Archivio del Tag ‘governo fantoccio’
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Benessere sostenibile, togliendo la moneta ai banchieri
Banchieri padroni e governi-fantoccio: così, riassume Marco Della Luna, può finire in ginocchio persino il governo Usa, travolgendo il mondo intero nel suo volontario default. Tutto questo, mentre l’Italia affonda nella recessione e nella disoccupazione per mancanza di investimenti. Siamo soffocati dalle tasse, dal crollo della domanda e dai tagli del welfare. Ridurre il debito pubblico? Operazione velleitaria, che si scontra col calo costante di Pil e produttività. Intendiamoci: «Il debito pubblico di quasi tutti i grandi paesi è praticamente inestinguibile in quanto al capitale, e sempre meno sostenibile in quanto agli interessi». La Banca dei Regolamenti Internazionali lancia l’allarme sull’indebitamento mondiale e la bolla speculativa, che hanno prodotto condizioni ancora più esplosive di quelle del 2008.E i “quantitative easing” della Fed, della Bce e di altre banche centrali si sono tradotti in prestiti a basso interesse, che le banche reinvestono nella speculazione e non nell’economia reale. La bolla finanziaria è tale da provocare il global meltdown: titoli pubblici svalutati nei portafogli delle banche su scala mondiale, e istituti di credito senza più soldi.Tutti questi fattori, spiega Della Luna nel suo blog, sono dovuti alla scarsità di denaro: il governo Usa non ha i soldi per pagare le spese della pubblica amministrazione, l’Italia non ha il denaro né per gli investimenti, né per ridurre il cuneo fiscale e pressione tributaria. Inoltre, nessuno Stato ha i soldi per ridurre lo stock di debito pubblico e le banche non hanno denaro da prestare all’economia reale a tassi ragionevoli. «Riflettiamo: se lo Stato avesse i soldi per investimenti, riduzione di tasse e tributi, sostegno alle imprese, rimborso del proprio debito, allora le cose cambierebbero radicalmente: abbatteremo impoverimento, disoccupazione, sfiducia, sofferenza, insicurezza. Il default sarebbe scongiurato per sempre». Ma allora che cosa impedisce allo Stato di dotarsi del denaro necessario? In teoria, nulla: se fosse libero e sovrano, lo Stato potrebbe emettere moneta a costo zero. E se il denaro produce economia, non c’è neppure rischio di inflazione. Allora dove sta il problema? Nel monopolio improprio che grava sulla creazione monetaria, che «non è concessa agli Stati, ma è appannaggio, diritto esclusivo, del sistema bancario».Finita la sovranità monetaria democratica, sono quasi ovunque le banche a gestire il denaro fin dalla sua emissione, perché ormai «vige il principio dell’autonomia del sistema bancario dalla politica». Giustificazione: per compiacere gli elettori, attingendo moneta sovrana i politici potrebbero eccedere irresponsabilmente nella spesa pubblica, scatenando l’inflazione. Al contrario, i “virtuosi” banchieri devoti solo al mercato, «emetterebbero la giusta quantità di moneta, al giusto tasso di interesse, prestandolo ai soggetti meritevoli e più produttivi», migliorando il sistema. La realtà ovviamente è ben altra: in alcuni periodi, i banchieri «concedono prestiti a tutti e a bassi tassi, facendo crescere l’economia reale e quella speculativa», poi tirano i cordoni alzando i tassi e i requisiti di credito, e comprimendo i volumi: «Così creano fame di denaro e svalutazione degli asset», rastrellando sottocosto «il frutto del lavoro e del risparmio dell’economia produttiva». Stesso trattamento verso gli Stati: «Li indebitano analogamente, per poi mandarli in crisi finanziaria ed esigere», come contropartita per evitare il default, «ulteriori cessioni di sovranità e ulteriore indebitamento per colmare i loro buchi e rifinanziare le loro bolle speculative, sotto il ricatto non solo del default pubblico ma di un collasso finanziario generale».I grandi banchieri, continua Della Luna, impongono inoltre agli Stati «l’abolizione di ogni restrizione legale alla loro facoltà di giocare d’azzardo coi soldi dei risparmiatori», salvo poi farsi rifinanziare proprio dallo Stato, con denaro che non finisce all’economia reale ma, ancora una volta, al circuito speculativo. I politici? Complici, da Obama in giù: hanno rifinanziato le banche senza neppure pretendere che il credito commerciale, al servizio delle aziende e dei risparmiatori, venisse separato dalle banche d’azzardo. «Così, le banche centrali – da finanziatrici degli Stati e garanti della loro solvibilità – sono divenute compratrici in proprio, o finanziatrici di banche commerciali compratrici di titoli di debiti pubblici in difficoltà, quindi ad alto rendimento». Evidente: i debiti dei paesi in difficoltà, a rischio default, pagano interessi così elevati «proprio perché le banche centrali non svolgono più la loro naturale funzione di tutela degli interessi pubblici», ma si comportano come banche private, «a scopo di profitto».Senza contare che le bolle speculative – profitti facili e rapidi, nonché a rischio – distolgono liquidità dagli investimenti produttivi: sicché crolla l’industria, quindi il lavoro, e si va verso la catastrofe. Il sistema monetario odierno, conclude Della Luna, è perfetto solo per gli interessi dei monopolisti della moneta e del credito, che infatti lo dominano. E’ un sistema marcio, coperto da giustificazioni «false» e dalla «malafede» che accomuna «governi, capi di Stato, organi e autorità internazionali e sovranazionali, nonché il mainstream accademico», cioè tutti i soggetti che, a parole, «si propongono di risolvere la crisi e risanare l’economia». Coltivare il grande imbroglio sulla moneta – non più pubblica, ma divenuta strumento di «sfruttamento e dominazione» – ha portato il mondo «sull’orlo di una catastrofe tanto grande, che potrebbe non essere più governabile nemmeno dai detentori del monopolio monetario-bancario», mandando in pezzi il loro stesso gioco.Se il mondo vuole salvarsi, insiste Della Luna, riguardo al denaro deve riscrivere le regole partendo da zero. «In un utopico sistema monetario e creditizio efficiente e razionale rispetto agli interessi della popolazione generale, la moneta è emessa direttamente dallo Stato senza indebitarsi, esattamente come fa già ora col conio metallico; poiché la creazione-emissione di moneta non aurea e non convertibile non comporta un costo, non può comportare indebitamento, né contabilizzazione di debiti a carico dello Stato che la emette». L’emissione sovrana sarebbe quindi vincolata al pagamento graduale del debito capitale pregresso e ad investimenti produttivi e infrastrutturali, che però devono essere effettivamente utili. La libera emissione di denaro non deve venir usata per pagare spesa corrente improduttiva, né investimenti speculativi, evitando di “gonfiare” finanziariamente l’economia reale. Così, si farebbero razionalmente i conti «con i limiti posti allo sviluppo dai limiti delle risorse planetarie», usando la tecnologia per ridurre il peso dei limiti e creare nuovo benessere sostenibile, cioè compatibile col sistema-Terra.Banchieri padroni e governi-fantoccio: così, riassume Marco Della Luna, può finire in ginocchio persino il governo Usa, travolgendo il mondo intero nel suo volontario default. Tutto questo, mentre l’Italia affonda nella recessione e nella disoccupazione per mancanza di investimenti. Siamo soffocati dalle tasse, dal crollo della domanda e dai tagli del welfare. Ridurre il debito pubblico? Operazione velleitaria, che si scontra col calo costante di Pil e produttività. Intendiamoci: «Il debito pubblico di quasi tutti i grandi paesi è praticamente inestinguibile in quanto al capitale, e sempre meno sostenibile in quanto agli interessi». La Banca dei Regolamenti Internazionali lancia l’allarme sull’indebitamento mondiale e la bolla speculativa, che hanno prodotto condizioni ancora più esplosive di quelle del 2008. E i “quantitative easing” della Fed, della Bce e di altre banche centrali si sono tradotti in prestiti a basso interesse, che le banche reinvestono nella speculazione e non nell’economia reale. La bolla finanziaria è tale da provocare il global meltdown: titoli pubblici svalutati nei portafogli delle banche su scala mondiale, e istituti di credito senza più soldi.
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Un partito patriottico, contro questi collaborazionisti
Moderatismo significa pensare che il sistema va bene strutturalmente, così come è; e vuol dire anche credere in come il sistema descrive e giustifica se stesso, e che al massimo c’è da migliorarlo e ripararlo. Con lo spodestamento di Berlusconi da parte dei “moderati”, si dissolvono le ultime differenze politiche – sfumature o poco più – sicché ora abbiamo un’unità completa della partitocrazia e un Parlamento quasi interamente uniformato alla strategia “europeista” di totale cessione al capitalismo estero delle leve di economia politica, delle industrie strategiche o di eccellenza nazionali, del controllo dei servizi pubblici essenziali e, ancor più, del sistema creditizio. L’arco moderato è collaborazionista. Fantoccio. Ed è insieme la partitocrazia parassitaria, tassaiola e incompetente che ben conosciamo, la quale ora, essendosi compattata e non avendo competitori, si fa sempre più arrogante e aggressiva con la gente.La Lega è senza armi perché ormai marginale e screditata; mentre il M5S pare arenato, al di là delle contraddizioni interne e degli interrogativi sui veri scopi dei suoi effettivi titolari. Nessuno dei due ha figure di statista o mezzo statista. I partiti della maggioranza hanno superato la crisi senza formulare, nemmeno questa volta, un piano comune degli interventi politico-economici: segno oggettivo che mirano solo alla poltrona e alla greppia e che continueranno a fare le cose come da ordini che riceveranno da Berlino, senza doversi arrovellare per elaborare un programma, che peraltro in tempi differenti hanno dimostrato di essere incapaci di elaborare. Ora la casta può anche riformare la legge elettorale e inscenare nuove elezioni politiche proponendo all’elettorato una falsa dialettica e una falsa alternanza falsamente democratiche, per poi proclamare che l’Italia è finalmente un paese normale.Ma perlomeno, a questo punto, il quadro si è chiarito, abbiamo il bipolarismo reale: un polo è la partitocrazia collaborazionista. L’altro polo è la nazione, la gente, l’interesse collettivo. Lo Stato è ormai veramente e indubitabilmente il nemico della gente e del paese. Come tale è ben diffusamente percepito: strumento di sfruttamento e soprusi, ormai quasi privo di utilità per il popolo. Intanto sta maturando il bubbone del contenzioso sommerso, ossia di tutti i crediti divenuti inesigibili o critici, che le banche dovrebbero segnare in bilancio come tali, ma non lo fanno, perché costerebbe troppo quando non le farebbe, addirittura, saltare. Bankitalia ha completato, giorni fa, un controllo del deterioramento del portafoglio crediti delle banche medie, e sta per iniziare quello sulle banche grosse. Nelle medie, ha trovato che queste non avevano messo in sofferenza crediti per circa 8 miliardi. Ora queste banche sono costrette, per coprire questi crediti deteriorati con la costituzione dei fondi prescritti, a cercare miliardi in giro. Nelle banche grosse troverà di peggio. Ed esse dovranno cercare molti miliardi per coprire le perdite.I capitali stranieri approfitteranno di tutto ciò per acquisire ulteriori quote strategiche nel sistema bancario italiano. E siccome tutto il nostro sistema-paese, aziende in testa, notoriamente dipende dalle banche, mancando di idonei capitali propri, quei capitali stranieri si impadroniranno completamente dell’Italia, facendone un protettorato dedicato alle lavorazioni di bassa e medio-bassa tecnologia, affidate a una forza lavoro di bassa e medio-bassa qualificazione, sottopagata e precaria, alimentata dall’immigrazione, in cui svolgere la parte povera del ciclo produttivo e lasciare la parte minima dei margini di profitto, salvo drenare anche quelli con interessi e tasse.Berlusconi, se non avesse più convenienza a stare buono e giocare diplomaticamente per tutelare le sue aziende di famiglia e la propria libertà, potrebbe, a questo punto, approfittare dello spazio politico che si è aperto, e lanciare un partito patriottico, euroscettico e indipendentista, incentrato sulla tutela degli interessi nazionali e sul recupero della sovranità nazionale, iniziando col ritorno alla lira secondo il modello ante-divorzio tra Bankitalia e Tesoro, per rilanciare gli investimenti e l’occupazione, e pagare i debiti pubblici in moneta sovrana come fanno Usa, Regno Unito, Giappone, ponendo fine alla presente, interminabile e ingiustificabile agonia, coltivata dai collaborazionisti.(Marco Della Luna, “Moderatismo e collaborazionismo”, dal blog di Della Luna del 7 ottobre 2013).Moderatismo significa pensare che il sistema va bene strutturalmente, così come è; e vuol dire anche credere in come il sistema descrive e giustifica se stesso, e che al massimo c’è da migliorarlo e ripararlo. Con lo spodestamento di Berlusconi da parte dei “moderati”, si dissolvono le ultime differenze politiche – sfumature o poco più – sicché ora abbiamo un’unità completa della partitocrazia e un Parlamento quasi interamente uniformato alla strategia “europeista” di totale cessione al capitalismo estero delle leve di economia politica, delle industrie strategiche o di eccellenza nazionali, del controllo dei servizi pubblici essenziali e, ancor più, del sistema creditizio. L’arco moderato è collaborazionista. Fantoccio. Ed è insieme la partitocrazia parassitaria, tassaiola e incompetente che ben conosciamo, la quale ora, essendosi compattata e non avendo competitori, si fa sempre più arrogante e aggressiva con la gente.
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Siamo sotto occupazione: l’Italia fa gola agli ex alleati
Le banche italiane hanno oggi una capitalizzazione che supera di poco i 30 miliardi di euro, ma gestiscono una quantità di denaro che è cinque volte superiore. Eppure, acquistarle tutte assieme costerebbe meno che acquistare la sola Bnp Paribas. Finmeccanica ha una capitalizzazione di 2 miliardi, ma possiede beni immobili che da soli valgono 4 miliardi. Francesi e tedeschi, ma non solo, si preparano a comperare i pezzi pregiati della nostra industria, e lo faranno anche per eliminare dei rivali. In fondo, la guerra in Libia non è servita a sottrarre interessi strategici all’Italia? Ci sono due modi per togliere di mezzo un rivale: soffiargli i contratti, come in Libia, oppure comprarlo e farlo passare sotto il proprio controllo, come rischia di succedere alle aziende italiane.
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Morire a Kabul, tra i signori dell’oppio e dell’uranio
Via le truppe dall’Afghanistan? Lo chiedono Umberto Bossi (Lega Nord) e Paolo Ferrero (Rifondazione comunista) dopo l’attentato a Kabul che il 17 settembre ha ucciso 6 parà della Folgore, ferendone altri 4 e infliggendo all’Italia il più grave lutto, dopo la strage irachena di Nassiriya. Mentre Bossi auspica che «i nostri ragazzi» tornino a casa «per Natale», Ferrero chiede il ritiro immediato: «La presenza del contingente italiano in Afghanistan è figlia di una politica assurda e sbagliata. Non è bastata neppure a garantire elezioni regolari, visti i colossali brogli da parte del governo-fantoccio di Hamid Karzai, denunciati dagli osservatori internazionali».