Archivio del Tag ‘gas di scisto’
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Global Strike: nuova religione, certezze piccine come Greta
Con Greta, oppure contro Greta: è indifferente, purché si dia spettacolo. Lo spiega il regista Massimo Mazzucco: intanto, i primi vincitori dell’operazione sono i media. Negli odierni palinsesti televisivi, sempre più stanchi, ogni minuto di ascolto vale oro, in termini pubblicitari. La ragazzina svedese infatti fa audience, e nel modo più comodo e inoffensivo: agita nobili ideali e solleva grandi interrogativi, ma senza mai allarmare il potere. La baby-agitazione sul clima non prevede, domattina, nessun G20 e nessun referendum. Solo parole al vento? Non per forza: può anche darsi che il seme gettato da Greta – diventare più responsabili verso l’ambiente – possa dare frutto, domani, tra i giovanissimi di oggi, quando saranno chiamati a votare e a scegliere leader meno “distratti”. Il rovescio della medaglia è lampante: il rischio è quello di appiattire masse immense su una sorta di non-pensiero, fondato su un assioma indimostrato: e cioè che il surriscaldamento climatico in corso sarebbe senza precedenti, nonché di origine umana. Sicuri? Per nulla: sull’attuale impatto ambientale in termini di temperature si accettano scommesse, mentre se c’è una certezza è proprio questa: la Terra si è sempre surriscaldata, per poi tornare a raffreddarsi fino a congelarsi, molto prima della nostra civiltà industriale. Quanto tempo prima, esattamente?
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Terremoto Emilia, colpa delle trivelle? Dossier da riaprire
Terremoto in Emilia: 27 morti, nel maggio 2012, per colpa di operazioni imprudenti, a caccia di “shale oil” nel sottosuolo? Poco prima che la terra cominciasse a tremare – in una zona notoriamente assai poco sismica – furono “sparati” gas ad altissima pressione, nelle vene sotterranee del terreno, secondo la tecnologia del “fracking”. Proprio la “fratturazione” avrebbe provocato il sisma? Sono destinate a suscitare polemiche le parole di Peter Styles, professore emerito di geofisica all’Universita di Keele, in Gran Bretagna, e tra il 2012 e il 2014 presidente della commissione Ichese (International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region). A quasi cinque anni dalla pubblicazione del report, Styles ha rilasciato un’intervista alla rivista scientifica “Sapere”, ripresa dall’emittente radiofonica bolognese “Radio Città del Capo”. Lo scienziato lamenta fughe di notizie, pressioni da parte delle aziende titolari delle concessioni minerarie e scarsa trasparenza nelle istituzioni. Ma soprattutto, il professor Styles afferma: «Con il senno di poi, non sono sicuro che tutte le informazioni che avrebbero potuto essere rilevanti per le nostre decisioni siano state messe a nostra disposizione». E quindi, aggiunge, «potrebbe essere prudente – alla luce degli eventi devastanti del 2012 e con un occhio al futuro – dare un’ulteriore occhiata a queste attività, considerando l’enorme e accurato lavoro svolto in merito negli ultimi anni, specialmente negli Stati Uniti».È su questo punto che “Radio Città del Capo” avanza dei dubbi e rilancia: «È un fatto che nel rapporto conclusivo della commissione Ichese non si faccia alcuna menzione della sperimentazione della sovrappressione che fu fatta nella seconda parte del 2011 nel sito di stoccaggio gas naturale di Minerbio». Quella della Stogit fu una delle concessioni esaminate da Ichese perché considerata abbastanza prossima agli epicentri dei terremoti del 20 e 29 maggio. «In tutte le 213 pagine della relazione conclusiva – aggiunge la radio – non si cita mai la sovrappressione». Come qualcuno ricorderà – scrive Gerardo Soncini sul blog del Movimento Roosevelt – la commissione Ichese escluse qualsiasi relazione tra l’attività di esplorazione riguardante gli idrocarburi e l’aumento dell’attività sismica nell’area colpita dal terremoto dell’Emilia-Romagna del maggio 2012. «Singolare che un evento di quel tipo non sia finito sotto gli occhi della commissione e nemmeno menzionato nel report conclusivo», annota “Radio Città del Capo”, anche perché si tratta di «una sperimentazione di iniezione di gas nel sottosuolo al 106% di pressione rispetto a quella originaria di giacimento, per un volume di 356 milioni di metri cubi di gas».Se a questa singolarità di unisce il dubbio di Styles (forse qualche dato non fu fornito tempestivamente alla commissione), secondo l’emittente radiofonica viene da chiedersi: «Non sarebbe opportuno riconvocare la commissione Ichese, ricontrollare il materiale fornito, acquisirne di nuovo e verificare se davvero le attività minerarie non c’entrano proprio nulla con i terremoti che uccisero 27 persone e fecero decine di miliardi di danni nella bassa tra Modena, Ferrara e Bologna?». Il primo a formulare sospetti, sulla rivista americana “Science”, fu il giornalista Edwin Cartlidge: proprio la commissione Ichese prese in considerazione il possibile nesso tra il sisma e le trivellazioni, pur non giungendo a nessuna conferma. Ad allarmare Cartlidge, come rivelato dal giornalista al “Fatto Quotidiano”, fu la censura preventiva al quale, dice, fu sottoposto. Cartlidge parla di “pressioni” per non far pubblicare un suo articolo e tentativi di screditare l’operato degli scienziati. Aggiunse: la commissione Ichese «non è stata in grado di escludere l’ipotesi di una correlazione tra trivelle e fenomeni sismici», anche se ha specificato che «da sole, le trivellazioni non possono aver provocato un sisma di tali dimensioni». Ragiona Soncini: è solo un dubbio, anche perché «pochi hanno le competenze per pronunciarsi su una vicenda così tecnica». Eppure, dopo 27 morti e svariati miliardi di danni, «forse la notizia andrebbe approfondita», visto che tocca argomenti formidabili: «Decisioni cruciali da prendere su basi scientifiche non definitive, analisi costi-benefici probabilistiche». Morti e feriti, pur di ricavare energia ad ogni costo?Terremoto in Emilia: 27 morti, nel maggio 2012, per colpa di operazioni imprudenti, a caccia di “shale oil” nel sottosuolo? Poco prima che la terra cominciasse a tremare – in una zona notoriamente assai poco sismica – furono “sparati” gas ad altissima pressione, nelle vene sotterranee del terreno, secondo la tecnologia del “fracking”. Proprio la “fratturazione” avrebbe provocato il sisma? Sono destinate a suscitare polemiche le parole di Peter Styles, professore emerito di geofisica all’Universitàdi Keele, in Gran Bretagna, e tra il 2012 e il 2014 presidente della commissione Ichese (International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region). A quasi cinque anni dalla pubblicazione del report, Styles ha rilasciato un’intervista alla rivista scientifica “Sapere”, ripresa dall’emittente radiofonica bolognese “Radio Città del Capo”. Lo scienziato lamenta fughe di notizie, pressioni da parte delle aziende titolari delle concessioni minerarie e scarsa trasparenza nelle istituzioni. Ma soprattutto, il professor Styles afferma: «Con il senno di poi, non sono sicuro che tutte le informazioni che avrebbero potuto essere rilevanti per le nostre decisioni siano state messe a nostra disposizione». E quindi, aggiunge, «potrebbe essere prudente – alla luce degli eventi devastanti del 2012 e con un occhio al futuro – dare un’ulteriore occhiata a queste attività, considerando l’enorme e accurato lavoro svolto in merito negli ultimi anni, specialmente negli Stati Uniti».
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Donbass: via i russi, a cannonate, per far posto alla Shell
Programmata a tavolino, la pulizia etnica nel Donbass, per sfrattare la popolazione e far posto agli 80-140.000 pozzi di estrazione del gas di scisto, “prenotati” già nel gennaio 2013 dalla Shell grazie all’accordo firmato con l’allora presidente ucraino Viktor Yanukovich. Secondo Olga Četverikova, la Royal Dutch Shell sta semplicemente attendendo l’esecusione del programma – cioè la strage nell’Est Ucraina – per poter mettere le mani sul sottosuolo, per la precisione i ricchissimi giacimenti di Yuzosk, al confine delle regioni di Donetsk e Kharkov nella zona petrolifera del Dnepr-Donets. Questo il motivo per cui avanza spedita la pulizia contro russi e russofoni, cioè gli abitanti delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, dove vengono rasi al suolo interi quartieri con missili Grad senza che nessuna autorità internazionale intervenga. Liberare il terreno per l’estrazione del gas di scisto: questo il vero motivo delle violentissime operazioni belliche scatenate dal regime golpista insediato dagli Usa nella capitale ucraina.Con la Shell, ricorda la Četverikova in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”, l’Ucraina ha firmato un contratto agevolato della durata di 50 anni, con obbligo di proroga. Oggi, la compagnia petrolifera che l’inizio dello sfruttamento del giacimento è previsto «dopo la de-escalation del conflitto e la stabilizzazione della situazione», cioè quando sarà stata sterminata o cacciata di casa a cannonate la popolazione che vive nell’area del giacimento. Un territorio immenso, che si espande su 7.886 chilometri quadrati, che comprende la città di Slavyansk (situata al centro del giacimento), Izyum, una grossa parte di Kramatorsk, così come centinaia di piccoli insediamenti: Krasnyj Liman, Seversk, Yasnogorka, Kamyševka. Sempre secondo l’accordo, «gli abitanti che risiedono su questo territorio, come da contratto, devono vendere la proprietà della loro terra». In caso di rifiuto, la terra «verrà loro tolta con la forza a favore di Shell». E tutte le spese della società per l’“appropriazione del territorio” verranno risarcite dallo Stato ucraino con il ricavato dell’estrazione del gas. Per questo, Kiev è tenuta a garantire il rispetto di tutte le clausole, imponendole alle autorità locali.Oltre alla Shell, a dividersi la torta ci sono la Eurogas Ucraina (di proprietà della britannica Mc Callan Oil & Gas, a sua volta acquistata dalla statunitense Euro Gas) e la Burisma Holdings, nella quale Hunter Biden, figlio del vicepresidente americano Joe Biden, è da poco diventato uno dei membri del consiglio direttivo. Vero obiettivo della “operazione antiterrorismo”, cioè la carneficina del Donbass, è «stabilire il pieno controllo delle regioni di Donetsk e Lugansk», scrive Olga Četverikova. Missione: «La totale “bonifica” della sua superficie totale per avviare, senza intoppi, il lavoro di estrazione dello “shale gas”: sul territorio, “ripulito” dalla popolazione, è prevista l’installazione di 80-140 mila pozzi)». Ciò significa «la distruzione della terra seminabile, la demolizione di impianti industriali, di edifici residenziali, di luoghi di culto, per il mantenimento delle infrastrutture del gas». Altra preda di guerra, le fertilissime “terre nere”, di cui l’Ucraina possiede il 27% del patrimonio mondiale: «In tempo di pace sarebbe difficile realizzare tutto ciò, ma la guerra copre tutto».Kiev punta dunque a «ottenere una brusca riduzione del numero della popolazione locale, e lasciare sul territorio dei giacimenti solo le persone necessarie per i lavori di estrazione del gas». I sindaci insediati dal governo golpista ucraino già promettono nuovi posti di lavoro, al posto del lavoro perso in seguito alla distruzione delle industrie. Per cui, «sopprimere la resistenza degli abitanti di Donetsk e Lugansk e ristabilire il controllo sul territorio» consentirà presto di «tagliar fuori la Russia da gran parte del mercato europeo del gas». Carte scoperte dall’autunno 2014: il segretario Nato, Rasmussen, il 20 giugno a Londra ha accusato Mosca di aver complottato per interrompere la produzione di gas di scisto, mentre già il 1° maggio al Congresso Usa è stato proposto un progetto di legge “prevenzione delle aggressioni dalla Russia – 2014”. «Proprio il desiderio di mantenere il controllo da parte delle grandi corporazioni transnazionali sui giacimenti petroliferi del Dnepr-Donets ha portato alla guerra contro il popolo di Donetsk e Lugansk, una guerra di sterminio», accusa la Četverikova.«Il massacro di civili e il clima di paura che costringe le persone a lasciare la loro patria per diventare profughi sono stati i principali strumenti per attuare gli interessi delle multinazionali, per le quali il potere installatosi a Kiev dopo il colpo di Stato è solo un abbellimento per coprire la grande pulizia etnica della popolazione russa e russofona del Donbass». In un drammatico video-messaggio diffuso il 4 luglio, il presidente della regione Donetsk, Igor Strelkov, è stato chiarissimo: «Se la Russia non otterrà un cessate il fuoco, o se non inizierà un’operazione di pace, Slavyansk con la sua popolazione di oltre 30.000 abitanti sarà distrutta in una settimana, al massimo due». Come da contratto con la Shell, nel silenzio totale dell’Europa e del resto del mondo.Programmata a tavolino, la pulizia etnica nel Donbass, per sfrattare la popolazione e far posto agli 80-140.000 pozzi di estrazione del gas di scisto, “prenotati” già nel gennaio 2013 dalla Shell grazie all’accordo firmato con l’allora presidente ucraino Viktor Yanukovich. Secondo Olga Četverikova, la Royal Dutch Shell sta semplicemente attendendo l’esecusione del programma – cioè la strage nell’Est Ucraina – per poter mettere le mani sul sottosuolo, per la precisione i ricchissimi giacimenti di Yuzosk, al confine delle regioni di Donetsk e Kharkov nella zona petrolifera del Dnepr-Donets. Questo il motivo per cui avanza spedita la pulizia contro russi e russofoni, cioè gli abitanti delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, dove vengono rasi al suolo interi quartieri con missili Grad senza che nessuna autorità internazionale intervenga. Liberare il terreno per l’estrazione del gas di scisto: questo il vero motivo delle violentissime operazioni belliche scatenate dal regime golpista insediato dagli Usa nella capitale ucraina.