Archivio del Tag ‘disinformazione’
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Grillini, ragionate: sono ben altri i ladri del nostro futuro
Fin dagli albori ho seguito con attenzione genesi ed evoluzione del “Movimento 5 Stelle”, avanguardia italiana capace di cristallizzare un moto di ribellione e di protesta oramai estesosi, con declinazioni differenti, in tutto il Vecchio Continente. La perversa alleanza che unisce in funzione pro-austerity i vertici del Partito Popolare Europeo con i pari grado del Partito Socialista, non poteva infatti alla lunga non provocare l’esplosione elettorale di nuovi partiti e movimenti in grado di incanalare il crescente malcontento nei confronti di un establishment considerato a ragione corrotto e infingardo. “Podemos” in Spagna, Syriza in Grecia, il Front National in Francia e l’Ukip in Inghilterra, solo per fare gli esempi più evidenti, sono termometri diversi che registrano però la capillare e omogenea diffusione ad ogni latitudine degli stessi identici sentimenti: ovvero rabbia, disillusione e sfiducia nei confronti delle forze politiche “tradizionali”. In questo campo, oggettivamente, il “Movimento 5 Stelle” può orgogliosamente affermare di avere aperto una breccia e indicato una strada.Per queste ragioni, pur non sfuggendomi alcuni evidenti limiti ontologici, avevo in passato più volte invitato ai miei lettori a votare per i pentastellati. Non accordare consenso ai partiti che hanno sostenuto governi come quello di Mario Monti è il primo, insufficiente, passo per raggiungere una libertà che cammini sulla ali della consapevolezza. Limitarsi però ad evidenziare le aberrazioni altrui senza contestualmente costruire una alternativa politica credibile, coerente e ideologicamente orientata è prassi sterile e in prospettiva perdente. Renzi, ennesimo curatore fallimentare nominato premier dal presidente Napolitano (quest’ultimo in forza alla Ur-Lodge “Three Eyes” fin dal 1978), è riuscito a “svuotare” in parte il bacino elettorale del Movimento di Grillo e Casaleggio, sfidandoli proprio sul loro terreno: quello delle retorica contro la Casta, gli sprechi, i corrotti e altre simili amenità, non a caso alimentate e fomentate dai giornali di regime fin dai tempi di Mani Pulite.La Rottamazione di Renzi rappresenta nulla di più che l’evoluzione, perfezionata e politicamente corretta, del già rodato “tutti a casa” di grillina memoria. Al sistema schiavista dominante, quello che parla per bocca di ectoplasmi con la penna che creano ad arte finti mostri come lo spread e il debito pubblico, interessa poco della sorte personale dei diversi burattini che si alternano al governo del paese; ai padroni veri, quelli che operano all’interno dei templi più esclusivi ed occulti, interessa soltanto che non vengano messi in discussione i paradigmi concettuali che legittimano la prosecuzione di politiche antisociali e disumane. Per queste ragioni, tempo fa, rimasi inorridito nel leggere una intervista rilasciata da Casaleggio al “Fatto Quotidiano” contenente un indiscriminato attacco alla spesa pubblica degno di un Enrico Letta qualsiasi. Perché mai, mi chiesi allora, il “Movimento 5 Stelle” sceglie una narrazione dei fatti terribilmente simile a quella recitata dai vari Napolitano, Renzi e Merkel? E’ possibile si tratti di una opposizione di comodo, nata cioè con lo specifico intento di fornire agli altri una buona scusa per formare all’infinito governi consociativi ed etero-diretti dall’esterno?Questo rovello mi ha inseguito fino al 5 gennaio scorso, giorno in cui il blog di Grillo ha deciso coraggiosamente di pubblicare una riflessione di Gioele Magaldi, leader del movimento massonico di opinione Grande Oriente Democratico nonché autore del fortunato libro “Massoni” (Chiarelettere editore). Solo degli uomini liberi, infatti, possono permettersi di rilanciare le tesi di Magaldi senza dover chiedere il preventivo consenso del “maestro venerabile” di turno. E Grillo e Casaleggio, evidentemente, appartengono alla categoria degli uomini e non a quella, nutritissima, dei quaquaraquà. Certo, dopo anni passati a dispensare letture delle realtà molto semplificate, non sarà agevole spingere i militanti e i simpatizzanti del “Movimento 5 Stelle” ad abbracciare immediatamente una dimensione politica più articolata. Sono comunque certo del fatto che le tante sottili intelligenze che animano il Movimento di Grillo colgono l’impellente necessità di uno scatto in avanti.Non a caso, anche oggi, dimostrando una lodevole apertura mentale, Grillo ha pubblicato sul suo blog un articolo chiaramente e positivamente influenzato dalla fruttuosa lettura del libro “Massoni”. Nelle more del summenzionato pezzo, infatti, Grillo scrive: «Il miglioramento rispetto ai picchi dello spread di novembre 2011 pilotato per cacciare Berlusconi e imporre Monti e la sua “Three Eyes” in grembiulino…», dando perciò prova di avere già indossato le pregiate lenti offerte da Magaldi. Giusto per essere precisi, è bene sottolineare come Mario Monti risulti organico tanto alla superloggia “Babel Tower”, quanto alla Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Alla Ur-Lodge “Three Eyes”, invece, fondata da Kissinger, Brzezinski e David Rockefeller nel 1967, è affiliato fin dall’aprile del 1978 il nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (ma non Mario Monti). Ma questi sono dettagli. Il dato davvero importante è quello che testimonia come oggi, in Italia, esista una forza politica importante che conserva la libertà di chiedere conto al sistema dominante di fatti e dinamiche decisive, graniticamente silenziate da un circuito mediatico omertoso che invoca implicitamente un oblio che mai otterrà.(Francesco Maria Toscano, “Il Movimento 5 Stelle è perfezionabile, ma è guidato da uomini liberi”, da “Il Moralista” del 9 gennaio 2015).Fin dagli albori ho seguito con attenzione genesi ed evoluzione del “Movimento 5 Stelle”, avanguardia italiana capace di cristallizzare un moto di ribellione e di protesta oramai estesosi, con declinazioni differenti, in tutto il Vecchio Continente. La perversa alleanza che unisce in funzione pro-austerity i vertici del Partito Popolare Europeo con i pari grado del Partito Socialista, non poteva infatti alla lunga non provocare l’esplosione elettorale di nuovi partiti e movimenti in grado di incanalare il crescente malcontento nei confronti di un establishment considerato a ragione corrotto e infingardo. “Podemos” in Spagna, Syriza in Grecia, il Front National in Francia e l’Ukip in Inghilterra, solo per fare gli esempi più evidenti, sono termometri diversi che registrano però la capillare e omogenea diffusione ad ogni latitudine degli stessi identici sentimenti: ovvero rabbia, disillusione e sfiducia nei confronti delle forze politiche “tradizionali”. In questo campo, oggettivamente, il “Movimento 5 Stelle” può orgogliosamente affermare di avere aperto una breccia e indicato una strada.
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Bricmont: terrorismo umanitario, presto il mondo ci punirà
«Ci sono almeno due cose più facili da iniziare che da finire: un amore e una guerra». Nessuno di coloro che parteciparono alla Prima Guerra Mondiale si aspettava che durasse così a lungo o che avesse le conseguenze che ha avuto, ricorda il professor Jean Bricmont dell’università belga di Louvain, autore del saggio “Humanitarian Imperialism”. Tutti gli imperi che hanno partecipato alla Grande Guerra sono stati distrutti, inclusi quello britannico e quello francese. «E non è tutto: una guerra conduce a un’altra guerra». Per il filosofo inglese Bertrand Russell, la volontà delle monarchie europee di schiacciare la Rivoluzione Francese portò come esito a Napoleone, ma poi le guerre napoleoniche produssero il nazionalismo germanico, che a sua volta condusse a Bismarck, alla sconfitta francese di Sédan e all’annessione dell’Alsazia-Lorena. Tutto questo diede forza al revanscismo francese che portò, dopo la Prima Guerra Mondiale, al Trattato di Versailles, la cui iniquità diede un forte impulso al nazismo di Hitler.«Russell si fermò qui, ma la storia continua», scrive Bricmont in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. «La sconfitta di Hitler portò alla guerra fredda e alla nascita di Israele. La “vittoria” dell’Occidente nella guerra fredda condusse al diffuso desiderio di schiacciare la Russia una volta per tutte. Quanto a Israele, la sua creazione produsse un conflitto permanente e creò una situazione inestricabile nel Medio Oriente». Ci vorrebbe un “pacifismo istituzionale”, dice Bricmont: istituzioni a guardia della pace. L’Onu? Doveva appunto «salvare l’umanità dalla “piaga della guerra”, in seguito all’esperienza della Seconda Guerra Mondiale». Sovranità degli Stati, dunque, «per impedire che le grandi potenze intervenissero militarmente contro le nazioni più deboli, a prescindere dal pretesto». Ma visto che «non esiste una forza di polizia internazionale che faccia valere il diritto internazionale», non resta che «un bilanciamento di potere», corollario dell’antica politica di potenza. Equilibrio ancora più precario dopo che l’Occidente ha interpretato la fine della guerra fredda «come una vittoria unilaterale del Bene contro il Male».Da qui il boom occidentale dell’ideologia dei diritti umani e del diritto agli “interventi militari umanitari”, sviluppata da influenti intellettuali occidentali già a partire dalla metà degli anni ’70, spesso sostenitori di Israele. Il “diritto” all’intervento umanitario, ricorda Bricmont, è stato respinto dalla maggioranza dell’umanità, anche dal Movimento dei Non Allineati a Kuala Lumpur nel febbraio 2003, alla vigilia dell’attacco Usa all’Iraq. L’intervento militare “umanitario”? «Non trova fondamento né nella Carta delle Nazioni Unite, né nel diritto internazionale». In Occidente, però, quel tipo di intervento «è quasi unanimemente accettato». L’intervento degli Stati Uniti, scrive Bricmont, «è eterogeneo ma costante, e viola sistematicamente lo spirito, e spesso anche la lettera, della Carta delle Nazioni Unite». Nonostante i principi di libertà e democrazia agitati come paravento, «l’intervento statunitense ha ripetutamente comportato conseguenze disastrose, in tutto il mondo.A pesare non solo «i milioni di morti dovuti alle guerre dirette e indirette, in Indocina, America Centrale, Sudafrica e Medio Oriente», ma anche «le opportunità perdute, “l’uccisione della speranza” per centinaia di milioni di persone che avrebbero tratto beneficio dalle politiche sociali progressiste iniziate da personaggi come Arbenz in Guatemala, Goulart in Brasile, Allende in Cile, Lumumba in Congo, Mossadegh in Iran, i Sandinisti in Nicaragua o Chavez in Venezuela, che sono stati sistematicamente rovesciati, deposti o assassinati con il pieno appoggio dell’Occidente». Inoltre, aggiunge Bricmont, «ogni aggressione compiuta dagli Stati Uniti provoca una reazione: il dispiegamento di uno scudo anti-missile produce più missili, non meno. Bombardare dei civili – sia deliberatamente, sia come “danno collaterale” – provoca più resistenza armata, non meno. Cercare di deporre o rovesciare dei governi produce più repressione interna, non meno. Incoraggiare le minoranze secessioniste dando loro l’impressione, spesso falsa, che l’unica Superpotenza verrà in loro aiuto in caso di repressione, porta a più violenza, odio e morte, non meno». E ancora: «Circondare una nazione con basi militari produce più spese per la difesa da parte di quella nazione, non meno. E il possesso di armi nucleari da parte di Israele incoraggia altri stati del Medio Oriente ad acquistare tali armi».L’ideologia dell’intervento umanitario, continua Bricmont, in realtà fa parte di una lunga storia degli atteggiamenti occidentali nei confronti del resto del mondo. «Quando i colonialisti occidentali sbarcarono sulle coste dell’America, dell’Africa o dell’Asia orientale, venivano sconvolti da ciò che noi ora definiremmo violazioni dei diritti umani, e che loro chiamavano “usanze barbare” – sacrifici umani, cannibalismo, donne costrette a legarsi i piedi». Quell’indignazione, reale o simulata, «è stata usata per giustificare o coprire i crimini delle potenze occidentali: il commercio degli schiavi, lo sterminio dei popoli indigeni e il furto sistematico di terre e risorse». Così, «questo atteggiamento di sincera indignazione è continuato fino ad oggi e sta alla base della pretesa che l’Occidente ha “il diritto di intervenire” e “il diritto di proteggere”, chiudendo al tempo stesso gli occhi di fronte a regimi oppressivi considerati “nostri amici”, ad una incessante militarizzazione e continue guerre, e allo sfruttamento massiccio del lavoro e delle risorse».I fautori dell’intervento “umanitario” rivendicano che il loro interventismo sia gestito dalla comunità internazionale? «Ma ad oggi non c’è nulla che si possa definire una vera comunità internazionale. In realtà – scrive Bricmont – niente può illustrare meglio l’ipocrisia dell’ideologia umanitaria quanto il contrasto tra la reazione occidentale alle richieste d’indipendenza del Kosovo e alla richiesta di autonomia dell’Ucraina dell’Est. In entrambi i casi vi è il rifiuto di negoziare, ma in un caso con il totale appoggio all’indipendenza, e nell’altro caso con la totale opposizione all’autonomia». I promotori dell’intervento umanitario lo presentano come l’inizio di una nuova era, ma nei fatti è la fine di una vecchia epoca, sostiene Bricmont: «La più grande trasformazione sociale del ventesimo secolo è stata la decolonizzazione. Continua oggi nella creazione di un mondo veramente democratico e multipolare, in cui il sole sarà tramontato sull’impero Usa, proprio come accadde per vecchi imperi europei». Lo pensano in molti, ormai, ancje in Occidente, anche se «purtroppo non viene riportato nei nostri mezzi di comunicazione».Aggiunge Bricmont: «Durante le recenti campagne isteriche anti-russe, i nostri media sembrano aver completamente abbandonato lo spirito critico dell’Illuminismo che l’Occidente pretende di possedere. L’ideologia dei diritti umani, che ci dipinge come i buoni contro i cattivi, presenta la caratteristica di tutte le fedi religiose, ed è particolarmente intrisa di fanatismo». Nella Prima Guerra Mondiale, «tutte le parti in causa pretendevano di avere Dio al proprio fianco». Oggi, conclude Bricmont, «l’ideologia dei diritti umani ha sostituito le antiche fedi, ma funziona come una religione ed è la base di un nuovo nazionalismo, quello degli Stati Uniti e dell’Unione Europea». C’è chi pensa che tutto questo bellicismo ideologico sia dovuto a calcoli economici razionali da parte di cinici profittatori? «Io penso che questa interpretazione sia troppo ottimista e che ignori, per citare nuovamente Russell, “l’oceano dell’umana follia sul quale la fragile barca della ragione umana naviga precariamente”. Le guerre sono state fatte per ogni tipo di ragioni non economiche, come la religione o la vendetta, o semplicemente per ostentare potere». Attenzione: «Se i cittadini occidentali non riescono a mobilitarsi contro i propri governi e mezzi di comunicazione per fermare l’attuale follia, starà ad altri paesi svolgere questo compito. C’è da sperare che possano riuscirvi, senza aggiungere un ulteriore capitolo sanguinoso alla storia che è iniziata con la volontà delle monarchie europee di schiacciare la Rivoluzione Francese».«Ci sono almeno due cose più facili da iniziare che da finire: un amore e una guerra». Nessuno di coloro che parteciparono alla Prima Guerra Mondiale si aspettava che durasse così a lungo o che avesse le conseguenze che ha avuto, ricorda il professor Jean Bricmont dell’università belga di Louvain, autore del saggio “Humanitarian Imperialism”. Tutti gli imperi che hanno partecipato alla Grande Guerra sono stati distrutti, inclusi quello britannico e quello francese. «E non è tutto: una guerra conduce a un’altra guerra». Per il filosofo inglese Bertrand Russell, la volontà delle monarchie europee di schiacciare la Rivoluzione Francese portò come esito a Napoleone, ma poi le guerre napoleoniche produssero il nazionalismo germanico, che a sua volta condusse a Bismarck, alla sconfitta francese di Sédan e all’annessione dell’Alsazia-Lorena. Tutto questo diede forza al revanscismo francese che portò, dopo la Prima Guerra Mondiale, al Trattato di Versailles, la cui iniquità diede un forte impulso al nazismo di Hitler.
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Francesi coi terroristi in Siria, segreto che inchioda Hollande
Nel 2012 la città di Baba Amr, nel distretto di Homs, venne riconquistata dall’Esercito Arabo Siriano dopo circa un anno di assedio e bombardamenti. Baba Amr era una roccaforte dei ribelli. La sua capitolazione avvenne in poche ore. C’è un fatto che nessuno ha mai potuto raccontare e che oggi, all’indomani dell’attacco terroristico alla redazione di “Charlie Hebdo” a Parigi, acquista un nuovo significato, anche alla luce delle dichiarazioni del presidente Hollande che ha ribadito la sua volontà di combattere il terrorismo «in ogni sua forma» e «dovunque». Quello che l’Eliseo non può raccontare è che all’interno della roccaforte, assieme ai ribelli, molti dei quali jihadisti, c’erano anche ufficiali della Francia, dell’Arabia Saudita e del Qatar. Quella notizia è stata tenuta nascosta per anni. Una notizia che non poteva essere rivelata all’opinione pubblica per non mettere in imbarazzo il presidente Hollande, responsabile di aver armato in Siria gruppi armati che nulla avevano a che fare con la democrazia.Oggi, grazie alle nostre fonti presenti sul posto, possiamo dire come sono avvenute le cose in quelle ore: Baba Amr è stata letteralmente consegnata all’Esercito di Damasco in cambio del silenzio. Quegli ufficiali, tra i quali molti francesi, hanno abbandonato la Siria in dieci bus, nascosti alla vista di tutti grazie ai finestrini oscurati. Per garantire l’anonimato vennero perfino montate delle tende all’interno dei mezzi. Nessuno doveva sapere che in mezzo ai terroristi erano presenti anche gli ufficiali e i militari francesi. Nessuno doveva vedere.Quel convoglio di dieci bus lasciò la Siria attraversando il confine con la Turchia. Poi si persero le tracce. Quello che è successo a Parigi è terribile. Ma non sfugge a nessuno come la Francia sia responsabile di aver armato e addestrato questi finti rivoluzionari. Alcuni di questi sono partiti da Parigi alla volta della Siria per far cadere un governo che fino a quel momento aveva vissuto in pace con chiunque. Mai in alcun modo Bashar al Assad aveva attentato alla sicurezza nazionale dell’Europa, degli Stati Uniti, dei paesi del Golfo. Mai.Il presidente siriano era rispettato a livello internazionale e considerato come uno dei più importanti attori per la stabilità del Medio Oriente. Di questa opinione era, ad esempio, l’attuale sottosegretario di Stato americano John Kerry. Chi ha ucciso le 12 persone a Parigi non può essere considerato un “terrorista” in patria e, allo stesso tempo, un “ribelle democratico” in Siria. Bisogna essere onesti e avere il coraggio di dire che questa sporca guerra voluta dall’Occidente ha molte mani insanguinate. Quelle dei terroristi. E anche quelle di Hollande. Il peggior presidente della storia della repubblica francese. Lunga vita a “Charlie Hebdo”. Lunga vita soprattutto a quei giornalisti che in Siria sono morti per raccontare le atrocità commesse dai terroristi, nel silenzio assoluto dei media nazionali che solo oggi parlano di libertà di stampa e di espressione. Per loro mai una copertina e neppure un titolo sul giornale.(Alessandro Aramu, “Quegli ufficiali francesi nella roccaforte dei terroristi a Baba Amr in Siria”, da “Sponda Sud” dell’8 gennaio 2015. Giornalista, Aramu è autore di reportage sulla rivoluzione zapatista in Chiapas, Messico, e sul movimento Hezbollah in Libano, ed è co-autore dei volumi “Syria. Quello che i media non dicono” e “Middle East. Le politiche del Mediterraneo sullo sfondo della guerra in Siria”, entrambi editi da Arkadia).Nel 2012 la città di Baba Amr, nel distretto di Homs, venne riconquistata dall’Esercito Arabo Siriano dopo circa un anno di assedio e bombardamenti. Baba Amr era una roccaforte dei ribelli. La sua capitolazione avvenne in poche ore. C’è un fatto che nessuno ha mai potuto raccontare e che oggi, all’indomani dell’attacco terroristico alla redazione di “Charlie Hebdo” a Parigi, acquista un nuovo significato, anche alla luce delle dichiarazioni del presidente Hollande che ha ribadito la sua volontà di combattere il terrorismo «in ogni sua forma» e «dovunque». Quello che l’Eliseo non può raccontare è che all’interno della roccaforte, assieme ai ribelli, molti dei quali jihadisti, c’erano anche ufficiali della Francia, dell’Arabia Saudita e del Qatar. Quella notizia è stata tenuta nascosta per anni. Una notizia che non poteva essere rivelata all’opinione pubblica per non mettere in imbarazzo il presidente Hollande, responsabile di aver armato in Siria gruppi armati che nulla avevano a che fare con la democrazia.
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Hathor-Isis, il clan occulto del terrore e la strage di Parigi
Il 16 dicembre del 2014, sulla scia di alcuni attentati appena avvenuti in Pakistan ed Australia, avevo scritto un pezzo dal titolo “Esiste un nesso fra la discesa in campo di Jeb Bush e l’aggravarsi della recrudescenza terroristica di matrice talebana?”. All’interno dell’articolo in questione, frutto di una attenta meditazione di alcuni preziosi spunti contenuti nel libro “Massoni” scritto da Gioele Magaldi, delineavo uno spaccato in grado di evidenziare il palese nesso di causalità che lega il rinnovato protagonismo della famiglia Bush in politica con l’improvviso riesplodere su scala planetaria del terrorismo islamico. Il califfo dell’Isis Abu Bakr Al Baghdadi, perfettamente calatosi nei panni di un nuovo Bin Laden, risulta infatti affiliato presso la Ur-Lodge Hathor Pentalpha, officina del sangue e della vendetta fondata da Bush padre in compagnia di personaggi del calibro di Dick Cheney, Don Rumsfeld, Bill Kristol, Sam Huntington, Tony Blair, Paul Wolfowitz e molti altri ancora. Una superloggia, cresciuta negli anni come una mala-pianta, che annovera al proprio interno pure ex capi di Stato europei come Josè Maria Aznar e Nicolas Sarkozy.Anche gli italiani Antonio Martino e Marcello Pera sono organici alla Hathor Pentalpha, mentre a Silvio Berlusconi, pur formalmente proposto nel 2003 da George W. Bush in persona, non è mai stato concesso di accedere direttamente ai lavori di questo perverso quanto elitario consesso (“Massoni”, pag. 537). La Hathor Pentalpha è una Ur-Lodge eretica e incontrollabile, punto nevralgico e occulto di una strategia del terrore senza patria e senza confini. A chi serve una escalation criminale e sanguinaria presuntivamente ispirata da una fanatica interpretazione dell’insegnamento del profeta Maometto? Serve a tutti quelli che hanno bisogno di alcune pezze d’appoggio indispensabili per pianificare e giustificare la prosecuzione di quello “scontro di civiltà” teorizzato non a caso da un gruppo di intellettuali che orbitano intorno al think-tank Pnac, schermo paramassonico etero-diretto dagli iniziati della Hathor Pentalpha. L’Islam non c’entra nulla con gli attentati parigini di oggi così come non c’entrava nulla con l’attacco alle Torri Gemelle di ieri, trattandosi in realtà di stragi orchestrate da uomini che strumentalizzano il cielo per comandare in terra.Se così non fosse, come spiegare altrimenti la presenza all’interno della superloggia Hathor Pentalpha di personaggi formalmente espressione di differenti declinazioni dell’Islam politico, come il sultano dell’Oman, quello del Bahrein, o come i principi regnanti dell’Arabia Saudita? Siamo quindi in presenza di una cinica operazione di manipolazione su larghissima scala, così raffinata e precisa da obnubilare la capacità di discernimento non solo della gran parte della pubblica opinione, ma anche di molti aspiranti intellettuali alla Ernesto Galli della Loggia, protagonista odierno di uno sgangherato editoriale uscito sul “Corriere della Sera” che di buono conserva solo il titolo (“L’undici settembre europeo”). L’ignobile attacco costato la vita ai giornalisti e ai vignettisti di “Charlie Hebdo” ricorda davvero i fatti dell’undici settembre; ma non perché, come crede nella sua beata innocenza Galli della Loggia, l’eccidio di ieri testimonia la mai sopita furia di gruppi appartenenti alla galassia del fanatismo islamico (buonanotte, Ernesto!); quanto perché, al contrario, sia i tragici fatti del 2001 che quelli appena accaduti sembrano portare in controluce i segni della stessa identica superloggia, quella dedicata alla divinità egizia Hathor, altrimenti detta Iside (ovvero Isis).La domanda giusta a questo punto è un’altra: perché colpire la Francia? Forse per consentire a Marine Le Pen di vincere le prossime elezioni presidenziali cavalcando con sapienza i crescenti e comprensibili sentimenti di ostilità nei confronti del diverso? Esistono politici francesi, oltre Sarkozy, certamente organici alla Hathor Pentalpha? Forse, provando a trovare risposte a simili interrogativi sarà possibile rendere giustizia alle povere vittime di un attacco barbarico e riprovevole che ripugna le coscienze dei giusti. (Nb: Aver citato alcuni personaggi, italiani o stranieri, come appartenenti ad una determinata Ur-Lodge – nel caso di specie, la Hathor Pentalpha – non rende costoro automaticamente responsabili di eventuali atti o strategie efferate compiute da singoli individui o gruppi affiliati alla medesima superloggia. Punto quest’ultimo peraltro chiarito a più riprese nelle pagine del libro “Massoni”).(Francesco Maria Toscano, “L’eccidio parigino e l’ombra lunga della Ur-Lodge Hathor Pentalpha”, dal blog “Il Moralista” dell’8 gennaio 2015).Il 16 dicembre del 2014, sulla scia di alcuni attentati appena avvenuti in Pakistan ed Australia, avevo scritto un pezzo dal titolo “Esiste un nesso fra la discesa in campo di Jeb Bush e l’aggravarsi della recrudescenza terroristica di matrice talebana?”. All’interno dell’articolo in questione, frutto di una attenta meditazione di alcuni preziosi spunti contenuti nel libro “Massoni” scritto da Gioele Magaldi, delineavo uno spaccato in grado di evidenziare il palese nesso di causalità che lega il rinnovato protagonismo della famiglia Bush in politica con l’improvviso riesplodere su scala planetaria del terrorismo islamico. Il califfo dell’Isis Abu Bakr Al Baghdadi, perfettamente calatosi nei panni di un nuovo Bin Laden, risulta infatti affiliato presso la Ur-Lodge Hathor Pentalpha, officina del sangue e della vendetta fondata da Bush padre in compagnia di personaggi del calibro di Dick Cheney, Don Rumsfeld, Bill Kristol, Sam Huntington, Tony Blair, Paul Wolfowitz e molti altri ancora. Una superloggia, cresciuta negli anni come una mala-pianta, che annovera al proprio interno pure ex capi di Stato europei come Josè Maria Aznar e Nicolas Sarkozy.
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Io non sono Charlie, che è complice dei nostri veri assassini
Qui solo qualche veloce considerazione. L’attentato ha colpito un bersaglio perfetto per alimentare di magma vulcanico la “guerra al terrorismo”, tirarci dentro milionate di boccaloni destri e sinistri a sostegno di guerre e “misure di sicurezza”, fornire benzina ai piromani dell’universo mediatico e politico globalizzato. Tutto nel nome di quella sacra “libertà di stampa”, simbolo della nostra superiore civiltà, rappresentata da noi da becchini della libertà di stampa come la Botteri, Pigi Battista, Calabresi, Gramellini, Mauro, Scalfari e, nel resto dell’emisfero, da presstituti solo un tantino meno rozzi di questi. Un verminaio ora rimescolato e infoiato da un evento che gli dà la possibilità di coprire la propria abiezione con nuovi spurghi di odio e menzogne. “Charlie Hebdo” è una rivista satirica che ha la sua ragion d’essere nell’islamofobia, cioè nella guerra imperiale al “terrorismo” e contro diversi milioni di cittadini francesi satanizzati perché con nome arabo.Accanita seminatrice di odio antislamico, beceramente razzista, un concentrato di volgarità, vuoi di solleticamenti pruriginosi (Wolinski), vuoi da ufficio propaganda dei macellai di musulmani, al servizio del suprematismo euro-atlantico-sionista e, dunque, vessillo della civiltà occidentale a tutti cara, pure alle banche. Tanto che queste la salvarono dal fallimento e le infilarono economisti di vaglia, come Bernard Maris, pure dirigente nel Consiglio Generale della Banca di Francia. Rientra in questo ordine di cose l’entusiasmo con cui il mattinale ha accolto l’opera del sodale Michel Houellebecq, celebratissimo e ora protettissimo romanziere, il cui capolavoro, “La sottomissione”, è uscito in felice sincronismo con l’attentato. La sottomissione deprecata per tutte le centinaia di pagine è quella dell’Occidente che ha “rinunciato a difendere i suoi valori” e “ha ceduto all’Islam, la più stupida delle religioni”. Non meraviglia che, sul “Il Fatto Quotidiano”, il vignettista Disegni solidarizzi con i colleghi parigini e, in particolare, con il già citato amico e maestro Wolinski.Chissà perché m’è venuto in mente il giorno, al tempo del disfacimento Nato della Jugoslavia, quando collaboravo a una sua rivista, in cui Disegni mi cacciò dal giornale, spiegandomi che non poteva tollerare nel suo giornale uno che stava dalla parte dei serbi. House Organ di sinistra, con altri (“Libération”, “Le Monde”), dei servizi segreti franco-israeliani, è anello fintamente satirico della catena psicoterrorista che ci deve ammanettare tutti e trascinarci convinti alla guerra contro democrazia e resto del mondo. L’attentato parigino, preceduto dagli altri tre grandi episodi della campagna per il Nuovo Ordine Mondiale, Torri Gemelle-Pentagono, metrò di Londra, ferrovia di Madrid (ma noi siamo stati gli antesignani: Piazza Fontana, Italicus, Brescia, Moro, le bombe del mafia-regime), si inserisce alla perfezione nella storia del terrorismo “false flag”. Minimo, o massimo, comune denominatore, un cui prodest che si risolve immancabilmente a vantaggio della vittima conclamata e a esiziale detrimento dei responsabili inventati.L’apocalisse scatenata dal capitalismo terrorista in tutto il mondo, come di prammatica anche stavolta è stata firmata dall’urlo Allah-U-Akbar. Prova inconfutabile di chi siano i mandanti, no? A prima vista, l’operazione rientra nella campagna di destabilizzazione dell’Europa che, attraverso sfascio economico-sociale, conflitti interetnici e misure di “sicurezza”, deve rafforzare la marcia verso Stati di polizia, politicamente ed economicamente assoggettati all’élite sovranazionale, ma controllati da proconsoli e signori incontrastati della vita dei loro sudditi. Si possono individuare due motivazioni specifiche: una punizione USraeliana a Hollande, che non si era peritato di invocare la revoca delle sanzioni al mostro russo, inaccettabile incrinatura del blocco bellico del Nuovo Ordine Mondiale (avviso alla Merkel e ad altri devianti), con effetti a lungo termine di disgregazione sociale e conflitto inter-etnico; oppure un contributo della casta antropofaga francese, in questo caso concordato con i padrini d’oltremare, alla guerra infinita esercitata, fuori, contro le colonie recuperande (Mali, Chad, Rca, Maghreb) e, a casa, contro il cuneo sociale islamico e l’insubordinazione di massa che compromettono le mire dei correligionari dei maestri di Tel Aviv, Hollande, Fabius, Sarkozy, Lagarde.Pensate alle ricadute della carneficina “islamista” di Parigi, ascoltate gli ululati delle mute di sciacalli che per un bel po’ avranno modo di cibarsi di cadaveri della verità. Quante ragioni di più avranno, agli occhi dei decerebrati dai media, i trogloditi nazifascisti e razzisti che si aggirano in sparuti ma vociferanti drappelli per l’Europa, e sono tanto utili a spostare il giudizio di estrema destra, di fascismo, dalla classe dirigente a queste bande di manipolati. Quanto si attenuerà la protesta per le immonde condizioni dei migranti invasori. Quanto ne saranno rafforzati l’impeto e l’impunità degli addetti alla repressione di “corpi estranei”, come dei dissidenti autoctoni: Ilva, Tav, Tap, Trivelle, basi militari, disoccupazione, miseria, Renzi che toglie gli ultimi lacciuoli ai grandi evasori (avete visto che chi guadagna di più potrà evadere di più) e a quelli in cui era stata costretta l’inclinazione a delinquere di Berlusconi. Sempre più degna dei suoi antichi e recenti titolari, si ergerà una civiltà partorita dai roghi e dagli squartamenti di mille Torquemada, dalle crociate da mille anni mai interrotte, dalla guerra infinita, dal dio bliblico, il più sanguinario e protervo della storia.Bonus aggiuntivo, la distrazione di massa occidentale dalla dittatura neoliberista in progress, dal genocidio sociale euro-atlantico e dalle guerre militari ed economiche che portano avanti. La distrazione, da noi, dalle canagliate, una dopo l’altra, che ci infliggono il ciarlatano zannuto e le sue risibili ancelle. Tutto questo si ripete nei secoli della tirannia feudalcapitalista, monotonamente e anche con trasparente pressapochismo, salvaguardato, però, dalle coperture mediatiche. Coperture nelle grandi occasioni condivise con passione sfrenata dal “Manifesto”: mobilitati tutti i furbi e i naives della redazione e del suo cerchio magico per ben 13 articoli fiammanti per 6 pagine, fotone e vignette, in difesa della libertà di stampa offesa. Ce ne fosse uno, tra questi pensosi guru del politically correct, che, sulla scorta di una storia clamorosa di “false flag” padronali, da Pearl Harbour al Golfo del Tonchino, dallo stesso 11 Settembre al piano del Pentagono (Northwoods) di far saltare per aria, sotto etichetta cubana, palazzi governativi negli Usa e abbattere un aereo di studenti statunitensi nel cielo dell’Isola, avesse osato un assolo problematico, dubbioso.Gli autori dell’eccidio, veri professionisti che non avevano nemmeno effettuato un sopralluogo sulla scena. Che bisogno c’era? Servono così, bruti selvaggi, tanto dietro hanno chi professionista lo è davvero. Kalachnikov alla mano e passamontagna sul viso, hanno sbagliato portone e cercato indicazioni da un passante. Sono stati identificati prima ancora che si asciugasse il sangue. Nuovamente esponenti di quella comunità islamica che stoltamente si è tollerata, che deve stare bagnata con la coda tra le gambe. Tre di quei 18mila tagliagole stranieri, perlopiù europei, di cui l’Intelligence e la polizia sapevano tutto e li tenevano fissi d’occhio e di intercettazioni, ma che potevano agevolmente espatriare, addestrarsi nelle basi governate da istruttori Usa-Nato e gestite dai subalterni giordani, turchi, qatarioti, sauditi. Per poi altrettanto agevolmente rientrare, sotto lo sguardo comprensivo dei protettori dello Stato, e dedicarsi al mercenariato imperiale domestico. Di conseguenza, si ammette, sorveglianza zero sui “potenziali terroristi”, pur celebrati dall’ossessiva vulgata del “nemico della porta accanto”.Ora, vista la figuraccia del mancato controllo su uscite verso il Medioriente e rientro, cambiano versione: quelli lì non sono affatto stati in Siria. Invece si sono addestrati sparacchiando qua e là per Parigi, con tanto di istruttori di rango, sempre fuori da sguardi e cimici indiscreti. Figuraccia al cubo. E così, dal momento in cui è iniziata la sparatoria, subito ripresa e telefonata dai giornalisti di “Ch” con telefonino e comunicata dal furgone della polizia sul posto, poi mitragliato, è passata quasi mezz’ora prima dell’arrivo di rinforzi, in una delle metropoli più sorvegliata e tecnologizzata del mondo. Chi fossero i tre, mica s’è saputo grazie al costante controllo su movimenti e discorsi scientificamente condotto dai modernissimi flic tecnologizzati francesi. Figurati, è bastata una carta d’identità abbandonata nella fuga da un attentatore che, comprensibilmente, terminata la sparatoria e in fuga frenetica dalla scena, ha ammazzato il tempo tirando fuori il portafoglio (per vedere se bastava per il taxi?) e frugatoci dentro, estratta la tessera, l’ha posta in bella evidenza sul sedile.Ricorda quell’umoristico passaporto di Mohammed Atta, presunto capofila dei dirottatori dell’11/9, trovato lindo e intonso nel pulviscolo di tre grattacieli disintegrati. Con Atta che dal padre viene rivelato vivo, nella disattenzione assoluta dei gazzettieri. Visto che ovviamente la carta d’identità è stata lasciata a bella posta, quale sarà stato lo scopo? Indicare una testa di legno come autore e coprire quelle vere? Vedremo, nei prossimi giorni, quanto questa operazioni prodest all’Obama in precipitoso calo di consensi (come lo era Bush al tempo delle Torri), a multinazionali, banche, Pentagono e armieri, tutti quelli che devono gestire il trasferimento di ricchezza dalla periferia al centro e dal basso verso l’alto. E poi, scendendo per li rami, a un’Ue di nominati da business e arsenali, in crisi di credibilità e fiducia; a despoti europei reclutati per fare da capro espiatorio pagatore nella guerra alla Russia e al resto del mondo; a produttori di tecnologie per il controllo sociale; alle combine mafiose tra Pd e soci e faccendieri. Allo sparaballe in carenza di aria fritta. Al papa che sollecita gli islamici, solo loro, a farla finita con il terrorismo. Dall’altra parte, vedremo di che prodest ci avvantaggeremo noi, comuni mortali, islamici, cristiani o niente, di che lacrime gronderemo e di che sangue….Concludendo, un esercizio di fantasia. Immaginiamo cosa sarebbe successo, in termini di esecrazione e persecuzione degli antisemiti, se quelle vignette su Allah a culo all’aria e Maometto stupratore bombarolo avessero preso di mira Jahve, Mosé, o un qualsiasi “eterno ebreo” alla Himmler. E immaginiamo anche cosa risponderebbero quelli delle attuali chiassate per la libertà di stampa, nel paese al 69° posto per libertà di stampa, Ordine dei giornalisti e categoria tutta, se gli si chiedesse di manifestare per le centinaia di giornalisti assassinati nei paesi sotto tutela amica, Iraq, Messico, Honduras. Sempre più urgente e credibile, fondata su potenzialità politico-economico-militari letali per la criminalità organizzata che regge un impero in decadenza, diventa la formazione del fronte antagonista avviato da Hugo Chavez e portato avanti con intelligenza e dinamismo da Vladimir Putin: blocco asiatico-latinoamericano di Russia, Cina, Brics, governi e masse insubordinati. Ne consegue l’urgenza di smascherare e spazzare via i contractors della sedicente “Sinistra” che abitano nei sottoscala del menzognificio imperiale e ne ripetono le deformazioni della realtà finalizzate alla criminalizzazione dei diversi non sottomessi: lo “zar” omofobo Putin, “dittatori” vari, i musulmani, “violenti” asociali di varia estrazione, purchè non militari e poliziotti.(Fulvio Grimaldi, “Io non sono Charlie”, dal blog di Grimaldi dell’8 gennaio 2014.Qui solo qualche veloce considerazione. L’attentato ha colpito un bersaglio perfetto per alimentare di magma vulcanico la “guerra al terrorismo”, tirarci dentro milionate di boccaloni destri e sinistri a sostegno di guerre e “misure di sicurezza”, fornire benzina ai piromani dell’universo mediatico e politico globalizzato. Tutto nel nome di quella sacra “libertà di stampa”, simbolo della nostra superiore civiltà, rappresentata da noi da becchini della libertà di stampa come la Botteri, Pigi Battista, Calabresi, Gramellini, Mauro, Scalfari e, nel resto dell’emisfero, da presstituti solo un tantino meno rozzi di questi. Un verminaio ora rimescolato e infoiato da un evento che gli dà la possibilità di coprire la propria abiezione con nuovi spurghi di odio e menzogne. “Charlie Hebdo” è una rivista satirica che ha la sua ragion d’essere nell’islamofobia, cioè nella guerra imperiale al “terrorismo” e contro diversi milioni di cittadini francesi satanizzati perché con nome arabo.
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Nel nome di Roosevelt, per smascherare i vampiri del rigore
Il 2015 sarà un anno decisivo. Tante cose stanno velocemente cambiando sullo scenario nazionale e internazionale. Nessuno crede più ai soliti tromboni che predicano l’austerità per gli altri e l’abbondanza per se stessi. Il giochino è oramai sfacciato e scoperto. In molti non intendono più farsi abbindolare da parole vuote come “sacrifici”, “responsabilità”, “stabilità” e “mercati”, cavalieri di una apocalisse economica che cammina sulle gambe di Maestri Venerabili del calibro di Mario Draghi e Wolfang Schauble. Pur frastornati da una propaganda subdola e incessante, gli italiani cominciano ad intuire di essere stati raggirati. La mistica dei “sacrifici che salvano” non incanta più nessuno, a parte qualche inguaribile idiota-credulone utile solo a fini statistici. Oggi non sarebbe possibile piazzare impunemente al potere un figuro come Mario Monti, massone reazionario imposto alla guida dell’Italia per assecondare bramosie private. Il 2015, tanto per cominciare, si apre con una bella notizia: Napolitano se ne va.Il nostro (ancora per poco) presidente della Repubblica, iniziato presso la Ur-Lodge “Three Eyes” nell’aprile del 1978, ha distrutto con zelo e costanza il benessere italiano, avallando la formazione di governi direttamente funzionali ai desiderata di un manipolo di plutocrati globalizzati. Napolitano, adducendo una improbabile stanchezza, ha deciso di farsi da parte. Come mai un uomo come lui, abituato fin dai tempi dell’invasione sovietica in Ungheria a vivere il potere per il potere, ha inteso abbandonare anzitempo il suo ruolo? Forse perché alcuni riservati mondi, magari quegli stessi che aiutarono Alan Friedman a scrivere “Ammazziamo il Gattopardo”, gli hanno fatto capire con una certa perentorietà di non essere più gradito? Anche in Grecia, altra vittima designata della crudeltà di una Troika in versione Mengele, l’aria sembra essere cambiata. Il premier Samaras, iniziato come Napolitano presso la superloggia “Three Eyes”, non è riuscito a trovare i numeri in Parlamento per eleggere un nuovo presidente della Repubblica gradito al politburo di Bruxelles.Il dispiegarsi di tante minacce e blandizie, ad opera dei soliti noti, questa volta non è bastato per alterare il corso della democrazia ellenica. Solo pochi anni fa il premier greco in carica, il socialista Papandreou, fu invitato a rimangiarsi la promessa di indire un referendum per chiedere al suo popolo cosa ne pensasse delle politiche “lacrime e sangue” richieste da alcuni organismi finanziari sprovvisti di legittimità democratica. Allo stesso modo, alcuni emissari di specifiche Ur-Lodges, digrignando i denti, spaventarono fin da subito il molliccio Hollande, costringendo il presidente francese ad appiattirsi in silenzio ai voleri di Angela Merkel. Oggi invece, anche e soprattutto grazie al ritrovato protagonismo di alcuni massoni di ispirazione progressista come Gioele Magaldi, già iniziato presso la Ur-Lodge democratica “Thomas Paine”, il potere di “persuasione” dei sadici emissari tenuti al guinzaglio dai vari Draghi, Juncker e Lagarde è di molto diminuito.In Italia si gioca una partita decisiva per le sorti dell’intero pianeta. Molti italiani, nonostante i melliflui ragionamenti articolati dai vari Renzi e Napolitano, resistono di fronte alla prospettiva di una definitiva “cinesizzazione” del Belpaese. Questi italiani devono fare massa critica all’interno di un contenitore chiaro, visibile, limpido, forte ed efficace: questo contenitore si chiama “Movimento Roosevelt”. Il Movimento Roosevelt non è massonico né para-massonico. Il Movimento Roosevelt, inizialmente metapolitico, non intende entrare direttamente nell’agone elettorale, rivolgendosi invece a tutte le forze politiche già presenti sul territorio nazionale affinché abbandonino definitivamente i falsi miti del rigore e dell’austerità. Più saranno i cittadini pronti a combattere una battaglia di civiltà insieme a noi, maggiore sarà la nostra capacità di cambiare in meglio l’esistente.Tutti coloro i quali, pur contingentemente tesserati all’interno di partiti di destra, centro o sinistra, sentano di dover difendere i capisaldi della nostra civiltà, ovvero uguaglianza fra tutti gli uomini, diritto al lavoro, difesa del welfare e della sovranità popolare, non perdano altro tempo iscrivendosi immediatamente. Qualora i partiti esistenti, sordi di fronte alla volontà di cambiamento che sale dal basso, dovessero continuare a dare vita a governi consociativi eterodiretti dall’esterno, il Movimento Roosevelt si trasformerà in partito, chiedendo a viso aperto il consenso dei cittadini. Le migliaia di persone che si ritroveranno per la prima volta insieme a Perugia nel gennaio/febbraio del 2015 sono destinate a rendersi protagoniste di un processo storico, imitando dopo un secolo e mezzo l’epopea gloriosa dei mille garibaldini in camicia rossa. Chi non intende spendersi personalmente per difendere la democrazia, non la merita.(Francesco Maria Toscano, “Chi non difende la democrazia, non la merita”, da “Il Moralista” del 2 gennaio 2015. Sul sito, nella home page, è scaricabile il modulo di iscrizione al “Movimento Roosevelt”).Il 2015 sarà un anno decisivo. Tante cose stanno velocemente cambiando sullo scenario nazionale e internazionale. Nessuno crede più ai soliti tromboni che predicano l’austerità per gli altri e l’abbondanza per se stessi. Il giochino è oramai sfacciato e scoperto. In molti non intendono più farsi abbindolare da parole vuote come “sacrifici”, “responsabilità”, “stabilità” e “mercati”, cavalieri di una apocalisse economica che cammina sulle gambe di Maestri Venerabili del calibro di Mario Draghi e Wolfang Schauble. Pur frastornati da una propaganda subdola e incessante, gli italiani cominciano ad intuire di essere stati raggirati. La mistica dei “sacrifici che salvano” non incanta più nessuno, a parte qualche inguaribile idiota-credulone utile solo a fini statistici. Oggi non sarebbe possibile piazzare impunemente al potere un figuro come Mario Monti, massone reazionario imposto alla guida dell’Italia per assecondare bramosie private. Il 2015, tanto per cominciare, si apre con una bella notizia: Napolitano se ne va.
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Il 2015? Peggiore del 2014 e purtroppo migliore del 2016
Una previsione facile facile: il 2015 sarà sicuramente peggiore del 2014. In compenso sarà migliore del 2016. Abbiamo finito l’anno sotto il segno del Patto di Stabilità. Che è quello che precede la stabilità definitiva, il rigor mortis, l’immobilità che accompagna la dipartita. Il paese è allo sfacelo: industriale, tecnologico, organizzativo, morale. Il Jobs Act è espressione misteriosa nei suoi dettagli esecutivi, ma chiarissima nel suo significato finale, nel “vettore di uscita”: licenziamenti sempre più facili, introduzione per legge del diritto dei padroni di licenziare i dipendenti. E, cosa ancora più strategicamente importante: eliminazione di fatto della contrattazione collettiva. Così ogni lavoratore è solo contro chi gli dovrebbe dare lavoro. Cioè impossibilitato a difendersi. In questo modo un’altra fetta importante del reddito nazionale sarà trasferita dai più poveri ai più ricchi. Ovvio che “crescere”, in questa prospettiva, sarà impossibile, poiché la massa di denaro che viene sottratta ai più poveri equivarrà a ridurre la massa di denaro destinata ai consumi (essendo evidente che i più ricchi non potranno, neanche se volessero, spendere il troppo che hanno a disposizione). Che equivale a tagliare il ramo su cui si è seduti.Ma aspettarsi da questi signori una visione strategica è come sperare nella Befana. Tutti potrebbero capirlo, ma il fatto è che la gente comune non ha letto Aristotele, e quindi non sa che è impossibile che chi è troppo ricco «segua i dettami della ragione». Chi è ricco vuole sempre essere «più ricco». Solo i poveri pensano che si accontenterebbero se fossero ricchi: appunto perché non sono ricchi! I dati lo dimostrano. Nell’ultimo decennio, il 10% del reddito nazionale è stato prelevato dalle tasche dei più poveri per andare ai più ricchi. E non basta, perché ne vogliono ancora di più. Una specie di bulimia invincibile. Renzi è il loro uomo. L’hanno portato al potere con il consenso del 40% degli italiani. Non è vero per niente, ma questo lo pensano tutti. In primo luogo i giornalisti e i commentatori. In realtà Renzi l’ha scelto meno del 20% degl’italiani. Ma, in virtù della legge elettorale, il suo potere è praticamente assoluto. Ecco perché il 2015 sarà peggiore del 2014: perché gl’italiani non hanno letto Aristotele (“La politica”), laddove dice che «le Costituzioni rette sono quelle che hanno di mira il bene comune».A parte l’espressione comica dell’“avere di mira”, che fa venire in mente un cecchino che sta sparando sul “bene comune”, è chiaro cosa Aristotele intendeva dire: tenetevi una Costituzione Retta, se già ce l’avete, altrimenti vi verrà data una Costituzione Storta, che è quella che ha di mira l’estensione della ricchezza e del potere dei più ricchi. E’ proprio quello che è accaduto: avevamo un Costituzione Retta, e ce la siamo fatta scippare. Non c’è già più, sostituita da una Costituzione Storta. Dove la gente non ha più non solo un reddito accettabile, ma nemmeno gli strumenti per difendersi. La gente, le masse, sono state trasformate in individui isolati, in monadi sole, che si specchiano nello schermo di un computer, o di un televisore. Epicuro, l’inventore dell’idea di monade, è morto da tempo e non c’è nessuno che spieghi alle genti che, se vogliono liberarsi, dovranno aprire una finestra e guardare fuori da se stessi.Sembra – stando a uno studio di Tullio De Mauro – che un discreto 40% di italiani (che sanno tutti leggere e scrivere) non sia più in grado di capire bene quello che legge e, soprattutto, quello che vede in tv. Così tu credi di comunicare, ma nessuno ti capisce. Altro che finestre da aprire! Che fare nel 2015? Cambiare il vocabolario odierno e tornare a quello di prima. Quello con cui fu scritta la Costituzione Retta del 1948. Per esempio, con quel vocabolario si potevano dire cose semplici e comprensibili. Come questa: i nani proprietari universali, cioè i banchieri, ci stanno portando in guerra. La gente ancora capisce cosa significa guerra. Banchiere è cosa nota. Nano è un po’ più difficile da capire, essendo una metafora. Ma s’intende qui “nano intellettuale”, cioè persona che capisce poco quello che fa e dice lui stesso. Questi vogliono fare la guerra perché sanno che il loro castello di carte si sta rompendo. E pensano che con la guerra, che tutto distrugge, noi non ci accorgeremo di niente. Cosa pensate a proposito del prezzo del petrolio? Che scenda perché lo dicono le leggi del mercato? Niente affatto. Non ci sono leggi di mercato in questo casino che affonda. Scende perché Washington vuole abbattere la Russia e l’Iran e poi andare all’assalto di Pechino. E’ una dichiarazione di guerra “di carta”, dove brucerà molta carta (i nostri risparmi), prima di trasformarsi in una guerra vera, con armi del tutto nuove che noi non conosciamo nemmeno.Loro pensano di salvarsi, perché sanno che saranno le genti, cioè noi, che ci romperemo per primi l’osso del collo. Il che è vero, verissimo. Ecco perché ci serve, urgentemente, il vecchio vocabolario dove le parole erano italiane e chiare. Dove se dicevi “fuori” voleva dire fuori. Ecco io propongo che il 2015 dica: «Fuori l’Italia dalla Nato e fuori la Nato dall’Europa». Cominciamo da qui. In guerra ci vadano loro. Noi non abbiamo nemici e abbiamo ancora qualche pezzo di una Costituzione Retta da difendere, per esempio l’articolo 11. Spendiamo 70 milioni di euro al giorno (ho scritto “al giorno”) per tenere in piedi una Difesa che non serve a nulla. Cioè che serve a “loro”. In caso di guerra non reggerebbe dieci minuti. Quei denari potremmo usarli per sviluppare l’agricoltura, e l’industria, e la scuola e moltiplicare i posti di lavoro. Magari non ci riusciamo, perché siamo monadi un po’ istupidite, ma non è che siamo – collettivamente intesi – peggio dei nani di cui sopra. In ogni caso, se aprissimo qualche finestra, almeno il giro sulla giostra attorno al sole sarebbe più bello, avrebbe un senso per noi e i nostri figli. Sarebbe un buon anno, invece che “il loro anno”.(Giulietto Chiesa, “Pane e al pane e vino al vino”, da “Il Fatto Quotidiano” del 1° gennaio 2015).Una previsione facile facile: il 2015 sarà sicuramente peggiore del 2014. In compenso sarà migliore del 2016. Abbiamo finito l’anno sotto il segno del Patto di Stabilità. Che è quello che precede la stabilità definitiva, il rigor mortis, l’immobilità che accompagna la dipartita. Il paese è allo sfacelo: industriale, tecnologico, organizzativo, morale. Il Jobs Act è espressione misteriosa nei suoi dettagli esecutivi, ma chiarissima nel suo significato finale, nel “vettore di uscita”: licenziamenti sempre più facili, introduzione per legge del diritto dei padroni di licenziare i dipendenti. E, cosa ancora più strategicamente importante: eliminazione di fatto della contrattazione collettiva. Così ogni lavoratore è solo contro chi gli dovrebbe dare lavoro. Cioè impossibilitato a difendersi. In questo modo un’altra fetta importante del reddito nazionale sarà trasferita dai più poveri ai più ricchi. Ovvio che “crescere”, in questa prospettiva, sarà impossibile, poiché la massa di denaro che viene sottratta ai più poveri equivarrà a ridurre la massa di denaro destinata ai consumi (essendo evidente che i più ricchi non potranno, neanche se volessero, spendere il troppo che hanno a disposizione). Che equivale a tagliare il ramo su cui si è seduti.
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Gli Usa puntano sulla guerra, non potendo sfidare la Cina
E’ necessario dire la verità sull’Ucraina. Vi è una usurpazione di potere. Chi governa non è stato eletto in elezioni presidenziali, ma dall’ambasciatore americano e dai servizi speciali. Tutto quello che succede in Ucraina è nell’illegalità. Il referendum in Crimea per la riunificazione con la Russia si è svolto nei termini della legalità internazionale e della legge dello stato di Crimea. I referendum in Donbass sono assolutamente legali in termini di sovranità e indipendenza. Al contrario, in Ucraina lo Stato è occupato, è sotto il controllo dei servizi speciali americani. Il potere a Kiev è esercitato dall’esterno. Pertanto, gli accordi di cessate il fuoco e la difesa dei civili non funzionano. La dirigenza ucraina li viola sistematicamente. Ogni giorno a Donetsk soffrono bombardamenti, e la gente muore. I paesi della Nato lo supportano, e la propaganda nazista mistifica gli eventi nel paese. Ora abbiamo lo stesso copione geopolitico. Gli americani avranno bisogno di vincere una guerra per preservare l’egemonia nel mondo, dal momento che non hanno alcuna possibilità di competere con la Cina.L’élite che domina in America cerca una crescente tensione politica e ha ora messo gli occhi su una guerra in Europa, che permetterebbe agli Stati Uniti di diventare un super-Stato. Le due guerre mondiali hanno creato flussi di capitale, di tecnologia e di mentalità tali da conformare l’Europa agli auspici americani. Il continente europeo si è trasformato in forza trainante per il capitalismo americano. Proseguendo il percorso tradizionale, gli americani hanno finanziato bande naziste in Ucraina e formato il regime terrorista anti-russo in Ucraina. L’Ucraina, come parte del mondo russo, non può seriamente essere percepita da noi come un nemico. A questo proposito non si può applicare una soluzione militare dura. Il compito degli americani è stato quello di organizzare il genocidio della popolazione russa, provocare operazioni militari di risposta, che costringerebbero a misure anche contro gli alleati in Europa della Nato. L’obiettivo dichiarato è quello di utilizzare i nazisti ucraini come ariete contro il sistema statale russo, fare una serie di “rivoluzioni arancioni” nel nostro territorio, smembrare e stabilire il controllo sulla Russia e sull’Asia Centrale. La guerra è necessaria per l’oligarchia americana. Per mantenere il dominio del mondo, cerca di scatenare una guerra in Europa.Noi siamo in grado di costruire una coalizione globale contro la guerra, che impedrà agli americani di isolarci. Usano il principio del “divide et impera” per alienare le nostre relazioni con gli Stati vicini. Se siamo in grado di mantenere l’unità strategica con la Cina, l’India, e creare nuovi centri di influenza politica nel blocco Brics, che copre più della metà dell’umanità, concentrandolo intorno ai nostri partner e amici nello spazio post-sovietico, i piani americani di una nuova guerra mondiale sono condannati alla sconfitta. La verità è che siamo già in guerra, una guerra che hanno scatenato gli Stati Uniti. È una guerra ibrida. Nessun mezzo come carri armati o armi di distruzione di massa. Il conflitto si basa su una vasta gamma di altri metodi disponibili: informativi, finanziari. La guerra finanziaria contro di noi viene svolta seriamente. Stiamo già chiedendo sostegno a fonti esterne di credito. Sono state approvate sanzioni che sono una grave violazione del diritto internazionale civile, commerciale e finanziario. Vi è anche la guerra contro di noi nel Donbass, non dovremmo dubitare di questo. Per trascinare il conflitto verso l’Europa, l’amministrazione americana che decide a Kiev ha demolito l’aereo malese. L’Ucraina è ormai un Stato quasi terrorista”.(Sergey Glazev, dichiarazioni rilasciate a Tatiana Medvedev per un’intervista ripresa da “L’Antidiplomatico” il 29 dicembre 2014. Economista e consulente vicino al presidente Putin, Glazev ha pubblicato il libro “L’incidente ucraino, dall’aggressione americana alla guerra mondiale?”).E’ necessario dire la verità sull’Ucraina. Vi è una usurpazione di potere. Chi governa non è stato eletto in elezioni presidenziali, ma dall’ambasciatore americano e dai servizi speciali. Tutto quello che succede in Ucraina è nell’illegalità. Il referendum in Crimea per la riunificazione con la Russia si è svolto nei termini della legalità internazionale e della legge dello stato di Crimea. I referendum in Donbass sono assolutamente legali in termini di sovranità e indipendenza. Al contrario, in Ucraina lo Stato è occupato, è sotto il controllo dei servizi speciali americani. Il potere a Kiev è esercitato dall’esterno. Pertanto, gli accordi di cessate il fuoco e la difesa dei civili non funzionano. La dirigenza ucraina li viola sistematicamente. Ogni giorno a Donetsk soffrono bombardamenti, e la gente muore. I paesi della Nato lo supportano, e la propaganda nazista mistifica gli eventi nel paese. Ora abbiamo lo stesso copione geopolitico. Gli americani avranno bisogno di vincere una guerra per preservare l’egemonia nel mondo, dal momento che non hanno alcuna possibilità di competere con la Cina.
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Foa: avremo un altro Napolitano, pronto a tradire l’Italia
L’alibi è sempre lo stesso, l’indifendibile Berlusconi, quello delle “cene eleganti” ad Arcore con la “nipote di Mubarak” mentre esplodeva la tempesta dello spread. Imbarazzante, e pure ingombrante: amico di Putin e di Gheddafi. L’Italia “non se lo può permettere”, recitava la propaganda mainstream allineata a un centrosinistra che per vent’anni gli aveva attribuito ogni male, fingendo di ignorare che la radice della crisi italiana – la fine della finanza pubblica, la grande privatizzazione, la precarizzazione del lavoro – è da imputare proprio alla sinistra “istituzionale” e tecnocratica dei vari Prodi, Ciampi, D’Alema, Padoa Schioppa. Una vicenda devastante, il cui ultimo decisivo capitolo l’ha scritto Giorgio Napolitano. Ripercorrendo la storia di questo decennio, scrive Marcello Foa sul “Giornale”, si scopre che, nei momenti più critici, Napolitano ha usato tutto il suo prestigio per spingere italiani e politici «nella direzione voluta dall’establishment europeo, che appare come un referente più forte, alto e influente della Costituzione italiana». Sicché, «parlare di tradimento del mandato non è improprio: di certo quello di Re Giorgio appare come un tradimento dell’Italia».Non illudiamoci che a Napolitano subentri un eletto «autenticamente patriottico», continua Foa, visto che le condizioni non sono affatto cambiate: il “padrone” è sempre l’élite finanziaria europea neoliberista, mercantilista, neo-feudale, quella a cui – probabilmente con l’eccezione del solo Berlusconi, peraltro prigioniero dei suoi conflitti d’interesse – ogni potente italiano ha sempre obbedito, negli ultimi decenni. Napolitano non fa certo eccezione: «Non è stato un buon presidente – scrive Foa – per la semplice ragione che non ha rispettato l’essenza, l’anima, la missione di un Capo dello Stato: che è quello di servire il popolo, di rispettare in modo inflessibile la Costituzione, di difendere la sovranità». L’uomo del Colle, invece, «appartiene a quella élite di politici che, in Italia ma non solo, di fatto si prodiga per svuotare di significato proprio la carica, le istituzioni e in ultima analisi il paese che dovrebbe difendere», anche se lo fa illudendo l’opinione pubblica con «il rispetto formale del mandato e della Costituzione», così come «i richiami ai valori nazionali e al senso dello Stato». Un copione «rituale, retorico, obbligato».Ma attenzione: «Il tono cambia quando il presidente parla di Unione Europea; in questo caso – osserva Foa – trapela l’appartenenza, la convinzione, il senso storico di una missione». Infatti, «il presidente che dovrebbe difendere la Costituzione curiosamente lancia continuamente appelli alla cessione di sovranità e di poteri a favore della Ue, di cui auspica l’unione politica», naturalmente «per il bene degli italiani». Peccato che Napolitano si sia prodigato «per difendere, proteggere e al momento giusto lanciare quei politici o quei tecnici che la pensano come lui e con cui condivide le stesse referenze sovranazionali», non esattamente “amiche” dell’Italia. «E’ stato Napolitano ad avallare il colpo di Stato con cui le élite europee hanno fatto cadere Berlusconi nel 2011, attribuendo simultaneamente l’incarico al suo grande amico e sodale Mario Monti, tra l’altro beneficiandolo della nomina improvvisa a senatore a vita; dunque rendendo possibile l’attuazione di un piano che, come ormai ampiamente dimostrato, è stato concepito mesi prima della caduta del Cavaliere».Poco dopo, è lo stesso Napolitano a spingere «un altro giovane emergente sodale», Enrico Letta, a Palazzo Chigi. E poi, dopo pochi mesi, a «benedire l’improvvisa ascesa, ma gradita a certi ambienti, di Matteo Renzi, superando un’antipatia e una diffidenza personale che ora traspare, ma a cui si è inchinato in ossequio a logiche che al popolo non vengono mai spiegate: un “obbedisco” a modo suo». Nessuna illusione sul futuro: le forze che dominano in Parlamento, inclusa Forza Italia, non osano infatti mettere in discussione i diktat del rigore, dal Fiscal Compact al pareggio di bilancio, cioè le misure (da tutti votate) che in tre anni hanno “suicidato” il paese, facendogli pagare una flessione del Pil da 450 miliardi e provocando la catastrofe della disoccupazione, il fallimento di migliaia di aziende, il crollo dei consumi e del gettito fiscale, l’esplosione di un debito pubblico micidiale perché non denominato in moneta sovrana. Gli italiani fiutano la rovina: tre anni di guerra, milioni di poveri, le pensioni tagliate dalla riforma Fornero votata anche dal Pd. Italia kaputt, come voleva il “padrone” tedesco che temeva la concorrenza del made in Italy. Ecco perché «via un Napolitano se ne farà un altro, che offra le stesse garanzie e vanti le stesse appartenenze», profetizza Foa. «Perché questa è la logica del potere che governa davvero l’Europa. E dunque anche quel che resta dell’Italia. Ma agli italiani non va detto e men che meno spiegato».L’alibi è sempre lo stesso, l’indifendibile Berlusconi, quello delle “cene eleganti” ad Arcore con la “nipote di Mubarak” mentre esplodeva la tempesta dello spread. Imbarazzante, e pure ingombrante: amico di Putin e di Gheddafi. L’Italia “non se lo può permettere”, recitava la propaganda mainstream allineata a un centrosinistra che per vent’anni gli aveva attribuito ogni male, fingendo di ignorare che la radice della crisi italiana – la fine della finanza pubblica, la grande privatizzazione, la precarizzazione del lavoro – è da imputare proprio all’obbedienza ai poteri forti da parte della sinistra “istituzionale” e tecnocratica dei vari Prodi, Ciampi, D’Alema, Padoa Schioppa. Una vicenda devastante, il cui ultimo decisivo capitolo l’ha scritto Giorgio Napolitano. Ripercorrendo la storia di questo decennio, scrive Marcello Foa sul “Giornale”, si scopre che, nei momenti più critici, Napolitano ha usato tutto il suo prestigio per spingere italiani e politici «nella direzione voluta dall’establishment europeo, che appare come un referente più forte, alto e influente della Costituzione italiana». Sicché, «parlare di tradimento del mandato non è improprio: di certo quello di Re Giorgio appare come un tradimento dell’Italia».
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Hathor Pentalpha e Isis, il romanzo criminale che ci attende
Globalizzazione violenta, a mano armata. Un progetto criminale, deviato, spietato. Coltivato e attuato da criminali. Attorno a loro, una corte di politici, capi di Stato, economisti, giornalisti. Tutti a ripetere la canzoncina bugiarda del neoliberismo: lo Stato non conta più, è roba vecchia, a regolare il mondo basta e avanza il “libero mercato”. Peccato che il paradiso golpista dell’élite non possa prescindere dallo Stato, l’ingombrante monopolista della moneta e delle tasse. Lo Stato va quindi conquistato, occupato militarmente per via elettorale. Deve capitolare, rinnegare la sua funzione storica, servire le multinazionali e non più i cittadini, che devono semplicemente ridiventare sudditi, pagare sempre più tasse, veder sparire i diritti conquistati in due secoli, elemosinare un lavoro precario e sottopagato. Le menti del commissariamento mondiale sono state chiamate oligarchia, impero, tecnocrati, destra economica, finanza, banche, neo-capitalismo. Gioele Magaldi chiama costoro con un altro nome: “Massoni”, come il titolo del suo libro esplosivo. E mette sul piatto 650 pagine di rivelazioni, che stanno scalando le classifiche editoriali nell’assordante silenzio dei media mainstream.Si tratta di massoni speciali, potentissimi, interconnessi fra loro nel super-network segreto delle Ur-Lodges. Uomini del massimo potere, abituati da sempre a influire nelle grandi decisioni geopolitiche, condizionando istituzioni che – in Occidente, a partire dagli Usa – vengono considerate esse stesse una sorta di emanazione massonica: senza il secolare impegno laico della “libera muratoria” europea nella lotta contro l’oscurantismo vaticano e l’assolutismo monarchico, non avremmo avuto gli Stati moderni, la scienza moderna, la cultura moderna. Erano massoni i maggiori scienziati – da Newton a Einstein – così come i maggiori letterati e musicisti. Massoni anche i padri fondatori degli Stati Uniti. Massone l’americano Roosevelt, spettacolare campione della spesa pubblica vocata allo sviluppo della piena occupazione, secondo il credo del più grande economista del ‘900, il massone inglese John Maynard Keynes, su cui si basa tutta la sinistra europea marxista e post-marxista che ha messo in piedi il grandioso sistema di protezione sociale del welfare, fondato sulla sovranità democratica e monetaria per mitigare gli appetiti antisociali del “libero mercato”.La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, promossa dalla “libera muratrice” Eleanor Roosevelt alle Nazioni Unite, l’assemblea planetaria eretta sulle rovine della Seconda Guerra Mondiale, prefigura un’umanità redenta, liberata, globalizzata nei diritti e nelle aspirazioni al futuro. Esattamente il contrario dell’attuale globalizzazione neo-schiavistica, aristocratica, mercantilista, neo-feudale. Un disegno cinico e reazionario, oggi chiamato semplicemente “crisi”, sviluppato negli anni ‘70 dai ristrettissimi circoli elitari internazionali preoccupati dall’avanzata del loro grande nemico: la democrazia. Da qui il famigerato memorandum di Lewis Powell per stroncare la sinistra in tutto l’Occidente e il manifesto “La crisi della democrazia” promosso dalla Commissione Trilaterale sempre con lo stesso obiettivo: collocare i propri uomini (Thatcher, Reagan, Kohl, Mitterrand) alla guida dei paesi-chiave, per occupare lo Stato e traviarlo, in modo che non servisse più l’interesse pubblico, ma obbedisse ai diktat delle grandi lobby, l’industria delle armi, le grandi multinazionali invadenti e totalitarie.Una storia già raccontata? Sì, anche, da diversi analisti “eretici”. Ma mai, finora, dallo sconcertante punto di osservazione del massone Magaldi, che fornisce dettagli inediti e spiegazioni spiazzanti, partendo da una rivelazione capitale: tutti gli uomini del massimo potere, nel ‘900, sono sempre stati accomunati dall’iniziazione esoterica. Questo fa di loro gli esponenti privilegiati di un circuito cosmopolita autoreferenziale e invisibile, protetto, ma al tempo stesso profondamente dialettico, non sempre concorde. Anzi, proprio alla guerra sotterranea che ha dilaniato il “terzo livello” del super-potere è dedicata la straordinaria contro-lettura di Magaldi: che nel golpe in Cile, ad esempio, non vede solo il noto complotto delle multinazionali americane per colpire il governo socialista, pericolosamente amico dei lavoratori e dei loro salari, ma anche – e soprattutto, in questo caso – il ruolo decisivo del massone Kissinger nel colpo di Stato promosso dalla Cia contro il massone Allende, come monito all’intera America Latina, da ridurre a periferia coloniale, e anche alla stessa Europa, dove le stesse “menti raffinatissime” hanno organizzato il “golpe dei colonnelli” in Grecia e i tre tentativi di colpo di Stato in Italia, affidati a Borghese e Sogno ma supervisionati da Licio Gelli, emissario della potentissima superloggia “Three Eyes”, quella di Kissinger.Sul fronte opposto, si è mossa nell’ombra la “fratellanza bianca” delle superlogge progressiste, per tentare di rintuzzare i colpi dei “grembiulini” oligarchici. Come in un romanzo di Dan Brown, in un film di Harry Potter? Non a caso, sostiene Magaldi: proprio nel cinema e nella letteratura, negli ultimi anni, si è concentrata l’azione delle Ur-Lodges democratiche, in attesa di una grande riscossa – pace contro guerra, diritti contro privilegi – di cui lo stesso libro del “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, affiliato alla superloggia progressista “Thomas Paine”, è parte integrante. Per credere a Magaldi, all’inizio della lettura, occorre accettare di indossare i suoi occhiali. Poi, però, già dopo poche pagine, diventa impossibile togliergli: quelli che aggiunge, infatti, sono preziosi tasselli che spiegano ancor meglio i passaggi-chiave della storia del “secolo breve”, senza mai discostarsi dalla verità accertata, dalla storiografia corrente. Solo (si fa per dire) Magaldi aggiunge nomi e cognomi. Completa la storia che già conosciamo integrandola con indizi inequivocabili, che illuminano retroscena finora rimasti in ombra.I riflessi della “grande guerra” che Magaldi racconta li stiamo pagando oggi: la crescita delle masse in Occidente è finita, e il mondo è sull’orlo della Terza Guerra Mondiale. Tutto è cominciato alla fine degli anni ‘60, prima con la morte di Giovanni XXIII e John Fitzgerald Kennedy, poi con il doppio omicidio di Bob Kennedy e Martin Luther King, che le Ur-Lodges progressiste volevano entrambi alla Casa Bianca. Nessuno si stupisca, dice Magaldi, se da allora la sinistra è stata sconfitta in modo sistematico: hanno vinto “loro”, i padreterni neo-feudali che volevano confiscare i diritti democratici e le garanzie del lavoro, retrocedendo i cittadini occidentali al rango di sudditi impauriti dal futuro e assediati dal bisogno. Sempre “loro”, gli egemoni, si sarebbero persino abbandonati a un clamoroso regolamento di conti: il clan che voleva George Bush alla Casa Bianca avrebbe fatto sparare a Reagan, e i sostenitori occulti di Reagan, per rappresaglia, di lì a poco avrebbero promosso l’attentato simmetrico a Wojtyla, eletto Papa anche col sostegno occulto degli amici di Bush.Poi, su tutto, è calato l’ambiguo sudario della pax massonica, suggellato nello storico patto “United Freemasons for Globalization”, sottoscritto nel 1981 non solo dalle superlogge occidentali di destra e di sinistra, ma anche dai “confratelli” sovietici alla vigilia della Perestrojka di Gorbaciov e dagli stessi cinesi, in vista delle grandiose riforme del “fratello” Deng Xiaoping. Peccato che però qualcuno abbia “esagerato”, riconosce il super-massone oligarchico che si firma “Frater Kronos”, nella sconcertante appendice del libro di Magaldi, in cui quattro pesi massimi delle Ur-Lodges si confrontano sulla trattazione, dopo aver aiutato il massone italiano a mettere in piazza tanti segreti di famiglia. “Frater Kronos”, su cui si lesinano le informazioni personali per mascherarne l’identità, dimostra l’autorevolezza del grande vecchio del potere occidentale. «No, non sono il fratello Kissinger», scherza, quasi a suggerire che potrebbe trattarsi di un pari grado, del calibro di Zbigniew Brzezinski. Anche “Frater Kronos” – chiunque egli sia in realtà – conferma l’allarme: qualcosa è andato storto, qualcuno è andato oltre il perimetro concordato. Un nome su tutti: quello del “fratello” George Bush senior, che sarebbe “impazzito di rabbia” dopo la bruciante sconfitta inflittagli dai sostenitori di Reagan. Da allora, ancor prima di diventare a sua volta presidente, Bush avrebbe dato vita a una superloggia definita inquietante, pericolosa e sanguinaria, denominata “Athor Pentalpha”, che avrebbe reclutato il gotha neocon del Pnac, il piano per il Nuovo Secolo Americano, da Cheney a Rumsfeld, nonché fondamentali alleati europei, da Blair a Sarkozy. Missione del clan: destabilizzare il pianeta, anche col terrorismo, a partire dall’11 Settembre.Per questa missione, si legge nel libro di Magaldi, è stato riciclato il “fratello” Osama Bin Laden, arruolato dallo stesso Brzezinski ai tempi dell’invasione sovietica in Afghanistan. Risultato, dopo l’attentato alle Torri: una serie di guerre, in sequenza, dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Libia alla Siria, anche dietro lo schermo della “primavera araba”. Il nuovo bersaglio è la Russia di Putin? C’è una precisa geopolitica del caos: e i golpisti occidentali puntano sempre sulla loro creatura più grottesca, il fondamentalismo islamico. Ci stanno lavorando dal lontano 2009, quando i militari americani del centro iracheno di detenzione di Camp Bucca si videro recapitare l’ordine di rilascio dell’allora oscuro Abu Bakr Al-Baghdadi, l’attuale “califfo” dell’Isis. Regista dell’operazione? Sempre loro: la famiglia Bush. Per la precisione il fratello di George Walker, Jeb Bush, che vorrebbe fare di Al-Baghdadi il nuovo Bin Laden, da spendere per le presidenziali 2016. Dietrologia? Anche qui, “Massoni” fornisce chiavi inedite, partendo dall’attitudine esoterica degli iniziati: Isis non è solo il nome dell’orda terroristica messa in piedi da segmenti della Cia, è anche quello della divinità egizia Iside, vedova di Osiride, carissima ai massoni che si definiscono anche “figli della vedova”. In alcuni testi antichi, Isis è chiamata anche con un altro nome, Athor. Proprio come la superloggia di Bush e Blair. Il Medio Oriente sta bruciando, è tornato lo spettacolo dell’orrore dei tagliatori di teste. “Frater Kronos” è preoccupato, il 2015 comincia male. Sicuri che non sia il caso di indossarli ancora, gli occhiali di Gioele Magaldi?(Il libro: Gioele Magaldi, “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere, 656 pagine, 19 euro).Globalizzazione violenta, a mano armata. Un progetto criminale, deviato, spietato. Coltivato e attuato da criminali. Attorno a loro, una corte di politici, capi di Stato, economisti, giornalisti. Tutti a ripetere la canzoncina bugiarda del neoliberismo: lo Stato non conta più, è roba vecchia, a regolare il mondo basta e avanza il “libero mercato”. Peccato che il paradiso golpista dell’élite non possa prescindere dallo Stato, l’ingombrante monopolista della moneta e delle tasse. Lo Stato va quindi conquistato, occupato militarmente per via elettorale. Deve capitolare, rinnegare la sua funzione storica, servire le multinazionali e non più i cittadini, che devono semplicemente ridiventare sudditi, pagare sempre più tasse, veder sparire i diritti conquistati in due secoli, elemosinare un lavoro precario e sottopagato. Le menti del commissariamento mondiale sono state chiamate oligarchia, impero, tecnocrati, destra economica, finanza, banche, neo-capitalismo. Gioele Magaldi chiama costoro con un altro nome: “Massoni”, come il titolo del suo libro esplosivo. E mette sul piatto 650 pagine di rivelazioni, che stanno scalando le classifiche editoriali nell’assordante silenzio dei media mainstream.
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Il paradiso di Severgnini, questo falso Occidente criminale
È ancora possibile, a un quarto di secolo dalla caduta del Muro di Berlino, ridurre i conflitti che agitano il mondo globale a una contrapposizione bipolare fra “il mondo libero” (appellativo classicamente riferito – ça va sans dire – all’Occidente) e un “impero del male” che (venuto a mancare lo spettro del comunismo) viene ora identificato con un variegato schieramento di “mostri” cui si tenta di attribuire un’improbabile identità comune? Sembrerebbe un’azzardata operazione retrò, ma ciò non ha impedito a Beppe Severgnini di provarci sulle pagine del “Corriere della Sera”. Vediamo in primo luogo come Severgnini – emulo del Dottor Frankenstein – cerca di costruire la figura di un grande Nemico assemblando pezzi eterogenei di movimenti e Stati “canaglia” (“i nuovi Erode”). In cima alla lista, prevedibilmente, i movimenti integralisti islamici sparsi per il mondo (Iraq, Siria, Nigeria, Pakistan, stranamente manca l’Afghanistan).E poco importa se questi movimenti hanno storie e radici socioculturali diverse nelle diverse situazioni, tanto ormai si può giocare sul luogo comune di un Islam radicale globalizzato e omologato che esiste solo nell’imaginario dei media del “mondo libero” (salvo poi dover fare i salti mortali come in Siria, dove il mostro Bashar al-Assad e i “terroristi” del Pkk curdo vengono ora considerati alleati nella lotta contro i super mostri dell’Isis). Subito dopo la “cleptocrazia” di Putin che tenta di “riesumare la Grande Russia” aggredendo l’Ucraina; e qui – a parte la faccia tosta di definire cleptocrazia il regime russo quando si è cittadini della nazione più corrotta del mondo, come hanno appena dimostrato gli scandali Mose, Expo e Roma Mafia – c’è una palese inversione della realtà storica, visto che ad assediare la Russia e a tentare di colonizzare i paesi ex comunisti dell’Est Europa è stato semmai, dopo il 1989, proprio il “mondo libero” occidentale.Infine l’eterno, ridicolo (per la sua irrilevanza geopolitica) bersaglio di Pyongyang, un regime da operetta che viene presentato come una terribile minaccia per la libertà, solo per avere orchestrato alcuni attacchi informatici contro la Sony, che ha prodotto un film satirico in cui si dileggia il regime nordcoreano (nel mondo libero non si censura: ci si limita a nascondere al pubblico la verità, come hanno dimostrato le rivelazioni di Assange e Snowden, i quali, per avere rovinato l’immacolata immagine dei campioni della libera informazione, sono ora costretti a vivere in esilio). Questi “nuovi Erode” possono farci paura, tuona Severgnini, ma non si illudano: essi non possono vincere; a vincere saremo noi, il mondo libero occidentale, e lo faremo con la forza delle idee e non con la violenza (peccato che sulla testa delle centinaia di migliaia di civili massacrati in Iraq e in Afghanistan, per tacere delle tante altre guerre combattute in nome della libertà, siano piovute bombe e non idee). Ma vediamo quali sono queste idee vincenti.Pace (abbiamo appena accennato ai virtuosi massacri spacciati per guerre umanitarie); benessere (la crisi iniziata nel 2008 ha svelato la realtà di un mondo in cui le disuguaglianze sono tornate ai livelli dell’800 e dove all’arricchimento smisurato di un pugno di esponenti dell’alta finanza corrisponde l’immiserimento di milioni di cittadini comuni); istruzione (vogliamo parlare dei costi di un’istruzione superiore che torna ad essere appannaggio di ristrette élite?); tolleranza (quella di un paese “libero” come gli Stati Uniti, dove migliaia di cittadini di colore disarmati vengono assassinati da poliziotti che non solo non rischiano di essere incriminati ma conservano anche il posto?), rispetto per le donne (anche se dietro la retorica del politically correct si nasconde la realtà di un lavoro femminile che continua a essere sottopagato, per tacere dei femminicidi perpetrati nelle normali famiglie borghesi).Che dire poi della presunta superiorità del mercato garante di libertà e democrazia: finché dovremo ancora ascoltare questa baggianata? È vero che è passato molto tempo da quando i regimi nazifascisti si sono dimostrati del tutto compatibili con il libero mercato, ma oggi, con la Cina totalitaria che si avvia a diventare la maggiore potenza capitalistica mondiale, siamo di fronte a una smentita ancora più clamorosa. Insomma, se questi sono i suoi “valori”, allora non solo è possibile che l’Occidente perda, ma si può dire che ha già perso, perché di quei valori non ne è rimasto in piedi nemmeno uno: a combattere i “nuovi Erode” non c’è Gesù, ma un vecchio Erode non meno feroce dei suoi nemici. Eppure, scrive Severgnini, i migranti rischiano ancora la vita in mare «per un pasto, un letto, un ospedale, una strada in cui non bisogna tremare di paura davanti a un poliziotto». Rischiano la vita perché a casa loro crepano di fame, ma qui, più che pasti, letti e ospedali, trovano squallidi ghetti assediati da folle razziste (do you remember Tor Sapienza?) e, se non subiscono passivamente qualsiasi angheria, o se sono “irregolari”, tremano eccome davanti a un poliziotto.Alla fine, quasi prevedendo le sarcastiche obiezioni avanzate in questo articolo, Severgnini le rintuzza con il solito refrain: «Eppure il mondo ci riconosce che, per adesso, non s’è inventato niente di meglio della democrazia e del mercato». È l’argomento con cui il pensiero unico neoliberista cerca di legittimare, sia pure con argomenti di basso profilo (“in fondo non abbiamo niente di meglio”), la propria egemonia culturale. Ed è proprio sul piano culturale, prima ancora che su quello politico, che occorre lavorare per smontarlo, come alcuni (non moltissimi purtroppo) cercano di fare. Uno di questi era Hosea Jaffe, un economista sudafricano morto qualche giorno fa in Italia, dove ha vissuto i suoi ultimi anni di vita. Marxista eretico (i marxisti ufficiali non gli perdonavano di avere rinfacciato alle sinistre occidentali la loro complicità con il colonialismo), iconoclasta fino ad accusare gli stessi Marx ed Engels di eurocentrismo non senza venature razziste, Jaffe è stato in prima fila nelle lotte contro diversi regimi coloniali e neocoloniali africani, e si è battuto perché partiti e sindacati occidentali riconoscessero che parte delle loro conquiste salariali e sociali erano finanziate dal supersfruttamento dei popoli del Terzo Mondo.Oggi le sue idee trovano una sia pure parziale applicazione nelle lotte di quei movimenti sudamericani, africani e asiatici che hanno cominciato a capire di doversi inventare un’alternativa globale al “mondo libero”. Possiamo solo sperare che lavorino abbastanza in fretta per impedire che la rabbia dei milioni di disperati esclusi dai nostri “paradisi” trovi rappresentanza solo da parte dei nuovi Erode di cui sopra. Senza dimenticare che quella rabbia inizia a montare anche qui e, in assenza di un’alternativa di sinistra credibile, rischia di imboccare la strada che aveva imboccato negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, una strada in fondo alla quale ci aspetterebbero orrori peggiori di quelli che oggi inquietano i sogni dei pacifici borghesi occidentali.(Carlo Formenti, “Severgnini e la vecchia retorica del mondo libero contro l’impero del male”, da “Micromega” del 22 dicembre 2014).È ancora possibile, a un quarto di secolo dalla caduta del Muro di Berlino, ridurre i conflitti che agitano il mondo globale a una contrapposizione bipolare fra “il mondo libero” (appellativo classicamente riferito – ça va sans dire – all’Occidente) e un “impero del male” che (venuto a mancare lo spettro del comunismo) viene ora identificato con un variegato schieramento di “mostri” cui si tenta di attribuire un’improbabile identità comune? Sembrerebbe un’azzardata operazione retrò, ma ciò non ha impedito a Beppe Severgnini di provarci sulle pagine del “Corriere della Sera”. Vediamo in primo luogo come Severgnini – emulo del Dottor Frankenstein – cerca di costruire la figura di un grande Nemico assemblando pezzi eterogenei di movimenti e Stati “canaglia” (“i nuovi Erode”). In cima alla lista, prevedibilmente, i movimenti integralisti islamici sparsi per il mondo (Iraq, Siria, Nigeria, Pakistan, stranamente manca l’Afghanistan).
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L’eclissi di Napolitano e il clan occulto dei golpisti mondiali
Dopo nove anni passati sul Colle Giorgio Napolitano si appresta (forse) a lasciare. In poco tempo l’ex comunista migliorista ha trasformato un paese relativamente prospero come l’Italia in una valle di lacrime. In questo senso si può dire che Napolitano è stato molto efficace, riuscendo con abilità e costanza a realizzare gran parte degli obiettivi che alcuni occulti consessi gli avevano implicitamente affidato. Chi ha letto il libro di Magaldi, “Massoni”, sa come l’attuale presidente della Repubblica sia stato iniziato presso la Ur- Lodge “Three Eyes” nel lontano 1978. La “Three Eyes”, motore e centro decisionale di una offensiva reazionaria senza precedenti, supervisionò in passato una serie di accadimenti nefasti e sanguinari: dal golpe greco dei “colonnelli” fino all’operazione “Condor” in America Latina, molte delle tragedie conosciute e perpetuate dall’Uomo a partire dagli anni ’60 fino ai giorni nostri portano indiscutibile il timbro della famigerata loggia dai “tre occhi”.Napolitano è quindi epigono di una stagione tragica, violenta ed infingarda, fortunatamente destinata per consunzione a chiudersi per sempre. Negli stessi anni in cui Kissinger e soci “cucinavano” in giro per il mondo le dittature militari poi personificate dai vari Pinochet e Videla, in Italia si riaffacciava il pericolo golpista. I tentativi del principe Junio Valerio Borghese prima e quello di Edgardo Sogno poi rappresentavano infatti coerenti tasselli di un mosaico globale. Grazie al cielo Arthur Schlesinger Jr., già “maestro venerabile” della superloggia progressista “Thomas Paine”, riuscì a proteggere la democrazia italiana dalla grinfie di alcuni noti “contro-iniziati”. La P2, giova ripeterlo, altro non era se non il braccio italiano della Ur-Lodge “Three Eyes”, centro elitario ed occulto che muoveva come pedine i tanti “Gelli” allevati e pasciuti in giro per il mondo.Proprio l’organica appartenenza presso una delle Ur-Lodges in assoluto più influenti ha permesso a Giorgio Napolitano di devastare di fatto l’Italia tra gli applausi scroscianti di un sistema mediatico appositamente “addomesticato”. La massoneria reazionaria sovranazionale, nelle sue diverse articolazioni, ha oggi affinato metodi ed approcci. Il nazismo classico, ora improponibile in Europa, è stato sostituito da un tecno-nazismo soft che uccide cavalcando il mito della “purezza del bilancio” in luogo dell’oramai vetusta “purezza della razza”. Per completare una torsione oligarchica in grado di affamare una gran parte di cittadini resi sudditi dalla paura e dal bisogno, è necessario quindi che tutti gli attori in commedia recitino lo stesso copione. Dal 2011 fino ad oggi Napolitano ha di fatto commissariato l’Italia, nominando premier-fantoccio con il chiaro obiettivo di assecondare bramosie private. Monti, Letta e ora Renzi hanno difatti attuato politiche volutamente recessive, pensate per distruggere il tessuto economico italiano e diffondere miseria, disoccupazione e disperazione.Per questo la scelta del successore di Napolitano sarà indispensabile per capire quale piega prenderà l’Italia nei prossimi anni. Un nuovo Presidente della Repubblica organico alle Ur-Lodges neo-aristocratiche proverà infatti anche in futuro a neutralizzare gli esiti di una elezione libera e democratica, tenendo di continuo sotto scacco un Parlamento già declassato al ruolo di misero e decorativo orpello. Quelli che sperano nell’ascesa di un nuovo Presidente della Repubblica “tecnico” e “indipendente”, parlano in realtà in nome e per conto di quegli stessi mondi che da tempo selezionano ministri dell’Economia come Grilli, Saccomanni o Padoan. Chi esercita il potere in forza di un mandato popolare tenderà in linea di principio a difendere interessi diffusi. Chi, al contrario, come Monti o Padoan, ricopre posti di pubblica responsabilità senza avere un voto, evidentemente gode di altre fonti occulte di legittimità. Fonti che il libro “Massoni” smaschera, fornendo a chiunque le chiavi per comprendere genesi e ratio di alcuni accadimenti altrimenti apparentemente inspiegabili.(Francesco Maria Toscano, “L’eclissi di Giorgio di Napolitano, presidente della Repubblica in forza alla Ur-Lodge Three Eyes”, da “Il Moralista” del 22 dicembre 2014).Dopo nove anni passati sul Colle Giorgio Napolitano si appresta (forse) a lasciare. In poco tempo l’ex comunista migliorista ha trasformato un paese relativamente prospero come l’Italia in una valle di lacrime. In questo senso si può dire che Napolitano è stato molto efficace, riuscendo con abilità e costanza a realizzare gran parte degli obiettivi che alcuni occulti consessi gli avevano implicitamente affidato. Chi ha letto il libro di Magaldi, “Massoni”, sa come l’attuale presidente della Repubblica sia stato iniziato presso la Ur- Lodge “Three Eyes” nel lontano 1978. La “Three Eyes”, motore e centro decisionale di una offensiva reazionaria senza precedenti, supervisionò in passato una serie di accadimenti nefasti e sanguinari: dal golpe greco dei “colonnelli” fino all’operazione “Condor” in America Latina, molte delle tragedie conosciute e perpetuate dall’Uomo a partire dagli anni ’60 fino ai giorni nostri portano indiscutibile il timbro della famigerata loggia dai “tre occhi”.