Archivio del Tag ‘Enrico Letta’
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Lottare per il lavoro: il grido di Bergoglio nel Merkel-day
Sì, la notizia del giorno era la riconferma della cancelliera Angela Merkel. Ma mi son distratto. Ieri la mia città, Cagliari, ospitava Papa Francesco. C’erano quasi quattrocentomila persone a salutarlo in piazza, con un entusiasmo popolare palpabile (e papabile). Si è riversato in poche vie un quarto della popolazione sarda. Sono numeri che dovrebbero fare notizia, perché sono destinati a ripetersi in tante altre realtà che vivranno la Grande Crisi in questi anni. Quel che ho visto ieri a Cagliari – in una regione in cui metà dei giovani non hanno lavoro – lo vedranno in tanti anche altrove. Ho visto un’infinità di disoccupati commossi fino alle lacrime dalle parole del Papa. Mentre il mondo politico che un tempo parlava alle masse non ha più il polso né dei lavoratori né dei poveri, accade invece che il più originale prodotto del peronismo argentino, Jorge Bergoglio, stia entrando nei loro cuori.
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Ancora Merkel: Berlino continua la guerra contro di noi
«Un risultato super», che consentirà «altri quattro anni di successi». Sono le prime parole, agghiaccianti, della regina neoliberista Angela Merkel dopo il trionfo del referendum a cui ha sottoposto se stessa, chiedendo ai tedeschi il via libera per continuare a far precipitare nel baratro il resto dell’Europa. Con oltre il 40% dei voti e ora la prospettiva di prolungare fino a 12 anni la propria stagione di potere, la Merkel è il primo leader di un paese europeo a ottenere la conferma degli elettori dopo l’inizio della grande crisi, la tempesta economico-finanziaria innescata dall’Eurozona. “Alternativa per la Germania”, il partito anti-euro, non entra neppure in Parlamento, dove probabilmente anche la cancelliera dovrà rassegnarsi alle “larghe intese” con l’incolore Spd, mentre né i Verdi né la Linke hanno mai attaccato frontalmente – come necessario – il sistema egemonico dell’Unione Europea che mette in croce i popoli, cominciando dai più deboli. Con il plebiscito tributatole dai tedeschi, a cui ha mentito – raccontando loro di aver frenato il Sud Europa “spendaccione” – la Merkel rischia di far impallidire persino il ricordo della “strega” Margaret Thatcher.
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Amoroso: via dall’euro, o facciamo la fine della Jugoslavia
La ricreazione è finita, presto vi dovrete arrangiare anche per le pensioni. Questo, in sintesi, il discorso-choc che il sovrano olandese Guglielmo Alessandro ha rivolto alla nazione: la globalizzazione impone anche all’Olanda l’addio al glorioso sistema del welfare e delle protezioni sociali. E’ l’élite, direttamente, che parla: la stessa élite feudale che si è impadronita della moneta, imponendoci l’Eurozona, per poi dirci: scusate, non ci sono più soldi. Falso. I soldi li “fabbricano” loro, mentre a mancare sono i politici in grado di difenderci. Enrico Letta, che rincorre i diktat della Merkel, governa con Berlusconi, che nel suo videomessaggio del 18 settembre, di fronte alla catastrofe economica dell’Italia, proclama: «Occorre imboccare la strada maestra del liberalismo: meno Stato, meno spesa pubblica». Il liberismo: cioè il tunnel senza uscita del quale siamo già prigionieri, da vent’anni. Attenti, avverte il professor Bruno Amoroso: di questo passo, già a novembre sprofonderemo nel baratro della Grecia, saremo esposti a tempeste mai viste e rischiamo di fare la fine della Jugoslavia.
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Grillo e l’alternativa all’ultimo mangime per polli: Renzi
«Caro Giulietto, perché non ti unisci a Beppe Grillo? In fondo la pensate allo stesso modo, e l’unione fa la forza». Appunto, replica Giulietto Chiesa su “Megachip” a un lettore del suo spazio Facebook, Christian Bata Batildi: proprio perché non basterebbe neppure il 51%, come disse Berlinguer dopo il golpe in Cile, serve un’alleanza più vasta del 25% di Grillo: «Troppo forte è il nemico e lo sono i mezzi che ha a disposizione, nazionali e internazionali: guai a sottovalutare la forza dei Padroni Universali e dei loro maggiordomi locali». Tra essi primeggia il sindaco di Firenze: «Che qualcuno possa seguire addirittura con stima e attenzione le sorti del signor Renzi, conferma solo l’inveterata abitudine di una parte degli italiani a fare la parte dei polli», taglia corto sempre su “Megachip” Paolo Bartolini. «Se la nuova politica passa di qui siamo finiti». Eppure, è proprio su Renzi che sono puntati, ogni giorno, i riflettori dei media. Mentre l’Italia sta affrontando un disastro epocale, senza via d’uscita.
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Bagnai: chi svende l’Italia fa un regalo alle banche estere
Italia svendesi: Enel, Eni, Finmeccanica. Tra i “gioielli di famiglia” che potrebbero essere ceduti, il presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, include anche l’Ansaldo. Svendere i pezzi pregiati della nostra industria strategica: operazione sensata? «Dal punto di vista economico, no», risponde Alberto Bagnai, economista dell’università di Pescara: «Il tentativo di abbattere il debito tramite la cessione di attività pubbliche si è sempre rivelato un fallimento: ogni volta che si è proceduto in questa maniera, lo stock di debito non è stato sensibilmente intaccato; in compenso, lo Stato si è privato di una importante fonte di entrate». È evidente, aggiunge Bagnai, che se un’azienda viene ceduta all’estero (il governo Letta infatti parla di “afflusso di capitali esteri”) i suoi profitti andranno fuori dall’Italia. Lo ha ammesso persino Romano Prodi, regista delle prime grandi svendite degli anni ’90.
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Barnard: perché la verità non avrà mai spazio in televisione
«Voi vi siete accorti di aver un presidente del consiglio? Io no. Letta non è, è nulla, non so come dire: impalpabile, aria fritta, un ologramma pallido». Paolo Barnard guarda oltralpe: «I francesi si sono accorti che per fare pareggio di bilancio e per arrivare al 3% di deficit dovrebbero devastare tutta la loro piccola, media e grande industria nazionale, imponendole tasse impossibili». Così, il ministro francese delle finanze, Pierre Moscovici, ha avvertito Draghi, la Commissione Europea e la Germania: la Francia non rispetterà né il pareggio di bilancio né il contenimento del deficit entro il 3% del Pil. «Poi ci siamo noi, quelli che fanno pietà, con l’ologramma pallido che ci guida», incapace di spendere – per ricostruire l’Aquila – lo 0,1% di quello che spenderanno i francesi. Insieme all’Aquila, «rimarranno distrutti i nostri imprenditori tassati dal 50 al 70%, i nostri disoccupati, la nostra economia». Con il contributo decisivo di chi depista l’informazione: i media, che oscurano la verità e puntano tutto su intrattenitori finto-alternativi.
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Mafia, misteri e affari: quelle strane amnesie sulla val Susa
Prendersela coi giornalisti italiani non è cosa di cui si possa andare fieri: prima di tutto perché è come sparare sulla croce rossa, poi perché si è in (assai) cattiva compagnia: da Cicchitto a Bondi alla Santanché ma passando per D’Alema che lo fanno un giorno sì e uno anche, tranne che nei confronti dei loro “biografi quotidiani” profumatamente pagati tramite finanziamento pubblico. Del resto non è colpa mia se in Italia non esistono gli “editori puri”, tranne poche lodevoli e circoscritte situazioni. Né posso farmi carico del percorso che ha portato ad approdi generalmente più confortevoli anche la maggior parte di coloro che nei primi anni aspiravano a dare attraverso il giornalismo il proprio personale contributo alla rivoluzione – che evidentemente ritenevano imminente. Nel caso di questi ultimi, alla perdita dell’indipendenza di giudizio va aggiunta anche una ulteriore tara che appesantisce non poco le loro cronache: il doversi rapportare con persone che per caso o per determinazione sono rimaste per quanto possibile più coerenti verso le idee che un tempo li accomunavano: persone spesso conosciute o addirittura frequentate negli anni della meglio gioventù.
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Berlusconi affondato perché voleva portaci fuori dall’euro
Comincio a pensare che la Bce non sia una banca centrale, ma la vera sede del governo italiano, visto le sempre maggiori conferme che giungono in tal senso. L’ultima, a dir poco inquietante, è contenuta nel nuovo libro dell’ex membro del consiglio esecutivo dell’Eurotower, Lorenzo Bini Smaghi, “Morire di austerity”. Ovvero, nell’ottobre-novembre 2011 Silvio Berlusconi stava seriamente ponendo in essere un piano per far uscire l’Italia dall’euro, ragione che portò al suo immediato allontanamento da Palazzo Chigi per volontà dei “gendarmi” dell’Eurozona. A seguito, «nel 2011 l’Italia aveva formulato dei piani per uscire dall’euro» (Ambrose Evans-Pritchard, blogs.telegraph.co.uk). Nello specifico, il Cavaliere avrebbe discusso del ritiro italiano dalla moneta unica durante meeting privati con altri governanti europei, con ogni probabilità Angela Merkel e Nicolas Sarkozy.
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Grazie a Putin e al Papa, benché meno intelligenti di Letta
Se un dubbio poteva essere rimasto, a dissiparlo ha provveduto il presidente del Consiglio Enrico Letta. Prima ha schierato l’Italia, senza chiedere nemmeno uno straccio di autorizzazione al Parlamento, tra gli otto paesi (altri dieci, tra i venti riuniti a San Pietroburgo, si sono rifiutati) che si candidano a sostenere acriticamente l’azione che Stati Uniti e Francia preparano ai danni della Siria. Poi, con quella sua aria da professorino, concentrato e salvifico, se n’è uscito con una dichiarazione dal grande significato rivelatore: «Una cosa è certa: l’Italia starà sempre dalla parte di chi considera l’utilizzo delle armi chimiche come un crimine contro l’umanità». E meno male, viene da dire. Le altre armi, da quelle all’uranio impoverito alle bombe a grappolo, dai missili “intelligenti” a quelli chirurgici (delle quali i “liberatori” della Siria, gli stessi che hanno recentemente regalato un presente di grande serenità e democrazia a Egitto, Libia e Tunisia, faranno presto largo uso), sono invece equiparabili alle caramelle in vendita nelle bancarelle della festa paesana.
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Ma Letta che fa, lascia o raddoppia? E chi se ne frega
Ma allora il governo Letta che fa, cade insieme a Berlusconi o tira avanti? Risposta: non ce ne può fregare di meno – del governo Letta, e anche di quello che verrà dopo, fosse pure guidato dal giovane Renzi. Tanto, non sono loro a decidere, si limitano a prendere ordini: quelli che il Cavaliere – amico di Gheddafi e di Putin – non era sempre così propenso ad eseguire, nei ritagli di tempo tra affari, processi e le “cena eleganti” di Arcore. Quisquilie, comunque, di fronte al dramma: l’Italia è totalmente in mani straniere. Al punto che, con questa offerta politica, i cittadini potrebbero fare a meno di votare. Prima Bersani, il Nulla fatto a candidato, e ora il sindaco di Firenze, a fronteggiare – si fa per dire – la corte del vecchio Silvio. Ma è solo teatro. I diktat sono a monte, a prescindere: non possiamo spendere più un soldo di nostra iniziativa, siamo controllati al centesimo. E spediti in guerra, pure, su inziativa del Sommo Potere Egemone. Idee ormai ricorrenti, rarissime però da ascoltare in televisione. A colmare la lacuna, per una volta, provvede Roberto D’Agostino.
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Un G20 storico, se i Brics fermano i predoni del pianeta
L’irruzione dei Brics nel G20 dimostra che i tempi stanno per cambiare: non potrà più essere solo Washington a dettare le regole del gioco. Una lunghissima stagione egemonica, dopo Yalta e Bretton Woods, forzata nel ’71 con la fine del Golden Exchange Standard, evento che fece crollare tutto l’impianto, «figlio della Rivoluzione Francese ed elaborato dalla massoneria mondiale». Fu in quell’occasione, rileva Glauco Benigni, che «la volontà di egemonia di una minoranza» si impose apertamente «contro il resto dell’umanità»: e il pianeta «paga tuttora quel progetto», che consente al dollaro di considerarsi (al 65%) moneta di riserva mondiale, quindi stampabile all’infinito, «solo perchè garantito e “coperto” dal bisogno di petrolio degli umani». Se la Guerra del Kippur nel ’73 siglò il secondo atto della tragedia e la caduta del Muro di Berlino una nuova pace provvisoria, lo scoppio del Nasdaq nel 1999 fu l’alba della nuova era, quella dalla quale il mondo sta ora cercando affannosamente di uscire.
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Denaro, sudditi e sovrani: decide tutto una lobby criminale
Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, durante la recente presentazione a Napoli del suo nuovo libro “La Repubblica delle stragi impunite”, ha affermato: «Il Gruppo Bilderberg è uno dei responsabili della strategia della tensione, e quindi anche delle stragi». Imposimato riferisce di aver trovato per la prima volta menzione della parola Bilderberg nelle carte delle indagini del giudice Emilio Alessandrini, che «venne assassinato durante gli anni di piombo da un “commando” del gruppo terroristico Prima Linea». Tra gli italiani componenti del Gruppo Bildenberg e della Trilateral Commission compaiano Mario Monti, ex presidente del Consiglio, John Elkann, presidente del gruppo Fiat, Pier Francesco Guarguaglini, ex presidente di Finmeccanica, Marco Tronchetti Provera, presidente di Pirelli, ed Enrico Letta, vicesegretario del Partito democratico e attuale presidente del Consiglio.