Archivio del Tag ‘Commissione Europea’
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Bizzi: Conte cede sui segreti-Covid dopo la strage a Beirut
Svolta clamorosa nel caso del segreto di Stato posto dal governo sulle relazioni del Comitato Tecnico-Scientifico sull’epidemia da coronavirus: Palazzo Chigi ha infatti appena comunicato alla Fondazione Einaudi, che si era fatta carico della battaglia legale per rendere pubblico il contenuto della documentazione, la desecretazione dei dossier. Dopo il gravissimo e criminale attacco con droni e missile con testata termobarica su Beirut, scrive Nicola Bizzi sulla sua pagina Facebook il 5 agosto, ecco «un’interessante “svolta” nella giunta golpista italiota: questa mattina Conte afferma “Mai più lockdown”, Speranza nega la volontà del governo di imporre l’obbligo vaccinale e, ciliegina sulla torta, domani verranno desecretati i famigerati verbali del sedicente Comitato Tecnico-Scientifico. E, dalla Germania, un sospetto silenzio: nessuna nuova sentenza della Corte Costituzionale, che oggi doveva esprimersi su una decisione storica sulla sopravvivenza dell’euro. Si stanno rimescolando le carte sul tavolo molto velocemente». Quanto all’attentato in Libano, Bizzi – storico e editore di Aurora Boreale – ha le idee chiare: «L’attacco era stato annunciato cinque giorni fa dal ministro della difesa israeliano ed è stato ufficialmente rivendicato oggi per ben due volte da Netanyahu». Sincronicità: Israele, la Germania, Conte e il Covid. Tutto si tiene?Il Tar, ricorda il “Tempo”, aveva ordinato al governo di pubblicare tutti i dossier segreti, in base ai quali era stato deciso il lockdown all”italiana (severissimo, ma scattato in ritardo e deciso sulla base di dati controversi). La presidenza del Consiglio, però, aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato per bloccare tutto, adducendo motivi di ordine pubblico. Il 5 agosto, poi, si è appreso che il Copasir aveva chiesto al governo di visionare le carte, mentre al Senato era andato in scena un pesantissimo intervento del capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo, che ha chiesto a muso duro cosa avesse da nascondere il governo. A dare l’annuncio della svolta è stata, attraverso Twitter, la stessa Fondazione Einaudi: «Pochi minuti fa – ha cinguettato alle 21.45 – i nostri avvocati Rocco Todero, Andrea Pruitic ed Enzo Palumbo hanno hanno ricevuto la comunicazione da parte del governo della desecretazione dei verbali del Cts. Ringraziamo per la sensibilità dimostrata dalla presidenza del Consiglio». Ora, naturalmente, aumenta la curiosità per il contenuto delle carte. Curiosità che, scrive sempre il “Tempo”, dovrebbe essere soddisfatta nelle prossime ore, quando – a quanto si apprende – proprio la Fondazione Einaudi dovrebbe pubblicare tutti gli incartamenti.«Non credo che possano desecretare documenti falsi o parzialmente falsificati», scrive Bizzi, su Facebook. «Se Conte ha ceduto, significa che i documenti sono già nelle mani dei servizi. Bisogna però vedere se li renderanno noti tutti». Cosa sta succedendo? «A Bruxelles, nel covo delle vipere, iniziano a rivoltarsi contro la sceneggiata “pandemica”», sostiene Bizzi. «Per quanto l’Unione Europea sia marcia e in mano a una cricca di criminali, non è stata l’artefice di questo tentativo di golpe mondiale: anzi, ne è rimasta decisamente spiazzata, anche se nei primi mesi ha sostenuto la cosa». Adesso, aggiunge Bizzi, i burocrati della Commissione Europea (dietro i quali agiscono «organizzazioni sovranazionali molto potenti, ma che perseguono fini diversi da quelli che hanno scatenato e inscenato la “pandemia”») temono il collasso dell’Unione e la fine dell’euro. «Stanno quindi facendo pressione sugli Stati membri per l’uscita da ogni “emergenza”: hanno infatti impedito il tentativo di un nuovo lockdown in Catalogna e stanno facendo emergere (seppur gradualmente e con cautela) le prove dell’inganno».Per Bizzi, si tratta di una guerra nelle alte sfere: «L’Italia era stata scelta come nazione-pilota per questo golpe mondiale, ed è per questo che la sceneggiata, qui, fino ad oggi ha retto molto più che in altri paesi. Mi auguro che adesso gli cada tutto addosso», conclude lo storico, secondo cui «tutto è talmente evidente, che chi non ci arriva ha gli occhi foderati di prosciutto». Il riferimento alla Suprema Corte tedesca è evidente: l’élite ordoliberista della Germania aveva ispirato la sentenza in cui, mesi fa, i giudici chiedevano al Parlamento di Berlino di opporsi alla Bce, impedendo a Christine Lagarde di assistere finanziariamente i paesi più in difficoltà dopo il lockdown (uno su tutti, l’Italia). Ora la stessa Germania, letteralmente travolta dalle proteste – un milione di manifestanti, a Berlino, contro un eventuale nuovo lockdown – frena anche sulle sanzioni all’Italia? E’ singolare, annota Bizzi, che sul segreto di Stato il governo Conte faccia retromarcia nel giro di poche ore, dopo lo spaventoso attentato di Beirut, in apparenza lontano: come se si cominciasse a prendere le distanze dai metodi della “regia occulta” dei grandi eventi, nel caso esistesse un collegamento tra i sovragestori del virus e quelli del terrorismo stragista.Non va dimenticato che proprio Israele – che a gennaio festeggiò l’omicidio a Baghdad del generale iraniano Qasem Soleimani, eroe della lotta contro l’Isis in Siria – è stato accusato da più parti di aver segretamente sostenuto le armate di tagliagole capeggiate da Abu Bakr Al-Baghdadi, poi bombardate da Putin con il consenso di Trump. Cessata l’emergenza Isis, è scattato l’allarme coronavirus, che ha letteralmente travolto l’Italia, prona ai diktat dell’Oms esercitati dagli alti burocrati inseriti nel governo Conte. La Casa Bianca ha reagito prima negando il proprio contributo economico all’Organizzazione Mondiale della Sanità, dominata dalla Cina e largamente finanziata da Bill Gates, e poi addirittura ritirando gli Stati Uniti dall’organizzazione sanitaria delle Nazioni Unite. Due gli scenari sotto osservazione: l’Italia beffata dal Recovery Fund e costretta a un autunno di crisi senza precedenti, a causa del perdurante rigore Ue, e dall’altra parte dell’Atlantico la corsa per le presidenziali americane, con Trump avverso al “partito del rigore sotto forma di coronavirus”. La lettura di Bizzi – l’Europa ora evita di dare il colpo di grazia all’Italia, dopo l’attentato a Beirut (e Conte ne trae le conseguenze, smentendo la sua linea di intransigenza sul segreto di Stato) – suggerisce che tutti questi eventi siano collegati tra loro, e che sia in atto una guerra tra due schieramenti: quello democratico starebbe “rimontando” su quello dittatoriale, che finora ha imbrigliato l’Italia sprofondandola nella paura e nel disastro economico.Svolta clamorosa nel caso del segreto di Stato posto dal governo sulle relazioni del Comitato Tecnico-Scientifico sull’epidemia da coronavirus: Palazzo Chigi ha infatti appena comunicato alla Fondazione Einaudi, che si era fatta carico della battaglia legale per rendere pubblico il contenuto della documentazione, la desecretazione dei dossier. Dopo il gravissimo e criminale attacco con droni e missile con testata termobarica su Beirut, scrive Nicola Bizzi sulla sua pagina Facebook il 5 agosto, ecco «un’interessante “svolta” nella giunta golpista italiota: questa mattina Conte afferma “Mai più lockdown”, Speranza nega la volontà del governo di imporre l’obbligo vaccinale e, ciliegina sulla torta, domani verranno desecretati i famigerati verbali del sedicente Comitato Tecnico-Scientifico. E, dalla Germania, un sospetto silenzio: nessuna nuova sentenza della Corte Costituzionale, che oggi doveva esprimersi su una decisione storica sulla sopravvivenza dell’euro. Si stanno rimescolando le carte sul tavolo molto velocemente». Quanto all’attentato in Libano, Bizzi – storico e editore di Aurora Boreale – ha le idee chiare: «L’attacco era stato annunciato cinque giorni fa dal ministro della difesa israeliano ed è stato ufficialmente rivendicato oggi per ben due volte da Netanyahu». Sincronicità: Israele, la Germania, Conte e il Covid. Tutto si tiene?
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Casta italiana, predoni stranieri e applausi (cretini) a Conte
Avete fatto i conti, prima di applaudire Conte? Certo che no: il consenso al potere si costruisce abbindolando quelli come voi, ma qualcuno li ha fatti: gli aiuti valgono lo 0,015% del bilancio dello Stato (che è di 900 miliardi), pari allo 0,0075 del Pil (1.800). Infatti lo Stato nei prossimi anni emetterà circa 300 miliardi di titoli pubblici all’anno, perlopiù per sostituire quelle in scadenza e per il resto per l’accresciuto fabbisogno. E allora 210 miliardi in 7 anni significa 30 miliardi all’anno, cioè 1/30 del bilancio statale e 1/10 delle nuove emissioni, che pagano l’1% annuo circa di interesse. Dunque se l’Ue ci presta 30 miliardi l’anno allo 0,5%, risparmiamo di interessi 150 milioni l’anno, appunto lo 0,015 del bilancio statale, e questo è il successo di Conte. Ve le dicono queste cose, queste cifre, i giornalisti-per-cretini? Cioè quelli seri, professionisti, europeisti? L’unica via di uscita (entro questo sistema monetario basato sulla moneta-debito) è una banca centrale sottoposta allo Stato, la quale monetizzi e cancelli i debiti pubblici e privati tempestivamente, non iniziando un anno dopo. Ma bisogna avere lo Stato e la banca centrale diretta dallo Stato, come hanno Usa e Giappone, mentre la costruzione europea è la distruzione degli Stati e la privatizzazione della banca centrale.Per questo, essa è il problema, anzi la causa del problema, non la soluzione, anche con i suoi tempi biblici che lasciano moltiplicarsi i mali prima di iniziare a reagire, mentre uno Stato, e solo uno Stato, può reagire tempestivamente. Sapete, poveri allocchi, che i 210 miliardi non sono in cassa ma devono essere prima presi a prestito sui mercati? Sapete che di essi 120 sono da restituire con interessi? Sapete che arriveranno dal 2021, e in 7 rate annuali, se arriveranno? Perché tutto è condizionato all’approvazione dei piani di spesa del governo italiano da parte della Commissione Europea e di ogni singolo membro, il quale ha quindi il diritto di veto, perché si dovrà decidere all’unanimità? Sapete che cosa vorrà dire ciò? Che Francia, Germania e altri potranno ricattare l’Italia condizionando l’erogazione di ogni rata degli ‘aiuti’ a cedimenti dell’Italia a loro vantaggio: cedere interessi petroliferi in Libia, per esempio, o permettere la scalata delle imprese nazionali strategiche rinunciando a scalare quelle dei paesi forti. Grazie, Conte! Sapete che il governo italiano finora ha usato gli scostamenti di bilancio per la spesa corrente, non per gli investimenti e le riforme, e che nonostante ciò la cassa integrazione è arrivata a pochi lavoratori, e molti sono alla fame?Sapete che i tempi tra la allocazione e l’effettiva spendita non saranno brevi, dureranno probabilmente più di un anno, in media. Insomma, fra un notevole lasso di tempo si vedrà se e quanto di questi aiuti verrà ricevuto ed effettivamente impiegato e a vantaggio di chi? Voi credete di essere tra i beneficiari? Che ve ne verrà in tasca qualcosa? Sapete che le condizionalità del recovery fund obbligano a usare il fondo non per sostenere le famiglie ridotte alla fame, non per gli investimenti di cui l’Italia avrebbe bisogno (assetto idrogeologico, infrastrutture, ricerca), ma per investimenti ‘ideologici’ di scarsa o nulla capacità efficientante, se non addirittura controproducenti, quali la cosiddetta energia verde e la digitalizzazione? Converrebbe finanziarsi attraverso la Bce, a questo punto, rinunciando a quel minimo risparmio sugli interessi in cambio della libertà di spendere i soldi nel modo più conveniente. Certo è che ora i paesi frugali e quelli che, dietro di essi, si atteggiano a solidali, hanno ricevuto da Conte, illusionista e traditore politico, uno strumento pluriennale, definibile ‘guinzaglio’, con cui ricattare e dirigere la politica italiana, con cui veramente azzerare il residuo di sovranità nazionale è popolare, nell’entusiasmo del popolo bue, che non controlla i numeri.Già si anticipa che le loro richieste saranno di taglio della sanità, delle pensioni e di altre spese sociali. Tagliare le pensioni d’oro e alzare l’età pensionabile può essere ingiusto ma indispensabile, mentre giusto e indispensabile è abolire il reddito di cittadinanza. Però la minaccia è un’altra, è il vero interesse dei paesi frugali e di quelli egemoni al riguardo dell’Italia. Secondo voi, il loro interesse è quello di renderla efficiente, competitiva, forte, quindi in grado di contendere a loro fette di mercato e di trattenere le sue aziende, le sue tecnologie, i suoi capitali, oppure è l’opposto, cioè di indebitarla, indebolirla, e costringerla a cedere i suoi assets migliori tra quelli rimasti e a non fare concorrenza? La storia europea è tutta in questo secondo senso. E d’altra parte, come cercheranno di usare questi soldi i partiti di governo? Essenzialmente per comprarsi i voti necessari per le prossime elezioni politiche e, ancora prima, per le amministrative. Ne hanno per 7 anni! Ma per incassare le rate, dovranno fare i bravi europeisti e svendere l’Italia agli euro-padroni. Bravo, Conte! Hai battuto Monti!Il compromesso naturale tra questi due interessi (quello dei partners europei e quello dei partiti di governo) è che al governo italiano sia consentito di spendere a pioggia in funzione elettorale, quindi fare spesa corrente e improduttiva o a spreco, lasciando così il paese in condizione di competitività decrescente con crescente difficoltà a pagare i suoi debiti, in modo che i capitali stranieri possano fare man bassa fino all’ultimo. Inevitabilmente la maggioranza ha come priorità l’usare il denaro per comperare voti e consensi, e non il rendere efficiente il paese. E’ inevitabile, perché questo e solo questo è il modo in cui da sempre in Italia i partiti comprano e gli elettori vendono il consenso. Il consenso viene da mangiatoie elettorali di parassitismo, di dipendenti inutili o non lavoranti, di falsi invalidi, di imprese sussidiate. E’ un sistema inveterato di produzione del consenso e della legittimazione politica, che ho descritto in “Le chiavi del potere” (Aurora Boreale), che non si cambia e non si può cambiare per decreto, o nel corso di una legislatura, ancor meno in un anno, e la classe politica non può cercare di cambiarlo perché essa è il prodotto di questo sistema, è stata selezionata ed educata da esso, e non ha una cultura diversa.Neanche saprebbero da dove cominciare, per rendere efficiente il paese. E’ un problema che non si è mai posto a loro. Se si volesse rendere efficiente l’Italia e la spesa pubblica nazionale, allora bisognerebbe sostituire una casta stimata tra 400.000 (Stella e Rizzo) e 1.200.000 persone (Pannella), e lasciare senza stipendio e senza pensione milioni di persone, quasi tutte nel Meridione e a Roma, e ciò non è fattibile. La casta comprende anche la magistratura e gli alti gradi delle forze dell’ordine delle forze armate, e nessuno la sostituisce, nessuno può riformare (realmente) la giustizia o la pubblica amministrazione, perché è così come sono, che esse rendono alla casta in termini di profitto e potere. Perciò il punto di incontro tra gli interessi della partitocrazia italiana e dei predoni stranieri è praticamente predeterminato.(Marco Della Luna, “Applausi cretini per Conte”, dal blog di Della Luna del 23 luglio 2020).Avete fatto i conti, prima di applaudire Conte? Certo che no: il consenso al potere si costruisce abbindolando quelli come voi, ma qualcuno li ha fatti: gli aiuti valgono lo 0,015% del bilancio dello Stato (che è di 900 miliardi), pari allo 0,0075 del Pil (1.800). Infatti lo Stato nei prossimi anni emetterà circa 300 miliardi di titoli pubblici all’anno, perlopiù per sostituire quelle in scadenza e per il resto per l’accresciuto fabbisogno. E allora 210 miliardi in 7 anni significa 30 miliardi all’anno, cioè 1/30 del bilancio statale e 1/10 delle nuove emissioni, che pagano l’1% annuo circa di interesse. Dunque se l’Ue ci presta 30 miliardi l’anno allo 0,5%, risparmiamo di interessi 150 milioni l’anno, appunto lo 0,015 del bilancio statale, e questo è il successo di Conte. Ve le dicono queste cose, queste cifre, i giornalisti-per-cretini? Cioè quelli seri, professionisti, europeisti? L’unica via di uscita (entro questo sistema monetario basato sulla moneta-debito) è una banca centrale sottoposta allo Stato, la quale monetizzi e cancelli i debiti pubblici e privati tempestivamente, non iniziando un anno dopo. Ma bisogna avere lo Stato e la banca centrale diretta dallo Stato, come hanno Usa e Giappone, mentre la costruzione europea è la distruzione degli Stati e la privatizzazione della banca centrale.
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Recovery, cioè super-rigore: d’ora in poi ci governa Berlino
Come sarebbe andata a finire lo si poteva capire già nella notte di domenica, quando Giuseppe Conte, rivolgendosi all’olandese Mark Rutte, ha detto: «Il mio paese ha una sua dignità. C’è un limite che non va superato», aggiungendo il dubbio che «si voglia piegare il braccio a un paese perché non possa usare i fondi». In quel momento è stato inevitabile ripensare ad Alexis Tsipras, in un’altra notte di luglio, quella del 2015, che nella stessa sede (solo qualche faccia diversa) si era alzato togliendosi la giacca per porgerla alla Merkel sbottando: «A questo punto, prendetevi anche questa…». Poi, com’è noto, la Troika si precipitò rapace su Atene, assumendone il pieno controllo e dando il via al saccheggio di tutto quel che di pubblico poteva essere svenduto (porti, aeroporti, centrali, ecc), tagliato (salari, sanità e pensioni), impegnato. All’Italia di Conte è andata leggerissimamente meglio, in apparenza, visto il diverso peso economico in Europa – terza economia dell’Unione – che renderebbe il tracollo senza freni di questo Paese un detonatore devastante per tutti, più della pandemia. Ma per separare con chiarezza la realtà di quanto “concordato” dalla “narrazione” che ne viene fatta già a botta calda, sarà bene vedere i singoli punti del compromesso finale, firmato alle 5.32 del mattino, al quinto giorno di un vertice che doveva durarne due.Il “successo” della Ue sta solo nel fatto che ne sia stato firmato uno, cosa che ad un certo punto sembrava persino improbabile. Ma nessuno dei 27 leaderini spaventati e feroci poteva tornare a casa senza questo risultato. Avrebbe significato la fine di un sistema di trattati e istituzioni, sanzionato pesantemente dai “mercati” e quindi un moltiplicatore degli effetti negativi della pandemia che avrebbe alla fine travolto anche chi si sente meno esposto. Qui si consuma tutta la “vittoria” del povero Conte. Alla fine viene confermata la cifra di 750 miliardi complessivi, 390 dei quali in “trasferimenti” (dovevano essere 500, definiti impropriamente “a fondo perduto”) e 360 in normali prestiti (e relativo aumento del debito pubblico). Per l’Italia, viene detto con grande enfasi su tutti i canali, c’è addirittura una cifra superiore alle attese, almeno sul piano astratto: 209 miliardi, invece degli originari 170, anche se con una ripartizione parecchio diversa tra trasferimenti (grants, 81 miliardi) e prestiti (loans, 127). La differenza è quasi 38 miliardi, ossia quelli ottenibili con il famigerato Mes, ma con condizioni pressoché identiche, se non anche peggiori (lo sapremo da un esame più dettagliato).Da dove vengono fuori questi soldi, lo abbiamo spiegato molte volte e dunque non ci dilunghiamo nei dettagli. Vengono reperiti sui mercati tramite “titoli europei”, garantiti dai singoli Stati pro quota, in percentuale sul Pil. In questo senso, si tratta di una “condivisione del debito” una tantum, limitatamente a questo episodio che si vorrebbe irripetibile. Dunque neanche la parte “a fondo perduto” è fatta di “soldi regalati”. Anzi, si tratta di “soldi nostri” che possono essere spesi solo col permesso altrui e secondo “direttive” che, come quasi sempre, ci massacrano come popolazione. Ogni paese dovrà versare la sua parte – sotto forma di interessi sul debito comune, e il normale rimborso a scadenza dei titoli, quindi nel futuro più o meno lontano – e ricevere una percentuale leggermente diversa a seconda della gravità dei danni ricevuti dalla pandemia. Su questa parte, dicevamo altrove, va fatto il calcolo del dare e dell’avere, e vedere se c’è una differenza positiva oppure no. Non c’è, già secondo il meccanismo originariamente proposto da Merkel, Macron e von der Leyen. Vedremo il quanto non appena avremo fatto i calcoli con la versione appena firmata. Il vero cuore del lunghissimo conflitto è stato su questo punto, in tutta evidenza politico.Nessuno contestava la necessità di un “intervento straordinario”, visto che tutti i paesi sono stati duramente colpiti dalla crisi. Ma tutti capivano che questa era una straordinaria occasione per riscrivere le gerarchie dei poteri fra i 27 e dentro le istituzioni comunitarie, stabilendo con chiarezza definitiva chi comanda e chi si impoverisce. Che l’Unione Europea sia soltanto un ring dove partner teorici si scambiano calci sotto la sedia, sgambetti, agguati dietro ogni angolo, per guadagnarci a scapito degli altri (in una “economia chiusa”, almeno in parte, il gioco è sempre a somma zero), lo abbiamo spiegato spesso. Ma ora si è visto con chiarezza. Per quattro lunghi giorni che hanno messo “europeisti” media mainstream in fortissimo imbarazzo. Il nocciolo dello scontro, come riferito con disarmante sconforto da ogni inviato a Bruxelles, riguardava il “potere di veto” preteso dall’olandese Mark Rutte su ogni tranche di erogazione del fondo ad ogni singolo paese (ma in primo luogo all’Italia, eletta a “sorvegliato speciale”, e non da ora).Un meccanismo folle – uno qualsiasi dei 27 avrebbe potuto bloccare tutto in ogni momento, in un infermo di veti incrociati e prevedibili ritorsioni che avrebbe significato la paralisi del Recovery Fund e della stessa Ue – che metteva in discussione le stesse istituzioni comunitarie create per questo (Commissione Europea, Eurogruppo, Mes, ecc). Su questo, non a caso, c’è stata l’ultima sospensione del vertice – intorno alla mezzanotte – per cercare un “compromesso specifico” che accontentasse chi voleva poter tirare un “fremo d’emergenza” e chi, comprensibilmente, riteneva questo “un’offesa alla dignità” del proprio paese, oltre che una stronzata sul piano istituzionale. Alla fine la posizione contraria di Conte (condivisa da Spagna, Grecia, Portogallo) è stata schiacciata senza pietà. Segno certo che dietro il gruppetto dei sedicenti “frugali” c’è la ben più potente mano tedesca, che ha usato i “nanerottoli uniti” per imbavagliare un “paese grande” senza doversi esporre più di tanto (anzi, facendo la parte del “poliziotto buono”).Vediamo il meccanismo infine approvato: quando, in autunno, ogni governo proporrà il suo “Piano nazionale di riforme”, precondizione per accedere al Recovery Fund, la Commissione deciderà entro due mesi se promuoverlo in base a quanto rispetta le indicazioni comunitarie in materia di politiche verdi, digitali e, soprattutto, delle raccomandazioni Ue 2019-2020. Per l’Italia, in particolare, si tratterà di mettere in campo le riforme di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità. A scanso di equivoci, visto che si tratta di ridurre sul lungo periodo un debito pubblico che in questo frangente necessariamente aumenta, si parla di tagli draconiani su tutti questi capitoli (che costituiscono del resto, come in ogni paese europeo, il grosso della spesa pubblica). Altro che “autunno caldo”, potremmo avere parecchi anni vulcanici, come temperatura sociale oggettiva…Fin qui, il giudizio sulla “ammissibilità” o meno dei singoli piani nazionali spettava alla Commissione Europea, insomma il “governo” comunitario guidato dalla von der Leyen. Ora, accettando di fatto la posizione olandese (e tedesca, altrimenti non sarebbe mai passata), il giudizio di Bruxelles sarà però votato anche dai ministri a maggioranza qualificata. In pratica basta un gruppo di paesi che rappresenta il 35% della popolazione dei 27 a bloccare ogni singola erogazione delle “rate” del Recovery. I “frugali” non dispongono di quelle dimensioni, perciò è chiarissimo che questo meccanismo prevede l’intervento di un “grande paese”, con capitale Berlino. A sua discrezione… Nei fatti, le singole decisioni sui pagamenti della Commissione dovranno essere confermate dagli sherpa dei ministeri delle finanze della zona euro (Efc) «per consenso»: non proprio un “diritto di veto”, ma qualcosa che ci somiglia molto. Non a caso, al momento dell’ennesima sospensione notturna, il testo dell’accordo recitava: «Se uno o più governi» dovessero vedere «serie deviazioni dai target», avrebbero potuto chiedere che la situazione di un singolo paese venga poi discussa al successivo Consiglio Europeo, mentre la Commissione avrebbe dovuto bloccare i pagamenti.Al di là dei giochini da azzeccagarbugli – classici, anche a questo livello, visto che la Ue è un sistema di “contratti”, più che di trattati – ne esce rafforzatissima la “sorveglianza” sui singoli paesi, a partire ovviamente da quelli mediterranei, che hanno gli scostamento più significativi rispetto ai parametri di Maastricht. Lo si vede anche dalla dimensione dei “rebates” (sconti sui contributi nazionali da versare nella “cassa comune europea”) di cui usufruiscono da anni molti “frugali” e che escono fortemente aumentati da questo “accordo”. Il tutto con una torsione dello stesso funzionamento istituzionale della Ue, perché il baricentro della governance viene spostato dalle strutture comunitarie a “gruppi di paesi” sufficientemente decisi a inchiodare un “partner” considerato un concorrente da disossare. Una furbata, in apparenza, ma che rischia di diventare ben presto una miscela esplosiva per tensioni interne che, si è visto, nessuno è in grado di governare davvero con soddisfazione di tutti gli interessi in campo. Naturalmente la narrazione subito messa in campo dice l’esatto opposto. “Vittoria”, “isolamento dei frugali” e sciocchezze varie inventate di sana pianta. Un cerotto su ferite sanguinose che si vedranno a breve termine, peraltro.Già alla fine dell’anno, infatti, ci potrebbe essere il primo stop sulla prima rata da riscuotere – ben che vada – a metà del prossimo anno, quando gli effetti della crisi sul sistema produttivo e la tenuta sociale di molti paesi, a partire dal nostro, saranno già esplosi. Che questa narrazione sia fasulla, lo si è visto proprio dagli schieramenti in campo a Bruxelles, dove “europeisti” e “populisti” si sono allegramente mescolati tra loro per affermare, semplicemente, il massimo dell’interesse puramente nazionale. E altrettanto avviene in Italia, con Berlusconi e Meloni “comprensivi” con il governo e il solo Salvini a fingere una bellicosità critica a fini puramente elettorali. I capitoli su cui ogni governo dovrà mettere le mani sono chiarissimi, scritti neri su bianco: pensioni (quelle in essere, visto che quelle future sono già quasi azzerate), istruzione, sanità, mercato del lavoro, amministrazione pubblica e “giustizia” da efficientare per garantire che le imprese non restino impigliate in processi civili dalla durata decennale. Le “misure impopolari” che anche il governo Conte aveva in preparazione (ma non annunciate, chissà perché…), e che anche Mark Rutte apprezzava, saranno la quotidianità per lungo tempo. La Grecia del 2015, del resto, è stata sacrificata proprio per costituire un precedente inequivocabile. Ora tocca a noi, e non solo a noi…(Dante Barontini, “Da oggi in poi ci governa Berlino”, analisi pubblicata da “Contropiano” e ripresa da “Come Don Chisciotte” il 21 luglio 2020).Come sarebbe andata a finire lo si poteva capire già nella notte di domenica, quando Giuseppe Conte, rivolgendosi all’olandese Mark Rutte, ha detto: «Il mio paese ha una sua dignità. C’è un limite che non va superato», aggiungendo il dubbio che «si voglia piegare il braccio a un paese perché non possa usare i fondi». In quel momento è stato inevitabile ripensare ad Alexis Tsipras, in un’altra notte di luglio, quella del 2015, che nella stessa sede (solo qualche faccia diversa) si era alzato togliendosi la giacca per porgerla alla Merkel sbottando: «A questo punto, prendetevi anche questa…». Poi, com’è noto, la Troika si precipitò rapace su Atene, assumendone il pieno controllo e dando il via al saccheggio di tutto quel che di pubblico poteva essere svenduto (porti, aeroporti, centrali, ecc), tagliato (salari, sanità e pensioni), impegnato. All’Italia di Conte è andata leggerissimamente meglio, in apparenza, visto il diverso peso economico in Europa – terza economia dell’Unione – che renderebbe il tracollo senza freni di questo Paese un detonatore devastante per tutti, più della pandemia. Ma per separare con chiarezza la realtà di quanto “concordato” dalla “narrazione” che ne viene fatta già a botta calda, sarà bene vedere i singoli punti del compromesso finale, firmato alle 5.32 del mattino, al quinto giorno di un vertice che doveva durarne due.
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Fallimento Immuni: gli italiani sono meno fessi del previsto
E’ ufficiale: l’App Immuni è un flop. Dopo mille polemiche, problemi e ritardi, l’applicazione governativa anti-Covid per tracciare le persone è stata respinta dagli italiani: è stata scaricata da appena 4 milioni di utenti, nonostante i piccoli focolai estivi che fanno ancora parlare del virus grazie al quale si è “imprigionato” il paese, decretandone il disastro economico. Tutto questo, senza neppure riuscire a minimizzare l’impatto della patologia: statistiche alla mano, ricorda Marcello Veneziani, l’Italia registra – per ora – la peggior performance al mondo: 35.000 morti, su 60 milioni di abitanti. L’App Immuni, scrive “Money.it“, è stata scaricata solamente da 8 italiani su 100. Di fatto, non ha convinto: «Oltre a non poter essere scaricata da 1 persona su 4, dal momento che non è supportata da smartphone datati, molti italiani ancora non si fidano a rilasciare i propri dati». Sfiducia ben motivata, secondo un hacker come Max Uggeri: «Chi gestisce il database, ovvero Sogei, su questo fronte ha già fatto figure non proprio bellissime, in passato. Il primo rischio è quello che qualche malintenzionato lo attacchi per generare dei falsi positivi». Non confortano le notizie provenienti da Israele: ben 12.000 “falsi positivi” costretti alla quarantena per un banale errore dell’applicazione, gemella di quella italiana.
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Capestro Mes: quello che Conte, Monti e l’Ue non ci dicono
L’obiettivo del Mes? Farci diventare debitori contro la nostra volontà. Non innanzitutto per ragioni economico-finanziarie (i soldi che mancano), ma squisitamente politiche. Lo spiega al “Sussidiario” Augustín José Menéndez, docente di diritto pubblico e comparato nell’Università Autonoma di Madrid. E il progetto si sta realizzando, scrive Federico Ferraù: finora Conte ha preso tempo, sul Mes, ma forse non aveva calcolato la resistenza interna di una parte dei 5 Stelle. «È vero, ci sarebbe il soccorso di Berlusconi. Ma il Parlamento risulterebbe nettamente diviso, proprio alla vigilia del Consiglio Ue del 16-17 luglio, un appuntamento cruciale perché si parlerà del prossimo bilancio europeo. E sarebbe un vero guaio, per Conte, parteciparvi con un consenso dimezzato e il partito – i 5 Stelle – che lo ha messo a palazzo Chigi diviso al suo interno». A svelare in modo sorprendente la debolezza del governo è stato Mario Monti, con un articolo uscito il 1° luglio sul “Corriere della Sera”. Monti, riassume Ferraù, ha suggerito a Conte di prendere tempo, facendosi dare un mandato parlamentare in cui il Mes venga solo menzionato, senza un rifiuto pregiudiziale. In questo modo – secondo Monti – il governo può guadagnare tempo, permettendo al Mes di perdere «alcuni dei suoi aspetti totemici», facendo «prevalere il pragmatismo».Menéndez, ricorda Ferraù (che l’ha intervistato), è coautore di un recente saggio dedicato proprio al Fondo salva-Stati. Titolo: “Mes. L’Europa e il trattato impossibile”. Tra le altre cose, scrive sempre il giornalista del “Sussidiario”, si spiega bene che il Mes “light” non esiste: il Meccanismo Europeo di Stabilità è stato concepito come strumento del creditore per controllare politicamente il debitore, e tale è rimasto. «Avere il sostegno di una maggioranza “bipartisan” nel Parlamento nazionale è sempre una risorsa nelle trattative europee», premette Augustín José Menéndez, a proposito della sortita di Monti sul “Corriere”. Ma perché non approfittare della controversia per riformare le regole europee, coinvolgendo altri paesi? Al di là delle rassicurazioni di Romano Prodi sul carattere innocuo del Mes “sanitario”, «il quadro normativo del diritto europeo sull’assistenza finanziaria rimane invariato, e quindi la condizionalità non è diventata un “optional”», avverte il professor Menéndez. «È un bene che i dirigenti europei leggano più Keynes e meno Alesina. Ma se le cose stanno così, la domanda da fare è perché, invece di fare dichiarazioni politiche, non approvano un bell’emendamento alle norme europee che richiedono la condizionalità?».«Se un paese accetta il Mes, il prestito sarà senza condizioni», assicura il tedesco Klaus Regling, gestore del Fondo. Le condizionalità sembrano sparite con il Pandemic Crisis Support (Pcs) o Mes sanitario. Tuttavia, osserva Ferraù, anche la dichiarazione di Regling assomiglia a una “condizionalità”: far accettare il Mes ai paesi, come l’Italia, che fanno resistenza. «Tutte le relazioni di credito sono relazioni di potere», conferma Menéndez. «Pertanto, quando viene instaurata una relazione creditizia su insistenza del creditore e con grande riluttanza da parte del debitore, sembra giustificato chiedersi il motivo per cui il creditore attira il debitore in modo così insistente. Tutto il meccanismo dell’assistenza finanziaria nell’Eurozona – aggiunge Menéndez – è orientato a creare un fortissimo vincolo esterno sul debitore controllato dai creditori». Forse le intenzioni di tanti politici europei sono cambiate, «ma le norme e le strutture istituzionali rimangono quelle che si sono create dieci anni fa». E quindi: «Le parole se le porta via il vento, mentre le norme giuridiche rimangono». Nello specifico, il regolamento Ue prevede una «sorveglianza rafforzata» sul paese debitore, e a certe condizioni «non esclude l’eventuale imposizione di un programma di “aggiustamento” macroeconomico».In pratica, spiega sempre Menéndez, significa che le condizioni “leggere” inizialmente stabilite «possono rapidamente evolvere nella direzione di una condizionalità ben più incisiva». In altri termini, anche aderendo al Mes sanitario, il rischio del temuto “aggiustamento” macroeconomico c’è ancora, così come l’ipotesi della “ristrutturazione” del debito pubblico italiano (e cioè: tagli devastanti alla spesa pubblica). Ricorda il professore: se la Commissione Ue ritiene che sono necessarie «ulteriori misure», e che la situazione economico-finanziaria dello Stato in questione abbia «importanti effetti negativi sulla stabilità finanziaria della zona euro o dei suoi Stati membri», l’autorità europea «può raccomandare allo Stato membro interessato di adottare misure correttive precauzionali o di predisporre un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico». Il problema non sono i 36 miliardi della linea di credito del Mes, chiarisce Menéndez: «L’obiettivo del Fondo salva-Stati e di chi lo difende è rafforzare il vincolo esterno, che l’appartenenza all’Eurozona già implica, aggiungendo una nuova leva di controllo».La cosiddetta “governance” economica europea, dice ancora Menéndez, è un mare di norme informali «fatto di guidelines, memoranda of understanding, letters of intention e via dicendo». Sembra tutto molto “chic”, «ma questa informalità ha un prezzo salatissimo». Quale? «La sicurezza», spiega il professore. «Ricordiamoci che i famosi memoranda of understanding ai quali si condizionò l’assistenza finanziaria a Grecia o Portogallo erano riscritti ogni sei mesi appunto perché “flessibili”. I creditori potevano dettare le condizioni a loro volontà, senza essere vincolati neppure a delle condizioni anteriori». Domani, altri commissari potranno cambiare le condizioni del Mes sanitario. Perché allora non modificare regolamenti e trattati? Menéndez critica «la complessità del processo decisionale europeo», che spiega anche «la frequenza delle decisioni emergenziali», oltre che il ricorso a quella strana “informalità” delle prescrizioni. Di fatto, ribadisce Menéndez, l’Italia ha di fronte “gendarmi” come la Germania e l’Olanda: è altamente improbabile, conclude, che i governi dei paesi cosiddetti “frugali” possano dire sì a una proposta di emendamento dei regolamenti.L’obiettivo del Mes? Farci diventare debitori contro la nostra volontà. Non innanzitutto per ragioni economico-finanziarie (i soldi che mancano), ma squisitamente politiche. Lo spiega al “Sussidiario” Augustín José Menéndez, docente di diritto pubblico e comparato nell’Università Autonoma di Madrid. E il progetto si sta realizzando, scrive Federico Ferraù: finora Conte ha preso tempo, sul Mes, ma forse non aveva calcolato la resistenza interna di una parte dei 5 Stelle. «È vero, ci sarebbe il soccorso di Berlusconi. Ma il Parlamento risulterebbe nettamente diviso, proprio alla vigilia del Consiglio Ue del 16-17 luglio, un appuntamento cruciale perché si parlerà del prossimo bilancio europeo. E sarebbe un vero guaio, per Conte, parteciparvi con un consenso dimezzato e il partito – i 5 Stelle – che lo ha messo a palazzo Chigi diviso al suo interno». A svelare in modo sorprendente la debolezza del governo è stato Mario Monti, con un articolo uscito il 1° luglio sul “Corriere della Sera”. Monti, riassume Ferraù, ha suggerito a Conte di prendere tempo, facendosi dare un mandato parlamentare in cui il Mes venga solo menzionato, senza un rifiuto pregiudiziale. In questo modo – secondo Monti – il governo può guadagnare tempo, permettendo al Mes di perdere «alcuni dei suoi aspetti totemici», facendo «prevalere il pragmatismo».
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Magaldi: avviso a Conte, in autunno la Rivoluzione Italiana
E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».«E’ vero, le élite le progettano: ma poi le rivoluzioni le fa la gente, se capisce che deve scendere in strada al momento giusto. Che nel nostro caso si sta rapidamente avvicinando», assicura Magaldi. «Parlo di un riscatto nazionale, civile ed economico: in palio c’è l’Italia, esattamente come nel Risorgimento, di cui il 20 settembre 1870 rappresenta l’epilogo, con la conquista di Roma». Premessa: il presidente del Movimento Roosevelt, entità metapartitica nata nel 2015 per tentare di rimettere insieme i cocci della politica italiana, di massoneria se ne intende. «Il mondo in cui viviamo è stato interamente progettato da massoni: lo Stato diritto, le istituzioni laiche, il suffragio universale. La democrazia non ce l’ha portata la cicogna: è stata un’idea dei massoni che nel ‘700 rovesciarono l’Ancien Régime, in Francia e in America, dando inizio alla modernità politica». Queste cose, Magaldi le ha ricordate nel saggio “Massoni”, edito nel 2014 da Chiarelettere. Un bestseller italiano, trasformatosi in long-seller e – dice l’autore – costato il trono a Giorgio Napolitano, nientemeno, indicato come appartenente alla superloggia “Three Eyes”.Grande regista, Napolitano, dell’imbarazzante operazione (interamente massonica) che portò il “fratello” Mario Monti a Palazzo Chigi con l’incarico di inguaiare il paese, tagliando la spesa sociale e quindi determinando deliberatamente una crisi terribile, tale da far crollare il gettito fiscale fino a far esplodere il debito pubblico. Obiettivo: rendere l’Italia sempre più debole, facile preda dei suoi avidi “becchini”. Francia e Germania? «Non esattamente: si tratta di gruppi apolidi, supermassonici, che usano in modo cinico le istituzioni – Ue, singoli paesi – per i loro scopi inconfessabili, speculativi e privatistici. E’ un’élite sovranazionale, economicamente neoliberista e politicamente reazionaria, post-democratica». Di fronte a questo, avverte Magaldi, le antiche distinzioni ideali (destra-sinistra) non contano più niente, da quando – archiviate le ideologie – i politici della sinistra si sono rassegnati, proprio come quelli della destra, ad eseguire ordini impartiti dall’alto: dalla stessa élite senza patria che, dagli anni Settanta in poi, ha cominciato a “smontare” la democrazia sociale dei diritti in tutto l’Occidente, attraverso entità paramassoniche come la Trilaterale, fino ad arrivare, oggi, a guardare alla Cina come modello.Una società autoritaria, quella cinese, basata sulla sorveglianza orwelliana del cittadino-suddito. «Non a caso – fa osservare Magaldi – il disastro Covid è esploso a Wuhan all’indomani della cocente umiliazione inflitta a Xi Jinping dall’unico politico capace di opporsi al dilagare dell’egemonia di Pechino: Donald Trump, oggi infatti assediato dai manifestanti antirazzisti alla vigilia delle elezioni, e alle prese con la drammatica crisi economica indotta dal lockdown, che ha cancellato gli ottimi risultati ottenuti dalla Casa Bianca nel far volare l’economia americana». Beninteso: «Trump farebbe meglio ad ascoltare i manifestanti genuinamente indignati per lo scandalo del razzismo che serpeggia tra i poliziotti stratunitensi: una piaga rispetto alla quale, peraltro, lo stesso Barack Obama, primo presidente “nero”, in otto anni non ha fatto assolutamente niente». Ma attenzione: «I manifestanti violenti sono manipolati: imputano assurdamente a Trump l’omicidio di George Floyd».Ecco perché, aggiunge Magaldi, sarebbe da ciechi non scorgere i manovratori: a loro, del razzismo non importa nulla. «Vogliono solo impedire che Trump venga rieletto, perché ha osato sfidare la loro “creatura”, la Cina, e anche l’opaca Oms foraggiata da Pechino, braccio operativo del “terrorismo sanitario” che ha usato il Covid come un’arma», con obiettivi plurimi: mettere ko l’economia per indebolire i politici, e confiscare – in modo inaudito, in Occidente – le libertà democratiche nelle quali siamo cresciuti. E’ una specie di inferno, quello che si sta spalancando: qualcuno sta cercando di far apparire “normale” il coprifuoco, il distanziamento, la chiusura irreparabile di aziende e negozi. Scenario che in Italia si sta traducendo nella morte civile di interi settori strategici, come il turismo. «E se domani qualcuno si inventa un altro virus, fabbricandolo in laboratorio? Che facciamo: richiudiamo tutto?». Il primo a sentire puzza di bruciato è stato Bob Dylan: con la canzone “Murder Most Foul”, il grande cantautore (Premio Nobel per la Letteratura) a fine marzo ha messo in relazione la pandemia – e i “falsi profeti” del vaccino universale – con la cupola di potere che nel 1963 assassinò John Kennedy a Dallas. Addirittura?Ebbene sì. «Un’unica filiera – dice Magaldi – collega la fine dei Kennedy al manifesto “La crisi della democrazia”, promosso dalla Trilaterale di Kissinger: il primo a sdoganare il regime cinese con l’idea di farne un’alternativa, mostruosa, per un Occidente non più libero, e oggi infatti ricattato dalla paura grazie a un virus “cinese” che, in questo, è ancora più efficace del terrorismo “islamico”, anch’esso coltivato da menti massoniche». Magaldi sa di cosa parla: già “venerabile” della prestigiosa loggia romana Monte Sion del Grande Oriente d’Italia, oggi è il “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, circuito massonico progressista collegato con le superlogge sovranazionali più avanzate, sul piano dell’impegno sociale democratico, come la “Thomas Paine”. Altra notizia: a quel circuito appartiene lo stresso Dylan, «massone ultra-progressista, oggi sceso in campo in prima persona perché il pericolo che stiamo correndo è veramente grande: il mondo rischia di non essere più lo stesso, se gli oligarchi avranno mano libera nel gestire l’emergenza Covid a modo loro».La sensazione è che l’attacco sferrato – l’imposizione del lockdown “cinese”, l’avvento della nuova polizia sanitaria – sia un riflesso di autodifesa, da parte di un’élite che teme di perdere il potere. Parlano da sole le clamorose diserzioni in atto, ai piani alti, tutte annunciate con largo anticipo proprio da Magaldi: Mario Draghi e Christine Lagarde hanno abbandonato il fronte reazionario (dominio finanziario, privatizzazioni) e oggi parlano un’altra lingua, insieme alla stessa dirigenza del Fmi, fino a ieri schierata dalla parte del rigore. «Fine dell’austerity», raccomandò Draghi, a marzo, sul “Financial Times”: se non si inonda l’economia di miliardi a costo zero, che non si trasformino in debito, il nostro sistema produttivo crollerà. «Oggi, gli unici soldi veri che l’Italia sta ricevendo sono quelli della Bce assicurati dalla “sorella” Lagarde», sfidando i falchi tedeschi. E’ così l’importante, l’Italia? Eccome: «Ci crediate o meno, è il luogo in cui si combattono e si combatteranno alcune battaglie decisive per la democrazia e la libertà, per il futuro della globalizzazione», assicura Magaldi.Spiegazione: fuggita la Gran Bretagna, in Ue – a parte il Belpaese – restano solo due grandi player, Germania e Francia: ma i rigidi assetti politici di Berlino e Parigi non consentono margini di manovra. Che l’Italia fosse l’unico laboratorio possibile, per riformare la governance continentale, lo si era già visto nel 2018, col Parlamento nel caos dopo il voto: il boom dell’incognita 5 Stelle, il Pd umiliato tra le macerie del renzismo (riformatore solo a chiacchiere) e l’impennata della Lega, ad archiviare l’obsoleto centrodestra. Come sarebbe andata a finire lo si capì da subito: «Saranno i mercati a insegnare agli italiani come votare», proclamò l’eurocommissario tedesco Günther Oettinger, «massone reazionario», mentre lo spread saliva prontamente. Poteri forti: «Fu Bankitalia – dice Magaldi – a convincere Mattarella a negare il ministero dell’econonia a Paolo Savona, che era lì apposta per provare a cambiare le regole che ci penalizzano da decenni». Il resto è cronaca: lo stesso Salvini la buttò in caciara enfatizzando il problema-migranti, per nascondere il fallimento gialloverde. «Lui e Di Maio dovettero ingoiare il rospo: a loro, Bruxelles non concesse neppure un irrisorio incremento del deficit».Unico accenno di riforma, l’alleggerimento fiscale vagheggiato dal leghista Armando Siri, messo però fuori gioco da un semplice avviso di garanzia. «Salvini si arrese, staccando la spina». Elezioni? Macché: i 5 Stelle – pur di non perdere la poltrona – si aggrapparono al «partito di Bibbiano», abbracciando uno Zingaretti che, fino a tre giorni prima, giurava: «Mai, con quei populisti». Cambiarono i suonatori, ma non lo spartito: ancora e sempre rigore, vigilato dall’emissario di turno dei soliti poteri (Roberto Gualteri, Pd, forgiato dall’eterna tecnocrazia di Bruxelles). Obiettivo: tirare a campare, in un’Italia sempre più precaria e impoverita, senza nessuna speranza nell’unica svolta politico-economica ormai drammaticamente indispensabile: la rottamazione della grande bugia neoliberista, del debito pubblico come colpa nazionale. «Il “fratello” Draghi si è ricordato delle sue origini, citando il New Deal di Roosevelt: senza un massiccio intervento statale, l’economia frana nella spirale della crisi». E’ la lezione di Keynes, oggi rispolverata dal fronte massonico progressista che si oppone alle restrizioni catastrofiche imposte con l’alibi del Covid, tra le mille opacità della gestione italiana della pandemia più strana e più sospetta della storia. Un disastro, per gli italiani. Ma per “Giuseppi”, una grande occasione.Il piccolo, oscuro “avvocato del popolo” – mai sentito nominare da nessuno, prima del 2018 – si è trasformato di colpo in mini-dittatore, miracolato dal coronavirus proprio quando il suo governicchio incolore stava per cadere. «Conte ha sbagliato tutto quello che poteva: ha agito in ritardo nel creare zone rosse e ha permesso la grande “fuga” dalla Lombardia contaminata, poi ha chiuso gli italiani in casa facendo crollare l’economia e in più li ha lasciati senza aiuti: c’è ancora chi aspetta la cassa integrazione». Su che pianeta vive, il Conte che l’11 giugno si è stupito di essere accolto in piazza al grido di “buffone”? Ci tiene proprio, a replicare le gesta delle varie Maria Antonietta della storia? Non si era accorto, che l’esaperazione popolare sta per esplodere? Cattive notizie, per “Giuseppi”: un sondaggio di inizio giugno svela che è Mario Draghi l’italiano che oggi riscuote più fiducia. «Credo che a volte la storia sia sarcastica, ironica, beffarda», commenta Magaldi. «Il Conte che convoca gli Stati Generali, richiamando la Francia del ‘700, non sa che quell’assemblea portò direttamente alla rivoluzione contro chi l’aveva convocata?».«La storia dell’appello agli Stati Generali non andrà a finire bene nemmeno stavolta», dice Magaldi in web-streaming su YouTube. Una pessima suggestione storica: «Chi li aveva convocati nel 1789 credeva di poter manipolare il popolo, fingendo di concedere una consultazione vasta per il bene collettivo: in realtà si volevano propinare le solite ricette, che non concedevano significative riforme – economiche, politiche e sociali». La storia si ripete? «A un sempre più stralunato Giuseppe Conte (e ai suoi consigliori ancor più stralunati, tanto per le questioni comunicative che per quelle economiche e legislative), quella storia avrebbe dovuto consigliare di scegliersi un altro titolo, per questa convocazione», aggiunge Magaldi. «Ma credo ci sia una sorta di “cupio dissolvi”: ognuno persegue il proprio destino – e questo vale anche per Giuseppe Conte e i suoi, che avranno un destino di disfatta. Dunque, se ci sono gli Stati Generali, andranno a finire come nel caso della Rivoluzione Francese. E’ davvero uno scivolone clamoroso: significa quasi attribuirsi in partenza un esito catastrofico, come quello degli Stati Generali parigini».Magaldi annuncia un ultimatim che il Movimento Roosevelt presenterà a Conte entro una decina di giorni: «Faremo una proposta precisa, facile da attuare in tempi brevissimi, per ognuno degli attuali ministeri: c’è bisogno di sostenere gli italiani, subito, con azioni chiare e immediate». Precisa Magaldi: «Noi siamo laici, non “tribali”: non ci interessa chi fa le cose che servono, l’importante è che le faccia». Conte? «Deve liberarsi – testualmente – di tutte le pervicaci e rapaci cazzate che vengono anche dal piano Colao». Privatizzare quel che ancora ci resta: «Tutte storie già viste, stroncate molto bene da Giulio Sapelli, ottimo economista italiano che tiene alta la fiaccola keynesiana: Sapelli ha ricordato che le proposte di Colao assomigliano alle cose che si insegnano nelle scuole per manager, mal digerite e certamente poco adatte alla realtà concreta». Se il governo si libererà «dalle elaborazioni irrisorie che verranno da questi Stati Generali», tanto meglio: «Non ci sarà bisogno, il 5 ottobre, di scendere in piazza». Il problema è anche come affrontarla, la piazza: Magaldi sta creando la Milizia Rooseveltiana, qualcosa che in Italia non sè ancora visto.«Sarà un teatro nonviolento ma fermo, scomodo e inflessibile nel denunciare quello che non va e nel proporre soluzioni ragionevoli». Milzia? Ovvio il riferimento, autoironico, al fascismo delle origini, specularmente capovolto a partire dallo slogan: “Dubitare, disobbedire, osare”, anziché “Credere, obbedire e combattere”. «Mobilitare il popolo è un’operazione complicata, difficile: la maggior parte dei manifestanti sono irrisori, nelle loro dimostrazioni di piazza». Magaldi pensa ai Gilet Arancioni di Pappalardo: «I media li sfottono, come se ormai fosse una follia il solo fatto di protestare civilmente. Ma gli obiettivi che indicano – riforme costituzionali, uscita dall’Ue e dalla Nato – richiedono decenni, a prescindere da come li si giudichi». Sul fronte opposto, c’è l’increscioso modello-Sardine: «Molto rumore per nulla: proposte irrisorie se non pericolose per la democrazia, come la pretesa della censura sui social per i ministri». Magaldi ha le idee chiare: «Non è più tempo di analisi, ma neppure di manifestazioni inutili: si sfila e si intonano cori, ma non si porta a casa niente. Vedrete: finiranno nel nulla anche le manifestazioni contro Trump».Da dove deriva, Magaldi, le sue sicurezze? Ovvio, dalle informazioni riservate di cui dispone: il back-office del grande potere, che oggi è spaccato in due. Da una parte il “partito del lockdown” e della polizia sanitaria, dall’altra i partigiani della democrazia. Gli uni hanno usato il sistema-Cina per forzare la mano e deformare l’Occidente, mentre i loro avversari hanno investito sul più impensabile degli alleati – l’orco Donald Trump – per sfrattare dai piani alti i supermassoni “golpisti”, travestiti da democratici. Esempi? I Clinton: Bill ha relagato i pieni poteri a Wall Street, stracciando il Glass-Steagall Act (voluto da Roosevelt mezzo secolo prima) che impediva alla finanza speculativa di mettere in pericolo in risparmio privato. Quanto a Hillary, ha orchestrato le bolle di sapone dei vari Russiagate, obbedendo al “partito della guerra”. Di mezzo c’è stata la strategia della tensione planetaria gestita, secondo Magaldi, dalla superloggia “Hathor Pentalpha” creata dai Bush: roba loro, l’11 Settembre. Bottino: il saccheggio del Medio Oriente, grazie all’alibi del terrosismo islamico.«Osama Bin Laden – ricorda Magaldi – fu reclutato da Zbigniew Brezisinski in funzione antisovietica ai tempi dell’invasione dell’Afghanistan. Quello che pochi sanno – aggiunge l’autore di “Massoni” – è che Bin Laden fu iniziato alla superloggia “Three Eyes”, la stessa di Brzesinki e Kissinger». Poi i Bush lo dirottarono nella “Hathor”, «che più tardi affiliò anche Abu-Bakr Al Baghdadi, a cui venne dato il compito di mettere in piedi l’Isis, le stragi in Iraq e in Siria, i sanguinosi attentati in Europa». Fu lì, dice sempre Magaldi, che la piramide del potere occulto iniziò a incrinarsi: allo stesso saggio “Massoni”, forte di 6.000 pagine di documenti riservatissimi, hanno contribuito “grandi pentiti” del fronte oligharchico. Massonicamente, Magaldi li comprende: «Se sei consapevole del fatto che è stata la tua organizzazione, a fondare la modernità a colpi di rivoluzioni, un bel giorno puoi anche pensare di farne quello che vuoi, del mondo che hai fabbricato». Grave errore: «Noi progressisti li chiamiamo contro-iniziati: hanno tradito l’impegno massonico, che è per il bene di tutti, non di pochi. La loro è una filosofia: si sentono appartenenti a una sorta di “aristocrazia dello spirito”, si credono gli unici autorizzati a decidere i destini dell’umanità».Per questo, Magaldi li definisce neoaristocratici: «Vorrebbero ereditare il potere assoluto dell’aristocrazia di un tempo, che proprio i massoni abbatterono – in Francia, peraltro, anche con il contributo di elementi della stessa aristocrazia, e persino del clero: le logge del ‘700 erano davvero interclassiste». Discorsi che potrebbero sembrare lunari, non avessimo di fronte un tizio come “Giuseppi”, che qualcuno continua a scambiare per un politico dotato di un qualche spessore, e che ora s’è messo in testa di convocare a settembre gli Stati Generali, come quelli che nel 1789 scavarono la fossa alla corte di Parigi. Magaldi è drasticamente esplicito: «C’è un lavoro possente, condotto ai piani alti: aspettatevi di tutto, nelle prossime settimane». Qualcosa, a dire il vero, s’è già visto: in tempo di pace, non sarebbero mai circolate intercettazioni come quelle che imbarazzano Renzi (i servizi italiani utilizzati per fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate) e che travolgono il capo dell’Anm, Palamara, impegnato a trescare col Pd per tagliare le gambe a «quella merda di Salvini», in una palude maleodorante di favori. Ma il bello deve ancora arrivare, assicura Magaldi: crolleranno pezzi interi di establishment.La partita italiana ha rilievo mondiale, insiste Magaldi: solo da qui si può pensare di scardinare l’attuale euro-sistema, che lascia Conte in mutande e gli italiani in bolletta persino di fronte al Covid. «Il governo va incalzato con proposte che non potrà rifiutare: soluzioni ragionevoli, da attuare subito». Giorno per giorno, gli italiani vedono la reale dimensione del dramma: il Mes è un piccolo imbroglio, il Recovery Fund resta un miraggio. Serve qualcuno che, finalmente, prenda il toro per le corna e pretenda quello che ci spetta: miliardi, per uscire dal coma. E non solo: va sfidato, una volta per tutte, il regime bugiardo dell’austerity. Nessuna legge economica vita di metter mano a una super-spesa pubblica, in tempi di crisi. Occorre agire. Se non ora, quando? «Il 5 ottobre, se Conte non ci avrà ascoltato, scenderà in campo la Milizia Rooseveltiana», annuncia Magaldi. «Le nostre idee devono camminare sulle baionette (nonviolente) della nostra capacità rivoluzionaria, pacifica e gandhiana, che però si esercita in piazza».«Occorre mobilitare sempre più persone, in modo costante e veemente, che gridino il loro “basta”. Persone accigliate, severe. Persone che non hanno più voglia di ridere, perché c’è poco da ridere. Questo è un momento gravissimo, per le sorti dell’umanità e del popolo italiano». Non è più tempo di blog e video su YouTube, di manifestazioni innocue e velleitarie, di analisi acute e controcorrente. «Il punto vero è che poi, queste cose, devono diventano azione (nonviolenta), perché solo nell’azione ci si unisce, e si diventa popolo sovrano». L’azione vera – scandisce Magaldi – è quella di chi dice, «di fronte al potere, al popolo e a quei giornalisti che hanno ancora la schiena diritta», quali sono le cose che si potrebbero fare in uno, due o tre mesi. «La soluzione, oggi, non è nell’infinita analisi e nell’infinito racconto: arriva un momento, che è quello dell’azione». Per inciso: mezzo mondo sta osservando l’Italia, che finora a subito ogni imposizione ma sta cominciando ad agitarsi. Gli Stati Generali a settembre? Brutta storia: per Conte e Colao finirà malissimo, profetizza Magaldi. A una condizione: che a scendere in campo, finalmente, siano gli italiani. Non bastano, le élite democratiche: serve il popolo, per rivoluzionare la governance. Per chi non l’avesse ancora capito: la sgangherata Italia è l’epicentro di questo terremoto mondiale.E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».
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Sapelli: solo prestiti e tasse, così l’Ue farà a pezzi l’Italia
Se non si comprende che la proposta di Recovery Fund proviene da un’Europa in cui il capitalismo è impegnato in una guerra affannosa per la sopravvivenza per la crisi pandemica, non si comprende il senso della tragedia che si avvicina. Pensate all’acciaio e al destino cui una classe tecnocratica e politica europea (così si autodefinisce) l’ha ridotto. Il caso Ilva ne è l’emblema, con la sua definitiva scomparsa dopo averla affidata all’unico gruppo mondiale che ricercava senza mascheramenti di ridurre la sovrapproduzione in cui era immerso, tanto che andrà chiusa… facendo sì che la siderurgia ad acciai speciali migliore del mondo non possa partecipare alla gara per la futura ricostruzione mesopotamica, grazie alla concorrenza sleale degli acciai cinesi e degli altri produttori turchi ed europei. Il solo Massimiliano Salini, non a caso cremonese e giustamente impegnato nella difesa del suo territorio, l’ha recentemente con coraggio ricordato, questo vero e proprio dramma che non interessa più nessuno e che cova una tragedia umana, sociale, ambientale, politica, terroristica. Ma veniamo al parto del bimbo deforme, poverino, battezzato Next Generation Eu. Frutto del travaglio della Commissione, potrà essere attivato – lo si legge solo sul “Wall Street Journal” – il primo di gennaio del 2021, quando la cenere si sarà posata. Vediamo di fare chiarezza nella tragedia.L’Ue ricercherà sui mercati mondiali circa 750 miliardi di euro. Li prenderà a prestito. Di questi, come si è detto, 500 saranno erogati come sussidi e garanzie. Altri 250 saranno prestati agli Stati dopo negoziazioni che dilanieranno l’Europa, piuttosto che unirla – purtroppo – come pensano, se pensano, le anime belle. Si dice che l’Italia otterrà, grazie agli accordi informali già stipulati, circa 80 miliardi di sussidi e 90 di prestiti. Quello che non dice nessuno (salvo l’attento e severo professor Perotti a cui vanno resi onore e gloria) è che anche i sussidi saranno raccolti dall’Ue a debito e non saranno regalati a nessuno perché andranno ripagati con finanziamenti degli Stati dell’Ue. Come? Si è ancora incerti, ma le nuove tasse non potranno mancare e saranno parametrate al Pil degli Stati medesimi con proporzionalità alle quote nazionali che concorrono a formare il bilancio dell’Ue. Si dovrebbero ottenere circa 17 miliardi di sussidi (non tantissimi!) nel corso dei quattro anni a partire dall’1 gennaio del 2021, con un esborso molto diluito nel tempo. Certo c’è grande differenza nei tassi: l’Ue emette debito a tassi inferiori a quello di ogni singolo Stato, ma la sostanza dell’indebitamento rimane, risparmiando circa, io credo (con il buon Perotti), un miliardo, un miliardo e mezzo l’anno.Il problema forse ancora più grande, vista l’incapacità assoluta delle attuali classi politiche di gestire la cosa pubblica, è il fatto che il governo, i governi presenti e futuri, dovranno amministrare una quota non indifferente del Pil in quattro anni con piani in parte indicati dalla Commissione, ma in parte affidati alle classi politiche attualmente incaricate di governarci. Se si pone mente a quale sia lo stato di frantumazione e divisione profonda in cui è caduto lo Stato italiano devertebrato e patrimonializzato sia da gruppi di interessi, sia dagli ordini dello Stato (in primis l’ordine giudiziario trasformatosi in potere che promana da ordinamenti di fatto in continuazione annichilendo la stessa Costituzione repubblicana nel sonno della Corte costituzionale, a differenza di ciò che accade in Germania e in Francia e in Spagna) si comprende quale rischio corra la cosa pubblica per effetto dell’aprirsi di una cornucopia che invece che darci, come si dice, la salvezza, mi pare che ci darà il colpo finale come Repubblica parlamentare, come Stato, come comunità.La crisi dell’ordoliberismo – del resto – non si ferma. l’Europa rischia scontri tra le nazioni potenti e pericolosissimi se non si ritroverà la saggia meditazione sulla necessità di lavorare per costruire uno stato di diritto in Europa sospendendo i Trattati e ripensando tutta l’architettura dell’Unione. Del resto l’articolo 112 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione del 2012 recita proprio in tal senso quando evoca eventi catastrofici in presenza di cui si possono sospendere tutti i Trattati tra gli Stati che reggono l’Europa funzionalista senza sovranità e senza leggi.(Giulio Sapelli, estratto dall’intervento “Col Recovery Fund ancora più tasse, così l’Italia va in pezzi”, pubblicato sul “Sussidiario” il 30 maggio 2020).Se non si comprende che la proposta di Recovery Fund proviene da un’Europa in cui il capitalismo è impegnato in una guerra affannosa per la sopravvivenza per la crisi pandemica, non si comprende il senso della tragedia che si avvicina. Pensate all’acciaio e al destino cui una classe tecnocratica e politica europea (così si autodefinisce) l’ha ridotto. Il caso Ilva ne è l’emblema, con la sua definitiva scomparsa dopo averla affidata all’unico gruppo mondiale che ricercava senza mascheramenti di ridurre la sovrapproduzione in cui era immerso, tanto che andrà chiusa… facendo sì che la siderurgia ad acciai speciali migliore del mondo non possa partecipare alla gara per la futura ricostruzione mesopotamica, grazie alla concorrenza sleale degli acciai cinesi e degli altri produttori turchi ed europei. Il solo Massimiliano Salini, non a caso cremonese e giustamente impegnato nella difesa del suo territorio, l’ha recentemente con coraggio ricordato, questo vero e proprio dramma che non interessa più nessuno e che cova una tragedia umana, sociale, ambientale, politica, terroristica. Ma veniamo al parto del bimbo deforme, poverino, battezzato Next Generation Eu. Frutto del travaglio della Commissione, potrà essere attivato – lo si legge solo sul “Wall Street Journal” – il primo di gennaio del 2021, quando la cenere si sarà posata. Vediamo di fare chiarezza nella tragedia.
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Tutti da ridere, gli inesistenti “aiuti” europei targati Conte
La Commissione Europea ha proposto per l’Italia – nel programma di Recovery Fund – tra i 153 e i 172 miliardi, di cui 81 “a fondo perduto” e il resto come prestiti da restituire (se fossero 172 miliardi, il prestito sarebbe di 91). Il nostro paese sarebbe quello che riceverebbe la somma più alta dell’intero piano di aiuti. Urla di giubilo tra gli eurofanatici e i membri del governo, ben sostenuti da un’accurata propaganda dei media. Iniziamo a vedere, in due punti, come stanno davvero le cose. Primo punto. Perché la proposta della Commissione Europea diventi realtà servono ancora due passaggi: l’approvazione del Parlamento Europeo e quella del Consiglio Europeo. In quest’ultimo occorre però l’unanimità (l’Olanda ha già detto no), quindi – alla fine delle trattative – bisogna vedere cosa resta. Ma la mossa della Ue – probabilmente oggetto di un accordo tra Conte e Gentiloni – è abile: serve adesso per far votare in Parlamento ai 5 Stelle il pacchetto che prevede, tra le altre misure, anche il Mes.Secondo punto: il cosiddetto contributo “a fondo perduto” sarà finanziato col prossimo bilancio pluriennale della Ue, dunque prima versiamo e poi vi attingiamo. Quindi proprio “perduto” non è, anche perché aumenterà la nostra contribuzione annua al bilancio europeo. Se anche il contributo a “fondo perduto” restasse di 81 miliardi, tolto quello che verseremo nel bilancio comunitario, ci resterebbero solo 26 miliardi. Meno del Mes. La conferma arriva anche dalle parole dell’ex ministro Carlo Calenda, europeista convinto e certamente contento per l’impegno della Commissione Europea, che dalla trasmissione della Gruber parla di 26 miliardi netti “a fondo perduto” in 5 anni, definendo una speculazione della stampa l’annuncio dei 172 miliardi. In pratica, al netto della propaganda governativa e dei media e al netto della nostra contribuzione al bilancio Ue, siamo di fronte a poco più di 5 miliardi l’anno a “fondo perduto”, a partire dal 2021. Una cagatina di mosche.Tutto il resto saranno prestiti da restituire. I 172 miliardi sono una vera e propria trovata pubblicitaria della stampa e delle televisioni. A svelare l’inganno ci pensa anche Christian Odendahl, capo economista del Centre for European Reform, che su Twitter conferma che dagli 82 miliardi “a fondo perduto” per l’Italia vanno sottratti 56 miliardi di nostra contribuzione al bilancio Ue. Insomma, netti sono 26 miliardi in 5 anni: quasi niente. Questi i numeri, ad andarci bene. Sempre che l’Olanda e gli altri paesi del Nord Europa non tentino, in seno al Consiglio Europeo, a dare il loro ok solo su un accordo a ribasso (in un video spiego, in poco più di 2 minuti, come stanno veramente le cose). Siamo di fronte all’ennesima presa in giro di un popolo allo stremo delle forze.(Giuseppe Palma, “Le balle sui 172 miliardi del Recovery Fund. Solo propaganda. Ecco i numeri reali”, da “Scenari Economici” del 28 maggio 2020).La Commissione Europea ha proposto per l’Italia – nel programma di Recovery Fund – tra i 153 e i 172 miliardi, di cui 81 “a fondo perduto” e il resto come prestiti da restituire (se fossero 172 miliardi, il prestito sarebbe di 91). Il nostro paese sarebbe quello che riceverebbe la somma più alta dell’intero piano di aiuti. Urla di giubilo tra gli eurofanatici e i membri del governo, ben sostenuti da un’accurata propaganda dei media. Iniziamo a vedere, in due punti, come stanno davvero le cose. Primo punto. Perché la proposta della Commissione Europea diventi realtà servono ancora due passaggi: l’approvazione del Parlamento Europeo e quella del Consiglio Europeo. In quest’ultimo occorre però l’unanimità (l’Olanda ha già detto no), quindi – alla fine delle trattative – bisogna vedere cosa resta. Ma la mossa della Ue – probabilmente oggetto di un accordo tra Conte e Gentiloni – è abile: serve adesso per far votare in Parlamento ai 5 Stelle il pacchetto che prevede, tra le altre misure, anche il Mes.
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Dylan e Martarossa, musica ribelle da Kennedy al Covid-19
Per chi suona la campana? Domanda sbagliata, rispose Hemingway. “Ring them bells”, rilanciò tanti anni dopo un certo Bob Dylan: svegliatevi, tutti quanti. E suonatele, quelle campane, «per i ciechi e i sordi», visto che «il pastore si è addormentato, e le montagne sono piene di pecorelle smarrite». Era il fatidico 1989, quello del crollo del Muro di Berlino. Non sono mai casuali, le date, per il grande cantautore americano insignito nel 2016 con il Nobel per la Letteratura. Il 19 giugno, un attimo prima del solstizio d’estate, uscirà l’attesissimo “Rough and Rowdy Ways”, anticipato da tre singoli dirompenti – il primo dei quali, l’epico “Murder Most Foul”, evoca lo splendore democratico della stagione di Jfk, denunciando gli assassini del presidente della New Frontier e gettando su di loro un’ombra che si allunga fino all’oscura Era del Covid, nella quale siamo precipitati. L’ultimo brano anticipato sul web, “False Prophet”, è accompagnato dall’immagine della morte che impugna una siringa: riferimento esplicito alla “cupola” del coronavirus, che usa il terrore della pandemia per tentare di imporre una sottomissione mondiale psico-sanitaria.Attenti: quella di Dylan è una discesa in campo. Una sfida, al potere che coltiva sogni totalitari dietro l’alibi della sicurezza. E quel potere – suggerisce Dylan – è l’erede dello stesso establishment, tuttora impunito, che assassinò John Kennedy a Dallas mezzo secolo fa. Date: Kennedy era nato il 29 maggio, anche lui a ridosso dell’esplosione estiva (Dylan ha appena festeggiato i 79 anni, il 24 maggio). «Chissà, forse Jfk tornerà nell’aria sotto forma di musica, anche in Italia». Lo annuncia Gioele Magaldi, segnalando l’imminente uscita – a giugno, praticamente insieme all’album dylaniano – dell’ultimo singolo di Marta Charlotte Ferradini, figlia del caposcuola Marco Ferradini. Una splendida cantante, dotata di uno swing elegante e morbidissimo, premiata nel 2012 ad Aversa tra le migliori nuove voci italiane. Su Spotify, è appena uscita una versione inedita di “Martarossa”, piccolo capolavoro che mette in mostra le sorprendenti capacità autoriali della cantautrice milanese: «La fame agli occhi di aria selvatica, su spiagge notturne di terra umida». Pura confidenza con la poesia. «Qualche volta lacrima nelle tasche l’anima, ma si vuole libera di sentirsi unica». E dov’è il nesso con Kennedy?«Il richiamo a Jfk sta in un brano ancora inedito, ascoltato anni fa», rivela Magaldi, che ricorda: Marta Charlotte Ferradini è stata socia fondatrice del Movimento Roosevelt. «Quella canzone, non ancora pubblicata, intreccia passioni private ed ethos civile e politico. Valori altissimi, trattandosi di Kennedy: diritti, giustizia e dinamismo sociale, equilibrio armonioso di una democrazia pienamente sviluppata». Massone progressista, autore del saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014) che denuncia il ruolo occulto delle superlogge neo-conservatrici nella regia di questa globalizzazione senza diritti, Magaldi tifa per i nuovi talenti italiani: oltre alla Ferradini segnala volentieri il giovanissimo rapper Anastasio, vincitore di X-Factor nel 2018, e l’Enrico Nigiotti di “Baciami adesso”, a Sanremo lo scorso febbraio. Il grande tema? Semplice: la potenza emozionale della musica, specie in un momento come questo. Sapienza: l’arte può dire tanto, anche senza entrare per forza nei dettagli della politica. “Sono solo canzonette”, recitava beffardo Edoardo Bennato, ben sapendo quali universi può smuovere una semplice melodia, magari ricamata attorno a un testo come quello di “Martarossa”. «Nei suoi occhi nevica», recita la poetessa Charlotte, invocando proprio lo spirito capace di infiammare: «Smuovimi dentro, come spazio nel tempo: raccontami il senso di quest’incendio».Quel brano è ormai un baby-classico: «Scivola via leggero, ma ha una profondità, uno spessore: rinvia alla capacità che abbiamo di accenderci quando ci indigniamo, quando vogliamo combattere, rigenerarci e lanciare il nostro messaggio, lasciare un segno: la nostra firma». Riascoltato oggi nella sua nuova veste, sembra l’ennesimo avvertimento, confezionato su misura per i giorni sconvolgenti che stiamo affrontando. «Ormai è chiaro che ognuno dev’essere pronto a fare la sua parte, con i mezzi di cui dispone – dice Magaldi, che del Movimento Roosevelt è il presidente – visto che questa lenta e graduale liberazione non è scontata: c’è senpre chi vuole mettere in circolo situazioni provocatore e vessatorie, come l’ultimissima trovata delle “ronde” per sorvegliare la movida». E se l’Italia di Conte richiama la “situazione grave, ma non seria” del grande Flaiano, tra le righe lascia però intravedere tutta l’intensa drammaticità del momento: l’Italia come specchio (fragilissimo) di una sorta di “guerra mondiale” particolarmente subdola, sferrata nei mesi scorsi col pretesto della pandemia.Il disastro-Covid è esploso al culmine di una serie di rovesci, subiti dall’élite mondialista oligarchica. L’ultimo, decisivo, è stato l’insediamento di Trump alla Casa Bianca: brutale lo stop imposto, con i dazi, all’espansione geopolitica cinese (protetta dai settori più reazionari della supermassoneria atlantica). Il loro sogno: “cinesizzare” l’Occidente, soffocando i diritti democratici. «Ci hanno provato in tanti modi», sottolinea Magaldi, «a partire dal golpe in Cile nel 1973 che ha insediato il neoliberismo al governo del paese». Per Bob Dylan, questa storia comincia addirittura dieci anni prima: uccidendo Kennedy, si è voluto spegnere sul nascere la lunga marcia della libertà e dell’uguaglianza. A seguire: il manifesto “La crisi della democrazia” promosso dalla Trilaterale di Kissinger (il primo a scommettere sulla Cina come modello per gli occidentali), e la nascita di questa Unione Europea post-democratica, retta da una Commissione non eletta da nessuno, e dove il Parlamento non conta nulla. Nel 2001, poi, la drammatica accelerazione del terrorismo stragistico inaugurato con l’11 Settembre e la fabbricazione di mostri nati in provetta, da Bin Laden all’Isis. «Tutti massoni “controiniziati”, complici di un gioco spregevole fondato sul terrore».Ora siamo alla madre di tutte le paure: «Il virus, sotto questo aspetto, funziona ancora meglio del terrorismo», sostiene Magaldi. E’ un’insidia perfetta, senza volto né bandiere, che non conosce confini. Solo un cieco può non vedere quello che sta accadendo: col pretesto dell’emergenza, avanzano piani per una “tracciatura” di stampo orwelliano, cui sottoporre l’umanità. In più, la crisi-Covid ha azzoppato anche l’economia Usa, che Trump aveva fatto volare tagliando le tasse e aumentando il deficit. Intanto si scopre che l’Oms (largamente finanziata da Bill Gates) aveva un ruolo nel fatidico laboratorio di Wuhan, cinese ma sorretto da programmi come quelli sostenuti da Anthony Fauci. Esplosive rivelazioni sono attese nel sequel di “Massoni”, in uscita a novembre. Sottitolo: “Globalizzazione, Esoterismo e Virus”. Lo stesso Magaldi, salutando il brano “Murder Most Foul”, a fine marzo ha fatto un clamoroso annuncio ufficiale: «Bob Dylan è un massone ultra-progressista, un grande inziato che ha saputo inserire nel suo lavoro artistico, con estrema raffinatezza, le suggestioni dell’esoterismo che studia e pratica da una vita». Aggiunge Magaldi: «Oggi, Bob Dylan si sente un soldato: è in campo per combattere al nostro fianco, per impedire che ci venga tolta la libertà».E non si tratta soltanto di Dylan, aggiunge Magaldi: il cambio di casacca da parte di Christine Lagarde e Mario Draghi, che hanno abbandonato l’oligarchia neoliberista per abbracciare la causa progressista, sono solo le vette di un iceberg mondiale. S’è messo in moto qualcosa di profondo, per smascherare l’impostura che ha retto il pianeta negli ultimi decenni: fake news ufficiali e disinformazione, terrorismo sanguinario e austerity europea. Tutte facce della stessa medaglia, che adesso ha le sembianze dell’emergenza sanitaria. “The times they are a-changing”, finalmente? Parrebbe proprio di sì: «Sarà dura e ci sarà da combattere, ma vinceremo», confida Magaldi. «Volevano piegare il mondo con il rigore finanziario, ma non ci sono riusciti. L’altra paura, il terrorismo, non è bastata a spegnere la democrazia. E falliranno anche stavolta, gli stregoni del terrore che ora cavalcano il virus». In questo panorama, si staglia il prestigio di un gigante come Dylan. Il messaggio: avere il coraggio di non farsi spaventare, impararando a trovare innanzitutto dentro di sé le risorse indispensabili per disegnare un nuovo universo, più comodo per tutti. Risorse emotive, che possono essere svegliate (anche “incendiate”, per citare Marta Charlotte Ferradini) dalla stessa musica. Succede, di fronte a canzoni capaci di regalare occhi nuovi per guardare il mondo, una volta imparato che non è importante sapere per chi suona la campana.Per chi suona la campana? Domanda sbagliata, rispose Hemingway. “Ring them bells”, rilanciò tanti anni dopo un certo Bob Dylan: svegliatevi, tutti quanti. E suonatele, quelle campane, «per i ciechi e i sordi», visto che «il pastore si è addormentato, e le montagne sono piene di pecorelle smarrite». Era il fatidico 1989, quello del crollo del Muro di Berlino. Non sono mai casuali, le date, per il grande cantautore americano insignito nel 2016 con il Nobel per la Letteratura. Il 19 giugno, un attimo prima del solstizio d’estate, uscirà l’attesissimo “Rough and Rowdy Ways”, anticipato da tre singoli dirompenti – il primo dei quali, l’epico “Murder Most Foul”, evoca lo splendore democratico della stagione di Jfk, denunciando gli assassini del presidente della New Frontier e gettando su di loro un’ombra che si allunga fino all’oscura Era del Covid, nella quale siamo precipitati. L’ultimo brano anticipato sul web, “False Prophet”, è accompagnato dall’immagine della morte che impugna una siringa: riferimento esplicito alla “cupola” del coronavirus, che usa il terrore della pandemia per tentare di imporre una sottomissione mondiale psico-sanitaria.
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Magaldi: psicologo gratis, per gli italiani rovinati da Conte
E’ come se l’Italia avesse due problemi. Uno ce l’hanno in tanti: si chiama coronavirus. L’altro ce l’abbiamo solo noi, in esclusiva, e risponde al nome di Giuseppe Conte. L’ultima trovata, quella delle “ronde” anti-assembramenti, non si capisce se faccia più ridere o piangere. «Ha l’aria di qualcosa di fascistoide, questa ennesima vessazione nei confronti dei cittadini: prima non protetti adeguatamente dal contagio, poi costretti in casa per oltre due mesi, lasciati senza aiuti economici e ora anche colpevolizzati come untori, criminalizzati come responsabili di un disastro nazionale che invece è interamente imputabile all’incresciosa incapacità dell’esecutivo». Fa sul serio, Gioele Magaldi: «Se questa storia degli “assistenti civici” non è uno scherzo di pessimo gusto, alle ipotetiche “ronde” diamo appuntamento in tribunale, e prima ancora nelle strade: a contrastarle provvederà la Milizia Rooseveltiana, la formazione nonviolenta che stiamo approntando per vigilare su ogni violazione dei diritti democratici». Il Movimento Roosevelt ha già messo in campo il servizio di Sostegno Legale per i cittadini colpiti da sanzioni ingiuste durante il lockdown: vengono difesi, gratis, da avvocati volontari. «E adesso – avverte il presidente – attiveremo anche un servizio di Sostegno Psicologico, per supportare i troppi cittadini traumatizzati dalla scandalosa gestione italiana dell’emergenza».In effetti, sottolinea il leader “rooseveltiano”, non c’è solo la catastrofe economica innescata dal lockdown: accanto al disastro dell’economia serpeggia anche l’immenso disagio psicologico di milioni di italiani, rinchiusi per mesi tra le pareti domestiche e ormai preda di ansia, insicurezza e paura. Sono tante, le vittime dello sconcertante “coprifuoco” disposto (in ritardo) da Conte: «Si pensi all’angoscia di chi è costretto a chiudere la propria attività, licenziando i dipendenti», in settori come il turismo e la ristorazione, «letteralmente devastati dalle misure decise da un governo incapace di dare la necessaria assistenza economica ai cittadini». E a soffrire di malesseri psicologici sono anche quegli italiani non colpiti direttamente dalle restrizioni: «Molti sono profondamente scossi dall’accaduto e spaventati dalle conseguenze della crisi: alcuni manifestano anche tensioni e paure decisamente preoccupanti». Insiste Magaldi: «Questi concittadini hanno bisogno di supporto, perché anche in questo caso sono stati lasciati completamente soli: a loro sarà quindi assicurato un aiuto volontario e gratuito da parte degli psicologi mobilitati dal Movimento Roosevelt».Gioele Magaldi condanna senza riserve il governo Conte: «Non ha saputo contrastare il contagio in modo tempestivamente adeguato, né assistere i cittadini costretti a casa: un fallimento catastrofico, che ha innescato una crisi sociale ed economica di gravità inaudita, con inquietanti riflessi sulla vita democratica di un paese che ora si è visto sospendere le proprie libertà costituzionali». Siamo in piena emergenza democratica, sostiene Magaldi, grazie a un esecutivo incapace che non ha ancora trovato una via d’uscita: «Un balletto penoso, tra chiacchiere inconcludenti sul Mes e i coronabond, mentre i mesi passano e l’Italia muore, economicamente». Per Magaldi è indispensabile un cambio della guardia: «Se ne esce solo con un governo a termine, di unità nazionale, presieduto da Mario Draghi». Un governo di scopo, con il compito di reperire risorse finanziarie immediate. Come? «Azzerando l’austerity europea, che è un vicolo cieco: servono centinaia di miliardi, che non si trasformino in debito». In altre parole, «occorre cambiare il paradigma della governance: e solo un governo Draghi potrà capovolgere tutto, in Italia e in Europa, mettendo fine a questa crisi che sembra eterna, determinata da un’élite neoliberista che resta indifferente persino di fronte all’immane tragedia del coronavirus».Frontman italiano della massoneria sovranazionale progressista che si batte contro la “mala gestione” del Covid, usata come pretesto per confiscare diritti democratici, Magaldi espone una visione a tutto campo del problema: l’aspetto sanitario, sostiene, è solo un alibi per tentare di ridurre l’Occidente a qualcosa che assomigli al sistema-Cina, dove i cittadini sono sorvegliati h-24 in modo “orwelliano”. Da più parti, anche in Italia, c’è chi paventa il rischio che l’evidente enfatizzazione del coronavirus – ben oltre la reale pericolosità dell’epidemia – sia solo l’anticamera di un piano di dominio, orientato alla sottomissione delle popolazioni, attraverso i passaggi ulteriori, come il vaccino obbligatorio e il microchip sottopelle. Magaldi preferisce un approccio storicistico e politologico, come quello presentato nel saggio “Massoni”, edito nel 2014 da Chiarelettere. In sintesi: l’élite massonica reazionaria e post-democratica ha puntato sulla Cina come modello alternativo per un Occidente più controllabile. La premessa: permettere al gigante asiatico di sviluppare un boom economico planetario, ovviamente con regole truccate. A Pechino è stato infatti permesso di entrare nel grande gioco della globalizzazione senza prima democratizzarsi, senza introdurre diritti sindacali né norme a tutela dell’ambiente. Risultato: merci a bassissimo costo, che hanno conquistato i mercati, facendo della Cina il primo player commerciale del mondo.«Con Xi Jinping, Pechino ha allungato il passo, contendendo la leadership agli Usa anche attraverso un’espansione subdola, fondata su iniziative come la Nuova Via della Seta che spesso, per i partner, si trasforma in un pesante fardello debitorio». Attenzione, avverte Magaldi: tutto questo è avvenuto grazie a complicità strategiche, in Occidente, da parte dell’oligarchia “neoaristocratica” che ha scommesso sulla globalizzazione delle merci, ma non dei diritti. Una corsa che era sembrata inarrestabile, fino all’avvento della presidenza Trump, che ha imposto uno stop all’espansionismo cinese. A quel punto, con un tempismo più che sospetto (quasi fosse una contromossa geopolitica), è scattata l’emergenza Covid – che ha rivelato un intreccio opaco tra la Cina e le lobby Usa che fanno capo ad Anthony Fauci e Bill Gates. Collante internazionale, l’Oms (che in Italia ha praticamente “commissariato” il ministero della sanità). Di fatto, è il Belpaese – per intero – a esser stato messo al guinzaglio: parlano da sole le troppe “task force” messe in piedi dal governo Conte, in un paese il cui mainstream ha gonfiato in modo acritico i numeri del Covid, nell’attesa messianica di un ipotetico vaccino, ignorando dati essenziali come la bassissima letalità della patologia.Lo sottolinea l’Istituto Superiore di Sanità: meno del 4% le vittime senza altre malattie gravi. I media trascurano la presenza di risposte efficaci, dall’eparina al Plaquenil fino alla rivoluzionaria sieroterapia sperimentata a Mantova da Giuseppe De Donno. Ai medici, il Covid-19 non fa più così paura, ma guai a dirlo: verrebbe meno il “movente” per tenere sulla corda 60 milioni di italiani, nel frattempo scivolati sull’orlo di una catastrofe storica, grazie al tracollo dell’economia. «Se finora si è evitato il peggio – dice Magaldi – lo si deve alla Bce guidata dalla “sorella” Christine Lagarde, già esponente delle filiere oligarchiche della massoneria sovranazionale ma ora passata, come Draghi, al circuito progressista». Nessuna speranza che Conte e Gualtieri possano cavare un ragno dal buco: le loro richieste si infrangono a Bruxelles contro i “niet” opposti dalla governance neoliberista dell’Ue, che ha trasformato l’Europa – virtualmente, il continente più ricco del mondo – in una specie di malato cronico. Nella visione di Magaldi, proprio l’Italia è il terreno prescelto per uno scontro destinato a cambiare l’orizzonte. Ed è questo che spiega, anche, la “guerra” scatenata contro Salvini da magistrati che oggi – intercettati – rivelano la loro malafede. «Uno spettacolo in cui lo squallore prevale sull’indignazione».Ieri, il governo gialloverde si era limitato a indicare obiettivi, senza riuscire a raggiungerli. Devastante il dietrofront dei 5 Stelle, pronti a disattendere tutte le promesse elettorali, fino all’elezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue, nel segno dell’eterno ordoliberismo “teutonico”. «Quando si è accorto che lo stesso Conte faceva da tappo, rispetto a qualsiasi riforma (compreso lo sgravio fiscale invocato dalla Lega), Salvini ha staccato la spina, collocandosi giustamente in posizione di attesa». Sorretto dal Pd, Conte ha trascorso mesi vendendo promesse europee fondate solo sulle chiacchiere. E ora, fallimento dopo fallimento, lo stesso Conte s’è ridotto a sperare che l’emergenza Covid duri in eterno. «Gli stessi sondaggi, finalmente, documentano la verità: gli italiani esigono risposte, e capiscono che non è Conte a poterle dare». E’ tutta qui la contesa italiana dietro le quinte: i veri nemici della gestione “cinese” del Covid, fondata sulla paura di massa, puntano su Mario Draghi: intanto per salvare l’Italia dalla depressione, e poi per smontare l’ipocrisia Ue e dar vita a una stagione keynesiana basata sul massiccio intervento dello Stato nell’economia, pena la morte delle aziende. In questo senso, spiega Magaldi, il Movimento Roosevelt è pronto a fare la sua parte, in mille modi: anche con i flash-mob della Milizia Rooseveltiana e con il Sostegno Legale ai multati. Iniziative cui ora si aggiunge il Sostegno Psicologico agli italiani traumatizzati dalla “cura” Conte, il classico rimedio peggiore del male.E’ come se l’Italia avesse due problemi. Uno ce l’hanno in tanti: si chiama coronavirus. L’altro ce l’abbiamo solo noi, in esclusiva, e risponde al nome di Giuseppe Conte. L’ultima trovata, quella delle “ronde” anti-assembramenti, non si capisce se faccia più ridere o piangere. «Ha l’aria di qualcosa di fascistoide, questa ennesima vessazione nei confronti dei cittadini: prima non protetti adeguatamente dal contagio, poi costretti in casa per oltre due mesi, lasciati senza aiuti economici e ora anche colpevolizzati come untori, criminalizzati come responsabili di un disastro nazionale che invece è interamente imputabile all’incresciosa incapacità dell’esecutivo». Fa sul serio, Gioele Magaldi: «Se questa storia degli “assistenti civici” non è uno scherzo di pessimo gusto, alle ipotetiche “ronde” diamo appuntamento in tribunale, e prima ancora nelle strade: a contrastarle provvederà la Milizia Rooseveltiana, la formazione nonviolenta che stiamo approntando per vigilare su ogni violazione dei diritti democratici». Il Movimento Roosevelt ha già messo in campo il servizio di Sostegno Legale per i cittadini colpiti da sanzioni ingiuste durante il lockdown: vengono difesi, gratis, da avvocati volontari. «E adesso – avverte il presidente – attiveremo anche un servizio di Sostegno Psicologico, per supportare i troppi cittadini traumatizzati dalla scandalosa gestione italiana dell’emergenza».
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Bizzi: l’Obamagate spaventa Renzi e può travolgere Conte
In un mio saggio pubblicato nel 2017, “La Crisi della Repubblica dei Partiti: dal crollo del Muro di Berlino a Tangentopoli” (Edizioni Aurora Boreale), incentrato sui reali motivi che decretarono la fine della cosiddetta Prima Repubblica, e con essa il funerale del primato della politica, la svendita del nostro paese ai grandi potentati della finanza internazionale e la definitiva perdita della nostra sovranità monetaria, avevo denunciato chiaramente un qualcosa di molto grave, che gli italiani ancora oggi (a distanza di quasi trent’anni) continuano a non capire. Ovvero, che una certa sinistra (leggasi Pci-Pds-Ds), già di per sé profondamente in crisi politica e ideologica in seguito alle ripercussioni della caduta del Muro di Berlino, vistasi sfumata ogni concreta possibilità di arrivare al governo del paese, non esitò, pur di garantirsi un futuro politico, a siglare un vero e proprio “patto col diavolo”, prostituendosi ai burattinai della grande finanza internazionale, alle lobby di Bruxelles e a organizzazioni criminali quali il Gruppo Bilderberg e la Commissione Trilaterale. E fece questo con l’appoggio e l’attiva partecipazione del Deep State americano, attraverso l’operato di uomini della Cia e dell’Fbi.Si scatenò così la tempesta mediatico-giudiziaria di Tangentopoli, con l’obiettivo (perfettamente riuscito, direi) di decapitare e annientare un’intera classe politica (ad eccezione, ovviamente, dell’ex Pci) che era ormai diventata un ostacolo per la realizzazione di certi piani, per distruggere la nostra economia e per asservirla completamente a chi sappiamo. La storia ci insegna che ciò che è già successo può assai facilmente succedere di nuovo, per quanto possano cambiare i tempi e gli scenari. Quindi, in seguito alla rivoluzione inarrestabile ormai in atto negli Stati Uniti con la presidenza di Donal Trump, e con l’esplosione della tempesta dell’Obamagate, ritengo estremamente probabile che una nuova Tangentopoli stia per travolgere ancora una volta l’Italia, sempre innescata da Washington. Ma questa volta non sarà innescata da un Deep State ormai in fase di chiaro smantellamento. Sarà innescata da quella parte sana dell’Fbi e della Cia che sta portando allo scoperto la verità.E sarà una Tangentopoli ancora più devastante, perché andrà inesorabilmente a colpire e a perseguire tutte quelle forze politiche e quei personaggi (anche della cosiddetta “opposizione”) colpevoli di aver asservito l’Italia a dei poteri mostruosi e criminali, e di aver calpestato e represso le nostre libertà civili e costituzionali con il pretesto di una falsa pandemia, applicando un’agenda che è stata scritta e pianificata non nelle aule parlamentari, ma nelle segrete stanze del Bilderberg e dell’Oms. Lo spettro di questa nuova Tangentopoli, che ritengo ormai imminente e inevitabile, comincia a far tremare molte poltrone, perché essa, a differenza di quella del ’92, potrà avere un effetto diametralmente inverso: potrebbe portare l’Italia a liberarsi dalle pesanti catene che fino ad oggi ci hanno costretti, come schiavi, nei recessi del Tartaro e potrebbe restituirci la sovranità nazionale e quella monetaria. Molti italiani, oggi succubi della paura e abituati ad obbedire e a non pensare, potrebbero restare scioccati e sconvolti. Ma, si sa, l’uscita dalla caverna – come ci ha insegnato Platone oltre due milleni fa – non è mai facile, per quanto sia necessaria.Molti italiani, dimostratisi purtroppo negli ultimi mesi in buona parte un popolo di pecore facilmente asservibili e suggestionabili, inizialmente non capiranno la portata di certi eventi e, come fecero nel 1992, faranno emergere il loro lato più giacobino e giustizialista sputando addosso e lanciando monetine ai personaggi politici che via via saranno arrestati. Quegli stessi personaggi che fino a ieri hanno votato! Vi riporto adesso la sintesi di alcune informazioni che ho ricevuto questa mattina da mie fonti riservate. Leggetele con attenzione e traetene le vostre conclusioni. Durante le scorse primarie per le elezioni presidenziali, Hillary Clinton e il Comitato Nazionale Democratico, attraverso lo studio legale Perkins Cole, affidarono alla Fusion Gps (un’azienda di ricerca commerciale e intelligence strategica con base a Washington Dc) l’incarico di ricercare materiale compromettente su Donald Trump, dietro il pagamento di 1,02 milioni di dollari. A giugno del 2016 la Fusion Gps ingaggiò allora l’ex agente segreto britannico Christopher Steele per compilare un dossier pieno di informazioni, che si sarebbero poi rivelate infondate, su Trump e la Russia (la Russia avrebbe “coltivato” il candidato Trump per cinque anni, gli avrebbe fornito informazioni sugli avversari politici, avrebbe coperto i suoi “festini” a Mosca, etc.).Il 5 luglio Steele fece pervenire il dossier sia all’Fbi che all’intelligence britannica; più tardi, nello stesso mese, l’allora capo della sezione controspionaggio dell’Fbi, Peter Strzok, iniziò a supervisionare un’inchiesta su una possibile interferenza russa nel processo elettorale americano, inclusa la possibile collusione con la campagna di Trump. Lo stesso Steele passò il dossier a Bruce Ohr, quarto funzionario in grado al Dipartimento della Giustizia e marito di Nellie Ohr, impiegata presso la Fusion Gps. Sempre in luglio, Steele iniziò a diffondere il contenuto del dossier in varie interviste alla stampa. Ad agosto, l’allora direttore dell’Fbi James Comey e l’allora direttore della Cia John Brennan entrarono di peso nella vicenda, spingendo per azioni contro Trump sulla base del dossier. In settembre, Steele fece pervenire il dossier al Dipartimento di Stato e a ottobre venne ingaggiato dall’Fbi per proseguire le indagini su Trump anche dopo le elezioni, per poi essere licenziato dopo un’intervista non autorizzata. Intanto, tutti gli attori in gioco continuavano la campagna stampa. Parallelamente, al suo interno, l’Fni aveva già giudicato il dossier non verificabile e inaffidabile.In tutto questo verminaio non potevano mancare gli italioti, e le indagini americane hanno messo in evidenza abbastanza chiaramente l’intervento di una manina tricolore, nella costruzione della pantomima Russiagate. Dobbiamo ricordarci che non è la prima volta che una cosa simile accade. Si verificò negli anni ’80 con il Billygate, per far perdere la rielezione di Carter con lo scandalo legato al fratello (Pietro Musumeci, ex vice capo del Sismi, e il tenente colonnello Giuseppe Belmonte, furono imputati dal Pm Sica, che trovò le prove che furono i due del Sismi ad architettare lo scandalo di Billy Carter, fratello dell’ex presidente degli Stati Uniti, per favorire Ronald Reagan nella campagna elettorale del 1980), si ripresentò nel 2002 con il Nigergate, che fornì le prove false della presenza di armi atomiche in mano a Saddam. L’intervento militare in Iraq, voluto da Bush e da Blair, venne ufficialmente giustificato da due rivelazioni dei servizi di intelligence statunitensi e inglesi; in sostanza, Saddam Hussein aveva tentato di procurarsi uranio grezzo (yellowcake) in Niger, per arricchirlo con centrifughe costruite con tubi di alluminio importati dall’Europa. Alla costruzione del dossier “bufala”, si stabilirà poi che collaborarono alcuni uomini del Sismi.Il 9 ottobre del 2019 (dieci giorni prima del rilascio del Covid-19 a Wuhan), due settimane dopo l’incontro con il ministro della giustizia William Barr, anche il direttore della Cia, Gina Haspel, viene a Roma per incontrarsi con i vertici dell’intelligence: Gennaro Vecchione (Dis), Luciano Carta (Aise), e Mario Parente (Aisi). La Haspel, sorprendentemente, ha organizzato anche un incontro con l’ex direttore dell’Aise, Alberto Manenti. E sia Parente che Manenti erano in carica nel 2016, quando uomini dei servizi segreti americani potrebbero aver cooperato con quelli italiani, e durante il 2017 e 2018, quando l’oscuro personaggio Mifsud si nascondeva a Roma. Secondo gli investigatori americani, ci sono chiare evidenze che qualcuno in Italia stia spudoratamente mentendo, e pare che l’attuale premier sia sulla graticola. Per questo motivo il direttore della Cia si sarebbe preso la briga di venire personalmente a Roma. Per tre mesi, dal 24 giugno al 27 settembre, all’interno dei servizi italiani, l’ufficio sicurezza interna ha indagato in segreto sull’operato dei due governi a guida Pd, per verificare se si fossero verificati comportamenti non del tutto regolari a favore dell’allora presidente Obama e del suo segretario di Stato Hillary Clinton, per boicottare Trump nel 2016.Vale la pena ricordare che nello stesso periodo Conte ha fatto accordi importanti con due protagonisti di quella fase: ha formato un nuovo governo grazie a un accordo ispirato da Matteo Renzi (attuale suo sostenitore), uno dei due premier sul cui operato stava indagando l’intelligence, e ha nominato alla Commissione Europea il secondo, Paolo Gentiloni. Ogni prova di eventuali irregolarità commesse da Renzi o da Gentiloni farebbe esplodere il governo e metterebbe lo stesso Giuseppe Conte di fronte a enormi problemi giudiziari. Le cose diventeranno molto più chiare a tutti quando verrà pubblicata la relazione e i media mainstream italiani non potranno ignorare la portata devastante di certe rivelazioni. La libertà forse per l’Italia è già dietro l’angolo… Ma la domanda è un’altra: gli italiani se la meritano?(Nicola Bizzi, “La tempesta dell’Obamagate e la nuova Tangentopoli in arrivo”, dalla pagina Facebook di Bizzi del 17 maggio 2020).In un mio saggio pubblicato nel 2017, “La Crisi della Repubblica dei Partiti: dal crollo del Muro di Berlino a Tangentopoli” (Edizioni Aurora Boreale), incentrato sui reali motivi che decretarono la fine della cosiddetta Prima Repubblica, e con essa il funerale del primato della politica, la svendita del nostro paese ai grandi potentati della finanza internazionale e la definitiva perdita della nostra sovranità monetaria, avevo denunciato chiaramente un qualcosa di molto grave, che gli italiani ancora oggi (a distanza di quasi trent’anni) continuano a non capire. Ovvero, che una certa sinistra (leggasi Pci-Pds-Ds), già di per sé profondamente in crisi politica e ideologica in seguito alle ripercussioni della caduta del Muro di Berlino, vistasi sfumata ogni concreta possibilità di arrivare al governo del paese, non esitò, pur di garantirsi un futuro politico, a siglare un vero e proprio “patto col diavolo”, prostituendosi ai burattinai della grande finanza internazionale, alle lobby di Bruxelles e a organizzazioni criminali quali il Gruppo Bilderberg e la Commissione Trilaterale. E fece questo con l’appoggio e l’attiva partecipazione del Deep State americano, attraverso l’operato di uomini della Cia e dell’Fbi.
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La Germania: niente soldi all’Italia. Capito, Pd e 5 Stelle?
Gli “europeisti” italiani, da Gentiloni e Sassoli, passando per Zingaretti e Bersani, lo stesso Conte il suo ministro Gualtieri, prendano nota: la Germania boccia il diritto della Bce di assistere i paesi travolti dal Covid. Lo conferma la storica sentenza con cui la Corte Costituzionale di Karlsruhe il 5 maggio ha condannato il governo e il Parlamento tedesco, imponendo alla Bundesbank di partecipare ai programmi della Bce solo a patto che il “quantitative easing” favorisca la Germania. «Cari italiani, non vi lasceremo soli», annunciò oltre un mese fa – parlando in italiano – la presidente tedesca della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, votata dal Pd ed eletta con il contributo determinante dei 5 Stelle, oggi letteralmenre scomparsi dai radar (se non per il viceministro della sanità Sileri che preannncia il vaccino obbligatorio come precondizione per riottenere la libertà). Due anni fa, quando Mattarella sbarrò a Paolo Savona le porte del ministero dell’economia, temendo la reazione contraria dei “mercati” (più decisivi, quindi, della volontà degli elettori italiani), l’euro-commissario tedesco Günther Oettinger si affrettò a “ricordare” che sarebbe stata proprio la finanza privata a «insegnare agli italiani come votare». Fallito nel 2019 il governo gialloverde, la sua attuale controfigura – il Conte-bis – ora rischia di schiantarsi contro l’ennesimo “niet” proveniente dalla Germania: niente soldi, per voi italiani, neppure di fronte alla catastrofe del coronavirus.Come osserva Stelio Mangiameli sul “Sussidiario”, siamo di fronte all’inizio della fine dell’Ue. Il cuore profondo della Germania bancaria, che si esprime oggi attraverso la corte di Karlsruhe, è pronto a tutto: sfidando la Bce, intende «fermare il processo di integrazione europeo sul bagnasciuga dell’intergovernativo e della perfetta simmetria», anche se questo dovesse costare «la vita all’euro e all’Unione Europea». La Germania, peraltro – ricorda Mangiameli – non ha mancato un solo appuntamento, dal 1992 (Trattato di Maastricht) «per avvantaggiarsi quanto meglio e di più, a cominciare dalla fissazione del cambio dell’euro, con il quale fece pagare agli altri, compresa l’Italia, i costi della sua riunificazione». Poi, durante la crisi economica e nella vicenda greca, «ne approfittò, consentendo ai trust tedeschi di fare acquisti di infrastrutture greche importanti (come gli aeroporti)», e tutto questo «dopo avere imposto alla Grecia la ristrutturazione del debito che in origine era modesto, e che fu fatto lievitare con i programmi di “aiuto”». A seguire, il governo tedesco «ha praticato il “bail-in” con l’intervento diretto per salvare le banche tedesche che avevano in pancia un’enorme quantità di titoli tossici», e l’ha fatto «giusto in tempo per imporre all’Italia il divieto, grazie alla direttiva del 2014».Adesso, in piena crisi da Covid-19, con la sospensione del divieto degli aiuti di Stato «il governo tedesco si accinge a varare un programma di sostegno all’industria tedesca di mille miliardi di euro», che però non serve a sostenere la piccola e media industria (bar, ristoranti, artigiani, professionisti) ma serve a «dare vita ad un grande processo di innovazione del sistema industriale», al punto che la stessa Commissione Europea «ha avanzato dei dubbi sulla legittimità delle dimensioni dell’intervento finanziario tedesco, squilibrato rispetto agli intendimenti avuti dalle istituzioni europee nel permettere gli aiuti». Ora, la Corte Costituzionale di Germania chiede conto alla Bce di come ha investito i soldi per i programmi di acquisto dei titoli, «come se fosse un segreto». Nel bilancio della banca centrale, spiega sempre Mangiameli, ci sono 2.189 miliardi di euro di titoli di Stato dei paesi dell’Eurozona: 534 miliardi sono titoli tedeschi, 452 miliardi sono francesi e 393 miliardi sono titoli di Stato italiani. Per Mangiameli, la corte tedesca «viola il principio del primato del diritto europeo». Non solo: infrange il giudicato della sentenza della Corte di Giustizia (C-493/17) del dicembre del 2018 e viola, per eccesso di giurisdizione, gli articoli 267 e 344 del Tfue, il Trattato di Lisbona. In più, accusa in modo infondato la Bce di agire fuori dalle sue competenze. «E, in modo poco responsabile, non si rende conto che sono state proprio quelle decisioni della Bce che hanno salvato l’euro».Attenzione: in tutti questi anni, fa notare sempre Mangiameli, proprio la Germania «ha violato ripetutamente i trattati europei, con il surplus di esportazioni e con tutte le furbizie che in ogni ordinamento si possono escogitare, violando il principio della leale collaborazione che vincola gli Stati membri». Tutto questo, è stato sempre tollerato dall’Ue «per deferenza ingiustificata» verso Berlino. Il cui abuso sistematico è stato tollerato anche dal governo francese, in quel caso «in cambio dello sforamento ripetuto del deficit di bilancio», da parte di Parigi. Noi italiani invece lo abbiamo tollerato in cambio di niente, senza contropartita: perché? «Con molta probabilità – risponde Mangiameli – perché la nostra classe politica non sa fare la politica europea, così come quella interna. Basti considerare cosa è accaduto in questi due mesi di emergenza in Germania e in Italia. In terra tedesca la sanità e l’emergenza civile è competenza dei Länder e il governo federale s’è guardato bene dall’intervenire, lì ha semplicemente sentiti; e sono stati i Länder tedeschi a decidere di accogliere i malati di Covid-19 dall’Italia».In Italia, il governo Conte «ha mostrato di non avere alcun peso a livello europeo». Sul piano interno «si è preoccupato dell’audience, nei social e nelle televisioni», quindi «ha promesso risorse per superare la crisi economica». Ma finora, riconosce Mangiameli, ha distribuito pochissimo. Peggio: «Ha preteso una quantità di potere enorme, violando le regole sui diritti costituzionali e sfidando le Regioni, anziché soccorrerle, come avrebbe dovuto fare». E l’unica preoccupazione reale che ha avuto, alla fine, è stata quella di «impugnare le ordinanze delle Marche e della Calabria». E adesso, Conte – che aveva appena venduto agli italiani il “successo” del Recovery Fund (solo chiacchiere, lo avevano prontamente smentito i media tedeschi) – sbatte il naso contro la porta che la Gemania gli chiude in faccia – a lui e a 60 milioni di italiani, a cominciare dal presidente Mattarella. La voce del Quirinale s’era levata solo dopo l’iniziale provocazione di Christine Lagarde: la neopresidente della Bce aveva precisato (non richiesta) che alla banca centrale non spettava l’obbligo di calmare gli spread. Una mossa calcolata, evidentemente, per suscitare reazioni contrarie (puntualmente arrivate), così da sbloccare finalmente la Bce attivando l’acquisto di titoli di Stato per supportare il deficit aggiuntivo causato dai costi dell’emergenza Covid.Non solo: nei giorni scorsi, un grande analista economico come il tedesco Wolfgang Münchau (”Financial Times”) aveva salutato con favore il recentissimo piano messo a punto dalla Lagarde: un programma inaudito di aiuti, pari a qualcosa come 3 trilioni di euro. In altre parole: helicoptery money, per cancellare – una volta per tutte – il falso dogma della scarsità di moneta, su cui si è finora basata la spaventosa austerity europea (di cui si sono avvantaggiati solo la Germania e i sui satelliti come l’Olanda, che pratica la pirateria fiscale attraendo le grandi aziende italiane a cominciare dall’ex Fiat, oggi proprietaria di “Repubblica” e “Espresso” oltre che della “Stampa”). Proprio la “minaccia” della Bce – soldi per tutti, finalmente, e in quantità mai vista – deve aver innescato l’altolà tedesco, che ora compromette seriamente il futuro della stessa Unione Europea. La brutalità del “pronunciamento” tedesco è la peggiore delle risposte alla clamorosa lettera con cui Mario Draghi, sul “Financial Times”, due mesi fa annunciava la necessità di una svolta storica: basta rigore, perché stavolta – senza una massiccia iniezione di denaro pubblico, erogato subito e senza condizioni – la nostra economia andrebbe incontro a un collasso catastrofico.Nonostante questo, il governo Conte ha cincischiato fino all’ultimo – senza concludere nulla, finora – con la tentazione del Mes: all’Italia sarebbero “regalati” solo 35 miliardi (vincolati alla sola spesa sanitaria) per poi indurre il paese – che per riprendersi ha bisogno di centinaia di miliardi – ad accettare il maxi-prestito aggiuntivo, sempre del Mes, da restituire in tempi brevi e a condizioni insostenibili. Solo qualche giorno fa, l’inaudito Bersani si schierava con la Germania e contro l’Italia “spendacciona” e fiscalmente inaffidabile. Ora da Karlsruhe proviene un vero e proprio atto di guerra contro il nostro paese: riusciranno, gli italiani, a capire davvero quello che sta succedendo? Riusciranno una buona volta a liberarsi degli “europeisti” formato Bersani e Gualtieri, che lavorano da sempre (consapevoli o meno) per il Re di Prussia? Se si guarda all’attuale compagine di governo, c’è da mettersi a piangere: Conte paralizza il paese lasciandolo senza soldi e raccontandogli che avrebbe strappato alla Germania chissà quali concessioni, e dal canto suo Zingaretti (mentre la Lombardia scopre la cura sierologica contro il Covid) annuncia in modo surreale che costringerà gli abitanti del Lazio a sottoporsi al vaccino antinfluenzale. Quanto ai 5 Stelle, cioè la forza politica più rappresentata in Parlamento, di loro si sono perse le tracce: l’unico a finire sui giornali è il signor Rocco Casalino, prestigioso spin doctor di Conte, già indimenticabile tronista televisivo del Grande Fratello.Sarà il dramma economico che ora incombe sul paese a scatenare l’unica possibile reazione, cioè il recupero della sovranità finanziaria per evitare il tracollo? E’ evidente che, di fronte all’ennesima provocazione tedesca (stavolta inaudita, gravissima), si imporrebbe un governo di salvezza nazionale, che abbandoni la linea del finto trattativismo servile e perdente, sin qui perseguita a partire dalla caduta del governo Berlusconi nel 2011. Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e Conte: suonatori diversi, ma stessa musica. L’economista Nino Galloni ha in tasca un Piano-B, attuabile immediatamente e senza neppure violare i trattati europei: emettere moneta nazionale, parallela e non a debito, in quantità sufficiente per riaprire aziende, negozi e ristoranti. Dal canto suo, Draghi vede un’unica possibilità all’orizzonte: fare tabula rasa di tutti i vincoli europei, pena la morte del sistema economico italiano. Se la Germania oggi usa la foglia di fico della sua Corte Costituzionale per essere sleale con l’Europa e con l’Italia anche di fronte al coronavirus, non si vede come il vecchio quadro europeo si possa ricomporre. Né di capisce come Conte, Casalino, Gualteri e l’ectoplasmatico Di Maio possano in alcun modo traghettare l’Italia fuori dall’incubo.Gli “europeisti” italiani, da Gentiloni e Sassoli, passando per Zingaretti e Bersani, lo stesso Conte il suo ministro Gualtieri, prendano nota: la Germania boccia il diritto della Bce di assistere i paesi travolti dal Covid. Lo conferma la storica sentenza con cui la Corte Costituzionale di Karlsruhe il 5 maggio ha condannato il governo e il Parlamento tedesco, imponendo alla Bundesbank di partecipare ai programmi della Bce solo a patto che il “quantitative easing” favorisca la Germania. «Cari italiani, non vi lasceremo soli», annunciò oltre un mese fa – parlando in italiano – la presidente tedesca della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, votata dal Pd ed eletta con il contributo determinante dei 5 Stelle, oggi letteralmenre scomparsi dai radar (se non per il viceministro della sanità Sileri che preannncia il vaccino obbligatorio come precondizione per riottenere la libertà). Due anni fa, quando Mattarella sbarrò a Paolo Savona le porte del ministero dell’economia, temendo la reazione contraria dei “mercati” (più decisivi, quindi, della volontà degli elettori italiani), l’euro-commissario tedesco Günther Oettinger si affrettò a “ricordare” che sarebbe stata proprio la finanza privata a «insegnare agli italiani come votare». Fallito nel 2019 il governo gialloverde, la sua attuale controfigura – il Conte-bis – ora rischia di schiantarsi contro l’ennesimo “niet” proveniente dalla Germania: niente soldi, per voi italiani, neppure di fronte alla catastrofe del coronavirus.