Archivio del Tag ‘Corazzata Potemkin’
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Torino-Lione: la Corazzata Potëmkin sopravvive a tutto
In questa Italia ormai incommentabile, sembra inverosimile che nel 2013 l’ottimo Luca Rastello (compianto giornalista di “Repubblica”) abbia potuto scrivere, con Andrea De Benedetti, l’esemplare saggio “Binario morto”, sul castello di bufale degli inesistenti treni veloci europei. Massima supercazzola, irraggiungibile: l’alta velocità per le merci, che non esiste al mondo. Logico, quindi, che sul Binario Morto in cui è parcheggiato il Belpaese si spillino ancora, nel 2021, gli ultimi fantastiliardi per la madre di tutte le idiozie, la linea Tav Torino-Lione: una creatura favolosa, capace di rivaleggiare con il Liocorno e l’Araba Fenice. Mitologia ferroviaria per veri cialtroni e fuoriclasse dell’imbroglio, in un habitat socio-mentale in cui non c’è più niente che non sia solo mitologico, dal Male Irrimediabile alla Salvezza Universale. Davvero, non ci si crede: eppure, la Corazzata Potëmkin del terzo millennio non è ancora affondata. Anzi: è pronta a fare danni, ancora, bombardando quel che resta dell’intelligenza nazionale.E’ davvero incredibile, la storia infame della grande opera più inutile del secolo, presentata come avveniristico segmento del magico corridoio Kiev-Lisbona quando ancora il Portogallo non aveva bocciato l’alta velocità, la capitale ucraina non era ancora diventata l’epicentro della nuova guerra fredda e la stessa Cina – con la sua suadente, prodiana e dalemiana Via della Seta – sembrava ancora la possibile, nuova patria esotica di un futuro velocissimo, di benessere low-cost a portata di mano. Poi è successo di tutto: il crollo della Borsa e gli strilli di Occupy Wall Street, il giro di vite nazistoide dell’austerity europea con il martirio della Grecia, l’esplosione degli spread e del precariato, la disoccupazione a livelli storici, lo schianto dell’Unione Europea come rottame inservibile. L’italico museo degli orrori ha esibito Monti e Napolitano, poi Letta, quindi il populismo di Renzi, Grillo e Salvini, infine l’avvocato del Vaticano e ora la sfinge della Bce. Di tutto è passato, sotto i ponti: dal malaugurio di Greta a quello di Bill Gates, dal Grande Reset di Davos a quello delle zone rosse. Ma niente, la Corazzata Potëmkin è ancora ormeggiata in valle di Susa.Le ultime cronache nauseabonde riportano i soliti sciagurati scontri tra la polizia e i manifestanti, irritati dai preparativi per l’ennesimo cantiere: si tratterebbe si spostare a valle l’attuale autoporto di Susa, per fare spazio – finalmente – al cantiere vero, quello del tunnel ferroviario lungo 54 chilometri. Forse, prima dell’Anno Tremila vedrà la luce, giusto per entrare nel Guiness dei Primati e battere il record del mondo, quello dell’infrastruttura più costosamente inutile della storia terrestre. Lo spiegava Luca Rastello nel suo libro, sulla scorta di centinaia di pagine di studi tecnici: quella ferrovia (doppione di quella già esistente, che collega Torino a Lione tramite il traforo valsusino del Fréjus) non servirà mai a null’altro che ad ingrassare i suoi fortunati costruttori, una gran bella filiera di aziende (cantieristiche e finanziarie) strettamemte collegate alla politica. Nel 2005, quando la valle di Susa insorse per opporvisi, raccontavano che la super-ferrovia sarebbe servita a trasportare passeggeri. Smentiti, i proponenti hanno dovuto cambiare le carte in tavola: ora dicono che servirebbe a veicolare le merci, a velocità elevata.Tutti gli specialisti del mondo (tutti quelli non pagati dalla cordata Tav) ribadiscono, fino alla nausea, che il problema della logistica è la puntualità, non la rapidità. Dal professor Marco Ponti in giù, inclusi i massimi esperti europei, ripetono che della Torino-Lione non c’è nessun bisogno, e che la linea attuale (la Torino-Modane) è letteralmente deserta, per l’assenza di merci (che non ci sono, e secondo ogni previsione non ci saranno mai). E dunque, che fare? Ovvio: insistere con la Torino-Lione, anche se svariate autorità francesi – inclusa la Corte dei Conti di Parigi – l’hanno reputata troppo costosa, rispetto agli scarsissimi, eventuali benefici che comporterebbe, nel caso ci fosse un improbabilissimo boom del trasporto merci lungo l’attuale Binario Morto così ben documentato da Luca Rastello. C’è anche il Covid, oggi: il paese è disastrato dalle restrizioni, in un anno ha perso oltre mezzo milione di aziende. C’è fame di lavoro e cantieri intelligenti, di infrastrutture utili. I folli gestori dell’emergenza – che hanno imposto distanziamento, lockdown e coprifuoco – non hanno pensato di raddoppiare bus e treni: si ancora viaggia stipati, come prima. Ma la Corazzata Potëmkin, quella no: guai a toccarla, è sacra.In questa Italia ormai incommentabile, sembra inverosimile che nel 2013 l’ottimo Luca Rastello (compianto giornalista di “Repubblica”) abbia potuto scrivere, con Andrea De Benedetti, l’esemplare saggio “Binario morto”, sul castello di bufale dei leggendari treni veloci europei. Massima supercazzola, irraggiungibile: l’alta velocità per le merci, che non esiste al mondo. Logico, quindi, che sul Binario Morto in cui è parcheggiato il Belpaese si spillino ancora, nel 2021, gli ultimi fantastiliardi per la madre di tutte le idiozie, la linea Tav Torino-Lione: una creatura favolosa, capace di rivaleggiare con il Liocorno e l’Araba Fenice. Mitologia ferroviaria per veri cialtroni e fuoriclasse dell’imbroglio, in un habitat socio-mentale in cui non c’è più niente che non sia solo mitologico, dal Male Irrimediabile alla Salvezza Universale. Davvero, non ci si crede: eppure, la Corazzata Potëmkin del terzo millennio non è ancora affondata. Anzi: è pronta a fare danni, ancora, bombardando quel che resta dell’intelligenza nazionale.
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Galloni: Greta e i Gretini sono come la Corazzata Potemkin
Vi ricordate Fantozzi con la Corazzata Potemkin? Alla cinquantesima proiezione del noto film di Eisenstein al circolo dei nostalgici della Rivoluzione Russa ebbe il coraggio di urlare: è una boiata pazzesca! Con ciò nessuno voleva insultare né la rivoluzione né i bolscevichi, ma solo il culto, il rito che niente ha a che fare con lotte e rivendicazioni. Del pari, oggi, tutti abbiamo piena consapevolezza della centralità della questione ambientale; ma la piccola scienziata, che improvvisamente raggiunge l’attenzione di centinaia di televisioni e giornali, non l’ha bevuta quasi nessuno. O meglio, nessuno che abbia un minimo di esperienza in materia ignora che dietro c’è ben altro. Prima di cercare di capire cosa è questo ben altro, vediamo di fare il punto su due aspetti: la situazione ambientale e cosa potrebbe bollire nella pentola di chi controlla mass media e non solo. Allora: il surriscaldamento del pianeta c’è, ma varia notevolmente da zona a zona; inoltre, ciascuno sa che il pianeta stesso ha affrontato numerosissime volte surriscaldamenti e raffreddamenti estremi. Meno noto, ma non ignoto, è che l’anidride carbonica prodotta dall’azione dell’uomo (che è raddoppiata dalla rivoluzione industriale a oggi) rappresenta circa il 2% del totale dei gas serra, che con l’uomo c’entrano ben poco, ma senza i quali la vita sulla Terra non sarebbe possibile.Il surriscaldamento, quindi, non attenta alla vita sulla Terra e non è causato dall’uomo, ma attenta alla vita dell’uomo perché la cosiddetta antropizzazione ha raggiunto livelli e intensità e caratteristiche che non si erano mai registrate in precedenza. Quindi non si tratterà di fermare il surriscaldamento (cosa impossibile) come dicono Greta e i suoi seguaci Gretini, ma di affrontarlo coordinando e predisponendo tutta la immensa strumentazione tecnologica disponibile senza farci perdere altro tempo, cosa che stanno facendo Greta, Gretini e vari pseudoscienziati candidati a qualche improbabile premio internazionale. Al contrario, è molto grave che latitino le iniziative contro l’invasione delle plastiche e l’inquinamento, così nocivo per la salute (speriamo che l’esempio della Puglia e di altri che stanno bandendo le plastiche sia seguito); né è accettabile che ancora si parli di rifiuti invece che di risorse, e che l’economia circolare sia guardata solo come una curiosità. Eppoi di che parliamo, se da decenni case e uffici vengono costruiti utilizzando materiali che si surriscaldano al primo raggio di sole e gelano al primo vento freddo? Non dico di tornare ai trulli e ai nuraghi, ma insomma…E veniamo all’altro aspetto. Visto che a nessuno è sfuggita la concomitanza tra successo mediatico dell’operazione Greta e momento-prospettive di crisi del sistema economico finanziario (crisi che richiede cambi di paradigma che metterebbero all’angolo i poteri forti), perché non pensare che questi ultimi temano l’introduzione di tecniche che produrrebbero energia, cibo e quant’altro a costo zero? Anche l’ultimo velo della scarsità monetaria sta per saltare e, con esso, la supremazia dei potenti; allora risulta chiaro che il freno allo sviluppo appare un utile diversivo, per chi vuole contrastare un’evoluzione della dinamica storica che pone le basi per il superamento dei vecchi equilibri tra popoli sottomesssi e oligarchie dominanti.(Nino Galloni, “Greta, Gretini e la Corazzata Potemkin”, da “Scenari Economici” del 16 marzo 2019).Vi ricordate Fantozzi con la Corazzata Potemkin? Alla cinquantesima proiezione del noto film di Eisenstein al circolo dei nostalgici della Rivoluzione Russa ebbe il coraggio di urlare: è una boiata pazzesca! Con ciò nessuno voleva insultare né la rivoluzione né i bolscevichi, ma solo il culto, il rito che niente ha a che fare con lotte e rivendicazioni. Del pari, oggi, tutti abbiamo piena consapevolezza della centralità della questione ambientale; ma la piccola scienziata, che improvvisamente raggiunge l’attenzione di centinaia di televisioni e giornali, non l’ha bevuta quasi nessuno. O meglio, nessuno che abbia un minimo di esperienza in materia ignora che dietro c’è ben altro. Prima di cercare di capire cosa è questo ben altro, vediamo di fare il punto su due aspetti: la situazione ambientale e cosa potrebbe bollire nella pentola di chi controlla mass media e non solo. Allora: il surriscaldamento del pianeta c’è, ma varia notevolmente da zona a zona; inoltre, ciascuno sa che il pianeta stesso ha affrontato numerosissime volte surriscaldamenti e raffreddamenti estremi. Meno noto, ma non ignoto, è che l’anidride carbonica prodotta dall’azione dell’uomo (che è raddoppiata dalla rivoluzione industriale a oggi) rappresenta circa il 2% del totale dei gas serra, che con l’uomo c’entrano ben poco, ma senza i quali la vita sulla Terra non sarebbe possibile.
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Reclus: la strage degli animali prepara guerra e genocidio
Il reduce della Comune di Parigi ha scritto acutamente circa il processo che permette agli esseri umani di commettere la violenza sugli animali, «un processo che potremmo chiamare di socializzazione specista», afferma Hochschartner. La reazione inorridita di un bambino di fronte allo sfruttamento degli animali «svanisce nel tempo, cedendo davanti alla perniciosa influenza dell’educazione quotidiana», ha dichiarato Reclus. «I genitori, gli insegnanti, in modo ufficiale o amichevole, i medici, per non parlare del singolo potente che noi chiamiamo “tutti”, lavorano tutti quanti insieme per “indurire” il carattere del bambino rispetto a questo alimento a quattro zampe che, tuttavia, ama come facciamo noi, e sente come noi».Forse anticipando il lavoro di scrittori come Joan Dunayer, Reclus ha riconosciuto il ruolo dei giochi linguistici nel negare o razionalizzare lo sfruttamento degli animali. «Gli animali sacrificati per l’appetito dell’uomo sono stati sistematicamente e metodicamente resi orrendi, informi, e sviliti in intelligenza e valore morale», ha scritto Reclus. «Anche il nome degli animali è stato trasformato, il cinghiale viene utilizzato come grossolano insulto, la massa di carne che vediamo sguazzare nelle piscine rumorose è talmente ripugnante da guardare che evitiamo ogni somiglianza tra il nome della bestia e quello dei piatti che se ne ricavano». Naturalmente, Reclus credeva nel collegamento tra la violenza sugli animali e quella contro gli esseri umani: «C’è poi così tanta differenza tra il corpo morto di una giovenca e quello di un uomo?».«Gli arti mozzati, le interiora mescolate uno con l’altro, sono molto simili», scrive Reclus. «Il massacro del primo rende facile l’omicidio del secondo, soprattutto quando fuori squilla l’ordine di un leader, o da lontano arriva la parola del maestro incoronato, “essere senza pietà”». Elisée Reclus è morto nel 1905 all’età di 75 anni. «Si dice che i suoi ultimi giorni siano stati resi particolarmente felici dalla notizia della rivoluzione popolare in Russia», secondo Camille Martin e John P. Clark. «Morì poco dopo aver sentito della rivolta dei marinai sulla corazzata Potemkin».Si illude, chi crede che macellare un vitello sia poi tanto diverso dal massacrare un cristiano: e non capisce che l’assuefazione alla strage quotidiana degli animali ci “prepara” all’indifferenza verso l’omicidio, la guerra, il genocidio. Parola di Elisée Reclus, anarchico francese e geografo nonché vegetariano militante: aveva, per l’epoca, idee molto progressiste riguardo ai diritti degli animali. Servendo come membro della milizia, partecipò attivamente alla rivolta che diede vita alla mitica Comune di Parigi del 1871, storica ribellione della classe operaia che lo stesso Marx definì «il presagio glorioso di una nuova società». Dopo la sua cattura da parte delle forze governative, Reclus venne inizialmente deportato in Nuova Caledonia, remoto arcipelago al largo delle coste dell’Australia. Ma grazie all’intervento dei suoi sostenitori, che secondo alcune fonti includevano anche Charles Darwin, una nuova sentenza ridusse la distanza del confino, permettendogli di vivere in Svizzera.