Archivio del Tag ‘Asia Times’
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Non solo calcio: Brasile, la caduta di una superpotenza
Lo so, Israele che bombarda civili a Gaza, Kiev che bombarda civili nell’Ucraina dell’Est, il Califfo fuori controllo in Medio Oriente, l’Impero del Caos che gioca a fare il prestigiatore. Ma prima vorrei parlare di qualcosa a cuore aperto. Ho conservato questa foto (vedi più sotto) per il momento più opportuno, che è arrivato. Vi presento un tipico paradiso tropicale – Santo Andre a Bahia, vicino a dove il Brasile è stato “scoperto” dai portoghesi nel 1500. Il campo di allenamento della nazionale tedesca è dietro a quegli alberi sulla sinistra. Io ero lì all’inizio della Coppa del Mondo, la mia meravigliosa ospite Anna Mariani è proprietaria di una stupenda casa sulla spiaggia proprio lì accanto. Il campo tedesco – in realtà un condominio sulla spiaggia – è stato isolato e customizzato a perfezione. I giocatori hanno potuto interagire con i villaggi vicini, visitato una scuola locale, fraternizzato con gli indiani Pataxo, fatto camminate mattutine sulla spiaggia.Si sono anche allenati davvero duramente: disciplina, impegno, etica del lavoro – mentre si godevano ogni minuto nel loro angolo di paradiso e apprendevano i rituali della cultura locale brasiliana. La nazionale brasiliana, nel frattempo, stava recitando uno psicodramma nazionale (nel senso letterale) che vede 200 milioni di persone coinvolte. Era come una spaventosa telenovela – senza alcun tipo di disciplina o duro lavoro, solo tintinnii (guarda il mio nuovo taglio di capelli!) appaiati ad un compiaciuto senso di superiorità. Alla fine avrebbero dovuto vincere perchè dopotutto, sfoderiamo il più grande mito nazionale, “Dio è brasiliano”. Passiamo ad una parabola della globalizzazione. Molto prima della Coppa, il Brasile – che una volta era una leggendaria superpotenza calcistica – è stato ridotto, a forza di cerchi concentrici di mala gestione, ad un ruolo secondario di esportatore di beni (calciatori di talento). Non c’è stata alcuna prospettiva di investimento sul futuro, tutto ciò che importava era trarre profitto dai diritti Tv assecondando il racket dei media.La Germania, d’altra parte, da quando è stata sconfitta in finale nel 2002 (dal Brasile) ha investito in una fitta rete di scuole calcio, parte di un sistema nazionale per allevare talenti, educarli e preparare allo stesso tempo anche gli allenatori. Tre ore prima dell’inizio dell’umiliazione dell’1-7 mi è stato chiesto dal mio barbiere cosa pensassi del risultato della partita. Ho risposto: «Germania 4-0». Tutti erano allibiti. Ho volato dall’Asia e poi dall’Europa per seguire la Coppa del Mondo in Brasile come se stessi facendo servizi di guerra, ciò che avevo sospettato fin dall’inizio si stava confermando come uno psicodramma in procinto di essere svelato. Tutti i segnali portavano ad una cricca di giovani milionari brasiliani psicologicamente instabili pronti ad implodere in maniera spettacolare – come avevano minacciato di fare prima contro il Cile e poi contro la Colombia. È successo nel lasso di soli 6 minuti quando la Germania ha fatto 4 gol – e al 29° i tedeschi stavano già vincendo 5-0. Sorpresa? Non proprio.Il Brasile ha smesso di giocare il jogo bonito molto tempo fa, dopo la fantastica nazionale del 1970 e poi la miglior nazionale che non abbia mai vinto nulla nel 1982. Dagli anni ’90 il Brasile come case del jogo bonito era solo un’altra leggenda – un elaborato trucco di marketing (con la complicità della Nike). I Brasiliani si sono presi in giro da soli fino in fondo, avvolti in un economico brand di nazionalismo che recitava “Noi siamo i campioni”.Finchè l’arroganza non ha prevalso. È toccato alla Germania ricordare quale fosse il vero jogo bonito, con i loro passaggi strabilianti, le conclusioni infallibili e triangoli di passaggio degni dei Chicago Bulls al loro apice. La nazionale brasiliana si è trasformata in un nervoso rottame principalmente per motivi tecnico/tattici: era una squadra senza centrocampo che giocava contro il miglior centrocampo del pianeta. Incolpate chi li guidava, la federazione calcistica brasiliana e la “commissione tecnica” che ha nominato: una modesta cricca arrogante, ignorante e senza talento, che rispecchiava perfettamente l’arroganza e l’ignoranza delle élite politico-economiche brasiliane, antiche e moderne.La polizia brasiliana, abbastanza ironicamente, ha smantellato un mercato nero di biglietti Fifa a Rio (nemmeno Scotland Yard ce l’aveva fatta), si è però persa un altro racket – uno spin-off in atto nei corridoi dei palazzi del calcio brasiliani. La commissione tecnica, nella sua conferenza stampa post-traumatica, lo stesso giorno che Argentina e Olanda hanno giocato come i bambini grandi per 120 interminabili minuti, terminati 0-0 (e poi risolti ai rigori), mi ha ricordato il Pentagono che scaricava Abu Ghraib: «Ah, è stato solo un bizzarro errore». No, non lo è stato. I brasiliani codardi al timone non hanno avuto lo stomaco di ammettere che il “blackout” è stato sistemico. Ci saranno ripercussioni politiche senza fine a questo 1-7. Va ben oltre la massa di ricchi brasiliani (bianchi) che si potevano permettere di comprare i biglietti Fifa mentre criticano le spese della presidente Rousseff per il welfare.Di sicuro va a braccetto con i mirabolanti profitti che la Fifa trae dalla sua festicciola personale (4 miliardi di dollari, esentasse), forniti della autorità locali, così come ha a che fare con il salatissimo conto finale (13,6 miliardi di dollari). Paragoniamo ai minuscoli investimenti in educazione, pubblici servizi, “mobilità urbana”, strutture fatiscenti – mentre una corruzione endemica spadroneggia. La più grande umiliazione sportiva mondiale a memoria d’uomo è direttamente connessa all’ignoranza ed arroganza delle élite brasiliane (e al loro sentirsi in diritto di fare ciò che vogliono). Al contempo, non si può aspirare a diventare una superpotenza dei Brics mentre la tua identità nazionale è basata su uno sport – il calcio – svilito da un manipolo di truffatori.Gli dei del calcio hanno misericordiosamente dichiarato superato lo psicodramma di 200 milioni di persone. Mi spiace ancora molto per gli sconfitti – la stragrande maggioranza di tifosi tra questi 200 milioni: gente onesta e lavoratrice per la quale il calcio è un sollievo dalle proprie lotte quotidiane. Sono stati presi in giro e sono state loro costantemente propinate solo menzogne. Il Brasile godrà ancora del beneficio di avere molto soft power in giro per il mondo, ma deve affrontare i problemi di corruzione ed inefficienza. Se il calcio deve rimanere l’unico collante dell’aspirante superpotenza, meglio metterci la testa sopra, capire il perchè l’umiliazione è avvenuta, liberarsi di tutti i fannulloni, mostrare un po’ di umiltà e lavorare duro. Imparare dal modello sportivo tedesco – uno che di certo non ha a che fare con l’austerità dell’Ue. Per poi tornare in paradiso.(Pepe Escobar, “La caduta di una superpotenza”, da “Asia Times” del 10 luglio 2014, ripreso da “Come Don Chisciotte”. Prestigioso giornalista internazionale, Escobar è autore di “Globalistan, how the Globalized World is dissolving into liquid war”, “Red Zone Blues, a snapshot of Baghdad during the surge” e “Obama does Globalistan”).Lo so, Israele che bombarda civili a Gaza, Kiev che bombarda civili nell’Ucraina dell’Est, il Califfo fuori controllo in Medio Oriente, l’Impero del Caos che gioca a fare il prestigiatore. Ma prima vorrei parlare di qualcosa a cuore aperto. Ho conservato questa foto (vedi più sotto) per il momento più opportuno, che è arrivato. Vi presento un tipico paradiso tropicale – Santo Andre a Bahia, vicino a dove il Brasile è stato “scoperto” dai portoghesi nel 1500. Il campo di allenamento della nazionale tedesca è dietro a quegli alberi sulla sinistra. Io ero lì all’inizio della Coppa del Mondo, la mia meravigliosa ospite Anna Mariani è proprietaria di una stupenda casa sulla spiaggia proprio lì accanto. Il campo tedesco – in realtà un condominio sulla spiaggia – è stato isolato e customizzato a perfezione. I giocatori hanno potuto interagire con i villaggi vicini, visitato una scuola locale, fraternizzato con gli indiani Pataxo, fatto camminate mattutine sulla spiaggia.
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Mosul, dalla Siria con furore: l’Isil-Cia e il fantasma Blair
Tony Blair, il Fantasma dell’Opera – una tragedia infinita chiamata Medio Oriente. Per Pepe Escobar, il Fantasma è tornato, ispirando la guerriglia in Iraq. Il fatto che Blair «continui a gironzolare con la sua sequela di intricate menzogne, invece di starsene a marcire in qualche hotel di lusso», secondo il giornalista di “Asia Times” «ci sbatte in faccia tutto ciò che dobbiamo sapere circa le cosiddette “élite” occidentali, delle quali è un fedele, e ragguardevolmente ricompensato, servo». Tutto, nella regione, è precipitato con l’operazione “shock and awe”, la guerra del 2003 per uccidere Saddam Hussein sulla base di invenzioni (le armi di distruzioni di massa, inesistenti). Guerra promossa da Blair insieme a “Dubya” Bush. «Il Fantasma aveva sempre desiderato che l’amministrazione Obama bombardasse la Siria, così come aveva spinto affinchè “Dubya” distruggesse l’Iraq». La logica del Fantasma, continua Escobar, non aveva previsto che lo stesso Isil creato a Damasco (Stato Islamico dell’Islam e del Levante) ora si sarebbe spinto verso Baghdad.Proprio l’influente Blair, lo statista più amato da Renzi, continua a elargire lo stesso sanguinoso regalo, «la Guerra al Terrore, eternamente riciclata e riconfezionata, della quale il Fantasma è stato il primo sostenitore, che si tira dietro l’ultima moda Usa che bolla l’Isil come la personificazione di un nuovo 11 Settembre». Dato che Blair «sperava in Damasco come ripetizione del 2003 di Baghdad», se la logica dei bombardamenti avesse avuto la meglio in Siria, oggi Aleppo sarebbe una replica di Mosul, continua Escobar in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. «Più ci si addentra, più il Fantasma sembra l’erede degli – altrettanto spiazzati – comandanti britannici nell’Afghanistan degli anni ’90». Escobar ricorda le involontarie conseguenze dei bombardamenti Usa del 2001 in Afghanistan, con Hazaras (sciiti afghani) fianco a fianco con gli iraniani, insieme all’esercito siriano di Bashar al Assad, contro i “ribelli” siriani «sostenuti dal Fantasma». Nemmeno Peter Mandelson, “signore dell’oscurità”, e mente politica del “New Labour” di Blair, «avrebbe potuto giustificare una cosa del genere».In ogni caso, prosegue Escobar, «il Fantasma è sempre stato convinto della “malvagità” dell’Iran, “avvertendo” costantemente che Teheran era sul punto di assemblare un’arma nucleare (vecchie abitudini – come per la sindrome di Saddam – dure a morire)». Stupito come Dick Cheney, il vecchio Blair, quando Washington e Teheran erano sul punto di discutere a Vienna una sorta di fronte comune per combattere l’Isil in Iraq e addirittura “super-falchi” come il senatore repubblicano Lindsey Graham affermare le impensabili parole «avremo probabilmente bisogno dell’aiuto [dell’Iran] per tenere Baghdad». Secondo Escobar, nonostante la pericolosità di Blair «non c’è alcuna strategia di fondo, nessun piano anglo-statunitense a lungo termine di politica estera in quello che il Pentagono chiama ancora “arco di instabilità”». O con noi o con i terroristi, era il motto di Bush. Peccato che in Libia e in Siria l’Occidente era schierato proprio coi terroristi islamici, secondo la filosofia del “divite et impera”.Washington, continua Escobar, ha ammesso di star inviando “assistenza” letale ai ribelli “moderati” in Siria (come, in teoria, i sicari del Fronte Islamico, non l’Isil o Jabhat al Nusra), «come se gli asset holliwoodiani della Cia non sapessero che queste armi saranno sicuramente vendute ai jihadisti più estremi – o rubate da loro». L’Isil nel deserto senza confini tra Siria e Iraq è già un proto-califfato. Armare i cosiddetti “moderati”? «Non ci sono “moderati”, come non c’erano Talebani “moderati”». Lo scenario sarà quindi ulteriormente destabilizzato: «Delle vittime fanno parte i curdi in Siria, Iraq, Turchia e Iran, i turkmeni in Iraq (come sta già avvenendo questa settimana) e ovviamente i cristiani in ogni nazione (come è già successo in Siria)». Il Fantasma? «Ora sta pregando gli Stati Uniti per un “intervento” in Iraq: prima li affami, poi li bombardi fino a una devastazione che chiamerai “democrazia” e li occupi, poi infesti il tutto di jihadisti, che poi scacci, poi gli jihadisti scatenano l’inferno (425 milioni di dollari rubati da una cassaforte governativa a Mosul, oltre a un sacco di soldi presi ai Wahabiti del Golfo per comparsi tutte quelle Toyota e quegli Rpg), poi li rioccupi lentamente. Questo è il regalo che continua ad essere distribuito».Altro scialo di retorica bugiarda, diffusa da Blair e dai neocon statunitensi: l’Isil «una minaccia per la sicurezza dell’Occidente», parole di Kerry. Ridicolo: «E’ uno scherzo enorme quanto la massa di satelliti incapaci di tracciare una colonna di Toyota bianche che avanzano nel bel mezzo del deserto iracheno – dirette verso la distruzione di quattro divisioni dell’esercito. Le hanno viste, le hanno seguite e hanno fatto finta di nulla, come insegna il libro degli schemi dell’impero del caos. Perchè non spingere il “divide et impera” tra sunniti e sciiti? Lasciamoli mangiare i cadaveri – e uccidersi tra di loro, come nella guerra pluriennale tra Iran e Iraq». La spinta dell’Isil è un remix della guerra civile tra sunniti e sciiti nel 2006 e 2007, i cui effetti, prima dell’invasione Usa, Escobar ha documentato nel reportage “Red Zone Blues”. «Il Fantasma, tuttavia, ha ottenuto ciò che voleva; l’Iraq è a pezzi, irrimediabilmente frammentato», e i curdi hanno preso il controllo del petrolio di Kirkuk.Conclude Escobar: «Il “medio oriente” – di fatto il sudest asiatico – è una finzione occidentale imposta dal potere coloniale alle popolazioni locali. Quello che il Pentagono descrive fin dagli anni 2000 come l’“arco di instabilità” è un sistema anarchico che si autoalimenta, con alcuni scampoli di “pace” rappresentati dalle petro-monarchie meglio conosciute come Consigli di Cooperazione del Golfo (dopotutto abbiamo bisogno del “nostro” petrolio). A seguire c’è il lento e inevitabile processo di integrazione eurasiatico, lungo la miriade di nuove vie della seta che fanno riferimento alla Cina. Questa è una maledizione per l’impero del caos e i suoi leccapiedi, per cui il sudest asiatico in perenne caos è più che apprezzato». E dato che c’è sempre di mezzo anche il Fantasma di Tony Blair, «l’arrogante ectoplasma», aspettiamoci pure un bell’aumento dei carburanti da aggiungere «a questo mescolone occidentale già abbastanza delirante».Tony Blair, il Fantasma dell’Opera – una tragedia infinita chiamata Medio Oriente. Per Pepe Escobar, il Fantasma è tornato, ispirando la guerriglia in Iraq. Il fatto che Blair «continui a gironzolare con la sua sequela di intricate menzogne, invece di starsene a marcire in qualche hotel di lusso», secondo il giornalista di “Asia Times” «ci sbatte in faccia tutto ciò che dobbiamo sapere circa le cosiddette “élite” occidentali, delle quali è un fedele, e ragguardevolmente ricompensato, servo». Tutto, nella regione, è precipitato con l’operazione “shock and awe”, la guerra del 2003 per uccidere Saddam Hussein sulla base di invenzioni (le armi di distruzioni di massa, inesistenti). Guerra promossa da Blair insieme a “Dubya” Bush. «Il Fantasma aveva sempre desiderato che l’amministrazione Obama bombardasse la Siria, così come aveva spinto affinchè “Dubya” distruggesse l’Iraq». La logica del Fantasma, continua Escobar, non aveva previsto che lo stesso Isil creato a Damasco (Stato Islamico dell’Islam e del Levante) ora si sarebbe spinto verso Baghdad.
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Pilger: quella che sta iniziando si chiama guerra mondiale
Perchè tolleriamo di minacciare un’altra guerra mondiale in nostro nome? Perchè permettiamo menzogne che giustifichino questo rischio? La portata del nostro indottrinamento, scrisse Harold Pinter, è un «brillante, persino arguto, atto di ipnosi di immenso successo», come se la verità «non fosse mai accaduta nemmeno mentre stava accadendo». Ogni anno lo storico statunitense William Blum pubblica il suo “Riassunto aggiornato della politica estera degli Usa”, il quale mostra come, dal 1945, essi abbiano provato a sollevare più di 50 governi, molti dei quali democraticamente eletti, abbiano massicciamente interferito nelle elezioni di 30 paesi, abbiano bombardato la popolazione civile di 30 nazioni, abbiano fatto uso di armi chimiche e biologiche e abbiano attentato alla vita di leader stranieri.In molti casi il Regno Unito ne è stato complice. Il grado di sofferenza umana causato, per non parlare dei crimini perpetrati, è ben poco conosciuto in Occidente, malgrado la presenza del sistema di comunicazioni più avanzato del mondo e del giornalismo nominalmente più libero. Il fatto che la maggior parte delle vittime del terrorismo – il “nostro” terrorismo – sia musulmana non può essere detto. L’informazione che il jihadismo estremo, che portò all’11 Settembre, era stato coltivato come arma dalla politica anglostatunitense (“operazione ciclone” in Afghanistan) è stata soppressa. In aprile, il Dipartimento di Stato Usa ha reso noto che, in seguito alla campagna della Nato del 2011, «la Libia è divenuta un rifugio per terroristi».Il nome del “nostro” nemico è cambiato nel corso degli anni, dal comunismo all’Islam, ma generalmente esso è incarnato da qualsiasi società indipendente dall’egemonia dell’Occidente che occupi un territorio strategicamente utile o disponga di abbondanti risorse naturali. I leader di queste nazioni scomode vengono generalmente deposti con la violenza, come i democratici Muhammad Mossedeq in Iran e Salvador Allende in Cile, o uccisi come Patrice Lumumba in Congo. Tutti loro vengono sottoposti a campagne denigratorie dai media occidentali – pensiamo a Fidel Castro, Hugo Chavez e ora Vladimir Putin. Il ruolo di Washington in Ucraina differisce solo per le sue implicazioni nei nostri confronti. Per la prima volta dalla presidenza Reagan, gli Stati Uniti stanno minacciando di ricondurre il mondo in guerra. L’Europa dell’est e i Balcani sono avamposti della Nato e l’ultimo “Stato cuscinetto” al confine con la Russia viene fatto a pezzi.Noi occidentiali stiamo sostenendo dei neonazisti nel paese in cui i nazisti ucraini sostennero Hitler. Dopo aver architettato il colpo di Stato di febbraio contro il governo democraticamente eletto a Kiev, il piano di Washington per la conquista della storica e legittima base navale Russa in Crimea è fallito. I russi si sono difesi, come hanno fatto per oltre un secolo di fronte ad ogni minaccia e invasione da parte dell’Occidente, ma l’accerchiamento da parte della Nato ha avuto un’accelerazione, insieme agli attacchi orchestrati dagli Stati Uniti contro gli ucraini di etnia russa. Se Putin venisse provato ad accorrere in loro aiuto, il suo ruolo di paria predestinato giustificherebbe la Nato ad intraprendere una guerriglia che potrebbe trasferirsi all’interno dello stesso territorio russo.Putin ha invece frustrato il partito della guerra cercando una distensione con Washington e l’Ue, ritirando le truppe russe dal confine e invitando gli ucraini di etnia russa a non partecipare ai provocatori referendum nelle regioni dell’Est. Questa parte di popolazione russofona e bilingue – un terzo del totale – aspira da tempo a una federazione democratica che rispecchi le differenze etniche del paese e che sia al contempo autonoma e indipendente da Mosca. Molti di loro non sono né separatisti né ribelli, ma cittadini che vogliono vivere sicuri nella loro patria.Come le rovine di Iraq e Afghanistan, l’Ucraina è stata ridotta a un parco divertimenti della Cia – diretto dal direttore della Cia John Brennan a Kiev, assieme ad “unità speciali” che sovrintendano ad attacchi selvaggi su coloro i quali si oppongono al golpe di febbraio. Guardate i video, leggete le denunce dei testimoni oculari del massacro di Odessa di questo mese. Squadre di criminali fascisti hanno bruciato la sede dell’unione del commercio, uccidendo le 41 persone intrappolate al suo interno. Guardate la polizia starsene a guardare. Un dottore ha raccontato di aver tentato di salvare alcune persone, «ma sono stato fermato dai sostenitori dei nazi. Uno di loro mi ha spinto via rudemente, promettendomi che presto io e gli altri ebrei di Odessa avremmo avuto la medesima sorte… mi chiedo perchè il mondo intero se ne stia in silenzio».Gli ucraini russofoni stanno lottando per la loro sopravvivenza. Quando Putin ha annunciato il ritiro delle truppe russe dal confine, il segretario della difesa della giunta di Kiev – un membro fondatore del partito fascista Svoboda – ha rincarato dicendo che gli attacchi contro “i ribelli” sarebbero proseguiti. In perfetto stile orwelliano, la propaganda in Occidente ha ribaltato il tutto in “Mosca cerca di fomentare il conflitto e la provocazione”, secondo il segretario degli Esteri britannico William Hague. Il suo cinismo fa da pari con i grotteschi complimenti di Obama alla giunta per la sua «notevole compostezza» nel seguire il massacro di Odessa. Benchè sia fascista e illegale, la giunta è descritta da quest’ultimo come «propriamente eletta». Ciò che conta non è la verità, ha detto una volta Henry Kissinger, ma ciò che è percepito essere vero.Nei media statunitensi, le atrocità di Odessa sono state presentate come «confuse» e «una tragedia» in cui i «nazionalisti» (neonazisti) hanno attaccato i «separatisti» (persone che raccoglievano firme per un referendum a sostegno della Federazione Ucraina). Il “Wall Street Journal” di Rupert Murdoch ha condannato le vittime: “La sparatoria è stata probabilmente innescata dai ribelli ucraini, dice il governo”. La propaganda in Germania è stata guerra fredda allo stato puro, con il “Frankfurter Allgemeine Zeitung” che avvertiva i suoi lettori della “guerra ancora non dichiarata dalla Russia”. Per i tedeschi è una fantastica ironia che Putin sia l’unico leader a condannare l’ascesa del fascismo nell’Europa del 21° secolo.Una popolare banalità è che “il mondo sia cambiato dopo l’11 Settembre”, ma cosa è veramente cambiato? Secondo il grande informatore Daniel Ellsberg, un golpe silenzioso è già avvenuto a Washington e ora a governare è un militarismo rampante. Il Pentagono ultimamente svolge “operazioni speciali” – guerre segrete – in 124 paesi. In patria, una povertà crescente e una morente libertà sono il corollario ad uno stato di guerra perpetua. Aggiungiamo il rischio di una guerra nucleare e la domanda è: perchè tolleriamo tutto ciò?(John Pilger, “Rompere il silenzio, la guerra mondiale sta iniziando”, da “Asia Times” del 14 maggio 2014, ripreso da “Come Don Chisciotte”).Perchè tolleriamo di minacciare un’altra guerra mondiale in nostro nome? Perchè permettiamo menzogne che giustifichino questo rischio? La portata del nostro indottrinamento, scrisse Harold Pinter, è un «brillante, persino arguto, atto di ipnosi di immenso successo», come se la verità «non fosse mai accaduta nemmeno mentre stava accadendo». Ogni anno lo storico statunitense William Blum pubblica il suo “Riassunto aggiornato della politica estera degli Usa”, il quale mostra come, dal 1945, essi abbiano provato a sollevare più di 50 governi, molti dei quali democraticamente eletti, abbiano massicciamente interferito nelle elezioni di 30 paesi, abbiano bombardato la popolazione civile di 30 nazioni, abbiano fatto uso di armi chimiche e biologiche e abbiano attentato alla vita di leader stranieri.
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Macelleria-Siria, la strana alleanza tra Israele e Jihad
La Reuters ha faticato parecchio prima di poter pubblicare che qualche mese fa il presidente americano Barack Obama aveva approvato una “intelligence” dalla quale risulta che la Cia, Central Intelligence Agency, doveva dare un appoggio ai “ribelli” armati, che si battono per un cambiamento di regime in Siria e che ora questo sostegno deve essere tolto. A questo punto anche i più sperduti pescatori delle isole Figi già saranno a conoscenza di questo “segreto” (per non tornare a ripetere che in tutta l’America Latina si conosce una cosetta o due su come la Cia si sappia destreggiare nel rovesciare un regime). La Reuters descrive con cautela questo sostegno, come «circoscritto». Ma questo è, ovviamente, il codice per “proteggersi le spalle”. Infatti ogni volta che la Cia vuole abbandonare qualche progetto si serve della stampa e di qualche scriba fedele, come David Ignatius del “Washington Post”.
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Attenti, la guerra con l’Iran è già cominciata: in Siria
Misteriosi gruppi armati sparano sulla polizia, che risponde al fuoco e fa i primi morti, subito elevati al rango di “martiri”. E’ l’inizio della “narrazione del genocidio”, modello Libia. In pochi mesi, il governo è isolato dal resto del mondo e costretto a rincorrere l’emergenza. Ma il resto del mondo non sta a guardare: si affretta anzi ad ammassare uomini e mezzi alla frontiera, preparando un “corridoio umanitario” da cui gli “insorti” scateneranno l’offensiva finale. Si scrive Siria, ma si legge Iran: la caduta di Damasco, pianificata a tavolino dagli Usa, provocherà il crollo di Hezbollah in Libano e il totale isolamento di Teheran, vero obiettivo della prossima guerra americana che il presidente Barack Obama sta costruendo giorno per giorno.
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“Ribelli” di Bengasi in Siria per la prossima guerra Nato
Sta arrivando una guerra ancora più sporca di quella appena conclusa in Libia per rovesciare Gheddafi col pretesto umanitario. Nuovo obiettivo: Damasco, anticamera di Teheran. “Libia 2.0” uguale Siria? No, peggio: «E’ più “Libia 2.0 remix”», col solito alibi “R2p”, cioè “responsabilità di proteggere”, ovvero «i civili bombardati fino alla democrazia», ma stavolta senza neppure la copertura dell’Onu, perché Russia e Cina opporranno il veto. E mentre anche la Turchia soffia sul fuoco, Hillary Clinton scalda i reattori degli F-16: alla televisione indonesiana ha appena annunciato che in Siria sta per scatenarsi «una guerra civile», ben finanziata e «ben armata» da un’opposizione zeppa di disertori, ma non solo: il nuovo regime di Tripoli ha inviato al confine siriano 600 miliziani, reduci della “rivoluzione” contro Gheddafi.
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Pakistan, ucciso reporter: svelò i rapporti tra 007 e Al Qaeda
Ucciso dagli 007 del Pakistan per aver ipotizzato legami tra l’intelligence di Islamabad e Al-Qaeda? Si chiude tragicamente la vicenda del giornalista Syed Saleem Shahzad, corrispondente per media italiani, scomparso nella capitale pachistana il 29 maggio: il suo cadavere è stato ritrovato, con segni di tortura, nei pressi della sua auto a 150 chilometri dalla città. “Human Rights Watch” punta il dito contro l’Isi, il servizio segreto militare per Pakistan, addestrato dalla Cia: «Solo loro avrebbero potuto sequestrare un giornalista nella capitale e farlo sparire senza lasciare tracce: e Shahzad era minacciato proprio dall’Isi». Il sospetto: aveva indagato sulle “relazioni pericolose” tra gli 007 e i Talebani, in passato al centro di inquietanti interrogativi anche su attentati ufficialmente attribuiti ad Al Qaeda.
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Droga, bugie e petrolio: il Vietnam afghano di Obama
Gli Stati Uniti si trovano nel mezzo della più grave crisi occupazionale dai tempi della Grande Depressione, e il presidente Barack Obama sta seguendo le orme di George W. Bush dispensando trilioni di dollari a poche grandi banche. I contribuenti americani non hanno avuto nulla. E adesso si prendono la ciliegina sulla torta, con Obama che intensifica la sua guerra in Afghanistan. Un Vietnam in versione “lite”, con una provvisoria data di scadenza, luglio 2011, per l’inizio di un ritiro.
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Afghanistan, l’America si arrende ai brogli di Karzai
Otto anni di guerra, 250 miliardi di dollari e centinaia di caduti. Malgrado ciò, gli Usa si arrendono ai brogli coi quali Hamid Karzai ha vinto le elezioni-farsa che lo hanno confermato presidente. Il 1° novembre la proclamazione, dopo il ritiro dello sfidante Abullah dal ballottaggio, imposto dall’Onu. Un presidente zoppo, scaricato da Obama, chiacchierato per i legami coi signori della guerra e della droga. E’ quanto propone oggi la “democrazia” esportata con le armi in Afghanistan da George W. Bush, l’uomo che voleva distruggere Al-Qaeda e sconfiggere i Talebani, tuttora padroni incontrastati di gran parte del paese.
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Russia e Iran, nuovi signori dell’energia mondiale
Russia, Iran e Venezuela oggi possiedono le chiavi energetiche del mondo. Quanto basta per spingere le grandi potenze emergenti, Cina e India, sempre più lontano dall’orbita Usa. Così si spiegano le grandi manovre in corso sullo scacchiere internazionale, il “grande gioco” più che mai in corso, dal Mar Nero al Mar Caspio, fino all’Afghanistan. Questa l’analisi di Pepe Escobar, pubblicata su “Asia Times”. «Un Iran nucleare – spiega – metterebbe inevitabilmente il turbo al nuovo emergente mondo multipolare. L’Iran e la Russia stanno di fatto mostrando alla Cina e all’India che non è saggio fare affidamento sulla potenza degli Stati Uniti per controllare il petrolio del Medio Oriente arabo».