Archivio del Tag ‘formiche’
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Malvezzi: Juncker ubriaco, emblema di un’Europa che crolla
Vedere quelle immagini produce tristezza. Un vecchio che oscilla, incapace di reggersi sulle proprie gambe, ridanciano e scomposto nei gesti, articolando parole che, immagino, siano sconnesse come i suoi pensieri. Ad alcuni, compresi primi ministri, provoca involontaria risata, soffocata dall’imbarazzo. Perché questo indecoroso spettacolo pubblico non è elargito da un barbone in una qualunque stazione dei treni italiana. Questa scena imbarazzante è proposta in mondo visione da un signore che, degli italiani, ha spesso formulato giudizi critici, sprezzanti, al limite dell’offesa e del buon gusto. Questo signore è il presidente della Commissione Europea, Juncker, cioè il vertice del governo che decide sulla vita di noi tutti, cittadini europei, italiani baffi neri e mandolino, mafia e spaghetti compresi. Quando tu, Juncker, dicevi ancora recentemente che gli italiani dovrebbero recuperare competitività, lavorare di più, essere meno corrotti e non accusare l’Europa dei propri mali, parlavi come presidente di tutti noi, sudditi spreconi della nostra vita. Ma noi non siamo tutti mafiosi e non balliamo come cicale aspettando che le operose formiche del nord Europa lavorino per noi. Se non altro, noi camminiamo eretti sulle nostre gambe, e non abbiamo bisogno di nessuno che ci sostenga.Ti ricordo, presidente, che il bilancio dell’Italia nei confronti dell’Unione Europea è a credito per decine di miliardi, a differenza di quanto la tua vergognosa narrazione (e quella dei tuoi tanti servili cortigiani) tende a far credere. Da creditore, pertanto, sono a dirti esattamente l’opposto di quanto affermi. L’Italia lavora in ore medie lavorate pro capite più di tanti altri paesi del nord, Germania compresa. La nostra inefficienza, te lo scrivo da economista, è dovuta a una moneta senza Stato, che in un sistema a cambi fissi e in un modello predatorio ha avvantaggiato gli uni e penalizzato altri. Ti dirò di più; è stato fatto per quello. Solo che questo popolo ora si è stancato di vedere imprenditori suicidarsi in onore delle vostre presunte “riforme”. Questo popolo si è stancato di tagliare le pensioni per far quadrare bilanci che non possono quadrare, perché sono gli interessi sul debito verso banche private e non più pubbliche a mangiarli. Questo popolo si è stancato di perdere posti di lavoro in onore della vostra “produttività”, che si dovrebbe chiamare come è: deflazione salariale.Questo popolo si è stancato di tagliare la spesa pubblica per gli anziani non autosufficienti, per i malati di cancro negli ospedali, per i posti di lavoro dei giovani disperati costretti ad emigrare, mentre voi organizzate spostamenti di massa tra continenti per abbassare la competitività salariale, con una lotta tra poveri. Questo popolo si è stancato di credere alla favola dello spread e dei “mercati”, perché ha capito che una banca centrale, se vuole, può metterli a tacere per il bene del popolo, comprando i titoli dello Stato oggetto di speculazione privata. E a chi mi dice che questa sia demagogia, caro signore, da economista rispondo con un garbato “vaffanculo”. Lo faccio in memoria degli imprenditori suicidi di Stato, dei risparmiatori truffati dal bail-in, dei poveri senza lavoro e speranza. Quella scena di te che oscilli tra i grandi delle Terra rimarrà indelebile nella memoria di milioni di persone. Quella resterà nei libri di storia, te lo dico oggi, come una pagina memorabile.Il tuo oscillare, dopo tanti anni di sicumera ed arroganza, dopo aver offeso un intero popolo, rimarrà ad imperitura memoria della caduta del vostro potere. Tu sei il simbolo cadente, Juncker, di un potere decadente. Ti possono sostenere membri della corte compiacenti, come nei penosi filmati che circolano in rete tutto il mondo ha potuto vedere. Non ti potranno sostenere in eterno, perché la rabbia del popolo oppresso è inarrestabile, e colma ne è la misura. La tua traballante camminata, su quel tappeto rosso, produce ilarità. Bene lo spiegava Pirandello – un grande italiano, sai? – nel fatto che l’imprevisto provoca il riso. Ma dopo quel riso, la riflessione è amara è ineluttabile. Tu sei il simbolo, insostenibile e indifendibile, della barcollante tenuta di un sistema oligarchico di potere che, irrispettoso del bene e del volere del popolo, lo ha oppresso per vent’anni. Potrete offenderci con le parole; potrete chiamarci demagoghi o populisti, retrogradi o qualunquisti, razzisti o nazionalisti. Non potrete fermare l’ineluttabilità degli eventi, come non si può sorreggere un corpo senza più energia dalla forza di gravità.L’Unione Europea dei burocrati, dei prevaricatori, dei legislatori che pretendono di sfuggire al giudizio popolare non potrà reggersi a lungo, perché priva delle gambe della moralità. Un’Europa che ha anteposto alla legge del cuore quella del portafoglio non può andare lontano. Un’Europa che si preoccupa più dei mercati che dei suoi cittadini non potrà coesistere con le loro speranze. Un’Europa che antepone la finanza alla morale non ha più futuro. Io ti dico oggi che la tua incerta e indecorosa camminata, in un traballante contesto ufficiale, non è altro che la simbolica anticipazione di un’ineluttabile caduta di un intero centro di potere illiberale, non democratico e oligarchico. Quel tipo di Europa cadrà, prima o poi. E io sarò lì a vederlo e a segnarlo sui libri di storia, come tanti miei concittadini italiani, donne e uomini dalle gambe salde e dal cuore puro. Ti manderemo un biglietto in tanti, quando quella Europa, la vostra e non certo la nostra, cadrà. Lo faremo ricordando un verso in endecasillabi di un altro grande Italiano, un poeta che ricordava che esiste l’inferno, ma poi c’è il paradiso. “E cadde come corpo morto cade”. Sul mittente di quella missiva leggerai: un italiano come tanti.(Valerio Malvezzi, “Quando l’Europa barcolla, spettacolo Juncker”, da “Scenari Economici” del 13 luglio 2018).Vedere quelle immagini produce tristezza. Un vecchio che oscilla, incapace di reggersi sulle proprie gambe, ridanciano e scomposto nei gesti, articolando parole che, immagino, siano sconnesse come i suoi pensieri. Ad alcuni, compresi primi ministri, provoca involontaria risata, soffocata dall’imbarazzo. Perché questo indecoroso spettacolo pubblico non è elargito da un barbone in una qualunque stazione dei treni italiana. Questa scena imbarazzante è proposta in mondo visione da un signore che, degli italiani, ha spesso formulato giudizi critici, sprezzanti, al limite dell’offesa e del buon gusto. Questo signore è il presidente della Commissione Europea, Juncker, cioè il vertice del governo che decide sulla vita di noi tutti, cittadini europei, italiani baffi neri e mandolino, mafia e spaghetti compresi. Quando tu, Juncker, dicevi ancora recentemente che gli italiani dovrebbero recuperare competitività, lavorare di più, essere meno corrotti e non accusare l’Europa dei propri mali, parlavi come presidente di tutti noi, sudditi spreconi della nostra vita. Ma noi non siamo tutti mafiosi e non balliamo come cicale aspettando che le operose formiche del nord Europa lavorino per noi. Se non altro, noi camminiamo eretti sulle nostre gambe, e non abbiamo bisogno di nessuno che ci sostenga.
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Linkiesta: caso Banca Etruria, ma Saviano ci è o ci fa?
Sul crac delle piccole banche salvate dal governo si è detto talmente tanto che, come ha ricordato qualcuno su Facebook «abbiamo scoperto di essere un popolo di sessanta milioni di esperti di obbligazioni subordinate». Tra quei sessanta milioni, l’11 dicembre, ha detto la sua anche l’autore di “Gomorra” Roberto Saviano, che ha affidato a “Il Post” una lunga riflessione dal titolo “La moglie di Cesare e il padre di Maria Elena Boschi”. Il succo del ragionamento di Saviano è piuttosto semplice. Banca Etruria era tecnicamente fallita prima che il governo la salvasse – insieme a Banca Marche, Carife e Cassa di Risparmio di Chieti. Il vicepresidente di Banca Etruria è il padre del ministro Maria Elena Boschi, esponente di primo piano del governo in carica. Ergo, la ministra Boschi si deve dimettere. E chi non le chiede di dimettersi è connivente e pavido di fronte a un potere che è ancora più forte e senza argini di quello dell’orrido Berlusconi.Prima questione. Banca Etruria e le altre banche erano tecnicamente fallite? Probabilmente sì. E se il governo non fosse intervenuto com’è intervenuto, agli azionisti, agli obbligazionisti, ai correntisti, alle famiglie e alle imprese cui le banche avevano concesso credito sarebbe andata molto peggio, come ha spiegato molto bene il direttore di “Formiche” Michele Arnese in uno degli articoli più chiari e completi sulla vicenda. Voleva questo, Saviano? Sperava che le quattro banche fallissero? Che anche i correntisti, le famiglie e le imprese pagassero come hanno pagato gli azionisti e gli obbligazionisti? Evidentemente sì. Allora non si capisce perché, solo poche righe dopo, il giornalista-scrittore parli con trasporto della «tragedia che ha colpito Luigino D’Angelo, il pensionato che si è suicidato dopo aver perso tutti i risparmi depositati alla Banca Etruria», come se fosse stato il governo, salvando le quattro banche, a spingerlo al suicidio, come se qualunque altra soluzione non avrebbe messo lui e molti altri nella medesima situazione. Quindi, giusto per mettere un punto e a capo: non è il governo che ha spinto al suicidio Luigino D’Angelo, bensì i guai della banca a cui aveva affidato tutti i suoi risparmi. L’intervento del governo, semmai, ha evitato disastri peggiori.Seconda questione. Se Josefa Idem si è dimessa per un piccolo caso di evasione fiscale, la ministra Boschi dovrebbe dimettersi perché suo padre «è» il vicepresidente di una delle quattro banche tecnicamente fallite e salvate dal governo. «È», dice Saviano. Indicativo presente. E non pago, definisce Banca Etruria «la banca di suo padre», come se la sede dell’istituto di credito fosse nel giardino di casa Boschi. Piccolo dettaglio: Pier Luigi Boschi è stato sì in passato, vicepresidente di quella banca, ma per soli otto mesi. Dettaglio non irrilevante, ai fini dell’invettiva. Peraltro, se la Idem si è dimessa per un caso che riguardava lei stessa, non vediamo perché la Boschi dovrebbe dimettersi per un caso che – fino a che il diritto non dirà che le colpe dei padri ricadono sui figli, perlomeno – non la riguarda personalmente. Per opportunità? O meglio, per rispondere alla «carica moralizzatrice del Movimento Cinque Stelle», che altro non è che la presunzione di colpevolezza, sempre, comunque e a prescindere, pure indiretta in questo caso? No grazie, caro Roberto.Terza questione: fino a ieri, dice Saviano, c’era una folta schiera di scrittori, giornalisti, intellettuali che «si sono sentiti investiti di monitorare cosa stesse accadendo alla politica italiana». Perché c’era Berlusconi, il Caimano. È grazie a loro, sostiene, se non siamo diventati la Russia di Putin e la Turchia di Erdogan. Cosa che, sottintende, potrebbe succedere oggi, perché «l’opinione pubblica è più indulgente. I media sono più indulgenti». «Perché – si chiede – sotto Berlusconi non ci si limitava a distinguere tra responsabilità politica e opportunità politica, ma si era giustizialisti sempre?». Tradotto: belli i tempi in cui si poteva beatamente sorvolare il merito delle questioni in nome dell’emergenza democratica.Delle due, una, quindi. Se Saviano è davvero convinto di quel che dice – che le banche non andassero salvate, che è stato il salvataggio di Banca Etruria ad aver ammazzato Luigino D’Angelo, che Banca Etruria sia «la banca di Pier Luigi Boschi», che per questo sua figlia dovrebbe rimettere il mandato e che chi non la pensa come lui è connivente con una specie di regime peggiore di quello di Berlusconi – possiamo chiuderla qui, stendendo un velo di pietosa indifferenza sul suo intervento. Se invece ha usato una tragedia umana – non umanitaria, come dice il ministro Padoan, ma umana – per attaccare il governo Renzi – o, peggio ancora, per legittimarsi come capopopolo dei suoi oppositori, di veli pietosi ne servirebbero ben più d’uno.(Francesco Cancellato, “Caso Banca Etruria: ma Saviano ci è o ci fa?”, da “Linkiesta” del 12 dicembre 2015).Sul crac delle piccole banche salvate dal governo si è detto talmente tanto che, come ha ricordato qualcuno su Facebook «abbiamo scoperto di essere un popolo di sessanta milioni di esperti di obbligazioni subordinate». Tra quei sessanta milioni, l’11 dicembre, ha detto la sua anche l’autore di “Gomorra” Roberto Saviano, che ha affidato a “Il Post” una lunga riflessione dal titolo “La moglie di Cesare e il padre di Maria Elena Boschi”. Il succo del ragionamento di Saviano è piuttosto semplice. Banca Etruria era tecnicamente fallita prima che il governo la salvasse – insieme a Banca Marche, Carife e Cassa di Risparmio di Chieti. Il vicepresidente di Banca Etruria è il padre del ministro Maria Elena Boschi, esponente di primo piano del governo in carica. Ergo, la ministra Boschi si deve dimettere. E chi non le chiede di dimettersi è connivente e pavido di fronte a un potere che è ancora più forte e senza argini di quello dell’orrido Berlusconi.