Archivio del Tag ‘Hawaii’
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Bibbia, Uap e alieni: Avi Loeb (Harvard) con Biglino
Uno cerca gli alieni nel futuro (o meglio ancora, nel presente), mentre l’altro li cerca nel passato. Ha qualcosa di veramente spettacolare, l’incontro a distanza tra Mauro Biglino e il professor Avi Loeb di Harvard, uno dei massimi astronomi viventi: col suo nuovissimo Progetto Galileo, Loeb è intenzionato a scovare tracce di vita extraterrestre attorno al nostro sistema solare. O addirittura al suo interno: come nel caso di Oumuamua, lo strano oggetto volante avvistato quattro anni fa, che potrebbe essere un “relitto tecnologico” di civilità evolutissime. Loeb e Biglino hanno un’altra caratteristica, in comune: la cultura mainstream li osteggia, perché teorizzano la possibilità di una realtà inaccettabile. Ovvero: non siamo soli, nello spazio, e i testi antichi (Bibbia inclusa) pullulano di Ufo e presenze extraterrestri. Di seguito, i passaggi salienti del dialogo tra Loeb e Biglino, coordinato da Davide Bolognesi, PhD e alumnus della Columbia University, nonché ideatore del canale YouTube “Starviews”. Messaggio chiave: non smettere mai di porsi domande, proprio come fanno i bambini, perché di questo vive (o meglio, dovrebbe vivere) la stessa scienza.
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Conquistare il mondo: l’Occidente spara, la Cina compra
Se dovessimo sintetizzare ciò che accomuna tutti gli imperi nella storia dell’umanità, potremmo indicare questi punti fermi: la volontà di conquistare il mondo intero e una scusa per poterlo conquistare. Inoltre, chi voleva provare a conquistarlo, ha sempre avuto due problematiche da risolvere: la necessità di tenere sotto controllo una grande massa di persone (le masse, infatti, necessitano di essere controllate, altrimenti il caos e il disordine sociale sarebbe ingestibile); da qui scaturisce un’ulteriore esigenza: la necessità di avere un nemico per tenere unito un popolo, Stato, nazione, o altri gruppi sociali, o di dare uno scopo. L’Impero Romano, è noto, voleva conquistare tutto il mondo conosciuto; i Romani realizzarono uno dei più grandi imperi della storia. Il popolo veniva tenuto buono tramite il cosiddetto “panem et circenses” (valido ancora oggi con strumenti come il calcio, il baseball in Usa, la Tv, ecc.). Il nemico era costituito dai barbari che, in quanto esseri inferiori, potevano essere assoggettati. Alessandro Magno voleva voleva conquistare il mondo, e la scusa era quella di imporre ai territori conquistati la cultura avanzata e superiore dell’Antica Grecia (in realtà pare che conoscesse molto poco la cultura greca, e che fosse uno studente mediocre, allievo del grande Aristotele).Gengis Khan divenne il capo di una serie di tribù mongole disunite; aveva bisogno di un nemico, per tenere coesa la gente sotto di lui, e si diede da fare per conquistare tutto il conquistabile, massacrando e distruggendo tutti i popoli che decise di sottomettere. Dopo aver sconfitto i cinesi giurò di unificare tutto il mondo sotto un unico impero. Fondò l’impero più vasto mai conosciuto sulla terra, ma anche il più breve. Uno dei suoi successori, Kublai Khan, conquistò anche la parte merdionale la Cina ma adottò un mezzo singolare, l’unico possibile date le caratteristiche del territorio e della popolazione cinese: si cinesizzò, adottò gli usi e costumi cinesi, e quindi molti non sanno che la dinastia Yuan, che resse la Cina attorno al 1200, era in realtà una dinastia mongola, non cinese. Tamerlano, condottiero turco-mongolo, è considerato uno dei più grandi conquistatori della storia, il cui impero comprendeva l’Asia occidentale e centrale. Si considerava erede di Gengis Khan e aspirava ad emularne le gesta anche lui volendo “conquistare il mondo”. La sua versione dell’Islam, bigotta, crudele e violenta, poco si conciliava con i precetti dell’Islam o la dottrina Sufi dell’amore: egli si considerava la frusta di Allah, mandato a punire gli emiri per le loro ingiustizie. La scusa per invadere l’India nel 1398 fu, ad esempio, che il sultano era troppo tollerante con gli indù.L’Unione Sovietica voleva fare la stessa cosa imponendo il comunismo alle nazioni dell’Europa orientale; il capitalismo aveva fatto il suo corso, ed era ora di instaurare un mondo nuovo. Per fare questo utilizzarono due metodi: l’invasione militare, quando potevano, e il tentativo di conquistare gli altri paesi condizionandone la politica (ovverosia finanziando i partiti comunisti dell’Europa). Né più né meno che quello che hanno fatto gli Usa fino ad oggi. L’Europa non può essere considerata un impero unitario, essendosi per secoli divisa in scaramucce tra Francia, Spagna e Inghilterra, ma ai fini del nostro discorso lo considereremo tale, insieme agli Usa (che, non dimentichiamolo, sono stati fondati dai primi coloni europei). Noi europei abbiamo sempre cercato di conquistare il mondo. Siamo andati in Sud America, abbiamo sterminato i nativi e ci siamo impiantati noi. La stessa cosa abbiamo fatto con il Nord America. Secondo Howard Zinn, sono 9 milioni i nativi americani massacrati perché potessimo insediarci noi europei in Nord America piazzandoci un po’ ovunque: gli spagnoli in Florida, inglesi e olandesi al Nord, i francesi in Canada, e via discorrendo. Gli Usa nascono, quindi, dallo sterminio sistematico dei nativi americani, e dallo sterminio di milioni di africani che venivano trasportati come schiavi per lavorare nei campi.Hitler, che voleva conquistare il mondo, altro non fece che tentare quello che, da secoli, tentavano inglesi, spagnoli, francesi e olandesi, con la differenza che lui tentò di farlo prima di tutto in Europa, e solo dopo si sarebbe allargato al resto del mondo. Ma di fatto, non tentò nulla di diverso da quello che tentarono tutti, e che continuano a tentare tutti. Una volta eliminata la schiavitù, e consolidato il proprio potere economico, gli Stati Uniti d’America hanno dovuto porsi altri obiettivi: di qui la necessità di esportare la democrazia (esattamente come la Russia che voleva esportare il comunismo, come la Chiesa cattolica voleva esportare il cattolicesimo, come alcuni Stati islamici volevano esportare l’Islam, ecc.) verso i nemici che di volta in volta venivano individuati: Vietnam, Corea, Iraq. Dove non sono arrivati con i cannoni, gli Usa sono arrivati con il controllo politico dei vari Stati, come il finanziamento dei partiti a loro graditi, il sostegno alle varie fazioni terroristiche di destra o sinistra, e così via. Quando non c’era alcun motivo o scusa per la conquista, come nel caso delle isole Hawaii, gli Usa si sono limitati a rovesciarne il governo senza motivo, solo per paura che arrivassero prima gli inglesi, o altri Stati europei. Usa ed Europa, quindi, ai nostri fini li considereremo un modello unitario, e lo definiremo “modello occidentale”.I Templari meritano un posto a parte, in questo elenco. Perché anche loro avevano come obiettivo la conquista del mondo allora conosciuto, ma con mezzi e finalità diverse. I Templari volevano abbattere i sovrani assoluti e la Chiesa cattolica, per instaurare un regno di pace, governato da iniziati (cioè da saggi illuminati). Non per niente erano monaci (potere spirituale: saggi, ispirati ad una vita spirituale, in contatto con Dio) e guerrieri (potere temporale). Per instaurare questo governo mondiale non potevano usare la guerra, né potevano dichiarare apertamente il loro intento. Dichiararono formalmente la loro fedeltà alla Chiesa cattolica e al Papa, ma si dettero come unico obiettivo quello di “difendere i pellegrini in Terra Santa”. Questo obiettivo farlocco, in realtà, era la scusa ufficiale per non intervenire mai nelle contese tra i vari sovrani e il Papa, e non prendere mai una vera posizione. Nel frattempo divennero potentissimi, creando commende dal Portogallo alla Terra Santa e un po’ in tutta Europa.A un certo punto diventarono più potenti di qualsiasi sovrano europeo e, di lì a poco, sarebbero stati i veri sovrani dell’Europa e della Palestina; ma furono fermati da Filippo il Bello e Clemente V. Il loro sogno di un mondo migliore, di pace, governato da istanze spirituali oltre che materiali, si infranse quando Jacques de Molay venne messo al rogo. Gli eredi delle istanze templari furono i Rosacroce e la massoneria. Anche loro sognavano un mondo unito e di pace, e si diedero da fare per creare quella che furono poi l’Unione Europea e l’Onu, le prime strutture del Nuovo Ordine Mondiale. Anche se la massoneria dichiara apertamente di non volere certo conquistare il mondo, di fatto è quello il suo obiettivo, ben evidente quando essa proclama orgogliosamente di aver organizzato le varie rivoluzioni (Americana, Francese, Russa, l’Unità d’Italia, ecc.) e che tutti gli uomini più influenti al mondo erano massoni. Il progetto è quello di portare la democrazia in tutto il mondo (anche a colpi di cannone, purtroppo) per creare un mondo sempre più libero e democratico.Anche per la Cina è necessario un discorso a parte, per capire un po’ più a fondo questo popolo dalla tradizione millenaria e dalla cultura straordinaria. Una delle caratteristiche della Cina è di non aver mai conosciuto, in nessuna epoca, il nostro concetto di “democrazia”. La Cina è sempre stata politicamente uno Stato assoluto, dapprima con i vari imperi e le varie dinastie, per poi passare alla dittatura della Repubblica Popolare. L’unico tentativo di dare una Costituzione e delle riforme che garantissero i diritti della popolazione fu quello dell’ultimo sovrano della dinastia Quing, Guanxu, redatte da Kang Youwei nel 1898, ma il tentativo fu affossato sul nascere: l’imperatore venne arrestato con un vero e proprio colpo di Stato da parte dell’imperatrice Cixi. La seconda caratteristica dell’Impero Cinese è quella di non aver mai cercato di sottomettere gli altri Stati con la violenza. La Cina ebbe guerre con gli Stati confinanti, come è ovvio, specialmente Corea e Giappone, ma complessivamente non ebbe mai la mira di conquistare il mondo con la violenza, a meno che non fosse necessario.Questo non perché rispettassero il resto del mondo, ma per una questione culturale; essi si sentivano al centro del mondo, e sentivano loro stessi superiori (come noi europei del resto), e quindi per loro era inevitabile che gli altri Stati si assoggettassero a loro riconoscendone la grandezza. Del resto, grandi lo erano davvero: basti pensare che inventarono la carta secoli prima che la utilizzassimo anche noi; la povere da sparo; il torchio da stampa; e la banconota cartacea ben prima che la utilizzassimo anche noi (durante la dinastia Yuan). Inoltre fin dal secondo secolo d.C. i cinesi inventarono il sistema del concorso pubblico per selezionare i funzionari pubblici più preparati (con 1600 anni di anticipo rispetto a noi). Nel 1271 Kublai Khan, discendente di Gengis Khan (quindi tecnicamente mongolo, non cinese), avendo conquistato la Cina, ne riconobbe l’immenso potenziale culturale e sociale e, anziché distruggerla (come in genere erano soliti fare i mongoli con gli altri nemici), decise di cinesizzarsi egli stesso: diede alla propria dinastia il nome preso dall’I-ching, il Classico dei Mutamenti (dinastia Yuan) e trasferì la capitale a Pechino, ospitando l’imperatore precedente presso di sé e assumendo gli usi e i costumi cinesi.Per capire l’atteggiamento della Cina verso gli altri popoli è significativo un aneddoto. Durante la dinastia Ming, gli Stati vicini facevano a gara per dimostrare la loro sottomissione alla Cina, grazie alla generosità dell’imperatore, assolutamente riconoscente verso tutti coloro che si proclamavano sottomessi. Avvenne che molti cinesi si facevano rasare il capo per passare da tibetani e alcuni si spacciavano per ambasciatori di paesi inventati, tanto era conveniente dichiararsi vassalli della Cina. Uno dei problemi che i Ming ebbero fu, paradossalmente, quello di limitare le troppe dimostrazioni di vassallaggio, anche perché alcuni doni provenienti da altri paesi gravavano poi sull’erario per il loro mantenimento (ad esempio avevano centinaia di tigri regalate dai paesi vicini, ed ogni tigre poi divorava due pecore al giorno, senza contare i costi del personale per sorvegliarle). Quando in Cina arrivarono gli europei, ovviamente si rifiutarono di sottomettersi all’Impero (erano loro ad essere superiori, mica i cinesi), e iniziarono i primi problemi, che portarono alla Guerra dell’Oppio tra Inghilterra e Cina, e a tutta una serie di problematiche che ora sarebbe impossibile affrontare.La violenza, in Cina, ci fu soprattutto all’interno. Nel corso dei vari secoli, tutti gli imperatori avevano avuto lo stesso problema: come poter tenere sottomesse le masse? La risposta, in genere, era il bagno di sangue. In tempi più moderni il problema della Cina rimase lo stesso. Dapprima la Rivolta dei Boxer, con cui vennero massacrati esponenti perlopiù dell’Occidente, cristiani, musulmani, inglesi; poi venne proclamata nel 1911 la Rivoluzione repubblicana; da quel momento ci furono continue guerre civili (si stima in circa 15 milioni di morti il totale dei cinesi che vennero massacrati in questo periodo), finché venne istituita nel 1949 la Repubblica Popolare Cinese; nel 1966 ci fu la cosiddetta Rivoluzione Culturale di Mao, e anche tutto questo periodo fu un massacro che costò la vita a circa 100 milioni di cinesi, in un bagno di sangue che l’umanità non aveva mai conosciuto neanche ai tempi di Tamerlano o della Seconda Guerra Mondiale. Anche la questione tibetana per loro era prevalentemente interna, perché quella del Tibet era sempre stata una regione assoggettata, o comunque vassalla, della Cina.Tralasciando quindi le sporadiche guerre con i confinanti, la Cina ha avuto la guerra prevalentemente al suo interno, ma non è mai andata in Antartide, nelle Hawaii, in Australia, in Africa, dicendo “salve, qui comandiamo noi, ora vi massacriamo tutti perché abbiamo il diritto di uccidervi in nome della superiorità della nostra religione e/o impero”. Se dovessimo fare un paragone, il loro modello di sviluppo nel mondo ricorda più quello dei Templari, che non degli altri imperi (non a caso la tradizione del monaco guerriero da noi fu un’eccezione; tutti i libri concordano su questa particolarità dei Templari, quella di essere insieme monaci e guerrieri; la tradizione del monaco guerriero, invece, in Cina è la norma. I monasteri Shaolin sono luoghi in cui il monaco è anche un guerriero; esattamente come i Templari, anche i monaci Shaolin entravano in azione con i loro mezzi solo per difendere la Cina o l’imperatore, o comunque per difendersi da un pericolo. Più in generale, tutto il Kung Fu è un arte marziale cinese che presuppone però anche una preparazione spirituale oltre che fisica). Ovviamente, ciò che manca all’espansione cinese in Occidente è il fine spirituale proprio dei Templari.La Cina, quindi, ha sempre fatto una cosa molto semplice, che è quella che sta facendo adesso: ha comprato gli altri Stati. E’ arrivata in silenzio, dolcemente, e ha comprato tutto quello che poteva, e senza proteste quando qualcuno li ostacolava. Facciamo un esempio. Quando la Guardia di Finanza fece un’importantissima operazione nel porto di Napoli, che era uno degli scali principali per portare la merce in Italia, la Cina – nonostante il duro colpo – non si scompose. In fondo, dal loro punto di vista, noi avevamo fatto ciò che è giusto, rispettando la legge. Spostarono quindi le loro merci in Grecia, comprando il porto del Pireo per 370 milioni di dollari, dando un grosso e concreto aiuto alla Grecia, in crisi grazie alle dissennate politiche imposte dall’Unione Europea. Alla prima occasione però hanno cercato di tornare in Italia con la questione dei porti di Genova e Trieste. Insomma, la voglia di conquistare il mondo è una costante di tutti gli imperi, ma anche di molte organizzazioni religiose, politiche, e fratellanze esoteriche. Questa voglia di conquista, da parte di un po’ tutti, nasce quindi da due esigenze. In primo luogo perché l’essere umano non è pronto a vivere in pace col proprio vicino (sia esso il vicino di casa, il paesino confinante, la squadra di calcio, o la nazione); per evitare quindi che le masse, fuori controllo, creino il caos a livello sociale, ogni governante deve, consciamente o inconsciamente, trovare un nemico esterno e coalizzare le masse contro questo nemico.Di volta in volta quindi il nemico può essere l’Islam, il comunismo, i cattivi Stati dittatoriali che meritano di essere puniti (chissà poi perché si decide di punire Gheddafi, ad esempio, ma non la Cina, che pure quanto a dittatura non è seconda a nessuno per privazione dei diritti individuali), l’eresia, la crisi economica, il petrolio, la guerra al terrorismo. Ogni scusa è buona pur di conquistare qualcuno e qualcosa. Insomma, per riassumere, oggi abbiamo due modelli a confronto sullo scenario del mondo: il modello occidentale e quello cinese, entrambi con l’obiettivo di conquistare il mondo. La differenza tra i due modelli è che quello vincente è quello cinese, molto più dolce e persuasivo. Non cannoni, ma soldi. La questione però non è così semplice. Sopra questi due modelli, ci sono i vari gruppi finanziari, che sono al di sopra degli Stati e, attualmente, più potenti di essi, e non hanno alcun modello se non quello economico. Del resto anche la distinzione che noi abbiamo fatto tra due modelli, cinese e occidentale, è semplicistica e non risponde alla realtà. La verità è un po’ più complessa, perché i cambiamenti nella storia della Cina, che partono dalla Rivolta dei Boxer in poi, sono – guarda caso – stati fomentati anche dall’Occidente, che è sempre intervenuto pesantemente nelle questioni politiche ed economiche cinesi.Basti pensare che il primo presidente della Repubblica Cinese, Sun Yat-sen, divenne tale proprio dopo un viaggio negli Usa (guarda un po’ che caso). E basti ricordare che la Cina era, fino al 2019, il primo detentore di titoli del debito pubblico americano (attualmente è il Giappone). E, ovviamente, i veri detentori sono i gruppi finanziari, non gli Stati in se stessi. In altre parole, tra Cina e Occidente non è individuabile un confine netto, perché il gioco delle grandi potenze, in realtà, è diretto dall’alto, dall’élite finanziaria globale, con la differenza operativa, tra Cina e Occidente, che una gran parte delle finanze cinesi sono sotto il diretto controllo del governo, mentre da noi i governi (comprese le istituzioni europee) non contano assolutamente nulla, essendo le banche, con la Bce in primis, totalmente indipendenti dal controllo politico e governativo. Se la gran parte dei soldi cinesi è sotto il controllo del governo, una larga parte è in mano ai finanzieri cinesi fuoriusciti dal sistema cinese e arricchitisi grazie alla corruzione dilagante in Cina (non meno che da noi, ovviamente).Per capire la commistione di interessi tra Cina e Occidente, basti ricordare che il coronavirus è partito proprio da Wuhan, sede di un laboratorio per la ricerca sui virus, in cui lavoravano sia cinesi che americani che francesi, in un progetto costato 44 milioni di dollari, finanziato da varie organizzazioni anche americane, tra cui la fondazione di Bill Gates. Un intreccio inestricabile di interessi per cui suona ridicolo accusare i cinesi, o Bill Gates, o l’Oms, da qualunque parte provenga l’accusa. Il punto è che le guerre, oggi, ben difficilmente possono essere condotte contro i vari Stati, perché una vera guerra distruggerebbe il mondo conosciuto grazie alla potenza dei vari arsenali militari. Occorre quindi trovare nuovi nemici; la Corea appare abbastanza ridicola come pericolo per minacciare il mondo; al pericolo del terrorismo islamico che attenta alla sicurezza dell’Occidente con coltelli, o autobus lanciati contro la folla, prima o poi non crederà più nessuno. Per controllare le masse occorre quindi utilizzare altri mezzi, e instillare l’idea di pericoli del tutto diversi, rispetto a quelli che venivano paventati fino a qualche decennio fa.La situazione attuale nasce quindi dall’esigenza dell’élite finanziaria al potere di controllare le masse. Il nemico è il coronavirus, perché è l’unico modello che può essere accettato da larghe fasce della popolazione, e che accomuna tutti, cristiani, atei, islamici, cinesi. Il mezzo di controllo è l’instaurazione di uno Stato di polizia globale, l’abbassamento del numero della popolazione, e soprattutto l’instupidimento delle persone tramite i mezzi come il 5G e i vaccini (Steiner, ai primi del ’900, aveva previsto che i vaccini sarebbero stati utilizzati come arma di controllo globale). L’individuazione di un nemico globale, il virus, richiede soluzioni globali, al fine di ridisegnare la mappa economica e sociale del mondo. Non è uno scenario nuovo, quindi, quello che si sta profilando, rispetto al passato. La novità è solo la gestione globale e internazionale del potere, e lo scenario su cui si gioca la partita, che è, appunto, globale. La vera soluzione, ancora una volta, non sarà globale, ma individuale. In ogni epoca ci sono state persone che hanno combattuto la società in genere pagando le loro scelte con la vita o con il carcere. Si pensi a Martin Luther King, Nelson Mandela, Lu Xiaobo (Premio Nobel per la Pace per il suo impegno a favore dei diritti civili in Cina), Thomas Sankara (il presidente del Burkina Faso), e tanti altri, spesso sconsciuti alla storia.Coloro che sono riusciti a diffondere valori spirituali ad un certo livello sociale, coinvolgendo grandi numeri di persone, sono stati inevitabilmente eliminati dalla scena, come Gandhi o i grandi maestri spirituali dell’umanità (tutti morti avvelenati o assassinati, da Socrate e Pitagora, a Buddha e Maometto, per passare a Steiner, Yogananda, Osho). I maestri spirituali di tutti i tempi, in ogni caso, hanno capito che la vera guerra non è quella contro qualcuno, ma quella contro noi stessi, perché il mondo è sempre stato lo stesso, i meccanismi sono sempre uguali (cambiano solo le forme apparenti della sua manifestazione), e il mondo si può cambiare solo partendo dal cambiamento di noi stessi. Concludo con una frase di Lao Tzu, che viene proprio dalla saggezza cinese, come risposta a chi si domanda come bisogna agire per migliorare la situazione che stiamo vivendo: «Nella vita si dovrebbe agire adottando la semplice Via del Tao: non imponendo i propri desideri al mondo ma seguendo la natura stessa. Eliminando i desideri e lasciando che il Tao pervada l’uomo, si supererà anche la differenza tra buono e cattivo. Ogni attività verrà dal Tao e l’uomo diventerà uno col mondo. Questa è la soluzione di Lao Tzu al problema della felicità».(Paolo Franceschetti, “Obiettivo, la conquista del mondo: Cina e Occidente a confronto”, dal blog “Petali di Loto” del 16 maggio 2020).Se dovessimo sintetizzare ciò che accomuna tutti gli imperi nella storia dell’umanità, potremmo indicare questi punti fermi: la volontà di conquistare il mondo intero e una scusa per poterlo conquistare. Inoltre, chi voleva provare a conquistarlo, ha sempre avuto due problematiche da risolvere: la necessità di tenere sotto controllo una grande massa di persone (le masse, infatti, necessitano di essere controllate, altrimenti il caos e il disordine sociale sarebbe ingestibile); da qui scaturisce un’ulteriore esigenza: la necessità di avere un nemico per tenere unito un popolo, Stato, nazione, o altri gruppi sociali, o di dare uno scopo. L’Impero Romano, è noto, voleva conquistare tutto il mondo conosciuto; i Romani realizzarono uno dei più grandi imperi della storia. Il popolo veniva tenuto buono tramite il cosiddetto “panem et circenses” (valido ancora oggi con strumenti come il calcio, il baseball in Usa, la Tv, ecc.). Il nemico era costituito dai barbari che, in quanto esseri inferiori, potevano essere assoggettati. Alessandro Magno voleva voleva conquistare il mondo, e la scusa era quella di imporre ai territori conquistati la cultura avanzata e superiore dell’Antica Grecia (in realtà pare che conoscesse molto poco la cultura greca, e che fosse uno studente mediocre, allievo del grande Aristotele).
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Diario folle del coronavirus: come organizzare un disastro
Diecimila morti di influenza in tutto il mondo fermano il pianeta. Invece di stanziare qualche milione di euro per allestire in fretta ospedali da campo, grazie all’aiuto dei militari (cosa che avrebbe magari dato una spinta all’economia, con nuove assunzioni, nuovi acquisti di materiali vari, ecc.), si decide di bloccare l’economia di un paese, segregando la gente in casa, senza tenere conto del numero dei morti che ci saranno per suicidi o altre complicazioni (come disordini sociali e altro ancora). In sostanza, invece di usare soldi e militari per risolvere il problema, li si usa per risolvere il problema creato dai problemi che il governo stesso ha creato. Le decisioni in Italia vengono annunciate non dal Parlamento o da Palazzo Chigi, ma via Facebook, in modo generico, dopo un’ora di ritardo e snervante attesa che sembra fatta apposta per creare ancora più tensione. A questo punto ci aspettiamo i prossimi provvedimenti via Whatsapp. Persino Vespa e Mentana, che non sono propriamente dei complottisti, iniziano a sollevare qualche “leggerissimo” dubbio sulle legittimità di tutta la situazione, con un Parlamento che non si riunisce se non una volta a settimana, e un premier che dà le notizie più importanti in modo incompleto e via Facebook. Vespa dichiara: «I casi sono due: o il Parlamento non serve, e questo sarebbe terribile, o il Parlamento serve e non va a lavorare. E questo è ancora più grave».Sorprendentemente, a questa decisione italiana seguono altre nazioni, tra cui gli Usa (che bloccano tutto con soli 5000 contagi e 100 morti). In sostanza: una nazione che stanzia migliaia di miliardi di dollari per mandare i suoi soldati in tutto il mondo a morire (a botte di milioni di morti) e far morire a sua volta milioni di persone (in Vietnam, Corea, Iraq, Afghanistan, ecc.), questa volta, per qualche centinaio (che diventeranno migliaia) di morti di influenza, blocca la sua economia. E non ritiene di avere fondi necessari per allestire nuovi ospedali e nuovi posti letto. I provvedimenti con cui da noi vengono emanate le restrizioni sono provvedimenti amministrativi (quindi illegittimi dal punto di vista costituzionale); i provvedimenti di presidenti di Regione e sindaci, lo sono ancora di più; ma essendoci una paralisi di tutto il paese, il paradosso è che non si può neanche fare una battaglia legale per ottenere una pronuncia della Corte Costituzionale su tali provvedimenti. Quando in Cina l’epidemia si ferma, e a Codogno ci sono zero contagiati, invece di diffondere queste notizie rassicuranti, si preferisce accelerare ulteriori provvedimenti amministrativi, con ulteriori misure sempre più restrittive.Nel frattempo, i media sciorinano le seguenti notizie: una cassiera di supermercato morta di coronavirus; ma sulla sua bacheca Facebook compare un parente, che dice “ma quale coronavirus. E’ morta di infarto”. A Mortegliano c’è un morto di coronavirus; quello che non dicono è che la morta aveva 102 anni. L’importante è terrorizzare. Il 19 marzo l’Agcom emana un comunicato con cui invita i gestori delle piattaforme Facebook, Twitter, Instagram, a rimuovere le notizie false sul coronavirus, o non corrette o non diffuse da fonti scientificamente accreditate. Chi dovrebbe decidere quali notizie siano scientificamente accreditate non si sa. “Le Iene” fanno un servizio per denigrare il dottor Roberto Santi di Genova, reo di aver consigliato vitamina C ad alte dosi per combattere il coronavirus (era noto anche ad Ildegarda di Bingen, nel 1200, che rafforzare il sistema immunitario diminuisce il rischio di contagio, e nel 1500 era il rimedio consigliato da Paracelso e Nostradamus, quindi un consiglio di una banalità al limite dell’ovvio); un provvedimento disciplinare dell’Agcom colpisce anche Adriano Panzironi, sospendendo tutte le trasmissioni in cui egli compariva, per lo stesso motivo (consigliava oltre alla vitamina C anche la D). Nel frattempo circola una raccomandazione che proviene dal nucleo dell’esercito denominato “Tuscania”; che raccomanda ai propri militari di assumere… Già, proprio vitamina C e D. In sostanza, il dottor Santi, che pure è un medico, non dovrebbe essere considerato parte della comunità scientifica. Ma i militari possono però seguire consigli non accreditati.Diventa virale un video di un medico, Fabrizio Lucherini, il cui titolo è “Stasera mi girano i coglioni e mò basta cazzate, però”, dove spiega che il conteggio dei contagiati e dei morti, in Italia, è completamente erroneo, perché tra i morti vengono conteggiati anche quelli che avevano gravi patologie pregresse, mentre non vengono conteggiate le persone che, non avendo fatto il tampone, potrebbero avere il coronavirus senza saperlo. E che in sostanza ribadisce quello che sanno tutti: hanno tagliato la sanità, da anni, e il vero problema è la mancanza di posti letto negli ospedali, non il virus in se stesso. Il problema vero però non è l’aumento dei Tso in tutta italia, i suicidi che già ci sono e che ci saranno, o la madre decapitata a casa dal figlio malato di mente a Roma (che non entrerà mai nelle statistiche dei morti del coronavirus, ma dovrebbe entrare in quella dei morti provocati dai provvedimenti emessi dal governo); il problema vero sono i runner, in tutto il paese. Anche chi va a correre in boschi e campagne, e la polizia fa controlli pure nei boschi e nella campagne. E da alcune parti vietano (sempre a mezzo di provvedimenti amministrativi illegittimi) anche gli orti. Non è una necessità, insomma, coltivare da se stessi il proprio cibo, né curare eventuali animali; tanto c’è il supermercato. Quale danno possa fare e quale pericolo di contagio possa esserci per uno che va a coltivare il proprio orto non è dato saperlo.In Francia, dove non hanno il bidet, i militari devono presidiare le scorte di carta igienica nei supermercati. Mia sorella, che è in Germania in quarantena a causa di un contatto con dei contagiati, dove anche lì non hanno il bidet, mi manda le foto di centinaia di rotoli di carta igienica. Nel frattempo, nonostante siano chiuse tutte le attività imprenditoriali, continua a rotta di collo il taglio degli alberi per far posto al 5G; si plaude alla ricerca di nuovi vaccini; e chi se ne frega se illustri scienziati come Stefano Montanari e molti altri continuano a dire che i vaccini danneggiano anziché aiutare. Che ci sia una correlazione tra questo virus e il 5G (dato che tra l’altro, guarda caso, si scopre che il virus pare sia stato creato a Wuhan, la stessa città da cui è partita la progettazione e la creazione del 5G, tanto che Wuhan è la prima città al mondo con copertura interamente 5G), o addiritura che muoiano di più le persone vaccinate rispetto a quelle non vaccinate, sono teorie complottiste.Se i provvedimenti del governo sono assurdi e illegittimi, non meno assurde sono le “proposte” che vedo nascere in rete. Si va da denunce precompilate contro Conte per fargli avere l’ergastolo, a decreti del popolo sovrano, emanati dal “Ministero del popolo sovrano” (sic) che dovrebbero essere firmati dai cittadini per togliere lo stipendio ai parlamentari e darlo ai medici in prima linea col coronavirus; e poi proposte di scendere tutti in piazza e mobilitarci, effettuate in profili che hanno al massimo 30 “mi piace” e 3 condivisioni. In sostanza, nonostante questa situazione abbia reso palese a tutti che non è mai esistita una democrazia, e che per sospendere la nostra libertà basta un’influenza, e che il potere, in ogni tempo e in ogni luogo, ha sempre concesso al popolo quella giusta quantità di libertà che riteneva saggio concedergli, c’è qualcuno che ancora pensa che il popolo possa fare qualcosa e decidere qualcosa, e per giunta proponendo soluzioni da Armata Brancaleone. Dovrebbe essere inoltre palese che il potere non è in Conte, o nei ministri, o nel parlamento, o nella magistratura, ma altrove. Ma evidentemente non solo non è palese, ma purtroppo la gente continua a pensare che siamo in democrazia.Nel frattempo, molti commentatori si concentrano sulla Cina, affermando che essa ha un danno economico da questa situazione e magnificando i rapporti esistenti tra Italia e Cina. Senza capire che la Cina non avrà alcun danno economico da tutta questa situazione, perché avendo capitali pressocché infiniti, a seguito di questa situazione ci “aiuterà” economicamente, come ha fatto con la Grecia, dove l’aiuto economicamente più consistente non è venuto dall’Europa (che ha provocato solo danni alla loro economia) ma dalla Cina, che ha acquistato il porto del Pireo per 370 milioni di euro, e investito in altre infrastrutture. Succederà anche da noi, ovviamente. Ed è un processo, quello dell’acquisizione cinese dei principali comparti strategici mondiali, che è inarrestabile. Perché tra i due modelli, quello occidentale e quello cinese, il modello vincente è quello cinese. Il modello occidentale infatti si basa sul fare la guerra a tutto e tutti, spendendo soldi per guerre inutili (sono secoli che noi Europei andiamo ovunque, Australia, Usa, Hawaii, Sudamerica, uccidendo i nativi e soppiantandoli con la nostra cultura a colpi di cannone); il modello cinese si basa sul non fare la guerra a nessuno (tranne in alcuni momenti storici con i paesi confinanti), ma comprando economicamente tutto. Due modelli diversi (l’uno basato sulla forza; l’altro sul denaro), entrambi negativi per l’evoluzione dell’uomo, si scontrano sullo scenario mondiale. C’è da sperare che ne emerga un terzo, intermedio. Ma quando?Tutto questo mi rimanda ai primi tempi di quando aprii il mio sito. Mi occupavo di bambini scomparsi, e a nessuno interessava nulla tra le persone che mi circondavano. Mi occupavo di omicidi, portando alla luce fatti gravissimi, mentre la mia collega e amica Solange toglieva il velo alle principali stragi italiane. Ma non era un problema per nessuno. Anzi. Ero un fastidio per molti. Ma se avevo l’influenza, mi domandavano: “Azz… ma ti serve qualcosa? Riguardati”. Una volta sfuggii per caso ad un tentativo di farmi fuori, e per lo shock ebbi l’influenza e la sciatica per quindici giorni; quando raccontavo il fatto mi consigliavano di prendere un’aspirina. «Sì mamma, ho l’influenza. No mamma, non me ne fotte nulla del fatto che ho la febbre, ne ho diverse l’anno, il problema è che mi hanno inseguito per farmi fuori e se non c’era la Carlizzi… Sì mamma ok, prendo l’aspirina». Vivevo in una sorta di incubo, in cui mi pareva che per tutti l’unico problema veramente importante fosse l’influenza. Oggi, come ieri, si ripropone lo stesso incubo. Il problema è l’influenza. Mica i milioni di morti di tumore in tutto il mondo; mica i milioni di morti per fame ovunque; mica le centinaia di bambini che scompaiono ogni anno in Italia (sono molte di più in Francia o negli Usa, migliaia l’anno); mica i morti provocati da guerre assurde in tutto il mondo.Quando viaggiavo negli Usa, mi colpivano i supermercati e gli autogrill con le foto dei bambini scomparsi nel nulla, nell’indifferenza dei media e delle autorità. Ma 100 morti di influenza bloccano gli Usa, e alcune migliaia di morti bloccano il mondo. Stamattina, alle 6, mi chiama una madre a cui hanno sottratto il bambino. Come si fa a tutelarla in questo momento in cui ogni garanzia è sospesa? (Non che prima si potesse fare nulla, in realtà. Ma almeno qualche speranza c’era, qualcosa si poteva fare. Oggi nulla, perché non c’è libertà di movimento, le forze dell’ordine sono impegnate in altro, i giornalisti parlano solo del coronavirus, e tutto è paralizzato). Quanti altri bambini sottratti saranno oggi nell’impossibilità di essere tutelati dai loro genitori? Concludo dicendo che sono un soggetto particolarmente a rischio perché – chi mi conosce bene lo sa – ho da sempre 5-6 influenze l’anno. Non so per quale motivo – sarà che sono un Ariete, e pare che gli Arieti siano soggetti più degli altri alle febbri – sarà per motivi psicosomatici (come sono propenso a credere), ma prendo regolarmente tutte le influenze che girano, e qualcuna in più. La mia migliore amica, con cui ho da anni uno strano rapporto simbiotico, è anestesista in un ospedale in prima linea nella lotta al virus e – come tutti i medici e gli infermieri in genere – è tra i soggetti più a rischio, ma mi dice: «Non preoccuparti; muoiono solo le persone che hanno patologie pregresse. Che, in sostanza, non muoiono di coronavirus, ma di altre complicanze preesistenti».Il problema sono i posti letto negli ospedali, non il virus in sé. Che, se destinassimo ai reparti di terapia intensiva anche solo la somma che costa un F-35 (circa 100 milioni di euro, secondo le stime de “Il Sole 24 Ore”), non sarebbe un problema. Non sono preoccupato né per lei né per me, e non a caso quando stiamo insieme parliamo di bambini scomparsi, non di influenza, ed è lei che mi ha aperto gli occhi sulle scomparse di bambini in Francia, facendomi vedere dei documenti impressionanti. Il problema diventa tale perché questa epidemia è lo specchio della nostra umanità. Dove il problema delle persone è riguardarsi contro l’influenza. Spiritualmente, questa situazione è solo lo specchio di ciò che tutti hanno dentro; il riflesso esterno, di ciò che è all’interno delle persone e all’interno della società. Una società che si preoccupa dell’influenza, ma quando scompaiono i bambini se ne fotte, al massimo mettono le loro facce sui cartoni del latte, come in Usa, e che se mettono il 5G pensa che sarà un gran vantaggio perché cosi potrà connettersi più velocemente, ma che si mette in fila come le pecore per farsi vaccinare, come è successo a Bergamo, perché il vero problema di ciascuno di noi è l’influenza. E allora, se questi sono i presupposti, è logico che poi a fronte dell’influenza, venga schierato l’esercito. E’ una questione di priorità da parte della società.(Paolo Franceschetti, “Diario folle del coronavirus”, dal blog “Petali di Loto” del 23 marzo 2020).Diecimila morti di influenza in tutto il mondo fermano il pianeta. Invece di stanziare qualche milione di euro per allestire in fretta ospedali da campo, grazie all’aiuto dei militari (cosa che avrebbe magari dato una spinta all’economia, con nuove assunzioni, nuovi acquisti di materiali vari, ecc.), si decide di bloccare l’economia di un paese, segregando la gente in casa, senza tenere conto del numero dei morti che ci saranno per suicidi o altre complicazioni (come disordini sociali e altro ancora). In sostanza, invece di usare soldi e militari per risolvere il problema, li si usa per risolvere il problema creato dai problemi che il governo stesso ha creato. Le decisioni in Italia vengono annunciate non dal Parlamento o da Palazzo Chigi, ma via Facebook, in modo generico, dopo un’ora di ritardo e snervante attesa che sembra fatta apposta per creare ancora più tensione. A questo punto ci aspettiamo i prossimi provvedimenti via Whatsapp. Persino Vespa e Mentana, che non sono propriamente dei complottisti, iniziano a sollevare qualche “leggerissimo” dubbio sulle legittimità di tutta la situazione, con un Parlamento che non si riunisce se non una volta a settimana, e un premier che dà le notizie più importanti in modo incompleto e via Facebook. Vespa dichiara: «I casi sono due: o il Parlamento non serve, e questo sarebbe terribile, o il Parlamento serve e non va a lavorare. E questo è ancora più grave».
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Paura e morte, la dittatura della superpotenza democratica
Il dittatore della Nato, Erdogan, ora fa a botte a viso aperto con la Siria, protetta dalla Russia. Nemmeno la Siria è la patria della democrazia, ma almeno non minaccia di precipitare anche l’Italia in qualche guerra. La Siria, come narrato dal generale clintoniano Wesley Clark, era – con la Libia, l’Iraq, l’Afghanistan e l’Iran – tra gli obiettivi imperiali della superpotenza democratica. Sarebbe stata devastata, dalla potenza democratica e dai suoi tentacoli, per una serie di ragioni. Perché si era rifiutata di ospitare un gasdotto scomodo per l’egemonia energetica russa. E perché il governo di Damasco continua, imperterrito, a chiamare Territori Occupati le regioni della Cisgiordania che Israele ha rubato ai palestinesi, in barba alle inutili disposizioni delle Nazioni Unite. Soprattutto, il regime di Assad è laico, avanzato, progredito, largamente sostenuto dalla maggioranza della popolazione: è l’ultimo residuo del partito Baath, il fantasma del socialismo panarabo sorto con il sovranismo egiziano di Nasser, durante la decolonizzazione, e sopravvissuto con Saddam Hussein, il despota già alleato dell’impero democratico ma poi abbandonato, sconfitto e infine impiccato dalla superpotenza che ha arrostito donne e bambini con il fosforo bianco nella fornace di Fallujah, violando qualsiasi convenzione Onu sull’uso delle armi di distruzione di massa, in questo caso scatenate anche contro l’inerme popolazione civile.Nel 2020, tecnicamente, in molte regioni del mondo la parola democrazia non significa niente, nella migliore delle ipotesi (nella peggiore, equivale al rituale ricorrente di bombardamenti, guerre, milioni di esuli e rifugiati, tra inconfessabili calcoli economici e reciproche convenienze, tacitamente stipulate da oligarchie formalmente nemiche ma in realtà alleate, sottobanco). Il capolavoro della superpotenza democratica, in Medio Oriente, negli ultimi anni è stata la sua micidiale doppiezza: massimo appoggio alla peggiore di tutte le dittature dell’area, l’Arabia Saudita, e guerra sporca contro ogni altro attore della regione, destabilizzato dalle rivoluzioni colorate o brutalmente devastato attraverso bande armate di tagliagole. Lo spettacolo della democrazia atlantica in versione mediorientale lo hanno lungamente scontato, sulla loro pelle, prima gli iracheni e poi i siriani. Questi ultimi, in particolare, sono stati letteralmente assaliti dalle milizie terroristiche organizzate, protette, armate e finanziate dalla superpotenza democratica e dai suoi camerieri regionali. I tagliagole hanno seminato orrore, terrore e morte, fino a quando non è intervenuta la Russia. Liberata la Siria e restituito il territorio ai siriani, il turco Erdogan – uno dei manovali terroristici reclutati dalla superpotenza democratica – ora non accetta il verdetto militare, e prova a negare ai siriani il diritto a una vittoria compiutamente definitiva.Un vero e proprio eroe del riscatto nazionale siriano, il generale Qasem Soleimani – numero due del regime teocratico di Teheran, fiero avversario dell’Isis prima in Iraq e poi in Siria – è stato assassinato in modo brutale, a tradimento, con un raid terroristico a suon di missili ordinato dalla superpotenza democratica. La colpa di Soleimani? Una: era abile, stimato, autorevole. Legato all’oligarchia medievale dell’Iran, credeva nell’espansione della Mezzaluna Sciita come contrappeso geopolitico alla legge del taglione imposta dalla superpotenza democratica. Soleimani ha fatto la fine di Saddam, di Gheddafi, e di chiunque altro si opponesse – a vario titolo – alla spietata dittatura della superpotenza democratica. La cosiddetta opinione pubblica, nella patria mondiale della democrazia, è dominata da quattro famiglie, cui fanno capo centinaia di reti televisive. Un unico telegiornale, declinato in più modi, trasmette – 24 ore su 24 – le stesse notizie, distillate dalle medesime fonti. Ogni quattro anni, naturalmente, si vota. George Walker Bush divenne presidente a tavolino, per decreto, grazie a clamorosi brogli in Florida. Il suo successore, Barack Obama, aveva promesso – mentendo – di cambiare le regole del gioco: è stato il presidente che ha fatto assassinare più persone, nel mondo, attraverso gli omicidi mirati affidati ai droni.Obama, che ha dichiarato di aver ucciso anche Osama Bin Laden (spegnendo così il clamore sulle indiscrizioni riguardanti la sua vera origine – si sospettava che non fosse nato alle Hawaii, ma in Africa, cosa gli avrebbe impedito di candidarsi alla Casa Bianca) è stato anche il presidente che, dopo aver amnistiato i bari di Wall Street, si è inventato i Russiagate contro Putin, ha spintonato l’Europa per imporre le sanzioni alla Russia, ha fatto spiare anche il telefono privato di Angela Merkel. Poi la superpotenza democratica ha voltato pagina, con una nuova entusiasmante sfida elettorale: da una parte la cannibale Hillary Clinton, dall’altra il rozzo Donald Trump. Ora sono tutti d’accordo, ai piani alti, nel tagliare le unghie alla Cina: erano stati loro a delocalizzare in Asia (in paesi senza democrazia) la grande industria americana, ma adesso – visto che la Cina ha superato il maestro – pensano sia giunta l’ora di fare retromarcia, e intanto si godono le delizie del coronavirus. Nel frattempo, tra poco si rivota. Un candidato, Bernie Sanders, spara a zero sugli abusi razzisti del governo israeliano e si schiera con i palestinesi. Secondo tutti i bookmaker, non ha nemmeno una possibilità su mille di diventare il nuovo presidente della superpotenza democratica. Ecco il gioco: post-democrazia contro non-democrazia. Trovare la differenza.(Giorgio Cattaneo, 1° marzo 2020).Il dittatore della Nato, Erdogan, ora fa a botte a viso aperto con la Siria, protetta dalla Russia. Nemmeno la Siria è la patria della democrazia, ma almeno non minaccia di precipitare anche l’Italia in qualche guerra. La Siria, come narrato dal generale clintoniano Wesley Clark, era – con la Libia, l’Iraq, l’Afghanistan e l’Iran – tra gli obiettivi imperiali della superpotenza democratica. Sarebbe stata devastata, dalla potenza democratica e dai suoi terminali, per una serie di ragioni. Perché si era rifiutata di ospitare un gasdotto scomodo per l’egemonia energetica russa. E perché il governo di Damasco, imperterrito, continuava (e continua) a chiamare Territori Occupati le regioni della Cisgiordania che Israele ha rubato ai palestinesi, in barba alle inutili disposizioni delle Nazioni Unite. Soprattutto, il regime di Assad è laico, avanzato, progredito, largamente sostenuto dalla maggioranza della popolazione: è l’ultima residua incarnazione del partito Baath, il fantasma del socialismo panarabo sorto con il sovranismo egiziano di Nasser, durante la decolonizzazione, e sopravvissuto con Saddam Hussein, il despota già alleato dell’impero democratico ma poi abbandonato, sconfitto e infine impiccato dalla superpotenza che ha arrostito donne e bambini con il fosforo bianco nella fornace di Fallujah, violando qualsiasi convenzione Onu sull’uso delle armi di distruzione di massa, in quel caso scatenate anche contro l’inerme popolazione civile.
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Pino Aprile: truccati gli archivi, nascosto il genocidio del Sud
Come nasce la storiografia italiana? Nasce con un atto del 1830 da un piccolo, ristrettissimo gruppetto – parliamo di 2-3 famiglie: nessuno di loro aveva mai scritto o insegnato storia. Persone di buona cultura, normalmente di ambiente cattolico molto tradizionalista, alla De Maistre; individui nobili, possidenti terrieri, di strettissima osservanza sabauda. Le regole sono: vanno distrutti tutti i documenti che gettano ombre sulla dinastia. Quelli che non vengono distrutti devono essere classificati e collocati in un archivio segreto, inviolabile. Un’altra parte deve finire in archivi controllati da loro. Quella mostrata dev’essere una piccola parte. Saranno gli archivisti a scegliere a chi far vedere i documenti, controllando (in corso d’opera) come li usano. E chi poi scriverà di quei documenti dovrà prima sottoporre ai controllori l’elaborato, in modo che si decida se potrà essere pubblicato oppure no. Tutto questo è documentato dall’Istituto Studi Storici del Risorgimento (la massima autorità, il professor Umberto Levra, già docente all’università di Torino e presidente dell’associazione dei docenti di storia risorgimentale). Viene documentato come il Re in persona, per “aggiustare” la storia, strappasse documenti e lettere dei suoi familiari.
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Santo Tav, a Torino il culto arancione del Serpente d’acciaio
L’animalone mitologico chiamato Tav Torino-Lione è riapparso – in purezza, per evocazione – nel cuore sabaudo di Torino, la città-Stato transitata senza colpo ferire dai Savoia alla Fiat e quindi al Pd, prima di smarrirsi (per un caso tuttora misterioso) tra i proclami palingenetici dei 5 Stelle, guidati addirittura da una donna. Riappare a comando, il mitico Serpentone superveloce, a beneficio delle telecamere: un’epifania mediatica lunga circa un’oretta, sinistramente addobbata in arancione come le tante farlocche “rivoluzioni colorate” che hanno depistato l’Occidente negli ultimi anni, in televisione, tra una fake news e l’altra. Ricompare innaturalmente, l’ipotetico l’animalone su rotaia, in forma di archetipo: qualcosa che esiste solo nell’iperurario, nel mondo delle idee, e dopo più di vent’anni ancora attende qualcuno che lo traduca finalmente in un evento materiale spiegabile, sensato, ragionevole, oltre che desiderabile. Per i comizianti convocati dal vecchio establishment torinese, infatti, l’entità miracolosa che nei loro sogni miliardari salverebbe la città è sempre intangibile come la fede, impalpabile come la felicità. Il rettilone sputa-amianto è semplicemente la gioia, il bene, la storia, il progresso, la civiltà. Impossibile chiedere agli arancioni la decenza di una spiegazione: ai fedeli non serve.Non serve nemmeno ai giornali, una spiegazione. Quali meraviglie potrebbe mai portare in dono, il drago metallico che i bene informati non vogliono? Forse non è il caso di chiarirlo neppure stavolta, di fronte agli “oltre 30.000” manifestanti in piazza Castello, che sono “25.000” per la questura ma restano “oltre 30.000, forse 40.000” per tutti i grandi media, ennesima dimostrazione del carattere prodigioso dell’evocazione. Perfettamente inutile sfogliare la “Stampa”, i titoli parlano da soli: “Torino, in piazza i 30.000 del popolo del Sì”. Trentamila eroi (sempre gli stessi 25.000 per la questura): “Piazza piena, ma civile”. Le voci: “Perché SìTav: non siamo madamin che stanno a casa a cucire, vogliamo un futuro”. Già: perché SìTav? Mistero della fede: guai a svelarlo, pena il crollo carismatico del clero officiante. Per l’occasione, molto solenne, se ne occupa – citando De Gasperi, nientemeno, come suscitatore di folle torinesi – l’ex sottosegretario berlusconiano Mino Giachino, esponente del Rito Unificato (Pd e Forza Italia) che il Serpentone ha saputo creare, riunendo sotto un’unica bandiera l’affarismo italico. «In questi vent’anni è stato bloccato lo sviluppo del paese», proclama monsignor Giachino, uno che quindi in questi ultimi vent’anni non stava al governo, ma in vacanza permanente alle Hawaii.Diciamo sì al Tav, insiste il reverendo, «perché negli ultimi vent’anni l’Italia ha perso 20 punti di Pil rispetto alla media europea, e Torino di più». L’Italia è arretrata, è vero: ma perché? Colpa della globalizzazione, del neoliberismo, della deindustrializzazione? Delle delocalizzazioni e del regime di austerity a base di tagli e tasse, e quindi di licenziamenti? Colpa della guerra anti-italiana scatenata dall’oligarchia franco-tedesca grazie all’Unione Europea con il fondamentale contributo dei collaborazionisti nostrani? Colpa della crisi finanziaria? Colpa dell’élite speculativa che ha precarizzato il lavoro e demolito i consumi? Ma no, suvvia: Prodi e Draghi non contano niente, l’Eurozona è una leggenda, Mario Monti resta un personaggio letterario come Giorgio Napolitano. La disgrazia piovuta sull’Italia, inclusa Torino (con l’eccezione dell’Impero Juventus, prontamente trasferito a Detroit) ha un’unica causa evidente, mitologicamente impeccabile: la pervicace resistenza dell’Impero del Male, popolato dai farabutti NoTav, nel consentire alla Luce di rischiarare finalmente le tenebre, il funereo abisso nel quale le “madamin” in arancione raggruppate in piazza Castello sono certe di rischiare di sprofondare. «Siamo tutti qui per dire sì al futuro e sì al lavoro», chiosa il cardinal Giachino, tra le ovazioni.Il magico Serpentone scaccia-malocchio ha anche il potere taumaturgico di ridisegnare la geografia: «Sì alla Tav, che collega il Piemonte all’Europa e all’Asia», si sente cantare dal palco, come se il povero Piemonte fosse una terra di pastorelli costretti ad arrancare a dorso di mulo. «Sì a Torino come centro di scambi, porta aperta verso gli altri paesi, snodo sulla rete ferroviaria internazionale». Percepito da piazza Castello, il Serpentone perde il suo colore arancione e si tinge di giallo, come la coda del Dragone cinese. Eccolo, il futuro: Torino come “centro si scambi” sulla Nuova Via della Seta, destinata a trasformare l’Eurasia in un mercato viaggiante di vagoni e container. Ah, se solo ci fosse una ferrovia capace di collegare Torino a Lione… C’è già, nel mondo reale: si chiama Torino-Modane e utilizza il traforo del Fréjus appena riammodernato con quasi mezzo miliardo di euro per farvi transitare anche i container più grandi. Ma è noto che la realtà non giova al pensiero magico che si nutre del soprannaturale. Che fine farebbe, il fenomenale Serpentone, se per sbaglio deragliasse dalle usuali rotaie metafisiche? Meglio le fiabe soavemente narrate, ancora una volta, dal celebrante televisivo, magnificamente riproposte a reti unificate dagli stessi media che, l’8 dicembre, quando la città sarà invasa dai barbari NoTav, spegneranno come al solito i microfoni. Il Serpentone, del resto, è pura trascendenza: tentare di spiegarne l’utilità, oltre che impossibile, sarebbe un atto sacrilego.L’animalone mitologico chiamato Tav Torino-Lione è riapparso – in purezza, per evocazione – nel cuore sabaudo di Torino, la città-Stato transitata senza colpo ferire dai Savoia alla Fiat e quindi al Pd, prima di smarrirsi (per un caso tuttora misterioso) tra i proclami palingenetici dei 5 Stelle, guidati addirittura da una donna. Riappare a comando, il mitico Serpentone superveloce, a beneficio delle telecamere: un’epifania mediatica lunga circa un’oretta, sinistramente addobbata in arancione come le tante farlocche “rivoluzioni colorate” che hanno depistato l’Occidente negli ultimi anni, in televisione, tra una fake news e l’altra. Ricompare innaturalmente, l’ipotetico l’animalone su rotaia, in forma di archetipo: qualcosa che esiste solo nell’iperurario, nel mondo delle idee, e dopo più di vent’anni ancora attende qualcuno che lo traduca finalmente in un evento materiale spiegabile, sensato, ragionevole, oltre che desiderabile. Per i comizianti convocati dal vecchio establishment torinese, infatti, l’entità miracolosa che nei loro sogni miliardari salverebbe la città è sempre intangibile come la fede, impalpabile come la felicità. Il rettilone sputa-amianto è semplicemente la gioia, il bene, la storia, il progresso, la civiltà. Impossibile chiedere agli arancioni la decenza di una spiegazione: ai fedeli non serve.
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Bomba-maremoto di Putin? Fake. Più atomiche Usa: vero
Dilaga su tutti i media (in primis “Repubblica” e “Corriere”) la bufala dell’“atomica maremoto” che sarebbe stata approntata dai russi per colpire, tramite una esplosione nucleare sottomarina da 100 megatoni, le aree costiere Usa. Si teme «una immensa ondata di acqua radioattiva». Da fermare come? Ovvio: «Già si prospetta un gigantesco potenziamento dell’arsenale atomico Usa», scrive Francesco Santoianni su “L’Antidiplomatico”. «Peccato che nessun giornalista, prima di dar risalto a questa nuova “minaccia dei russi”, si sia degnato di approfondire la sua attendibilità». Che, tanto per cambiare, è pari a zero: non esiste nessun “pericolo maremoto” negli arsenali di Mosca. Esiste solo sui media mainstream, agitato per giustificare la corsa al riarmo degli Usa. Intanto, spiega Santoianni, la paventata esplosione nucleare da 100 megatoni (equivalente a quella di 100 milioni di tonnellate di dinamite), se si verificasse al largo non avrebbe alcuna possibilità di devastare le coste: gli effetti non andrebbero oltre quelli di un maremoto del quarto grado della scala Ambraseys-Sieberg. «Per capirci, il maremoto che il 26 dicembre 2004 ha devastato le coste asiatiche (lasciando sostanzialmente intatti gli edifici in cemento armato) aveva una potenza equivalente a quella di 52.000 megatoni, e cioè 52 miliardi di tonnellate di dinamite».Chiaro? Lo tsunami che colpì la Thailandia – facendo strage per lo più di bagnanti e pescatori – era infinitamente più “potente” della mitica (e inesistente) super-bomba dei russi. «In più – aggiunge Santonianni – va detto che un maremoto oltre alla magnitudo dell’evento che lo scatena, si rapporta con l’andamento dei fondali che, solo in alcuni casi, possono garantire il riversarsi sulla costa di enormi e veloci quantità d’acqua. Questo ha fatto sì, ad esempio, che negli Usa, nonostante il manifestarsi nell’Oceano Pacifico e nell’Atlantico di colossali terremoti, si siano verificati gravi maremoti solo nelle isole Hawaii e in alcune aree dell’Oregon e dell’Alaska». Si dirà: già, ma se l’esplosione nucleare avviene in prossimità della costa? «In tal caso – considerando che gran parte dell’acqua e della sua energia si distribuirà radialmente in mare aperto – non si capisce proprio il perché di un attacco di questo tipo». Per “contaminare le città costiere con acqua radioattiva”? «Ma la distruzione e la contaminazione di una città potrebbero essere mille volte meglio garantite da una delle migliaia di testate nucleari veicolate da missili già puntati direttamente sulle metropoli».Il pericolo viene dalle armi vere, appunto: non dalle fantasie alimentate dalle “fake news” della stampa mainstream. E a proposito di missili: le testate atomiche statunitensi sono più di settemila. «E presto saranno molte di più, più efficienti e, soprattutto, oggi pronte come non mai ad essere utilizzate contro la Corea del Nord e contro la Russia», scrive Santonianni, ricordando che lo ha appena annunciato Trump nel suo messaggio sullo stato dell’Unione, al Congresso Usa. «Siamo preoccupati», ha ammesso il ministro degli esteri di Putin, Sergeij Lavrov: l’aggressività anti-russa degli Stati Uniti, ormai anche sul piano militare, lascia temere qualcosa che assomiglia a un’escalation imminente. E attenzione, aggiunge Santonianni: «Le lancette dell’Orologio Doomsday del “Bulletin of Science and Security” (una struttura di cui fanno parte 17 premi Nobel) sono state spostate a due minuti prima di mezzanotte: un livello d’allarme mai registrato in sessantacinque anni. Ovviamente, nessuno in Tv ve lo ha raccontato».Dilaga su tutti i media (in primis “Repubblica” e “Corriere”) la bufala dell’“atomica maremoto” che sarebbe stata approntata dai russi per colpire, tramite una esplosione nucleare sottomarina da 100 megatoni, le aree costiere Usa. Si teme «una immensa ondata di acqua radioattiva». Da fermare come? Ovvio: «Già si prospetta un gigantesco potenziamento dell’arsenale atomico Usa», scrive Francesco Santoianni su “L’Antidiplomatico”. «Peccato che nessun giornalista, prima di dar risalto a questa nuova “minaccia dei russi”, si sia degnato di approfondire la sua attendibilità». Che, tanto per cambiare, è pari a zero: non esiste nessun “pericolo maremoto” negli arsenali di Mosca. Esiste solo sui media mainstream, agitato per giustificare la corsa al riarmo degli Usa. Intanto, spiega Santoianni, la paventata esplosione nucleare da 100 megatoni (equivalente a quella di 100 milioni di tonnellate di dinamite), se si verificasse al largo non avrebbe alcuna possibilità di devastare le coste: gli effetti non andrebbero oltre quelli di un maremoto del quarto grado della scala Ambraseys-Sieberg. «Per capirci, il maremoto che il 26 dicembre 2004 ha devastato le coste asiatiche (lasciando sostanzialmente intatti gli edifici in cemento armato) aveva una potenza equivalente a quella di 52.000 megatoni, e cioè 52 miliardi di tonnellate di dinamite».
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Pace e silenzio, niente elettricità: l’Isola Proibita dei Sinclair
Niihau è la più piccola delle isole abitate delle Hawaii: qui non ci sono strade né tantomeno hotel, ristoranti o semplicemente la corrente elettrica. L’unico insediamento umano si trova a Pu’uwai, un villaggio indipendente dagli Stati Uniti in cui la comunità vive ancora come centinaia di anni fa, pescando e allevando bestiame. Eppure quest’isolotto dell’oceano Pacifico ha tutte le carte in regola per essere considerato un paradiso, a partire dal fascino del proibito. Sì, perché Niihau è anche conosciuta come The Forbidden Isle, l’isola proibita: fu acquistata nel 1864 da Elizabeth Sinclair e oggi appartiene ai pronipoti Bruce e Keith Robinson che in genere ne vietano l’accesso, tranne ai parenti di coloro che ci abitano, al personale della Marina militare degli Stati Uniti, ai funzionari governativi e altri selezionatissimi ospiti. Da trent’anni a questa parte, però, vengono concessi un limitato numero di visti turistici.Perché vale la pena visitarla? Sicuramente per toccare con mano la vita di un isolotto vulcanico custodito come un prezioso scrigno, molto diverso delle realtà circostanti, dove il tempo sembra essersi fermato. Tradizione vuole che sulle isole hawaiane si venga accolti da un Mahalo abbinato ad una ghirlanda di fiori tropicali. Ma Niihau è decisamente arida e, al posto dei fiori, si usano le conchiglie marine. Quest’isola misura appena 180 chilometri quadrati ed è circondata da scogliere e spiagge formate da un’infinità di minuscole conchiglie di chiocciole di mare portate a riva dalla risacca oceanica, considerate una vera «miniera d’oro». Alcuni abitanti di Niihau passano intere giornate a raccogliere e selezionare le conchiglie più belle e intatte, con cui creano delle raffinate collane.Non essendoci alcun confort moderno – per i niihauani, internet e televisione sono sconosciuti – sull’Isola proibita si vive secondo natura, nel silenzio, custodendo la vera essenza delle Hawaii prima dell’avvento del turismo. Anche l’attuale numero di abitanti è sconosciuto: il censimento del 2010 ha contato 170 persone, ma i Robinson non sono tenuti a presentare stime sulla popolazione. Gli isolani possono, ovviamente, viaggiare e ritornare a Niihau quando vogliono. E pare lo facciano sempre. Questo perché, come afferma Bruce Robinson, sull’isola si respira «una sensazione di pace e di rinnovamento che non si percepisce nel mondo esterno. La cultura occidentale l’ha persa, e il resto delle isole l’hanno persa. L’unico posto dove è rimasta è a Niihau».(Noemi Penna, “Sull’Isola proibita delle Hawaii dove si vive ancora senza elettricità, raccogliendo conchiglie in spiaggia”, da “La Stampa” del 2 aprile 2017).Niihau è la più piccola delle isole abitate delle Hawaii: qui non ci sono strade né tantomeno hotel, ristoranti o semplicemente la corrente elettrica. L’unico insediamento umano si trova a Pu’uwai, un villaggio indipendente dagli Stati Uniti in cui la comunità vive ancora come centinaia di anni fa, pescando e allevando bestiame. Eppure quest’isolotto dell’oceano Pacifico ha tutte le carte in regola per essere considerato un paradiso, a partire dal fascino del proibito. Sì, perché Niihau è anche conosciuta come The Forbidden Isle, l’isola proibita: fu acquistata nel 1864 da Elizabeth Sinclair e oggi appartiene ai pronipoti Bruce e Keith Robinson che in genere ne vietano l’accesso, tranne ai parenti di coloro che ci abitano, al personale della Marina militare degli Stati Uniti, ai funzionari governativi e altri selezionatissimi ospiti. Da trent’anni a questa parte, però, vengono concessi un limitato numero di visti turistici.
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Guai agli inglesi: col Brexit, finiranno tra i nemici degli Usa
Guai se gli inglesi voterranno il Brexit: devono restare al guinzaglio dell’Ue, cioè di Washington. Guinzaglio corto, rappresaglie contro chi “sgarra” e rotta di collisione contro le potenze mondiali che aspirano a una piena autonomia: «La mia previsione è che la Russia e la Cina saranno presto di fronte a una decisione sgradita: accettare l’egemonia americana o andare in guerra», afferma Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan nonché editore associato del “Wall Street Journal”. Impossibile non citare il britannico Ambrose Evans-Pritchard, che sul “Telegraph” ricorda come la Cia, negli anni ‘50 e ‘60, abbia direttamente finanziato gli attori che avrebbero creato l’Unione Europea. Motivo: è più facile controllare un solo governo, quello di Bruxelles, piuttosto che molti Stati separati. Washington ha fatto «un investimento a lungo termine nell’orchestrare l’Unione Europea», ed è per questo che Obama è appena andato a Londra «per raccontare al sua cagnolino, il primo ministro britannico, che non ci potrebbe essere alcuna uscita britannica dall’Ue».Come altre nazioni europee, scrive Craig Robers su “Information Clearing House”, i britannici non sono mai stati autorizzati a votare per scegliere di essere pienamente sovrani o sottoposti all’Unione Europea. «La natura oppressiva di leggi comunitarie irresponsabili e l’esigenza dell’Ue di accettare un massiccio numero di immigrati del terzo mondo hanno creato una grande richiesta per un voto britannico per decidere se rimanere un paese sovrano o di sciogliere il vincolo e rispedire a Bruxelles e le sue disposizioni dittatoriali». In vista del fatidico 23 giugno, la posizione degli Usa è che «al popolo britannico non deve essere consentito di decidere contro l’Ue, in quanto una tale decisione non è nell’interesse di Washington». Il lavoro di Cameron, dunque, è quello di «spaventare gli inglesi con presunte gravi conseguenze dell’“andare da soli”». Lo slogan: la “piccola Inghilterra” non può stare in piedi da sola. Al popolo britannico viene detto che l’isolamento segnerà la sua fine, e il paese diventerà uno stagno archiviato dal progresso. Tutto accadrà altrove, loro saranno lasciati fuori. Ma attenzione: «Se la campagna di paura non riesce e il voto britannico sarà per uscire dalla Ue – dice Craig Roberts – la questione aperta è se Washington permetterà al governo britannico di accettare l’esito democratico». In alternativa, il governo inglese potrebbe truccare le carte, raccontando di aver negoziato concessioni straordinarie.Una cosa è certa: Washington non permetterà agli inglesi di decidere liberamente: «Non devono essere autorizzati a prendere decisioni che non rispettano l’interesse di Washington». E’ lo stesso schema “egocentrico” grazie al quale gli Usa stanno trasformando in “minaccia” la Russia di Putin: flotte da guerra nel Baltico e nel Mar Nero, nonché basi missilistiche in Polonia vicino ai confini russi, con la volontà di incorporare Georgia e Ucraina in patti di difesa anti-russi. «Quando Washington, i suoi generali e i vassalli europei dichiarano che la Russia è una minaccia, significa che la Russia ha una politica estera indipendente e agisce nel suo proprio interesse, piuttosto che in quello di Washington». La Russia diventa una “minaccia”, perché ha dimostrato la capacità di bloccare l’invasione filo-americana della Siria e il bombardamento dell’Iran. Nel mirino di Washington anche piccoli paesi come Iraq, Libia e Yemen. Motivo: «Avevano politica estera ed economica indipendenti, non avendo accettato l’egemonia statunitense». Persino il Venezuela, per Obama, è diventato «una minaccia inusuale e straordinaria alla sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti», quando il governo di Caracas «ha messo gli interessi del popolo venezuelano davanti a quelli delle società americane».Analogamente, la Russia è diventata “una minaccia” quando Mosca ha neutralizzato le aggressioni di Washingon ai danni di Teheran e Damasco, e quando ha impedito agli Usa di appropriarsi della base navale della Crimea dopo il golpe neonazista in Ucraina promosso dalla Cia. «E’ assolutamente certo che la Russia non ha formulato minacce di alcun tipo contro i paesi baltici, la Polonia, la Romania, l’Europa o gli Stati Uniti», scrive Craig Roberts. Così come è certo che la Russia «non ha invaso l’Ucraina». Se l’avesso fatto, oggi «l’Ucraina non sarebbe più lì: sarebbe tornata una provincia russa». E in effetti, anche se i media occidentali si guardano bene dall’ammetterlo, «l’Ucraina appartiene alla Russia più di quanto le Hawaii appartengano agli Stati Uniti». Quanto alla Siria, quel paese «esiste ancora», solo «perché è sotto la protezione russa». Se davvero Cina e Russia fossero “una minaccia”, di certo non permettebbero la proprietà straniera («cioè riconducibile alla Cia») di molti dei loro media: è americana la proprietà del 20% dei media russi, mentre in Cina operano 7.000 Ong finanziate direttamente dagli Usa.«Solo il mese scorso il governo cinese si è finalmente mosso, seppure molto tardivamente, per introdurre alcune restrizioni su questi agenti stranieri che stanno lavorando per destabilizzare il paese», scrive Roberts. «Ma i membri di queste organizzazioni “a tradimento” non sono stati arrestati, sono stati semplicemente messi sotto sorveglianza della polizia. Una restrizione quasi inutile, dato che Washington può fornire montagne di denaro con cui corrompere la polizia cinese: Russia e Cina pensano forse che i loro poliziotti siano meno sensibili alle tangenti rispetto alla polizia americana e del Messico». Parla da sola la sconfitta storica della guerra ai narcos: la “guerra alla droga” è una miniera d’oro per gli agenti messicani e statunitensi, «sotto forma di mezzette». Altro che libertà: «Negli Stati Uniti, gli osservatori di verità sono perseguitati e imprigionati, o vengono liquidati come “teorici della cospirazione”, “anti-semiti” o “estremisti domestici”. Una distopia peggiore di quella descritta da Orwell. Per paura dei media occidentali, Mosca e Pechino «permettono a Washington di operare nei loro media, nelle loro università, nei loro sistemi finanziari, mentre i “buoni” delle Ong si infiltrano in ogni aspetto della loro società». Secondo Craig Roberts, russi e cinesi sono davanti a un bivio terribile: piegarsi allo Zio Sam o prepararsi alla Terza Guerra Mondiale.Guai se gli inglesi voteranno il Brexit: devono restare al guinzaglio dell’Ue, cioè di Washington. Guinzaglio corto, rappresaglie contro chi “sgarra” e rotta di collisione contro le potenze mondiali che aspirano a una piena autonomia: «La mia previsione è che la Russia e la Cina saranno presto di fronte a una decisione sgradita: accettare l’egemonia americana o andare in guerra», afferma Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan nonché editore associato del “Wall Street Journal”. Impossibile non citare il britannico Ambrose Evans-Pritchard, che sul “Telegraph” ricorda come la Cia, negli anni ‘50 e ‘60, abbia direttamente finanziato gli attori che avrebbero creato l’Unione Europea. Motivo: è più facile controllare un solo governo, quello di Bruxelles, piuttosto che molti Stati separati. Washington ha fatto «un investimento a lungo termine nell’orchestrare l’Unione Europea», ed è per questo che Obama è appena andato a Londra «per raccontare al sua cagnolino, il primo ministro britannico, che non ci potrebbe essere alcuna uscita britannica dall’Ue».
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Pilger: Terza Guerra Mondiale, solo Trump non la vuole
Ho filmato nelle Isole Marshall, a nord dell’Australia, nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico. Ogni volta che dico alla gente dove sono stato, mi chiedono: «Dove si trovano?». Se come indizio faccio riferimento a “Bikini”, dicono: «Vuoi dire il costume da bagno». Pochi si rendono conto del fatto che il costume da bagno bikini è stato chiamato così per celebrare le esplosioni nucleari che hanno distrutto l’isola di Bikini. Sessantasei dispositivi nucleari furono fatti brillare dagli Stati Uniti nelle Isole Marshall tra il 1946 e il 1958 – l’equivalente di 1,6 bombe [della potenza di quella che colpì] Hiroshima – ogni giorno, per dodici anni. Oggi Bikini tace, trasformata e contaminata. Le palme crescono in una strana disposizione a griglia. Nulla si muove. Non ci sono uccelli. Le lapidi nel vecchio cimitero sono tuttora radioattive. Le mie scarpe registrano un “pericoloso” sul contatore Geiger. Sulla spiaggia, ho visto il verde smeraldo del Pacifico sprofondare in un grande buco nero. È il cratere causato dalla bomba all’idrogeno che chiamavano “Bravo”. L’esplosione avvelenò la gente e l’ecosistema per centinaia di chilometri, forse per sempre.Al mio ritorno, fermandomi all’aeroporto di Honolulu notai una rivista americana chiamata “Women’s Health”. Sulla copertina c’era una donna sorridente in bikini, e il titolo: “Anche voi, potete avere un corpo da bikini”. Pochi giorni prima, nelle Isole Marshall, avevo intervistato donne che hanno avuto “corpi da bikini” molto diversi; ognuna di loro soffriva di cancro alla tiroide e di altri tumori mortali. A differenza della donna sorridente sulla rivista, tutte erano povere: vittime e cavie umane di una superpotenza rapace che oggi è più pericolosa che mai. Racconto questa mia esperienza come avvertimento e per interrompere una confusione che ha stremato tanti di noi. Il fondatore della propaganda moderna, Edward Bernays, descrisse questo fenomeno come «la manipolazione consapevole e intelligente di abitudini e opinioni» delle società democratiche. Lo chiamò un «governo invisibile». Quante sono le persone consapevoli del fatto che una guerra mondiale è cominciata? Per il momento si tratta di una guerra di propaganda, di menzogne, di distrazione, ma tutto ciò può cambiare istantaneamente con il primo ordine sbagliato, con il primo missile.Nel 2009, il presidente Obama si trovava davanti ad una folla adorante nel centro di Praga, nel cuore dell’Europa. Lì si impegnò a rendere il mondo «libero da armi nucleari». La gente lo applaudì e alcuni piansero. Un torrente di banalità fluì da parte dei media. Successivamente, ad Obama fu assegnato il premio Nobel per la Pace. Era tutto falso. Stava mentendo. L’amministrazione Obama ha costruito più armi nucleari, più testate nucleari, più sistemi di distribuzione nucleari, più fabbriche nucleari. La sola spesa per le testate nucleari è cresciuta di più sotto Obama che sotto ogni altro presidente americano. Spalmato su trent’anni, il costo supera il trilione di dollari. Si sta pianificando la fabbricazione di una mini-bomba nucleare. È conosciuta come la B61 Modello 12. Non c’è mai stato nulla di simile. Il generale James Cartwright, un ex vice presidente del Joint Chiefs of Staff, ha detto: «Facendolo più piccolo [rende l'utilizzo di questo ordigno nucleare] un’arma più plausibile».Negli ultimi diciotto mesi, il più grande accumulo di forze militari dalla Seconda Guerra Mondiale – pianificato dagli Stati Uniti – si sta attuando lungo la frontiera occidentale della Russia. È dai tempi dell’invasione di Hitler all’Unione Sovietica che la Russia non subisce una minaccia tanto evidente da parte di truppe straniere. L’Ucraina – un tempo parte dell’Unione Sovietica – è diventata un parco a tema della Cia. Dopo aver orchestrato un colpo di stato a Kiev, Washington controlla effettivamente un regime che è vicino e ostile alla Russia: un regime letteralmente infestato da nazisti. Parlamentari ucraini di spicco sono i diretti discendenti politici dei famigerati fascisti dell’Oun e dell’Upa. Inneggiano apertamente a Hitler e chiedono l’oppressione e l’espulsione della minoranza di lingua russa. Raramente questo fa notizia in Occidente, o la si inverte per sopprimere la verità. In Lettonia, Lituania ed Estonia – alle porte della Russia – l’esercito americano sta schierando truppe da combattimento, carri armati, armi pesanti. Di questa estrema provocazione alla seconda potenza nucleare del mondo non si parla in Occidente.Quello che rende la prospettiva di una guerra nucleare ancora più pericolosa è una campagna parallela contro la Cina. Sono rari i giorni in cui la Cina non raggiunge il rango di “minaccia”. Secondo l’ammiraglio Harry Harris, comandante della flotta statunitense nel Pacifico, la Cina sta «costruendo un grande muro di sabbia nel Mar Cinese Meridionale». Ciò a cui fa riferimento è che la Cina sta approntando piste di atterraggio nelle Isole Spratly, che sono oggetto di un contenzioso con le Filippine – una controversia senza priorità fino a quando Washington non fece pressioni corrompendo il governo di Manila, mentre il Pentagono ha lanciato una campagna di propaganda chiamata “libertà di navigazione”. Cosa significa tutto ciò, in realtà? Significa che le navi da guerra americane hanno la libertà di pattugliare e dominare le acque costiere della Cina. Provate ad immaginare la reazione americana se navi da guerra cinesi facessero la stessa cosa al largo della costa della California.Ho girato un film intitolato “La Guerra che non vedete”, in cui ho intervistato illustri giornalisti in America e in Gran Bretagna: reporter del calibro di Dan Rather della “Cbs”, Rageh Omaar della “Bbc”, David Rose dell’“Observer”. Tutti hanno detto che se i giornalisti e le emittenti mediatiche avessero fatto il loro dovere e messo in discussione la propaganda che asseriva che Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa, e se le bugie di George W. Bush e Tony Blair non fossero state amplificate e riportate dai giornalisti, l’invasione dell’Iraq nel 2003 non sarebbe avvenuta, e centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini sarebbero ancora vivi, oggi. In linea di principio la propaganda che sta preparando il terreno per una guerra contro la Russia e/o la Cina non è diversa. Per quanto ne so io, nessun giornalista occidentale tra i più quotati – uno come Dan Rather, per dire – chiede perché la Cina sta costruendo piste di atterraggio nel Mar Cinese Meridionale.La risposta dovrebbe essere palesamente ovvia. Gli Stati Uniti stanno circondando la Cina con una rete di basi con missili balistici, gruppi d’assalto, bombardieri armati di testate nucleari. Questo arco letale si estende dall’Australia alle isole del Pacifico, le Marianne e le Marshall e Guam nelle Filippine, quindi in Thailandia, a Okinawa, in Corea e in tutta l’Eurasia, in Afghanistan e in India. L’America ha appeso un cappio intorno al collo della Cina. Ma questo non fa notizia. Il silenzio dei media è guerra tramite i media. In tutta segretezza, nel 2015, gli Stati Uniti e l’Australia hanno inscenato la più grande esercitazione militare “aria-mare” della storia recente, chiamata “Talisman Sabre”. Lo scopo era quello di collaudare un piano di battaglia “aria-mare”, bloccando arterie marittime, come lo Stretto di Malacca e lo Stretto di Lombok, che tagliano l’accesso della Cina al petrolio, gas e altre materie prime vitali che arrivano dal Medio Oriente e dall’Africa.Nel circo noto come la campagna presidenziale americana, Donald Trump è stato presentato come un pazzo, un fascista. Certamente odioso lo è; ma è anche una figura di odio mediatico. Questo da solo dovrebbe suscitare il nostro scetticismo. Il punto di vista di Trump sulla migrazione è grottesco, ma non più grottesco di quello di David Cameron. Non è Trump il “grande deportatore” dagli Stati Uniti, ma il vincitore del Premio Nobel per la Pace, Barack Obama. Secondo un geniale commentatore liberale, Trump sta «scatenando le forze oscure della violenza» negli Stati Uniti. Sta scatenando? Questo è il paese dove i poco più che lattanti sparano alle loro madri e dove la polizia ha dichiarato una guerra assassina contro i neri americani. Questo è il paese che ha attaccato e cercato di rovesciare più di 50 governi, molti dei quali democrazie, e bombardato dall’Asia al Medio Oriente, causando morte e privazioni a milioni di persone. Nessun paese può uguagliare questo sistematico record di violenza. La maggior parte delle guerre americane (quasi tutte contro paesi indifesi) sono stati lanciate non da presidenti repubblicani, ma da democratici liberali: Truman, Kennedy, Johnson, Carter, Clinton, Obama.Una serie di direttive del Consiglio di Sicurezza Nazionale, nel 1947, determinava che l’obiettivo primario della politica estera americana fosse “un mondo sostanzialmente fatto a propria [dell'America] immagine”. L’ideologia era l’americanismo messianico. Eravamo tutti americani. Altrimenti…. gli eretici sarebbero stati convertiti, sovvertiti, corrotti, macchiati o schiacciati. Donald Trump è un sintomo di tutto ciò, ma è anche un anticonformista. Dice che è stato un crimine invadere l’Iraq; lui non vuole andare in guerra contro la Russia e la Cina. Il pericolo per il resto di noi non è Trump, ma Hillary Clinton. Lei non è anticonformista. Lei incarna la resilienza e la violenza di un sistema il cui decantato “eccezionalismo” è totalitario, con un occasionale volto liberale. Mentre il giorno delle elezioni presidenziali si avvicina, la Clinton sarà salutata come il primo presidente donna, a prescindere dai suoi crimini e menzogne – proprio come Barack Obama è stato osannato come il primo presidente nero e i liberali si bevvero le sue sciocchezze sulla “speranza”. E lo sbavare continua.Descritto dal giornalista del “Guardian” Owen Jones come «divertente, affascinante, con un’impassibilità che sfugge praticamente ad ogni altro politico», l’altro giorno Obama ha inviato droni a macellare 150 persone in Somalia. Di solito lui uccide la gente il martedì, secondo quanto scrive il “New York Times”, quando gli viene consegnato un elenco di candidati per la morte da drone. Molto cool. Nella campagna presidenziale del 2008, Hillary Clinton minacciò di «annientare totalmente» l’Iran con armi nucleari. Come segretario di Stato sotto Obama, ha partecipato al rovesciamento del governo democratico dell’Honduras. Il suo contributo alla distruzione della Libia nel 2011 è stato quasi allegro. Quando il leader libico, il colonnello Gheddafi, fu pubblicamente sodomizzato con un coltello – un omicidio reso possibile dalla logistica americana – la Clinton gongolava per la sua morte: «Siamo venuti, abbiamo visto, lui è morto».Uno dei più stretti alleati della Clinton è Madeleine Albright, l’ex segretario di Stato, che ha attaccato le giovani donne che non sostengono “Hillary”. Questa è la stessa Madeleine Albright, tristemente ricordata per aver detto in tv che la morte di mezzo milione di bambini iracheni era «valsa la pena». Tra i più grandi sostenitori della Clinton troviamo la lobby israeliana e le società di armi che alimentano la violenza in Medio Oriente. Lei e suo marito hanno ricevuto una fortuna da Wall Street, e lei sta per essere nominata come candidato delle donne, per sbarazzarsi del malvagio Trump, il demone ufficiale. I suoi sostenitori includono femministe illustri: gente del calibro di Gloria Steinem negli Stati Uniti e Anne Summers in Australia. Una generazione fa, un culto post-moderno ora conosciuto come “politica dell’identità” ha fatto sì che molte persone intelligenti e dalla mentalità liberale smettessero di esaminare le cause e gli individui che sostenevano – come le falsità di Obama e della Clinton, o come i fasulli movimenti progressisti tipo “Syriza” in Grecia, che hanno tradito il popolo di quel paese e si sono alleati con i loro nemici. L’essere assorbiti da se stessi, una sorta di “me-ismo”, è diventato il nuovo spirito del tempo nelle società occidentali privilegiate ed ha siglato la fine dei grandi movimenti collettivi contro la guerra, l’ingiustizia sociale, la disuguaglianza, il razzismo e il sessismo.Oggi, il lungo sonno potrebbe essere terminato. I giovani si stanno scuotendo di nuovo, gradualmente. Le migliaia in Gran Bretagna che hanno sostenuto Jeremy Corbyn come leader laburista fanno parte di questo risveglio – come lo sono quelli che si sono radunati per sostenere il senatore Bernie Sanders. La settimana scorsa in Gran Bretagna, il più stretto alleato di Jeremy Corbyn, John McDonnell, ha impegnato un prossimo governo laburista a pagare i debiti delle banche piratesche, cioè a continuare di conseguenza, la cosiddetta austerità. Negli Stati Uniti, Bernie Sanders ha promesso di sostenere la Clinton se e quando sarà nominata come candidato presidenziale. Anche lui ha votato perché l’America usi la violenza contro altri paesi quando pensa che sia «giusto». Dice che Obama ha fatto «un ottimo lavoro».In Australia, c’è una sorta di politica mortuaria, in cui i noiosi giochi parlamentari vengono riproposti nei media, mentre i rifugiati e gli indigeni sono perseguitati e la disuguaglianza cresce, insieme al pericolo di guerra. Il governo di Malcolm Turnbull ha appena annunciato un cosiddetto bilancio per la difesa di 195 miliardi di dollari che avvicina alla guerra. Non c’è stato alcun dibattito. Silenzio. Dov’è andata a finire la grande tradizione di azione diretta popolare, slegata dai partiti? Dove sono il coraggio, la fantasia e l’impegno necessari per iniziare il lungo viaggio verso un migliore, giusto e pacifico mondo? Dove sono i dissidenti dell’arte, del cinema, del teatro, della letteratura? Dove sono quelli che romperanno il silenzio? O aspettiamo che venga sparato il primo missile nucleare?(John Pilger, riassunto di una recente lezione tenuta all’Università di Sydney, dal titolo “Una Guerra Mondiale è cominciata”; post ripreso dal sito “Counterpunch” del 23 marzo 2016 e tradotto da Gianni Ellena per “Come Don Chisciotte”. Di origine australiana, tra i più noti e prestigiosi giornalisti internazionali, Pilger ha ricevuto numerosi premi e dottorati per le sue battaglie per i diritti umani ed è stato nominato per ben due volte “Giornalista dell’anno” in Inghilterra).Ho filmato nelle Isole Marshall, a nord dell’Australia, nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico. Ogni volta che dico alla gente dove sono stato, mi chiedono: «Dove si trovano?». Se come indizio faccio riferimento a “Bikini”, dicono: «Vuoi dire il costume da bagno». Pochi si rendono conto del fatto che il costume da bagno bikini è stato chiamato così per celebrare le esplosioni nucleari che hanno distrutto l’isola di Bikini. Sessantasei dispositivi nucleari furono fatti brillare dagli Stati Uniti nelle Isole Marshall tra il 1946 e il 1958 – l’equivalente di 1,6 bombe [della potenza di quella che colpì] Hiroshima – ogni giorno, per dodici anni. Oggi Bikini tace, trasformata e contaminata. Le palme crescono in una strana disposizione a griglia. Nulla si muove. Non ci sono uccelli. Le lapidi nel vecchio cimitero sono tuttora radioattive. Le mie scarpe registrano un “pericoloso” sul contatore Geiger. Sulla spiaggia, ho visto il verde smeraldo del Pacifico sprofondare in un grande buco nero. È il cratere causato dalla bomba all’idrogeno che chiamavano “Bravo”. L’esplosione avvelenò la gente e l’ecosistema per centinaia di chilometri, forse per sempre.
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Scordatevi sicurezza e privacy, Facebook è in ascolto
Una cosa alla quale siamo diventati tutti troppo abituati è il fatto che la nostra realtà possa venire manipolata per assomigliare a qualcosa di totalmente diverso. Invadere un’altra nazione è un atto di difesa, elezioni corrotte vengono spacciate come democrazia in azione, un numero maggiore di pistole (o armi nucleari) assicurano la pace, il commercio e gli investimenti stranieri aumentano i posti di lavoro a casa. La logica orwelliana è diventata una cosa normale. Ciò che voglio affrontare qui è un altro tipo di manipolazione: il modo in cui Facebook e gli altri social media usano le informazioni che, per la maggior parte inconsapevolmente, gli forniamo – incluse le conversazioni che facciamo nella privacy della nostre case – per pubblicizzare prodotti che non abbiamo richiesto e che quasi certamente non vogliamo, e passare dati al governo. Non sono di sicuro il primo a scoprire questa capacità straordinaria: molti si sono dichiarati sbalorditi e arrabbiati quando si sono resi conto che parole usate nelle conversazioni su Facebook e Twitter, messaggi, location, status, così come quelle usate nelle conversazioni private fra le mura delle proprie case, venivano quasi immediatamente captate e convertite in annunci pubblicitari.Nomini un certo sport, ed ecco che appare la pubblicità di un’agenzia di prenotazione biglietti. Dici che ti piacerebbe guidare una Lexus ed ecco che compare una pubblicità sulla Lexus. Parli di una vacanza e una pubblicità su Facebook ti raccomanda una spiaggia Hawaiana o un piccolo hotel a Parigi che – guarda caso! – avevi appunto nominato ieri! E’ paranoia? Facebook (o Instagram, Google, o Yahoo) è in grado di origliare le nostre conversazioni? Facebook ammette senza tanti problemi che il suo modello di business si basa sui dati che inseriamo o trasmettiamo on-line, che una volta che ci siamo iscritti i dati sostanzialmente diventano proprietà di Facebook, e che – come ha affermato Mark Zuckerberg, Ceo di Facebook – alla maggior parte delle persone non interessa poi così tanto davvero, della loro privacy. Chiaramente, Facebook & Co. si difendono dicendo che stanno semplicemente rispondendo ai tuoi bisogni e che, se lo desideri, puoi sempre ridurre (ma non eliminare) la quantità di pubblicità, semplicemente selezionando una lista nelle impostazioni di programma. Ma per quanto riguarda il fatto dell’ascolto, Facebook sostiene che l’utente sia l’unico a controllare il microfono, e che, secondo il capo della sicurezza di Facebook, si debba autorizzare Facebook ad attivarlo. Per caso qualcuno si ricorda di una richiesta di autorizzazione?Sembra che si possa disattivare la funzione microfono in Windows o nell’applicazione mobile Facebook sullo smartphone o sul tablet. Ma “off”, significa davvero del tutto “off”? Sembrerebbe di no. L’esperienza mia e di mia moglie dopo aver disattivato il microfono sul suo computer, afferma il contrario. Da notare che le pubblicità sono apparse pochi secondi dopo la nostra conversazione. * Jodi ha fatto un commento sull’attrice Robin Wright Penn. Subito, sono comparse pubblicità su film di Sean Penn.* Abbiammo discusso di magliette per i nipoti. Ecco comparire pubblicità proprio per quelle magliette. * Jodi ha parlato della nostra sfida a Scarabeo, lasciata in sospeso. La pubblicità del gioco Yahtzee è comparsa all’istante. * Jodi stava descrivendo il suo aspetto in relazione alla sua età, per esempio le linee di espressione ed i capelli bianchi, ed è comparsa una pubblicità per la linea “Age Rewind” di Maybelline. E allora uno si chiede, ok, ma spiare non è illegale, un’invasione della privacy?Ci sono state proteste sul larga scala circa lo spionaggio di Facebook sugli smartphone, ma nessuno cambio di policy da parte di Facebook, a quanto ne so. A livello legale, uno studio belga – e tra l’altro, gli europei sono molto più infastiditi e attenti alle manovre sospette di Facebook di quanto non lo siano gli americani – mette in evidenza che il “ritirarsi” dalla pubblicità non è lo stesso che dare consenso informato e diretto. Inoltre, Facebook non chiede il nostro consenso per acquisire dati da altre fonti, per raccogliere dati di localizzazione forniti dagli smartphone, per usare foto o altri dati (come il “like”) inseriti dall’utente. Penso che una corretta interpretazione del report belga e dei chiarimenti più recenti di Facebook sulla sua politica (2015), sia che Facebook può raccogliere ed usare ogni tipo di informazione risultante dall’uso di Facebook da parte dell’utente e dallo strumento utilizzato per accedervi. “Ogni tipo di informazione” significa assolutamente ogni dato l’utente abbia inserito, sia su se stesso che su persone terze, sia comunicato per scritto, a voce, o attraverso immagini. Anche se si decide di chiudere l’account Facebook, tutti i dati forniti restano in suo possesso.E c’è un’ulteriore questione, ancora più dannosa: la raccolta e l’uso dei dati provenienti dai social media da parte delle agenzie governative, in particolare l’ Agenzia per la Sicurezza Nazionale (Nsa). Questa pratica, portata allo scoperto da Edward Snowden, include la partecipazione di Facebook, Apple e numerose altre aziende tecnologiche nel programma Prism della Nsa, per raccogliere dati direttamente dalle aziende piuttosto che semplicemente tramite Internet. L’Unione Europea sta ora contestando questa invasione della privacy. Nel 2000, l’Ue ha accettato la proposta americana di istituire un programma di “Safe Harbor” – Porto Sicuro – per il trasferimento agli Stati Uniti dei dati personali raccolti in Europa da Facebook, Google e Amazon. Quell’accordo è stato rivalutato dall’avvocato generale della Corte di giustizia europea, che ha concluso che esso viola i diritti fondamentali degli europei. L’avvocato generale ritiene che i dati possano «venire utilizzati dalla Nsa e da altre agenzie di sicurezza degli Stati Uniti nel corso di una sorveglianza indiscriminata di massa».La Corte di giustizia europea ha appena confermato tale opinione, e dichiarato non valido il programma “Safe Harbor”. La decisione della Corte di giustizia è che il Safe Harbor «debba essere considerato come qualcosa che compromette l’essenza stessa del diritto fondamentale al rispetto della vita privata». E’ un colpo duro, sebbene non fatale, per Facebook e per gli altri soggetti coinvolti nel trasferimento di dati in Europa. Gli europei hanno fatto pressioni a queste aziende, in particolare a Google e Amazon, anche circa altre questioni, come nel caso della legislazione antitrust. Idealmente, la decisione della Corte di giustizia e la altre azioni europee incoraggeranno gli americani ad organizzare le loro battaglie per una maggiore tutela della privacy ed una maggior trasparenza sul modo in cui i giganti della tecnologia conducono i loro affari. L’invasione della privacy sui social media vi preoccupa, o considerate la perdita della privacy come il prezzo della socializzazione? Come avete gestito la vostra privacy sul vostro computer, smartphone, o tablet? Avete avuto esperienze di “spionaggio” come quelle che ho nominato?(Mel Gurtov, “La distorsione della realtà: Facebook è in ascolto”, da “Counterpunch” del 13 ottobre 2015, tradotto da “Come Don Chisciotte”. Professore emerito di scienze politiche alla Portland State University, Gurtov è editorialista di “Asian Perspective”, trimestrale di politica internazionale, e scrive sul blog “In the Human Interest”).Una cosa alla quale siamo diventati tutti troppo abituati è il fatto che la nostra realtà possa venire manipolata per assomigliare a qualcosa di totalmente diverso. Invadere un’altra nazione è un atto di difesa, elezioni corrotte vengono spacciate come democrazia in azione, un numero maggiore di pistole (o armi nucleari) assicurano la pace, il commercio e gli investimenti stranieri aumentano i posti di lavoro a casa. La logica orwelliana è diventata una cosa normale. Ciò che voglio affrontare qui è un altro tipo di manipolazione: il modo in cui Facebook e gli altri social media usano le informazioni che, per la maggior parte inconsapevolmente, gli forniamo – incluse le conversazioni che facciamo nella privacy della nostre case – per pubblicizzare prodotti che non abbiamo richiesto e che quasi certamente non vogliamo, e passare dati al governo. Non sono di sicuro il primo a scoprire questa capacità straordinaria: molti si sono dichiarati sbalorditi e arrabbiati quando si sono resi conto che parole usate nelle conversazioni su Facebook e Twitter, messaggi, location, status, così come quelle usate nelle conversazioni private fra le mura delle proprie case, venivano quasi immediatamente captate e convertite in annunci pubblicitari.
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Milioni di morti: la peste dell’Africa siamo noi, non Ebola
Quando agli americani non piace un presidente cominciano a dire che la madre, per farlo nascere in America, aveva viaggiato dal Kenya passando per le Hawaii! Altri giurano che i genitori dei ragazzini ammazzati a Newtown, in Connecticut, si sono messi d’accordo col governo in un complotto per fingere che i loro figli siano stati uccisi a scuola, mentre invece sono ancora vivi da qualche parte. Adesso, Ebola è ufficialmente nota come “Malattia da Virus di Ebola” (Evd) e ha mietuto migliaia di vite in focolai sporadici da quando è stata identificata in Congo nel 1976. Gli scienziati non sono sicuri delle sue origini esatte ma ipotizzano che il virus sia stato trasmesso da pipistrelli della foresta. Secondo questa teoria, i suoi fluidi corporei possono essere diffusi ad altri animali e poi agli esseri umani attraverso il contatto fisico. In passato ci sono state altre epidemie in zone rurali dell’Africa centrale, ma i primi casi verificatisi in Africa occidentale, comprese le zone urbane, si sono notati a marzo 2014 in Guinea, poi l’epidemia si è diffusa in Liberia e Sierra Leone. Sono stati diagnosticati più di 7.000 casi di Ebola e oltre 3.000 morti.I paesi a maggior rischio per qualsiasi tipo di catastrofe sono quelli africani, perché sono poveri e sono poveri perché per secoli sono stati sistematicamente saccheggiati da Europa, Stati Uniti e dal resto del mondo capitalista. Non c’è niente di sospetto per la comparsa di questa malattia in qualsiasi punto del pianeta, come non c’è nessun dubbio sul fatto che tutti i paesi devastati dalle guerre vengano regolarmente derubati delle loro risorse, sempre, ogni volta che un qualsiasi disastro colpisce un paese povero. Nessuno dovrebbe credere ciecamente ai governi o ai media delle multinazionali o a qualsiasi altra fonte, ma c’è una vasta tendenza generalizzata che vuole credere a teorie stravaganti, piuttosto che guardare direttamente e credere a fatti concreti, facilmente dimostrabili. Nonostante quello che tanti utenti dei social media abbiano fatto circolare, il Center for Disease Control (Cdcs) non ha nessun brevetto su Ebola-Evd. Il Cdc riconosce di aver chiesto un brevetto per scopi di ricerca e che la domanda è stata respinta.Sarebbe molto più utile, però, scoprire come e perché i ceppi della malattia possano essere brevettati, prima di diffondere e condividere certe storie che non hanno nessun fondamento nei fatti. Non c’è nessun motivo per le nazioni occidentali di “usare Ebola come arma” per ammazzare gli africani. Le politiche monetarie e le politiche estere già lo stanno facendo abbastanza bene. Africom assicura che gli Stati Uniti controlleranno gli eserciti di quasi tutto il continente. La guerra infinita al terrore ha ucciso molte migliaia di persone in Somalia e in Libia e, con l’appoggio occidentale, il dittatore Paul Kagame in Rwanda con il suo furto di minerali preziosi ha provocato nel suo paese la morte di 6 milioni di persone. Mentre la gente perde tempo mandando in giro e-mail che dicono che il governo degli Usa ha un brevetto su Ebola, non si racconta che stanno rubando di tutto agli africani, dall’olio di coltan ai diamanti, lasciandoli sempre più poveri e rendendo le loro nazioni più deboli.Questa è una vera cospirazione che dovrebbe bastare a chiunque, senza che sia necessario immaginarsi altre storie di complotti governativi. All’uomo piacciono le favole, e quanto più sono drammatiche e paurose tanto più piacciono. La voglia di credere che Bill Gates e gli Illuminati controllino il virus Evd non porta a niente di utile, non mette in pratica nessun piano di azione e nessuna analisi ragionata, porta solo a pensieri di disimpegno e di distrazione fino a non rendersi conto delle cose reali, che non saranno tanto spettacolari ma fanno capire come gira il sistema per controllare – veramente – il mondo. Anche se non esiste un vaccino o un trattamento ufficiale per l’Ebola, la sua trasmissione può essere fermata. In Liberia, l’azienda di pneumatici Firestone ha messo soldi suoi per aprire un suo ospedale e trattare i residenti della città dove si trova la fabbrica. I pazienti sono stati isolati e anche gli operatori sanitari sono stati adeguatamente protetti. Questo protocollo è efficace e i suoi risultati erano prevedibili. Il contagio è stato fermato e i decessi si sono ridotti al minimo.In un mondo giusto ed equo, una società che non vuole veder bloccato il proprio ciclo produttivo per le troppe assenze dei suoi lavoratori malati non dovrebbe essere l’unico esempio di una storia di successo nella lotta contro l’Ebola-Evd. Il resto della Liberia non è stato così fortunato come i dipendenti della Firestone. Prima dello scoppio dell’epidemia in un paese con 4 milioni di abitanti c’erano solo 50 medici. Con questa penuria di risorse qualsiasi malattia contagiosa diventa una catastrofe. Ma anche il sistema sanitario americano ha le sue storie di orrore ed è pieno di una serie di nefasti cospiratori. Big Pharma cospira per mantenere artificiosamente alto il prezzo dei farmaci prescritti dai medici. Le compagnie di assicurazione hanno creato il “managed care” per evitare che i pazienti potessero scegliere il fornitore più conveniente, in modo da massimizzare i loro profitti. Il risultato è che il sistema più costoso del mondo si classifica solo al 37° posto nel mondo nella misurazione della salute.Anche dopo che è arrivato l’Affordable Care Act, ci sono ancora milioni di persone che muoiono per la mancata prevenzione di malattie prevedibili e tutto questo è il risultato di una vera cospirazioni per fare soldi. Mentre è comprensibile avere paura della malattia e della morte, non ha nessun senso logico trasformare quella che dovrebbe essere una analisi ragionata in una stupida isteria generalizzata. Chiunque voglia cercare una cospirazione intorno al virus Ebola dovrebbe parlare di questa storia e diffonderla. Gli operatori sanitari bianchi che vengono infettati vengono subito mandati in Europa o negli Stati Uniti per essere curati, ma i medici neri vengono lasciati morire. Questa è l’informazione che vale la pena far circolare in tutto il mondo.(Margaret Kimberley, “La vera cospirazione di Ebola”, da “Smirkingchimp” del 9 ottobre 2014, tradotto da “Come Don Chisciotte”).Quando agli americani non piace un presidente cominciano a dire che la madre, per farlo nascere in America, aveva viaggiato dal Kenya passando per le Hawaii! Altri giurano che i genitori dei ragazzini ammazzati a Newtown, in Connecticut, si sono messi d’accordo col governo in un complotto per fingere che i loro figli siano stati uccisi a scuola, mentre invece sono ancora vivi da qualche parte. Adesso, Ebola è ufficialmente nota come “Malattia da Virus di Ebola” (Evd) e ha mietuto migliaia di vite in focolai sporadici da quando è stata identificata in Congo nel 1976. Gli scienziati non sono sicuri delle sue origini esatte ma ipotizzano che il virus sia stato trasmesso da pipistrelli della foresta. Secondo questa teoria, i suoi fluidi corporei possono essere diffusi ad altri animali e poi agli esseri umani attraverso il contatto fisico. In passato ci sono state altre epidemie in zone rurali dell’Africa centrale, ma i primi casi verificatisi in Africa occidentale, comprese le zone urbane, si sono notati a marzo 2014 in Guinea, poi l’epidemia si è diffusa in Liberia e Sierra Leone. Sono stati diagnosticati più di 7.000 casi di Ebola e oltre 3.000 morti.