Archivio del Tag ‘ecologia’
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Austerity: tradimento 5 Stelle, camerieri della Colonia Italia
Se il cameriere, cioè il governo italiano, non si sbriga a tassare i cittadini, allora puntuale arriva la letterina del padrone, dell’Unione Monetaria Europea che tradotta significa più o meno “non ci interessano le vostre faide tra colonizzati; obbedite, poi vi sistemerete nel microscopico spazio di ipocrisia che resta”. Forse sono parole pesanti, ancorché vere, ma credo vi ricordino qualcosa, tipo l’impostazione che un certo MoVimento aveva quando si trattava di Uem, di stagnazione, di politiche degli zero virgola (briciolesimo) e di intrallazzi di palazzo. Certo, la critica che gli muovevo all’epoca era “meno toni strumentalizzabili dai media, più tecnica e decisione nei fatti”, mentre adesso mi indigno per come i giornalisti della carta stampata non denuncino un’evidenza: quel MoVimento è passato dal rifiuto della maggioranza dei cittadini italiani verso certi parametri Uem (inventati, peraltro), al rispetto religioso di essi e perfino all’aggressione di chi non professi altrettanto!!! Avete presente quando un truffatore, di quelli che si presentano ai cancelli delle persone anziane fingendosi dell’Enel, viene sgamato e se ne va ostentando proteste ma trasmettendo imbarazzo e cialtroneria (cioè quel mix tra l’essere disperati e mentecatti)?
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Lotta alla CO2? Acqua senza plastica, anziché tasse “green”
Uno dei segreti di un paese sano economicamente ed ecologicamente (eco deriva da “òikos” che in greco significa “casa”, concetto che richiama anche alla famiglia…) è riconvertire aziende praticamente parassitarie in realtà che producano beni e servizi davvero rispondenti ai bisogni delle persone comuni. Ma in Italia, come al solito, si apprende che stanno per piovere sulle nostre tasche nuove imposizioni fiscali spacciate per “green” che, ovviamente, non risolvono un bel niente e danneggiano le famiglie. Secondo voi un costo leggermente più alto sul diesel, soprattutto in assenza di servizi pubblici, ridurrà l’utilizzo delle auto o rappresenterà un ennesimo balzello per i comuni mortali? E collegandomi a ciò, la presunta democrazia diretta ci ha fornito il top delle menti in economia o per l’ennesima volta personaggi pilotati da chissà chi e in cerca d’autore? Qualcosa di simile alla questione diesel riguarda la molecola inorganica da noi più amata e indispensabile: l’acqua! Ciò che adesso può sembrare utopico, fino a 20 anni fa è stata la regola: bere acqua del rubinetto. L’acqua in bottiglia all’epoca non predominava negli spot televisivi fino alla manipolazione di massa e veniva riservata a ruoli marginali come festini e gite, insieme a bibite zuccherate e patatine.Immaginate, considerando la totalità dei cittadini italiani, quanto si svilupperebbe l’economia nazionale se si evitasse di far finire questo denaro nelle solite multinazionali che in parte non reinvestono (lo accumulano: tesaurizzazione). Non serve un genio dell’economia per capire che i posti di lavoro persi in questa filiera verrebbero più che compensati da assunzioni di altro tipo visto che circolerebbero più soldi, in primis localmente, e che quindi si incrementerebbe il benessere. Senza che ce ne rendessimo conto, quindi, chi sta dietro al business dell’acqua in bottiglia ne ha “costruito la domanda” a nostre spese, sia economiche che come rischio salute (vedi “Aduedi, bottiglie in plastica). Se non fosse stato così, pensate che a qualcuno sarebbe saltato in mente di comperare a peso d’oro l’H2O (!?), qualcosa di immediatamente disponibile in casa? Non stiamo quindi parlando di una tematica limitata agli ambientalisti.Pensate che sia un caso che in certe realtà locali, quando non in intere regioni, gli acquedotti non siano sicuri e perdano ingenti quantità di risorsa? Unite a questo la promozione sulle etichette di immagini accattivanti di cervi, paesaggi freschi e laghetti, in un contesto di continuo bombardamento televisivo, radiofonico e internettiano, e il gioco è fatto. Essendo dal 2012 che mi interesso a codesto tema, credo siano maturi i tempi per sollevare la questione e per essere “gretiano”, ma in modo intelligente; oltre a fare azioni con campagne che interessano il fenomeno a valle (spesso strumentalizzate vergognosamente dai partiti politici), dovremmo permettere ai cittadini di tornare al rubinetto con acquedotti sicuri su tutto il territorio nazionale, ristrutturandoli e/o rifacendoli di sana pianta e assumendo ricercatori, microbiologi e tecnici in questo comparto.Tutte queste azioni concrete ridurrebbero drasticamente le emissioni (in Italia comunque storicamente minori, pro capite, come si può vedere dal primo grafico), il consumo di fonti fossili per produrre plastica, le bottiglie in mare e perfino nei parchi marini con effetti devastanti sulla fauna e sulla catena alimentare (microplastiche) e le idee balzane di altri prelievi fiscali sulle persone comuni che sono le meno responsabili secondo tutti i dati come da secondo grafico. Si pensi che, se riempiamo una brocca da mezzo litro con acqua del rubinetto, essa ha un costo per noi di circa duemila volte minore rispetto a quella del negozio; e il sapore, dai test effettuati, risulta generalmente migliore. Ciò che è ignorato dai più, inoltre, è che l’acqua – prima di giungere sulle nostre tavole dal negozio – viene depositata spesso e volentieri in luoghi dove si scalda, e il suo contenitore di plastica in questo modo rilascia antimonio, benzofenone, acetaldeide e formaldeide quantità tutte da valutare (vedi “Bevi meno plastica, approfondimenti”).Benissimo (!) direte, non ne ho mai sentito parlare; cosa saranno mai queste sostanze!? Sono sostanze cancerogene, che cioè provocano il cancro, e mutagene, che cioè modificano il nostro Dna mettendoci nelle condizioni di partorire un figlio non sano (o renderci sterili). E la brutta notizia è che i controlli per valutare i livelli presenti in ciò che beviamo sono rarissimi e incerti: si pensi che un’acqua a 30 gradi vede quasi decuplicato il proprio contenuto di queste sostanze; effetti paragonabili avvengono anche quando l’acqua sta nei contenitori per 3 mesi o più. Non so che effetto vi farà questo articolo; ma sono certo che, se condiviso e conosciuto, finirebbe sul tavolo dei governi. La buona notizia è che possiamo farci sentire.(Marco Giannini, “Lotta alla CO2? Non tasse ma acquedotti sicuri in tutta Italia!”, Libreidee, 17 ottobre 2019).Uno dei segreti di un paese sano economicamente ed ecologicamente (eco deriva da “òikos” che in greco significa “casa”, concetto che richiama anche alla famiglia…) è riconvertire aziende praticamente parassitarie in realtà che producano beni e servizi davvero rispondenti ai bisogni delle persone comuni. Ma in Italia, come al solito, si apprende che stanno per piovere sulle nostre tasche nuove imposizioni fiscali spacciate per “green” che, ovviamente, non risolvono un bel niente e danneggiano le famiglie. Secondo voi un costo leggermente più alto sul diesel, soprattutto in assenza di servizi pubblici, ridurrà l’utilizzo delle auto o rappresenterà un ennesimo balzello per i comuni mortali? E collegandomi a ciò, la presunta democrazia diretta ci ha fornito il top delle menti in economia o per l’ennesima volta personaggi pilotati da chissà chi e in cerca d’autore? Qualcosa di simile alla questione diesel riguarda la molecola inorganica da noi più amata e indispensabile: l’acqua! Ciò che adesso può sembrare utopico, fino a 20 anni fa è stata la regola: bere acqua del rubinetto. L’acqua in bottiglia all’epoca non predominava negli spot televisivi fino alla manipolazione di massa e veniva riservata a ruoli marginali come festini e gite, insieme a bibite zuccherate e patatine.
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Meglio il Premio Ikea: il Nobel ha ignorato i grandi del ‘900
«Basta col Nobel, fate il Premio Ikea». Provocazione d’autore firmata Marcello Veneziani, che su “La Verità” se la ride: avevate dubbi che avrebbero premiato una donna, magari fan di Greta, col Nobel per la Letteratura? Così è stato, con Olga Tokarczuk, polacca, verde, “di sinistra”, che scrive “per superare i confini”, premiata in tandem con Peter Handke. «Si va per gender e non per valore, per messaggio ideologico e non per qualità». L’anno scorso il premio non fu assegnato per via di Jean-Claude Arnault, marito di una giurata, accusato di molestie da 18 donne. «Si può bloccare un evento letterario planetario per un episodio di molestie sessuali, sottomettere il genio alla mannaia del Me Too?», si domanda Veneziani. «Non l’hanno fatto neanche a Hollywood dove sono più fricchettoni correct, dopo la vicenda Weinstein, ben più devastante perché toccava pure gli Oscar mentre qui non ci sono premiati abusanti o abusati sessualmente». Nella fattispecie, «è un mistero il nesso tra la Grande Letteratura e la piccola libidine di un fotografo, marito di una componente della giuria». In passato, continua lo scrittore, la mancata assegnazione del Nobel fu per ragioni come una guerra mondiale. Ma la vergogna del Nobel è un’altra: non sono mai stati premiati alcuni tra i maggiori nomi della letteratura planetaria.«Il premio più prestigioso del mondo – scrive Veneziani – ha dimenticato o rimosso quasi tutto il Grande Novecento letterario». Nomi come Marcel Proust, Franz Kafka, James Joyce, Oscar Wilde: letti e studiati nelle scuole come maestri, ma ignorati dal Nobel, «La stessa sorte, la stessa omertà, ha colpito giganti come Eugéne Ionesco e Aldous Huxley, Paul Valéry e G.K. Chesterton, George Orwell ed Ezra Pound, Ernst Junger e Louis-Ferdinande Céline». Niente Nobel, nemmeno per loro. «Per non dire di Leon Bloy ed Henri de Monterlhant, Fernando Pessoa e Yukio Mishima, Emil Cioran e Gottried Benn, George Bernanos e Stefan Zweig, Karl Kraus e Hugo von Hofmannsthal, e Lev Tolstoj fino a J.R.Tolkien». E l’elenco potrebbe continuare. Non è stata risparmiata nemmeno la letteratura italiana, «dove il Nobel ha dimenticato i due poeti italiani più amati e imitati al mondo, Gabriele D’Annunzio e F.T. Marinetti». Prima di loro il Nobel ha trascurato Giovanni Pascoli e poi Giuseppe Ungaretti. Assenti a Stoccolma anche Curzio Malaparte e Cesare Pavese, Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, Giovannino Guareschi e Dino Buzzati. «Sorprendono invece i premiati: da Grazia Deledda a Dario Fo, poi un po’ meglio con Salvatore Quasimodo e soprattutto con Eugenio Montale». Certo, «per fortuna o per errore ci sono pure i nostri Giosuè Carducci e Luigi Pirandello». Ma i quattro quinti della nostra grande letteratura sono stati ignorati dagli svedesi.«Curiosi pure i filosofi premiati col Nobel: un trittico, Bertrand Russell, Henri Bergson e Jean-Paul Sartre (che rigettò il premio)». Ignorati invece Benedetto Croce, José Ortega y Gasset, Miguel de Unamuno, George Bataille, Roger Callois, Gabriel Marcel. «Insomma – conclude Veneziani – il Nobel è una strage di letteratura, un premio ignorante». In molti casi (di assegnazione o di non assegnazione) «ha contato il politically correct, se consideriamo che quasi nessun grande autore scomodo è stato premiato». In compenso «si sono dati premi di genere o etnici», del tipo: quest’anno si premia una femminista, o l’autore di un paese povero. La Svezia, ricorda Veneziani, è la patria del politically correct, più degli Stati Uniti. «I verdetti, emessi da diciotto svedesi, decretano da più di un secolo i falsi destini della letteratura e proclamano i presunti Grandi, salvo poi essere smentiti dai lettori, dal tempo che è galantuomo e dai critici». Un consiglio all’intelligenza svedese: «Visto che capite poco di capolavori ed eccellenze letterarie, lasciate stare la letteratura, dedicatevi all’Ikea dove siete leader. Applicatevi ai mobili in serie, a basso costo, alle viti, ai bulloni, ai montaggi faidate. Al posto del Nobel funzionerebbe meglio il Premio Ikea, con versi smontabili e testi ricomponibili direttamente a casa vostra».«Basta col Nobel, fate il Premio Ikea». Provocazione d’autore firmata Marcello Veneziani, che su “La Verità” se la ride: avevate dubbi che avrebbero premiato una donna, magari fan di Greta, col Nobel per la Letteratura? Così è stato, con Olga Tokarczuk, polacca, verde, “di sinistra”, che scrive “per superare i confini”, premiata in tandem con Peter Handke. «Si va per gender e non per valore, per messaggio ideologico e non per qualità». L’anno scorso il premio non fu assegnato per via di Jean-Claude Arnault, marito di una giurata, accusato di molestie da 18 donne. «Si può bloccare un evento letterario planetario per un episodio di molestie sessuali, sottomettere il genio alla mannaia del Me Too?», si domanda Veneziani. «Non l’hanno fatto neanche a Hollywood dove sono più fricchettoni correct, dopo la vicenda Weinstein, ben più devastante perché toccava pure gli Oscar mentre qui non ci sono premiati abusanti o abusati sessualmente». Nella fattispecie, «è un mistero il nesso tra la Grande Letteratura e la piccola libidine di un fotografo, marito di una componente della giuria». In passato, continua lo scrittore, la mancata assegnazione del Nobel fu per ragioni come una guerra mondiale. Ma la vergogna del Nobel è un’altra: non sono mai stati premiati alcuni tra i maggiori nomi della letteratura planetaria.
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Magaldi: come fermare Erdogan, quel maiale terrorista
Sarà la storia, fra non molto, a sbarazzarsi per sempre di «quel maiale di Erdogan». Si esprime senza mezzi termini, Gioele Magaldi, nel condannare il presidente turco. Ottenuto il via libera da Washington, ora Ankara minaccia di invadere il nord della Siria, abitato dai curdi. Massone progressista, già iniziato alla superloggia “Thomas Paine”, il presidente del Movimento Roosevelt (autore del saggio “Massoni”, Chiarelettere, che denuncia le malefatte delle Ur-Lodges reazionarie) definisce il “sultano” del Bosforo «terrorista e massone contro-iniziato». Spiega: «E’ uno degli uomini-simbolo della “Harhor Pentalpha”, la superloggia creata dai Bush per accelerare a mano armata la globalizzazione neoliberista anche con il ricorso al terrorismo, dall’11 Settembre all’Isis, di cui Erdogan è stato e resta un grande protettore». Ora le forze turche minacciano di dilagare nel Rojava, l’autoproclamata regione autonoma curda, dopo che Trump ha ritirato di colpo la protezione militare degli Usa. Altro gesto a doppio fondo, secondo Magaldi: una specie di avvertimento indirizzato ai massoni progressisti che avevano appoggiato The Donald contro la Clinton, ma che alle prossime presidenziali potrebbero puntare su altri candidati. Come dire: o mi sostenete, o io lascio che il macellaio Erdogan faccia a pezzi i vostri amici curdi.
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Inversione dei poli: il Sole potrebbe “bombardare” la Terra
La Terra potrebbe riscaldarsi in modo imprevedibile, colpita dall’azione diretta del sole a causa del clamoroso sommovimento magnetico che sarebbe in corso. L’inversione dei poli magnetici sta infatti avvendo più velocemente del previsto. Nel frattempo, si è stabilito che le particelle magnetiche rilavate all’interno di rocce sedimentarie in Siberia indicano che 500 milioni di anni fa il Nord e il Sud magnetici si sono invertiti circa 80 volte nell’arco di pochi milioni di anni. La scoperta, pubblicata sulla rivista “Earth and Planetary Science Letters”, si deve alla ricerca coordinata da Yves Gallet, dell’università di Parigi e del Cnrs, il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica. Analizzando i sedimenti raccolti nel fiume Khorbusuonka, nella Siberia nord-orientale – spiega l’agenzia Ansa – i ricercatori hanno trovato le prove dell’inversione dei poli magnetici nell’orientamento delle particelle di due minerali, la magnetite e l’ematite, il cui allineamento ai poli magnetici terrestri è rimasto “intrappolato” nelle rocce in modo permanente. I geologi hanno identificato 78 inversioni di polarità avvenute nell’arco di 3 milioni di anni. «Dal punto di vista magnetico, la Terra ha alternato fasi particolarmente stabili, come accaduto nel periodo compreso tra 118 e 83 milioni di anni fa, a fasi dinamiche, con frequenti inversioni del campo magnetico terrestre», dichiara all’Ansa Aldo Winkler, del laboratorio di paleomagnetismo dell’Ingv, l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.«Negli ultimi 20 milioni di anni – aggiunge Winkler – le inversioni del campo magnetico terrestre sono avvenute al ritmo di qualche centinaio di migliaia di anni, l’ultima circa 780.000 anni fa». Le inversioni, spiega lo scienziato, «avvengono durante periodi di bassa intensità del campo e dipendono dalle complicate dinamiche nel confine tra nucleo esterno e mantello». Non è affatto chiaro se questi eventi siano collegati o meno ad alcune estinzioni di massa, ma secondo l’esperto «non sono state trovate significative correlazioni, anche considerando che il genere umano è sopravvissuto a molte di queste inversioni». Il fenomeno oggi creerebbe problemi «soprattutto a satelliti e reti elettriche, che potrebbero essere bombardati da particelle solari e raggi cosmici perché il campo magnetico indebolito ha più difficoltà a fare da scudo». Per la vita sulla Terra e per la nostra stessa sopravvivenza, afferma il “Sole 24 Ore”, l’esistenza di un campo magnetico è essenziale, «perché devia particelle pericolosissime che arrivano dal sole, il vento solare, ma anche dagli spazi profondi, tutta materia che ammazzerebbe qualsiasi forma di vita».Il Polo Nord magnetico del nostro pianeta si sta muovendo molto velocemente, più di quanto abbia fatto nell’ultimo secolo, riassume il newsmagazine “NoGeoingegneria”: «Attualmente infatti sta andando dal Canada verso la Siberia alla velocità di oltre 50 chilometri all’anno, 55 per la precisione». Perché sta cambiando così velocemente? «Difficile fare previsioni su cosa accadrà al Polo Nord magnetico, o capire se manterrà la velocità attuale nella sua migrazione verso la Siberia», sottolinea Robyn Fiori, ricercatore del Natural Resources Canada. «L’unica cosa che sembra essere certa è la sua imprevedibilità». Phil Livermore, geofisico dell’università di Leeds, sostiene che «qualcosa di anomalo» sta succedendo a latitudini elevate. All’American Geophysical Union lo scienziato avanzò una sua teoria descrivendo le recenti “stranezze” riscontrate come un “braccio di ferro” del campo magnetico terrestre. Il Polo Nord magnetico sembrerebbe essere controllato da altre due sezioni di campo magnetico, una posta sotto il Canada settentrionale e l’altra al di sotto della Siberia, in Russia. La parte del Canada è sempre stata la più forte dal punto di vista magnetico, ma oggi le cose starebbero cambiando velocemente. A cosa è dovuto tutto questo?Una delle teorie è che un getto di ferro fuso presente al centro della Terra si stia spostando, indebolendo poco alla volta il campo magnetico presente al di sotto del Canada, scrive ancora “NoGeoingegneria”. Un’altra teoria vede in atto l’inversione dei poli. Le rocce ci raccontano che cose del genere sono avvenute molte volte durante la storia geologica terrestre. «L’inversione ha luogo una volta ogni 200-300mila anni circa». Il geofisico Ciaran Beggan sottolinea che la caduta provvisoria dello scudo terrestre ci esporrebbe totalmente al flusso di particelle cariche di vento solare, dannose per l’uomo e altri animali. E mentre Greta Thunberg e i suoi seguaci insistono nel sostenere che le variazioni climatiche sarebbero di esclusiva origine antropica, il mondo scientifico è preoccupato per una anomalia geologica considerata la vera responsabile della cosiddetta inversione dei poli. «Un team di ricercatori guidato da specialisti dell’università di Rochester – si legge ancora su “NoGeoingegneria” – ha infatti scoperto che, a circa 2.900 chilometri di profondità, sotto l’Africa meridionale, il campo magnetico terrestre sta subendo un importante indebolimento».Il fenomeno, geologicamente parlando, è stato improvviso. «Stando ai dati raccolti dai ricercatori, e pubblicati sulle pagine della rivista scientifica “Geophysical Review Letters”, i primi segnali di questa specifica anomalia risalirebbero a circa 160 anni fa». Una vasta area, caratterizzata da una roccia particolarmente densa conosciuta col nome tecnico di “African Large Low Shear Velocity Province”, starebbe influenzando il ferro fuso che genera il campo magnetico terrestre, provocando un indebolimento significativo della magnetosfera, nota anche come “Anomalia del Sud Atlantico”. «La vasta area rocciosa – evidenziano gli scienziati di Rochester – si troverebbe al confine tra il nucleo esterno (liquido) della Terra e il mantello soprastante, più freddo e rigido». Nonostante la Terra abbia già superato diverse volte l’inversione dei poli magnetici, «gli scienziati sono estremamente preoccupati, perché gli effetti sulla vita potrebbero esser potenzialmente catastrofici». Il campo magnetico terrestre, ibadiscono, è infatti importantissimo: «Un suo eccessivo indebolimento potrebbe esporre le forme di vita presenti sul pianeta alle particelle provenienti dal vento solare e ai letali raggi cosmici».La Terra potrebbe riscaldarsi in modo imprevedibile, colpita dall’azione diretta del sole a causa del clamoroso sommovimento magnetico che sarebbe in corso. L’inversione dei poli magnetici sta infatti avvenendo più velocemente del previsto. Nel frattempo, si è stabilito che le particelle magnetiche rilavate all’interno di rocce sedimentarie in Siberia indicano che 500 milioni di anni fa il Nord e il Sud magnetici si sono invertiti circa 80 volte nell’arco di pochi milioni di anni. La scoperta, pubblicata sulla rivista “Earth and Planetary Science Letters”, si deve alla ricerca coordinata da Yves Gallet, dell’università di Parigi e del Cnrs, il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica. Analizzando i sedimenti raccolti nel fiume Khorbusuonka, nella Siberia nord-orientale – spiega l’agenzia Ansa – i ricercatori hanno trovato le prove dell’inversione dei poli magnetici nell’orientamento delle particelle di due minerali, la magnetite e l’ematite, il cui allineamento ai poli magnetici terrestri è rimasto “intrappolato” nelle rocce in modo permanente. I geologi hanno identificato 78 inversioni di polarità avvenute nell’arco di 3 milioni di anni. «Dal punto di vista magnetico, la Terra ha alternato fasi particolarmente stabili, come accaduto nel periodo compreso tra 118 e 83 milioni di anni fa, a fasi dinamiche, con frequenti inversioni del campo magnetico terrestre», dichiara all’Ansa Aldo Winkler, del laboratorio di paleomagnetismo dell’Ingv, l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
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Sapelli: patto segreto Vaticano-Cina, e Conte si è allineato
Via della Seta? Attenti alla Cina: l’asse Roma-Pechino indebolisce l’Italia, facendo perdere al Belpaese la protezione di Washington di fronte all’Ue a trazione franco-tedesca. Quello che pochi conoscono è il ruolo del Vaticano nella svolta filo-cinese del governo italiano. Lo afferma il professor Giulio Sapelli, economista e storico, acuto analista degli scenari geopolitici. Il 22 settembre 2018, scrive Sapelli sul “Sussidiario”, è stato firmato un accordo tra Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese, «ancor oggi secretato e sconosciuto all’opinione pubblica». Altrettanto in ombra è la storia, travagliata, dei rapporti diplomatici tra l’Oltretevere e Pechino, interrottisi nel 1951 e riapertisi di fatto solo nel 2014, «giungendo a influenzare più profondamente di quanto non si pensi la stessa vicenda italico-governativa». L’accordo stipulato un anno fa, spiega Sapelli, si fonda sulla libertà del governo cinese di proporre i vescovi cattolici. In cambio, la Santa Sede potrà scegliere quelli che ritiene più idonei al ruolo pastorale. «L’autorità immensa di cui ancor oggi la Santa Sede e il Romano Pontefice godono nel mondo – osserva Sapelli – sono in tal modo sottoposti al rischio di porsi di fatto al servizio delle ambizioni egemoniche e quindi anche culturali cinesi». Oggi, peraltro, «la gerarchia pastorale di Hong Kong ha levato la sua voce contro l’accordo».Le implicazioni con il Conte-bis? Il cuore dell’intesa che ha dato vita all’attuale accordo “pastorale”, scrive Sapelli, non risiede solo nella Segreteria di Stato vaticana, ma anche nella struttura diretta per decenni dal cardinale Achille Silvestrini, prefetto delle Chiese Orientali e grande protettore di Giuseppe Conte. L’attuale premier «è stato una figura importante nell’azione di Villa Nazareth», annota Sapelli. E la sua presenza a Palazzo Chigi, prima alleato con la Lega e ora col Pd, «illumina di una luce molto interessante il profilo culturale sia del governo, sia della nuova politica “pastorale” vaticana». Alcuni hanno parlato di “nuovo cesaropapismo”. In realtà, sintetizza Sapelli, «il governo ha intrapreso una strada parallela in merito ai rapporti economici e geostrategici con la Cina». Questo è appunto l’oggetto del contendere con gli Usa, come ben dimostra la visita riservata del Segretario di Stato americano Mike Pompeo in Vaticano, «che ha avuto come oggetto proprio la questione cinese». Secondo Sapelli, anche in merito alla collocazione internazionale dell’Italia, «gli Usa non possono non essere preoccupati dello straordinario azzardo geostrategico compiuto prima dal governo Conte-1 e poi dalla sua replica», che ha lasciato invariati «i termini di un accordo che segna un pericoloso cambiamento della politica estera italiana».La stessa polemica in corso sui dazi, continua Sapelli, non è stata affrontata in modo serio e veritiero: è stato infatti sottaciuto che il conflitto sul commercio non è tra Italia e Usa, ma tra Stati Uniti e Ue. Una guerra iniziata nel 2004 con il ricorso degli Usa alla Wto per gli aiuti di Stato europei al progetto Airbus, che avrebbe danneggiando la Boeing e l’industria nordamericana (avionica e difesa, telecomunicazioni, elettronica). «Senza dimenticare il ruolo cruciale del “dieselgate” e delle pulsioni anti-industrialiste insite nel progetto della cosiddetta auto elettrica». Non a caso, aggiunge Sapelli, «il peso degli interessi francesi e del Regno Unito in Italia sta crescendo con una velocità imprevista, che non potrà non riflettersi sull’azione del governo». Dal Conte-bis, nessuno spiraglio per una ripresa economica: «L’Iva è certo un tema importante, ma se non è collegato a una politica di investimenti e di creazione di nuove imprese e di sostegno delle esistenti non può provocare né l’innovazione competitiva, né l’aumento del mercato interno», letteralmente indispensabile «per riavviare la crescita e sconfiggere la povertà in Italia». Rimediare con le privatizzazioni? Sarebbe un tragico suicidio. Sapelli cita Luigi Campiglio, economista in forza alla Pirelli: «Privatizzare le migliori imprese italiane, come raccomanda il Fondo Monetario Internazionale, non produrrebbe affatto conseguenze positive per la nostra economia».Il nostro principale problema, infatti, resta l’incremento della domanda interna: se crolla, vincono i prodotti d’importazione. Privatizzando, aggiunge Campiglio, «si darà qualche soldo allo Stato, ma le aziende che producono per la domanda interna diventano straniere», e quindi «l’Italia ne beneficerà soltanto in minima parte». Per Sapelli, la questione è molto chiara: «Senza tutte le politiche economiche ancora importanti per la creazione di occupazione sostenendo le imprese esistenti, in primo luogo le piccole, le artigiane e le medie, non si potrà uscire da questa depressione, che si profila molto pesante». Facili previsioni: «La deflazione secolare rischia di tramutarsi da stagnazione in recessione». Opporsi è possibile, secondo il professore, «solo facendo comprendere che la resilienza italiana è la sola via che oggi deve intraprendere tutta l’Europa, Germania e Francia in primis». Ovvero: se si pone al centro l’ampliamento del mercato interno, l’occupazione, la lotta alla povertà e alla disgregazione sociale, «l’interesse nazionale è l’interesse di tutta l’Europa, al di là delle differenze di produttività del lavoro, di innovazione e di collocazione nelle catene del valore».Al Conte-bis si richiede dunque «un cambiamento di rotta profondo, a cominciare dalla politica estera, riaffermando l’alleanza con gli Usa e respingendo l’idea che sia possibile una crescita europea riproponendo continuamente la divisione geostrategica e geoeconomica iniziata nel 2003 anche per difetto della politica unipolarista degli Usa, che condusse alla divisione tra Francia e Germania da un lato, e Stati Uniti dall’altro». Il guaio è che, per Sapelli, le prospettive del governo, soprattutto in politica estera, «non sono solo insufficienti, ma preoccupanti». Roma dovrebbe «sciogliere i legami dipendenti con la Cina, riaffermare l’interesse prevalente del Mediterraneo per difendere le nostre industrie energetiche e infine uscire dalla confusione sulla cosiddetta economia verde, che mortifica gli interessi industriali italiani (mentre l’industria italiana è la più sostenibile al mondo, non solo nel tessuto energetico e chimico)». Dalla politica estera si giunge alla politica industriale, «che non è solo nazionale, ma sempre continentale e mondiale per l’inserzione italiana nelle filiere industriali e dei servizi alle imprese nel mondo». Quello che molti italiani non sanno, però, è che a Palazzo Chigi siede un premier attentissimo alle indicazioni del Vaticano, che oggi ha stretto un patto strategico con la Cina, vero antagonista storico del nostro tradizionale riferimento, cioè gli Usa.Via della Seta? Attenti alla Cina: l’asse Roma-Pechino indebolisce l’Italia, facendo perdere al Belpaese la protezione di Washington di fronte all’Ue a trazione franco-tedesca. Quello che pochi conoscono è il ruolo del Vaticano nella svolta filo-cinese del governo italiano. Lo afferma il professor Giulio Sapelli, economista e storico, acuto analista degli scenari geopolitici. Il 22 settembre 2018, scrive Sapelli sul “Sussidiario”, è stato firmato un accordo tra Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese, «ancor oggi secretato e sconosciuto all’opinione pubblica». Altrettanto in ombra è la storia, travagliata, dei rapporti diplomatici tra l’Oltretevere e Pechino, interrottisi nel 1951 e riapertisi di fatto solo nel 2014, «giungendo a influenzare più profondamente di quanto non si pensi la stessa vicenda italico-governativa». L’accordo stipulato un anno fa, spiega Sapelli, si fonda sulla libertà del governo cinese di proporre i vescovi cattolici. In cambio, la Santa Sede potrà scegliere quelli che ritiene più idonei al ruolo pastorale. «L’autorità immensa di cui ancor oggi la Santa Sede e il Romano Pontefice godono nel mondo – osserva Sapelli – sono in tal modo sottoposti al rischio di porsi di fatto al servizio delle ambizioni egemoniche e quindi anche culturali cinesi». Oggi, peraltro, «la gerarchia pastorale di Hong Kong ha levato la sua voce contro l’accordo».
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Previsioni eco-apocalittiche, 50 anni di bufale tutte smentite
Moriremo di freddo, anzi di caldo. Peggio: moriremo di sete, anzi no: sommersi dall’acqua. Come diceva Gramsci, «la storia insegna, ma non ha scolari». Infatti, ricorda “Voci dall’Estero”, è da almeno mezzo secolo che scienziati e politici «prevedono a comando catastrofi climatiche naturali a causa delle attività umane», ma queste «si rivelano sempre gravemente esagerate, quando non totalmente infondate». Nonostante ciò, i media attuali continuano a propagandare previsioni catastrofiche per portare avanti iniziative come il Green New Deal americano, «senza farsi scrupoli nell’utilizzare allo scopo bambini affetti da sindrome di Asperger». Secondo “Voci dall’Estero”, che cita una spettacolare ricognizione eseguita per il “Washington Examiner” da Myron Ebell e Steven Milloy, «non c’è motivo di credere che le ultime previsioni siano minimamente più credibili delle precedenti». I due ricercatori ringraziano Tony Heller, che ha contribuito alla ricerca storica delle “fake news” circuitate per decenni dai media, pubblicandole su “Real Climate Science”. «I moderni predicatori di sventura – premettono i due analisti – prevedono un disastro climatico e ambientale fin dagli anni ’60», e come sappiamo «continuano a farlo anche oggi». Problema: «Nessuna delle apocalissi previste con tanto di data di scadenza si è finora rivelata vera».Quella che propongono i due ricercatori è una impressionante collezione delle previsioni, decisamente estreme, esternate da personaggi accreditati in ambito scientifico e governativo. «Più che limitarsi a mettere in evidenza le previsioni fallite – spiegano Ebell e Milloy – questa collezione mostra che i creatori di previsioni apocalittiche sono spesso persone che ricoprono posizioni rispettate, nel governo e nella scienza». Anche se questi pronostici «sono stati e continuano a essere entusiasticamente riportati dai media, affamati di titoli ad effetto», il loro sistematico fallimento poi non viene affatto pubblicato. Nel 1967, il “Salt Lake Tribune” annuncia “una grave carestia entro il 1975”. «È ormai troppo tardi – scrive – perché il modo possa evitare un lungo periodo di carestia». La fonte citata è un biologo dell’Università di Stanford, Paul Ebrlichm, secondo cui «la stagione delle carestie è alle porte e sarà al suo culmine e al massimo della distruzione entro il 1975». Apocaliasse in vista: «La popolazione degli Stati Uniti è già eccessiva, e il controllo delle nascite potrebbe essere ottenuto introducendo sostanze sterilizzanti negli alimenti di base e nell’acqua potabile». Due anni dopo ci si mette il “New York Times”, che il 10 agosto 1969 titola: “Spariremo tutti in una nuvola di vapore blu entro il 1989”.Secondo il biologo Paul Ehrlich, «mentre aspettiamo di avere abbastanza prove per convincere la gente, moriremo». Testualmente: «Spariremo tutti in una nuvola di vapore blu entro 20 anni». Dall’inquinamento all’emergenza climatica, ma di segno opposto rispetto a quella denunciata dai “gretini”. Il 16 aprile 1970, il “Boston Globe” annuncia “un’era glaciale entro il 2000”. «Gli scienziati – si legge – prevedono una nuova era glaciale entro il ventunesimo secolo». Spiegazione: «L’inquinamento dell’aria può oscurare il sole e provocare una nuova era glaciale nei primi 30 anni del prossimo secolo». Orrore: «La richiesta di acqua di raffreddamento prosciugherà l’intero flusso dei fiumi e dei torrenti degli Stati Uniti». Sempre nel ‘70, il “Redlands Daily Facts” avverte: «L’America sarà sottoposta a razionamento dell’acqua entro il 1974 e a razionamento del cibo entro il 1980». Uno scenario spaventoso, venduto come certezza: «Gli oceani saranno morti come il Lago Erie in meno di dieci anni». Mel 1971, a parlare di “nuova era glaciale in arrivo” è il “Washington Post”, che il 9 luglio cita un esperto aerospaziale e la Columbia University: «Nei prossimi 50 anni le polveri sottili che gli uomini emettono costantemente nell’atmosfera a causa dei combustibili fossili potrebbero oscurare una parte così importante della luce del sole che le temperature medie potrebbero calare di sei gradi».Se il trend continuasse per diversi anni, da cinque a dieci, «tale abbassamento della temperatura potrebbe essere sufficiente a innescare un’era glaciale», assicura il quotidiano di Washington. Nel 1972, il Noaa sposta al 2020 l’inizio della “nuova era glaciale”, sempre di origine antropica: lo affermano scienziati che hanno rivolto un appello al presidente degli Stati Uniti. Passano due anni, e a rilanciare il pronostico del gelo polare è l’inglese “Guardian”, secondo cui «i satelliti spaziali mostrano che una nuova era glaciale si sta avvicinando velocemente». Anche la rivista “Time” si beve l’inferno di ghiaccio e lo serve ai lettori il 24 giugno 1974: «I segni sono ovunque – dall’inaspettata persistenza e spessore dei ghiacci nelle acque intorno all’Islanda alla migrazione verso sud di creature che amano il caldo come gli armadilli nel Midwest». Sempre nel ‘74 nasce una nuova paura mediatica, quella del buco dell’ozono: «Il consumo dell’ozono è un grave pericolo per la vita». Dal ‘74, ricordano Ebell e Milloy, il cosiddetto “buco dell’ozono” è enormemente aumentato, per poi stabilizzarsi verso gli anni 2000, «ma senza alcuna conseguenza catastrofica».Meglio insistere con la storiella del raffreddamento glaciale. Lo fa la “New York Times Book Review” nel 1976: Stephen Schneider, giovane climatologo del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica di Boulder, Colorado, spiega alla Casa Bianca perché le temperature caleranno in modo allarmante. A partire dal 1980 si apre un altro capitolo: le piogge acide. «La pioggia acida uccide la vita dei laghi», è la tesi ricorrente. Dieci anni dopo, il governo Usa smentisce: «Le piogge acide non rappresentano una crisi ambientale» (“Associated Press”). Ancora nel 1978, però, si insiste con l’imminenza dell’era glaciale: «Non si vede la fine del trend trentennale di raffreddamento dell’emisfero nord», scrive il “New York Times”, citando «un team internazionale di specialisti». Secondo i dati dei satelliti Nasa, invece – annotano Ebell e Milloy – a partire dal 1979 si osserva il contrario, cioè un piccolo trend di riscaldamento. Verso la fine degli anni ‘80, altro spettro: la carenza idrica. Nel 1988, sul “Miami News”, James Hansen prevede un aumento delle siccità regionali negli anni ‘90, nel Midwest. E invece, smentisce “Real Climate Science”, l’ultimo anno veramente secco del Midwest è stato il 1988, mentre gli anni recenti sono stati tra i più umidi registrati.Lo stesso Hansen, in forza alla Nasa, sul “Lansing State Journal” avverte i cittadini di Washington: «Preparatevi a estati lunghe e bollenti». I ricercatori smentiscono: «Il numero dei giorni “bollenti” nell’area di Washington ha raggiunto un picco nel 1911, e da allora sono in calo». Poi ci sono previsioni particolarmente spettacolari, del tipo: «Le Maldive saranno completamente sommerse entro 30 anni». Lo afferma nel 1988 l’agenzia “France Presse”: «Il livello dei mari minaccia di sommergere completamente questa nazione dell’Oceano». Attenzione: «La fine delle Maldive e dei loro 200.000 abitanti potrebbe avvenire anche prima, se la disponibilità di acqua potabile si dovesse prosciugare entro il 1992, come previsto». Per fortuna, l’oceano non ha sommerso le Maldive (dove l’acqua potabile non si è affatto prosciugata). Spara date precise anche la “Associated Press” nel 1989: «L’innalzamento dei mari ‘sommergerà’ le nazioni entro il 2000». Dalle isole alle vie di comunicazione: secondo l’allarme lanciato da “Salon” nel 1989, «l’autostrada Ovest di New York sarà sommersa dall’acqua entro il 2019». Fonte: sempre lui, Jim Hansen, il “profeta” che appena l’anno prima aveva vaticinato l’arrivo della siccità.Qualcuno, nel frattempo, comincia a coltivare dubbi. Il Competitive Enterprise Institute si accorge del fallimento dei modelli climatici adottati dal 1995 ad oggi: negli ultini 40 anni, la Terra si è surriscaldata di appena 0,3 gradi centigradi. Ma l’allarmismo è duro a morire. Il 20 marzo 2000, “The Independent” scrive: «Le nevicate sono ormai solo un ricordo del passato. I bambini semplicemente non sapranno che cosa sia la neve». Due anni dopo, nel 2002, il “Guardian” annuncia: «Avremo una carestia entro 10 anni». Nel 2004, lo stesso “Guardian” azzarda la seguente previsione: «L’Inghilterra avrà il clima della Siberia entro il 2020». Dal quotidiano, terribili certezze: «I cambiamenti climatici ci distruggeranno. L’inghilterra sprofonderà in un clima “siberiano” in meno di 20 anni. Conflitti nucleari, mega-siccità, carestie e rivolte diffuse emergeranno in tutto il mondo». Se per il quotiano inglese il problema è il freddo, per la “Associated Press” l’emergenza è il caldo: nel 2008, l’agenzia “spiega” che «l’Artico sarà privo di ghiaccio entro il 2018». Ci si mette anche Al Gore, peggiorando ulteriormente la previsione: «L’Artico non avrà più ghiaccio entro il 2013», addirittura. Invece, la calotta bianca è ancora lì.Arriva il 2009, e a parlare è il principe Carlo d’Inghilterra: «Abbiamo solo otto anni per salvare il pianeta». Testualmente: «Rimangono solo 96 mesi per salvare la Terra» (“The Independent”, 9 luglio). Gli fa eco l’allora premier, Gordon Brown, secondo cui però è ormai questione di minuti, per la fine del mondo: «Abbiamo meno di 50 giorni per salvare il pianeta dalla catastrofe». Dal canto suo, Al Gore rivede la sua profezia: il ghiaccio artico non sparirà più nel 2013, ma l’anno seguente (“Usa Today”). Per il “Guardian”, più ottimista, la fine della banchisa polare è rinviata al 2015. Il 14 maggio 2014, il ministro degli esteri francese Lauren Fabius si sbilancia: «Abbiamo solo 500 giorni prima del caos climatico». Ma la fine del mondo, a quanto pare, è rinviata. Il dato impressionante? La facilità con cui i media – sbagliando sempre – hanno annunciato la catastrofe, data ogni volta per imminente, nell’arco di mezzo secolo, accreditando le tesi di scienziati ed entità governative. Il guaio? Giornali, televisioni e agenzie di stampa non si premurano praticamente mai di controllare l’esattezza delle previsioni via via strombazzate, per nostra fortuna comicamente sballate.Moriremo di freddo, anzi di caldo. Peggio: moriremo di sete, anzi no: sommersi dall’acqua. Come diceva Gramsci, «la storia insegna, ma non ha scolari». Infatti, ricorda “Voci dall’Estero”, è da almeno mezzo secolo che scienziati e politici «prevedono a comando catastrofi climatiche naturali a causa delle attività umane», ma queste «si rivelano sempre gravemente esagerate, quando non totalmente infondate». Nonostante ciò, i media attuali continuano a propagandare previsioni catastrofiche per portare avanti iniziative come il Green New Deal americano, «senza farsi scrupoli nell’utilizzare allo scopo bambini affetti da sindrome di Asperger». Secondo “Voci dall’Estero”, che cita una spettacolare ricognizione eseguita per il “Washington Examiner” da Myron Ebell e Steven Milloy, «non c’è motivo di credere che le ultime previsioni siano minimamente più credibili delle precedenti». I due ricercatori ringraziano Tony Heller, che ha contribuito alla ricerca storica delle “fake news” circuitate per decenni dai media, pubblicandole su “Real Climate Science”. «I moderni predicatori di sventura – premettono i due analisti – prevedono un disastro climatico e ambientale fin dagli anni ’60», e come sappiamo «continuano a farlo anche oggi». Problema: «Nessuna delle apocalissi previste con tanto di data di scadenza si è finora rivelata vera».
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Gli scienziati: 5G e cancro. Il voto alla Camera: fermiamolo
Cancro, danni al Dna, riduzione della fertilità. «Fermate il 5G, potenzialmente pericoloso per la salute, in attesa che la scienza ne chiarisca il reale impatto sul nostro corpo». In vista del voto alla Camera il 7 ottobre, lo chiedono Sara Cunial del gruppo misto e quattro colleghi, le grilline Gloria Vizzini e Veronica Giannone più Silvia Benedetti (gruppo misto) e Manfred Schullian (minoranze linguistiche). Per la prima volta, annuncia Sara Cunial, ai parlamentari sarà sottoposto «un testo importantissimo», con cui si chiede di impegnare il governo a «sospendere qualsiasi forma di sperimentazione tecnologica del 5G nelle città italiane, in attesa della produzione di sufficienti evidenze scientifiche per giudicarne l’innocuità». Il governo viene anche invitato a «mantenere gli attuali valori-limite previsti dalla legge», riguardo alla soglia d’irradiazione elettromagnetica (che il 5G farebbe salire alle stelle). All’esecutivo “ecologista” di Giuseppe Conte, che annuncia un “green new deal”, si chiedono «iniziative per minimizzare il rischio» e anche l’introduzione di clausole di risarcimento, nei contratti delle aziende incaricate di predisporre la potentissima rete wireless di quinta generazione. Si chiede inoltre uno studio sugli effetti biologici delle radiofrequenze presso un ente indipendente che non sia l’Icnirp, accusato di conflitto d’interessi.Forti di una petizione sottoscritta da 11.000 cittadini, grazie all’alleanza italiana “Stop 5G” che ha coinvolto parlamentari e consiglieri regionali, sindaci, avvocati, scienziati e medici, nonché tecnici, giornalisti, movimenti e partiti, associazioni di malati e comitati civici, Sara Cunial e colleghi pretendono anche «una commissione di vigilanza permanente, per un monitoraggio finalmente serio e attendibile degli effetti che i campi elettromagnetici possono avere sulla salute umana». E’ allarme: con il 5G la nostra esposizione aumenterebbe in modo abnorme, grazie ad antenne collocate ovunque, a poche centinaia di metri l’una dall’altra. Più di 200 scienziati di tutto il mondo hanno rivolto un appello all’Ue per chiedere il blocco della tecnologia 5G a causa delle crescenti preoccupazioni per l’aumento delle radiazioni da radiofrequenza e dei relativi rischi per la salute. Un altro appello, sottoscritto da 54.000 cittadini, ha raccolto le adesioni di ricercatori e organizzazioni di 168 paesi al mondo e mette a disposizione una bibliografia ricchissima che attesta numerosi rischi biologici da elettrosmog. In Italia è stata avviata una prima sperimentazione nelle città di Prato, L’Aquila, Matera, Bari e Milano, a cui si sono aggiunte Roma, Torino e in ultimo Genova e Cagliari. Sono poi stati individuati 120 piccoli Comuni italiani in cui è prevista l’estensione della fase sperimentale del 5G.A insospettire decine di cittadini è stato il taglio improvviso dei grandi alberi nei parchi cittadini, in tutta la penisola: strano fenomeno, segnalato nei mesi scorsi al video-reporter Massimo Mazzucco. Due documenti ufficiali del governo inglese, conferma Mazzucco, certificano che «alberi e arbusti con un denso fogliame provocano un disturbo nella propagazione del segnale». Il 5 G è una rete veloce, capillare ed efficiente: può consentire di gestire ogni sorta di dispositivo. Il suo uso non sarà limitato alla navigazione ultra-veloce su Internet via smartphone e tablet, ma consentirà di creare una rete istantanea a cui ogni singolo dispositivo elettronico, anche domestico, sarà collegato. Le “smart city” del futuro saranno tutte collegate con il 5G: la nuova rete permetterà di gestire tutti i servizi e i dispositivi urbani. Viabilità e gestione del traffico, servizi per il cittadino, sensori di sicurezza e videosorveglianza: tutto sarà connesso e gestibile da remoto attraverso questa rete veloce e “a bassa latenza”, cioè onnipresente. Come si può immaginare, ci troviamo davanti ad un enorme giro d’affari: introiti che nel 2026 si aggireranno sui 1.307 miliardi di dollari.Saranno letteralmente rivoluzionati settori-chiave come l’agricoltura e la sanità, ma anche i trasporti e i media, l’intrattenimento, l’automotive e il commercio, i servizi finanziari e l’industria manifatturiera. Le infrastrutture del 5G vedono protagonisti colossi come Nokia, Ericsson, Cisco e Zte, ma anche Huawei. «Ben si comprende perché proprio quest’ultimo colosso cinese possa trovarsi al centro di un braccio di ferro con gli Usa, fortemente contrari alla presenza di Huawei all’interno del mercato delle infrastrutture “mobile” a causa di un possibile spionaggio internazionale da parte della Cina», scive il blog giuridico dello studio Cataldi. Secondo alcuni analisti politici, tra i motivi alla base della rottura del governo gialloverde ci sarebbe proprio il ruolo di Huawei in Italia: alla Lega di Salvini, anche convocando Giorgetti a Washington, gli Usa avrebbero inutilmente chiesto di far annullare gli impegni presi con il gigante cinese per la gestione della rete 5G. «In Italia – aggiunge lo studio Cataldi – la sfida per la copertura 5G è stata vinta da Tim e Vodafone, seguite da Wind-Tre e Iliad: le prime sperimentazioni sono attese per metà 2019, ma il debutto ufficiale è previsto nel il 2020. I primi telefonini dovrebbero essere sul mercato già dall’estate».Sara Cunial e colleghi ora chiedono al Conte-bis di «promuovere la ricerca di tecnologie più sicure, meno pericolose e alternative al wireless, come il cablaggio». Il governo italiano è invitato a farsi promotore, in sede Ue, di una revisione complessiva di tutta la normativa europea in materia. Quella ispirata dalle raccomandazioni dell’Icnirp, la “Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti”, contiene disposizioni inattendibili perché «in evidente conflitto di interessi, causa riconosciuti legami con le lobby delle telecomunicazioni». Quella sottoposta alla Camera è una mozione supportata da evidenze scientifiche di peso internazionale. Da quest’anno, le radiofrequenze del wireless di quinta generazione sono considerate pericolose dallo Scheer, il Comitato scientifico sui rischi sanitari e ambientali dell’Ue, fino a ieri “negazionista” sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici. Lo Scheer afferma che il «5G lascia aperta la possibilità di conseguenze biologiche». I campi elettromagnetici a radiofrequenza (Cem-Rf) promuovono lo stress ossidativo, una condizione implicata nello sviluppo del cancro, in diverse malattie acute e croniche e nell’omeostasi vascolare. Recenti studi – si legge nel testo integrale della mozione parlamentare – hanno anche suggerito effetti sulla riproduzione, metabolici e neurologici in grado di alterare la resistenza batterica agli antibiotici.Quest’anno, l’Alleanza contro il cancro (fondata nel 2002 dal ministero della salute e di cui fa parte l’Istituto superiore di sanità) ha ufficializzato un progetto di studio sul glioblastoma, tumore maligno del cervello, per il quale sono ipotizzate correlazioni con le onde elettromagnetiche. La legge 36 del 2001, in teoria, protegge gli italiani “dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” anche mediante la promozione dalla ricerca scientifica. Obiettivo: valutare gli effetti e sviluppare l’innovazione tecnologica finalizzata a minimizzare l’intensità dell’esposizione. Lo stesso articolo 168 del Trattato di Lisbona impegna gli Stati a «proteggere la popolazione dai potenziali effetti nocivi dei campi elettromagnetici». Sebbene alcune evidenze scientifiche siano tuttora controverse, scrive la relazione sottoposta alla Camera, già nel 2011 l’Oms ha classificato i Cem-Rf come «possibile cancerogeno per l’uomo». Proprio in questi giorni, lo Iarc ha ufficializzato una rivalutazione della classificazione generale sulla cancerogenesi, che potrebbe comportare l’innalzamento delle radiofrequenze come «probabile agente cancerogeno». Problema: l’esito finale della riclassificazione è previsto entro i prossimi cinque anni. Inoltre, un ampio studio del 2018 a cura del programma nazionale di tossicologia degli Usa (National toxicology program), ha dimostrato un aumento significativo dell’incidenza del cancro cerebrale e del tumore al cuore negli animali esposti a campi elettromagnetici anche a livelli inferiori a quelli fissati nelle attuali linee-guida dell’Icnirp.«Peraltro, le linee-guida del monitoraggio si limitano per ora ad analizzare i soli “effetti termici a breve termine” simulati su manichini riempiti di gel», affermano Sara Cunial e gli altri parlamentari in allarme per il 5G. Impossibile fidarsi dell’Icnirp, «organismo privato con sede in Germania, già al centro di numerose polemiche e attacchi da parte di scienziati, medici e ricercatori di mezzo mondo». L’icnirp è stato spesso accusato di «conflitti d’interesse, contiguità con la lobby delle telecomunicazioni e scarsa trasparenza nell’operato». Inoltre, sempre secondo i firmatari della mozione italiana, l’Icnirp è «fermo su parametri obsoleti e superati dalla letteratura biomedica più recente», nonché «sostenitore di una tesi negazionista sui cosiddetti effetti non termici a medio-lungo termine dei Cem-Rf». Nel 2017, il medico svedese Lennart Hardell (il ricercatore più eminente al mondo sui rischi di tumore del cervello connessi all’uso a lungo termine dei telefoni cellulari) ha pubblicato sulla rivista scientifica “International Journal of Oncology” una dura critica all’Icnirp, avallata da alcuni esponenti politici del Consiglio d’Europa: non ci sono prove, sostiene Hardell, che l’Icnirp sia un’associazione di scienziati indipendenti e che sia l’interlocutore giusto per valutare gli effetti delle radiofrequenze.Martin Pali, professore emerito di biochimica e scienze mediche di base della Washington State University, nel 2018 ha denunciato «il pericolo per la salute umana derivabile dalle radiofrequenze e dal 5G», puntando il dito su «storture, falle metodologiche e grossolani limiti di contenuto evidenziati nel controverso documento diffuso dell’Icnirp». Secondo Pali, le raziazioni del 5G ci espongono ad almeno otto pericoli dimostrati: danni cellulari al Dna con rottura dei filamenti e ossidazione delle basi, diminuzione della fertilità maschile e femminile, aumento di aborti spontanei, abbassamento di ormoni come estrogeni, progesterone e testosterone, abbassamento della libido. E ancora: danni neurologici e neuropsichiatrici, apoptosi e morte cellulare; stress ossidativo e aumento dei radicali liberi (responsabili della maggior parte delle patologie croniche), nonché effetti ormonali, aumento del calcio intracellulare e infine “effetto cancerogeno” sul cervello, sulle ghiandole salivari e sul nervo acustico. Olle Johansson, neuroscienziato del Karolinska Institute (che assegna il Premio Nobel per la fisiologia e la medicina) ha affermato che la prova del danno causato dai campi elettromagnetici a radiofrequenza «è schiacciante».Un altro scienziato, Ronald Powell, fisico laureato ad Harvard e che ha lavorato presso la National Science Foundation e l’Istituto nazionale degli standard e della tecnologia, condivide preoccupazioni simili riguardo al potenziale danno diffuso dalle radiazioni a radiofrequenza. Recenti studi pubblicati nel 2018, realizzati dal Centro per ricerca sul cancro dell’Istituto Ramazzini, evidenziano poi «un aumentato rischio, sia per i tumori alla testa sia per gli schwannomi, il più pericoloso dei quali è il tumore cardiaco». Sono risultati «basati sulla sperimentazione animale su cavie uomo-equivalenti», che si sommano agli ultimi studi epidemiologici sugli utilizzatori di cellulari condotti dall’oncologo Lennart Hardell. Tutte ricerche che «fanno concludere agli studiosi che è tempo di aggiornare la classificazione Iarc». La stessa Ue ammette che i campi elettromagnetici «sono altamente focalizzati dai raggi, variano rapidamente con il tempo e il movimento», e proprio per questo «sono imprevedibili». Il problema, aggiunge Bruxelles, è che al momento «non è possibile simulare o misurare accuratamente le emissioni di 5G al di fuori del laboratorio, nel mondo reale».Altro rischio per la salute, l’elettrosensibilità accentuata dal 5G: già nel 2004 l’Oms denunciato a Praga questa «sindrome altamente invalidante e fortemente in crescita nei paesi occidentali e industrializzati». Una malattia definita come «un fenomeno in cui gli individui avvertono gli effetti avversi sulla salute quando sono in prossimità di dispositivi che emanano campi elettrici, magnetici o elettromagnetici». I ricercatori stimano che circa il 3% della popolazione mondiale ha gravi sintomi associati alla elettrosensibilità, mentre un altro 35% della popolazione ha sintomi moderati come «deficit del sistema immunitario o malattie croniche». In Italia, dal 2013, la sindrome è stata riconosciuta dalla Regione Basilicata e inclusa nell’elenco delle malattie rare. «In questo scenario in evoluzione, sebbene gli effetti biologici dei sistemi di comunicazione 5G siano scarsamente studiati (mancando uno studio preliminare degli effetti sulla salute), è iniziato un piano d’azione internazionale per lo sviluppo di reti 5G con un prossimo incremento nel numero di dispositivi e nella densità di piccole celle e con l’uso di onde millimetriche», avvertono Cunial, Vizzini, Giannone, Benedetti e Schullian.Non c’è da stare tranquilli: «Osservazioni preliminari hanno mostrato che le onde millimetriche aumentano la temperatura della pelle, alterano l’espressione genica, promuovono la proliferazione cellulare e la sintesi di proteine legate allo stress ossidativo». Le microonde del 5G, inoltre, causano «processi infiammatori e metabolici, possono generare danni oculari e influenzare le dinamiche neuromuscolari». Per questo «sono necessari ulteriori studi per esplorare meglio e in modo indipendente gli effetti sulla salute dei Cem-Rf in generale e delle onde millimetriche in particolare», insistono i cinque parlamentari. Secondo diversi scienziati, sono necessari ulteriori studi per esplorare in modo migliore e indipendente gli effetti sulla salute (dei campi elettromagnetici a radiofrequenza in generale, e delle microonde millimetriche del 5G in particolare). «Tuttavia, i risultati disponibili appaiono sufficienti per dimostrare l’esistenza di effetti biomedici, per invocare il principio di precauzione, per definire i soggetti esposti come potenzialmente vulnerabili e per rivedere i limiti esistenti». I promotori si augurano che la mozione alla Camera metta fine «alla svendita dei nostri diritti sanitari e ambientali, ceduti per soddisfare interessi economici». Chiosa Sara Cunial: «Confidiamo che il voto in aula sia unanime e che riacquistino priorità il principio di precauzione, i diritti dei cittadini e la nostra stessa Costituzione, che prescrive la tutela della salute pubblica».Cancro, danni al Dna, riduzione della fertilità. «Fermate il 5G, potenzialmente pericoloso per la salute, in attesa che la scienza ne chiarisca il reale impatto sul nostro corpo». In vista del voto alla Camera il 7 ottobre, lo chiedono Sara Cunial del gruppo misto e quattro colleghi, le grilline Gloria Vizzini e Veronica Giannone più Silvia Benedetti (gruppo misto) e Manfred Schullian (minoranze linguistiche). Per la prima volta, annuncia Sara Cunial, ai parlamentari sarà sottoposto «un testo importantissimo», con cui si chiede di impegnare il governo a «sospendere qualsiasi forma di sperimentazione tecnologica del 5G nelle città italiane, in attesa della produzione di sufficienti evidenze scientifiche per giudicarne l’innocuità». Il governo viene anche invitato a «mantenere gli attuali valori-limite previsti dalla legge», riguardo alla soglia d’irradiazione elettromagnetica (che il 5G farebbe salire alle stelle). All’esecutivo “ecologista” di Giuseppe Conte, che annuncia un “green new deal”, si chiedono «iniziative per minimizzare il rischio» e anche l’introduzione di clausole di risarcimento, nei contratti delle aziende incaricate di predisporre la potentissima rete wireless di quinta generazione. Si chiede inoltre uno studio sugli effetti biologici delle radiofrequenze presso un ente indipendente che non sia l’Icnirp, accusato di conflitto d’interessi.
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Ecco la vera Greta: accusò i potenti all’Onu già nel 1992
Mi chiamo Severn Suzuki e parlo a nome di Eco, l’organizzazione dei bambini per l’ambiente. Siamo un gruppo di ragazzini di 12 e 13 anni che cercano di cambiare le cose: Vanessa Settis, Morgan Geisler, Michelle Quaigg ed io. Abbiamo raccolto i soldi da sole per venire fin qui, a 5.000 miglia di distanza, per dire a voi adulti che dovete cambiare il modo di vivere. Nel venire qui oggi non ho nessuna intenzione nascosta. Combatto per il mio futuro. Perdere il mio futuro non è come perdere le elezioni o perdere un paio di punti sul mercato azionario. Sono qui per parlare a nome di tutte le generazioni future. Parlo a nome di tutti i bambini nel mondo che soffrono la fame e restano inascoltati. Parlo a nome degli innumerevoli animali che stanno morendo in tutto il pianeta perché non gli resta più spazio in cui andare. Oggi ho paura di uscire sotto il sole per i buchi nell’ozono. Ho paura a respirare l’aria perché non so quali composti chimici ci siano dentro. Andavo sempre a pesca con mio padre a Vancouver, la mia città, finché qualche anno fa abbiamo trovato un pesce pieno di tumori. E adesso si parla di animali e di piante che si stanno estinguendo ogni giorno, scomparendo per sempre.Nella mia vita ho sognato di vedere grandi mandrie di animali selvaggi, giungle e foreste pluviali piene di uccelli e di farfalle. Ma ora mi domando se mai esisteranno davvero, se mai i miei figli potranno vederle. Voi, quando avevate la mia età, dovevate preoccuparvi di queste cose? Tutto questo avviene sotto i nostri occhi, eppure noi ci comportiamo come se avessimo a disposizione tutto il tempo che vogliamo e tutte le soluzioni. Io sono solo una bambina e non ho tutte le soluzioni. Ma dovete rendervi conto che non le avete nemmeno voi. Non sapete come aggiustare i buchi nello strato di ozono. Non sapete come fare a riportare i salmoni in un torrente ormai morto. Non sapete come fare a riportare in vita un animale ormai estinto. E non potete far rinascere le foreste che crescevano dove ora c’è un deserto. Se non sapete come aggiustare qualcosa, per favore, smettete di romperla. A scuola, e persino all’asilo, ci insegnate come comportarsi nel mondo. Ci insegnate a non litigare con gli altri, a trovare sempre un accordo, a rispettare gli altri. A pulire dove sporchiamo, a non fare del male ad altre creature, a condividere a non essere avidi. E allora perché voi fate le cose che a noi dite di non fare?Non dimenticate il motivo per cui partecipate a queste conferenze e per chi lo state facendo: noi siamo i vostri stessi figli. Sta a voi decidere in quale tipo di mondo dovremmo crescere. I genitori dovrebbero poter guardare in faccia i propri figli, dicendo: andrà tutto bene, non è la fine del mondo e noi stiamo facendo del nostro meglio. Ma non credo che voi possiate dirci questo, ormai. Mi domando addirittura se noi siamo nella vostra lista di priorità. Mio padre mi dice sempre: tu sei quello che fai, non quello che dici. Ebbene, quello che voi fate mi fa piangere la notte. Voi adulti dite di amarci. Ma io vi lancio questa sfida: per favore, fate in modo che le vostre azioni riflettano le vostre parole. Grazie.(Severn Suzuki, dichiarazioni rilasciate all’età di 12 anni, nel lontano 1992, alla conferenza mondiale Onu sullo sviluppo e sull’ambiente. Il video l’ha ripescato Massimo Mazzucco, proponendolo in un montaggio su YouTube pubblicato sul blog “Luogo Comune” il 1° ottobre 2019. «Ventisette anni fa – dice Mazzucco – questa ragazzina canadese fece un discorso molto simile a quello fatto da Greta la settimana scorsa». Naturalmente, osserva Mazzucco, a quell’epoca non esistevano Internet e i social media, «per cui il discorso di Severn è rimasto praticamente sconosciuto, mentre quello di Greta ha avuto un’eco mondiale». Ma attenzione: «L’idea del discorso all’Onu a favore dell’ambiente, da parte di un bambino pulito e innocente, non è certo di oggi. E a questo punto, l’odore di manipolazione mediatica si fa sempre più insistente»).Mi chiamo Severn Suzuki e parlo a nome di Eco, l’organizzazione dei bambini per l’ambiente. Siamo un gruppo di ragazzini di 12 e 13 anni che cercano di cambiare le cose: Vanessa Settis, Morgan Geisler, Michelle Quaigg ed io. Abbiamo raccolto i soldi da sole per venire fin qui, a 5.000 miglia di distanza, per dire a voi adulti che dovete cambiare il modo di vivere. Nel venire qui oggi non ho nessuna intenzione nascosta. Combatto per il mio futuro. Perdere il mio futuro non è come perdere le elezioni o perdere un paio di punti sul mercato azionario. Sono qui per parlare a nome di tutte le generazioni future. Parlo a nome di tutti i bambini nel mondo che soffrono la fame e restano inascoltati. Parlo a nome degli innumerevoli animali che stanno morendo in tutto il pianeta perché non gli resta più spazio in cui andare. Oggi ho paura di uscire sotto il sole per i buchi nell’ozono. Ho paura a respirare l’aria perché non so quali composti chimici ci siano dentro. Andavo sempre a pesca con mio padre a Vancouver, la mia città, finché qualche anno fa abbiamo trovato un pesce pieno di tumori. E adesso si parla di animali e di piante che si stanno estinguendo ogni giorno, scomparendo per sempre.
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Zichichi: falso allarme, non siamo noi ad alterare il clima
Per circa 200 studiosi italiani, tra cui Antonino Zichichi, l’attuale riscaldamento globale non è causato dalle emissioni umane di CO2. E il clima sul nostro pianeta è cambiato più volte nel passato per ragioni naturali. Non la pensano così gli esperti reclutati dall’Onu nel gruppo intergovernativo Ipcc: nei prossimi anni, sostengono, si accentuerà l’innalzamento dei livelli del mare, che provocherà catastrofi sulle coste con milioni di persone sfollate. Secondo l’Ipcc, gli eventi climatici estremi colpiranno almeno una volta l’anno entro il 2050. Gli oceani vedranno un aumento senza precedenti della temperature e della acidificazione, un calo dell’ossigeno, ondate di calore sempre più forti e frequenti, piogge e cicloni devastanti e una costante diminuzione degli animali marini e dei coralli, che peraltro già sta avvenendo. Geologi, fisici e geofisici italiani hanno invece esposto le loro convinzioni – del tutto opposte – in una petizione sul riscaldamento globale antropico. L’appello è stato indirizzato ai presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera e del Senato. Tra i primi firmatari, Zichichi e Renato Ricci, già presidente della Società Europea di Fisica. La petizione ha raccolto la firma di oltre 500 accademici in tutto il mondo e si è evoluta in una “European Declaration: There is no Climate Emergency”.A partire dal primo firmatario, il geofisico olandese Guus Berkhout, i 500 scienziati negano che sia in corso un’emergenza climatica. Il loro dossier – in controtendenza, rispetto all’allarme ecologista che fa capo al movimento che appoggia Greta Thunberg – verrà presentato a Oslo il 18 ottobre e, in contemporanea, in Italia al Senato. «I modelli matematici sui quali è fondata la congettura del riscaldamento globale antropico – sostengono i firmatari – si sono rivelati errati alla prova sperimentale: il riscaldamento del pianeta negli ultimi 20 anni è stato fino a cinque o sei volte inferiore a quanto previsto dai modelli». Quindi, concludono, la “congettura” del riscaldamento globale è falsa. Infine, posto che oltre l’85% del fabbisogno energetico è soddisfatto dai combustibili fossili come il petrolio e il carbone, concludono che la loro riduzione può essere «disastrosa per l’umanità». Non è d’accordo Roberto Battiston, docente di fisica all’università di Trento e già presidente dell’Esa, l’Agenzia Spaziale Italiana. Per Battiston parlano chiaro, purtroppo, i dati storici sull’aumento delle temperature: «In tutta la storia del clima – dice, interpellato da “Repubblica” – non c’è mai stata una variazione così rapida come ai giorni nostri».Secondo Battiston, durante le glaciazioni la temperatura variava di 1 grado ogni mille anni, mentre nell’ultimo secolo è salita di 0,8 gradi (cioè otto volte di più) e oggi sta salendo di 0,15-0,20 gradi ogni dieci anni, «ben 20 volte di più». Il tema è diventato scottante: dopo le polemiche che dividono la comunità scientifica, l’Accademia dei Lincei ha annullato il convegno che aveva organizzato sull’argomento per il 12 novembre per ascoltare la versione dei “negazionisti”. Tra questi Franco Battaglia, chimico dell’università di Modena, il geologo Umberto Crescenti (ex rettore dell’università di Chieti-Pescara), il geologo Enrico Miccadei, l’ex preside della facoltà di economia sempre all’università di Chieti-Pescara. Ancora: sarebbero intervenuti Alberto Prestininzi, geologo alla Sapienza di Roma, i geofisici Franco Prodi e Giuliano Panza (quest’ultimo accademico dei Lincei e dell’Accademia Nazionale delle Scienze) e Nicola Scafetta, professore di climatologia all’università di Napoli. I punti controversi sono innumerevoli: gli scienziati si dividono anche sulla portata delle variazioni climatiche in corso. Gli anti-allarmisti ricordano che la Terra ha sempre subito cataclismi anche devastanti, mentre le voci maninstream (il cartello Greta-Ipcc) sostengono – senza però dimostrarlo – che siano le emissioni umane ad alterare in clima in modo pericoloso, come se il pianeta non fosse sottoposto anche ai poderosi sbalzi dovuti ad esempio all’attività solare.Per circa 200 studiosi italiani, tra cui Antonino Zichichi, l’attuale riscaldamento globale non è causato dalle emissioni umane di CO2. E il clima sul nostro pianeta è cambiato più volte nel passato per ragioni naturali. Non la pensano così gli esperti reclutati dall’Onu nel gruppo intergovernativo Ipcc: nei prossimi anni, sostengono, si accentuerà l’innalzamento dei livelli del mare, che provocherà catastrofi sulle coste con milioni di persone sfollate. Secondo l’Ipcc, gli eventi climatici estremi colpiranno almeno una volta l’anno entro il 2050. Gli oceani vedranno un aumento senza precedenti della temperature e della acidificazione, un calo dell’ossigeno, ondate di calore sempre più forti e frequenti, piogge e cicloni devastanti e una costante diminuzione degli animali marini e dei coralli, che peraltro già sta avvenendo. Geologi, fisici e geofisici italiani hanno invece esposto le loro convinzioni – del tutto opposte – in una petizione sul riscaldamento globale antropico. L’appello è stato indirizzato ai presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera e del Senato. Tra i primi firmatari, Zichichi e Renato Ricci, già presidente della Società Europea di Fisica. La petizione ha raccolto la firma di oltre 500 accademici in tutto il mondo e si è evoluta in una “European Declaration: There is no Climate Emergency”.
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Global Strike: nuova religione, certezze piccine come Greta
Con Greta, oppure contro Greta: è indifferente, purché si dia spettacolo. Lo spiega il regista Massimo Mazzucco: intanto, i primi vincitori dell’operazione sono i media. Negli odierni palinsesti televisivi, sempre più stanchi, ogni minuto di ascolto vale oro, in termini pubblicitari. La ragazzina svedese infatti fa audience, e nel modo più comodo e inoffensivo: agita nobili ideali e solleva grandi interrogativi, ma senza mai allarmare il potere. La baby-agitazione sul clima non prevede, domattina, nessun G20 e nessun referendum. Solo parole al vento? Non per forza: può anche darsi che il seme gettato da Greta – diventare più responsabili verso l’ambiente – possa dare frutto, domani, tra i giovanissimi di oggi, quando saranno chiamati a votare e a scegliere leader meno “distratti”. Il rovescio della medaglia è lampante: il rischio è quello di appiattire masse immense su una sorta di non-pensiero, fondato su un assioma indimostrato: e cioè che il surriscaldamento climatico in corso sarebbe senza precedenti, nonché di origine umana. Sicuri? Per nulla: sull’attuale impatto ambientale in termini di temperature si accettano scommesse, mentre se c’è una certezza è proprio questa: la Terra si è sempre surriscaldata, per poi tornare a raffreddarsi fino a congelarsi, molto prima della nostra civiltà industriale. Quanto tempo prima, esattamente?
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All’Onu 500 scienziati: da Greta sul clima solo menzogne
È arrivata una letterina all’Onu. Ha la forza di 500 leoni stufi di stare in gabbia. Sono gli scienziati imprigionati nel bozzolo delle idiozie della fake science. Sono 500 tra cattedratici e ricercatori dell’intero orbe terracqueo. Nella missiva contestano i dati inventati e il catastrofismo apocalittico di Greta Thurnberg. Ci giocano la faccia e si espongono al linciaggio social. C’è infatti nonostante un clima, questo sì davvero ignobile e ustionante, da caccia alle streghe alimentato dalla piccola strega, una pattuglia di coraggiosi, inutilmente competenti. Il segretario generale dell’Onu António Guterres, che ha creato un ambiente da tempio della Dea Kalì per ospitare Greta dalle dieci braccia e trentatré trecce, ne ha invitato forse uno, almeno uno a sorte di questi 500? Figuriamoci. Nessun dibattito è ammesso. Cosa daremmo per assistere a uno scambio di tesi e dialoghi alla pari tra il Nobel Carlo Rubbia e questa furiosa creatura che sembra venuta da qualche girone dantesco con quegli occhi infiammati, con quei suoi discorsi sui sogni e sulla purificazione che ricordano quelli della gioventù hitleriana? Ci domandiamo: chi ha organizzato questa sua ascesa, chi organizza i viaggi, quale organizzazione le ha fatto fissare tempi e termini della sua partecipazione a questo evento globale? Ci sono concorsi pubblici per parlare all’Onu?I 500 non hanno avuto citazioni sulle prime pagine del giornalone unico dove si spiega la magia del carisma della ragazzina. Ve ne diamo noi l’avviso, per dare un po’di salutare CO2 a tutti coloro, e sono tanti, che sono stati abbandonati dal servizio pubblico e da quello commerciale, e perciò hanno creduto di essere soli in mezzo a folle oceaniche di pupazzetti robotizzati dalle formule usate anche per aizzare i dobermann. Tranquilli. Non siamo soli. Ci sono gli scienziati, che a differenza di Greta hanno il torto di avere la laurea ed essere in alcuni casi calvi; e c’è anche il buon senso a cui vorremmo fare da megafono.Siamo in un tempo assurdo. Si crede all’onniscienza delle masse e dei suoi like, e per un senso distorto della democrazia, per cui uno vale uno, stiamo arrivando al manicomio universale con l’umanità che segue la pifferaia verso l’abisso. Funziona così. Siccome milioni di ignoranti affermano in corteo, bloccando i parlamenti, che la terra è piatta e l’araba fenice esiste (più o meno siamo a questo punto) allora, essendo molti più dei 500 scienziati, hanno ragione loro. Una bomba atomica, altro che Hiroshima. Per ora non ha fatto morti, ma può fare persino più danni se il missile ideologico lanciato dalla Profetessa Greta all’Onu si tradurrà in scelte politiche.È esattamente il contrario di quanto ci viene fatto bere. Altro che contrasto all’anidride carbonica e agli incendi dell’Amazzonia. Detta così, applausi, ovvio. Chi è favorevole alla invasione della plastica che soffoca pesci e uccelli? Ma non è questo. C’è dietro la follia di chi vuole spegnere il motore del mondo, sulla base di un allarme bugiardo, basato sull’ignoranza di Greta e la furbizia di mestatori che intendono impadronirsi della disperazione indotta da questi poveretti di cervello, a cui strani poteri hanno dato in consegna il giacimento più prezioso di tutti, quello delle coscienze. Greta è adoperata come un’arma di distrazione di massa, ma anche di distruzione di un progresso che si vorrebbe dirigere secondo gli umori oggi della finanza globale, saltando gli Stati, tranne ovviamente la Cina, dove chissà perché Greta non viene trasportata. Altro che purificazione dalle sozzure. Questa gente, che sarebbe la generazione dei liceali del mondo intero con i mestatori interessati delle multinazionali green, vuol spegnerci la luce in casa. Se fosse solo questione di corrente elettrica, ce la caveremmo con le lampade a olio, ma oddio le balene non si possono più cacciare (per fortuna), e però neanche le mucche si potranno allevare, perché producono metano, e bevono acqua, e tutto è sporco, inquinante, vietato, tranne il lusso della barca a vela e dei cibi biologici d’alta gamma.È la rivoluzione dei ricchi giovani del nord, che stanchi di distrarsi solo con le pasticche ci provano inventandosi un viaggio psichedelico nell’età dell’oro della preistoria, dove l’età media era di trenta anni, mentre ancora nell’800 in Europa si era sotto i cinquanta. Questi intendono colonizzare con la loro pseudo-scienza e morale fasulla il resto del pianeta. E il problema è che ce la stanno facendo, stanno rintronando il mondo intero. In nome del diritto a sognare questa signorina con i suoi accoliti ci ricaccia nell’incubo dei tempi in cui la scienza non aveva ancora consentito alla tecnologia di creare e far funzionare quegli strumenti che consentono l’alimentazione di sette miliardi di persone e di portare elettricità, con i suoi benefici di sicurezza e libertà, dove prima era impensabile. Quanto è accaduto all’Onu e da lì è rimbalzato nel mondo, abbattendo i vetri delle nostre case, e gonfiandosi nei nostri tinelli, nei bar e sugli autobus si può sintetizzare così: un fenomeno di ipnosi collettiva ad opera di una maga con le treccine, una creatura arrivata cavalcando i Draghi da qualche saga nordica. Dicendola altrimenti: una strega bambina ci ha gettato un sortilegio. Tutti i potenti del mondo, tranne un ironico Trump e un lievemente dubbioso Macron, si sono prostrati davanti a Greta Thurnberg e alla sua oratoria di una violenza inaudita. La questione molto semplice è che non è vero. È proprio una bugia da bambina delle elementari che ha sbagliato libro delle fiabe. Ma nessuno osa eccepire. Noi, insieme ai 500 sì!(Renato Farina, “Greta Thunberg, cinquecento scienziati scrivono all’Onu: Ma che emergenza è? I dati non sono giusti”, da “Libero” del 25 settembre 2019. Lanciata da Guus Berkhout, geofisico e professore emerito dell’Università dell’Aia, la lettera all’Onu è il risultato di una collaborazione tra scienziati e associazioni di 13 paesi, ricorda “Startmag”: la loro “Dichiarazione europea sul clima” ha lo scopo di far sapere che «non c’è urgenza né crisi climatica». La lettera, ripresa testualmente da “Europe Reloaded”, chiede quindi che le politiche climatiche vengano completamente ripensate, «riconoscendo in particolare che il riscaldamento osservato è inferiore al previsto e che l’anidride carbonica, lungi dall’essere un inquinante, ha effetti benefici per la vita sulla Terra»).È arrivata una letterina all’Onu. Ha la forza di 500 leoni stufi di stare in gabbia. Sono gli scienziati imprigionati nel bozzolo delle idiozie della fake science. Sono 500 tra cattedratici e ricercatori dell’intero orbe terracqueo. Nella missiva contestano i dati inventati e il catastrofismo apocalittico di Greta Thunberg. Ci giocano la faccia e si espongono al linciaggio social. C’è infatti nonostante un clima, questo sì davvero ignobile e ustionante, da caccia alle streghe alimentato dalla piccola strega, una pattuglia di coraggiosi, inutilmente competenti. Il segretario generale dell’Onu António Guterres, che ha creato un ambiente da tempio della Dea Kalì per ospitare Greta dalle dieci braccia e trentatré trecce, ne ha invitato forse uno, almeno uno a sorte di questi 500? Figuriamoci. Nessun dibattito è ammesso. Cosa daremmo per assistere a uno scambio di tesi e dialoghi alla pari tra il Nobel Carlo Rubbia e questa furiosa creatura che sembra venuta da qualche girone dantesco con quegli occhi infiammati, con quei suoi discorsi sui sogni e sulla purificazione che ricordano quelli della gioventù hitleriana? Ci domandiamo: chi ha organizzato questa sua ascesa, chi organizza i viaggi, quale organizzazione le ha fatto fissare tempi e termini della sua partecipazione a questo evento globale? Ci sono concorsi pubblici per parlare all’Onu?