Archivio del Tag ‘disinformazione’
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Kultura italiana in Italia, benvenuti nel chiasso del nulla
Kultura italiana in Italia = ultimo modello di smartphpone; ultimo modello di tablet; ultimo modello di app; ultimo modello di televisore; ultimo modello di auto; lavare l’auto col detersivo nel cortile di casa; squadra di calcio, comprensiva di allenatore, presidente e bilancio; Tg1; Tg5; la cronaca nera; Renzusconi; il Bunga Bunga; l’evasione fiscale; le escort; le veline; la moglie trofeo; la fidanzata trofeo; l’accompagnatrice trofeo; la segretaria trofeo; la presentatrice trofeo; le ministre trofeo; Maria De Filippi; Antonella Clerici; Carlo Conti; il film di Natale; il Papa santo; il presidente della Repubblica santo; tutti i santi metropolitani e regionali; la messa della domenica mattina; le bestemmie; il presidente del Consiglio cantastorie; Matteo Salvini; le brave persone che seguono Matteo Salvini; il famoso presentatore televisivo scrittore; il famoso politico scrittore; il famoso attore scrittore; il famoso calciatore scrittore; il famoso cuoco scrittore; il famoso giornalista scrittore; il famoso scrittore scrittore;Dolce & Gabbana; la parrucchiera; l’estetista; fare footing parlando al alta voce; i Tq; il festival di Sanremo; Sky; i giochi on-line; i telequiz; Luciano Ligabue; Laura Pausini; Andrea Bocelli; Giovanni Allevi; Fabio Volo; Il Volo; l’aperitivo; tutto ciò che è mangereccio, preferibilmente a base di salumi, vino bianco e fritti; Carlo Cracco; il nouveau ragu à l’italienne: col cioccolato, il cotechino fritto nell’Amaretto di Saronno, la marmellata fritta nello strutto, la salsiccia fritta nel miele, l’aglio fritto nel patchouli; la Confindustria; la Confcommercio; la Confagricoltura; l’Asppi; l’Uppi; l’Abi; la Confapi; gli affitti in nero; il lavoro nero; il commercio in nero; la Mafia; i tatuaggi; i telefilm americani; i film americani; gli attori americani; i cantanti americani; gli atleti americani; i poliziotti americani; i soldati americani; i serial killer americani; gli adolescenti americani; i wasp americani; i negri americani;i bambini canterini in televisione; i bambini in pubblicità; i bambini nei telefilm; i bambini nella fame nel mondo; i pianti in televisione; gli abbandoni in televisione; le confessioni in televisione; gli amori in televisione; i giuramenti in televisione; i contratti in televisione; gli insulti in televisione; gli insulti alle donne; gli insulti; i gesti osceni mentre si guida l’auto; la polizia; i carabinieri; i due marò; parcheggiare sulle strisce pedonali; parcheggiare sul marciapiede; parcheggiare sulla pista ciclabile; andare con la moto sulla pista ciclabile; andare con la moto nel parco pubblico; gli abusi edilizi; gli abusi finanziari; le discariche abusive di rifiuti; i condoni; le deroghe; l’emergenza; la crisi; la crescita; che cazzo menefregaammé; la Spending Review.Kultura italiana in Italia 2 = gli annunci patacca. E’ costume consolidato da parte dei centri di potere lanciare annunci forti, spettacolari, e reiterarli per un tempo sufficiente a farli entrare a forza nell’Archetipo dell’inconscio collettivo. In questo, il “Presidente del Consiglio” attuale è un maestro assoluto, e ha fatto scuola. Gli annunci vanno ripetuti, con scansioni variabili a seconda delle dinamiche (variabili) a cui si riferiscono. Se sono diretti, cioè recitati dal “ministro” di turno, o addirittura dal “Presidente del Consiglio” in persona, vanno accompagnati da una mimica al contempo rassicurante e autorevole, di chi non è sfiorato dal dubbio, e deve sottendere un agire positivo, “giovane”, energico, e soprattutto liberista, che è una delle grandi passioni della kultura italiana in Italia.Uno degli ultimi, e uno dei più patacca di tutti i pataccari, è stato quello secondo il quale le variazioni catastali conseguenti a interventi edilizi di unità immobiliari siano “tempestivamente inoltrate” direttamente dai comuni all’Agenzia del Territorio (cioè il Catasto), con la fine lavori della pratica edilizia. E’ uno degli articoli del cosiddetto Decreto Sblocca Italia (133/2014), sul quale il “governo” ha puntato molte carte mediatiche: “semplificazione”, lotta alla burocrazia, il fare, il non pagare ecc. Così, i Comuni sono stati inondati da tecnici e da cittadini che chiedevano l’applicazione di questa norma. L’avevano sentito e visto in Tv e in radio, santo cielo! Non si paga, ed è tutto più semplice! “Ci pensa il Comune”. E’ stata una bufala, una norma inapplicabile e inapplicata. A parte problemi molto seri di personale, che i Comuni scontano in seguito ai tagli delle risorse, tra i due enti non esiste un linguaggio informatico condivisibile: l’Agenzia del Territorio usa una piattaforma e una banca dati indisponibili ai comuni. E’ un linguaggio che va costruito, con un grande investimento di tempo e di denaro. Ma cosa interessa ai professionisti degli annunci?Nulla! L’importante è sostituire la realtà con l’annuncio, nutrire certi rancori della popolazione, reiterarlo fino a che è possibile, poi abbandonarlo e sostituirlo con un altro, altrettanto “forte”, enfatico, “giovane” e positivo. Funziona. Il cittadino si accorge che quello precedente si è rivelato una patacca, ma c’è già quello nuovo a riempire gli spazi, a stimolare aspettative. Così lo dimentica presto, mentre resta quel brivido liberista, come traccia, come “segno mondano”, come l’avrebbe definito Deleuze, il segno del vuoto, del nulla, dell’ingannevole, dell’effimero, il segno che passa e va, mentre quello nuovo si fa strada e genera altro vuoto, altri inganni. Così si tira avanti con questa straordinaria complicità tra ingannatori e ingannati, che si basa sul complesso e al tempo stesso primordiale sistema dei segni mondani, il codice non tanto segreto che costituisce il vero, solido e palpitante organo vitale della kultura italiana in Italia.(Mauro Baldrati, “Kultura italian in Italia”, da “Carmilla online” del 21 maggio 2015).Kultura italiana in Italia = ultimo modello di smartphpone; ultimo modello di tablet; ultimo modello di app; ultimo modello di televisore; ultimo modello di auto; lavare l’auto col detersivo nel cortile di casa; squadra di calcio, comprensiva di allenatore, presidente e bilancio; Tg1; Tg5; la cronaca nera; Renzusconi; il Bunga Bunga; l’evasione fiscale; le escort; le veline; la moglie trofeo; la fidanzata trofeo; l’accompagnatrice trofeo; la segretaria trofeo; la presentatrice trofeo; le ministre trofeo; Maria De Filippi; Antonella Clerici; Carlo Conti; il film di Natale; il Papa santo; il presidente della Repubblica santo; tutti i santi metropolitani e regionali; la messa della domenica mattina; le bestemmie; il presidente del Consiglio cantastorie; Matteo Salvini; le brave persone che seguono Matteo Salvini; il famoso presentatore televisivo scrittore; il famoso politico scrittore; il famoso attore scrittore; il famoso calciatore scrittore; il famoso cuoco scrittore; il famoso giornalista scrittore; il famoso scrittore scrittore;
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Craxi: via noi, il regime violento della finanza vi farà a pezzi
Il regime avanza inesorabilmente. Lo fa passo dopo passo, facendosi precedere dalle spedizioni militari del braccio armato. La giustizia politica è sopra ogni altra l’arma preferita. Il resto è affidato all’informazione, in gran parte controllata e condizionata, alla tattica ed alla conquista di aree di influenza. Il regime avanza con la conquista sistematica di cariche, sottocariche, minicariche, e con una invasione nel mondo della informazione, dello spettacolo, della cultura e della sottocultura che è ormai straripante. Non contenti dei risultati disastrosi provocati dal maggioritario, si vorrebbe da qualche parte dare un ulteriore giro di vite, sopprimendo la quota proporzionale per giungere finalmente alla agognata meta di due blocchi disomogenei, multicolorati, forzati ed imposti. Partiti che sono ben lontani dalla maggioranza assoluta pensano in questo modo di potersi imporre con una sorta di violenta normalizzazione. Sono oggi evidentissime le influenze determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di potere oligarchici.A ciò si aggiunga la presenza sempre più pressante della finanza internazionale, il pericolo della svendita del patrimonio pubblico, mentre peraltro continua la quotidiana, demagogica esaltazione della privatizzazione. La privatizzazione è presentata come una sorta di liberazione dal male, come un passaggio da una sfera infernale ad una sfera paradisiaca. Una falsità che i fatti si sono già incaricati di illustrare, mettendo in luce il contrasto che talvolta si apre non solo con gli interessi del mondo del lavoro ma anche con i più generali interessi della collettività nazionale. La “globalizzazione” non viene affrontata dall’Italia con la forza, la consapevolezza, l’autorità di una vera e grande nazione, ma piuttosto viene subìta in forma subalterna in un contesto di cui è sempre più difficile intravedere un avvenire, che non sia quello di un degrado continuo, di un impoverimento della società, di una sostanziale perdita di indipendenza.I partiti dipinti come congreghe parassitarie divoratrici del danaro pubblico, sono una caricatura falsa e spregevole di chi ha della democrazia un’idea tutta sua, fatta di sé, del suo clan, dei suoi interessi e della sua ideologia illiberale. Fa meraviglia, invece, come negli anni più recenti ci siano state grandi ruberie sulle quali nessuno ha indagato. Basti pensare che solo in occasione di una svalutazione della lira, dopo una dissennata difesa del livello di cambio compiuta con uno sperpero di risorse enorme ed assurdo dalle autorità competenti, gruppi finanziari collegati alla finanza internazionale, diversi gruppi, speculando sulla lira evidentemente sulla base di informazioni certe, che un’indagine tempestiva e penetrante avrebbe potuto facilmente individuare, hanno guadagnato in pochi giorni un numero di miliardi pari alle entrate straordinarie della politica di alcuni anni. Per non dire di tante inchieste finite letteralmente nel nulla.D’Alema ha detto che con la caduta del Muro di Berlino si aprirono le porte ad un nuovo sistema politico. Noi non abbiamo la memoria corta. Nell’anno della caduta del Muro, nel 1989, venne varata dal Parlamento italiano una amnistia con la quale si cancellavano i reati di finanziamento illegale commessi sino ad allora. La legge venne approvata in tutta fretta e alla chetichella. Non fu neppure richiesta la discussione in aula. Le Commissioni, in sede legislativa, evidentemente senza opposizioni o comunque senza opposizioni rumorose, diedero vita, maggioranza e comunisti d’amore e d’accordo, a un vero e proprio colpo di spugna. La caduta del Muro di Berlino aveva posto l’esigenza di un urgente “colpo di spugna”. Sul sistema di finanziamento illegale dei partiti e delle attività politiche, in funzione dal dopoguerra, e adottato da tutti anche in violazione della legge sul finanziamento dei partiti entrata in vigore nel 1974, veniva posto un coperchio.La montagna ha partorito il topolino. Anzi il topaccio. Se la Prima Repubblica era una fogna, è in questa fogna che, come amministratore pubblico, il signor Prodi si è fatto le ossa. I parametri di Maastricht non si compongono di regole divine. Non stanno scritti nella Bibbia. Non sono un’appendice ai dieci comandamenti. I criteri con i quali si è oggi alle prese furono adottati in una situazione data, con calcoli e previsioni date. L’andamento di questi anni non ha corrisposto alle previsioni dei sottoscrittori. La situazione odierna è diversa da quella sperata. Più complessa, più spinosa, più difficile da inquadrare se si vogliono evitare fratture e inaccettabili scompensi sociali. Poiché si tratta di un Trattato, la cui applicazione e portata è di grande importanza per il futuro dell’Europa Comunitaria, come tutti i Trattati può essere rinegoziato, aggiornato, adattato alle condizioni reali ed alle nuove esigenze di un gran numero ormai di paesi aderenti.Questa è la regola del buon senso, dell’equilibrio politico, della gestione concreta e pratica della realtà. Su di un altro piano stanno i declamatori retorici dell’Europa, il delirio europeistico che non tiene contro della realtà, la scelta della crisi, della stagnazione e della conseguente disoccupazione. Affidare effetti taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro. La pace si organizza con la cooperazione, la collaborazione, il negoziato, e non con la spericolata globalizzazione forzata. Ogni nazione ha una sua identità, una sua storia, un ruolo geopolitico cui non può rinunciare. Più nazioni possono associarsi, mediante trattati per perseguire fini comuni, economici, sociali, culturali, politici, ambientali. Cancellare il ruolo delle nazioni significa offendere un diritto dei popoli e creare le basi per lo svuotamento, la disintegrazione, secondo processi imprevedibili, delle più ampie unità che si vogliono costruire. Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare.(Bettino Craxi, estratti dal libro “Io parlo, e continuerò a parlare”, ripresi da “Il Blog di Lameduck” il 19 maggio 2015. Il libro, edito da Mondadori nel 2014, cioè 14 anni dopo la morte di Craxi, raccoglie scritti del leader socialista risalenti alla seconda metà degli anni ‘90. Scritti che oggi appaiono assolutamente profetici).Il regime avanza inesorabilmente. Lo fa passo dopo passo, facendosi precedere dalle spedizioni militari del braccio armato. La giustizia politica è sopra ogni altra l’arma preferita. Il resto è affidato all’informazione, in gran parte controllata e condizionata, alla tattica ed alla conquista di aree di influenza. Il regime avanza con la conquista sistematica di cariche, sottocariche, minicariche, e con una invasione nel mondo della informazione, dello spettacolo, della cultura e della sottocultura che è ormai straripante. Non contenti dei risultati disastrosi provocati dal maggioritario, si vorrebbe da qualche parte dare un ulteriore giro di vite, sopprimendo la quota proporzionale per giungere finalmente alla agognata meta di due blocchi disomogenei, multicolorati, forzati ed imposti. Partiti che sono ben lontani dalla maggioranza assoluta pensano in questo modo di potersi imporre con una sorta di violenta normalizzazione. Sono oggi evidentissime le influenze determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di potere oligarchici.
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Renzi completa il Rigor Montis: diktat Ue, ma con l’inganno
Nel 1953 quella che fu allora chiamata legge elettorale truffa non scattò perché la Democrazia Cristiana ed i suoi alleati non raggiunsero il quorum richiesto del 50%+1 dei voti validi. Quella che doveva essere un’alleanza al centro in grado di acchiappare consenso in tutte le direzioni perse invece voti ad ampio raggio, alla sua sinistra prima di tutto, ma anche alla sua destra. Il progetto autoritario allora aveva respinto, invece che attrarre. Oggi l’Italicum è molto più pericoloso della legge truffa del ‘53, che comunque assegnava un premio parlamentare consistente a chi già avesse conseguito la maggioranza assoluta dei voti. Oggi, grazie al trucco del ballottaggio che aggira la sentenza della Corte Costituzionale, un partito come il Pd che, aldilà dell’exploit delle europee, si attesta normalmente attorno al 30% dei voti validi, potrà conseguire una maggioranza assoluta priva di contrappesi e controlli. Ho detto il Pd ma in realtà avrei più correttamente dovuto dire il suo segretario presidente Renzi, che si è costruito un sistema di governo che gli darà un potere praticamente assoluto.Come ha notato eufemisticamente Eugenio Scalfari siamo a una democrazia che affida il potere all’esecutivo. Che è ciò che normalmente avviene in ogni dittatura. Renzi sarà eletto direttamente dal ballottaggio come un sindaco e godrà di un parlamento esautorato, composto da una netta maggioranza di nominati o fedelissimi. Ci sarà una sola Camera che decide su tutto sulla base degli ordini del capo del governo. Camera che nominerà gli organismi di controllo senza, scusate il bisticcio, controlli. E se pensiamo che la recente sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni sembra sia stata decisa sei contro sei, con il voto determinante del presidente, possiamo tranquillamente concludere che al nuovo Parlamento renziano basterà nominare un solo nuovo giudice costituzionale per cambiare gli orientamenti di tutta la corte.Un potere pressoché assoluto, dunque, per fare che? Quello che sta costruendo Renzi in realtà è un sistema autoritario che non è in proprio, ma è fondato su una sorta di fideiussione bancaria. Il programma fondamentale del governo è sempre quello della lettera del 5 agosto 2011 firmata da Trichet e da Draghi. Che come presidente della Bce continua a vigilare meticolosamente che quel programma stilato assieme al suo predecessore sia scrupolosamente attuato. Il 28 maggio 2013 la Banca Morgan ha presentato un documento politico che metteva sotto accusa la Costituzione italiana assieme a quelle di tutti i paesi europei “periferici” e in crisi. Queste Costituzioni, secondo quel documento, nate dopo la vittoria sul fascismo, sono segnate dal peso eccessivo della sinistra e del pensiero socialista, e per questo ostacolano le riforme liberali che servono a salvare l’euro.Con toni più brutali un editoriale de “Il Sole 24 Ore”, pochi giorni fa, polemizzava con la sentenza della Corte Costituzionale, affermando che con il pareggio di bilancio come vincolo costituzionale, gli obblighi del Fiscal Compact e il primato dei mercati globali, non ha più senso parlare di diritti indisponibili. Non crediate di avere dei diritti, si diceva una volta. I poteri forti, le grandi multinazionali, la finanza e le banche hanno da tempo deciso che il sistema di diritti sociali europeo è, per i loro concreti interessi, insostenibile. La crisi è stata un grande occasione per realizzare compiutamente un obiettivo cui si lavora da oltre trenta anni, e le riforme politiche autoritarie ne sono lo strumento. Renzi si è quindi trovato al posto giusto nel momento giusto. Guai a fare nei suoi confronti lo stesso errore di sottovalutazione compiuto dalla sinistra democratica verso Berlusconi; e non solo per il compatto sostegno che riceve dai poteri forti italiani ed europei e da tutto il sistema dei mass media. Anche Monti aveva questo stesso sostegno, per fare sostanzialmente la stessa politica, ma non ce l’ha fatta.La forza di Renzi sta proprio nella posizione e nella rappresentanza politica assunta. È un errore credere che egli sia un democristiano. No, la sua formazione politica non è tanto rilevante quanto il ruolo che ha deciso di interpretare. È questo ruolo è tutto all’interno della sconfitta e della rassegnazione della sinistra tradizionale. Matteo Renzi ha scalato il Pd, che è bene ricordare inizialmente lo aveva respinto, dopo che il vecchio e inconcludente riformismo era stato sconfitto. Egli ha usato spregiudicatezza e populismo con una classe politica disposta a tutto pur di non perdere il potere. Per capire quello che è successo dobbiamo pensare ad altri fenomeni di trasformismo di massa nella storia della sinistra del nostro paese. Crispi alla fine dell’800, Mussolini, Craxi e naturalmente Berlusconi sono tutti predecessori non casuali di Matteo Renzi.Il nostro è diventato il secondo paese cavia dell’esperimento liberista dopo la Grecia. In quel paese la Troika ha esagerato e ne è consapevole, per questo in Italia il progetto è diverso. Non negli obiettivi, che sono gli stessi, dal lavoro, alla scuola, alla sanità, alle pensioni, a tutti i diritti sociali. Si vuole arrivare alla stessa società di mercato brutalmente imposta alla Grecia, ma evitando la stessa reazione politica. Quindi più furbizia e anche tempo nelle misure da adottare e soprattutto lavoro per costruire un blocco di consenso politico attorno ad esse. A questo serve la mutazione genetica del Pd in partito della nazione. Che in realtà è un partito collaborazionista con la Troika e con tutti i poteri economici finanziari internazionali.Il partito della nazione che collabora costruisce così le sue cordate di consenso, da Marchionne ai sindacati complici, da Farinetti alla nuova Milano da bere, dai presidi a tutto quel mondo politico e sociale proveniente dalla sinistra il cui sentire di fondo può essere così riassunto: abbiamo speso tanto senza risultati, ora si guadagna. Non è vero che Renzi voglia liquidare i corpi intermedi, non è così sciocco sa che sarebbe impossibile. Quello che vuole il segretario del Pd è un corpo di organizzazioni addomesticate e funzionali e a questo sta concretamente lavorando, come dopo il Jobs Act e la “Buona scuola”, mostra il progetto di legge Civil Act sul terzo settore.Renzi è l’espressione di un progetto politico reazionario di adattamento dell’Italia ai più duri vincoli della peggiore globalizzazione, per questo battere lui ed il suo partito della nazione non sarà opera breve, né facile, ma è la condizione perché il paese possa riprendere davvero a progredire. Oggi contro Renzi sta un destra disfatta, nella quale lo stesso sistema mediatico renziano fa emergere il nazista dell’Illinois Matteo Salvini come avversario di comodo. Poi c’è il Movimento 5 Stelle che conduce lotte importanti, ma in evidente difficoltà di fronte al populismo anticasta fatto proprio dal renzismo. E infine c’è l’arcipelago delle forze della sinistra politica e sociale. La forza di Renzi è la debolezza di questo fronte, il che permette alla sua politica di destra di contare su un vasto consenso elettorale nel popolo della sinistra.Gli insegnanti che sfilavano in corteo il 5 maggio gridavano di non votare più Pd. È un segnale importante, ma insufficiente. Occorre un rottura più profonda. Occorre che tutto il corpo sociale e politico della sinistra consideri il renzismo non come un gruppo di compagni che sbagliano, ma come il primo e principale avversario. Le ambiguità ed i compromessi di chi si dichiara contro Renzi ma poi si allea con il Pd nelle elezioni locali, o dei dirigenti sindacali che lo criticano ma poi lo votano, o degli ambientalisti che sostengono Expo, tutto questo opportunismo porta solo fieno nella cascina del partito della nazione. Ci vogliono scelte nette per costruire l’alternativa a Renzi e al suo progetto, la prima e in fondo più semplice è non votare in ogni caso ed in ogni situazione per il Pd ed i suoi alleati.(Giorgio Cremaschi, “Non votare Pd, unico antidoto al potere assoluto renziano”, da “Micromega” del 21 maggio 2015).Nel 1953 quella che fu allora chiamata legge elettorale truffa non scattò perché la Democrazia Cristiana ed i suoi alleati non raggiunsero il quorum richiesto del 50%+1 dei voti validi. Quella che doveva essere un’alleanza al centro in grado di acchiappare consenso in tutte le direzioni perse invece voti ad ampio raggio, alla sua sinistra prima di tutto, ma anche alla sua destra. Il progetto autoritario allora aveva respinto, invece che attrarre. Oggi l’Italicum è molto più pericoloso della legge truffa del ‘53, che comunque assegnava un premio parlamentare consistente a chi già avesse conseguito la maggioranza assoluta dei voti. Oggi, grazie al trucco del ballottaggio che aggira la sentenza della Corte Costituzionale, un partito come il Pd che, aldilà dell’exploit delle europee, si attesta normalmente attorno al 30% dei voti validi, potrà conseguire una maggioranza assoluta priva di contrappesi e controlli. Ho detto il Pd ma in realtà avrei più correttamente dovuto dire il suo segretario presidente Renzi, che si è costruito un sistema di governo che gli darà un potere praticamente assoluto.
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L’Imperatore Gross, 1.700 miliardi: sta arrivando la fine
Forse meglio ascoltarlo, l’Imperatore dell’Impero del Male. In fondo, ed è poca consolazione per te ragazzo, ragazza, anche lui ha un Padrone, il Padrone ultimo di tutto, anche di quella leggenda buffona di Dio con la barbetta bianca. Sì, l’Imperatore del Male ha anche lui un Padrone. La Morte. E lo sa. Ecco allora che Bill Gross, l’Imperatore che valeva 1.700 miliardi di dollari (il Pil di tutta l’Italia), fa una pausa. Vale la pena ascoltarlo, fidatevi. Lui ha sentito a 70 anni appena compiuti, e per la prima volta, la voce del Padrone. Mi chiedo, anche se non ho la risposta, quale sia la differenza fra il sentire il richiamo del Padrone, che è una folata sulla nuca con questo suono… “Io distruggerò te e tutto di te…”. Sentirlo, dicevo, in una cucina di un condominio di Gorizia o in un ufficio al 120esimo piano di un grattacielo di Manhattan mentre siedi su 1.700 miliardi di dollari. Curiosa ’sta cosa, eh? Credo che sia peggio la seconda. Cioè la realizzazione dell’Imperatore da 1.700 miliardi di dollari che sbatterli in faccia alla Morte, o che protestare alla Morte i confini immani del suo Impero, vale esattamente quanto sbattergli in faccia la pensione minima della 70enne di Gorizia. Non deve essergli facile.Ma Bill Gross ha ora “un senso della fine” e anche piuttosto forte. Questo lo ha profondamente scosso, lo si capisce dalle righe che ha scritto, e lo ha portato a estendere la nuova saggezza acquisita anche al suo Impero, l’Economia. Non v’è dubbio che quando il richiamo alla finitezza di tutto arriva dal Padrone dell’Universo con la falce, il suo potere sia tale da gelare le ossa e con esse l’euforia d’immortalità di questi Imperatori. Allora il Supremo fra i supremi della speculazione finanziaria ha guardato, dopo quel richiamo, con occhi molto diversi il formicolio impazzito del suo Impero di schermi in Borsa, di High Frequency Trading, di tempeste termonucleari di denari infiniti che passano sulla testa delle masse insignificanti di noi semplici senza che noi ne siamo toccati, ma solo pisciati in testa. Li ha guardati Bill Gross, e il suo “senso della fine” gli è apparso anche lì.Più che incredibile è però il fatto che ora, dopo l’immortale “il mio regno per un cavallo” di Riccardo III (Shakespeare), Bill Gross veda la fine del Potere, del Vero Potere in Terra. «La morte mi spaventa, e mi causa quello che lo scrittore inglese Julian Barnes chiama ‘una grande agitazione’… Finirò là da dove sono venuto, dimenticato, sconosciuto e incosciente, dopo miliardi di future eternità… Mi terrorizza il morire, quelle ore intollerabili stirate all’infinito dalla medicina moderna, che accompagneranno la maggioranza di noi su quei sentieri pieni di tumori, ictus, disabilità, vecchiaia…». «Ho un senso della fine. Lo stesso senso della fine che sta assillando da qualche tempo la Grande Carica dei tori finanziari iniziata nel 1981… In quegli anni con i Titoli di Stato che ci davano interessi del 14,5%, le Borse impazzirono, e la ricchezza finanziaria venne moltiplicata come mai prima nella Storia… Ma come descrive Barnes per le vite umane, lo stesso è accaduto alle economie finanziarie degli ultimi 30 anni: accumulo, responsabilità, agitazione, e infine una catastrofica agonia. Credo che la nostra super-orbita d’investimenti sia giunta alla fine».«Ma per l’economia globale che continua a gonfiare bolle finanziarie, invece che concentrarsi sui problemi strutturali (Keynes? nda), il percorso di salvezza sembra bloccato… Se sono stati inutili i trilioni di dollari di benzina monetaria pompata dalla nostra Banca Centrale Usa (come in Giappone), come possiamo aspettarci che le stesse mosse funzionino oggi nell’Europa di Draghi? Con crescite a zero, tassi d’interessi per i risparmiatori portati da Draghi a zero o addirittura a meno 0, e con crisi di indebitamenti montanti oltre immaginazione, il ‘senso della fine’ è ormai un cappio che stringe tutti i Mercati. Vi sarà un momento in cui qualsiasi risparmiatore si rifiuterà di scambiare i suoi euro contanti con Titoli di Stato, e tutto si seccherà al sole… Ho questo senso della fine del gioco della finanza, e come con la morte, solo la data è incerta. Sento un grande senso di agitazione, angoscia. E dovreste sentirlo anche voi».Bill Gross, l’uomo da 1.700 miliardi di dollari, parla anche a voi italiani, e vi predice – guarda che incredibile coincidenza – quello che intuì Marx, seppur con termini necessariamente diversi. Ma dove siete, voi italiani? Vi rispondo: a pascolare nell’erbetta del campo, pecore a capi chini d’imprenditori, operai, impiegate e studenti che vedono solo l’orizzonte dei 50 metri davanti, Renzi, Grillo, l’Expo, la Tv e l’elemosina delle bugie di Padoan. E il Padrone con la falce se la ride, di Gross, ma soprattutto di voi, che manco vi eravate accorti di essere vivi, né di cosa vi stava finendo prima di finire. Almeno lui, Mr. 1.700 miliardi di dollari, lo sguardo l’ha sempre avuto avanti. L’Imperatore del Male è meglio di voi, italiani. Sapete?(Paolo Barnard, “Ho il semso della fine, dice l’uomo che valeva 1.700 miliardi di dollari. E tu che hai 21 anni ce l’hai, quel senso?”, dal blog di Barnard del 21 maggio 2015).Forse meglio ascoltarlo, l’Imperatore dell’Impero del Male. In fondo, ed è poca consolazione per te ragazzo, ragazza, anche lui ha un Padrone, il Padrone ultimo di tutto, anche di quella leggenda buffona di Dio con la barbetta bianca. Sì, l’Imperatore del Male ha anche lui un Padrone. La Morte. E lo sa. Ecco allora che Bill Gross, l’Imperatore che valeva 1.700 miliardi di dollari (il Pil di tutta l’Italia), fa una pausa. Vale la pena ascoltarlo, fidatevi. Lui ha sentito a 70 anni appena compiuti, e per la prima volta, la voce del Padrone. Mi chiedo, anche se non ho la risposta, quale sia la differenza fra il sentire il richiamo del Padrone, che è una folata sulla nuca con questo suono… “Io distruggerò te e tutto di te…”. Sentirlo, dicevo, in una cucina di un condominio di Gorizia o in un ufficio al 120esimo piano di un grattacielo di Manhattan mentre siedi su 1.700 miliardi di dollari. Curiosa ’sta cosa, eh? Credo che sia peggio la seconda. Cioè la realizzazione dell’Imperatore da 1.700 miliardi di dollari che sbatterli in faccia alla Morte, o che protestare alla Morte i confini immani del suo Impero, vale esattamente quanto sbattergli in faccia la pensione minima della 70enne di Gorizia. Non deve essergli facile.
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De Bortoli e Bersani, il crepuscolo dei burattini di Draghi
Il disegno reazionario in atto non può prescindere dal perverso utilizzo dell’informazione. La manipolazione sistematica consente ai massoni neonazisti dominanti, Draghi e Schaeuble in testa, di sterilizzare la democrazia grazie alla sapiente costruzione di un clima di perenne emergenza. Nel 2011 per esempio, la bufala dello spread risultò funzionale all’arrivo al potere di Mario Monti, massone oligarchico già iniziato presso la Gran Loggia Unita d’Inghilterra nonché inserito all’interno di una specifica e perversa super-officina latomistica chiamata “Babel Tower”. Allo stesso modo, lo spettro del “default” serve solo per far trangugiare al popolino alcune volgari contro-riforme che mirano alla definitiva cristallizzazione di una società classista, iniqua, violenta e diseguale. I politici, poco più che burattini al servizio di logge e poteri occulti, vengono frequentemente ingaggiati a contratto, per poi essere cinicamente scaricati una volta divenuti vecchi ed inservibili.Prendiamo il caso della cosiddetta “sinistra del Pd”, gruppo eterogeneo formato da una accozzaglia di mediocri, raccolti intorno ad un leader da operetta come Pierluigi Bersani. Se un alieno, appena sbarcato sul pianeta Terra, s’imbattesse per caso in un tipo alla Alfredo D’Attorre, potrebbe per un attimo scambiarlo per un sincero democratico, attento alla tenuta della democrazia e alle ragioni dei più deboli. Peccato le cose non stiano così. D’Attorre, infatti, al pari di Bersani, Letta, Fassina, Cuperlo, Bindi e compagnia cantante, fa parte di quella nutrita schiera di personaggi che usa la verità come arma di ricatto contrattuale. Fino a quando il Pd era dominato dalla vecchia guardia, le politiche di austerità erano necessarie e responsabili; ora che Draghi ha licenziato gli antichi servitori, promuovendo al rango di nuovo caposala l’astuto pinocchietto fiorentino Renzi, molte mezze calzette trovano improvvisamente il coraggio di dire apertamente ciò che prima, per interesse e pavidità, non osavano neppure sussurrare.Chi ha voluto Monti al potere? Il Pd di Bersani. Chi ha votato il pareggio di bilancio in Costituzione? Il Pd di Bersani. E il Fiscal Compact? Sempre il Pd di Bersani. E la riforma Fornero? Idem. Renzi effettivamente è squallido, ma i suoi nemici interni sono più squallidi di lui, aggiungendo abbondante ipocrisia alla conclamata nefandezza. “Hanno la faccia come il culo”, sintetizzerebbero i geniali autori di un glorioso settimanale del passato come “Cuore”. La speranza è che simili figuri, pronti a sottoporsi ad un intervento di ricostruzione dell’imene pur di rifarsi una verginità perduta, vengano definitivamente archiviati con il disonore che meritano nel dimenticatoio puzzolente della storia. Un altro del quale nessun uomo per bene potrà mai sentire la mancanza è Ferruccio de Bortoli, portavoce del massone contro-iniziato Mario Draghi, recentemente cacciato dalla guida del “Corriere della Sera”. De Bortoli, fatto della stessa pasta dei vari Bersani e D’Attorre, si è congedato dai suoi lettori scrivendo un lungo pezzo, tanto paradossale quanto ridicolo. «I giornali devono essere scomodi», pontifica l’ex direttorino armato di ciuffo ed erre moscia, massima espressione di un giornalismo meschino, forte con i deboli e debole con i forti.Il “Corriere” di Flebuccio in effetti è stato scomodo: scomodo per i precari, per i poveri, per i disoccupati, per i pensionati e per gli studenti, tutti criminalizzati dal piglio perbenista del miliardario con la penna posto a difesa del santuario “mercatista”. De Bortoli ebbe perfino il coraggio di augurare all’Italia l’arrivo della Troika, da sempre perfettamente a suo agio nel ruolo di Gabibbo di lusso che fustiga i vizi della Casta che lo pasce e lo arricchisce. Senza la scientifica opera di mistificazione messa in piedi da giornalisti e politicanti asserviti ai soliti centri di potere, non sarebbe stato possibile svuotare dalle fondamenta la democrazia in Europa. Dal nuovo direttore del “Corriere”, Luciano Fontana, non è lecito aspettarsi granché. Di sicuro fare peggio di De Bortoli sarà difficile per chiunque. Perfino per Fontana. In bocca al lupo.(Francesco Maria Toscano, “Il cepuscolo di Ferruccio de Bortoli e Pierluigi Bersani, fedeli esecutori dei diktat impartiti da Francoforte dal maestro venerabile Mario Draghi”, dal blog “Il Moralista” del 6 maggio 2015. Toscano è segretario del “Movimento Roosevelt”, fondato con Gioele Magaldi).Il disegno reazionario in atto non può prescindere dal perverso utilizzo dell’informazione. La manipolazione sistematica consente ai massoni neonazisti dominanti, Draghi e Schaeuble in testa, di sterilizzare la democrazia grazie alla sapiente costruzione di un clima di perenne emergenza. Nel 2011 per esempio, la bufala dello spread risultò funzionale all’arrivo al potere di Mario Monti, massone oligarchico già iniziato presso la Gran Loggia Unita d’Inghilterra nonché inserito all’interno di una specifica e perversa super-officina latomistica chiamata “Babel Tower”. Allo stesso modo, lo spettro del “default” serve solo per far trangugiare al popolino alcune volgari contro-riforme che mirano alla definitiva cristallizzazione di una società classista, iniqua, violenta e diseguale. I politici, poco più che burattini al servizio di logge e poteri occulti, vengono frequentemente ingaggiati a contratto, per poi essere cinicamente scaricati una volta divenuti vecchi ed inservibili.
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Maastricht? Non ci risulta: la rovina dell’Italia siamo noi
L’Italia sprofonda in una crisi senza uscita? Tutta colpa nostra. Siamo pigri, ignoranti, poco innovativi e anche disonesti, vista l’elevata evasione fiscale. Per non parlare del debito pubblico, troppo elevato rispetto al Pil. Nonostante le analisi di prestigiosi economisti, ormai diventate un coro di fronte allo sfacelo planetario dell’Ue e dell’Eurozona, resta ben viva sui media la voce del mainstream, secondo cui il debito sovrano è un problema, anziché un insostituibile motore di sviluppo. Visione alla quale non si sottraggono osservatori come Guglielmo Forges Davanzati, per i quali, semplicemente, l’Italia ha perso il passo già negli anni ‘90. Il male oscuro? Non il Trattato di Maastricht, non lo storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia con la “privatizzazione” del debito, consegnato alla speculazione finanziaria internazionale, ma la mancanza di adeguate politiche industriali per consentire al made in Italy di continuare a competere col resto del mondo.I governi che si sono succeduti a partire dagli anni ottanta, scrive Davanzati su “Micromega”, hanno rinunciato ad attuare politiche industriali, confidando nella presunta “vitalità” della nostra imprenditoria, fidando nella filosofia del “piccolo è bello”. La costante riduzione della domanda interna, aggiunge l’analista, è derivata non solo dalla riduzione di consumi e investimenti privati, «ma soprattutto da riduzioni della spesa pubblica e continui aumenti della pressione fiscale». Chi e perché ha indotto quelle politiche? Davanzati non lo spiega, preferendo concentrarsi sul loro esito disastroso: i tagli alla spesa hanno indebolito il sistema e il declino della domanda interna ha ridotto i mercati di sbocco, mettendo in crisi la maggioranza delle aziende (medio-piccole), fortemente dipendenti dal credito bancario. Poi, la crisi dei mutui subprime negli Usa è rimbalzata nella cosiddetta crisi dei debiti sovrani nell’Eurozona, con caduta della domanda globale, riduzioni dell’export, austerity, esplosione paurosa della disoccupazione.Unica mossa tentata: detassare e precarizzare il lavoro. Misura ingiusta e comunque insufficiente: «Se le aspettative sono pessimistiche gli investimenti non vengono effettuati e il solo effetto che può verificarsi è un aumento dei profitti netti». Giocare al ribasso, inoltre, disincentiva l’innovazione delle imprese. Servirebbe il contrario del Jobs Act, e cioè regole rigide e tutele per i dipendenti. Davanzati cita Keynes: «Se si paga meglio una persona si rende il suo datore di lavoro più efficiente, forzandolo a scartare metodi e impianti obsoleti, affrettando la fuoriuscita dall’industria degli imprenditori meno efficienti, elevando così lo standard generale». In altri termini, sostiene Davanzati, politiche di alti salari combinate con maggiore rigidità del rapporto di lavoro possono generare una condizione che aiuta le imprese a migliorare e crescere, puntando proprio sull’innovazione, senza contare che salari più alti «contribuiscono a tenere elevata la domanda aggregata, generando un potenziale circolo virtuoso di alta domanda ed elevata produttività».E’ esattamente il contrario di quanto è accaduto in Italia nell’ultimo ventennio, chiosa Davanzati. Già, ma perché è accaduto? Italiani pasticcioni o traviati da manovratori occulti? Nino Galloni, economista della Sapienza e già super-tecnico al ministero del bilancio, chiarisce: prima ancora del terremoto della globalizzazione, i guai veri per l’Italia sono cominciati nel 1981, quando la Banca d’Italia ha cessato di fare da “bancomat del governo”, costringendo l’esecutivo ad avvalersi dei titoli di Stato, acquistati dalla finanza internazionale, come fonte primaria di finanziamento pubblico. Immediata l’esplosione del debito, divenuta catastrofica con l’adozione dell’euro, moneta non più emessa dall’Italia. Galloni sintetizza: l’Italia non stava sulla luna, ma nell’Europa in cui la Francia di Mitterrand impose l’euro alla Germania che voleva la riunificazione tedesca del 1989. Kohl accettò a una condizione: che venisse sabotato il sistema industriale italiano, cioè il maggior concorrente dell’export di Berlino. A valle, quindi, gli inevitabili “errori” nella politica industriale, gli “incomprensibili” ritardi, i fallimenti a catena.Craxi fu il primo a profetizzare che, con Maastricht, l’Italia ci avrebbe rimesso le penne. Andreotti provò a resistere. E Galloni racconta che lo stesso Kohl fece pressioni, personalmente, per allontanare dal governo i funzionari come Galloni, che i “titoli di coda” per l’economia nazionale li avevano già visti alla fine degli anni ‘80. Fino a qualche anno fa, il fatidico meeting del Britannia per la svendita dell’Italia e la sua deindustrializzazione forzata era relegato tra le pieghe della letteratura “cospirazionista”, così come le pagine di libri usciti in questi anni, per esempio “Il golpe inglese”, di Giovanni Fasanella e Mario José Cereghino (Chiarelettere). A bordo del Britannia nel ‘92 c’era Draghi, allora al Tesoro, poi promosso governatore di Bankitalia e oggi alla guida della Bce. Ciampi, al vertice della Banca d’Italia all’epoca del divorzio dal governo, venne eletto addirittura al Quirinale. Nessi impossibili da ignorare, a proposito di “strano” declino del made in Italy.Un altro luogo comune, citato dallo stesso Davanzati che parla di “ipertrofia” dell’apparato pubblico (in linea con la retorica padronale di Renzi), riguarda il presunto peso della pubblica amministrazione: secondo l’Eurispes, in Italia si contano 58 impiegati pubblici ogni 1.000 abitanti contro i 135 della Svezia, i 94 della Francia, i 92 del Regno Unito, i 65 della Spagna e i 54 della Germania. Inoltre, negli ultimi 10 anni l’Italia ha visto diminuire i propri dipendenti pubblici del 4,7%, mentre tutti gli altri hanno assunto: +36,1% in Irlanda, +29,6% in Spagna, +12,8% in Belgio e +9,5% nel Regno Unito. Il pubblico impiego da noi pesa per l’equivalente dell’11,1% del Pil. Anche in questo caso, la vituperata burocrazia pubblica italiana si attesta in realtà su numeri tra i più bassi in Europa: in Danimarca il costo del pubblico impiego è pari al 19,2% del Pil, in Svezia e Finlandia al 14,4% mentre Francia, Belgio e Spagna spendono, rispettivamente, il 13,4%, il 12,6% e l’11,9% del Pil. Tutti, ma proprio tutti, più dell’Italia.Paolo Barnard ha spesso citato analoghe statistiche sul tasso di produttività: quello dei lavoratori italiani surclassa, storicamente, la capacità produttiva dei mitici lavoratori tedeschi. Com’è noto, Barnard si distingue per l’acutezza spietata dall’analisi: il sabotaggio dell’economia italiana a vantaggio dell’élite finanziaria straniera, con la necessaria complicità di “collaborazionisti” nostrani ricompensati con carriere d’oro, si sviluppa negli ultimi decenni in perfetta ottemperanza del famigerato “Memorandum” di Lewis Powell, l’avvocato di Wall Street incaricato già all’inizio degli anni ‘70 di stilare un vademecum per consentire agli oligarchi di liquidare la sinistra negli Usa e in Europa. Istruzioni eseguite alla lettera: “comprare” i leader di partiti e sindacati per indurli a varare norme contro i lavoratori, infiltrare università, giornali, televisioni e sistema editoriale per forgiare il dogma del pensiero unico neoliberista, cioè la fine dello Stato sovrano, la Costituzione democratica nata dalla Resistenza per tutelare i cittadini con pari diritti e pari opportunità.Con Renzi siamo all’atto finale, la privatizzazione universale definitiva. Non manca chi invoca una politica diversa e magari salari più alti. Già, ma con che soldi? Senza più moneta sovrana, lo Stato ora è in bolletta ed è costretto a super-tassare: lo Stato “risparmia”, quindi condanna aziende e famiglie. Siamo arrivati al puro delirio del pareggio di bilancio: lo Stato ridotto a colonia, impossibilitato a spendere, costretto a restituire ogni centesimo e con gli interessi, come se non fosse più un ente pubblico ma una semplice azienda privata, una normale famiglia alle prese con un debito contratto con la banca. Eppure, il mainstream continua a trascurare la portata termonucleare dell’euro-cataclisma, la fine dell’interesse pubblico, la morte clinica degli investimenti capaci di produrre occupazione. E in pieno 2015 preferisce continuare a parlare di errori, ataviche pigrizie e imperdonabili miopie nella piccola e provinciale Italietta, incapace – per tara genetica – di sviluppare una seria politica industriale.L’Italia sprofonda in una crisi senza uscita? Tutta colpa nostra. Siamo pigri, ignoranti, poco innovativi e anche disonesti, vista l’elevata evasione fiscale. Per non parlare del debito pubblico, troppo elevato rispetto al Pil. Nonostante le analisi di prestigiosi economisti, ormai diventate un coro di fronte allo sfacelo planetario dell’Ue e dell’Eurozona, resta ben viva sui media la voce del mainstream, secondo cui il debito sovrano è un problema, anziché un insostituibile motore di sviluppo. Visione alla quale non si sottraggono osservatori come Guglielmo Forges Davanzati, per i quali, semplicemente, l’Italia ha perso il passo già negli anni ‘90. Il male oscuro? Non il Trattato di Maastricht, non lo storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia con la “privatizzazione” del debito, consegnato alla speculazione finanziaria internazionale, ma la mancanza di adeguate politiche industriali per consentire al made in Italy di continuare a competere col resto del mondo.
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Paura della storia: cancellano l’Urss che distrusse Hitler
Il 70° anniversario della vittoria sul nazismo, il 9 maggio a Mosca, è stato boicottato su pressione di Washington da tutti i governanti della Ue, salvo il presidente greco, e messo in ombra dai media occidentali, in un grottesco tentativo di cancellare la Storia. Non privo di risultati: in Germania, Francia e Gran Bretagna risulta che l’87% dei giovani ignora il ruolo dell’Urss nella liberazione dell’Europa dal nazismo. Ruolo che fu determinante per la vittoria della coalizione antinazista. Attaccata l’Urss il 22 giugno 1941 con 5,5 milioni di soldati, 3.500 carrarmati e 5.000 aerei, la Germania nazista concentrò in territorio sovietico 201 divisioni, cioè il 75% di tutte le sue truppe, cui si aggiungevano 37 divisioni dei satelliti (tra cui l’Italia). L’Urss chiese ripetutamente agli alleati di aprire un secondo fronte in Europa, ma Stati Uniti e Gran Bretagna lo ritardarono, mirando a scaricare la potenza nazista sull’Urss per indebolirla e avere così una posizione dominante al termine della guerra.Il secondo fronte fu aperto con lo sbarco anglo-statunitense in Normandia nel giugno 1944, quando ormai l’Armata Rossa e i partigiani sovietici avevano sconfitto le truppe tedesche assestando il colpo decisivo alla Germania nazista. Il prezzo pagato dall’Unione Sovietica fu altissimo: circa 27 milioni di morti, per oltre la metà civili, corrispondenti al 15% della popolazione (in rapporto allo 0,3% degli Usa in tutta la Seconda Guerra Mondiale); circa 5 milioni di deportati in Germania; oltre 1.700 città e grossi abitati, 70.000 piccoli villaggi, 30.000 fabbriche distrutte. Questa pagina fondamentale della storia europea e mondiale si tenta oggi di cancellare, mistificando anche gli eventi successivi. La guerra fredda, che divise di nuovo l’Europa subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, non fu provocata da un atteggiamento aggressivo dell’Urss, ma dal piano di Washington di imporre il dominio statunitense su un’Europa in gran parte distrutta.Anche qui parlano i fatti storici. Appena un mese dopo il bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki, nel settembre 1945, al Pentagono già calcolavano che occorrevano oltre 200 bombe nucleari per attaccare l’Urss. Nel 1946, quando il discorso di Churchill sulla “cortina di ferro” apriva ufficialmente la guerra fredda, gli Usa avevano 11 bombe nucleari, che nel 1949 salivano a 235, mentre l’Urss ancora non ne possedeva. Ma in quell’anno l’Urss effettuò la prima esplosione sperimentale, cominciando a costruire il proprio arsenale nucleare. In quello stesso anno venne fondata a Washington la Nato, in funzione antisovietica, sei anni prima del Patto di Varsavia costituito nel 1955.Terminata la guerra fredda, in seguito al dissolvimento nel 1991 del Patto di Varsavia e della stessa Unione Sovietica, su spinta di Washington la Nato si è estesa fin dentro il territorio dell’ex Urss. E quando la Russia, ripresasi dalla crisi, ha riacquistato un ruolo internazionale stringendo crescenti rapporti economici con la Ue, il putsch in Ucraina, sotto regia Usa/Nato, ha riportato l’Europa a un clima da guerra fredda. Boicottando sulla scia degli Usa il 70° anniversario della vittoria sul nazismo, l’Europa occidentale (quella dei governi) cancella la storia della sua stessa Resistenza, che tradisce sostenendo i nazisti andati al governo a Kiev. Sottovaluta la capacità della Russia di reagire, quando viene messa alle corde. Si illude di poter continuare a dettare legge, quando la presenza a Mosca dei massimi rappresentanti dei Brics, a partire dalla Cina, e di tanti altri paesi conferma che il dominio imperiale dell’Occidente è sulla via del tramonto.(Manlio Dinucci, “La cancellazione della storia”, da “Il Manifesto” del 14 maggio 2015).Il 70° anniversario della vittoria sul nazismo, il 9 maggio a Mosca, è stato boicottato su pressione di Washington da tutti i governanti della Ue, salvo il presidente greco, e messo in ombra dai media occidentali, in un grottesco tentativo di cancellare la Storia. Non privo di risultati: in Germania, Francia e Gran Bretagna risulta che l’87% dei giovani ignora il ruolo dell’Urss nella liberazione dell’Europa dal nazismo. Ruolo che fu determinante per la vittoria della coalizione antinazista. Attaccata l’Urss il 22 giugno 1941 con 5,5 milioni di soldati, 3.500 carrarmati e 5.000 aerei, la Germania nazista concentrò in territorio sovietico 201 divisioni, cioè il 75% di tutte le sue truppe, cui si aggiungevano 37 divisioni dei satelliti (tra cui l’Italia). L’Urss chiese ripetutamente agli alleati di aprire un secondo fronte in Europa, ma Stati Uniti e Gran Bretagna lo ritardarono, mirando a scaricare la potenza nazista sull’Urss per indebolirla e avere così una posizione dominante al termine della guerra.
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Tutti bugiardi venduti allo straniero, e noi dovremmo votarli
L’Europa dovrebbe essere solidale con l’Italia nell’affrontare l’emergenza epocale dell’immigrazione di massa, ma non lo è e lascia l’Italia sola, in prima linea, a sostenere tutti i costi, non solo finanziari. In materia economica, l’Europa dovrebbe essere solidale con l’Italia e gli altri paesi più in difficoltà, ma non lo è, e serve gli interessi dei paesi più forti ai danni dei più deboli. Le politiche finanziarie europee dovrebbero tendere a sviluppo e coesione ed essere riviste e corrette alla luce dei risultati negativi e controproducenti, ma non lo sono. Ci hanno imposto tasse e tagli per entrare nell’euro, perché doveva recare stabilità, convergenza e crescita, ma ha portato l’opposto. I vincoli e i controlli europei cui ci hanno sottoposti dovevano portare efficienza e risanamento, e invece i potenti d’Europa si sono alleati con la nostra casta corrotta e inefficiente per meglio sfruttare le disfunzioni italiane, amplificandole e dominandoci.L’accoglienza ai migranti dovrebbe essere possibile e sostenibile; ma, di fronte all’immigrazione di molti milioni di persone, oggettivamente non lo è. Inoltre, l’accoglienza dovrebbe essere motivata da ragioni umanitarie, invece, come rivelato dalle intercettazioni del caso Mafia Capitale, è spinta da speculazioni criminali, dal peculato allo spaccio alla prostituzione al lavoro in nero, servite dall’azione della politica. L’integrazione anche morale e legale degli immigrati nella società che li accoglie, la loro accettazione delle nostre leggi e dei nostri principi, dovrebbero essere la norma, ma non lo sono. La politica dovrebbe lavorare sulle basi di ciò che è, non di ciò che dovrebbe essere e sistematicamente non è. Dovrebbe parlare di che cosa è fattibile con ciò che è disponibile ora (senza aspettare Godot, Bruxelles e il Messia). Non lo fa e continua a propagandare l’irreale, cioè a mentire.Mentire per fare interessi illeciti e nascosti, spesso stranieri.Mentendo, i governi rassicurano, per raccogliere voti, che faranno correggere la politica finanziaria europea, ma non la fanno correggere, anzi la impongono più rigidamente. Mentendo, per raccogliere voti, promettono che l’Europa si farà carico dei costi della gestione dell’immigrazione di massa, ma l’Europa non lo fa. Mentendo, i governi assicurano che siamo fuori dalla crisi, ma debito pubblico, disoccupazione, deindustrializzazione, emigrazione, declino competitivo continuano a peggiorare. Mentendo, i governi si fingono sorpresi, stupiti e delusi che le loro promesse non siano state realizzate dalla realtà. Poi ricominciano con nuove promesse e rassicurazioni. E funziona sempre: il popolo non ha memoria, e se si arrabbia, dopo un poco la sua stessa rabbia impotente lo fa ridesiderare nuove speranze e rassicurazioni, fino alla successiva arrabbiatura. Grillo, Renzi, Grillo… Sinist-Dest-Sinist-Dest… pendolarmente: l’alternanza democratica. Così il popolo non può sfuggire, dice “ahi” ma non si sposta mai, e lo prende e riprende sempre in quel posto. In questo senso, Renzi può ben vantarsi che c’è una “ripresa”.(Marco Della Luna, “Il pendolo democratico”, dal blog di Della Luna del 17 aprile 2015).L’Europa dovrebbe essere solidale con l’Italia nell’affrontare l’emergenza epocale dell’immigrazione di massa, ma non lo è e lascia l’Italia sola, in prima linea, a sostenere tutti i costi, non solo finanziari. In materia economica, l’Europa dovrebbe essere solidale con l’Italia e gli altri paesi più in difficoltà, ma non lo è, e serve gli interessi dei paesi più forti ai danni dei più deboli. Le politiche finanziarie europee dovrebbero tendere a sviluppo e coesione ed essere riviste e corrette alla luce dei risultati negativi e controproducenti, ma non lo sono. Ci hanno imposto tasse e tagli per entrare nell’euro, perché doveva recare stabilità, convergenza e crescita, ma ha portato l’opposto. I vincoli e i controlli europei cui ci hanno sottoposti dovevano portare efficienza e risanamento, e invece i potenti d’Europa si sono alleati con la nostra casta corrotta e inefficiente per meglio sfruttare le disfunzioni italiane, amplificandole e dominandoci.
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Caccia al nero, polizia killer: prove generali per Usa 2016
Stava durando a lungo, il silenzio dei media nostrani dagli Usa, che di solito riportano ogni piccolo soffio dal loro baricentro americano. Eppure hanno bucato per giorni una notizia di gran peso: un’importante città statunitense, Baltimora, vive ore di tensione drammatica dopo l’ennesimo episodio di violenza poliziesca, l’assassinio di Freddy Gray, un 25enne troppo poco bianco per gli standard della polizia d’oltreoceano. I nostri media, che cercano brutalità poliziesche solo ad Est, provano a non accorgersi di quel che accade a Ovest, né mettono in primo piano le esplosioni di rabbia che una folla inferocita di baltimoriani sta rivolgendo a ogni livello di autorità in risposta all’ennesima goccia di sangue che fa traboccare il vaso afroamericano. “La Repubblica” on line, per esempio, ha ammortizzato la notizia puntando tutto sul buffo video che mostra un’energica Big Mama prendere a ceffoni il figlio adolescente che partecipa alla sedizione. Il risultato è che il lettore sa poco della sedizione e si immerge nella melassa della “nuova icona social della rivolta”, senza nemmeno accedere allo hashtag autenticamente social del momento, #BaltimoreRiots.A volerle vedere, c’erano ben altre potenti icone. Come ci fa notare il blogger Zeroconsensus, i manifestanti si sono impadroniti perfino del municipio cittadino, ammainando la bandiera americana con i suoi tipici colori blu e rosso per issarne una dove i colori sono sostituiti dal nero. Provo a immaginare una scena simile in una metropoli russa, e immagino quale sarebbe stata la copertura dei nostri media. Secondo una recente statistica, oltre tremila persone sono state uccise dalla polizia statunitense a partire da maggio 2013, con una tendenza all’aumento degli episodi, punta dell’iceberg di un sistema vessatorio diffuso. Per rendersi conto di quanto questo sistema sia abnorme, si consideri che in Regno Unito nel 2013 la polizia non ha ucciso nessuno in un conflitto a fuoco, nel 2012 solo un individuo. “The Economist” calcola grosso modo che un cittadino britannico ha cento volte meno probabilità di un cittadino americano di essere ammazzato da un poliziotto. I dati europei non si discostano di molto. Questo tremendo calcolo di probabilità in Usa ha un’ulteriore distorsione: gli afroamericani sono poco meno del 13 per cento della popolazione, ma sono il 37 per cento delle vittime di uccisioni “legalmente giustificate”.Finisce qui? Macché. Frida Ghitis, in un editoriale sul sito della “Cnn”, spiega che il concetto di uccisioni “legalmente giustificate” contiene un’enorme rimozione, per la quale nessuna agenzia federale vuole fare uno straccio di statistica, ossia: quante sono le uccisioni che non sono legalmente giustificate? L’Fbi compila soltanto le statistiche che le inviano volontariamente appena 750 su 17.000 agenzie incaricate di far rispettare la legge. E le altre 16.250 agenzie che volontariamente non inviano nulla? Gli studiosi di criminologia analizzano in dettaglio queste discrepanze, sollevando di qualche migliaio il già spaventoso numero dei morti. In pratica, anche il “Washington Post” ha descritto una nuova strana forma di segreto di Stato: il non voler sapere. Che poi significa il non voler far sapere un ritratto spiacevole del potere in America. Ecco perché nelle dure manifestazioni di piazza sono tanti i giovani afroamericani che tengono un cartello: “Am I The Next?” (sono io il prossimo?).A Baltimora non bastano più nemmeno gli agenti in tenuta antisommossa. Bande numerose – composte sia da adolescenti sia da rivoltosi adulti – lanciano ogni tipo di oggetto anche sulla nuova generazione di agenti vestiti come Robocop, mentre rifiutano ogni tardiva offerta di dialogo. La polizia fa largo uso di lacrimogeni e proiettili di gomma, con centinaia di arresti e coprifuoco notturno (per i minorenni addirittura anche diurno), intanto che i grossi ipermercati e anche la University of Maryland serrano i loro cancelli. Eppure, non parliamo certo di una città degradata come Detroit, né di un ghetto di New Orleans, ma di una metropoli fra le più prospere degli Usa. Il biotech e l’elettronica militare a Baltimora hanno a disposizione catene brevettuali e centri di ricerca che assicurano lavoro e investimenti di qualità, all’avanguardia nel mondo. Cosa dimostra questo fatto? Dimostra che il caos può accadere ovunque negli Stati Uniti, data la postura della polizia americana, ovunque la stessa, ovunque con il grilletto facile, tanto nelle città scoppiate quanto nelle città in boom.Anche le autorità si sono accorte che la tenuta dell’ordine pubblico non regge alle condizioni attuali. Né tanto meno reggerebbe di fronte a un peggioramento dell’economia, ormai nell’ordine delle cose nonostante la vuota retorica sulla ripresa Usa. In risposta, però, il potere non sceglie “più democrazia”, ma “più tecnologia”, più Swat, più Robocop. Cioè una polizia più arcigna, invadente, militarizzata, meno capace di intelligence sociale, e perciò più pericolosa. Durante l’esercitazione militare denominata Jade Helm 15 – a partire da metà luglio fino a metà settembre 2015 – agenti militari si mescoleranno alla popolazione civile e potranno identificare eventuali “sacche ostili”. Come riassume “L’Antidiplomatico”, la cosa non è rassicurante: «Nonostante le smentite ufficiali dell’esercito che esclude l’introduzione della legge marziale negli Usa, esistono dei manuali operativi in proposito e uno è stato pubblicato nel 2006, utilizzato per un corso presso la scuola di polizia militare a Fort McClellan che fornisce le direttive per contrastare eventuali insurrezioni civili». Intanto a Baltimora sono stati inviati migliaia di soldati della Guardia Nazionale, preceduti da un’avanguardia di decine di automezzi Humvees blindati.Nei due anni finali del mandato del primo presidente nero, Barack Obama, la questione afroamericana ha tutta l’aria di dover pesare costantemente nella nuova campagna elettorale, ormai iniziata. Il clima tuttavia non è quello di una nuova stagione dei diritti civili, né a Baltimora né altrove negli Usa. Il sistema washingtoniano sembra pronto a usare questo clima incandescente per assecondare ogni nuovo salto verso l’aumento dei mezzi di sorveglianza-controllo-repressione, in coerenza con tutta la linea politica usata a partire dai mega-attentati dell’11 settembre 2001. Lo Usa Patriot Act, le nuove leggi liberticide, e poi il sistema totalitario di sorveglianza rivelato dallo scandalo Datagate erano appena i primi assaggi di una nuova strategia della tensione.(Pino Cabras, “Caos razziale a Baltimora, prove generali per Usa 2016”, da “Megachip” del 29 aprile 2015).Stava durando a lungo, il silenzio dei media nostrani dagli Usa, che di solito riportano ogni piccolo soffio dal loro baricentro americano. Eppure hanno bucato per giorni una notizia di gran peso: un’importante città statunitense, Baltimora, vive ore di tensione drammatica dopo l’ennesimo episodio di violenza poliziesca, l’assassinio di Freddy Gray, un 25enne troppo poco bianco per gli standard della polizia d’oltreoceano. I nostri media, che cercano brutalità poliziesche solo ad Est, provano a non accorgersi di quel che accade a Ovest, né mettono in primo piano le esplosioni di rabbia che una folla inferocita di baltimoriani sta rivolgendo a ogni livello di autorità in risposta all’ennesima goccia di sangue che fa traboccare il vaso afroamericano. “La Repubblica” on line, per esempio, ha ammortizzato la notizia puntando tutto sul buffo video che mostra un’energica Big Mama prendere a ceffoni il figlio adolescente che partecipa alla sedizione. Il risultato è che il lettore sa poco della sedizione e si immerge nella melassa della “nuova icona social della rivolta”, senza nemmeno accedere allo hashtag autenticamente social del momento, #BaltimoreRiots.
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La Troika mollerà Renzi, ormai gli italiani credono a Salvini
La sera di martedì 28 aprile, tornato a casa dall’ufficio e costatato che il nipotino se ne stava tranquillo, già addormentato fra le braccia di suo padre (mio figlio, che teneva il bambino perché mia nuora era al lavoro), ho fatto una cosa che raramente oso fare, un po’ per “snobbismo” e molto di più per disgusto: ho guardato quasi per intero un talk-show alla tv. Cosa c’è di martedì? “Di Martedì” su La7, appunto, del pessimo ma astuto Giovanni Floris, un ex della Rai a suo tempo soprannominato “il vespino della sinistra”. Ciò che è accaduto nel mondo virtuale di Floris – parte integrante dello spettacolo sistemico – mi ha fatto riflettere, portandomi a trarre conclusioni piuttosto inquietanti. Voglio condividere, di seguito, le mie riflessioni con i lettori di “Pauperclass”, che so essere pochi ma buoni. Mi sono visto il confronto fra Salvini, in collegamento esterno da Strasburgo, e una giornalista radical chic di “Repubblica” (principale rotolo di carta igienica della sinistra euroserva, buonista e pro-troika), tale insignificante Annalisa Cuzzocrea, presente in studio. La querelle era sugli immigrati clandestini che stanno arrivando a frotte nel nostro paese.L’attacco a Matteo Salvini da parte di Cuzzocrea, per la verità scontato e piuttosto prevedibile, verteva proprio su questo tema. Il segretario leghista ha distinto, come fa ultimamente con un po’ di retorica, fra gli immigrati regolari, che lavorano, pagano le tasse, mandano i figli a scuola, eccetera, e quelli clandestini che rappresentano un problema, per i populisti ma soprattutto per il popolo. Cuzzocrea, non trovando di meglio, ha obbiettato che anche i regolari possono essere entrati come clandestini, prima di regolarizzarsi con difficoltà. Matteo Salvini si è smarcato abilmente, in perfetta linea con quello che è il “sentiment” popolare di questi tempi, vincendo il confronto (almeno a mio dire) davanti agli occhi della cosiddetta opinione pubblica. Forse un po’ banale, vagamente propagandistico, ma sicuramente efficace: «Possiamo ospitare qualche altro milione di clandestini, in attesa che si regolarizzino e trovino un lavoro che non hanno neanche gli italiani? Vada a spiegarlo, signora, agli immigrati che sono qua regolarmente con i documenti a posto che stanno perdendo il lavoro, che non sanno come tirare a fine mese… Vada a spiegare a loro che l’Italia può ospitare altre migliaia … non so quante, decine, centinaia di migliaia – non so quante, mi dica lei un numero – di immigrati senza nessun tipo di titolo».E’ intervenuto Floris, a quel punto, forse in soccorso alla debole Cuzzocrea dagli argomenti scontati, cianciando qualcosa a riguardo di quelli che fanno lavorare in nero i clandestini, subito rintuzzato da un Salvini in forma, che non si è lasciato confondere o attirare in tranelli. Del resto, un altro giornalista che ha fatto domande al segretario leghista era Sergio Rizzo del “Corsera”, che però non sembrava intenzionato a mettere troppo in difficoltà Matteo Salvini, il quale ha fatto nel complesso una buona figura. All’inizio dell’intervista, Giovanni Floris dialogando con Salvini non ha “calcato troppo la mano”, lasciando il Matteo anti-Matteo piuttosto libero di dire la sua e anzi concludendo che Salvini «ha fatto una sorta di indice dei temi che tratteremo» (nel lungo talk-show). Bene Salvini, dunque, ma poi? Per farla breve, perché non voglio commentare tutto il lungo talk-show, le veline piddiote di Renzi, Alessandra Moretti, candidata alle regionali in Veneto, e Alessia Rotta della segreteria piddì (mi scappa una battuta, dato il cognome, ma mi trattengo per ragioni di stile), sono state letteralmente contraddette, sbugiardate e persino massacrate dai giornalisti presenti, come Mario Giordano direttore del Tg4 che ha “curato” particolarmente la Moretti, e da altri ospiti, come ad esempio l’agguerrito sindaco forzaitaliota di Ascoli Piceno, Guido Castelli, che stigmatizzava i drammatici tagli (renziano-piddini) alla spesa degli enti locali, o Massimiliano Fedriga capogruppo leghista alla Camera, che non mancava di assestare i suoi colpetti.In particolare Alessia Rotta è stata ben maciullata da uno scatenato Andrea Scanzi, del “Fatto Quotidiano”, che l’ha persino definita una dei “droidi televisivi” di Renzi, senza che il furbo e controllato Floris s’inquietasse più di tanto. Tutti, o quasi, contro la Moretti e la Rotta, questa ultima anello più che debole della catena renziana, soprattutto davanti a un “professionista della polemica” come Andrea Scanzi. Tanto più che Scanzi, di certo non favorevole alla Lega, ha detto che quelli di sinistra potrebbero riconoscersi nelle parole di Salvini, che ha accennato a problemi reali come quello degli esodati e della “legge Fornero”, della pressione fiscale insostenibile, degli studi di settore, eccetera. Massimiliano Fedriga, leghista, dichiarava di apprezzare le uscite di Scanzi, e Mario Giordano, in collegamento esterno, si inseriva per tirare qualche mazzata anche lui. Ebbene, mi sono chiesto perché mai uno come Floris, apparatchik massmediatico al servizio del potere, ha graziato il “cattivo” Salvini, che nel complesso ne è uscito bene, e ha permesso che dei professionisti del talk-show, molto agguerriti come Scanzi e Giordano, assieme ad altri soggetti più o meno ostili alle veline renziane, facessero a fettine i “droidi televisivi” di Renzi (secondo l’indovinata espressione del giornalista del “Fatto Quotidiano”).Intuendo che uno come Floris difficilmente rischierebbe la sua brillante e remunerativa carriera se non avesse ricevuto qualche input dall’alto, posso concludere che l’aria, forse, sta cambiando e il futuro ci riserverà qualche sorpresa. Anzitutto, ci sono sondaggi segreti – non diffusi mediaticamente, ma a uso e consumo delle sub-élite italiane – che avvertono di un vero e proprio collasso nei consensi per Renzi e per il piddì? E’ possibile che sia così e ciò non potrebbe essere ignorato dai manovratori sopranazionali e dai loro collaborazionisti locali, che dovrebbero correre ai ripari. Non è che in questi sondaggi segreti, molto più aderenti alla realtà di quelli a uso e consumo della neoplebe, Salvini stia crescendo più di quello che mediaticamente i sondaggisti ammettono? Anche questo è possibile, nonostante oggi si sbandieri – sempre a “beneficio” del popolo bue – una certa ripresa di consensi per l’esausto Grillo. Cosa ancor più importante, c’è un’incertezza che riguarda la sorte della martoriata Grecia. Nonostante Tsipras abbia abbassato la testa davanti alla troika (come avevo previsto), da bravo mentitore sinistroide addirittura sostituendo il fido Varoufakis, la Grecia potrebbe riservare nuove sorprese e innescare una violenta crisi in Europa.La crisi colpirebbe inevitabilmente, con brutali impennate dello spread e degli interessi sul debito, anche la sottomessa Italia. E le menzogne renziano-piddine non avrebbero più l’effetto imbonitore, sul volgo, che oggi osserviamo. Si diffonderebbe la paura, mista a un senso di totale impotenza politica che caratterizza i nostri anni, e il famigerato governo-troika commissariale, con la presenza di “tecnici”, stranieri e commissari europei potrebbe diventare, in poche settimane, una realtà. Con o senza il passaggio delle elezioni politiche. Si sta avvicinando per Renzi – parliamo più ragionevolmente di mesi che di settimane – il momento di lasciare il governo, anticipatamente rispetto al 2018? Forse. Potrebbe essere “in cantiere”, per decisione degli occupatori dell’Italia, il passaggio dai governi-Quisling (gli ultimi tre) al governo-troika terminale. I segnali più potenti saranno quasi sicuramente, da un punto di vista economico-finanziario, l’innalzamento repentino dello spread con il bund (non necessariamente e non soltanto “per colpa” della Grecia), che potrà arrivare a quattro volte il livello attuale, e pesanti attacchi speculativi internazionali, accompagnati da una campagna terroristica dei media per impaurire la popolazione e farle accettare, senza reagire, il governo-troika deciso nelle capitali che contano.Un mio interlocutore, tale Maurizio, ha ipotizzato che i signori della finanza che manovrano Renzi e il piddì potrebbero seguire una strada ancor più tortuosa e subdola, per chiudere definitivamente nella morsa l’Italia. L’Italicum dovrebbe essere approvato in breve, a colpi di fiducia, senza nuovi passaggi al Senato per modifiche indesiderate nel testo; ma anche questo non è certo, nonostante la viltà e la malafede delle “opposizioni” interne al piddì e visto il voto segreto. Comunque sia, niente è irreversibile e l’Italicum emana un forte tanfo d’incostituzionalità, cosa che potrebbe fargli fare la fine del Porcellum (ma più rapidamente), nonostante lo straordinario “allineamento astrale” di tutte le istituzioni sotto l’egida della troika. Il “percorso” potrebbe essere quello di permettere una vittoria elettorale – più che di Grillo, il quale ha già vinto senza ottenere risultati – dell’“astro nascente” dell’opposizione parlamentare a Renzi, cioè Matteo Salvini. Si tratterebbe, poi, di affondare il suo governo “populista” e “euroscettico” (e ovviamente il suo consenso) a colpi di spread e di speculazione finanziaria, imponendo a stretto giro di posta un governo-troika, con il paese scivolato nel panico e attraversato dalla paura, da commissariare definitivamente.Le ipotesi che ho presentato fin qui sembrano inverosimili? Non credo, perché le élite finanziarie che tirano i fili del piddì si sono mostrate prive di scrupoli in molte occasioni, e lo saranno anche nei confronti dell’Italia. Se Renzi dovrà lasciare la presidenza del Consiglio (e probabilmente la segreteria piddina) lo farà obbedendo agli ordini. Se Salvini dovrà essere utilizzato come “vittima sacrificale” per arrivare al governo-troika commissariale, non avrà modo di evitarlo, e così Grillo con il cinque stelle, nel caso in cui i maggiori consensi dovessero riversarsi su di lui e non sul segretario leghista. Oppure, in modo meno indiretto, se ci dovesse essere un brutto Grexit, Renzi potrebbe essere costretto a mollare la poltrona a causa dello spread alle stelle (ironia della sorte, lo stesso pretesto usato contro Berlusconi) e l’occasione sarebbe ghiotta per imporre all’Italia un governo di commissari della troika.(Eugenio Orso, “Dal governo Renzi al governo troika’”, da “Pauperclass” del 30 aprile 2015).La sera di martedì 28 aprile, tornato a casa dall’ufficio e costatato che il nipotino se ne stava tranquillo, già addormentato fra le braccia di suo padre (mio figlio, che teneva il bambino perché mia nuora era al lavoro), ho fatto una cosa che raramente oso fare, un po’ per “snobbismo” e molto di più per disgusto: ho guardato quasi per intero un talk-show alla tv. Cosa c’è di martedì? “Di Martedì” su La7, appunto, del pessimo ma astuto Giovanni Floris, un ex della Rai a suo tempo soprannominato “il vespino della sinistra”. Ciò che è accaduto nel mondo virtuale di Floris – parte integrante dello spettacolo sistemico – mi ha fatto riflettere, portandomi a trarre conclusioni piuttosto inquietanti. Voglio condividere, di seguito, le mie riflessioni con i lettori di “Pauperclass”, che so essere pochi ma buoni. Mi sono visto il confronto fra Salvini, in collegamento esterno da Strasburgo, e una giornalista radical chic di “Repubblica” (principale rotolo di carta igienica della sinistra euroserva, buonista e pro-troika), tale insignificante Annalisa Cuzzocrea, presente in studio. La querelle era sugli immigrati clandestini che stanno arrivando a frotte nel nostro paese.
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Insegnava a non avere paura, per questo Osho fu ucciso
Osho Rajneesh fu assassinato dalla Cia mediante avvelenamento da tallio. Morì il 19 gennaio 1990, all’età di 60 anni. Faceva paura, perché insegnava a non avere paura di nulla. La morte, scrisse, va accolta con gioia: è come “addormentarsi in Dio”. «Che fu assassinato non lo dice un complottista come me», scrive Paolo Franceschetti. «Lo dice lui stesso, lo dicono i suoi allievi, e la storia del suo assassinio è narrata nel libro “Operazione Socrate”, che spiega anche le ragioni per cui venne avvelenato». Negli anni ‘80, i media lo presentavano come un guru spirituale così anomalo da viaggiare in Rolls Royce, a capo di un clan di appassionati di orge e fumatori di hashish. Non faceva nulla per allontanare da sé l’immagine di personaggio incongruente: secondo Gianfranco Carpeoro, esoterista e studioso di simbologia, il guru indiano emigrato negli Usa aveva capito perfettamente di essere sotto tiro, in pericolo di morte: aveva un enorme ascendente su milioni di giovani, e non voleva fare la fine di John Lennon. Meglio rischiare di passare per ciarlatano, pur di evitare l’omicidio?Osho era una potenza, con qualcosa come 400 titoli usciti a suo nome. Libri praticamente su tutto: vita e morte, religione, amore, denaro, depressione, felicità, etica. E politica. I suoi seguaci italiani? «Sembravano un po’ sciroccati», scrive Franceschetti sul suo blog. Convinti, i “Sannyasin”, che il Maestro se ne fosse semplicemente “andato” per sua scelta. «Dopo aver parlato con loro – confessa Franceschetti – mi convincevo che la storia del suo assassinio doveva essere una balla, prima di tutto perché nessuno dovrebbe aver interesse a uccidere il leader di un branco di sciroccati». La storia della Cia? «Una stupidaggine: quando non si sa a chi dare la colpa, si tira sempre fuori la Cia o gli extraterrestri». Le cose cambiarono quando Francheschetti, avvocato con alle spalle accurate indagini su alcuni dei più atroci casi insoluti della cronaca nera italiana, dal giallo di Cogne al Mostro di Firenze fino alle “Bestie di Satana”, prese in mano un libro di Osho, “La via delle nuvole bianche”. «Rimasi colpito dalla bellezza e della profondità del libro», racconta. «Poi ne lessi altri e via via mi convincevo che il suo pensiero era di una profondità fuori dal comune, che mal si attagliava all’immagine di orge e Rolls Royce che i media ne avevano tramandato».La data della sua morte era quanto meno sospetta, scrive Franceschetti, perché ai giorni nostri è difficile morire a sessant’anni per cause naturali, «specie se stiamo parlando di un uomo che viveva seguendo una dieta sana e principi anche spirituali sani». Osho aveva lavorato, e poi fondato una comunità spirituale, in India. Nel 1981 si trasferì in America e fondò una comunità nell’Oregon, ad Antelope: Raineeshpuram. Venne arrestato il 28 ottobre del 1985 a Charlotte, nella Carolina del Nord, e fu tenuto in stato di arresto per 12 giorni. Motivo del fermo: immigrazione clandestina. «Per quello che, in Oregon, è un semplice illecito amministrativo, Osho fu tenuto, illegalmente, 12 giorni in prigione». Poi gli fu comminata una pena di 10 anni di galera, con la sospensione condizionale, in aggiunta all’espulsione dagli Usa. «Venne accusato perché alcuni cittadini americani che frequentavano la comunità di Osho avevano contratto matrimoni di convenienza con degli stranieri, per far acquisire loro la cittadinanza americana. L’accusa poi era sicuramente falsa, perché Osho era il leader di una comunità che contava oltre 7.000 persone: difficile immaginare che fosse direttamente colpevole di questi reati».Osho venne sottoposto a «una serie di procedimenti illegali», e tenuto in stato di arresto per molti giorni in più rispetto a quella che sarebbe stata la normale procedura, senza che i suoi avvocati fossero avvisati dell’arresto. Venne trasferito in 12 giorni prigioni diverse, «senza motivo e senza una regolare procedura». In un carcere fu registrato col falso nome di David Washington: perché? Fu tradotto in un penitenziario di contea e non nel carcere federale, dove per giunta rimase 4 notti anziché una, come previsto in genere per i prigionieri in transito. Leggendo la sua biografia, e il libro che alcuni suoi discepoli hanno scritto sulla sua morte, saltano agli occhi poi alcune cose. Anzitutto la testimonianza di un detenuto in carcere per omicidio, Jonh Wayne Hearu, che al processo dichiarò di essere stato avvicinato per gettare una bomba sulla comunità di Osho. Furono addirittura insabbiate le testimonianze di alcuni agenti federali, che dichiararono che stavano indagando su un’altra bomba, destinata non alla comunità di Osho ma al carcere nel quale il leader spirituale era stato tradotto. Gli uomini dell’Fbi fecero capire che si trattava di «telefonate partite da centri istituzionali», ma «l’inchiesta su questa vicenda venne insabbiata e il funzionario che stava indagando venne trasferito».Il giorno dell’arresto, continua Franceschetti, erano pronti centinaia di militari che avevano circondato la comunità di Osho. Erano «in assetto da guerra e con elicotteri da combattimento». Il leader spirituale però «fu avvertito della cosa e quel giorno si fece trovare a casa di una sua seguace, dove si consegnò pacificamente». Per giunta, da giorni, i suoi legali chiedevano notizie circa l’eventuale possibile arresto di Osho «il quale, nell’eventualità, voleva consegnarsi spontanemente». Le autorità americane rassicuravano gli avvocati, ripetendo che non dovevano temere nulla. Eppure, «l’arresto fu effettuato a sorpresa e con la preparazione di un vero esercito». Motivo? «A mio parere – dice Franceschetti – avevano preparato una strage, che fu sventata dall’allontanamento di Osho dalla comunità». Probabilmente, «per il governo la cosa migliore sarebbe stato provocare un incidente per poter uccidere Osho direttamente il giorno dell’arresto». Giornali e televisione, che avevano sempre creato problemi alla comunità dipingendola come un covo di satanisti orgiastici, avrebbero liquidato l’aventuale massacro come l’inevitabile esito di un atto di ribellione da parte di fanatici fondamentalisti, una rivolta «repressa con le armi dall’eroico esercito americano».Altro fatto inspiegabile: Osho disse di essere stato in carcere per 11 giorni, quando invece i giorni erano stati 12. «In altre parole, per un giorno Osho perse la memoria. Non fu mai chiarito il perché e il come». Resta il fatto che al guru fu riscontrato un avvelenamento da tallio che lo portò alla morte in pochi anni. «Nei giorni successivi all’arresto, Osho fu trattenuto in carcere più del dovuto perché doveva prepararsi l’avvelenamento da tallio», che avvenne probabilmente «spargendo la sostanza nel letto dove Osho dormì». Era solito dormire su un fianco, e la parte del corpo che risultò agli esami maggiormente contaminata era proprio quella dove Osho aveva dormito. Una morte così sospetta, da mettere in allarme politici e intellettuali anche in Italia, firmatari di una denuncia scritta. Tra questi Lorenzo Strik Lievers, Luigi Manconi, Marco Taradash, Michele Serra, Giorgio Gaber, Lidia Ravera, Giovanna Melandri, Gabriele La Porta. «Il quadro dei fatti è impressionante», scrissero, «e gravissimi sono gli interrogativi che ne escono». Per cui, «se coloro cui spetta non vorranno o non sapranno dare risposte persuasive, saranno essi a legittimare come fondata la denuncia dei discepoli di Osho». I firmatari chiesero l’apertura di un’inchiesta internazionale, per «far luce su questa pagina oscura», e per sapere «se, ancora una volta nella storia, il “diverso” sia stato prima demonizzato e poi eliminato nell’indifferenza generale».Perché fu ucciso, Osho Rajneesh? I suoi allievi accusarono «i fondamentalisti cristiani, che vedono Satana in tutto ciò che non è cristiano». Secondo Franceschetti, erano completamente fuori strada. Tanto per cominciare, «Bush padre, come il figlio e come Reagan (presidente al tempo dell’arresto di Osho) non sono cristiani nel senso “cristiano” del termine». Il cristiano vero «dovrebbe essere tollerante e amorevole verso tutti, e non dovrebbe per nessun motivo uccidere». Loro? «Sono cristiani nel senso “rosacrociano”; fanno parte cioè di quel ramo dei Rosacroce deviato, l’Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro», e quando parlano di Dio e di Cristo «intendono questi termini in senso esattamente opposto al senso cristiano: non a caso in nome di Dio scatenano guerre uccidendo milioni di persone». Bush ha spesso ha ripetuto che “Dio è con lui”. Già, ma «il Dio in nome del quale scatenano la guerra è il loro dio, Horus, non il Dio dei cristiani». Bush quindi «non è un cristiano», mentre Osho «è più cristiano di molti “cattolici”, in quanto seguiva alla lettera i principi di amore e tolleranza che sono scritti nei 4 Vangeli».Franceschetti indaga il profilo spirituale del crimine e la sua traduzione politica: «La comprensione e l’interiorizzazione dei principi su cui si basa la filosofia di Osho è idonea a scardinare proprio quei capisaldi su cui la massoneria rosacrociana basa la sua forza: ovvero il concetto della morte e il concetto del denaro». Di fatto, con i suoi scritti, «Osho incita a non temere la morte, e a viverla come uno stato di passaggio, in cui addirittura si vivrà meglio che nel corpo fisico». Quanto ai soldi, «nonostante girasse in Rolls Royce, non era attaccato al denaro: da giovane insegnava all’università ma rifiutò una promozione perché, disse, non voleva regalare ancora più soldi allo Stato con le tasse». Non si preoccupò mai del denaro, «perché sosteneva che nell’universo arriva sempre esattamente ciò di cui hai bisogno, nel momento giusto». Le Rolls Royce? «Arrivarono perché la sua comunità attirava anche gente ricca, e ciascuno metteva in comune ciò che aveva: gli avvocati gestivano gratis i problemi della comunità, i muratori costruivano, i medici curavano, i docenti di varie discipline insegnavano e, ovviamente, chi aveva soldi, donava soldi».Secondo Osho, «il denaro e il lusso sono un mezzo come un altro, possono esserci o meno, ma non devono intaccare la serenità interiore, che invece si acquista con altri mezzi». Insegnava ad amare la vita, ma non ne era attaccato. Lo dimostrano le testimonianze dei seguaci che raccontano la sua ultima notte: rifiutò l’assistenza del medico personale. «E’ il momento che me ne vada», disse. «Inutile forzare ancora le cose. Ormai soffro troppo, in questo corpo». Per Franceschetti, dunque, «Osho faceva paura perché il sistema massonico in cui viviamo si basa su due fondamenti, la paura della morte e la paura della perdita economica». Senza queste paure, il potere, che vive di minacce dirette o indirette (se ti opponi perderai il lavoro, perderai la vita, perderai l’onore perché ti infagheremo) non potrebbe resistere. Senza la paura della morte (tua e dei tuoi cari) svanisce anche il ricatto familiare che si riassume nella frase: non ti opporre al sistema, se tieni alla tua famiglia. A questo sistema la comunità di Osho contrapponeva un modello alternativo, basato sul mutuo aiuto: baratto e libero scambio di beni e competenze quotidiane, senza mercificazione.«Anche dal punto di vista religioso, Osho poteva far paura», conclude Franceschetti. «Non ha fondato una sua religione, né si ispirava ad una religione particolare. Nei suoi libri e nei suoi discorsi utilizzava il Vangelo quando parlava a persone cattoliche, i Sutra buddisti quando parlava a buddisti, i Veda indiani quando parlava a induisti, e attingeva da fonti ebraiche, sufi e chassidiche». Tra i tanti libri, scrisse anche “Le lacrime della Rosa mistica”, quella a cui si ispirano i Rosacroce. «Si possono leggere i suoi scritti, quindi, pur restando buddisti, cristiani, o ebrei. Ma dava una lettura dei testi sacri più moderna e al passo coi tempi, il che poteva far paura a coloro che ancora ragionano con schemi che risalgono a migliaia di anni fa, e che usano la religione come uno strumento per tenere sotto controllo le menti degli adepti». Osho, in altre parole, «fu ucciso per lo stesso motivo per cui furono uccisi altri leader spirituali famosi, come Gandhi e Martin Luther King». Soprattutto, «fu ucciso per la stessa ragione per cui vengono uccisi tutti quelli che si ribellano al sistema denunciandolo fin nelle fondamenta, dai cantanti, agli scrittori, ai registi, ai magistrati, ai giornalisti». Il potere aveva ragione di temerlo: «La diffusione delle idee di Osho poteva contribuire a scardinare il sistema». Se non altro, il suo pensiero non è andato perduto: lo testimonia la continua ristampa dei suoi libri, sempre più diffusi. «Per certi versi, Osho è più vivo che mai».Osho Rajneesh fu assassinato dalla Cia mediante avvelenamento da tallio. Morì il 19 gennaio 1990, all’età di 60 anni. Faceva paura, perché insegnava a non avere paura di nulla. La morte, scrisse, va accolta con gioia: è come “addormentarsi in Dio”. «Che fu assassinato non lo dice un complottista come me», scrive Paolo Franceschetti. «Lo dice lui stesso, lo dicono i suoi allievi, e la storia del suo assassinio è narrata nel libro “Operazione Socrate”, che spiega anche le ragioni per cui venne avvelenato». Negli anni ‘80, i media lo presentavano come un guru spirituale così anomalo da viaggiare in Rolls Royce, a capo di un clan di appassionati di orge e fumatori di hashish. Non faceva nulla per allontanare da sé l’immagine di personaggio incongruente: secondo Gianfranco Carpeoro, esoterista e studioso di simbologia, il guru indiano emigrato negli Usa aveva capito perfettamente di essere sotto tiro, in pericolo di morte: aveva un enorme ascendente su milioni di giovani, e non voleva fare la fine di John Lennon. Meglio rischiare di passare per ciarlatano, pur di evitare l’omicidio?
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Prenoto ora il grano del futuro e ne farò esplodere il prezzo
Lo scandalo SwissLeaks, in cui la Hsbc è accusata di avere aiutato decine di migliaia di clienti a nascondere i propri soldi su conti cifrati, è tornato alla ribalta in queste settimane. L’ennesimo caso che mostra come troppo spesso i maggiori gruppi bancari giochino un ruolo di primo piano in operazioni di al limite, e spesso ben oltre il limite, della legalità. Parliamo di una banca sola. E’ quasi impossibile anche solo elencare gli scandali, gli abusi e i crimini recentemente emersi a carico del sistema finanziario: dalle manipolazioni del mercato delle valute a quello dei tassi di riferimento (Libor e Euribor), dagli episodi di corruzione all’evasione fiscale, a moltissimi altri ancora. La stessa Hsbc nel 2012 ha ricevuto una multa di 1,9 miliardi di dollari dalle autorità statunitensi per una vicenda legata al riciclaggio del denaro di cartelli della droga messicani. Se le conseguenze delle operazioni illecite o apertamente illegali sono devastanti, paradossalmente sono ancora peggiori, se possibile, gli impatti del “normale” funzionamento di questo sistema finanziario.Uno degli esempi più vergognosi, non certo l’unico, è l’utilizzo dei derivati per scommettere sul prezzo del cibo e delle materie prime. I derivati sono contratti finanziari il cui valore deriva appunto da quello di un bene (titoli, indici, materie prime o altro) chiamato sottostante. I derivati sono nati essenzialmente come strumenti di copertura dai rischi: permettono di comprare, vendere o scambiare qualcosa in una data futura, a un prezzo prestabilito. Ho un pastificio e voglio pianificare la produzione. Tramite un derivato posso comprare il grano tra alcuni mesi a un prezzo fissato già oggi. In cambio di una commissione, la banca che me lo vende si assume quindi i rischi delle oscillazioni dei prezzi. E’ la loro stessa natura a renderli strumenti particolarmente adatti alla speculazione. In pratica posso scommettere su un prezzo futuro. Oggi, per molte materie prime e altre tipologie di derivati, nel 99% dei casi non c’è la consegna del sottostante. Come dire che scommetto sul prezzo futuro del grano ma non ho nessun interesse nel grano. Non ho un pastificio né sono un produttore. Sto unicamente realizzando una scommessa speculativa sul prezzo futuro di qualcosa.Per chiarire, è come se su 100 assicurazioni automobilistiche, una servisse a tutelare i proprietari di automobili, le altre 99 a scommettere che il mio vicino di casa avrà un incidente. Scommesse che esasperano l’andamento dei prezzi, creano volatilità e instabilità. Gli impatti e i danni maggiori ricadono tanto sui piccoli produttori di grano quanto sui consumatori, che si ritrovano in balia della montagna russa dei prezzi generata dalla speculazione. Non solo. Con una “normale” speculazione posso comprare una certa quantità di grano per 5.000 euro, sperare che il prezzo salga e rivenderlo. Al di là dei problemi di stoccaggio, devo materialmente avere i 5.000 euro. Posso invece acquistare per 100 euro un derivato che mi consente di comprare tra un mese lo stesso grano a 5.000 euro. Uso una leva finanziaria di 50 a 1, controllo 5.000 euro con 100 di investimento. Se tra un mese quel grano vale 5.100, realizzo 100 euro con 100, non con 5.000, il 100% di profitto invece del 2%. Se le cose vanno male, le perdite possono essere altrettanto ingenti.Quando esplode la crisi finanziaria a cavallo del 2008, giganteschi capitali fuggono dai mercati finanziari “tradizionali” e tramite i derivati si riversano sulle materie prime, alimentari e non. Il prezzo dovrebbe essere determinato dall’incontro tra domanda e offerta. Investimenti puramente finanziari creano però un’ulteriore domanda “artificiale”, il che spinge al rialzo il prezzo, richiamando altri investitori, ovvero un ulteriore aumento della domanda. Il fenomeno si autoalimenta, si crea una bolla finanziaria. Quando qualcuno inizia a vendere parte il percorso inverso: scoppia la bolla, panico sui mercati e prezzi che crollano. Sia i produttori sia i consumatori si trovano in balia dell’instabilità. Nel 2008 aumenta il prezzo di tutte e 25 le principali materie prime. Un aumento all’unisono più unico che raro e a maggior ragione ingiustificabile in un periodo di crisi. Il prezzo del grano e del mais raddoppia in pochi mesi senza che si verifichi una siccità o un altro evento naturale. Un aumento così repentino non può nemmeno essere spiegato con il cambiamento di dieta dei paesi emergenti, la crescita dei bio-combustibili o i cambiamenti climatici, tutti fenomeni di lungo periodo. E’ l’ondata speculativa che determina se milioni di esseri umani saranno in grado di sfamarsi o meno.Se possibile, c’è anche di peggio: l’instabilità e la volatilità non sono “fastidiosi” effetti collaterali, ma la base stessa del gioco. Compro un titolo per 100 euro. Se dopo un anno vale 101 euro ho realizzato una speculazione, ma il margine di profitto è bassissimo, l’1%. Se invece il titolo è in preda a fortissime oscillazioni e i prezzi sono instabili, si possono realizzare maggiori profitti. In una spirale perversa la stessa speculazione è oggi in grado di generare le oscillazioni su cui poi andrà a guadagnare: più scommesse girano su un dato titolo, più i prezzi rischiano di impazzire e più crescono le possibilità di profitti a breve, attirando nuovi squali. Le materie prime, naturalmente soggette a variabilità dei prezzi, diventano con i derivati il terreno di caccia ideale degli speculatori. La dimensione di questi fenomeni è tale che spesso i prezzi vengono determinati da manovre speculative, non da produzione e commercio. Un ribaltamento delle funzioni paradossale per una finanza che dovrebbe essere uno strumento al servizio dell’economia. I derivati sono diventati “the tail that wags the dog”, la coda che scodinzola il cane.Non solo. Acquistando un derivato sul grano non finanzio i contadini o le produzioni. Mentre centinaia di milioni di persone, in particolare nelle aree rurali, sono escluse dall’accesso al credito, somme stratosferiche inseguono profitti a breve da scommesse sul cibo, causando impatti devastanti per le fasce più deboli della popolazione. L’aspetto più incredibile è quindi che la finanza non provoca “unicamente” instabilità, crisi e squilibri, ma non riesce nemmeno a fare ciò che dovrebbe fare. Da un lato sterminati capitali sono alla continua ed esasperata ricerca di qualche sbocco di investimento. Dall’altro enormi necessità non vengono finanziate e fasce sempre più ampie della popolazione, anche da noi, si trovano escluse dai servizi finanziari. Semplificando, domanda e offerta di denaro non si incontrano. Con buona pace dell’idea dei “mercati efficienti” alla base della dottrina neoliberista che si è imposta nell’ultimo trentennio, l’attuale sistema finanziario rappresenta il più macroscopico fallimento del mercato.Una finanza che, sia direttamente tramite speculazioni o operazioni illecite, sia indirettamente tramite il drenaggio di capitali e la crescita delle disuguaglianze, è alla base dell’instabilità e delle crisi attuali. Di fronte a un sistema politico e mediatico che continua a imporre una visione secondo la quale la finanza pubblica è il problema e quella privata la soluzione, occorre ripartire per un radicale cambiamento di rotta sia riguardo alle politiche economiche sia, più in generale, per un ribaltamento dell’immaginario della crisi che ci viene quotidianamente raccontato.(Andrea Baranes, “Il fallimento della finanza”, tratto da “Fermate il mondo: voglio scendere!” di marzo-aprile 2015, ripreso da “Attac Italia”).Lo scandalo SwissLeaks, in cui la Hsbc è accusata di avere aiutato decine di migliaia di clienti a nascondere i propri soldi su conti cifrati, è tornato alla ribalta in queste settimane. L’ennesimo caso che mostra come troppo spesso i maggiori gruppi bancari giochino un ruolo di primo piano in operazioni di al limite, e spesso ben oltre il limite, della legalità. Parliamo di una banca sola. E’ quasi impossibile anche solo elencare gli scandali, gli abusi e i crimini recentemente emersi a carico del sistema finanziario: dalle manipolazioni del mercato delle valute a quello dei tassi di riferimento (Libor e Euribor), dagli episodi di corruzione all’evasione fiscale, a moltissimi altri ancora. La stessa Hsbc nel 2012 ha ricevuto una multa di 1,9 miliardi di dollari dalle autorità statunitensi per una vicenda legata al riciclaggio del denaro di cartelli della droga messicani. Se le conseguenze delle operazioni illecite o apertamente illegali sono devastanti, paradossalmente sono ancora peggiori, se possibile, gli impatti del “normale” funzionamento di questo sistema finanziario.