Archivio del Tag ‘downgrading’
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Armi russe in Turchia, rischio-finanza per la vendetta Usa
Mentre l’Italia viene bullizzata dalla cosca della Commissione Europea (con zelo particolare dal simpatico ricercatore di bosoni baltici Valdis Dombrovskis) per un preteso minimale scostamento dell’insignificante rapporto debito/pil, un fantasma s’aggira per l’Europa. E’ il fantasma del debito turco. Facciamo un passo indietro. Un anno fa circa Erdogan decide di acquistare il sistema missilistico antiaereo russo S-400 al posto del Patriot americano. La scelta non è di poco conto, il sistema d’arma russo è ovviamente incompatibile con il dispositivo di difesa Nato nel quale sono integrate le forze armate turche. Di fatto dunque si tratta di una scelta che pone la Turchia (paese strategico e secondo esercito della Nato) fuori dalla Nato dal punto di vista militare se non da quello politico e diplomatico. Le reazioni occidentali e americane non tardano ad arrivare: viene bloccata la vendita degli aerei americani di V generazione F-35. Non solo, immediatamente la lira turca intra in fibrillazione. Questo aspetto monetario e finanziario non è di irrilevante portata.La Turchia è un paese che all’epoca viveva un boom economico grazie all’irrorazione di capitali provenienti dall’estero. La fuga di questi capitali – non esattamente estranea alle questioni diplomatiche e militari sopra accennate – impose una manovra di aggiustamento strutturale con la finalità di migliorare il proprio saldo delle partite correnti. Dunque in definitiva fu imposta un’austerità tendente a rendere il paese meno dipendente dai capitali esteri (sulla via di fuga) e a bloccare la svalutazione della valuta locale. Ad un anno circa da questi eventi ci risiamo: la Turchia non desiste dal suo intendimento di acquistare il sistema d’arma russo e rilancia anzi con l’intenzione di acquistare aerei di V generazione o cinesi o russi. Di fatto instaurando una situazione di No Fly Zone per le aereonautiche formalmente alleate della Nato. L’arrivo dei sistemi d’arma in suolo turco è ormai previsto per la fine del prossimo mese. Siamo agli sgoccioli.Non ci vuole l’acume di Metternich per comprendere che di fronte ad una simile decisione di Erdogan c’è da aspettarsi una decisa rappresaglia della Nato e degli Stati Uniti in particolare. Ovviamente nelle dottrine strategiche contemporanee non si agisce più con una dichiarazione di guerra formale. Molto più semplice l’utilizzo di armi non convenzionali, così come prevede la dottrina della Full Spectrum Dominance di Washington. Ovviamente nell’arsenale non convenzionale americano hanno un ruolo preminente le armi finanziarie. Non credo sia esattamente un caso che proprio ieri l’agenzia di rating americana Moody’s abbia declassato a livello B1 (siamo in pieno territorio junk) il debito turco: peraltro si rileva anche il mantenimento dell’outlook negativo. Dunque a breve non possono essere esclusi ulteriori downgrading che porterebbero il debito turco addirittura alla categoria C e dunque ad altissimo rischio default.Non rimane che far notare che le banche europee (ed in particolari quelle spagnole) sono esposte complessivamente per oltre 100 miliardi di euro e dunque sono a rischio di perdite sanguinose che potrebbero innescare una crisi finanziaria in Europa. Certamente alla Casa Bianca questo non è visto con preoccupazione. In Europa invece si cerca disperatamente un capro espiatorio individuato nel solito Calimero italiano al quale si chiede una risibile manovra da pochi miliardi nella malcelata speranza che Roma non accetti e così poterla incolpare dell’eventuale crisi finanziaria che invece – se arriverà – proverrà dall’Anatolia. Ma questo le opinioni pubbliche europee non saranno in grado di vederlo, ipnotizzate dal canto delle sirene dei mass media che in mala fede daranno la colpa ai soliti italiani.(Giuseppe Masala, “Contagio turco e Calimero italiano”, da “Megachip” del 15 giugno 2019).Mentre l’Italia viene bullizzata dalla cosca della Commissione Europea (con zelo particolare dal simpatico ricercatore di bosoni baltici Valdis Dombrovskis) per un preteso minimale scostamento dell’insignificante rapporto debito/pil, un fantasma s’aggira per l’Europa. E’ il fantasma del debito turco. Facciamo un passo indietro. Un anno fa circa Erdogan decide di acquistare il sistema missilistico antiaereo russo S-400 al posto del Patriot americano. La scelta non è di poco conto, il sistema d’arma russo è ovviamente incompatibile con il dispositivo di difesa Nato nel quale sono integrate le forze armate turche. Di fatto dunque si tratta di una scelta che pone la Turchia (paese strategico e secondo esercito della Nato) fuori dalla Nato dal punto di vista militare se non da quello politico e diplomatico. Le reazioni occidentali e americane non tardano ad arrivare: viene bloccata la vendita degli aerei americani di V generazione F-35. Non solo, immediatamente la lira turca intra in fibrillazione. Questo aspetto monetario e finanziario non è di irrilevante portata.
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Il debito “spiegato” agli italiani come se fossero deficienti
A volte mi viene il dubbio di essere deficiente. Mi sintonizzo sulla televisione di stato, in un orario di massimo ascolto, e mi imbatto in Fabio Fazio che parla con Carlo Cottarelli. Essi mi spiegano che il problema degli italiani è il debito pubblico insostenibile accumulato in anni e anni di sprechi e, in subordine, la dannata piaga dell’evasione. Poi giro canale e mi tocca Barbara Palombelli la quale mi istruisce, grossomodo, su una singolare analogia: lo Stato è come un condominio e – se le tasse non coprono le spese e ci si indebita troppo per coprirle – è logico che tutto vada a rotoli. Poi accendo la radio e mi cucco Oscar Giannino e apprendo che l’idea di monetizzare il debito pubblico, come si faceva una volta quando avevamo la famosa banca nazionale prestatrice di ultima istanza, fa ridere i polli perché non abbiamo più una banca nazionale prestatrice di ultima istanza (il lucido e sofisticato argomento fa vacillare la mia modesta facoltà di comprensione); e poi siamo inseriti in un sistema di ‘governance’ globale dove le politiche di sistema, accompagnate agli stress test del comparto bancario e alla precaria patrimonializzazione delle banche, allo spreco intollerabile della mano pubblica, legittimano la sfiducia dei mercati nei nostri confronti.Allora, stremato ma non vinto, mi butto su internet e scopro – dalla viva voce di Brunetta – che il governo attuale ci getterà nella tempesta perfetta dello spread e del downgrading delle agenzie di rating. Alla fine, umiliato da cotante vette dell’ingegno universale, il dubbio canaglia si fa strada: forse, sono deficiente. Cioè, non ci arrivo proprio. Forse è davvero giusto e normale un sistema dove lo Stato – alla pari di un condominio qualunque tipo quelli del Palombelli pensiero, oppure alla pari di un buon padre di famiglia tipo quelli del Mulino Bianco di Fazio e Cottarelli, o alla pari di un debitore inaffidabile tipo quelli del Magnifico Mondo di Oscar – è ridotto al rango di una qualsiasi bottega rionale: sottoposto a una contabilità fantozziana, succube dei conti della serva, chiamato (se ci riesce!) a meritarsi un mutuo decoroso a tasso variabile. Altrimenti, fa default e porta i libri in tribunale.Perché il tema è proprio questo: non se lo Stato sia o meno una bottega: oggi lo è, a tutti gli effetti (su questo do ragione Fazio e compagnia bella). Il tema vero è se sia giusto averlo trasformato in una bottega. E se sia tollerabile e dignitoso accettarlo. E se sia naturale e lecito sopportarlo. Ma pare di sì. Allora, mi sono illuminato: se tutti intorno a me dicono cose deficienti come se fossero intelligenti, allora forse sono io a non essere intelligente, ma deficiente. Poi, però, ho trovato un articolo della Annunziata dove, più o meno, si dicono le stese cose di Fazio, Palombelli e Cottarelli. Si intitola ‘Confessioni di una deficiente’ e parla delle ‘caleidoscopiche balle’ messe in circolo dai 5 Stelle. E si chiude così: «Perché dopotutto io sono una deficiente, ma il popolo italiano ha sempre dato prova di non esserlo». Sospiro di sollievo, davanti a un reo confesso. Il deficiente non sono io.(Francesco Carraro, “Elogio del deficiente”, da “Scenari Economici” del 9 ottobre 2018).A volte mi viene il dubbio di essere deficiente. Mi sintonizzo sulla televisione di stato, in un orario di massimo ascolto, e mi imbatto in Fabio Fazio che parla con Carlo Cottarelli. Essi mi spiegano che il problema degli italiani è il debito pubblico insostenibile accumulato in anni e anni di sprechi e, in subordine, la dannata piaga dell’evasione. Poi giro canale e mi tocca Barbara Palombelli la quale mi istruisce, grossomodo, su una singolare analogia: lo Stato è come un condominio e – se le tasse non coprono le spese e ci si indebita troppo per coprirle – è logico che tutto vada a rotoli. Poi accendo la radio e mi cucco Oscar Giannino e apprendo che l’idea di monetizzare il debito pubblico, come si faceva una volta quando avevamo la famosa banca nazionale prestatrice di ultima istanza, fa ridere i polli perché non abbiamo più una banca nazionale prestatrice di ultima istanza (il lucido e sofisticato argomento fa vacillare la mia modesta facoltà di comprensione); e poi siamo inseriti in un sistema di ‘governance’ globale dove le politiche di sistema, accompagnate agli stress test del comparto bancario e alla precaria patrimonializzazione delle banche, allo spreco intollerabile della mano pubblica, legittimano la sfiducia dei mercati nei nostri confronti.