Archivio del Tag ‘Francesco Polacchi’
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Feltrinelli espelle Altaforte: la vergogna di Torino continua
Che spiegazione dare dell’incidente del Salone del Libro di Torino, dove la casa editrice Altaforte è stata esclusa perché ritenuta vicina a CasaPound, movimento peraltro considerato perfettamente legale? Io sono un militante di CasaPound, e non l’ho mai nascosto. Altaforte invece è indipendente da CasaPound. E’ talmente indipendente da pubblicare un libro-intervista del ministro dell’interno Salvini, che di fatto è uno dei principali competitor del movimento. Per questo ho vissuto un conflitto personale. Poi mi sono arreso, perché comunque una casa editrice deve provare a fare anche delle provocazioni culturali. Questa poi non è nemmeno una provocazione, è solo un’intervista all’uomo più in vista del momento. E dato che la casa editrice si definisce sovranista, è chiaro che ha cercato di coinvolgere l’uomo che in questo momento sta portando in auge proprio questo tema. Le spiegazioni che mi sono dato, purtroppo, sono legate anche ai numeri del Salone del Libro: nel 2015 la rassegna torinese contata 300.000 ingressi. Poi c’è stato un lento decadimento: fino ad arrivare al 2019, quando ha perso più della metà dei visitatori (in soli quattro anni). Questo perché? Bastava andare a vedere gli stand del democraticissimo Salone del Libro per rendersi conto che era diventato una specie di centro sociale. Erano evidenziate in ogni modo bandiere antifasciste, scritte “qui c’è un editore antifascista”.Il che significa, secondo me, che esiste una sorta di lobby del pensiero, di lobby della cultura, che si sta stringendo in un proprio giardinetto, che alla fine non darà più né fiori né frutti. Lo dico tenendo conto di alcune persone che hanno influenzato la vicenda di Altaforte a Torino, in particolare Christian Raimo, consulente editoriale del Salone: in un post su Facebook ha scritto che la politica è una questione occupazione di spazi, e quindi Altaforte non aveva diritto a quello spazio. Ebbene, questo gli si è ritorto contro. Perché, rispetto all’anno precedente, il Salone ha perso altri 20.000 visitatori (sono scesi a 160.000). Chiara Giannini, l’autrice di “Io sono Matteo Salvini”, sostiene che è stato un attacco al capo della Lega. Sicuramente è stato un attacco a tutto tondo, anche a Salvini, perché è il personaggio più scomodo e più inviso alla sinistra italiana. Senza fargli pubblicità, devo dire però che sta mantenendo le promesse che aveva fatto in campagna elettorale (a differenza, forse, di quello che fanno a sinistra). Però secondo me sono molto scomode anche altre tematiche, che noi trattiamo. Per esempio l’immigrazione, con il libro di Francesca Totolo “Inferno SpA”. Abbiamo trattato il tema del colonialismo francese in Africa con il libro “I coloni dell’austerity”, di Ilaria Bifarini, che parla del franco Cfa (e di fatto mi permetto anche di dire che, secondo me, siamo stati noi a riportarlo in auge circa quattro mesi fa, all’epoca della mini-crisi diplomatica fra Italia e Francia).Poi abbiamo trattato il tema del neo-femminismo, quindi la lobby che sta dietro al mondo Lgbt, con un bellissimo libro di Francesco Borgonovo, “L’era delle streghe”. Sicuramente abbiamo trattato il tema dell’Unione Europea e dell’euro con un libro di Marco Mori, “La morte della Repubblica”. E abbiamo altri testi interessanti, come “La nazione fatidica” di Adriano Scianca. Noi siamo nati appena 8 mesi fa. E’ chiaro che tutto questo rumore non ce l’aspettavamo, sono sincero. Però, ecco: c’è un attacco a tutto tondo. Io stesso indagato? A quanto pare è stato fatto un esposto – per apologia di fascismo – da parte del sindaco di Torino, Chiara Appendino, e del presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino. Quello che mi si contesta è un reato d’opinione, riferendosi a mie dichiarazioni. Premetto: non mi pento di nulla di ciò che ho detto, ma sono cose che tenderei a non ripetere, qui, anche perché devo chiarire la mia posizione di fronte alle autorità giudiziarie, che avranno il compito di appurare se quelle mie dichiarazioni sono un reato o meno. Io intanto le anticipo, dicendo che il reato non c’è. Comunque è assurdo, secondo me, il fatto che oggi il reato d’opinione esista ancora.Ho subito un blitz – anche simpatico – da parte di Filippo Roma de “Le Iene”, che mi è venuto a fare un po’ di provocazioni (anche scherzose, per una volta) e insieme abbiamo scherzato sul discorso della libertà di espressione. La nostra Costituzione viene sbandierata moltissimo, dalla sinistra, che forse non la legge più da tanto tempo: altrimenti si ricorderebbe che esiste un articolo, il 21, che consente la libertà di parola. A Filippo Roma ho fatto questa battuta: è mai possibile che io venga accusato in questo modo, mentre durante il fascismo, il 1° maggio 1925, Benedetto Croce potè firmare il Manifesto degli Intellettuali Antifascisti senza ricevere nessun tipo di censura da parte del regime? Nel 2019, invece, Francesco Polacchi (che per carità, non si permette neanche lontanamente di paragonarsi a Croce) non può presentare un libro-intervista su un uomo che verrà votato da un italiano su tre. E’ un po’ bizzarra, la situazione. Ci ha giovato, l’inatteso clamore del Salone di Torino? C’è chi rispolvera il vecchio adagio: bene o male, purchè se ne parli. In realtà io sono scettico: secondo me, questo libro aveva già di per sé un potenziale incredibile di vendita.Comunque, Matteo Salvini verrà votato, verosimilmente, da otto milioni di persone. E il fatto che in questo momento il libro sia in cima alla classifica di Amazon non dipende solo dalla polemica torinese. Salvini è comunque l’uomo del momento, che ha trasformato un partito del 4% portandolo probabilmente al 30-35% nell’arco di tre-quattro anni. Ha sicuramente un consenso incredibile. Quindi, secondo me, tutta la vicenda di Torino ci ha comunque danneggiato. Sono convinto che, al Salone del Libro, senza la rescissione del contratto avremmo venduto qualche migliaio di libri. Dunque a mio parere ci è stato inflitto un danno gravissimo, anche perché poi la Feltrinelli – e non solo lei – ha chiuso il canale distributivo per Altaforte: hanno quindi creato un danno anche commerciale, per la distribuzione. Immagino abbiano ricevuto pressioni, sia esterne che interne, per non far espandere la nostra casa editrice. E questo è gravissimo, perché ne va della reperibilità dei libri – non solo quello di Salvini, ma proprio tutti i titoli di Altaforte. Per carità, loro possono fare le loro scelte. E noi inviteremo i clienti ad acquistare i nostri libri da altre parti.(Francesco Polacchi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti in apertura della puntata di “Border Nights” del 14 maggio 2019. Polacchi, esponente di CasaPound, è il referente della casa editrice Altaforte, clamorosamente espulsa dal Salone del Libro di Torino per la polemica scoppiata in relazione a passate dichiarazioni dello stesso Polacchi, che ebbe a definirsi “fascista”. «Quando si arriva a escludere dei libri e una casa editrice da un evento importante, mi chiedo se siamo nel 2019 o in un’altra epoca», commenta Frabetti, che annuncia che la sua web-radio, libertaria e ultra-democratica, nelle prossime settimane si impegnerà a ospitare gli autori di Altaforte, per presentare i loro libri. «I reati d’opinione sarebbero da abolire», aggiunge Frabetti, pensando alla sinistra europeista che ha cacciato l’editrice dal Salone di Torino: «Ai benpensanti piace tanto, questa Unione Europea. Peccato che poi vengano applicati raramente i principi che la Corte Europea sancisce spesso, legati anche alle opinioni e alla libertà di stampa. Belle parole, che tali rimangono».Che spiegazione dare dell’incidente del Salone del Libro di Torino, dove la casa editrice Altaforte è stata esclusa perché ritenuta vicina a CasaPound, movimento peraltro considerato perfettamente legale? Io sono un militante di CasaPound, e non l’ho mai nascosto. Altaforte invece è indipendente da CasaPound. E’ talmente indipendente da pubblicare un libro-intervista del ministro dell’interno Salvini, che di fatto è uno dei principali competitor del movimento. Per questo ho vissuto un conflitto personale. Poi mi sono arreso, perché comunque una casa editrice deve provare a fare anche delle provocazioni culturali. Questa poi non è nemmeno una provocazione, è solo un’intervista all’uomo più in vista del momento. E dato che la casa editrice si definisce sovranista, è chiaro che ha cercato di coinvolgere l’uomo che in questo momento sta portando in auge proprio questo tema. Le spiegazioni che mi sono dato, purtroppo, sono legate anche ai numeri del Salone del Libro: nel 2015 la rassegna torinese contava 300.000 ingressi. Poi c’è stato un lento decadimento: fino ad arrivare al 2019, quando ha perso più della metà dei visitatori (in soli quattro anni). Questo perché? Bastava andare a vedere gli stand del democraticissimo Salone del Libro per rendersi conto che era diventato una specie di centro sociale. Erano evidenziate in ogni modo bandiere antifasciste, scritte “qui c’è un editore antifascista”.
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Tra CasaPound e NoTav, a Torino il Salone dell’Ipocrisia
Centomila persone alla camera ardente dell’Avvocato, ma solo duemila al funerale di Primo Levi. Due lutti che in qualche modo fotografano Torino: folla oceanica per il patron della Fiat e dalla Juventus, di cui ora si scoprono i miliardi di euro “riparati” all’estero, lontano dal fisco italiano. Molto più intime, invece, le esequie dell’autore di “Se questo è un uomo”, massimo capolavoro della memorialistica mondiale sulla Shoah. Unico paese in cui il libro non fu tradotto, per decenni: Israele. Motivo tutto politico: Primo Levi non tollerava gli abusi del sionismo contro i palestinesi. Il regime di Tel Aviv fu costretto a “sdoganarlo” solo dopo la spettacolare operazione di Philip Roth, che finalmente presentò il chimico-scrittore al pubblico statunitense negli anni ‘80, tributandogli gli onori di un eroe civile e di una grande firma della letteratura internazionale. Ebrei e antifascismo? Torino non smentisce la sua ambivalenza: scatena l’inferno per mettere al bando CasaPound dal Salone del Libro, ma tace sul brutale pestaggio inflitto, pochi giorni prima, ai NoTav che sfilavano pacificamente per le strade del centro, al corteo del Primo Maggio.La città che esibisce la sua ostilità militante verso l’apologia del fascismo (nostalgia ostentata da Francesco Polacchi, presidente della casa editrice Altaforte), poi non riesce a tollerare il popolo della vicina valle di Susa, che resiste da vent’anni contro un progetto-monstre dalla comprovata inutilità, imposto al territorio da tutte le forze politiche (tranne una, i 5 Stelle) ridotte a cinghie di trasmissione del potere neoliberista europeo che lucra in modo imperiale e feudale sulle grandi opere, impedendo alla politica di far emergere la voce dei cittadini. Tecnicamente: sospensione della democrazia. Destra o sinistra, è uguale: sul Tav Torino-Lione, Giorgia Meloni e Matteo Salvini (e pure CasaPound) la pensano come il Pd. Che i centomila valsusini siano contrari all’opera, a loro non importa. In questi anni, con l’aiuto dei migliori tecnici universitari, i NoTav hanno demolito sistematicamente qualsiasi ragione a supporto dell’infrastruttura, ma invano. L’Italia ha un bisogno disperato di infrastrutture utili, eppure Torino preferisce svenare il bilancio nazionale per una ferrovia desolatamente inutile. E tace, la città, se la polizia carica i manifestanti al corteo del Primo Maggio, colpevoli di sventolare bandiere NoTav.Perché il Pd torinese aveva tanta paura dei valsusini, nel giorno della festa del lavoro? Ovvio: avrebbero contestato i sindacati-fantasma che – Cgil in testa – il lavoro se lo sono lasciato sfilare di mano a colpi di controriforme neoliberali convalidate dai funesti governi di centrosinistra. Precarizzazione, flessibilità, delocalizzazioni, cancellazione dei diritti sociali. Arresasi su ogni fronte, la Cgil però tiene duro sul Tav, un feticcio ridicolo – poche centinaia di addetti, a tempo determinato – per il quale però Sergio Chiamparino s’è inventato le “madamine”, pronte a scendere dalle residenze in collina (zona Agnelli) per invocare il ritorno dell’occupazione (e soprattutto seppellire mediaticamente gli insopportabili NoTav). Così piovono manganellate sugli inermi, che il Primo Maggio avrebbero contestato l’ignavia dei sindacati italiani di fronte allo sfacelo del paese, culminato con la strage sociale messa in atto dai tecnocrati di Monti, coadiuvati dalla torinese Fornero, fino al pareggio di bilancio inserito nella Costituzione anche con i voti delle anime morte del Pd guidate da Bersani.A salvare la situazione – ripulendo le cattive coscienze – ora ci pensano i brutti e cattivi di CasaPound: che fortuna, per molti torinesi, potersela vedere con loro, rispolverando (piuttosto abusivamente) l’identità antifascista della città di Gobetti, la capitale operaia dove Gramsci e Togliatti studiavano da rivoluzionari nel biennio rosso, quasi cent’anni prima che gli stessi torinesi applaudissero Marchionne, il manager venuto dalla finanza per smontare la Fiat per portarla lontano da Torino. Sfila l’orgoglio antifascista, al Salone dell’Ipocrisia, tra i cerotti e i lividi dei manifestanti ai quali, il Primo Maggio, è stato fisicamente impedito di presenziare in piazza, sotto il palco dei sindacalisti che hanno svenduto i diritti del lavoro e puntellato la guerra sociale dell’élite contro il popolo lavoratore. Il primo a denunciarlo fu l’ennesimo grande torinese, il sociologo Luciano Gallino, anch’esso scomparso senza che la sua città se ne accorgesse.Centomila persone alla camera ardente dell’Avvocato, ma solo duemila al funerale di Primo Levi. Due lutti che in qualche modo fotografano Torino: folla oceanica per il patron della Fiat e dalla Juventus, di cui ora si scoprono i miliardi di euro “riparati” all’estero, lontano dal fisco italiano. Molto più intime, invece, le esequie dell’autore di “Se questo è un uomo”, massimo capolavoro della memorialistica mondiale sulla Shoah. Unico paese in cui il libro non fu proposto nelle scuole, per decenni: Israele. Motivo tutto politico: Primo Levi non tollerava gli abusi del sionismo contro i palestinesi. Il regime di Tel Aviv fu costretto a “sdoganarlo” solo dopo la spettacolare operazione di Philip Roth, che finalmente presentò il chimico-scrittore al pubblico statunitense negli anni ‘80, tributandogli gli onori di un eroe civile e di una grande firma della letteratura internazionale. Ebrei e antifascismo? Torino non smentisce la sua ambivalenza: scatena l’inferno per mettere al bando CasaPound dal Salone del Libro, ma tace sul brutale pestaggio inflitto, pochi giorni prima, ai NoTav che sfilavano pacificamente per le strade del centro, al corteo del Primo Maggio.