Archivio del Tag ‘futuro’
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Revelli: partiti al tramonto, è finita la politica del ‘900
I tedeschi, che la filosofia della storia l’hanno inventata, le chiamano “epoche assiali”: un tempo in cui il mondo ruota sul suo asse, e ogni cosa si rovescia. «E noi ci siamo dentro fino al collo: basta dare un’occhiata a Roma, mai come oggi caput mundi nel simbolismo del vuoto che ostenta», dice Marco Revelli. «Vuoto tutto. Vuoto il Sacro Soglio, con un papa arreso al disordine spirituale del mondo e al disordine morale della curia romana. Vuoto il Parlamento, capace forse di rappresentare il mosaico infranto della nostra società ma impossibilitato comunque a produrre uno straccio di sintesi. Vuoto, tra poco, il Colle dove è vissuto l’ultimo Sovrano tentato di governare lo stato d’eccezione permanente in cui siamo caduti. Vuota persino la poltrona del capo della polizia».
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Financial Times: macché fascisti, viva i comici in politica
Altro che fascismo, altro che dittatori. L’Europa di oggi, che sempre più spesso piange e sempre più raramente ride, vuole i comici al potere. Nello stravolgimento che la crisi ha portato nel Vecchio continente, la gente tende a credere di più a chi scherza per lavoro che a quelli che invece per mestiere dovrebbero dire sempre la verità. Segno evidente di quello che sia diventata la politica e di come, conseguentemente, venga percepita dai cittadini. Non c’è dubbio che le analogie fra il periodo storico che stiamo vivendo e i pericolosi anni ‘30 siano parecchie. C’è una crisi economica devastante in atto, la disoccupazione è alle stelle e l’austerità picchia duro. Stanno nascendo nuovi movimenti politici come reazione, spesso più disperata che rabbiosa, da parte della gente che si ritrova inghiottita da un disastro che sembra piovuto chissà come, chissà da dove. Ma da qui a paragonare Beppe Grillo e il suo “Movimento 5 Stelle” al fascismo, ce ne passa.
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Popolo, pane e diritti: la scomoda lezione di Hugo Chávez
Hugo Chávez non è stato un dirigente come tanti nella storia della sinistra. È stato uno di quei dirigenti politici che segnano un’intera epoca storica per il suo paese, il Venezuela, e per la patria grande latinoamericana. Soprattutto, però, ha incarnato l’ora del riscatto per la sinistra dopo decenni di sconfitte, l’ora delle ragioni della causa popolare dopo la lunga notte neoliberale. L’America nella quale il giovane Hugo iniziò la sua opera era solo apparentemente pacificata dalla cosiddetta “fine della storia”. Questa, in America latina, non era stata il trionfo della libertà come nell’Europa dove cadeva il Muro di Berlino. Era stata invece imposta nelle camere di tortura, con i desaparecidos del Piano Condor e con la carestia indotta dal Fondo Monetario Internazionale.
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Il coraggio al governo, o l’Italia sarà rottamata da Renzi
Don Andrea Gallo, Salvatore Borsellino, Carlo Rubbia, Roberto Scarpinato, Giulietto Chiesa. E magari anche Jeremy Rifkin e Pepe Mujica, «se l’Uruguay ce lo prestasse». E’ il fanta-profilo del “governo dei sogni” che Simone Santini disegna per “Megachip”, immaginando che sia Grillo a proporlo al Capo dello Stato. E Napolitano? «Credo che lo stiano ancora raccogliendo dal pavimento». Scherzi a parte: o Grillo rilancia, chiedendo un super-governo clamoroso, o dovrà subire l’assalto di partiti e media intenzionati a “smontare” il suo movimento, per insediare il tandem prossimo venturo, formato da Renzi e Montezemolo, ovvero la “Dc 2.0” incaricata di non cambiare niente e continuare ad obbedire agli ordini del super-potere. Dunque: meglio giocare il tutto per tutto, ora o mai più. Obiettivo: un’altra Europa, un’altra energia, un altro made in Italy. E lavoro per tutti, nel solo modo possibile: cioè con l’intervento diretto dello Stato.
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Il Guardian: grazie Italia, svolta democratica per l’Europa
«Oh giorno felice. Il risultato elettorale italiano è un trionfo per la democrazia. “Nessun Papa, nessun governo, nessun capo della polizia”, recitava un Tweet a diffusione virale che salutava l’arrivo a Roma della “politica punk”. Il risultato è un antidoto, non solo per la corrotta politica italiana, ma anche per il dogma di austerità che ora prende l’economia dell’Europa per la gola. L’unico modo di allentare la sua presa è attraverso il voto. Congratulazioni, Italia». Così il “Guardian”, attraverso Simon Jenkins, saluta il clamoroso risultato italiano. «Il trionfatore elettorale più spettacolare è Beppe Grillo, un comico satirico scatenato ma con un messaggio chiaro: l’austerità, l’euro e la corruzione tutti insieme sono la causa dei mali continui che tormentano l’Italia. Possiamo discutere i problemi, ma perché preoccuparsi quando nessuno ascolta? Basti dire alle autorità in carica, come fa Grillo, di andare affanculo. Quando i politici hanno bandito Grillo dalle Tv, questi si è messo a usare il blog e la piazza. Il suo colpo da ko è stato il voto».
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Fuga dai partiti, milioni di voti in cerca di speranza
No all’euro-dittatura, all’incubo della crescita impossibile, alla stanca democrazia delle élite, ma anche alla guerra che incombe, evocata dagli obblighi Nato. E poi i punti esclamativi sul reddito di base, la solidarietà, la pace, la convivialità, l’onestà, la trasparenza, la competenza, l’ecologia e la compatibilità ambientale, la cultura. In una parola: la speranza. Così legge il successo di Grillo l’analista Pierluigi Fagan, che scruta i flussi elettorali: astensionismo in crescita, crollo del centrodestra truccato da “rimonta”, frana del centrosinistra che non riesce a vincere, estinzione definitiva della sinistra. Nei grandi numeri, osserva Fagan, l’Italia ricalca l’andamento dell’elettorato greco devastato dalla crisi, con una importante differenza: l’inesistenza di un’opposizione di estrema destra: CasaPound, Fiamma Tricolore e Forza Nuova raddoppiano i voti ma si fermano a quota 183.000, meno di quelli che ottenne nel 2008 il Partito Comunista dei Lavoratori.
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E questo è solo l’inizio: l’Italia prenota il diritto al futuro
«Chi, dopo 5 anni di bancarotta berlusconiana, non riesce a convincere più di un terzo degli elettori non può pretendere di governare contro gli altri due terzi: anzi, dovrebbe dimettersi seduta stante per manifesta incapacità». Marco Travaglio non ha dubbi: Bersani e soci dovrebbero togliere il disturbo. «La domanda era: riusciranno i nostri eroi a non vincere le elezioni nemmeno contro un Caimano fallito e bollito?». La risposta è arrivata: ce l’han fatta un’altra volta. «Come diceva Nanni Moretti 11 anni fa, prima di smettere di dirlo e di illudersi del contrario, “con questi dirigenti non vinceremo mai”». Del resto, «era impossibile che gli amici del giaguaro smacchiassero il giaguaro». A fine 2011 Berlusconi era al 7%, le elezioni lo avrebbero cancellato. «Invece, un’astuta manovra di palazzo coordinata dai geniali Napolitano, Bersani, Casini e Fini, pensò bene di regalarci il governo tecnico e soprattutto di regalare a B. 16 mesi preziosi per far dimenticare il disastro».
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Tsunami Grillo: senza futuro i partiti del Rigor Montis
«Metta in piedi un’organizzazione, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende». Profetico come sempre, il sindaco torinese Piero Fassino. Era solo il 2009, ricorda il “Fatto Quotidiano”, e già invitava Beppe Grillo a «fondare un partito per i fatti suoi invece che venire a rompere le scatole ai democratici», che gli rifiutarono l’iscrizione al partito e quindi l’accesso alle future primarie, alle quali si era provocatoriamente auto-candidato. Risultato, lo tsunami: per volontà dell’“Italia giusta”, quella vera, che ha “smacchiato” gli aspiranti “smacchiatori”. In capo a tre anni, Grillo festeggia “la fine della Terza Repubblica” e lancia in orbita il “Movimento 5 Stelle”, primo partito alla Camera, in un paese ancora bloccato dal “Porcellum” e paralizzato dal clamoroso pareggio delle coalizioni Pd-Pdl, condannate a gestire le euro-macerie di Mario Monti, elettoralmente irrilevante.
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Votare No-Tav: per costringere la politica a dire la verità
Disastrosa, ideologica e sballata: come i leggendari piani quinquennali del Cremlino. L’assurdità della Torino-Lione sembra uscita dal genio inquieto di Buzzati: cambia il mondo, passano i decenni, ma nel deserto siderale che ha attorno – niente merci e niente passeggeri, né ora né mai – la Grande Opera resiste al Grande Nulla, presidiando una frontiera di fantasie, narrazioni, menzogne e puntuali intimidazioni. L’ultima: l’intenzione del governo di chiedere un risarcimento abnorme, quasi un milione e mezzo di euro, a quegli abitanti della valle di Susa che, nell’estate 2011, cercarono di fermare l’avanzata delle ruspe, non avendo di fronte a sé altro interlocutore che i reparti antisommossa. Agenti inviati a Chiomonte a proteggere gli operai che avrebbero recintato un prato, per consentire poi ai politici di dichiarare che sarebbe finalmente partita la Grande Opera voluta e finanziata dall’Europa. Falso.
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Galeano: spaventati e soli, il vero potere ci vuole così
Il lanciatore di scarpe iracheno, che scagliò le proprie calzature verso Bush, è stato condannato a tre anni di carcere. Non merita invece un’onorificenza? Chi è dunque il terrorista? Il lanciatore di scarpe o il suo bersaglio? Il serial killer che ha volutamente determinato la guerra in Iraq su un terreno di bugie massacrando una moltitudine d’individui, legalizzando e ordinando la tortura di altri, non è forse il vero terrorista? Il popolo di Atenco, in Messico, i Mapuche, indigeni del Cile, i Kekchies del Guatemala, i contadini senza terra in Brasile, tutti accusati del crimine di terrorismo per aver difeso i loro diritti e la loro terra, sono forse i colpevoli? Se la terra è sacra, anche se la legge non lo specifica, coloro che la difendono non sono altrettanto sacri?
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Giulietto Chiesa: svegliamoci, il potere ha paura di noi
Nella vita quotidiana di ognuno di noi la crisi ha assunto i tratti di un personaggio da tragedia antica: il fato, il convitato di pietra, una presenza immanente e ostile, eppure inafferrabile. «Conseguenza inevitabile, quando gli effetti di una congiuntura globale sono ormai alle porte delle nostre case, colpiscono le nostre vite, corrodono la speranza di un futuro per i nostri figli e sgretolano ciò che davamo per scontato: stile di vita, lavoro, salute, istruzione». C’è la sensazione diffusa che tutto ciò sia solo la punta di un iceberg, che queste perdite siano in realtà le estreme propaggini di un enorme buco nero in espansione. «Ma mancano le prove, perché nessuno dice veramente come stanno le cose», accusa Giulietto Chiesa. «C’è un silenzio colpevole, perché interessato, da parte dei pochi che sanno». “Invece della catastrofe”, l’ultimo libro di Chiesa appena edito da Piemme, vuole «svelare le tremende verità che ci vengono nascoste e lanciare un drammatico appello alle coscienze».
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Ridicoli stregoni dell’economia: non ci azzeccano mai
Fiumi di parole, ma senza nessuna autocritica: la crisi economica mette in discussione tutto, tranne gli economisti che non l’hanno saputa prevedere. E dire che sono i più quotati, i più pagati, quelli con più titoli accademici. Parola di Luca Salvi, esponente del Movimento per la Decrescita Felice. Il vero pericolo? Sono loro, i professori e top-manager che ripropongono le stesse “infallibili” ricette, «dall’alto delle loro cattedre, nei consigli di amministrazione di banche, fondazioni, società finanziarie o di rating, negli uffici dei ministeri, negli apparati dei partiti politici, nelle grandi istituzioni internazionali e, soprattutto, negli studi televisivi e sui giornali». Un disco rotto: «Aumentare la produttività, la competitività, l’innovazione». Analisi zoppe, stime sbagliate e risultati patetici: «Ti spiegheranno domani perché quello che hanno previsto ieri non si è realizzato oggi».