Archivio del Tag ‘Elio Lannutti’
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Savi di Sion e Terra Piatta: se il “fake” aiuta i negazionisti
“YouTube contro le teorie stravaganti”, titola “Repubblica”: “La Terra non sarà più piatta”. La video-piattaforma web annuncia che implementerà i filtri, a partire dagli Stati Uniti, per evitare suggerimenti di video «che reclamizzano cure miracolose o asseriscono notizie palesemente false su eventi storici, come l’11 Settembre». Tombola, commenta Massimo Mazzucco: visto a cosa “serve”, un’idiozia come la teoria della Terra Piatta? E’ perfetta, per fare di tutta l’erba un fascio: la barzelletta della Terra Piatta, stranamente strombazzatissima (e mai stroncata con decisione dai solerti “debunker”, normalmente prontissimi a demolire i “complottisti”) ora viene utilizzata per liquidare anche una storia, purtroppo serissima, come quella dell’11 Settembre, cui Mazzucco – regista e video-reporter – ha dedicato anni di studio, realizzando documentari come “Inganno globale” e “La nuova Pearl Harbor”, che smontano da cima a fondo la versione ufficiale, secondo cui le Twin Towers sarebbero crollate esclusivamente per via dell’impatto degli aerei. Manipolazioni infinite e verità a doppio fondo, come la madre di tutte le “fake news” – i Protocolli dei Savi di Sion – nel quale è appena “inciampato” Elio Lannutti, ora senatore 5 Stelle, sommerso dalle polemiche per aver preso per buona quella vecchissima teoria del complotto sionista. Però attenzione, avverte Mazzucco: i Protocolli sono un falso storico, ma il loro contenuto?Siamo così sicuri che sia peregrina, l’idea del “golpe” pianificato dai grandi banchieri per dominare il mondo? Mazzucco lo chiama “il falso del falso”. E spiega: a volte, se un gruppo di potere sa di essere al centro di pesanti sospetti, fa produrre del gossip contro se stesso. Estrema sottigliezza: fabbrichi un documento palesemente farlocco, sapendo già che la frode verrà scoperta. Risultato: liquidato come “fake” il documento, verrà archiviato come “fake” anche il suo contenuto di denuncia. Com’è noto, i Protocolli – presentati come antichi e profetici – vennero invece redatti solo all’inizio del ‘900 dall’Ochrana, la polizia segreta zarista, per poi essere “smascherati” già nel 1921 come un falso, costruito a tavolino. Da quel momento, “bruciati” i Protocolli di Sion, fu ridotto a puro “complottismo” qualsiasi retroscena inerente la scalata al potere da parte della finanza ebraica internazionale, incarnata ad esempio dalla dinastia Rothschild. Siamo certi – si domanda Mazzucco – che dietro a quella cartaccia ci fossero solo gli 007 dello zar, e non anche qualche acutissimo stratega del futuro Nuovo Ordine Mondiale in salsa sionista?Non sarebbe l’unico caso di “falso del falso”, apparente autogoal costruito per silenziare le polemiche, giocando d’anticipo. Un altro esempio perfetto, aggiunge Mazzucco, è quello della celebre “autopsia dell’alieno”, presentata come autentica in un video che fece epoca. «Chi girò quel filmato non poteva non sapere che sarebbe stato smascherato, col risultato di far declassare come “fake news” la notizia retrostante, cioè il misterioso incidente di Roswell». Per anni non si parlò d’altro, negli Usa: l’8 luglio del 1947 il “Roswell Daily Record” citò diversi testimoni che avrebbero visto un’astronave precipitare, in fiamme, nei cieli del New Mexico. L’aviazione si affrettò a mostrare al pubblico i rottami di un pallone sonda. Sì, dissero i testimoni: questo che ci mostrate è un pallone sonda, ma quello che abbiamo visto precipitare era proprio un disco volante. L’eco dell’avvistamento non si spense. Poi saltò fuori il video (troppo grossolano per essere credibile) della pretesa “autopsia dell’alieno” caduto a Roswell: il successivo smascheramento del trucco ebbe l’effetto di far dimenticare il mistero del presunto disco volante in avaria.Non manca chi fa notare che, proprio dopo i fatti di Roswell, furono depositati moltissimi brevetti arospaziali, al punto da far fare un balzo impensabile all’industria aeronautica statunitense. Siamo sempre lì? Al “falso del falso”? Dopo i Protocolli e Roswell, è la volta della Terra Piatta, utile per depennare anche l’11 Settembre? «Un grande ringraziamento – chiosa Mazzucco – a tutti quei fessacchiotti che promovono teorie stupide, perché poi vengono usate – esattamente come ripeto da mesi – per motivi molto diversi». Aggiunge Mazzucco, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”: «Ai tanti che mi chiedevano per quale motivo avessi perso tempo nel fare un video per smontare una scemenza come la teoria della Terra Piatta, ora rispondo: adesso il motivo lo sapete». Se cerchi un contenuto “eretico”, YouTube non porporrà più, in automatico, il collegamento con altri filmati “non ortodossi”, come appunto quelli sull’11 Settembre e sulle “cure miracolose”, vale a dire sulla medicina alternativa o complementare, cui moltissimi pazienti ormai si rivolgono, delusi dai fallimenti della medicina ufficiale.“YouTube contro le teorie stravaganti”, titola “Repubblica”: “La Terra non sarà più piatta”. La video-piattaforma web annuncia che implementerà i filtri, a partire dagli Stati Uniti, per evitare suggerimenti di video «che reclamizzano cure miracolose o asseriscono notizie palesemente false su eventi storici, come l’11 Settembre». Tombola, commenta Massimo Mazzucco: visto a cosa “serve”, un’idiozia come la teoria della Terra Piatta? E’ perfetta, per fare di tutta l’erba un fascio: la barzelletta della Terra Piatta, stranamente strombazzatissima (e mai stroncata con decisione dai solerti “debunker”, normalmente prontissimi a demolire i “complottisti”) ora viene utilizzata per liquidare anche una storia, purtroppo serissima, come quella dell’11 Settembre, cui Mazzucco – regista e video-reporter – ha dedicato anni di studio, realizzando documentari come “Inganno globale” e “La nuova Pearl Harbor”, che smontano da cima a fondo la versione ufficiale, secondo cui le Twin Towers sarebbero crollate esclusivamente per via dell’impatto degli aerei. Manipolazioni infinite e verità a doppio fondo, come la madre di tutte le “fake news” – i Protocolli dei Savi di Sion – nel quale è appena “inciampato” Elio Lannutti, ora senatore 5 Stelle, sommerso dalle polemiche per aver preso per buona quella vecchissima teoria del complotto sionista. Però attenzione, avverte Mazzucco: i Protocolli sono un falso storico, ma il loro contenuto?
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Magaldi: ma non ha vinto Macron, e il mondo sta rinascendo
Neppure la vittoria ai mondiali di calcio salverà il povero Macron? «Non scherziamo: nella finale di Mosca non ha vinto Macron, ma la Francia del 14 luglio: per questo ho festeggiato, cantando la Marsigliese». Gioele Magaldi, ovvero: l’ottimismo della volontà, persino in salsa calcistica. “The times they are a-changing”, cantava Bob Dylan. Era il 1964 e alla Casa Bianca sedeva Lyndon Johnson, fautore della Great Society di ispirazione kennediana, aperta alle minoranze e improntata all’estensione dei diritti. Poi è scesa la grande notte del neoliberismo, che ha deturpato il “nuovo mondo” che sarebbe potuto fiorire dopo il crollo dell’Urss, fino a proporre gli orrori di Bush e la nuova guerra fredda di Obama contro Putin. Ma ora le cose – di nuovo – stanno per cambiare, a quanto pare, su tutti i fronti: basta vedere il feeling che avvicina, a Helsinki, il presidente russo (fresco di Mondiali) e il collega americano Trump, reduce dalla storica pace con la Corea del Nord. Gran maestro del Grande Oriente Democratico nonché presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” che mette in piazza le malefatte dell’oligarchia supermassonica reazionaria, il progressista Magaldi esulta per il trionfo dei “bleus” allo stadio di Mosca, nonostante gli italiani tifassero Croazia. E spiega: «A Parigi come a Washington c’è un humus, un’ideologia che ha dato al mondo democrazia, diritti e libertà, incluso il diritto alla felicità. Sono valori che trasformeranno il pianeta, rendendolo migliore e più giusto».“The times they are a-changing”, sostiene Magaldi nella sua narrazione a puntate, ogni lunedì ai microfoni di “Colors Radio”. Trump e Putin? Appunto: come ampiamente previsto dal presidente del Movimento Roosevelt, l’istrionico Maverick della Casa Bianca sta facendo piazza pulita degli antichi pregiudizi su cui si è fondato il “partito della guerra”, più mercenario che patriottico. Lo Zar del Cremlino? «Non privo di una sua grandezza», riconobbe Magaldi, quando Putin rifiutò di espellere diplomatici americani dopo la cacciata dei funzionari dell’ambasciata russa disposta da Obama. Tutto sta davvero cambiando, giorno per giorno: e infatti ad essere “en marche”, oggi, non è la Francia imbrigliata da Macron, ma l’Italia di Conte: «Il nostro paese – dice Magaldi – potrà tornare a rivestire il suo storico ruolo di “ponte”, con la Russia ma anche con l’Africa e il Medio Oriente: è tempo infatti che vengano archiviate le storiche clausole segrete, connesse a Yalta e ad altri trattati del dopoguerra, che limitavano la nostra libertà d’azione – trattati comunque aggirati, a suo tempo, dalla politica mediterranea dei Mattei e dei Moro».Lo ricorda Giovanni Fasanella in “Colonia Italia”: le superpotenze ci “affidarono” al controllo britannico, a limitare la nostra sovranità. Ora basta, però: «E’ è venuto il tempo di dare all’Italia piena indipendenza e autonomia politica, consentendole di recitare un ruolo di “cerniera di pace” e prima promotrice di un Piano Marshall per l’Africa», dice Magaldi, che – insieme a Patrizia Scanu, neo-segretaria del Movimento Roosevelt – ne riparlerà in autunno a Milano, in un evento dedicato anche all’eredità politica del leader sovranista africano Thomas Sankara. Grande la confusione, intanto, sotto le stelle: restano le sanzioni contro Mosca innescate dalla crisi ucraina, mentre l’Europa «non si capisce cosa voglia e non esiste come soggetto geopolitico». Iperboli: «Trump accusato in casa di “intelligenza col nemico russo” poi rimprovera la Merkel di eccessiva familiarità e connivenza con alcuni interessi russi». E non mancano intrecci personali: «Il “fratello” Putin e la “sorella” Merkel – ricorda Magaldi – furono iniziati già molti anni fa nella stessa Ur-Lodge», la Golden Eurasia. Massoni, appunto: il problema, insiste Magaldi, non è il grembiulino che indossano, ma l’orientamento politico che promuovono.L’ipocrita massonofobia di Di Maio, estesa alla Lega nel “contratto” di governo? I vertici “gialloverdi”, dice Magaldi, temono che i loro elettori (non informati sulla storia patria) scambino la massoneria per un’associazione a delinquere. Magaldi punta il dito contro Elio Lannutti, esponente 5 Stelle, «in passato protagonista di battaglie meritorie». Ora vorrebbe una legge che vietasse ai massoni l’accesso alle cariche statali, sbarrando loro le porte di polizia e magistratura: «Siamo alla follia liberticida, queste cose le hanno fatte i regimi comunisti e fascisti», protesta Magaldi. E attenzione: il tema massoneria (compresa l’avversione ai “grembiulini”) va maneggiato con cura: «Nel 1800 negli Usa sorse un Anti-Masonic Party fondato però da massoni: spesso le campagne antimassoniche, nella storia, sono state progettate da massoni di altro segno, per colpire circuiti massonici opposti ai loro». Non è il caso dell’Italia, dove secondo Magaldi si sconta una semplice ignoranza della materia: si confonde la libera muratoria democratica degli eredi di Garibaldi, Mazzini e Cavour con la P2 di Gelli, braccio operativo della superloggia sovranazionale “Three Eyes”, di natura pericolosamente oligarchica e spesso eversiva. In massoneria, ricorda Magaldi, non possono entrare pregiudicati né possono restarvi soggetti che non rispettino la Costituzione e le leggi. «Aiuteremo gli amici “gialloverdi” a chiarirsi le idee, ma se il pregiudizio antimassonico perdurerà – avverte il gran maestro – faremo i nomi dei massoni progressisti, leghisti e penstastellati, che siedono nel governo Conte e nelle altre istituzioni».Comunque, a parte gli ultimi «untori del culturame antimassonico», nella narrazione magaldiana – massonico-progressista, avversa al lungo dominio della supermassoneria neo-aristocratica – all’indomani dei Mondiali di calcio (e del vertice di Helsinki) c’è posto solo per un cauto ma tenace ottimismo nella riscossa democratica di un mondo globalizzato in modo autoritario. Lo si può vedere, sostiene il presidente del Movimento Roosevelt, a partire dalla cruciale trincea italiana. Al netto delle pretattiche, dice Magaldi, vedrete che arriveranno cambiamenti sostanziali: «E’ vero, in molti sono allarmati perché il ministro Tria insiste troppo sul contenimento del debito pubblico, sul rigore dei conti e sulla rassicurazione dei mercati. Ma si tratta di non fare il gioco degli strumentalizzatori, che a suo tempo hanno infierito su Savona per cercare di impedire la nascita del governo “gialloverde”. Quando però arriveranno misure importanti – pronostica Magaldi – allora sarà chiaro quale paradigma economico si adotterà, rispetto all’Europa e alle voci di spesa. Il povero Tria? E’ stato chiamato per un ruolo in copione che è quello del rassicuratore, ma poi le decisioni non saranno nel senso della continuità. Tant’è che proprio alcune esternazioni di Savona fanno capire qual è la vera sceneggiatura», con un’Italia non più prona ai diktat di Bruxelles.Idem sul capitolo vaccini: non brilla per chiarezza, Giulia Grillo, che infatti non ha sconfessato la legge Lorenzin. «E’ però un passo avanti notevolissimo l’aver eliminato l’odiosa costrizione in stile Gestapo che privava i bambini non vaccinati del diritto all’istruzione». Insomma, si respira un’altra aria, pur in un terreno minato da troppi dogmi – che non la scienza non dovrebbero aver nulla a che fare. Può anche funzionare il concetto dell’immunità di gregge (più vaccinati, meno possibilità di contrarre malattie) ma occorrerebbe un’indagine scientifica molto seria su quanti e quali vaccini vadano somministrati, e se l’eccesso di vaccini non produca effetti controproducenti, come nel caso dei vaccini militari cui il Movimento Roosevelt ha dedicato un convegno a Torino con il vicepresidente della commissione difesa. Non possono mancare libertà e confronto critico, aggiunge Magaldi: «Bisogna denunciare ad alta voce, anzitutto sul piano metodologico, che in Italia – durante il clima plumbeo del governo Gentiloni – chiunque della comunuità scientifica osasse discutere l’idea che andassero propinati 12 vaccini veniva escluso, ghettizzato, calunniato e demonizzato (e parlo di medici anche di grande spessore). Chi osava contrapporsi a quel clima veniva emarginato, se non sanzionato. Sono cose da paese del quarto mondo».Libertà scientifica: chi sostiene la bontà dell’attuale sistema vaccinale, insiste Magaldi, abbia il coraggio e l’onestà di confrontarsi con chi è scettico. «E c’è un problema di mancata sperimentazione: di troppi vaccini non si conoscono gli effetti. Sono tanti gli interrogativi, e solo nell’orizzonte del dubbio (in cui dovrebbe essere connaturata la scienza) il problema si può risolvere». Invece, scontiamo «l’indottrinamento disdicevole da parte di divulgatori come Piero Angela, secondo cui la scienza non è democratica e ha sempre ragione». Per Magaldi, sono «vistosi casi di insipienza storica e ignoranza profonda sulla genesi del metodo scientifico, fondato proprio sul dubbio: la scienza moderna, da cui nasce la nostra tecnologia, è fondata sulla messa in discussione del principio di autorità – che appartiene invece al mondo pre-moderno». Una cosa è vera solo perché lo dicono i detentori di quel sapere? Concezione antica: «Nella comunità scientifica moderna ci devono essere posizioni dissonanti: nessuna ipotesi può essere vera a prescindere». Il nostro paese, aggiunge Magaldi, «è ostaggio anche di cattivi divulgatori di un’idea della scienza che è inconsistente e contraria ai principi della contemporaneità». Ma attenzione: neppure questo “muro” dogmatico resisterà per sempre. Verrà il giorno in cui avremo finalmente «un confronto pacato», che riconosca il ruolo storico di alcuni vaccini per la nostra salute ma, al tempo stesso, valuti – seriamente – l’opportunità e la sicurezza di altri vaccini, nient’affatto scontate.«L’affermazione della democrazia – ricorda Magaldi – è coeva dell’affermazione della scienza moderna: è essenziale la libertà nel valutare le opzioni terapeutiche». Vale per tutto: se si applica il “filtro” della democrazia anche al contesto scientifico, finiscono per crollare miti e verità di fede. Lo stesso principio funziona ovunque si guardi, persino nella polveriera del Medio Oriente: «Credo che verrà il tempo per una pacifica soluzione del conflitto israelo-palestinese», auspica Magaldi, osservando la scena con lucidità: «In fondo l’estremismo di Hamas e quello di Netanyahu si sostengono a vicenda, sono due facce della stessa medaglia: si reggono sull’ostilità reciproca e quindi hanno bisogno l’uno dell’altro. Non a caso ad essere assassinato fu Yitzhak Rabin, il massone progressista che voleva davvero la pace e quindi uno Stato palestinese». Se la ride, Magaldi, pendando agli amici che il 15 luglio davanti al televisore hanno trepidato per la Croazia per avversione nei confronti di Macron. Il capo dell’Eliseo? «Si è reso odioso: è un cicisbeo politico, continuatore delle politiche di Hollande e rappresentante di questo establishment puzzolente dell’attuale Disunione Europea. Con rara ipocrisia e faccia di bronzo ha detto parole inammissibili nei confronti del governo italiano e dell’Italia, nel corso di questa crisi sui migranti». Ma Macron non è la Francia, così come Bush non era l’America: «Guardiamo con amore a questi paesi – chiosa Magaldi – perché tantissimi francesi (come tantissimi statunitensi) insieme a noi cittadini del mondo – italiani, europei, cinesi, giapponesi – dovranno costruire un pianeta più equo, che abbia come faro la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: diritti non solo civili ma, finalmente, anche economici e sociali».Neppure la vittoria ai mondiali di calcio salverà il povero Macron? «Non scherziamo: nella finale di Mosca non ha vinto Macron, ma la Francia del 14 luglio: per questo ho festeggiato, cantando la Marsigliese». Gioele Magaldi, ovvero: l’ottimismo della volontà, persino in salsa calcistica. “The times they are a-changing”, cantava Bob Dylan. Era il 1964 e alla Casa Bianca sedeva Lyndon Johnson, fautore della Great Society di ispirazione kennediana, aperta alle minoranze e improntata all’estensione dei diritti. Poi è scesa la grande notte del neoliberismo, che ha deturpato il “nuovo mondo” che sarebbe potuto fiorire dopo il crollo dell’Urss, fino a proporre gli orrori di Bush e la nuova guerra fredda di Obama contro Putin. Ma ora le cose – di nuovo – stanno per cambiare, a quanto pare, su tutti i fronti: basta vedere il feeling che avvicina, a Helsinki, il presidente russo (fresco di Mondiali) e il collega americano Trump, reduce dalla storica pace con la Corea del Nord. Gran maestro del Grande Oriente Democratico nonché presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” che mette in piazza le malefatte dell’oligarchia supermassonica reazionaria, il progressista Magaldi esulta per il trionfo dei “bleus” allo stadio moscovita, nonostante gli italiani tifassero Croazia. E spiega: «A Parigi come a Washington c’è un humus, un’ideologia che ha dato al mondo democrazia, diritti e libertà, incluso il diritto alla felicità. Sono valori che trasformeranno il pianeta, rendendolo migliore e più giusto».
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Morte di David Rossi, Fracassi: colpa di Draghi il crollo Mps
Siena, 6 marzo 2013. Un uomo precipita dalla finestra, ma non muore sul colpo. Si muove ancora, quando due uomini comparsi dal nulla, nel vicolo sotto la sede centrale del Montepaschi, gli si avvicinano per verificarne le condizioni, prima di sparire. Chi sono? Mistero. «Sappiamo invece chi ha fatto pervenire quel filmato al “New York Post”: è stata la Cia», afferma il reporter Franco Fracassi, ai microfoni di “Border Nights”, a proposito del video (sconvolgente) sulla morte di David Rossi, poi ripreso anche dalle “Iene” e ora disponibile sul web. Insieme a Elio Lannutti, Fracassi è autore del saggio “Morte dei Paschi”, ovvero: dalla drammatica fine di Rossi ai risparmiatori truffati, “ecco chi ha ucciso la banca di Siena”. Suicidio all’italiana? Sappiamo solo che la magistratura ha rinunciato a indagare nella direzione dell’omicidio, dice Fracassi, avendo rapidamente archiviato il caso come, appunto, suicidio. «Certo, resta il fatto che Rossi è volato dalla finestra del suo ufficio appena due giorni dopo l’email in cui annunciava di voler parlare con i magistrati, riguardo al suo ruolo nella banca finita nella bufera». Indagini a parte, per Fracassi il vero colpevole ha un nome preciso: Mario Draghi. «E’ stato lui a far crollare la banca di Siena», determinando il disastro che poi ha portato anche alla morte di David Rossi.Il primo a puntare il dito contro il presidente della Bce è stato Gioele Magaldi, leader del Movimento Roosevelt e autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che svela il ruolo di 36 Ur-Lodges nel “back office” del massimo potere mondiale. Superlogge sovranazionali potentissime, come le 5 organizzazioni di stampo neo-aristocratico alle quali, secondo Magaldi, è affiliato Draghi: sono la “Edmund Burke”, la “Pan-Europa”, la “Der Ring”, nonché due autentiche colonne del mondo supermassonico di segno reazionario, la “Compass Star-Rose/Rosa-Stella Ventorum” e la “Three Eyes”, il club di Kissinger, Rockefeller e Brzesinski. «Quando era governatore di Bankitalia – sostiene Magaldi – Draghi avrebbe dovuto vigilare sulla spericolata acquisizione di Antonveneta da parte della banca senese. Ma non lo fece, così come Anna Maria Tarantola, all’epoca alta funzionaria della Banca d’Italia». La vicenda Mps-Antonveneta è nota: il “Sole 24 Ore” la definisce «la più grande rivalutazione della storia». Il prezzo di Antonveneta, riassume il quotidiano di Confindustria, nel 2007 schizzò in pochi mesi dai 6,6 miliardi pagati dal Banco Santander per comprare l’istituto ai 9,3 (più oneri vari che hanno fatto salire il prezzo definitivo a 10,3 miliardi circa) tirati fuori da Mps.Oltre 10 miliardi, dunque, ai quali «vanno aggiunti almeno altri 7,9 miliardi di debiti di Antonveneta, che l’istituto senese si è accollato». In soli 11 mesi – dal 30 maggio 2008 al 30 aprile 2009 – il Monte dei Paschi «ha effettuato bonifici per oltre 17 miliardi». Soldi che, scrive il “Sole”, «sono finiti ad Amsterdam, Londra e Madrid». Oggi, Franco Fracassi la definisce «la più grande operazione bancaria della storia», avendo coinvolto anche gli olandesi di Abn-Amro, gli inglesi e la Banca Mondiale. «Draghi – insiste Fracassi, a “Border Nights” – ha avuto un ruolo di primo piano, nel disastro del Monte dei Paschi, perché non ha permesso controllo ma, a mio giudizio, ha premuto per la cosa: è stato lui a spingere il Monte dei Paschi nel baratro, perché la banca senese era un tassello fondamentale di questa operazione – che Draghi ha voluto a tutti i costi, e che ha portato alla grande crisi economica, quella che sta devastando tutta l’Europa da ormai dieci anni». Questa crisi, aggiunge Fracassi, è figlia del crack di alcune delle più grandi banche d’Europa, «frutto di un’operazione voluta da Draghi in un momento in cui non bisognava farla, e soprattutto non in maniera così scellerata, come se si avesse voluto gettare l’Europa nel baratro».Perché è successo? «Non credo che Draghi non sapesse che cosa sarebbe potuto accadere», dice sempre Fracassi a “Border Nights”. «Non credo l’abbia fatto per leggerezza. E’ una persona molto intelligente, che sa il fatto suo. E so anche che Draghi è uno dei campioni del neoliberismo: è colui che, quando stava in Goldman Sachs, ha gettato nel baratro la Grecia». Conoscendo l’ideologia neoliberista e le strategie normalmente adottate dall’élite finanziaria euro-atlantica, aggiunge Fracassi, «presumo che ci sia stata la volontà di gettare l’Europa nella crisi». Draghi? «In questo ha avuto un ruolo di primo piano, e il Monte dei Paschi è stata la chiave di volta: quantomeno, quindi – conclude – Draghi ha delle responsabilità morali, per questa vicenda», su cui ora incombe anche il giallo della morte di David Rossi. E quello strano video, che Fracassi attribuisce alla Cia? Proprio la fonte di quelle immagini terribili «dà la dimensione della cosa», aggiunge il giornalista. «E’ un filmato che non dovrebbe esistere, e che teoricamente non dovrebbe avere nulla a che vedere con loro: cosa può importare, alla Cia, di un italiano che si suicida?». Vai a sapere. Sempre Fracassi, a “ByoBlu”, ha rivelato che «il Montepaschi è una delle banche che in questi ultimi 7 anni hanno garantito l’acquisto e la vendita di armi a tutte le parti in conflitto in Siria».Nel libro scritto con Lannutti, Fracassi cerca di capire «chi siano gli assassini di quella che è stata la banca più grande d’Europa». Si parla di armi, di politica, di criminalità organizzata. «Anche il mondo sommerso del crimine, alla fine, passa dalle banche: non è che esiste la Criminal Bank e poi le banche pulite, le banche son banche», dice ancora Fracassi a “Border Nights”. «Tranne forse rari casi virtuosi, la maggior parte delle banche fa queste cose. Il problema è: a che livello, quanto consapevolmente, e quanta ingerenza hanno, questi aspetti, nella gestione complessiva della banca». La crisi di Mps sembra consonante con le recenti notizie sull’assorbimento delle Bcc, le banche di credito cooperativo, raggruppate – per volere della Bce – sono l’ombrello di un unico grande soggetto finanziario, che si teme sarà fatalmente meno attento all’economia dei territori e invece più aperto (come il Montepaschi dopo la fatale svolta) al mercato finanziario internazionale dei titoli tossici. «Il fallimento del Montepaschi, dovuto alla responsabilità quantomeno morale di Mario Draghi – aggiunge Fracassi – ha portato uno sconquasso in tutto il sistema economico e creditizio europeo. E quindi anche nelle banche italiane, che a differenza di altre erano più fragili, trovandosi in una situazione di grande esposizione, per aver fatto fusioni con altre banche e investimenti in Borsa sbagliati, ma soprattutto per la quantità di crediti inesigibili».Di per sé, precisa il giornalista, i crediti inesigibili non fanno crollare una banca, se non molto raramente. «Se però il sistema salta, quei crediti inesigibili diventano insostenibili: durante una crisi econonica, chi ha preso soldi in prestito non riesce a restituirli. E’ una sorta di catena: più banche falliscono, e più rischiano di fallirne». Elementare: «Quando un sistema va in crisi, i più deboli sono i primi a soccombere». E mentre una grande banca ha i suoi paracadute, oltre a essere “too big to fail” (troppo grande per poter fallire), le banche piccole «non hanno quasi protezione, da parte della politica e del sistema finanziario: si appoggiano a piccole realtà locali, che possono entrare in crisi coinvolgendo le banche stesse». E’ la storia recente dell’Unione Europea, sintetizza Fracassi, a rendere esplicita la condanna (non giudiziaria, certo, ma storico-politica) dei super-tecnocrati alla Mario Draghi, onnipotenti registi di una crisi abilmente pilotata per organizzare uno smisurato trasferimento di ricchezza dal basso verso l’alto. Un fenomeno spaventosamente spettacolare, senza eguali nella storia moderna. Il sociologo Luciano Gallino lo chiamava “lotta di classe dei ricchi contro i poveri”. E in attesa che venga alla luce la verità definitiva sulla fine di David Rossi – esecutori e mandanti dell’eventuale omicidio – Franco Fracassi insiste: almeno moralmente, la colpa è di Draghi. Distruggere Mps faceva parte di un piano preciso, che l’ex governatore di Bankitalia, poi promosso alla Bce, non ha certo ostacolato.(Il libro: Elio Lannutti e Franco Fracassi, “Morte dei Paschi. Dal suicidio di David Rossi ai risparmiatori truffati. Ecco chi ha ucciso la banca di Siena”, PaperFirst editore, 280 pagine, 12 euro).Siena, 6 marzo 2013. Un uomo precipita dalla finestra, ma non muore sul colpo. Si muove ancora, quando due uomini comparsi dal nulla, nel vicolo sotto la sede centrale del Montepaschi, gli si avvicinano per verificarne le condizioni, prima di sparire. Chi sono? Mistero. «Sappiamo invece chi ha fatto pervenire quel filmato al “New York Post”: è stata la Cia», afferma il reporter Franco Fracassi, ai microfoni di “Border Nights”, a proposito del video (sconvolgente) sulla morte di David Rossi, poi ripreso anche dalle “Iene” e ora disponibile sul web. Insieme a Elio Lannutti, Fracassi è autore del saggio “Morte dei Paschi”, ovvero: dalla drammatica fine di Rossi ai risparmiatori truffati, “ecco chi ha ucciso la banca di Siena”. Suicidio all’italiana? Sappiamo solo che la magistratura ha rinunciato a indagare nella direzione dell’omicidio, dice Fracassi, avendo rapidamente archiviato il caso come, appunto, suicidio. «Certo, resta il fatto che Rossi è volato dalla finestra del suo ufficio appena due giorni dopo l’email in cui annunciava di voler parlare con i magistrati, riguardo al suo ruolo nella banca finita nella bufera». Indagini a parte, per Fracassi il vero colpevole ha un nome preciso: Mario Draghi. «E’ stato lui a far crollare la banca di Siena», determinando il disastro che poi ha portato anche alla morte di David Rossi.
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Banda d’Italia, “vigila” sulle banche obbedendo ai banchieri
E’ un riflesso condizionato: se uno dice Banca d’Italia a me vengono subito in mente Paolo Baffi, Mario Sarcinelli e Giorgio Ambrosoli, il commissario liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona che pagò con la vita la sua dedizione al Paese, al bene comune, all’onestà e alla verità. Poi, certo, ci sono altri grandi, grandissimi economisti che hanno ricoperto il ruolo di governatore prima di Baffi o che gli sono succeduti, come Carlo Azeglio Ciampi. Ma a me, in quegli anni in cui ero ragazzo, il senso “forte” dell’istituzione Banca d’Italia lo hanno trasmesso quei tre uomini con il loro esempio. Ecco perché ho trovato particolarmente dolorosa la lettura di “La Banda d’Italia” (Chiarelettere), il libro-inchiesta di Elio Lannutti su un’istituzione che da diversi anni ormai sembra essersi trasformata nel contrario di ciò che era. Lettura dolorosa ma rivelatrice di un inganno fattosi sistema attraverso la collusione con i controllati, favorita anche dal meccanismo delle porte girevoli che consentono passaggi “arditi”, come quelli dei molti ispettori e funzionari divenuti dirigenti bancari, per non parlare delle nomine ai più alti livelli dell’istituto centrale concertate con gli azionisti, cioè le banche.Quello che Lannutti mette in luce con la forza dei dati e di quasi trent’anni di battaglie a fianco dei correntisti e dei risparmiatori è un sistema autoreferenziale e omertoso dove la vigilanza viene usata come una clava contro i piccoli per costringerli a consegnarsi ai grandi. Una vigilanza che, contrariamente a quanto accadeva ai tempi di Carli e di Baffi, si guarda bene dal vigilare. O, se vigila, viene annichilita come accaduto non molti anni fa nell’era di Antonio Fazio, l’ultimo governatore “a vita”. O ancora “silenziata”, come dice Lannutti a proposito di Mario Draghi e dell’acquisizione di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi di Siena: «La Banca d’Italia guidata da Mario Draghi nel 2007 sapeva che Antonveneta era un cattivo affare, ma non trasmise le sue informazioni al Monte dei Paschi che la strapagò per 9 miliardi». A luglio il Tesoro diverrà azionista dell’istituto senese – terzo gruppo bancario italiano, tecnicamente “fallito” varie volte in questi anni grazie anche a quell’acquisizione – perché i bilanci sono ancora in perdita e dunque Siena non ha potuto pagare gli interessi sui cosiddetti Monti-bond, i prestiti miliardari gentilmente offerti dallo Stato a spese dei contribuenti.L’elenco dei disastri è lungo ed è costato miliardi ai risparmiatori, ma chi pensa che questo sia l’unico prezzo pagato è un illuso: il costo sistemico è enorme perché le banche italiane sono tre volte più care delle concorrenti europee, ma la Banca d’Italia non se ne preoccupa. Anzi, fornisce dati che sottostimano i costi effettivi delle banche misurati non solo dall’Adusbef, l’associazione degli utenti bancari di cui Lannutti è presidente, ma anche dall’Università Bocconi e da altre prestigiose istituzioni. Peggio ancora: “La Banda d’Italia” denuncia responsabilità precise di Via Nazionale nel mancato contrasto all’usura e sulla pratica dell’anatocismo (cioè il pagamento di interessi sugli interessi) e aggiunge il carico pesante dei privilegi della casta di Via Nazionale che gode non solo di stipendi al di fuori di ogni logica (il governatore della Banca d’Italia, ormai quasi privo di poteri, guadagna molto di più del presidente della Bce e di quello della Fed), ma anche di benefit più consoni a sceicchi che a funzionari pubblici, come l’uso della carta di credito per spese personali fino a 10mila euro al mese e case di lusso a prezzi calmierati. Per non parlare della banca interna riservata ai dipendenti.Quando è iniziata la mutazione genetica della più prestigiosa e antica istituzione italiana? Secondo Lannutti lo spartiacque è stato il 2003, il non accorgersi di quanto stava accadendo a Parmalat con oltre 3 miliardi di Riba (ricevute bancarie) falsificate. Da lì in poi è effettivamente accaduto di tutto: banche di provincia come la Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani balzate improvvisamente ai primi posti della graduatoria nazionale, baci in fronte al governatore, un utilizzo sempre più improprio di due beni preziosi quali l’autonomia e la discrezionalità e l’emergere di un madornale conflitto d’interessi essendo il controllore posseduto per oltre il 90% da banche e assicurazioni su cui esercita poteri di vigilanza e che, tra molti favori e regalie, hanno beneficiato anche della super-rivalutazione delle quote disposta dall’ex ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni, già direttore generale di Bankitalia. Dal caso della Banca dell’Etruria allo strano commissariamento del Banco di Credito di Siracusa, passando per le Coop e i molti casi di svolgimento abusivo dell’attività bancaria: la “Banda d’Italia”, come recita il sottotitolo, è “la prima vera inchiesta su Bankitalia, la super casta degli intoccabili che governa i nostri soldi” e non a caso denuncia le lacune dell’informazione italiana che – salvo rare eccezioni – su Via Nazionale e le sue vicende preferisce far calare la coltre del silenzio.(Francesco Scorza, “Banca d’Italia, l’altra casta. Vigilanza a danno dei piccoli e dei risparmiatori”, dal “Fatto Quotidiano” del 26 giugno 2015. Il libro: Elio Lannutti, “La Banda d’Italia. La prima vera inchiesta su Bankitalia, la super-casta di intoccabili che governa i nostro soldi”, Chiarelettere, 146 pagine, 13 euro).E’ un riflesso condizionato: se uno dice Banca d’Italia a me vengono subito in mente Paolo Baffi, Mario Sarcinelli e Giorgio Ambrosoli, il commissario liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona che pagò con la vita la sua dedizione al Paese, al bene comune, all’onestà e alla verità. Poi, certo, ci sono altri grandi, grandissimi economisti che hanno ricoperto il ruolo di governatore prima di Baffi o che gli sono succeduti, come Carlo Azeglio Ciampi. Ma a me, in quegli anni in cui ero ragazzo, il senso “forte” dell’istituzione Banca d’Italia lo hanno trasmesso quei tre uomini con il loro esempio. Ecco perché ho trovato particolarmente dolorosa la lettura di “La Banda d’Italia” (Chiarelettere), il libro-inchiesta di Elio Lannutti su un’istituzione che da diversi anni ormai sembra essersi trasformata nel contrario di ciò che era. Lettura dolorosa ma rivelatrice di un inganno fattosi sistema attraverso la collusione con i controllati, favorita anche dal meccanismo delle porte girevoli che consentono passaggi “arditi”, come quelli dei molti ispettori e funzionari divenuti dirigenti bancari, per non parlare delle nomine ai più alti livelli dell’istituto centrale concertate con gli azionisti, cioè le banche.
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Il bonus-bebè nasconde 600 euro di rincari per famiglia
«Quando Renzi promette, davanti alle tv del suo alleato Berlusconi, che, bontà sua, darà 80 euro di bonus-bebè, non dice che ad ogni famiglia ne taglierà 606», scrive “Senza Soste”, citando le cifre fornite da “Wall Street Italia”. «Matteo Renzi è un noto venditore di pentolame di scarsa qualità e a caro prezzo: finché la cosa resta tutto nel giro della circonvenzione di incapace, cioè nel suo partito, si può passare oltre, come è accaduto per quelle elezioni finte che chiamano primarie lo scorso anno». Il problema è che Renzi è diventato premier, continua il blog: non raggira più solo i militanti del Pd, ma gli italiani tutti. «Anche chi investe in Borsa si è accorto che Renzi tira fregature». Gli 80 euro alle famiglie con bebè in arrivo? Prontamente compensati «dall’aumento, previsto nella bozza di finanziaria, di pane, pasta, latte». “Wall Street Italia” definisce infatti “una partita di giro” la legge di stabilità: «Entrate e uscite, ma da dove prende i soldi Renzi? Si parla di bonus-bebé e Tfr in busta paga, ma ricadute negative arrivano a 606 euro sulle famiglie».La manovra da 36 miliardi promette un taglio a tasse e spesa, risparmi per 15 miliardi (6 da Regioni ed enti locali, 2 miliardi dalla sanità), un recupero di 3,8 miliardi dall’evasione fiscale. E poi una stretta su fondazioni e fondi pensione, sgravi per partite Iva e figli, uno stop all’Irap sul lavoro e zero contributi nei primi tre anni per le imprese che assumono, nonché il Tfr (volontario) in busta paga. Tutto questo, scrivono su “Wall Street Italia” Elio Lannutti di Adusbef e Rosario Trefiletti di Federconsumatori, «oltre ad infliggere l’ennesimo colpo allo stato sociale, nasconde l’ennesima stangata sui consumatori che potrebbe essere stimata in circa 606 euro per ogni famiglia». Il governo, infatti, con una manon concede 80 euro a circa 10 milioni di occupati – manovra «ancora insufficiente per far ripartire i consumi, che saranno ancora stagnanti per lunghi mesi in una fase di forte depressione economica e di totale sfiducia nella ripresa produttiva» – e con l’altra «addossa a sanità, Regioni ed enti locali oneri per circa 8 miliardi di euro, «che dovranno essere coperti da nuove tasse, stimate in almeno 330 euro per ogni nucleo famigliare, anche per pagare l’Irap delle imprese».Dunque, a conti fatti, si tratta di 330 euro a famiglia dagli 8 miliardi tagli a Regioni e Sanità, coperti con maggiori aliquote fiscali; a questi si aggiungono 14 euro dall’inasprimento della tassazione sulla previdenza e la nuova imposta sui fondi pensione, più 23 euro dall’anticipo Tfr delle banche, e qualcosa come 239 euro «con la prevista clausola di salvaguardia rincaro Iva dal 4 al 10% su pane, latte, pasta». Totale, 606 euro. «Una manovra recessiva con coperture aleatorie, come il recupero di 3,8 miliardi dall’evasione fiscale», annotano Lannutti e Trefiletti. «Mentre i 15 miliardi di revisione della spesa e tagli lineari che dovrebbero arrivare da ministeri (6,1 miliardi) ed enti locali (4 miliardi dalle Regioni, 1,2 miliardi dai Comuni, 1 miliardo dalle Province), addossano in parte alle famiglie, sottoposte ad ulteriori stangate fiscali, il taglio dell’Irap e delle altre provvidenze alle imprese». Tutto da dimostrare che, incassati gli sgravi, le imprese assumeranno in Italia oltre 800.000 lavoratori nel triennio, come enfatizzato dal ministro dell’economia Padoan, invece di delocalizzare in aree più allettanti. «Una manovra che, continuando a salvaguardare con ulteriori garanzie statali gli interessi delle banche, che prendono i soldi dalla Bce al tasso dello 0,15% prestando al 15%, senza destinare risorse adeguate a ricerca ed innovazione, non avrà alcuna capacità di rimettere in moto l’economia e i processi produttivi».«Quando Renzi promette, davanti alle tv del suo alleato Berlusconi, che, bontà sua, darà 80 euro di bonus-bebè, non dice che ad ogni famiglia ne taglierà 606», scrive “Senza Soste”, citando le cifre fornite da “Wall Street Italia”. «Matteo Renzi è un noto venditore di pentolame di scarsa qualità e a caro prezzo: finché la cosa resta tutto nel giro della circonvenzione di incapace, cioè nel suo partito, si può passare oltre, come è accaduto per quelle elezioni finte che chiamano primarie lo scorso anno». Il problema è che Renzi è diventato premier, continua il blog: non raggira più solo i militanti del Pd, ma gli italiani tutti. «Anche chi investe in Borsa si è accorto che Renzi tira fregature». Gli 80 euro alle famiglie con bebè in arrivo? Prontamente compensati «dall’aumento, previsto nella bozza di finanziaria, di pane, pasta, latte». “Wall Street Italia” definisce infatti “una partita di giro” la legge di stabilità: «Entrate e uscite, ma da dove prende i soldi Renzi? Si parla di bonus-bebé e Tfr in busta paga, ma ricadute negative arrivano a 606 euro sulle famiglie».