa azione. Per questo possiamo comprendere con facilità le azioni degli altri: nel nostro cervello si accendono circuiti nervosi che richiamano analoghe azioni compiute da noi in passato». Il neurone-specchio, dunque, “ricorda” qualcosa che è già avvenuto, e “risponde” in modo simultaneo a qualcosa che appartiene al proprio vissuto. «Anche il riconoscimento delle emozioni sembra poggiare su un insieme di circuiti neurali che, per quanto differenti, condividono quella proprietà “specchio” già rilevata nel caso della comprensione delle azioni». Rispondenza perfetta, riscontrata nei test: «Quando osserviamo negli altri una manifestazione di dolore o di disgusto si attiva il medesimo substrato neuronale collegato alla percezione in prima persona dello stesso tipo di emozione».Un’altra conferma, continua “Coscienze in Rete”, viene da studi clinici su pazienti affetti da patologie neurologiche: una volta perduta la capacità di provare un’emozione non si è più in grado di riconoscerla quando viene espressa da altri. Alcune evidenze sperimentali sembrano indicare che anche la comprensione del linguaggio faccia riferimento, almeno per certi aspetti, a meccanismi di “risonanza” che coinvolgono il sistema motorio: «Comprendere una frase che esprime un’azione provoca probabilmente un’attivazione degli stessi circuiti motori chiamati in causa durante l’effettiva esecuzione di quell’azione». La scoperta dei neuroni-specchio potrebbe offrire una spiegazione biologica per almeno alcune forme di autismo, come, ad esempio, la sindrome di Asperger: gli esperimenti finora condotti sembrano indicare un ridotto funzionamento di questo tipo di neuroni nei bambini autistici, che non riescono a entrare in sintonia con il mondo che li circonda, con i gesti e le azioni altrui, nonché le emozioni degli altri. In ogni caso, «l’esistenza dei neuroni-specchio prospetta la necessità di una profonda modifica nelle attuali concezioni riguardanti il modo di operare della nostra mente», ridimensionando il modello prospettato dalla psicologia cognitivista.Il cognitivismo è basato sull’analogia funzionale con i calcolatori: definisce regole formali che sarebbero alla base del funzionamento della mente, «ignorando completamente il ruolo dell’esperienza corporea legata al comportamento motorio». I neuroni-specchio, invece, implicano l’esistenza di un meccanismo che consente di comprendere immediatamente il significato delle azioni altrui, e persino delle intenzioni, senza porre in atto alcun tipo di ragionamento. Le ricerche sono ancora agli inizi, ma – secondo il neuroscienziato Vilayanur Ramachandran – è probabile che si tratti di una delle più importanti scoperte, destinata ad avere profonde ripercussioni nel nostro modo di concepire la mente. «Praticamente i neuroni-specchio confermano il fatto che non siamo delle isole separate, ma che siamo in rete. E in questa rete i pensieri, le azioni e i sentimenti circolano dall’uno all’altro. Si potrebbe dire che entrano nella psiche-anima delle persone e somatizzano attraverso i circuiti cerebrali», su cui si sedimentano le nostre individuali esperienze di pensiero, sentimento e azione.In questa ottica, osserva “Coscienze in Rete”, i neuroni-specchio «possono probabilmente essere utilizzati per moltiplicare il bene, con l’esempio e con la condivisione». Per contro, «si possono usare anche per moltiplicare elementi negativi, dallo “scandalo” di cui parla il Vangelo, fino ai comportamenti deteriori di ognuno di noi che influenzano gli altri, fino alle grandi operazioni oscure che tendono ad eccitare o deprimere le coscienze di intere popolazioni o del mondo, non solo con le guerre, ma anche tramite l’uso “nero” dell’arte, delle forme pensiero dei comportamenti, della violenza, dell’erotismo fine a se stesso, del vizio». In altre parole, i neuroni-specchio sarebbero un formidabile moltiplicatore, benché invisibile, capace di amplificare le conseguenze di qualsiasi azione, nel bene e nel male: «Se si amano gli altri e la società, ovviamente sarà importantissimo essere esempio vivente delle azioni, dei sentimenti e dei pensieri rivolti al bene, per diventare elementi diffusori di bene», mettendo i propri neuroni-specchio «ancora di più al servizio della evoluzione umana».“Nessun uomo è un’isola”, scrisse il poeta John Donne. Aveva ragione: siamo tutti interconnessi, collegati strettamente l’uno all’altro. Lo ha scoperto il team del professor Giacomo Rizzolatti, del dipartimento di neuroscienze dell’università di Parma. Quello che ci unisce – questa la scoperta – è qualcosa di infinitamente piccolo: neuroni. Li hanno battezzati “neuroni specchio”, perché riflettono, in modo automatico e senza il filtro della mente, i comportamenti altrui. In pratica, questi neuroni fanno sì che “risuoni”, dentro di noi quello in cui ci imbattiamo: persone, azioni, immagini. «I neuroni specchio – scrive “Coscienze in Rete” – sono una delle più importanti scoperte scientifiche dgli ultimi vent’anni», qualcosa che «ha cambiato il nostro modo di comprendere l’interazione tra gli essere umani (e tra gli animali)». L’esistenza dei neuroni-specchio è stata rilevata prima volta verso a metà degli anni ‘90 da Rizzolatti e colleghi, osservando un gruppo di scimmie, macachi: i ricercatori si accorsero che alcuni gruppi di neuroni non si attivavano solo quando gli animali erano intenti a determinate azioni, ma anche quando guardavano qualcun altro compiere le stesse azioni.