Archivio del Tag ‘ectoplasmi’
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Conte, Merkel e gli zombie che “Politico” scambia per eroi
«Giuseppe Conte è il leader più credibile al mondo», sintetizza “Tpi” nel presentare la clamorosa classifica che sta rimbalzando ovunque. Se i comici sono un po’ fuori allenamento, in mezzo alle disgrazie del 2020, a tirare su il morale a tutti provvede infatti l’edizione europea dello statunitense “Politico”, realizzata a Bruxelles in jount-venture con il principale editore digitale in Europa, il tedesco Axel Springer. “Politico” vanta un team di 500 redattori, distribuiti in tutto il mondo: la tribuna vip del mainstream media internazionale, quello che non ha mai osato raccontare la nuda verità né previsto nessuna crisi. E cosa dicono, i gran sacerdoti dell’informazione? Tra cose, innanzitutto. La prima riguarda Angela Merkel, incoronata Papessa d’Europa (questo sì, che è uno scoop). La seconda: la merkeliana Ursula von der Leyen sarebbe la leader dei “sognatori”. E qui si comincia a ridere, ma non quanto di fronte al ritratto di “Giuseppi” Conte, numero uno degli “spender” europei, una specie di Masaniello dal tocco felice. Per capire in che mani sia l’informazione, basta leggere le pagelle di quelli che “Politico” presenta come “Gli attori, i sognatori e i rivoluzionari che daranno forma al prossimo anno in Europa”.Una galleria di zombie, che “Politico” scambia per esseri politicamente viventi, nonché capaci di decisioni autonome: come se non esistessero nemmeno, i poteri che dominano il mondo, che oggi lo stanno mettendo alla frusta come in tempo di guerra (e che, per inciso, presiedono alla somministrazione editoriale delle notizie destinate al gregge). La simpatica macellaia Angela Merkel, reginetta del rigore e affamatrice di mezza Europa, Grecia in primis, dopo i brillanti esordi come spia della Stasi, feroce polizia politica della Germania Est (”Le vite degli altri”, al cinema), su “Politico” rifulge, abbagliante, in tutto il suo splendore. «Dopo quasi 16 anni come cancelliera, Angela Merkel è destinata a ritirarsi dopo le elezioni tedesche dell’autunno 2021», singhiozzano i redattori di “Politico”, «con un record segnato dalla stabilità piuttosto che dall’ambizione». In confronto ad Angela, Batman e Superman non sono nessuno: «Negli ultimi dieci anni e mezzo, la Merkel è stata la mano ferma attraverso una serie di cataclismi, dalla Grande Recessione e dalla crisi dell’Eurozona al Covid-19». Che tempra: «Ha tenuto insieme l’Europa di fronte alla Brexit e alla belligeranza di Donald Trump», quel noto mascalzone, «diventando, per processo di eliminazione, il “leader del mondo libero”, di fatto, quando Washington si è ritirata».Al ritratto “giornalistico” manca solo l’incoronazione imperiale, ma soltanto perché il Sacro Romano Impero non è ancora stato nominalmente istituito. Quanto al culto merkeliano, niente paura: l’altare, come si legge, è bell’e pronto. E alla destra della divinità siede già la regina dei “dreamer”, la quasi altrettanto divina Ursula, che infatti «vuole rendere di nuovo grande l’Europa». E come? Presto detto: la prima voce citata da “Politico” è «il rafforzamento dei diritti Lgbt», la cui fragilità – com’è noto – ha determinato la grande crisi europea, la morte per denutrizione dei bambini greci, le spietate politiche di rigore, i tagli alla sanità e alle pensioni, l’esplosione del precariato e della disoccupazione. Insieme al “diritti Lgbt” è citata l’altra grande sfida che assilla gli europei nel 2020, ovvero «la lotta al razzismo». A seguire: «La garanzia di un salario minimo a tutti i lavoratori europei, la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% e la creazione di un’Unione Europea della Sanità che darebbe alla burocrazia dell’Ue maggiore influenza su una prerogativa nazionale ferocemente custodita». C’è da mettersi a piangere dalla commozione, vero? Meglio tenere il fazzoletto a portata di mano, allora, perché “Politico” riesce a superare se stesso nel celebrare il primo ministro italiano, amatissimo dai poteri che contano.«Il coronavirus ha devastato l’Italia, ma per Conte, almeno politicamente, è stato un vantaggio»: almeno questo, “Politico” lo ammette. Comunque, «se l’Italia è troppo grande per fallire, Giuseppe Conte è l’uomo che l’Europa spera sarà in grado di continuare a sostenerla». Eccoci al punto: “Giuseppi” sarebbe la pedina su cui puntano i massimi poteri, quelli che muovono i fili delle marionette Angela & Ursula. La tesi di “Politico”: ha fatto benissimo, Conte, a imporre all’Italia il brutale lockdown di marzo e aprile: così facendo ha infatti costretto l’Ue a provare «vergogna», al punto da indurre i cattivoni di Bruxelles a metter mano al portafogli con una pioggia di miliardi (di cui non s’è ancora vista nemmeno l’ombra: l’Italia infatti sta in piedi solo grazie alla generosità di Christine Lagarde, ma la signora della Bce è relegata in posizione assai defilata, tra i benefattori). Del resto, “Politico” bada al sodo: di Conte apprezza «il suo stile cliché italiano fiammeggiante», e cioè il fatto di «presentarsi alle riunioni a bordo di una Maserati, in un abito neo-dandy, cercando di flirtare con Angela Merkel». Certo, “Giuseppi” dovrà guardarsi dall’invidia dei paesi “frugali” (che infatti friggono, di fronte allo spettacolo dell’improvvisa ricchezza degli italiani, trasformati in nababbi). E dovrà anche «gettare qualche osso» ai suoi avversari «di estrema destra», cioè «Salvini e l’ascendente Giorgia Meloni».La leader di Fratelli d’Italia figura al terzo posto tra i “disgregatori” europei, contrapposti a valorosi “doers” come Orban, Macron, Erdogan e il “bluffer” Boris Johnson. La piccola Giorgia («sono italiana, sono cristiana») è presentata come «leader appena incoronata dell’estrema destra europea», al punto che ora sembra «pronta a diffondere», in tutto il continente, «la sua capacità di distruggere senza autodistruggersi» (in questo, seconda solo al coronaviurs). Tra i biechi disgregatori figura il russo Pavel Durov, reo di aver creato un social media come Telegram, capace di fare concorrenza a WhatsApp, ovvero di «fare a pezzi le persone», divenendo uno strumento del Male. «Telegram è anche il modo in cui i teorici della cospirazione tedeschi di “QAnon” e i manifestanti anti-maschera organizzano marce a Berlino». Capito, che guaio? Ma niente paura, già si ode l’avanzata dei cavalieri del Bene, cioè le piattaforme immacolate come Facebook e Twitter, le quali «cercano di reprimere la disinformazione e l’incitamento alla violenza». A proposito di disinformazione e omissioni: è grande come una casa, la maggiore “dimenticanza” di quegli sbadati di “Politico”: nel loro pantheon europeo è clamorosamente vuota la poltrona di uno dei personaggi più influenti del pianeta, Mario Draghi. Strano, no?Proprio Draghi, già sommo pontefice dell’euro-potere, si macchiò nel 2019 del peggiore dei crimini: rinnegò le sue malefatte e si mise a bocciare le politiche “fallimentari” dei suoi ex sodali, cioè i morti viventi, gli ectoplasmi, i camerieri e i maggiordomi che oggi “Politico” finge di scambiare per statisti decisivi per il futuro europeo. Compreso il più fantasmatico di tutti, il nostro anonimo “Giuseppi”, con il suo stile «cliché italiano fiammeggiante»: senza i poderosi acquisti della Bce, non avrebbe potuto sfoggiare a lungo la Maserati e la pochette, menando ancora il can per l’aia dopo un anno di supercazzole sui “ristori”. E se è stata la Bce ad acquistare camionate di Btp a costo zero, lo si deve anche e soprattutto al grande assente, nel pantheon di “Politico”: quel Draghi che a marzo, sul “Financial Times”, aveva messo in chiaro che vent’anni di politica europea (cioè di Angela Merkel e sudditi) andrebbero gettati al macero, pena la morte civile di un continente tuttora in mano ai prestanome di un’associazione a delinquere che ha organizzato a tavolino l’inesistente “scarsità di denaro”, a scopo predatorio e di dominio. E quindi: come lo si sarebbe potuto invitare, l’imbarazzante Draghi, tra i Magnifici del 2021? E se si fosse messo a dire la verità, come sta facendo da un anno e mezzo a questa parte? Volete mettere, lo sconcerto?La voglia di ridere, se mai ci fosse, svanirebbe comunque velocemente nello scoprire che il Tribunale Islamico di “Politico” mette nel mirino anche una scrittrice, nientemeno: si tratta di Joanne Kathleen Rowling, celeberrima creatrice di Harry Potter, relegata tra i reprobi “disgregatori”. Sembra di rivivere, sia pure in modo incruento, l’epoca della “fatwa” scagliata dall’ayatollah Khomeini contro Salman Rushdie, autore dei “Versi satanici” che secondo i teocrati dell’Iran insolentivano il Profeta. Merita dunque la condanna a morte anche la Rowling? Certo, il suo crimine è scioccante: ha osato contestare uno dei massimi dogmi della nuova religione, cioè la sacralità dei diritti civili (Lgbt) utilizzata per oscurare i diritti sociali e quindi annullare il futuro dei giovani, dando loro l’illusione di essere liberi, anche se quella sessuale è l’unica vera libertà che ormai viene loro lasciata. L’accusa mossa all’autrice di Harry Potter è spaventosa: “transbofia”. Roba da plotone d’esecuzione. Quello di “Politico”, per ora si esercita sulla Rowling. Ma solo a un demente potrebbe sfuggire qual è il vero bersaglio: noi, la nostra libertà di opinione. All’avvento del totalitarismo nazista, Bertolt Brecht si affrettò a lasciare la Germania. Con lui Theodor Adorno, Herbert Marcuse, Erich Fromm. Non è mai un bel posto, quello dove si mettono alla berlina i filosofi e gli scrittori. E il Verbo di “Politico”, sotto forma di carta straccia digitale, è un avvertimento maleodorante: essere eretici, d’ora in poi, costerà caro.(Giorgio Cattaneo, “Conte, Merkel e gli zombie che ‘Politico’ scambia per nostri amici”, dal blog del Movimento Roosevelt dell’8 dicembre 2020).«Giuseppe Conte è il leader più credibile al mondo», sintetizza “Tpi” nel presentare la clamorosa classifica che sta rimbalzando ovunque. Se i comici sono un po’ fuori allenamento, in mezzo alle disgrazie del 2020, a tirare su il morale a tutti provvede infatti l’edizione europea dello statunitense “Politico”, realizzata a Bruxelles in joint-venture con il principale editore digitale in Europa, il tedesco Axel Springer. “Politico” vanta un team di 500 redattori, distribuiti in tutto il mondo: la tribuna vip del mainstream media internazionale, quello che non ha mai osato raccontare la nuda verità né previsto nessuna crisi. E cosa dicono, i gran sacerdoti dell’informazione? Tra cose, innanzitutto. La prima riguarda Angela Merkel, incoronata Papessa d’Europa (questo sì, che è uno scoop). La seconda: la merkeliana Ursula von der Leyen sarebbe la leader dei “sognatori”. E qui si comincia a ridere, ma non quanto di fronte al ritratto di “Giuseppi” Conte, numero uno degli “spender” europei, una specie di Masaniello dal tocco felice. Per capire in che mani sia l’informazione, basta leggere le pagelle di quelli che “Politico” presenta come “Gli attori, i sognatori e i rivoluzionari che daranno forma al prossimo anno in Europa“.
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Lassù qualcuno ci odia: Halloween, per abituarci all’orrore
Alla fine, Halloween è passata, per fortuna. Ma ha lasciato sul terreno il solito cimitero di sporcizia: morti per finta, zombie per ridere, incubi per scherzo, sangue per celia. Su questa funebre sagra d’importazione si è detto e scritto tanto e molti si sono giustamente soffermati su un paio di considerazioni ineccepibili se non ovvie, trascurandone però una terza, quella più inquietante. Quanto alle prime due, ci sbrighiamo in fretta: riguardano la funzione sociale e quella economica di Halloween. La festività del due novembre non ci appartiene affatto, com’è noto, non sgorga dalla nostra tradizione patria. È, in tutto e per tutto, un’americanata di derivazione anglosassone, un carnevale di orrori, un folklore plastificato promosso a tutto volume, in tutto il mondo, dalla regia unificata dei media unificati per dotare le masse già spaesate del globo anche di una loro brava (e spaesante) celebrazione globalizzata. Sulla funzione economica non vale neppure la pena di soffermarsi, tanto è evidente: Halloween è un business stratosferico e – quanto più si diffonde, grazie anche al contributo del popolo coglione, assuefatto e teledipendente – tanto più si accumula la grana nei granai di chi la detiene.Ora veniamo al terzo aspetto, quello meno approfondito, di questa festività pagana. La sensazione è che vi sia una regia occulta a favorirne il successo su scala mondiale. ‘Occulta’ non nel senso letterale di ‘nascosta’ (le implicazioni complottistiche, pur possibili, mettiamole da parte), ma in quello paranormale di ‘maligna’. ‘Occulta’ in quanto densamente impregnata del lato oscuro della forza. Halloween è, a tutti gli effetti, la festa delle porte spalancate alle potenze delle Tenebre. Non conta tanto che le Tenebre esistano o meno – la stragrande maggioranza degli evoluti abitanti dell’evoluto Occidente ovviamente non ci crede – quanto che le loro lugubri ombre si allunghino sulla psiche individuale conscia, e sull’inconscio collettivo; proprio come un’entità provvisoriamente libera di scorrazzare nelle nostre case, nelle nostre scuole, nelle nostre piazze non già contrastata o frenata o inibita, ma addirittura vezzeggiata, corteggiata, blandita. Il quizzino ormai idiomatico (sintesi sublime dell’intera baracconata) è: dolcetto o scherzetto?Nella sua innocente formulazione sottende – in controluce, simile all’ectoplasma impercettibile di uno spettro – un colpevolissimo e mafioso avvertimento: preferisci pagare o morire? Sì, lo sappiamo, è tutto solo un gioco, ma fino a che punto le nostre deboli menti, già intossicate dal male, lo percepiscono per tale? Questo profluvio di putridi gadget e di impiccati da vetrina è davvero solo un passatempo per esorcizzare il dì dei defunti? O non è piuttosto un nuovo rito che – sottotraccia, in incognito – ci sta addestrando al culto infero del Disordine e del Caos? Già ne siamo quotidianamente bombardati: ogni giorno, in fondo, si officia un Halloween ‘laico’ attraverso gli schermi lordi di sangue e di corpi ammazzati della tivù. Ora ci siamo regalati anche un bel Natale di morte. Lassù, davvero, qualcuno ci odia.(Francesco Carraro, “Lassù qualcuno ci odia”, dal blog di Carraro del 4 novembre 2017).Alla fine, Halloween è passata, per fortuna. Ma ha lasciato sul terreno il solito cimitero di sporcizia: morti per finta, zombie per ridere, incubi per scherzo, sangue per celia. Su questa funebre sagra d’importazione si è detto e scritto tanto e molti si sono giustamente soffermati su un paio di considerazioni ineccepibili se non ovvie, trascurandone però una terza, quella più inquietante. Quanto alle prime due, ci sbrighiamo in fretta: riguardano la funzione sociale e quella economica di Halloween. La festività del due novembre non ci appartiene affatto, com’è noto, non sgorga dalla nostra tradizione patria. È, in tutto e per tutto, un’americanata di derivazione anglosassone, un carnevale di orrori, un folklore plastificato promosso a tutto volume, in tutto il mondo, dalla regia unificata dei media unificati per dotare le masse già spaesate del globo anche di una loro brava (e spaesante) celebrazione globalizzata. Sulla funzione economica non vale neppure la pena di soffermarsi, tanto è evidente: Halloween è un business stratosferico e – quanto più si diffonde, grazie anche al contributo del popolo coglione, assuefatto e teledipendente – tanto più si accumula la grana nei granai di chi la detiene.
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Crolla il nano Macron (non Putin, il Papa, Xi Jinping: giganti)
Ad aprile, quando Macron fu trionfalmente eletto con il 62% dei voti, feci una scommessa: che la popolarità del nuovo e brillante capo di Stato della Francia sarebbe durata anche meno di quella di Hollande, per non dire di Sarkozy. Mi pare di aver vinto la scommessa: i sondaggi, a solo un mese dalle politiche che gli hanno regalato una maggioranza inaudita, la sua popolarità è calata di colpo di 10 punti. Peggio di lui solo Chirac nel 1995, ma il povero Chirac doveva reggere il confronto con un grande presidente come Mitterrand, mentre Macron deve confrontarsi solo con quell’ectoplasma di Hollande. Eppure credo che i francesi non sappiano apprezzare le qualità di questo nuovo presidente: ad esempio sceglie bene le scarpe, osservatele bene. Il quadro europeo attuale è questo: Inghilterra premier la May che non è sopportata neppure dal suo partito, Francia Macron di cui s’è detto, Spagna Rajoy che regge solo perché gli spagnoli si sono stufati di votare a ripetizione, Italia sede vacante e, in mezzo a tutti questi, la Merkel che, pur essendo una discreta massaia che eccelle nel bucato, sembra Bismarck. Peraltro va detto che dopo di lei sarà il diluvio perché si scorge solo una folla di mediocri ciabattini.Degli Stati Uniti non vale neppure la pena di dire. Ormai il ceto politico europeo sembra Biancaneve e i sette nani, dove anche Biancaneve è un po’ rachitica. Mi pare che sia arrivato il momento di porci qualche domanda: ma come mai stiamo selezionando un personale politico così scalcinato e che si preannuncia sempre peggiore? E per di più dopo che c’è stata l’esaltazione dell’uomo solo al comando, del leader carismatico e via dicendo. Bel risultato, parlare di uomo forte, di condottiero e trovarsi con questa schiera di molluschi andati a male! Ma il punto è proprio questo: la retorica dell’uomo forte è uno degli ingredienti del disastro, perché ha spostato tutta l’attenzione sulle caratteristiche eccezionali del leader, riducendo i partiti a mere appendici elettorali. In Italia siamo stati all’avanguardia producendo porcherie impresentabili come Forza Italia o il Pd, ma anche gli altri stanno messi decisamente male. Dove è più la Spd di un tempo, con i suoi rapporti di massa e i suoi centri studi? E che fine ha fatto il Ps francese, che un tempo ferveva di dibattiti politici e culturali? Solo comitati elettorali animati da piccoli faccendieri o, al massimo, qualche onesto funzionario di periferia. I partiti europei non producono più idee, non formano classi dirigenti, non organizzano conflitto sociale. Raccolgono solo voti sull’immagine del leader di turno.Ma un leader carismatico, per definizione, è un materiale umano un po’ raro e non si inventa. Sarebbe come dire “adesso ci serve un Leonardo da Vinci, cerchiamo chi fa da Leonardo”. Solo che di Leonardo o di Napoleone ne nascono uno ogni tanto e non è affatto detto che ogni tempo ne abbia a disposizione qualcuno. E allora che si fa? Si costruisce quel che manca, o meglio, si costruisce l’immagine dell’uomo eccezionale che ci guiderà nei prossimi anni: “Vedrete, questo sarà migliore di tutti gli altri che lo hanno preceduto!”. E i media si mettono al lavoro per inventarsi il nuovo Napoleone: e ci riescono, nel senso che producono una emozione collettiva che dura il tempo di una campagna elettorale. Passato il giorno del voto, nel giro di qualche mese (a volte settimane) la parure da grande condottiero crolla come cartapesta sotto la pioggia e viene fuori il nanerottolo che stava sotto il trucco. I nostri leader sono solo prodotti da laboratorio pubblicitario. Ormai operiamo la selezione del ceto politico sulla base della “capacità comunicativa” del prodotto da vendere.Direte: ma quando uno non ha niente da dire, come fa a comunicare? Non è importante che dica qualcosa, ma che dia la sensazione di farlo; e per questo è più importante la pausa, il piglio deciso, il gesto con cui accende una sigaretta, la battuta studiata a tavolino ma recitata con naturalezza, il sorriso seduttore e la grinta da domatore di belve. L’importante è che “buchi il video”. Semplicemente noi non stiamo cercando un grande stratega, ma l’attore che, per qualche settimana, può vestirne i panni. In questo la televisione è stata un castigo di Dio che ha potenziato tutte queste pulsioni verso il nulla (mi torna in mente il Popper di “Cattiva maestra televisione”). Facciamo una controprova di quel che dico: proviamo a indicare tre personaggi di cui oggi possiamo dire, sul piano internazionale, che emergono come grandi decisori, in grado di esercitare un peso sulla scena internazionale. Io vi propongo Putin, Xi Jinping e Papa Francesco. Sia chiaro che questo non significa condividere gli orientamenti di ciascuno o anche solo di uno di essi, ma solo una valutazione delle capacità politiche al netto di ogni altra considerazione. Poi mi direte se la triade è ben scelta o meno.E la prima considerazione che viene da fare è che questi tre personaggi hanno alle spalle grandi istituzioni, con una storia molto consolidata, con gruppi dirigenti reali: il partito comunista sovietico e il Kgb-Fsb per Putin (che si è formato in epoca sovietica), il Partito Comunista Cinese per Xi Jinping e la Chiesa cattolica per Papa Bergoglio. Strutture elitarie (certamente non democratiche) con apparati pesanti e una selezione durissima. In strutture del genere si imparano tante cose, soprattutto si impara che la politica è un’arte che chiede intelligenza, visione ampia a livello mondiale, densità strategica, tempismo, duttilità, intuito, eccetera. Anche semplicemente per scansare la tisana corretta al cianuro (cosa che ha la sua importanza in questi ambienti) ci vogliono queste capacità. E il risultato è una classe dirigente forse cinica, non sempre all’altezza dei suoi compiti; comunque, mediamente si tratterà di un personale politico di spessore (anche se questo non garantisce da momenti di decadenza). Non sono un estimatore dell’elitismo e spero sempre in classi dirigenti frutto di una selezione democratica, ma questa attuale è solo una caricatura della democrazia.(Aldo Giannuli, “La popolarità di Macron è in discesa precipitosa: ma va! Ma non mi dire!!”, dal blog di Giannuli del 26 luglio 2016).Ad aprile, quando Macron fu trionfalmente eletto con il 62% dei voti, feci una scommessa: che la popolarità del nuovo e brillante capo di Stato della Francia sarebbe durata anche meno di quella di Hollande, per non dire di Sarkozy. Mi pare di aver vinto la scommessa: i sondaggi, a solo un mese dalle politiche che gli hanno regalato una maggioranza inaudita, la sua popolarità è calata di colpo di 10 punti. Peggio di lui solo Chirac nel 1995, ma il povero Chirac doveva reggere il confronto con un grande presidente come Mitterrand, mentre Macron deve confrontarsi solo con quell’ectoplasma di Hollande. Eppure credo che i francesi non sappiano apprezzare le qualità di questo nuovo presidente: ad esempio sceglie bene le scarpe, osservatele bene. Il quadro europeo attuale è questo: Inghilterra premier la May che non è sopportata neppure dal suo partito, Francia Macron di cui s’è detto, Spagna Rajoy che regge solo perché gli spagnoli si sono stufati di votare a ripetizione, Italia sede vacante e, in mezzo a tutti questi, la Merkel che, pur essendo una discreta massaia che eccelle nel bucato, sembra Bismarck. Peraltro va detto che dopo di lei sarà il diluvio perché si scorge solo una folla di mediocri ciabattini.
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Giannuli: ma gli anti-Renzi del Pd sono peggiori di Matteo
Come al solito, non nascondo le mie opinioni e, nel nuovo braccio di ferro interno al Pd dico subito che sto dalla parte di Renzi senza se e senza ma. E vengo a spiegare il perché. Cominciamo da chi sono i suoi attuali contestatori: Romano Prodi, Walter Veltroni, Dario Franceschini, Nicola Zingaretti, tutti militanti “antemarcia” del Pd che ne hanno condiviso ogni nefandezza pre-renziana, ma che poi hanno seguito pedissequamente anche ogni nefandezza renziana, dalla “buona scuola”, all’abolizione dell’articolo 18, sino a quella riforma autoritaria della Costituzione per la quale hanno votato Sì anche nel referendum (e questo non glielo perdoneremo mai). Quindi, degli opportunisti incalliti. Dopo il 4 dicembre 2016, non hanno azzardato nessuna autocritica, nessun ripensamento, si sono limitati a fare i pesci in barile come se il referendum non ci fosse stato, e tantomeno hanno avuto il coraggio di mettere sotto processo il segretario che li aveva portati alla disfatta. Quindi anche vigliacchi. Poi è venuto il congresso e si sono schierati come un sol uomo con la sua maggioranza, magari nell’illusione di poterlo condizionare, così perdendo l’ultima occasione di deporre il despota. Quindi anche imbecilli.Ora cercando di disarcionare il tiranno con una congiura di palazzo che, ovviamente, si sgonfierà appena Renzi tossirà. E dovremmo fare il tifo per questa congrega di opportunisti vigliacchi ed imbecilli? Ma, mi si dirà, Renzi non ammette nemmeno la sconfitta e “non ragiona”. Ma quando mai?! Renzi, che non è un’aquila, ma non è nemmeno scemo, lo sa perfettamente che si è trattato di una sconfitta pesantissima. Ma, proprio perché ragiona, sa di non poterlo ammettere: se lo facesse, dovrebbe anche riconoscere che questo è il risultato dei suoi errori, magari dovrebbe accettare di riaprire il discorso sulle coalizioni e subire veti e oltraggi vari, o addirittura farsi da parte. Come ha giustamente detto Sorgi: la coalizione di centrosinistra si fa se Renzi fa un passo indietro, ma Renzi non ha alcuna intenzione di fare quel passo. Ma così condanna il Pd a perdere? Sì, ma a Renzi del Pd non interessa assolutamente nulla, a lui interessa la sua posizione di potere anche a costo di una nuova scissione. E sa che di possibilità di arrivare al 40% non se ne parla nemmeno.Secondo voi perché è diventato proporzionalista? A lui interessa restare alla testa di quella che ormai è la lista Renzi. Questo non lo hanno capito i suoi “oppositori” della venicinquesima ora che, peraltro, non riescono a pensare altro che la minestra riscaldata del centrosinistra anni Novanta riunito intorno ad un nome nuovo: Romano Prodi! Renzi è un avversario, per la verità un po’ grossier, sleale, cafone, di destra, truffatore. Tutto vero, ma ha almeno la qualità di esistere e avere qualche consistenza; i suoi avversari sono mediocri ectoplasmi. E poi, diciamocelo, qui il problema non è quello di un miglior segretario del Pd ma quello di cancellare il Pd dalla carta geografica. E, sotto questo profilo, Renzi ci dà forti garanzie di farlo più in fretta degli altri, che magari se la trascinano per chissà quanto altri tempo. Ergo: dai Matteo, pestali!(Aldo Giannuli, “Forza Matteo: rottamali, smembrali, pattumierizzali!!!”, dal blog di Giannuli del 3 luglio 2017).Come al solito, non nascondo le mie opinioni e, nel nuovo braccio di ferro interno al Pd dico subito che sto dalla parte di Renzi senza se e senza ma. E vengo a spiegare il perché. Cominciamo da chi sono i suoi attuali contestatori: Romano Prodi, Walter Veltroni, Dario Franceschini, Nicola Zingaretti, tutti militanti “antemarcia” del Pd che ne hanno condiviso ogni nefandezza pre-renziana, ma che poi hanno seguito pedissequamente anche ogni nefandezza renziana, dalla “buona scuola”, all’abolizione dell’articolo 18, sino a quella riforma autoritaria della Costituzione per la quale hanno votato Sì anche nel referendum (e questo non glielo perdoneremo mai). Quindi, degli opportunisti incalliti. Dopo il 4 dicembre 2016, non hanno azzardato nessuna autocritica, nessun ripensamento, si sono limitati a fare i pesci in barile come se il referendum non ci fosse stato, e tantomeno hanno avuto il coraggio di mettere sotto processo il segretario che li aveva portati alla disfatta. Quindi anche vigliacchi. Poi è venuto il congresso e si sono schierati come un sol uomo con la sua maggioranza, magari nell’illusione di poterlo condizionare, così perdendo l’ultima occasione di deporre il despota. Quindi anche imbecilli.