Archivio del Tag ‘guerra’
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Banks: la gente è contro la guerra, Obama sarà fermato
Gli Usa non hanno il dovere di attaccare la Siria, soprattutto se unilateralmente. Le conseguenze sarebbero imprevedibili e si rischia di causare ancora più vittime. Per un attacco del genere, Obama avrebbe dovuto ottenere prima l’ok dell’Onu, facendo ricorso alla diplomazia con Russia, Cina e, perché no, anche Iran. Ma purtroppo la sua amministrazione ha sbagliato tutto dall’inizio. La minaccia della “linea rossa” contro l’uso di armi chimiche è stato un grave errore, che oggi nessuno ammette. Ora Obama è in un vicolo cieco. Invece doveva negoziare dietro le quinte per raggiungere un compromesso. Senza fare annunci così deleteri.
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Murdoch, Rothschild e Cheney prenotano il petrolio siriano
Murdoch, Rotschild e l’intramontabile Dick Cheney: sono soci in affari per il petrolio al confine con la Siria, ma il media non ne parlano. Quali media? Milioni di americani prendono per buone le notizie della “Fox News”, del Wall Street Journal o si informano attraverso altri media mainstream di proprietà del magnate australiano. «Generalmente, questi organi d’informazione sono a favore di un’azione militare contro la Siria, ma non informano i loro spettatori e lettori che il signor Murdoch ha investito interessi nella guerra con la Siria», accusa Christopher Bollyn. Che rivela: «Murdoch è comproprietario di una compagnia israelo-americana alla quale è stato concesso il diritto di cercare petrolio nelle alture del Golan – il territorio siriano occupato da Israele». E’ perlomeno «amorale», conclude Bollyn, «che la “Fox News” non riveli queste informazioni al suo pubblico», che a quel punto sarebbe costretto a dubitare dell’attendibilità delle informazioni che riceve, dal momento che Murdoch otterrebbe enormi vantaggi personali dalla caduta del regime di Damasco.
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Raid sulla Siria? La cosa sbagliata, al momento sbagliato
E’ sempre difficile dire cosa si può fare in casi disperati come quello siriano, dove da due anni è in corso una insopportabile mattanza della popolazione civile. Ma quello che si prepara sembra «la cosa sbagliata, nel momento sbagliato, nel modo sbagliato». In primo luogo, sostiene Aldo Giannuli, è inaccettabile che ad intervenire sia, una mini-coalizione di “volenterosi”, ormai ridottisi a Usa e Francia, senza nemmeno uno straccio di risoluzione Onu che autorizzi l’intervento: «E questo lo capisce perfino la Bonino, che non è esattamente Camillo Benso di Cavour». In Libia, erano modesti i rischi di allargamento del conflitto: Russia e Cina restarono defilate. Qui invece siamo fra tre confini caldissimi – Israele, Turchia e Iraq – seduti sul barile di dinamite iraniana, con Cina e Russia apertamente coinvolte in funzione filo-Assad. Sarebbe forse servita una forza multinazionale di interposizione, estesa anche al fantasma-Europa, da mobilitare però almeno 20 mesi fa, prima della “macelleria” alla quale hanno contribuito “ribelli” non più così genuini, ma manipolati e armati sottobanco dall’Occidente.
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Il mondo non vuole la guerra? La fermi: ecco come
La rivolta del Parlamento britannico contro il progetto coloniale di David Cameron, seguita dalla trasmissione del fascicolo siriano da Barack Obama al Congresso degli Stati Uniti, modifica profondamente i rapporti di forza internazionali, anche se il Congresso dovesse infine consentire il ricorso ai bombardamenti. Attualmente, tutti gli Stati ritrovano la loro libertà di parola. Solo la Francia è ancora in grado di mettere sotto pressione i propri vassalli per imporre loro una politica bellicista. Né il Regno Unito, né gli Stati Uniti fino al voto del loro Congresso, possono farlo. Ora, la maggior parte degli Stati del mondo è consapevole degli effetti a catena che l’intervento occidentale è in grado di provocare nel Vicino Oriente. Che sostenga la Siria o desideri rovesciare le sue istituzioni, la maggioranza può soltanto opporsi a un bombardamento, fosse anche “chirurgico”, della Siria.
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Damasco: “Abbattuti missili e un F-22, Usa sotto choc”
Guerra di nervi, guerra diplomatica. Ma soprattutto, per ora, guerra di informazioni non confermate, come la paternità siriana del presunto attacco del 21 agosto con armi chimiche alla periferia di Damasco, oggetto delle indagini Onu. Il falso più evidente: gli Usa pretendono di intervenire militarmente in Siria dopo “due anni di inazione”. E’ vero il contrario: da almeno 15 mesi, gli Usa e i loro alleati stanno già combattendo il regime di Assad, attraverso una sanguinosa guerra segreta, che stanno perdendo. L’intervento aereo servirebbe proprio a invertirne l’esito, fornendo ai guerriglieri – come in Libia – il decisivo vantaggio dell’aviazione. Ma la Siria non è la Libia: è difesa dalla Russia e, in caso di attacco, anche dall’Iran e dalle milizie di Hezbollah al confine tra Libano e Israele. In questo quadro si inserisce la fuga di notizie incontrollate che, alla vigilia del possibile raid, parlano addirittura di prove di guerra aerea già in corso: test cruciali, per sondare le reali capacità siriane di difesa? Fra il 30 e il 31 agosto, Damasco avrebbe addirittura abbattuto un sofisticato caccia F-22 Raptor, nonché quattro missili cruise lanciati subito dopo, forse per rappresaglia.
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La catastrofe: loro fabbricano soldi, noi paghiamo il debito
Le guerre? Ottimo affare. Devono essere «dirette in modo tale» che le nazioni «sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere». Parola del banchiere Amshel Mayer Rothschild, che visse a cavallo tra ‘700 e ‘800. Thomas Jefferson, il presidente americano raffigurato sulle banconote da due dollari, sapeva bene con che razza di banditi avesse a che fare: «Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti armati». Quella «aristocrazia facoltosa» può mettere in croce qualsiasi governo. Quindi: «Il potere di emissione dev’essere tolto alle banche e restituito al popolo». Chiosa il coevo Andrew Jefferson, settimo presidente degli Stati Uniti: «Se solo gli americani capissero la totale ingiustizia del nostro sistema monetario e bancario, ci sarebbe una rivoluzione prima di domani mattina». Sintetizza Giulietto Chiesa: se l’emissione di moneta non è più sovrana, ma appaltata alle banche, lo Stato ha le ore contate, e così i suoi cittadini. Ecco spiegata l’apocalisse finanziaria.
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Roger Waters: vergogna-apartheid, boicottiamo Israele
In occasione dei recenti Promenade Concerts alla Royal Albert Hall di Londra, il virtuoso violinista e violista inglese Nigel Kennedy ha accennato al fatto che Israele è uno Stato che pratica l’apartheid. Voi penserete che non ci sia nulla di strano, finché la baronessa Deech (nata Fraenkel) ha contestato il fatto che Israele sia uno Stato di apartheid e ha avuto la meglio sulla Bbc nel censurare l’esibizione di Kennedy, rimuovendo la sua dichiarazione. Nonostante la baronessa Deech non abbia prodotto uno straccio di prova per sostenere la sua dichiarazione, l’apolitica Bbc, che probabilmente agisce solo su comando della baronessa Deech, si è improvvisamente comportata alla 1984. Bene!! È tempo che mi faccia avanti, insieme a mio fratello Nigel Kennedy, com’è giusto che sia. A proposito Nigel: grande rispetto, amico. Qui di seguito una lettera modificata l’ultima volta a luglio.
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I sauditi a Putin: terrorismo sui Giochi se difendi Assad
Tu chiamala, se vuoi, Terza Guerra Mondiale. Se gli Usa attaccano la Siria, dice lo stato maggiore libanese, Assad è in grado di reagire col lancio dei micidiali missili Iskander, che arrivano fino a 270 chilometri oltre i confini siriani. Peggio: in caso di attacco, Putin potrebbe far alzare i suoi caccia dalla base mediterranea di Tartus. Obiettivo: l’Arabia Saudita, grande manovale – sul terreno – della destabilizzazione pluriennale segretamente armata dagli Usa per rovesciare il regime di Damasco e assediare finalmente l’Iran. Nel braccio di ferro, anche i sauditi minacciano i russi: sui Giochi Olimpici di Sochi potrebbe incombere l’incubo del terrorismo. Inizialmente sottovalutata dai media, di giorno in giorno si rivela appieno la reale portata del drammatico appello lanciato da Papa Francesco: attenti, il mondo è davvero in pericolo. Nessun’altra guerra, negli ultimi cinquant’anni, presentava questi rischi di deflagrazione internazionale. Sullo sfondo, la resa dei conti tra Washington e Pechino per il controllo strategico delle risorse planetarie si sta avvicinando. E in Siria la partita è affidata largamente al terzo incomodo, la Russia, mentre per ora l’Europa resta a guardare.
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Menzogne, e poi ancora menzogne. Obiettivo: uccidere
Strano tipo, quel Kerry. Oggi è il ministro degli esteri di Obama, ma solo nel 2009 «s’attovagliò a Damasco» col futuro “nuovo Hitler” siriano Bashar Assad. Porta male: anche Donald Rumsfeld, poi ministro della guerra di Bush junior, era stato in grande familiariatà con l’uomo di Baghdad, quando Saddam «davvero puzzava di gas mostarda, sarin, tabun, soman», cioè le armi chimiche ottenute proprio dagli Usa per sterminare i soldati dell’Iran. Problema: «Le bombe americane sono diverse, democratiche, intelligenti», e probabilmente «profumano di sandalo e gelsomino: non come quelle di Assad, che olezzano di fogna», scrive Stefania Elena Carnemolla. «E la tragedia è che gli americani ci credono». Rintronati dai media, non hanno piena memoria «delle delicatessen sganciate su Hiroshima e Nagasaki, per tacer del napalm e dell’agente Orange, il defogliante con cui Kennedy, Johnson e Nixon appestarono il Vietnam e che deformò i bambini, facendone dei mostri».
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Barnard: la guerra in Siria spiegata alla signora Pina
Prima cosa da capire: nelle forze dei principali Stati coinvolti – cioè Usa, Gran Bretagna, Francia, Russia, paesi del Golfo Persico, Israele, Iran, Libano, Iraq, Turchia e naturalmente Siria – non esistono i “buoni”. Sono tutti – sia che si tratti di forze ufficiali o di ribelli – dei figli di puttana con fiumi di sangue sulla coscienza. Quindi dimentichiamoci che ci sia qualcuno di decente con cui bene o male allearsi. Seconda cosa: tutti i paesi e i popoli musulmani del Medioriente sono caratterizzati da una divisione religiosa fondamentale, assolutamente cruciale. La divisione fra musulmani sunniti e shiiti. I Sunniti odiano gli Shiiti, e vice versa. Sono cane e gatto. In Siria la maggioranza è Sunnita. In Libano sono divisi fra Sunniti e Shiiti. In Iraq uguale. I Paesi del Golfo Persico sono Sunniti. L’Iran è tutto Shiita. In Israele, i palestinesi sono Sunniti.
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Un G20 storico, se i Brics fermano i predoni del pianeta
L’irruzione dei Brics nel G20 dimostra che i tempi stanno per cambiare: non potrà più essere solo Washington a dettare le regole del gioco. Una lunghissima stagione egemonica, dopo Yalta e Bretton Woods, forzata nel ’71 con la fine del Golden Exchange Standard, evento che fece crollare tutto l’impianto, «figlio della Rivoluzione Francese ed elaborato dalla massoneria mondiale». Fu in quell’occasione, rileva Glauco Benigni, che «la volontà di egemonia di una minoranza» si impose apertamente «contro il resto dell’umanità»: e il pianeta «paga tuttora quel progetto», che consente al dollaro di considerarsi (al 65%) moneta di riserva mondiale, quindi stampabile all’infinito, «solo perchè garantito e “coperto” dal bisogno di petrolio degli umani». Se la Guerra del Kippur nel ’73 siglò il secondo atto della tragedia e la caduta del Muro di Berlino una nuova pace provvisoria, lo scoppio del Nasdaq nel 1999 fu l’alba della nuova era, quella dalla quale il mondo sta ora cercando affannosamente di uscire.
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Massimo Fini: l’America ricatta il mondo, rimpiango l’Urss
La politica di potenza imperiale che gli Stati Uniti stanno esercitando a tamburo battente da quando non c’è più il contraltare dell’Unione Sovietica, e hanno quindi le mani libere, si maschera dietro questioni morali. La Siria è un paese che dà fastidio, perché legata all’Iran, che è l’arcinemico, non si capisce poi bene il perché, degli Stati Uniti e di Israele. Tra l’altro non si sa affatto se Assad ha usato armi chimiche, ci sono gli ispettori Onu per questo, o l’Onu non conta nulla? Evidentemente non conta nulla perché quando serve c’è il cappello Onu, se non c’è il cappello Onu si aggredisce lo stesso. Questo è avvenuto in Serbia nel ‘99, in Iraq nel 2003 e in Libia recentemente. Tutte azioni e aggressioni senza nessuna copertura Onu. Si dovrebbe per lo meno aspettare la relazione degli ispettori. C’è un precedente che dovrebbe consigliare prudenza – non dico agli Stati Uniti che non ne hanno, ma ai suoi alleati, ed è quello dell’Iraq – dove sostenevano che Saddam Hussein avesse le armi chimiche, di distruzione di massa, e poi non le aveva. Certo, lo sostenevano perché gliele avevano date loro a suo tempo, gli Stati Uniti, in funzione anti-sciita e anti-curda, però non le aveva più perché le aveva usate ad Halabja, gasando cinquemila curdi.