Archivio del Tag ‘individuo’
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L’Ue odia ciò che amiamo, proprio come la vecchia Urss
«Se controlli il significato de “il bene” e possiedi illimitate risorse propagandistiche e il controllo sulla stampa, nonchè il controllo di forze armate e forze di polizia, puoi edificare una nuova società in tempi relativamente brevi. Puoi spazzare via secoli di tradizioni in poche decadi. Se hai pure il sistema dell’istruzione nelle tue tasche poi, puoi persino cancellare la memoria di ciò che è esisitito. Nessuno ricorderà e a nessuno interesserà. Sta già succedendo in Europa, dove l’ignoranza è ormai forza» (John Rappoport, “The Underground”). Uno dei principi cardine del globalismo elitario è: fine dei confini, cessare l’esistenza di nazioni separate e distinte. L’Unione Europea fu concepita a tale scopo ed edificata, a piccoli passi, a partire dalle macerie della seconda guerra mondiale: una superburocrazia ed un sistema di gestione politica per l’intero continente. Ma questo non era ancora abbastanza. Doveva esserci pure un modo di demolire nazioni diverse tra loro e sovrane fino a lasciare una tabula rasa, un modo di alterarare radicalmente il paesaggio. Aprire i confini, lasciare che i territori nazionali fossero inondati da migranti.“Sostituire le popolazioni”, flussi di gente che non ha la minima intenzione di accettare costumi e stili di vita in voga nelle loro nuove case. Il risultato finale? Una riconfigurazione di fatto delle popolazioni nazionali, al punto che, guardando all’Europa tra vent’anni potremo dire: «Perchè mai parliamo di Germania, Francia o Inghilterra? Non esistono realmente. L’intera Europa è un miscuglio non omogeneo di vari migranti, l’Europa oggi è una sola nazione, è tempo di cancellare tutti questi confini artificiali». A un certo punto anche solo pronunciare parole quali “svedesi, norvegesi, tedeschi, francesi, olandesi” sarà considerata una più o meno micro, o macro, aggressione contro “le genti d’Europa”. Chiaramente una volta raggiunto questo stadio a ciò si accompagnerebbe un certo quantitativo di caos e violenza. La Ue sta scommettendo sulla sua capacità di gestire il disordine, di reprimerlo quando necessario, e consolidare e mantenere lo status di unica forza di governo effettiva in Europa.Ad un livello culturale, nomi come Locke, Shakespeare, Goethe, Mozart, Beethoven, Bach, Lorca, Goya, Cézanne, Monet, Van Gogh, Michelangelo, Rembrandt, Dante, Galileo, Faraday e persino nomi “moderni” come Bartok, Stravinsky, Rimbaud, Orwell e Camus non resteranno che vaghi fantasmi polverosi in grado di provocare null’altro che sguardi di incomprensione. “Il passato è morto”. “Ma non c’è nulla da temere, quel che conta è che ogni persona che vive in Europa è cittadino europeo e gode dei benefici che ne derivano. E’tutto molto umano, questo è il Bene, il trionfo dello Stato benevolo. Nient’altro conta”. Tutte le lingue europee cadranno progressivamente in disuso. Chi ha il diritto di esprimersi con parole che la maggioranza non è in grado di capire? Questo schizzo che sto tracciando descrive la griglia che sta per essere lanciata sull’Europa. E chiaramente, dal momento che l’automazione galoppa, molti “cittadini-lavoratori d’Europa” diventeranno inutili. Persino grandi multinazionali crolleranno, perchè non potranno più vendere i loro prodotti alle popolazioni impoverite. Non fanno che sperare che milioni di asiatici, Cina e India in testa, gli regaleranno nuovi mercati.Su questo sfondo l’essere umano individuale sarà considerato, dall’alto, come una cifra, una astratta unità buona per “modelli e algoritmi”. La domanda è: quanti individui abboccheranno e accetteranno di vedere se stessi come semplici parti interscambiabili nel sistema generale? Quanti getteranno via ogni speranza e accetteranno il futuro solo come una funzione di quello che lo Stato è disposto a concedere e che dallo Stato possono ottenere gratis? In quanti realizzeranno che il loro potere come individui è inconsequenziale, o meglio pura illusione? Come mai ho avuto voglia di far salire a galla cose simili? Perchè, nonostante la prevalente mentalità collettivistica, propagandata, promossa e sfruttata al livello dell’élite, la repressione di Stato, a tutti i suoi livelli, colpisce ogni individuo. Se il concetto stesso di individuo viene spezzato via, cosa ne resta? Nel 1859 John Stuart Mill scrisse: «Se ci fosse coscienza del fatto che il libero sviluppo dell’individualità è un fattore essenziale al benessere non ci sarebbe alcun rischio che l’importanza della libertà sia sottovalutata». Contrariamente, dove il libero sviluppo dell’individualità non è preoccupazione di nessuno, la libertà è destinata a morire.Boris Pasternak, lo scrittore e poeta Russo, che certamente sapeva un paio di cosette sulla repressione politica, scrisse (nel 1960): «Loro (i burocrati sovietici) non pretendono molto da te. Soltanto di odiare le cose che ami e amare le cose che odi». Questa inversione viene riproposta oggi, in Europa. I dissidenti della vecchia Urss lo riconosceranno in un lampo, dal momento che ci sono già passati. La versione europea ci tiene ad apparire più morbida e gentile, ma non è altro che questione di strategia. La cultura se la stanno cuocendo a fuoco lento. Ma il semplice fatto che non abbiamo la polizia segreta che bussa alle nostre porte nel mezzo della notte per eseguire arresti di massa non è di per sé garanzia che la libertà individuale regna. Parecchi politici europei dicono ai loro elettori: «Non avete il diritto di opporvi in nessun modo alla marea di migranti in arrivo. Dichiarare pubblicamente ostilità ai migranti è offensivo». Suona familiare?Il sogno segreto di ogni collettivista sta divenendo realtà. Tutto il potere accentrato al vertice; e totale conformità (definita “unità”) ad ogni altro livello. La nuova Urss. Ai vecchi tempi la polizia della Germania Est aveva un fascicolo su ogni cittadino e seminava per la popolazione spie e informatori. Il moderno Stato di sorveglianza ha rimpiazzato questi sistemi, cercando piuttosto i “nodi del malcontento”. I collettivisti possono, a parole, anche denunciare all’occorrenza i rischi di uno stato di polizia, ma ogni volta che questi sistemi sono usati per sbarazzarsi di qualcuno che possiede la visione di un mondo migliore di quello basato, tra le altre cose, sull’assenza di confini allora è soltanto “il Bene” imposto a chi non sa riconoscere il bene da solo. Se un tale nobile scopo umanitario ha bisogno di qualche spintarella per essere inculcato, perchè no?Per colletivisti fatti e finiti, la libertà non è solo un fastidioso blocco stradale, peggio, è una illusione irrilevante, non è mai esistita. Tutti gli esseri umani funzionano per come sono programmati a farlo, sin dalla nascita. Quindi, basta installare un programma migliore, inculcalo con ogni mezzo a disposizione, purchè si producano i desiderati “uomini-bambino”. E’un imperativo sia politico che tecnologico. Confini aperti ed immigrazione illimitata sono un ottimo caso-prova. Per la gente che pensa gli venga imposta la frammentazione delle proprie comunità, che si sentono personalmente minacciate, che abbiano la percezione che sia una operazione coperta per trasformare l’Europa in una nuova Urss, urge rieducazione al livello più profondo possibile. Per il loro bene, perchè certamente questa gente soffre di gravi disturbi. I loro circuiti sono bruciati, dev’esserci qualche difetto hardware del cervello, sono incapaci di vedere le cose correttamente.Tra le cose che non potrebbero vedere ad esempio ad esempio, è la saggezza in queste parole di Zbigniew Brzezinski, ovvero l’alter ego di David Rockefeller, che nel 1969 scriveva: «Lo Stato nazione, inteso come unità fondamentale nella vita organizzata dell’uomo ha cessato di rappresentare la principale forza creativa: le banche internazionali e le corporazioni multinazionali agiscono e pianificano in termini che scavalcano ed eludono i concetti politici delllo Stato-nazione». Qui vediamo il tattico globalista in azione, un uomo che apparentemente odia la vecchia Urss ma che in realtà punta all’istallazione del medesimo collettivismo attraverso altri mezzi. Se Lenin fosse vivo oggi, guardando all’Europa sarebbe d’accordo che la sua agenda è in pieno corso e gode di ottima salute. Potrebbe obiettare solamente per il passo relativamente lento a cui procede. Potrebbe sostenere che serve maggiore violenza. Ma non potrebbe non riconoscere come i suoi successori hanno scoperto un bel po’ di utili trucchetti nuovi. Approverebbe dell’“altruismo umanitario”, il modo in cui viene presentato e manipolato, in modo che l’edificio del “Bene” appaia come una luce che brilla nell’oscurità. Gran film. Bel lavoro di produzione. Le lacrime sulle gote degli spettatori. Le menti ridotte a una sola costante: dobbiamo interessarci a chi è meno fortunato di noi. Milioni di migliaia di migliaia di dollari spesi per instillare il sentimento, indipendentemente dalle circostanze o dalle vere intenzioni malevole sottostanti, o le indicibili sinistre intenzioni degli artisti elitari della realtà.(Jon Rappoport, “Il piano per la fine dell’Europa: la nuova Urss”, dal blog di Rappoport del 21 ottobre 2015, post tradotto da “Come Don Chisciotte”).«Se controlli il significato de “il bene” e possiedi illimitate risorse propagandistiche e il controllo sulla stampa, nonchè il controllo di forze armate e forze di polizia, puoi edificare una nuova società in tempi relativamente brevi. Puoi spazzare via secoli di tradizioni in poche decadi. Se hai pure il sistema dell’istruzione nelle tue tasche poi, puoi persino cancellare la memoria di ciò che è esisitito. Nessuno ricorderà e a nessuno interesserà. Sta già succedendo in Europa, dove l’ignoranza è ormai forza» (Jon Rappoport, “The Underground”). Uno dei principi cardine del globalismo elitario è: fine dei confini, cessare l’esistenza di nazioni separate e distinte. L’Unione Europea fu concepita a tale scopo ed edificata, a piccoli passi, a partire dalle macerie della seconda guerra mondiale: una superburocrazia ed un sistema di gestione politica per l’intero continente. Ma questo non era ancora abbastanza. Doveva esserci pure un modo di demolire nazioni diverse tra loro e sovrane fino a lasciare una tabula rasa, un modo di alterarare radicalmente il paesaggio. Aprire i confini, lasciare che i territori nazionali fossero inondati da migranti.
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Gender: facile da controllare, l’uomo senza identità sessuale
Verso il cosiddetto “nuovo ordine mondiale”, le élites starebbero tentando di “rielaborare” l’umanità a proprio piacimento, anche grazie la creazione dell’“uomo senza identità” che sarebbe fabbricato dall’ideologia gender, le cui strategie (e obiettivi) vengono messi a fuoco dal libro “Unisex” di Enrica Perucchietti, scritto a quattro mani con Gianluca Marletta. «Un libro che ancor prima di essere pubblicato ha scatenato forti polemiche da parte dei movimenti femministi e Lgbt, secondo i quali la cosiddetta “teoria gender” nemmeno esiste», scrive Riccardo Allione su “Vvox”. L’autrice però non ci sta: «L’ideologia di genere esiste e ha la sua storia: l’espressione è stata coniata da John Money, padre degli studi di genere insieme ad Alfred Kinsey. Dopo gli anni ’80 si arenò in seguito ai fallimenti degli esperimenti di Money e oggi è stata riesumata. È vero che esistono gli studi di genere, ma d’altra parte c’è il tentativo politico-mediatico di recuperare velleità dei padri del gender». Niente complottismi, dice la Perucchietti. Ma è evidente il «processo di globalizzazione spinto dalle lobby mondialiste che mira a spersonalizzare l’individuo, e questo processo si sta focalizzando sulla questione dell’identità sessuale, per rendere le nuove generazioni più facilmente manipolabili e omologate».Nel concreto, da un lato le multinazionali finanziano le campagne elettorali chiedendo in cambio di promuovere quelle politiche, e dall’altro c’è l’industria culturale: «Sempre più spesso, film e serie tv fanno passare l’idea di una sessualità fluida». Nel libro, la Perucchietti cita un serial di Mtv, “Faking it”, dove le protagoniste e i loro amici cambiano più volte orientamento sessuale nel corso della stagione. «C’è anche la musica: basta pensare a Miley Cyrus o Lady Gaga, che pur non essendo gay si fanno portavoce delle cause omosessuali, strumentalizzando il messaggio come strategia di marketing costruita a tavolino». Questo progetto avrebbe un duplice scopo: «I padri dell’ideologia gender sognavano una “democrazia sessuale” globale dove tutti gli orientamenti fossero leciti e legali, compresa la pedofilia. La seconda finalità è il controllo sociale: individui sempre più spersonalizzati e disorientati, senza un’identità definita, sono più facili da manipolare».Dietro l’intenzione di distruggere la famiglia tradizionale sostituendola con altri modelli c’è anche una questione economica: «Nel momento in cui vengono sdoganate le famiglie omogenitoriali, che per forza di cose non possono avere figli, si favorisce il business delle maternità surrogate e degli uteri in affitto». Tuttavia, spiega la Perucchietti, la questione non riguarda l’omosessualità in sé. «Nel libro contestiamo il fatto che si sta spingendo verso un’idea di sessualità culturale: non si nasce maschio o femmina per natura, ma lo si diventa per cultura. Un’idea contestata anche da Vladimir Luxuria durante una diretta radiofonica a cui ho partecipato. Eppure è questo ciò che insegnavano i fondatori dell’ideologia di genere. Il rischio è di sfociare nel trans-umanesimo, nel post-umano, e quello che preoccupa è che tale manipolazione avviene in maniera sempre più capillare e perfino violenta».Per contro, osserva Allione, si potrebbe controbattere che la difesa dei “valori tradizionali” è a sua volta propaganda dei poteri forti più conservatori, ad esempio la Chiesa. «Qualsiasi tesi portata avanti con il vessillo di un dogma rischia di diventare fanatismo o di essere strumentalizzata», taglia corto l’autrice. «Le difese a oltranza sono sbagliate, si finisce sempre in fazioni pro o contro, ma così non si dialoga. Non si può combattere un’ideologia con un’altra ideologia. Noi abbiamo cercato di curare un’inchiesta giornalistica storico-sociologica nel modo più obbiettivo possibile». Venendo all’attualità e al polverone alzato dal disegno di legge Fedeli sull’educazione di genere a scuola, «si è fatta molta disinformazione, però il ministro Giannini che dichiara che l’ideologia di genere è una bufala minacciando le vie legali, ricorda molto la “psico-polizia” di Orwell». Per quanto riguarda invece i libri per l’infanzia censurati a Venezia, per la giornalista torinese «l’idea dell’insegnamento gender all’asilo o alle elementari è assolutamente folle».A scuola, aggiunge la Perucchietti, non bisognerebbe parlare di certe tematiche a bambini così piccoli: «Non conosco tutti i libri, ma ne ho letti alcuni, come quello sulla maternità surrogata (“Perché hai due mamme?”, edito da “Lo Stampatello”), che mi è sembrato pazzesco. Perché bisogna spiegare queste cose a un bambino di quattro anni? Non si capisce, a me pare una strumentalizzazione per sdoganare la fecondazione eterologa». Per contrastare questa “mutazione antropologica” messa in atto dall’ideologia gender, l’unica strada passa dall’informazione. «Sia chi è contro il gender, sia i sostenitori, si sono formati un’idea sulla base di chiacchiere, per sentito dire. Molte delle critiche al nostro libro sono state fatte prima della sua pubblicazione. Come si fa a stroncare un libro non ancora uscito, sulla base della copertina? Ci vuole senso critico, dopodiché uno si forma un’idea, ma non sulla base di posizioni acritiche e fanatiche».(Il libro: Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta, “Unisex – Cancellare l’identità sessuale, la nuova arma della manipolazione globale”, Arianna Editrice, 224 pagine, euro 11,80).Verso il cosiddetto “nuovo ordine mondiale”, le élites starebbero tentando di “rielaborare” l’umanità a proprio piacimento, anche grazie la creazione dell’“uomo senza identità” che sarebbe fabbricato dall’ideologia gender, le cui strategie (e obiettivi) vengono messi a fuoco dal libro “Unisex” di Enrica Perucchietti, scritto a quattro mani con Gianluca Marletta. «Un libro che ancor prima di essere pubblicato ha scatenato forti polemiche da parte dei movimenti femministi e Lgbt, secondo i quali la cosiddetta “teoria gender” nemmeno esiste», scrive Riccardo Allione su “Vvox”. L’autrice però non ci sta: «L’ideologia di genere esiste e ha la sua storia: l’espressione è stata coniata da John Money, padre degli studi di genere insieme ad Alfred Kinsey. Dopo gli anni ’80 si arenò in seguito ai fallimenti degli esperimenti di Money e oggi è stata riesumata. È vero che esistono gli studi di genere, ma d’altra parte c’è il tentativo politico-mediatico di recuperare velleità dei padri del gender». Niente complottismi, dice la Perucchietti. Ma è evidente il «processo di globalizzazione spinto dalle lobby mondialiste che mira a spersonalizzare l’individuo, e questo processo si sta focalizzando sulla questione dell’identità sessuale, per rendere le nuove generazioni più facilmente manipolabili e omologate».
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Franceschetti: perché il potere ha paura della spiritualità
Oppio dei popoli? Sì, quando la religione “perde l’anima” e si trasforma in struttura di potere basata su oscuri dogmi. Ma se si indaga su Buddha, Cristo e Maometto, sull’Ebraismo e sull’Induismo, si scopre che il messaggio fondamentale – la potenza assoluta della dimensione spirituale – è stato regolarmente neutralizzato e rimosso, specie in Occidente, perché mette in crisi il nostro sistema basato sul dominio: «Un individuo che vive la sua spiritualità è più libero dalle paure, quindi meno controllabile: ecco perché la spiritualità è stata così accanitamente combattuta, anche attraverso le stesse burocrazie religiose». Il giurista e saggista Paolo Franceschetti sostiene di averne avuto conferma studiando le grandi religioni. Dall’India al Medio Oriente, tutti i leader religiosi originari hanno trasmesso il medesimo credo, assolutamente positivo e destabilizzante: la divinità è già presente in noi, bisogna solo imparare ad “attivarla”. La rivelazione: è possibile trasformare radicalmente la propria vita, aprire gli occhi e superare ogni problema “trovando Dio” innanzitutto con la meditazione. Una verità che l’élite mondiale conosce da sempre e che ha cercato di tenere nascosta, sostiene Franceschetti. Ma ormai “i tempi stanno cambiando”, come cantava il giovane Dylan. E il “grande risveglio” è già cominciato.Avvocato e docente universitario, Franceschetti ha di recente abbandonato l’avvocatura per sfiducia nella giustizia: clamorosa la sua denuncia dei misfatti del potere occulto, contenuta nel suo seguitissimo blog e in libri come “Sistema massonico e Ordine della Rosa Rossa” (Uno Editori). La tesi: al vertice del potere si nasconde un clan oscuro, di formazione esoterica, dedito anche ad omicidi rituali come quelli del “Mostro di Firenze”, fino ai casi di cronaca più recenti, da Cogne a Yara Gambirasio, di cui i media omettono regolarmente i dettagli fondamentali che illuminerebbero il vero movente, quello dei sacrifici umani. Tutto cominciò quando Franceschetti venne chiamato, in carcere, da due giovani condannati all’ergastolo per il caso delle “Bestie di Satana”: «Avvocato, non pretendiamo di uscire di qui», gli dissero. «Vorremmo solo sapere perché siamo detenuti a vita, dal momento che non abbiamo mai ucciso nessuno». Dice Franceschetti: «Ho scoperto che le indagini erano state molto superficiali, e le condanne scaturite solo dall’ambigua confessione di uno dei presunti complici, in un contesto di fatti che non potevano reggere a una ricostruzione accurata».Frugando nelle cronache italiane, il legale ha intravisto un abisso: depistaggi, falsificazioni sistematiche, omissioni, capri espiatori, manovre coperte dal silenzio o dal chiasso mediatico. Domanda inevitabile: «Chi e perché agisce così? Cosa c’è nella mente di chi compie omicidi rituali, puntualmente spacciati per delitti ordinari, ancorché inspiegabili perché privi di un movente credibile?». I suoi molti lettori conoscono il coraggio e la generosità di Franceschetti, onnipresente sul web e in decine di conferenze lungo la penisola. Dopo la tragica perdita della compagna, si è impegnato persino sul difficile fronte della medicina democratica, con un blog – il primo in Italia – che presenta l’offerta esistente di cure alternative, tutte rivelatesi valide, per guarire dai tumori (il suo “testimonial” è stato un medico di Brescia, malato terminale, salvato in extremis dallo stesso Franceschetti che l’ha convinto a sottoporsi al Protocollo D’Abramo, basato sull’assunzione di vitamine e semplici biofarmaci naturali).Franceschetti pratica il buddhismo da molti anni, frequenta corsi di meditazione Yoga, è in intimità con religiosi cattolici. «La mia esperienza di avvocato poteva stroncarmi, sono stato minacciato, ho vissuto grandi pericoli. Ho rischiato la morte, e ho capito che – una volta rimossa quella paura – si diventa molto più forti». Proprio interrogandosi sul mistero dell’orrore quotidiano delle cronache, indagato con straordinaria tenacia per molti anni, Franceschetti è pervenuto a una conclusione spiazzante: «Chi uccide innocenti, in apparenza senza motivo, in realtà un suo movente ce l’ha: però è occulto e inconfessabile, di matrice esoterica. E il passo successivo è scoprire che quasi tutti i potenti della terra praticano la magia, la stessa magia che – in pubblico – sono sempre pronti a deridere. La loro è una spiritualità deviata, ma sono ben consci del potere della spiritualità vera: quella che ci nascondono con ogni mezzo, facendola sparire dai giornali, dalla televisione, persino dai telefilm: gli eroi della fiction lottano tra loro, scherzano, fanno sesso, ma nessuno mai che preghi, che esprima convinzioni religiose o almeno politiche. Non è un caso: gli egemoni vogliono che non ce ne occupiamo, dobbiamo restare completamente soli di fronte a Equitalia, al lavoro perduto, alle bollette che non sappiano come pagare. Il loro piano è semplice: ci vogliono sottomessi e prigionieri delle nostre paure, privi di soluzioni per raggiungere indipendenza, libertà, serenità e felicità».Una risposta illuminante, Franceschetti l’ha trovata nell’ispirazione originaria delle principali religioni del pianeta: ad esse è dedicato il suo ultimo libro, “Le Religioni”, che passa in rassegna le maggiori espressioni del pensiero religioso mondiale. Dal politeismo solo apparente dell’Induismo, dove la folla allegorica di divinità è in realtà sottoposta all’immanenza suprema del Brahman, fino alla più rarefatta manifestazione del perfetto monoteismo, l’Islam di Maometto, che – come anche l’Ebraismo – non ammette venerazioni intermedie come quelle dei santi cattolici, e dimostra un’insospettabile apertura universalistica: se Allah avesse voluto una sola religione, recita il Corano, solo quella ci sarebbe sulla Terra. Attraverso un approccio metodico, ricco di fonti e citazioni anche intensamente poetiche, come quelle dei grandi mistici di ogni provenienza, l’autore presenta in modo sistematico ciascun impianto religioso, le sue origini, il credo e le ritualità, ma si concentra sempre sul nocciolo essenziale di ogni espressione religiosa: cerca e trova il suo cuore mistico, spirituale. «E la sorpresa è questa: tutte le religioni, allo stato puro, esprimono la stessa verità».Inoltre, continua l’ex avvocato, ogni religione fornisce istruzioni precise per coltivare in modo concreto la pratica spirituale quotidiana, «capace di rafforzarci fino a risolvere ogni problema, grazie a un nuovo approccio non più succube della paura: proprio quel genere di strumento che la Chiesa cattolica, erede diretta dell’Impero Romano, ha accuratamente rimosso». Molto netta, nel libro, la denuncia della “manipolazione storica” operata dalla Chiesa di Roma, quella di Pietro e Paolo («non a caso: il primo rinnegò Cristo, il secondo non lo conobbe mai»), contro cui si batté per secoli il network segreto, “giovannita”, che in nome del “vero messaggio di Cristo” schierò i migliori intellettuali della cristianità – da Gioacchino da Fiore a Giordano Bruno, passando per Dante Alighieri e Leonardo da Vinci – in una sotterranea battaglia bimillenaria: San Bernardo e i Templari, San Francesco d’Assisi, San Benedetto da Norcia e gli amanuensi (accesso diretto alle fonti), i “Fidelis in Amore” e i Giordaniti, i Rosacroce, fino ai massoni. «L’amore che cita Dante, quello che “move il Sole e l’altre stelle”, è lo stesso a cui fa cenno Battiato, quando canta: “Tutto l’universo obbedisce all’amore”». Per Franceschetti, non è altro che «la legge universale dell’attrazione: siamo tutti parte di un unico organismo, il divino è in noi. Era il vero messaggio di Cristo, svelato nel Vangelo di Giovanni: siamo dèi dormienti, dobbiamo solo svegliarci». Già, ma come?Se ne occupa l’ultimo capitolo della vasta ricerca di Franceschetti, resa con agile taglio divulgativo: proprio la “spiritualità contemporanea” offre infiniti spunti e testimonianze su come migliorare il proprio stato vitale mettendo a frutto gli insegnamenti delle maggiori tradizioni religiose, rilette e reinterpretate da grandi maestri come il “messia riuttante” Jiddu Krishnamurti, e poi Mikhael Aivanhov, Georges Gurdjieff, Massimo Scaligero, Sri Aurobindo, oppure leader carismatici e scomodi, temutissimi e per questo assassinati mediante avvelenamento, come Osho e Rudolf Steiner, nonché il rosacrociano Paramahansa Yogananda (“Autobiografia di uno Yogi”). Franceschetti non disdegna neppure la vituperata “new age”, rivalutando bestseller come “The Secret”, di Rhonda Byrne, i libri di Joe Vitale e quelli di Esther e Jerry Hicks: «E’ vero, sono anche fenomeni commerciali, ma contribuiscono anch’essi a infondere coraggio e fiducia nel “risveglio”». Tutto è dunque nelle nostre mani? Non lo sostiene solo il “pensiero positivo” di Louise Hay, ma anche la “Profezia di Celestino” di James Redfield, senza contare le opere di ispirazione cristiana come le “Conversazioni con Dio” di Neal Donald Walsh e i volumi di Daniel Meurois-Givaudan, anch’essi ampiamente citati.Il libro di Franceschetti offre una panoramica trasversale e inedita dell’esperienza religiosa mondiale, da un punto di osservazione privilegiato: quello della spiritualità pura, al netto delle narrazioni culturali storiche e territoriali. Una lettura utile, per individuare sorprendenti punti di contatto tra mondi in apparenza lontanissimi o addirittura inconciliabili, come vorrebbe la vulgata attuale. In realtà, tutti raccontano la stessa storia: «Lo dimostra una volta di più l’assoluta coincidenza delle convinzioni su cui si incontrano, al vertice, l’ala mistica dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam, cioè i cabalisti Chassidim, i Rosacroce e i Sufi». Chi conosce Franceschetti e la sua onestà intellettuale non potrà che apprezzare il valore di questo libro: testimonia la passione dell’autore e l’evoluzione di una ricerca sincera, nata dal confronto con la più dura delle realtà – gli orrori della cronaca nera, il mestiere dell’avvocato – per trasformarsi in indagine non più solo sulle cause, ma sui principi che le innescano.Un lavoro editoriale dietro al quale si intravede il costante, proficuo scambio con personalità eclettiche e sorprendenti: da Gianfranco Carpeoro, studioso di simbologia e già “sovrano gran maestro” della massoneria di rito scozzese, a Fausto Carotenuto, già funzionario dei servizi segreti italiani, approdato alla via spirituale del network “Coscienze in Rete”. Il libro è un valido manuale per documentarsi su come i grandi maestri di ogni tempo hanno insegnato a pensare in modo libero, molto spesso a costo della propria vita. «Quello che ancora il potere ci nasconde – conclude Franceschetti – è l’immenso potenziale della nostra mente, se allenata e nutrita di spiritualità. E’ questo, in fondo, il grande segreto: dobbiamo smettere di avere paura. Ma non è certo un mistero: è una grande verità, declinata in infiniti modi, in ogni epoca. Oggi, grazie anche al web e alla propagazione universale della conoscenza, questa consapevolezza sta crescendo: siamo tutti dotati di un potere che, se esercitato, ci permette di liberarci dalla sofferenza, di guardare alla vita con più fiducia. E di sottrarci alla soggezione del potere, che si basa proprio sulla diffusione sistematica della paura». Dov’è l’inganno? «Ci fanno credere che con questa vita finisca tutto, mentre gli egemoni sono i primi a sapere che non è così».(Il libro: Paolo Franceschetti, “Le Religioni – Un percorso spirituale attraverso Induismo, Buddismo, Cristianesimo, Ebraismo, Islamismo e i maestri spirituali moderni”, 584 pagine, 33 euro. Il volume è acquistabile online su “Lulu”).Oppio dei popoli? Sì, quando la religione “perde l’anima” e si trasforma in struttura di potere basata su oscuri dogmi. Ma se si indaga su Buddha, Cristo e Maometto, sull’Ebraismo e sull’Induismo, si scopre che il messaggio fondamentale – la potenza assoluta della dimensione spirituale – è stato regolarmente neutralizzato e rimosso, specie in Occidente, perché mette in crisi il nostro sistema basato sul dominio: «Un individuo che vive la sua spiritualità è più libero dalle paure, quindi meno controllabile: ecco perché la spiritualità è stata così accanitamente combattuta, anche attraverso le stesse burocrazie religiose». Il giurista e saggista Paolo Franceschetti sostiene di averne avuto conferma studiando le grandi religioni. Dall’India al Medio Oriente, tutti i leader religiosi originari hanno trasmesso il medesimo credo, assolutamente positivo e destabilizzante: la divinità è già presente in noi, bisogna solo imparare ad “attivarla”. La rivelazione: è possibile trasformare radicalmente la propria vita, aprire gli occhi e superare ogni problema “trovando Dio” innanzitutto con la meditazione. Una verità che l’élite mondiale conosce da sempre e che ha cercato di tenere nascosta, sostiene Franceschetti. Ma ormai “i tempi stanno cambiando”, come cantava il giovane Dylan. E il “grande risveglio” è già cominciato.
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Sanità da medioevo, solo per ricchi: l’infame modello Renzi
Che cosa rende una visita, un esame clinico, inutile? Il fatto che il paziente non abbia nulla. Che cosa lo rende particolarmente inutile? Il fatto che questo esame sia stato prescritto solo in via precauzionale, magari proprio solo per escludere il rischio malattia e tranquillizzare il paziente. Questi esami inutili, se passa il provvedimento legislativo annunciato dal governo, non si potranno più fare, pena sanzioni contro il medico che li prescrive. Quindi saranno utili solo gli esami clinici che riscontrino effettive patologie, magari irrecuperabili. Ci rendiamo conto della mostruosità di questa misura, naturalmente giustificata con la necessità del rigore nei conti dello Stato? Naturalmente i soliti pifferai liberisti spiegheranno che si tratta di eliminare sprechi, definendo standard validi per tutti, senza danni per nessuno. Mi pare che abbiano annunciato come esempio che gli esami sul colesterolo dovrebbero farsi ogni cinque anni. Immaginiamo una persona che improvvisamente abbia sintomi di malanni che il medico giudichi dovuti a cause di scompensi nel metabolismo, da sottoporre ad analisi. Se il paziente ha oltrepassato i tempi standard dall’ultimo controllo il medico potrà fare la prescrizione, se invece così non è dovrà aspettare. Oppure rischiare di finire sotto procedura di controllo e sanzione.Si dice che in questo modo si risparmieranno 13 miliardi che potranno essere spesi meglio. Tutti i tagli alla spesa pubblica son giustificati così da sempre, e da sempre sappiamo che questo non è vero. La sostanza è che si ridurrà la prevenzione sulle malattie, solo i ricchi potranno continuare a permettersela mentre i poveri si ammaleranno e moriranno prima. Ma forse questo è proprio ciò che si vuole. Il sistema pensionistico dalla riforma Dini si fonda sull’aspettativa di vita. Più questa statisticamente sale, più si deve andare in pensione ad età elevate. Per questo le tabelle già prevedono la pensione a 70 anni di età nei prossimi decenni. Immaginiamo allora che i tagli alla sanità blocchino o addirittura abbassino questa aspettativa di vita. Sarebbe un doppio guadagno per le casse dello Stato, da un lato risparmi sulla spesa sanitaria, dall’altro su quella pensionistica perché pur andando in pensione più tardi si morirebbe prima. Tempo fa una giornalista televisiva parlando del sistema pensionistico si lasciò scappare che i costi crescevano perché “purtroppo” si viveva più a lungo. Ecco, con quel purtroppo la giornalista era in perfetta sintonia con le intenzioni dei governanti liberisti.I medici sono giustamente in rivolta contro questa legge, perché verrebbero sottoposti ad uno standard di regole e comportamenti di modello aziendalistico. È evidente infatti anche in questa “riforma” il modello Marchionne, il nume ispiratore a cui Renzi vorrebbe fare un monumento. Come nella scuola con i presidi caporali, anche nella sanità ci saranno strutture e poteri burocratici che avranno il compito di decidere sui comportamenti. Il modello aziendale fondato sul profitto è quello che da tempo si sta imponendo nei servizi pubblici, in questo modo trasformando le persone ed i loro diritti costituzionali in oggetti di mercato. Ancora più infame è poi la partita di scambio che viene offerta ai medici per compensarli della distruzione della loro libertà. Il governo intende impedire le cause dei cittadini per malasanità. Così come ha fatto con il decreto Ilva, che ha garantito impunità ai manager che inquinano nell’esercizio delle loro funzioni, il governo offre la stessa protezione ai medici. I pazienti saranno meno immuni da malattie gravi, ma i medici verranno immunizzati dalle cause dei pazienti.L’Italia è il paese di Cesare Beccaria, che alla cultura medioevale contrappose quella illuminista delle pene: meglio un colpevole libero che un innocente in prigione. Con lo stato sociale questo principio di civiltà si era esteso ai diritti sociali. Meglio spendere 13 miliardi in visite anche per chi non ne ha bisogno, che negare le cure a chi invece ne necessita. Ora con le politiche di austerità il governo abbandona i principi illuministi per tornare a quelli medioevali, meglio che un malato muoia prima piuttosto che spendere dei soldi in più. L’autorità pubblica ha così potere di vita e di morte e il principio che la ispira è quello del mercato, rispetto alla cui suprema autorità, come nel Medio Evo, le persone normali non hanno più diritti personali indisponibili. Quella dell’austerità è prima di tutto una cultura di morte.(Giorgio Cremaschi, “La sanità modello Marchionne”, da “Micromega” del 24 settembre 2015).Che cosa rende una visita, un esame clinico, inutile? Il fatto che il paziente non abbia nulla. Che cosa lo rende particolarmente inutile? Il fatto che questo esame sia stato prescritto solo in via precauzionale, magari proprio solo per escludere il rischio malattia e tranquillizzare il paziente. Questi esami inutili, se passa il provvedimento legislativo annunciato dal governo, non si potranno più fare, pena sanzioni contro il medico che li prescrive. Quindi saranno utili solo gli esami clinici che riscontrino effettive patologie, magari irrecuperabili. Ci rendiamo conto della mostruosità di questa misura, naturalmente giustificata con la necessità del rigore nei conti dello Stato? Naturalmente i soliti pifferai liberisti spiegheranno che si tratta di eliminare sprechi, definendo standard validi per tutti, senza danni per nessuno. Mi pare che abbiano annunciato come esempio che gli esami sul colesterolo dovrebbero farsi ogni cinque anni. Immaginiamo una persona che improvvisamente abbia sintomi di malanni che il medico giudichi dovuti a cause di scompensi nel metabolismo, da sottoporre ad analisi. Se il paziente ha oltrepassato i tempi standard dall’ultimo controllo il medico potrà fare la prescrizione, se invece così non è dovrà aspettare. Oppure rischiare di finire sotto procedura di controllo e sanzione.
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Fame e cannibalismo: così divoriamo i figli dei poveri
Nel mese di luglio 2008 si è svolto a Coney Island il campionato del mondo dei divoratori di hot dog. Il giovane statunitense Joey Chestnut ha battuto in finale il giapponese Takeru Kobayashi e ha superato tutti i precedenti record mondiali inghiottendo 66 hot dog in 12 minuti, mandando in delirio i più di 50.000 spettatori presenti in diretta all’impresa. Come premio, il campione ha ricevuto un buono di 250 dollari di acquisti in un centro commerciale e un anno intero di hot dog gratis presso la catena Nathan’s. Oggi, mentre scrivo queste righe, si celebra il campionato mondiale dei perditori di peso. Ogni secondo cinque persone si disputano la finale – un haitiano, un somalo, un ruandese, un congolese, un afgano – e i cinque ottengono la vittoria. Il premio è la morte. L’appetito di Joey Chestnut non è niente paragonato a quello che ha divorato – chiamiamoli così – René, Sohad, Randia, Sevére e Samia.Ogni 12 minuti la povertà uccide tramite la fame 3.600 tra uomini, donne e bambini in tutto il mondo. O, il che è lo stesso: per ogni 5 hot dog a Coney Island 300 essere umani muoiono di inedia in Africa. Nel 1876 il vicere dell’India, lord Lytton, organizzò a Delhi il banchetto più costoso e sontuoso della storia per festeggiare l’assunzione della regina Vittoria a Imperatrice coloniale. Per una settimana 68.000 invitati non smisero di mangiare e bere; in quella settimana, secondo i calcoli di un giornalista dell’epoca, morirono di fame 100.000 sudditi indiani nel quadro di una carestia senza precedenti che falciò almeno 30 milioni di vite e che fu provocata e aggravata dal “libero commercio” imposto dall’Inghilterra. Mentre i colonialisti inglesi mangiavano pernici e agnelli, i sopravvissuti indiani mangiavano i loro stessi figli.La fame, lo sapppiamo, dissolve tutti i legami sociali e impone il cannibalismo. Bisogna avere davvero molta fame per mangiarsi con le lacrime agli occhi il cadavere di un vicino, ma bisogna avere moltissima fame per divorare allegramente 66 hot dog in 12 minuti. Confesso che, ogni volta che penso alle carestie, non mi viene in mente il ventre gonfio di René o il seno vuoto di Samia, ma la voracità applaudita di Joey Chestnut, quale simbolo pubblicitario di un’economia che non può permettersi nemmeno di calmare gli appetiti di chi è sazio. Chestnut non è un cannibale, no, ma in un certo senso si alimenta del dimagrimento degli etiopi, dei tailandesi e degli egiziani: la terza parte del raccolto mondiale di cereali serve ad ingrassare gli animali che noi occidentali ci mangiamo (1 chilo di carne a persona al giorno gli statunitensi, più di ½ chilo gli europei) e basterebbe a dar da mangiare alla terza parte dei 1.000 milioni di persone che, secondo la Fao, patiscono la fame nel mondo.Esagerare è misurare l’incommensurabile, è rendere appprendibile l’irrapresentabile. Esageriamo: Chestnut è un cannibale. Davanti alle 500.000 persone che lo applaudivano si è mangiato René, Randia, Sevére e Samia e altri 3.595 uomini, donne e bambini. Neppure Bokassa dimostrò mai tanto appetito. A Chestnut si può chiedere che mangi meno e anche che si opponga al suo governo, ma in realtà anche lui è solo un’altra vittima della fame. C’è la fame di quelli che non hanno niente e c’è la fame di quelli che non hanno mai abbastanza; la fame di quelli che vogliono qualcosa e la fame di quelli che vogliono sempre di più: più carne, più petrolio, più automobili, più cellulari, più immagini, più giochi e – anche una moralità superiore. La relazione tra le due insoddisfazioni è un sistema globale. Vogliamo un uomo libero e abbiamo una fame libera.Confesso che ogni volta che penso alla fame non mi viene in mente lo scheletro di Sohad né gli immensi occhi febbricitanti di Sevère, ma l’esercito degli Usa in Iraq e l’allegria depredatoria del Carrefour. Esagerare è rimpicciolire l’illimitato, è ridurre lo smisurato a scala umana. Esageriamo: il cannibalismo è, non più obbligatorio, ma elegante. Alcune poche menti privilegiate (da governi e da multinazionali) dedicano ogni loro sforzo a trovare il modo perchè a tutto il mondo, da tutte le parti, manchi qualcosa; perchè i i bambini di Haiti e della Sierra Leone soffrano la fame e si disperino per questo e perchè i consumatori occidentali – dopo aver divorato boschi, fiumi, minerali e animali (con le loro immagini) – si ritrovino affamati e se ne rallegrino.Il capitalismo toglie ai paesi poveri le loro risorse e, allo stesso tempo, le forze per resistere; il capitalismo dà, a noi occidentali, le merci e, allo stesso tempo, la fame necessaria per inghiottirle senza fermarci; la fame diventa così, da un lato e dall’altro, la disgrazia oggettiva di Africa, Asia e America Latina e la felicità soggettiva di un’umanità culturalmente e materialmente insostenibile e condannata alla distruzione. Sì, la carestia dissolve tutti i legami sociali e impone il cannibalismo. La povertà relativa ravviva l’ingegno, inventa soluzioni collettive, improvvisa solidarietà e crea reti sociali di resistenza. Ma, sotto una certa soglia, quando la fame minaccia la sopravvivenza, le trame si disfano e rimangono solo impulsi atomizzati, solitari, animali: individui puri opposti tra loro. Solo in questo senso – biologico e quasi zoologico – si può dire che le nostre società occidentali sono “individualiste”.Qualche volta ho espresso la regola della soddisfazione antropologica con la seguente formula: “Poco è abbastanza, molto è già insufficiente”. Sotto il “poco” c’è la fame e sono impossibili la coscienza, la resistenza e la solidarietà; sopra l’“abbastanza” c’è più fame e sono impossibili anche la coscienza, la resistenza e la solidarietà. “Troppo” vuole sempre “di più”. Abbiamo già superato questo punto, a partire dal quale l’unica cosa che abbiamo – non auto, non carne, non case, non immagini – è fame; e la nostra voracità, come quella di Joey Chestnut, si sta mangiando – mentre scrivo queste righe – non solo Sania e Sohadi e Sevère, tanto annebbiati e lontani, ma anche i suoi stessi figli.(Santiago Alba Rico, “Fame e cannibalismo”, estratto dal libro “Il naufragio dell’uomo”, ripreso da “Come Don Chisciotte” il 27 agosto 2015. Alba Rico è uno scrittore, saggista e filosofo spagnolo).Nel mese di luglio 2008 si è svolto a Coney Island il campionato del mondo dei divoratori di hot dog. Il giovane statunitense Joey Chestnut ha battuto in finale il giapponese Takeru Kobayashi e ha superato tutti i precedenti record mondiali inghiottendo 66 hot dog in 12 minuti, mandando in delirio i più di 50.000 spettatori presenti in diretta all’impresa. Come premio, il campione ha ricevuto un buono di 250 dollari di acquisti in un centro commerciale e un anno intero di hot dog gratis presso la catena Nathan’s. Oggi, mentre scrivo queste righe, si celebra il campionato mondiale dei perditori di peso. Ogni secondo cinque persone si disputano la finale – un haitiano, un somalo, un ruandese, un congolese, un afgano – e i cinque ottengono la vittoria. Il premio è la morte. L’appetito di Joey Chestnut non è niente paragonato a quello che ha divorato – chiamiamoli così – René, Sohad, Randia, Sevére e Samia.
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Magia, esoterismo, religione. E tutte quelle coincidenze
Una delle domande che mi sono posto in questi anni è come facessero certi poteri a creare degli eventi simbolici con una perfezione quasi assoluta. Nei riti di sangue che ho analizzato, da solo o tramite i lettori del blog, ho notato che dal punto di vista simbolico coincide sempre tutto alla perfezione per disegnare metaforicamente un evento che ha un certo significato esoterico. Una delle “coincidenze” che mi hanno da sempre più colpito è che nella lista passeggeri del disastro di Ustica, ai numeri 13 e 19, compaiono rispettivamente Maria Grazia Croce e Rosa De Dominicis, mentre al numero 22, che è il numero della perfezione e di Dio, compare un certo Diodato; così come mi ha sempre colpito il fatto che a Viterbo, città rosacrociana per eccellenza in Italia, i nomi dei sindaci abbiano quasi sempre richiamato simboli rosacrociani, o in maniera evidente (Rosato Rosati, Gigli, Fioroni, Ascenzi) o in maniera meno evidente e più sottile ma comunque sempre collegabile.
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Il vero segreto della magia è che funziona, ma guai a dirlo
Molte pratiche e abitudini sociali sono pratiche magiche, o derivate dalla magia, ma sono chiamate con altri nomi. La recitazione dei mantra buddhisti, operando una trasformazione interna ed esterna, è magia. La meditazione è magia. La psicanalisi, operando una trasformazione interna, per migliorare gli eventi esterni dell’individuo e renderlo più felice, è magia. La psichiatria, somministrando farmaci per alterare gli stati emotivi e mentali, fa né più né meno quello che faceva e fa tuttora l’alchimia; la psichiatria quindi è magia. L’invocazione dell’aiuto divino, ma anche l’invocazione dei santi o della Madonna, operando miracoli, è magia; e la stessa messa cattolica è un rito esoterico, non a caso molto simile ai riti praticati dalle società segrete. La preghiera è una forma di magia. Faccio ora due esempi pratici di come il mago ottenga risultati concreti sulla realtà circostante a lui.In un caso un mago-massone mi ha raccontato che con un rito (se non ricordo male il Picatrix) aveva scommesso il lunedì che avrebbe materializzato un pranzo di pesce per 20 persone per il fine settimana. Il venerdì è venuto il proprietario di un ristorante, a chiedergli come poteva restituirgli un favore che costui tempo fa gli aveva fatto; il giorno dopo le 20 persone hanno mangiato pesce al ristorante.Un altro mi ha raccontato che non fa un lavoro fisso; tempo fa aveva bisogno di una consistente somma di denaro perché era stato costretto a pagare dei lavori condominiali imprevisti. Dopo qualche giorno, un debitore che gli doveva del denaro e che lui non sperava più di rivedere, si è scusato del ritardo con cui aveva restituito il prestito e ci aggiunse per riconoscenza una somma in più tale da coprire tutto il debito. In uno scontro magico che avveniva tra Crowley e alcuni suoi avversari, un giorno arrivò un poliziotto a casa di Crowley a fare una perquisizione; questo era l’effetto del rito, secondo Crowley. Crowley reagi con altro rito, e al suo avversario – se non ricordo male – morirono tutti i cani. Questo è né più né meno quello che fanno i buddhisti aderenti alla scuola di Nichiren; recitano il Daimoku con delle finalità, e quando il risultato è raggiunto lo attribuiscono alla recitazione del Daimoku. Ed è sempre, né più né meno, quel che succede quando un devoto prega Padre Pio, San Gennaro o la Madonna.È quello che insegna Louise Hay nei suoi libri come “Puoi cambiare la tua vita” (ripetendo molte volte una cosa e finendo per convincercene, arriveremo al risultato voluto), e il libro “The Secret” con la sua legge dell’attrazione. Più in generale, lo stesso problema della psicologia lo hanno tutte le scienze. Il problema è che oggi il fisico, il matematico, lo psicologo, l’astronomo, studiando a fondo un solo aspetto della realtà (che è invece sempre una e complessa) perde di vista l’unità del tutto. L’estrema specializzazione di queste materie ha fatto quindi perdere di vista l’insieme, diminuendo l’efficacia degli studi complessivi, che sono diventati aridi e spesso inutili e fini a se stessi. Soprattutto, la specializzazione e la frammentazione del sapere ha fatto perdere di vista la cosa più importante, la parte spirituale della realtà, trasformando la società in quello che possiamo constatare con i nostri occhi: una società materialista in cui gli individui hanno perso il senso di ciò che sono e di ciò che fanno.Tutte le dottrine esoteriche e magiche dicono, in sostanza, la stessa cosa: l’anima è la parte più importante dell’individuo, ed è immortale; e l’uomo deve cercare di uscire dalla sua condizione materiale per elevarsi a vette spirituali. Scrive Schuré che «tutte le tradizioni religiose ed esoteriche giungono a conclusioni identiche nella sostanza ma differenti nella forma, sulle verità fondamentali e finali, seguendo tutte lo stesso schema dell’iniziazione interiore e della meditazione». Nelle tradizioni spirituali sia antiche che moderne l’anima è sempre al centro dell’interesse. Nella società occidentale, invece, dell’anima non si parla più. L’ostacolo alla crescita dell’individuo e alla sua elevazione è venuto da due fronti che hanno sferrato un attacco combinato alla spiritualità: la Chiesa cattolica e la scienza.La Chiesa ha eseguito le seguenti operazioni: ha negato la dottrina della reincarnazione e l’anima, relegandola a un ruolo marginale e sostanzialmente inesistente (secondo la Chiesa l’anima è sì la parte più importante dell’essere umano, ma solo perché un giorno ci sarà il giudizio universale, in cui saremo giudicati per quello che abbiamo fatto in quest’unica vita; in tal modo si è quindi negato il concetto di anima come è inteso in tutte le tradizioni esoteriche, occidentali e orientali); ha messo al bando la magia e l’esoterismo; ha affermato che bisogna credere per fede, e non per esperienza diretta del divino, che si cerca assolutamente di bandire in tutti i modi. La scienza ha fatto la stessa cosa, ma con mezzi diversi: nega l’anima e Dio, spesso facendo passare chi è religioso per una persona primitiva, che è in cerca di sicurezze, al limite della superstizione; ha messo al bando la magia e l’esoterismo, elevando la scienza stessa a religione; si deride chi ha “fede”, contrapponendo la fede, cieca, superstiziosa e ignorante, alla scienza, progredita, moderna, civile. In realtà sostituendo alla “fede” in Dio, la fede nella sua inesistenza e la fede nella scienza.In sostanza, Chiesa cattolica e scienza sono state le due facce della stessa medaglia, apparentemente divise, ma in realtà unite da un fine comune: la distruzione dell’anima e dello spirito. Hanno inoltre inoltre fatto credere che chi è buddista, induista, mago, lo sia per “fede”, cioè per accettazione acritica e incondizionata a un qualcosa di divino, quando invece il buddista, l’induista, il mago, fanno ogni giorno esperienza del divino. Da questo punto di vista, la lotta secolare tra massoneria e Chiesa cattolica è stata anche (e lo è ancora) una lotta magica: la Chiesa ha cercato di impedire in tutti i modi la diffusione e lo sviluppo della magia in Occidente, la massoneria e i Rosacroce hanno cercato di introdurla e diffonderla. A portare prove del legame tra politica e esoterismo, tra movimenti politici della storia e influenze massoniche, rosacrociane, o di altri ordini occulti, ci hanno provato in molti. È stato quindi dimostrato che il regime nazista fu influenzato dall’esoterismo della Società Thule e che Aleister Crowley era consigliere segreto di Hitler; mentre Giuseppe Cambareri, altro esoterista, fu consigliere di Mussolini. È provato che tutti i presidenti Usa sono e sono stati massoni, e clamoroso fu quando Bush e Kerry dichiararono entrambi, in un’intervista congiunta, di appartenere alla stessa società segreta, la Skull and Bones; massoni e rosacrociani furono Mazzini, Garibaldi, Cavour (la cosiddetta carboneria altro non era che una filiazione della massoneria).Ma il limite di questi studi è di voler sempre rimanere agganciati a prove documentali e certe, quando invece il vero segreto, come dice giustamente Fausto Carotenuto in una recente intervista al mensile “X Times”, non viene mai messo per iscritto e può solo essere intuito. Non c’è in realtà bisogno di “prove” particolari per poter affermare che i personaggi più potenti dell’economia e della politica internazionale pratichino la magia. Infatti, considerando che i personaggi più importanti della storia dell’umanità sono stati e sono tutti massoni, delle due l’una: o la massoneria è un’immensa congrega di idioti dediti a giocare a rituali vetusti e demenziali e i personaggi più importanti dell’umanità erano e sono dei trogloditi superstiziosi, mentre noi, comuni mortali razionali e amanti del pensiero scientifico, siamo dei geni, oppure tali personaggi conoscevano e praticavano la magia, e hanno (e sanno) qualcosa che noi non sappiamo; e allora alla magia e all’esoterismo va riservato un posto ben diverso rispetto a quello che gli viene riservato in genere.Occorre anche considerare che la massoneria conta tra i suoi iscritti oltre 50.000 persone, e queste persone non sono studenti, disoccupati, barboni o nullafacenti, ma sono avvocati, magistrati, commercialisti, architetti, politici, medici, imprenditori, insomma la classe dirigente del paese. Tanto per fare un esempio, ai vertici intermedi della Rosa Rossa non c’era solo il magistrato Piero Luigi Vigna, ora defunto, ma c’è tuttora un magistrato che firma molti articoli esoterici e che leggo spesso su riviste e libri di esoterismo. Insomma, se è vero, per le cose che abbiamo detto in precedenza, che la massoneria è un’immensa organizzazione magica, di livello mondiale, ciò equivale a dire che la magia è molto più diffusa di quanto si creda, solo che la si chiama con nomi diversi. Beninteso… la maggior parte dei massoni non ha la minima idea del significato dei riti, non studia quasi nulla, e non capisce il perché di ciò che fa; così come la maggior parte dei cattolici non ha mai letto il Vangelo e la maggior parte dei buddhisti non ha mai letto un qualsiasi sutra per intero.La maggior parte dei massoni non sa nulla di massoneria, essendosi affiliata per carrierismo, per avere favori, o semplicemente perché in certi ambienti così fan tutti. Come accade in tutte le organizzazioni, solo una minoranza si rende davvero conto di ciò che fa e ne è consapevole. Ma questo non toglie che – lo ripeto – abbiamo oltre 50.000 persone della classe dirigente italiana, affiliate a un’organizzazione magico-esoterica; il che imporrebbe agli scettici, ai materialisti, e ai fideisti della scienza, di farsi venire qualche dubbio rispetto alle certezze granitiche che nutrono. Del resto, come abbiamo ampiamente dimostrato in altri articoli, simboli massonici o esoterici (e quindi magici) sono dappertutto; la moneta da un dollaro (con la piramide massonica e la frase “novus ordo seclorum”), la moneta da uno e due euro (con le sei linee, sei stelle e ancora sei linee presenti su tutte le monete, cioè il 666) e le dodici stelle a cinque punte (la donna che venne dal mare con una corona di dodici stelle dell’Apocalisse), i simboli dei partiti, le costruzioni (penso ad esempio alla sede del Parlamento Europeo, la cui strana e incomprensibile forma è in realtà copiata pari pari dalla struttura della Torre di Babele); Berlusconi ha costruito le sue ville secondo precisi criteri esoterici, come ha dimostrato “L’Espresso” in un articolo tempo fa e come ha spiegato Gioele Magaldi nel sito del Grande Oriente Democratico.Questa gente, insomma, perde il suo tempo a disseminare ovunque simboli massonici, esoterici e magici. E ancora una volta delle due l’una: o questi sono dei perditempo, o forse nel loro agire c’è un significato più profondo che sfugge alla maggioranza della gente. Parlando di prove, non credo inoltre che esistano (come invece diceva Gabriella Carlizzi) dei manoscritti cifrati e segreti per decodificare il linguaggio delle società segrete, perché se esistessero prima o poi potrebbero venire distrutti o scoperti, e non sarebbe possibile mantenere una segretezza assoluta per secoli; soprattutto non sarebbe possibile che uno stesso segreto iniziatico possa essere detenuto da persone che stanno anche a distanza di migliaia di chilometri le une dalle altre e che spesso hanno necessità di comunicare in tempo reale e senza limiti fisici. Sicuramente esistono testi magici che sono stati tenuti segreti per secoli e che ora vengono spesso ristampati (le edizioni Rebis in particolare negli ultimi anni hanno pubblicato testi interessantissimi, come – almeno per i miei fini – i testi di Arthur Edward Waite; mentre Venexia editrice pubblica i testi della Fortune e di Regardie).Sicuramente esisteranno testi, anche molto importanti, tenuti segreti alle masse. Ma i veri libri importanti, a mio parere, sono sotto gli occhi di tutti: la Bibbia (compresi gli apocrifi), i Vangeli (compresi gli apocrifi e gnostici), la Divina Commedia e altri libri sacri. Avendo le chiavi per interpretare questi libri, si ha la chiave della conoscenza esoterica. Ecco – ad esempio – il motivo per cui la massoneria festeggia San Giovanni (“Ci sono due chiese oggi: la Chiesa cattolica, di Pietro, e quella massonica, di Giovanni”, dice il Gran Maestro Di Bernardo in un’intervista a Ferruccio Pinotti), i Rosacroce hanno come figura di riferimento più importante San Giovanni, e la stessa Rosa Rossa fa sempre riferimento a San Giovanni. Nel Vangelo di Giovanni è infatti contenuta la parte più importante del messaggio esoterico di Cristo, che è riassumibile nelle sue due frasi: “voi siete dèi” e “conoscete la verità e la verità vi renderà liberi”, il che, poi, è lo stesso messaggio che c’è nella Genesi: Dio creò l’uomo a sua immagine somiglianza. E tale messaggio (che si può tradurre così: con la tua volontà, tu crei la tua realtà) è identico, sia per chi opera con animo puro, sia per chi vuole utilizzare questi strumenti per il male.Magia bianca e magia nera, infatti, si servono degli stessi strumenti; è solo il fine che è diverso, come dicono chiaramente Dion Fortune e Israel Regardie. Il grande segreto della magia è quindi il valore della forza di volontà, e la scoperta che tutto ciò che capita nella nostra vita è attirati dai nostri pensieri. Ne consegue che modificando i nostri pensieri può cambiare la nostra vita. Nell’antichità si riteneva che questo segreto non potesse essere dato alle masse o a chiunque lo volesse conoscere, per evitare che se ne potesse fare un uso distorto. I Pitagorici dicevano che dare il segreto a chiunque avrebbe comportato che il depresso/pessimista avrebbe utilizzato questa conoscenza per autoflagellarsi e accusarsi e sentirsi in colpa di tutte le disgrazie capitate alla gente intorno a lui; il malvagio se ne sarebbe servito per far del male; e la persona troppo limitata non avrebbe retto alla rivelazione, finendo per perdere il senno. Nel medioevo i Rosacroce e i Templari detenevano questo e altri segreti ma non potevano rivelarlo, perché sarebbero stati perseguitati dalla Chiesa cattolica.Oggi però, piano piano, questo concetto sta iniziando a farsi strada (a partire dai libri di esoterismo, sempre più diffusi, per passare dai libri new age – il cui contenuto è identico a ciò che già scrivevano Plotino qualche millennio fa e Cornelio Agrippa qualche secolo fa – fino ai recenti libri come “The Secret”, il cui titolo non casuale non è altro che una volgarizzazione di alcuni segreti che sono stati sempre propri delle scienze magiche ed esoteriche). Ciò che la cultura moderna e occidentale ha voluto nasconderci e cerca tutt’oggi di nascondere, insomma, è l’importanza della forza di volontà e tutto ciò che costituisce una tecnica per migliorare se stessi. La società occidentale cerca di distruggere sistematicamente la volontà dell’individuo, impedendogli di pensare, riflettere, migliorare. Tutto il sistema in cui viviamo è un complesso apparato volto a impedire lo sviluppo delle facoltà latenti in ogni uomo. A questo risultato si arriva con una serie di mezzi. Anzitutto facendo lavorare ogni individuo otto ore al giorno e anche più, ci si assicura che la persona non abbia tempo per evolversi, dovendo pensare soprattutto a mantenersi.I cibi sempre peggiori, la pubblicità insistente solo sul materialismo, la completa estromissione dai media, dai film, dai telefilm, dagli spettacoli e dall’informazione in genere, di tutto ciò che è spirituale, produce l’effetto visibile a tutti: l’annichilimento delle persone, l’azzeramento delle volontà, una società di infelici, persone che non conoscono il senso della vita, che sono depresse, che hanno paura di tutto (della bocciatura, della morte propria e altrui, di essere lasciati dal partner, del proprio datore di lavoro cui si sottomettono come schiavi per paura di perdere il lavoro, di parlare in pubblico, di perdere i loro soldi, la loro casa, la loro auto) e che sono schiave docili del sistema e i cui svaghi principali sono il calcio o la discoteca, due delle cose più inutili che la mente umana abbia prodotto.Per evitare poi che la gente si avvicini alla discipline esoteriche (e quindi migliori se stessa, approfondendo il senso della vita e della morte), il sistema provvede ad effettuare le seguenti operazioni: la magia viene presentata come una cosa da operetta, i cui testimonial principali sono Otelma, Silvan e Vanna Marchi; alcuni programmi e approfondimenti insistono molto sui maghi ciarlatani che propinano filtri d’amore a pagamento, presentando la gente che si rivolge ai maghi come dei superstiziosi ignoranti; nelle trasmissioni, sui giornali, nelle opere storiche, scientifiche e letterarie, viene volutamente omesso qualsiasi riferimento esoterico e qualsiasi riferimento ai problemi dell’anima e dello spirito; nei testi di storia viene omesso qualsiasi riferimento alla massoneria e ai Rosacroce, e alla loro importanza nella storia dell’umanità; di Dante ci insegnano che scelse San Bernardo come guida in Paradiso perché era devoto alla Madonna, e i Fedeli d’Amore ci vengono presentati come una manica di imbecilli che passavano il loro tempo a scrivere sonetti demenziali a donne angelicate che poi cornificavano nella loro vita privata.E ancora: lo Yoga e le tradizioni orientali sono presentati come una sorta di fuffa new age praticata da fricchettoni con i capelli lunghi e che fumano canne (vedi ad esempio il personaggio di Verdone nel film “Un sacco bello”), oppure persone svitate e svampite senza aggancio con la realtà (il personaggio di Dharma nel telefilm “Dharma e Greg”); in casi estremi poi si arriva addirittura a dire che lo Yoga e le discipline orientali sono “sataniche”, come fanno Padre Amorth e altri cattolici fondamentalisti; in linea di massima però chi pratica discipline come la meditazione viene sempre presentato come un disadattato che fugge dalla realtà, mentre la persona “adattata” e di successo, ben agganciata alla realtà, è ovviamente quello che viaggia vestito in giacca e cravatta sulla sua Bmw. E poi si omette accuratamente di dire che Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Mozart, Beethoven, Bacone (che pare fosse colui che effettivamente scrisse le opere di Shakespeare), erano Rosacroce, quindi maghi ed esoteristi, come lo erano Mazzini, Cavour e altri meno nobili personaggi, per evitare che la gente si faccia domande. Possiamo quindi dire che il grande segreto della magia è che essa funziona, e che chi detiene il potere nella nostra società ha fatto credere alla gente che essa non solo non funzioni, ma sia una scienza da ciarlatani, da persone superstiziose e arretrate, e che una persona, per essere evoluta, debba fare riferimento alla “scienza” e solo alla scienza. Un altro segreto è che i personaggi politici, da Borghezio ad Andreotti, Berlusconi o Monti, la utilizzano come strumento quotidiano, mentre a noi ci propinano al massimo il mago Otelma e Silvan.(Paolo Franceschetti, estratto da “La magia. Cos’è, perché funziona, e per quale motivo i politici la usano in segreto”, dal blog di Franceschetti del 18 novembre 2012).Molte pratiche e abitudini sociali sono pratiche magiche, o derivate dalla magia, ma sono chiamate con altri nomi. La recitazione dei mantra buddhisti, operando una trasformazione interna ed esterna, è magia. La meditazione è magia. La psicanalisi, operando una trasformazione interna, per migliorare gli eventi esterni dell’individuo e renderlo più felice, è magia. La psichiatria, somministrando farmaci per alterare gli stati emotivi e mentali, fa né più né meno quello che faceva e fa tuttora l’alchimia; la psichiatria quindi è magia. L’invocazione dell’aiuto divino, ma anche l’invocazione dei santi o della Madonna, operando miracoli, è magia; e la stessa messa cattolica è un rito esoterico, non a caso molto simile ai riti praticati dalle società segrete. La preghiera è una forma di magia. Faccio ora due esempi pratici di come il mago ottenga risultati concreti sulla realtà circostante a lui.
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Il potere usa la magia, e a noi fa credere che non esista
La massoneria è una filiazione diretta delle società rosacrociane e templari. Possiamo quindi dire, semplificando le cose, che la massoneria è un’immensa organizzazione magico-esoterica. A questo punto allora non c’è bisogno di “prove” per sapere e convincerci che i personaggi più potenti della terra praticano e conoscono la magia. Se è vero che i reali inglesi sono il vertice ufficiale della massoneria di rito anglosassone mondiale, se è vero che Monti, Berlusconi, Bush, Clinton, e tutti i presidenti degli Usa, erano e sono massoni, ma lo erano anche Lenin, Marx, Gheddafi, e in generale i personaggi più importanti della storia dell’umanità, se è vero che la massoneria conta decine di migliaia di affiliati, tratti dalle classi più colte e agiate della società, delle due l’una: o tutta questa gente ha tempo da perdere con organizzazioni, rituali, e confraternite inutili, oppure c’è un motivo più profondo per cui queste persone sono tutte iniziate agli alti gradi della massoneria, cioè di un’organizzazione che è possibile definire come “organizzazione magico-esoterica”.Il motivo per cui tutta questa gente appartiene o è appartenuta alla massoneria è – in realtà – molto semplice. La massoneria detiene le chiavi del potere nel mondo. E detiene queste chiavi grazie agli strumenti magico-esoterici di cui si serve. Scriveva Aleister Crowley al riguardo: «I nostri fratres posseggono le chiavi di tutte le religioni e possono interpretare a loro vantaggio tutti i riti, creare nuove fedi e nuove festività, governando il mondo secondo giustizia e virtù». Scrive al riguardo Eliphas Levi nel suo “Storia della magia”, nel capitolo intitolato, non a caso, “Origini magiche della massoneria”: I massoni hanno «ricevuto i Templari come modello, i Rosacroce come padri e i Giovanniti come antenati». Per capire cosa è la magia cerchiamo di procedere per vari step. Vedremo che la magia ha un ruolo molto più importante di quel che si crede, nei destini dell’umanità e nelle scelte politiche che si fanno ogni giorno, quotidianamente, sulla pelle dei cittadini e delle masse ignoranti.La magia è l’arte di modificare la realtà. Israel Regardie scrive che «la magia è l’arte di applicare cause naturali per produrre effetti sorprendenti». Crowley diceva che «lo scopo generale della magia è influenzare il mondo dietro le apparenze, per poter trasformare le apparenze stesse». Robert Canters, nella sua prefazione a “Storia della magia”, scrive che «per mezzo della magia le cose cessano di essere ciò che sono per divenire ciò che noi desideriamo che siano». Il mago non è un tizio vestito in modo strambo che fa uscire un coniglio dal cilindro. Il mago è colui che riesce a modificare la realtà attorno a sé, facendo prendere agli avvenimenti la piega che vuole lui. È magia ad esempio cercare di attirare a sé la persona amata, cercare di attirare ricchezze, ma anche guarire un ammalato (in genere in questi casi si parla di magia bianca) o far ammalare una persona sana (e in genere qui si parla di magia nera). Primo punto fermo è quindi il seguente: la magia è l’arte di modificare la realtà esterna attorno a noi. Come si ottiene la modificazione della realtà? Con l’evocazione di angeli, la recitazione di formule, con la forza di volontà, con procedimenti e riti particolari.In realtà il mago non fa né più né meno che quello che fanno quasi tutte le persone, ad eccezione degli atei e dei materialisti convinti: il cattolico si recherà a Lourdes o invocherà Padre Pio, l’induista praticherà forme di meditazione (sono strabilianti i “miracoli” compiuti dagli Yogi orientali), il buddhista reciterà dei mantra, altri ritengono di avere un contatto coi propri defunti, ecc. La differenza è che il mago chiama la sua arte “magia”, appunto, mentre il buddhista parlerà di “legge mistica”, l’induista parlerà di poteri yogici, il cattolico dirà che ha ricevuto la grazia dalla Madonna, San Gennaro, Padre Pio, e spesso discorre di miracolo ritenendo ottusamente che i miracoli li possa fare solo la Madonna, e non sapendo che la produzione di eventi eccezionali è assolutamente normale presso la maggior parte delle comunità etniche nel mondo. Ulteriore differenza è che il mago, oltre alle invocazioni di entità superiori, userà qualsiasi altro strumento, connesso alla forza di volontà e all’arte magica in generale. In definitiva possiamo dire che la differenza di fondo tra magia e religione è che il mago studia questi fenomeni in modo scientifico, mentre il cattolico o il buddhista in linea di massima sono inconsapevoli di quello che fanno, e se gli dici che l’invocazione della Madonna o la recitazione del Daimoku o dell’Om Mani Padme Hum, dell’Om Namah Shivaya, sono atti magici, si offendono pure e pensano che tu stia bestemmiando.Il presupposto fondamentale perché la magia funzioni è che il mago modifichi se stesso e cambi internamente. Secondo punto fermo è quindi che la magia, per essere efficace, ha bisogno di un cambiamento interiore del mago. Non per niente, con mia sorpresa, ho potuto constatare che su tutti i testi di magia, da quelli più antichi ai più moderni, si insiste molto sulla meditazione e sulle varie tecniche di miglioramento di se stessi. Scrive Regardie che la via mistica si può raggiungere in due modi: con la meditazione e lo yoga, o con la magia, ma combinando insieme le due tecniche i risultati saranno eccezionali. Addirittura ho trovato in molti testi di magia la recitazione di mantra tipici dell’induismo o del buddhismo (dal classico Om, all’Om Mani Padme Hum del buddhismo tibetano) e tecniche di meditazione yoga prese pari pari dall’Oriente, e praticate da sempre da Templari e Rosacroce, che le avevano apprese in Oriente. Anche nel libro “Magick” di Aleister Crowley si insiste molto sulla meditazione e lo yoga.In alcuni libri di magia si fa espresso riferimento agli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola (il fondatore dell’Ordine dei Gesuiti) che sono da molti considerati i più efficaci in ambito magico. Nel suo libro “Esercizi spirituali”, Ignazio di Loyola dà consigli di meditazione e immaginazione che, secondo Franz Hartmann, servono per sviluppare i poteri della mente e dell’anima. Peraltro, con mia somma sorpresa, ho potuto constatare che nei testi di magia di Papus, di Dion Fortune, di Eliphas Levi e in altri, si insiste non solo sulla necessità che il mago pratichi la meditazione, ma che segua un regime alimentare vegetariano, senza alcool, e sano. In altre parole, ad approfondire l’esoterismo e la magia si scopre che quelle che vengono fatte passare per “teorie new age” o per scoperte moderne, erano già ampiamente praticate e consigliate da maghi e alchimisti del 1500, del 1700 e del 1800.Infine, un concetto importante da capire è che la magia, per funzionare, deve procedere in accordo con la natura; il mago riesce a provocare un cambiamento nella realtà materiale, solo se questa volontà è in profondo accordo con la natura stessa delle cose da cambiare.Il mago, cioè, per operare, deve anche essere un profondo conoscitore della natura, dei suoi ritmi e dei suoi segreti. Ma la natura è il prodotto di Dio, e quindi, per essere in armonia con la natura, occorre essere in armonia con Dio e con il divino. Gesù poteva produrre tutti quei miracoli perché era in assoluta armonia con Dio e la natura. Ma miracoli analoghi a quelli di Gesù erano e sono prodotti anche da Yogi indiani, che da secoli sono maestri nell’arte di entrare in comunione con il divino e con la natura (il termine Yoga infatti significa unione, e in particolare unione col divino, quindi lo scopo dello Yoga è proprio quello di elevare lo spirito per entrare in contatto con Dio).Secondo Israel Regardie, lo scopo del teurgo è «l’acquisizione dell’autoconoscenza e l’unione con il divino» (“L’Albero della Vita”, pagina 99). Eliphas Levi diceva che la magia è «la scienza tradizionale dei segreti della natura». Mentre per Eugène Canseliet è «l’arte divina che consiste nel prendere contatto con l’anima universale». La magia, diceva Crowley, non è un modo di vivere, ma IL modo di vivere. Considerando che l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, e che il principio fondamentale della magia è il famoso principio “come in alto così in basso” di Ermete Trismegisto (che è l’equivalente del “come in cielo così in terra” del Padre Nostro cristiano), l’uomo deve conoscere se stesso per poter essere in armonia con Dio, e conoscere Dio per essere in armonia con se stesso. Aleister Crowley diceva di se stesso che era uno strumento di esseri superiori che controllano il destino umano. «Siamo tutti parti di Dio, non semplicemente timbri che riproducono il suo nome, noi siamo poemi ispirati da Dio, i figli generati dalla sua follia amorosa». E altrove, sempre Crowley, disse: «La Grande Opera significa entrare in unione con l’infinito e liberare la divina scintilla di luce imprigionata nel corpo».“Amore è l’unica legge, Amore sotto il dominio della Volontà”, era un altro dei motti di Crowley. La stessa cosa che dicono i cristiani, i buddhisti, gli induisti, gli sciamani. La magia – secondo la definizione di Regardie – è quindi una scienza dello spirito, un sistema tecnico di formazione per finalità divine (“L’Albero della Vita”, pagina 133). Il mago quindi è anche un credente, nel senso che crede senz’altro in Dio. Non a caso per entrare in massoneria sono richieste tassativamente tre regole: essere uomo, aver compiuto i 21 anni e credere in un Dio unico. La magia, consistendo nel modificare la realtà, è anche la scienza della volontà. Secondo Dion Fortune, i nostri pensieri non solo ci influenzano, ma formano canali di ingresso e attrazione delle corrispondenti forze nel cosmo. Secondo Regardie, ciò che conta in magia sono il pensiero e la volontà. Gli attrezzi del mago sono solo un rafforzamento di tale volontà. «Tutti i riti, gli interminabili dettagli cerimoniali, le circumambulazioni, gli incantesimi e le suffumicazioni vengono attuate deliberatamente per esaltare l’immaginazione e rafforzare la forza di volontà». Eliphas Levi scrive al proposito: «Se vuoi regnare su te stesso e sugli altri, impara a volere».Il pensiero corre immediatamente ai numerosi libri e manuali sul potere della volontà, dai libri di Louise Hay a quelli di Wayne Dyer, ma anche ai numerosi manuali sulle tecniche di vendita che si insegnano in ambito aziendale, nonché ai principi base della maggior parte delle correnti psicologiche, da quelle comportamentali estreme del professor Giorgio Nardone, a quelle della psicologia cognitiva (secondo cui cambiando i nostri pensieri possiamo cambiare le nostre emozioni e dunque essere più felici). Una delle cose che si scoprono approfondendo le varie correnti esoteriche è che esse sono tutte molto simili, quasi come strade che, pur diverse, conducono alla stessa meta. I punti fermi di tutte le dottrine esoteriche, da quelle pitagoriche a quelle egizie, a quelle catare, templari e rosacrociane, nonché degli esoterismi orientali, sono i seguenti: l’anima; la dottrina della reincarnazione; la possibilità di operare trasformazioni della realtà mediante la forza di volontà. Cristo, secondo i Rosacroce e la massoneria, è venuto sulla terra per diffondere le dottrine esoteriche alle masse; in sostanza l’esoterismo di Cristo era un esoterismo semplice, alla portata di tutti, e non più riservato ai soli iniziati delle scuole misteriche.Cristo insomma portava in Occidente quell’esoterismo che in Oriente era molto più diffuso, per spiritualizzare la società occidentale. La lotta tra rosacrocianesimo prima, massoneria poi, e Chiesa cattolica, è dunque uno scontro titanico tra due cristianesimi: quello cattolico di Pietro e Paolo e quello di Giovanni. Il cristianesimo stava dunque portando una ventata di rinnovamento nella società occidentale, e tale ventata è stata impedita da due fattori. Il primo è stato la nascita della Chiesa cattolica; a partire dalla morte di Cristo, Roma, fiutando il pericolo insito nella dottrina cristiana, l’ha fatta diventare religione ufficiale dell’Impero al fine di controllarla, ha stravolto l’interpretazione dei Vangeli e ha costruito una religione da cui ha bandito quasi ogni riferimento esoterico (non a caso Roma contiene già nel suo nome la negazione del messaggio di Cristo; se il messaggio del Cristo è infatti l’amore, amor in latino, Roma è proprio il termine amor letto al contrario). Nei secoli la Chiesa ha poi distrutto tutti gli esoterismi che man mano si trovava nel cammino: l’esoterismo gnostico, quello templare con la distruzione dell’Ordine nel 1314, quello cataro con la crociata contro gli Albigesi, quello boemo, e in generale facendo una guerra aperta a qualsiasi esoterismo (basti pensare alla guerra odierna che viene fatta a discipline come lo Yoga, che alcuni sacerdoti considerano una disciplina satanica).Atri fattori di distruzione sono stati il materialismo e lo scientismo. I vari rami delle dottrine esoteriche si sono specializzati oltre misura e frammentati in modo da non permettere più la comprensione del tutto. Dall’alchimia è nata la chimica. Dall’astrologia è nata l’astronomia.Dalla numerologia è nata la matematica (a coloro – magari docenti di matematica razionali e amanti del pensiero scientifico – che leggeranno con scetticismo questa affermazione, mi basterà ricordare che Pitagora, il cui teorema tutti abbiamo studiato a scuola, era il fondatore di una delle scuole di pensiero esoterico più note, tanto che ancora oggi i membri di molte società segrete, massoni compresi, vengono definiti anche “pitagorici”; mentre Leonardo da Vinci, considerato uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, era un Rosacroce). Dalle tecniche per modificare la realtà è nata la fisica. La stessa religione nasce dalla scienza esoterica. Qualunque religione organizzata nasce sempre come una branca deviata di una corrente esoterica. L’esoterismo studia tutto ciò che ha a che fare con l’anima e con Dio, religioni comprese; e fa partire dal basso (dalla ricerca di sé) la ricerca dell’unione col divino; la religione invece fa partire dall’alto, imponendo con la forza questa unione, facendo smarrire all’uomo la comprensione di se stesso.Scrive Kanters che «la magia è autoritaria; la religione, sua sorella, è umile; la religione prega e spera, la magia costringe e riesce». Scrive Edouard Schuré che «la dottrina esoterica non è solo una scienza, una filosofia, una morale, una religione; essa È la scienza, la filosofia, la morale e la religione, di cui tutte le altre non sono che preparazioni e degenerazioni» (“I grandi iniziati”, pagina 17). Dalle tecniche magiche per migliorare se stessi, si sono dipartite le varie scienze psicologiche e sociologiche; basta leggere i libri di Dion Fortune (esoterista inglese che fu membro della Golden Dawn e che da giovane fu psicologa) per vedere che la sociologia e la psicologia non hanno inventato nulla, ma hanno semplicemente studiato e approfondito una parte della scienza esoterica. Tutti i libri di miglioramento personale – dalla legge dell’attrazione, ai libri di Dale Carnegie (che tra l’altro era un massone di alto grado), ai libri di Wayne Dyer – dicono cose che era possibile trovare in scritti magico-esoterici del 1800, del 1500, ma addirittura nei Vangeli, se interpretati correttamente e non alla lettera come pretenderebbero di fare alcuni cattolici.Ciò che oggi dicono le moderne tecniche psicologiche, lo dicevano già gli scritti magici ed esoterici di Cornelio Agrippa nel 1500, di Papus nell’800 e di Dion Fortune ai primi del 1900. In una biografia di Crowley mi sono imbattuto in una tecnica psicologica abbastanza paradossale utilizzata dal grande mago nero inglese per guarire una persona, che mi ha ricordato le moderne tecniche di Nardone e Watzlawick. E tecniche molto particolari di psicoterapia sono contenute nel libro della maga e psicologa Dion Fortune dal titolo “I segreti del dottor Taverner, dottore dell’occulto”, e nel libro “Psicomagia” di Alejandro Jodorowsky, che mi hanno ricordato in alcuni punti ancora una volta le moderne terapie di Nardone. La differenza è che se dici che hai guarito una persona con la terapia di Nardone sei un genio avanti coi tempi; se dici che hai usato la tecnica di Jodorowsky o Fortune sei pazzo, e se poi ti azzardi a dire che hai preso lo spunto da Crowley dicono che sei satanista.Gli psicodrammi familiari che vengono utilizzati in alcune moderne tecniche di psicoterapia, poi, sono identici agli psicodrammi che Osho faceva attuare nella sua comune (e che presumo si attuino ancora oggi). Se però lo psicodramma lo hai fatto nell’ashram di Osho sei un arancione fuori di testa; se lo hai fatto in un moderno centro di terapia scucendo centinaia o migliaia di euro sei uno “avanti”.In entrambi i casi, poi, se fai notare a chi effettua queste pratiche che hanno semplicemente messo in atto un rito, con degli effetti magici, l’interlocutore non capisce proprio cosa tu stia dicendo, non avendo la gente il minimo concetto del significato dei riti e dei ruoli che il rito riveste per la psiche e per il comportamento umano. Nel campo della psicologia fu Carl Gustav Jung (il cui padre era sicuramente massone, mentre lui era un Rosacroce) che cercò di riportare la psicologia alle sue origini, studiando i rapporti tra psicologia, alchimia ed esoterismo; fu questo il motivo per cui ruppe con Freud, che lui considerava un mistificatore e un ingannatore. Sigmund Freud infatti era un massone appartenente alla potente organizzazione massonica del “B’nai B’rith”, la massoneria ebraica, ed era consapevole del danno che faceva alla parte spirituale dell’uomo con la diffusione della sue teorie e il suo pansessualismo di stampo dionisiaco. Jung (che tra l’altro non solo praticava la magia, ma faceva viaggi astrali e comunicava con entità disincarnate) riteneva, giustamente, che le teorie di Freud avrebbero potuto danneggiare la società e combatté, per quello che poté, questa possibilità.Le differenze tra Jung e Freud non erano, come si crede comunemente, differenze di metodo e di teorie; erano differenze di scuole massoniche e indirizzi esoterici: il “B’nai B’rith”, la massoneria che vuole condurre al Nwo assoggettando i popoli per portarli all’oscurità, e i Rosacroce bianchi, che di quei popoli volevano l’illuminazione. Ma gli junghiani successivi, da James Hillman in poi, hanno provveduto a distruggere il lavoro di Jung, troppo pericoloso per la società di allora e di oggi, sì che oggi molti psicanalisti che si definiscono junghiani non sanno nulla di alchimia, magia ed esoterismo, pur essendo la scienza alchemica alla base di molti scritti di Jung. Mentre gli junghiani attuali si guardano bene dall’approfondire il rapporto tra psicologia, alchimia e magia. In particolare, la psicologia tende alla normalizzazione dell’individuo (considerato normale quando rientra nella società e trova un lavoro e una famiglia; cioè considerato normale quando si adegua a una società malata, il che è una contraddizione in termini) senza però offrire risposte spirituali, cioè senza offrire le risposte più importanti ai malesseri esistenziali dell’individuo.Scrive la psicanalista Dion Fortune nel suo libro “Magia applicata” che «aiutare un paziente ad adattarsi meglio alla società non significa necessariamente curarlo ma trasmettergli le nevrosi della società stessa». Quanto alla sociologia, scienza che si presupporrebbe “moderna”, in realtà non fa altro che riprendere alcuni studi che erano propri già delle scienze esoteriche, sul potere di influenzare le masse. Il mago quindi, perlomeno se illuminato, dovrebbe essere sia psicologo che sociologo, perché sa penetrare profondamente nell’anima umana e guarisce (se stesso o gli altri) con degli interventi all’anima. Purtroppo, la specializzazione della psicologia e della sociologia, che hanno separato la parte spirituale da quella materiale, ha reso il lavoro dello psicologo molto poco efficace giungendo addirittura ad affermare che il “pensiero magico” è un sintomo di delirio e schizofrenia. E se un paziente dice che fa viaggi astrali, e parla con entità disincarnate (come faceva Jung), lo psichiatra gli fa un Tso.(Paolo Franceschetti, estratto da “La magia. Cos’è, perché funziona, e per quale motivo i politici la usano in segreto”, dal blog di Franceschetti del 18 novembre 2012).La massoneria è una filiazione diretta delle società rosacrociane e templari. Possiamo quindi dire, semplificando le cose, che la massoneria è un’immensa organizzazione magico-esoterica. A questo punto allora non c’è bisogno di “prove” per sapere e convincerci che i personaggi più potenti della terra praticano e conoscono la magia. Se è vero che i reali inglesi sono il vertice ufficiale della massoneria di rito anglosassone mondiale, se è vero che Monti, Berlusconi, Bush, Clinton, e tutti i presidenti degli Usa, erano e sono massoni, ma lo erano anche Lenin, Marx, Gheddafi, e in generale i personaggi più importanti della storia dell’umanità, se è vero che la massoneria conta decine di migliaia di affiliati, tratti dalle classi più colte e agiate della società, delle due l’una: o tutta questa gente ha tempo da perdere con organizzazioni, rituali, e confraternite inutili, oppure c’è un motivo più profondo per cui queste persone sono tutte iniziate agli alti gradi della massoneria, cioè di un’organizzazione che è possibile definire come “organizzazione magico-esoterica”.
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Orso: rabbia e odio esploderanno, al rogo servi e traditori
Più passa il tempo, più le osservazioni della realtà socio-politica italiana ed europea mediterranea mi spingono a trarre una sola conclusione: ci sarà una Rivoluzione, forse un dì ma non ora, e sarà inevitabilmente sanguinosa, con un tasso altissimo di violenza per regolare conti, sociali e politici, rimasti troppo a lungo in sospeso. Non so come e non so chi la farà, quella benedetta Rivoluzione, ma ci saranno grandi e catartici spargimenti di sangue, perché le abbiette falangi del collaborazionismo neoliberista avranno imperversato per interi lustri incontrastate, vessando e addirittura torturando le popolazioni. Rabbia e odio da troppo covano sotto le ceneri, senza trovare uno sfogo, mescolate a un senso diffuso di abbandono a se stessi, di concreta impotenza politica, d’impossibilità di determinare il proprio futuro. C’è la schizofrenia, suscitata ad arte dal sistema, di una realtà “reale” completamente divergente da quella virtuale dipinta dai media. Ci sono prigioni dai muri altissimi, conseguenza del ricatto economico, della paura di “fallire” individualmente e degli stili di vita truffaldini imposti in un habitat neocapitalistico.Il darwinismo sociale più feroce fa da contraltare ai risibili e vuoti diritti liberaldemocratici, mantenuti in vita propagandisticamente. La competizione pleistocenica fra dominati, per la pagnotta, che il dominio del mercato ha scatenato non porta alla civiltà, ma al suo esatto contrario. Darwinismo sociale senza welfare e competizione esasperata per una “pagnotta” sempre più misera sono il destino delle classi dominate, come in tanti, pur confusamente, dovrebbero aver intuito. Le “aspettative decrescenti” si sostituiscono prepotentemente, se permane in chi giudica un po’ di senso della realtà, a quelle crescenti di fine novecento, mentre procede il grande travaso di risorse dal lavoro (e dal piccolo capitale produttivo) al grande capitale finanziario. Nel nostro lembo d’Occidente, l’euro ha proprio questa specifica funzione di esproprio e impoverimento massivo. Grecia, Portogallo e persino Italia non dovrebbero più esistere, secondo la classe globale dominante che manovra la Troika, perché inutili alla creazione del valore finanziaria, azionaria e borsistica.Lo smottamento sociale continua, “ma il Re del Mondo ci tiene prigioniero il cuore” [“Il Re del Mondo”, Franco Battiato]. I mendicanti di Baudelaire, nel ventre della Parigi ottocentesca, avevano migliori prospettive dei nostri precari alla canna del gas. Distrutto il futuro e ottenebrate le menti, il neocapitalismo finanziario gestisce attraverso il mercato la politica, l’alimentazione, la biologia, la chimica, le nanotecnologie, la balistica, la teologia. Una superfetazione finanziaria, che esplode periodicamente in bolle e travolge i confini e le resistenze, rischia di annichilire il pianeta. La trasformazione dell’uomo è in pieno corso, ed è una diminuzione senza scampo. Magari fosse soltanto il passaggio da consumatore/produttore a precario/escluso, o la discesa in una nuova classe inferiore, nella parte più bassa della piramide sociale. “Sotto il mare sta cambiando la mia struttura e il mio corpo è sempre più uguale ai pesci. I miei capelli diventano alghe” [“Plancton”, Franco Battiato].E’ L’Italia che sconta la peggior manipolazione culturale-antropologica delle neoplebi precarie, sorta di futuri “schiavi autosussistenti” (che dovranno badare da soli alla propria sopravvivenza, pur essendo schiavi, senza alcun intervento del padrone) costretti a lavorare o semplicemente a campare con 400 euro il mese, o anche di meno. I segnali sono evidenti, perché è qui che si afferma senza contrasti la sinistra neoliberista più forte d’Europa (piddì), al soldo di Goldman Sachs e di Soros, non ci sono sommosse sociali, disordini di piazza, movimenti extraparlamentari apertamente contro, attivi e inquieti. C’è soltanto il nulla della dominazione neocapitalistica, condito con uno dei più alti tassi di corruzione del mondo (e le due cose sono collegate). Sarà l’Italia il banco di prova importante, in Occidente, del trionfo neocapitalista, perché non basterà la trasformazione in semi-Stato, espropriato di qualsivoglia sovranità e retto da infami collaborazionisti subpolitici (piddì). Si arriverà allo stadio finale, attraverso il commissariamento definitivo a cura della Troika e un esecutivo “ponte”, nominato ed esplicitamente straniero. Preludio alla dissoluzione finale delle istituzioni e al dominio dei “mercati & investitori”, esercitato in loro nome e per loro conto dagli organi sopranazionali della mondializzazione.I collaborazionisti subpolitici serviranno ancora all’inizio dello stadio finale, per ratificare in Parlamento le decisioni prese dalle élite. Questo sarà il misero ruolo, prima della sua scomparsa, della “sinistra più forte d’Europa” (piddì). Non “Romperemo l’asfalto con dei giardini colorati” [“Paranoia”, Franco Battiato], perché il riscatto sarà duro e difficile, soprattutto se il “risveglio” avverrà fuori tempo massimo. Dopo lustri d’inerzia della popolazione, torturata dai servi del grande capitale finanziario (sinistra neoliberista, piddì) e ingannata da gruppi parlamentari d’opposizione politicamente corretta (cinque stelle), dopo la latitanza di nuove élite rivoluzionarie disposte a rischiare per scardinare il sistema, la Rivoluzione in extremis (in punto di morte, letteralmente) se ci sarà non potrà che essere violentissima, costellata di roghi e di stragi di collaborazionisti, catartica come non mai, ma sommamente incerta negli esiti. Le masse straccione mosse dalla rabbia non saranno i mugik di Lenin, ma ci assomiglieranno un po’, complice la fame (quella vera) che farà capolino fra un po’, nell’Italia che si avvicinerà alla Grecia.Saranno, costoro, più feroci dei contadini poveri dell’Ottobre Rosso, nel remoto 1917, perché in una sola generazione avranno perso troppo – lavoro, reddito, futuro, dignità e diritti, cose che i contadini russi del ’17 non avevano e non si sognavano neppure. Non mi azzardo a prevedere quanti anni ci vorranno ancora (forse un lustro?) perché la corda sia ben tesa, tanto da rompersi. Non so quali gruppi e quali forze politico-sociali guideranno le masse inferocite, e con quali programmi alternativi (keynesiano dirigista-assistenziale, neocomunista?). Di certo non saranno quelli che vediamo oggi, alla guida di opposizioni finte e vigliacche – Landini, Civati, Vendola, Fassina, Cuperlo, in una la “sinistra radicale” – semplicemente inutili – il cinque stelle, Di Maio, Di Battista – o deboli perché prigioniere della liberaldemocrazia – nel nostro caso Salvini. Forse stanno aspettando, nell’ombra, ancora inconsapevoli del ruolo che affiderà loro la storia, o forse lasceranno l’opposizione debole, ingabbiata dal sistema, per seguire altre strade, più radicali e cruente. Dalle opposizioni finte e vigliacche e da quelle inutili, invece, non dovremo aspettarci niente di buono. Andranno rapidamente verso l’estinzione.(Eugenio Orso, “Una rivoluzione sanguinosa”, da “Pauper Class” del 7 giugno 2015).Più passa il tempo, più le osservazioni della realtà socio-politica italiana ed europea mediterranea mi spingono a trarre una sola conclusione: ci sarà una Rivoluzione, forse un dì ma non ora, e sarà inevitabilmente sanguinosa, con un tasso altissimo di violenza per regolare conti, sociali e politici, rimasti troppo a lungo in sospeso. Non so come e non so chi la farà, quella benedetta Rivoluzione, ma ci saranno grandi e catartici spargimenti di sangue, perché le abbiette falangi del collaborazionismo neoliberista avranno imperversato per interi lustri incontrastate, vessando e addirittura torturando le popolazioni. Rabbia e odio da troppo covano sotto le ceneri, senza trovare uno sfogo, mescolate a un senso diffuso di abbandono a se stessi, di concreta impotenza politica, d’impossibilità di determinare il proprio futuro. C’è la schizofrenia, suscitata ad arte dal sistema, di una realtà “reale” completamente divergente da quella virtuale dipinta dai media. Ci sono prigioni dai muri altissimi, conseguenza del ricatto economico, della paura di “fallire” individualmente e degli stili di vita truffaldini imposti in un habitat neocapitalistico.
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Calcio, la religione perfetta di questo capitalismo spietato
La nascita del calcio moderno è strettamente legato alla nascita dello Stato parlamentare borghese ed ai primi passi del sistema economico capitalista alla fine del XVII secolo e inizi del XVIII in Inghilterra. In questo modo, la configurazione delle regole di questo sport ed il consenso che ne deriva, sono il risultato della filosofia propria del sistema appena creato, dove si incontrano diversi gruppi politici per competere al potere parlamentare sottoscrivendo delle regole concrete sotto la supervisione di un giudice. Gli artefici di questa trasposizione di valori sono stati gli studiosi degli elitisti della ‘public shcools’ britannici, che diedero all’attuale “re degli sport” la forma che ha oggi all’adottare regole comuni per poter competere a livello nazionale tra le squadre legate ai propri centri educativi. Ma fu solo grazie alla classe operaia britannica che il calcio si professionalizzò e si estese, arrivando a tutte le colonie e porti con presenza britannica nel XIX secolo. La rapida espansione si deve, tra le altre cose, a la scarsità di mezzi che richiedeva la dinamica del gioco, dove solo serviva un pallone (o qualcosa che possa sembrare sferico) e alcune delimitazioni che facessero le veci della porta.Una religione mediatizzata. Attualmente questo fenomeno genera potenti comunità vertebrate da sentimenti identitari collettivi che gestano intorno a diversi clubs del mondo, riaffermandosi in ogni partita attraverso una serie di azioni di massa che possono essere ben classificati come riti sociali. Diversi autori fanno notare il parallelismo dei luoghi comuni che condividono il calcio e i riti religiosi. Partendo dagli studi realizzati da Émile Durkheim sulle religioni primitive agli inizi del XX secolo, si intende che la ragion d’essere delle diverse religioni, presenti in tutte le civiltà conosciute, è quella di giustificare la forma sociale della quale a sua volta ne è il risultato. Tutti i riti religiosi compiono in questo modo una funzione unificante della comunità che li praticano. Questi riti solitamente consistono in atti di comunione congiunta dei suoi membri con entità sovra-terrene., che costituiscono in fine una specie di omaggio e riaffermazione della propria comunità e della propria struttura sociale.In coincidenza con le rivoluzioni liberali, dove si elimina la grazia di Dio come giustificazione principale del potere, cominciò in occidente una progressiva, anche se limitata, perdita di autorità politica del cristianesimo, sostituita da diverse forme di culto “laico” della società. Uno di questi è il fenomeno sociale del calcio. Durante il rito calcistico, le tifoserie realizzano un atto di comunione quasi religioso, esprimendo devozione nei confronti del proprio club durante la stagione di calcio ordinaria e alla propria nazione quando gioca la formazione dei rispettivi paesi. Sia in un caso che nell’altro, gli individui approcciano con l’ideale che li unisce affidandosi in questo modo alla comunità alla quale appartengono. Sono diversi gli elementi condivisi dai riti religiosi e calcistici, dove la comunità rafforza e riafferma il sentimento che si ha della stessa. In ogni culto religioso è necessario, in primo luogo, separare gli atti sacri dai profani, configurando un calendario liturgico per la quotidianità dei fedeli. I fine settimana sono i giorni eletti sia per andare a messa che generalmente per andare allo stadio.In secondo luogo, la rottura con la vita profana deve estendersi anche nella sua dimensione spaziale. Una cerimonia religiosa può essere svolta solo in spazi sacri e appositamente preparati per questa. Attualmente, i tempi del calcio emergono solenni nelle città simbolizzandone l’importanza politica ed economica, così come la grandezza dello stesso club. Al loro interno, il terreno di gioco, così come il presbiterio cattolico, si investe come spazio sacro che può essere calpestato unicamente dagli ufficianti del rito, in questo caso i giocatori e l’arbitro. Questo spazio viene sottomesso a particolari attenzioni che lo rendono degno dell’importanza dell’atto: prato curato, pulito e adeguatamente annaffiato.In terzo luogo, in tutti gli atti religiosi hanno luogo una serie di di azioni più o meno collettive e ripetitive, dove i fedeli esprimono la propria devozione verso l’istanza adorata. Alzare le braccia, agitare le sciarpe, alzarsi dalle sedie o intonare canti sono espressioni collettive di venerazione verso il club e che rispecchiano una significativa somiglianza da quelle realizzate dai e dalle fedeli verso le rispettive divinità nei loro rispettivi templi.Tutte le comunità religiose devono avere dei riferimenti storici che servano da esempio ai suoi integranti. La leggenda e il mito attorno a determinati giocatori per un club assomigliano alla tradizionale santificazione cristiana di personaggi storici. I santi costituiscono in questo modo autentici esempi di attuazione e di servizio verso la comunità religiosa, essendo stati canonizzati dalla realizzazione di determinati atti o gesta che contribuirono all’espansione del cristianesimo nel mondo. Nel caso del calcio, i tifosi delle squadre ricordano giocatori emblematici le cui gesta sul terreno di gioco sono state determinanti nel conseguimento di titoli e glorie che ingrandirono il club. Il caso di Diego Armando Maradona è un chiaro esempio del vincolo esistente tra idolatria religiosa e calcistica: intorno a lui si formò la Chiesa maradoniana in Argentina, un culto di stampo parodico ma che comprende sentimenti reali verso la figura del calciatore. A Napoli fu santificato extra-ufficialmente dai tifosi del club.Competitività, consumo e successo sociale. Come si può vedere, i legami tra rito religioso e rito sportivo sono noti. Durante la stagione di calcio prende inizio un culto dedicato alla competizione per il successo professionale (legato al successo sociale) che governa la società contemporanea basata sull’economia di mercato. Ma il calcio nella società attuale non è l’unico spazio di aggregazione collettiva che risponde a queste funzioni di coesione. Il modo in cui le persone consumano quasi tutti gli altri tipi di spettacoli, come il cinema, la musica e la televisione, si avvicinano in gran misura al culto religioso. Un esempio sono le diverse comunità di appassionati (fanatici) creati attorno a prodotti culturali generati dalle industrie dello spettacolo, dove gli integranti mostrano simboli identificativi incorporate in oggetti di merchandising di uso quotidiano o realizzano autentiche mostre di devozione accudendo a cerimonie collettive come concerti , film, o il consumo simultaneo di capitoli di serie televisive.In ognuno di questi campi è un luogo comune l’opera di santificazione delle figure più importanti, condotta dai mass media. Anche se gli antichi santi erano usati come esempi di comportamento ascetico, le celebrità moderne sono santificati esattamente per l’opposto, essendo esempi di opulenza e di comportamenti sociali legati al consumo, che costituiscono il carburante di un sistema sociale basato sulla sovrapproduzione. In questo aspetto, sono disposte intorno al calcio autentici modelli di uomo per la classe operaia, soprattutto perché la maggior parte dei calciatori provengono dai settori più umili della società e hanno raggiunto la fama e il successo solitamente per competenze sul campo e per la dedizione. E ‘ particolarmente significativo che l’ industria mediatica dedichi tale privilegio all’unico posto che il sistema economico capitalista offre in cui la classe sociale non determina il successo nella carriera. I mass media portano a termine questo lavoro di glorificazione di campioni, che investiti come modelli autentici della vita nella società dei consumi, come esempi di virilità, di auto-superamento e lavoro.Dal settore della pubblicità ai telegiornali, ci vengono continuamente mostrate le gesta di questi superuomini in campo e, ogni volta di più, le telecamere si introducono nella loro vita quotidiana per mostrare l’opulenza in cui vivono, le donne bellissime che hanno o la nuova auto che hanno acquisito. Il telespettatore medio della classe operaia vedrà così che un suo simile è arrivato alla cima del successo sociale con i propri mezzi, essendo egli stesso l’unico responsabile delle loro condizioni socioeconomiche. Il mito attualmente generato da giornalisti sportivi e aziende pubblicitarie intorno al calciatore Cristiano Ronaldo è il miglior esempio di questa strategia mediatica. Il marchio sportivo Nike sfrutta da anni la sua immagine come modello di mascolinità e professionalità. “Le mie aspettative sono meglio delle tue” è stato lo slogan lanciato dal brand nel 2009. Una gigantesca immagine del giocatore esultando per un gol con il torso nudo appariva praticamente in ogni fermata metropolitana di Madrid, ricordando ai milioni di lavoratori che usano i mezzi pubblici come siano ancora lontani dal successo sociale e professionale. Il consumo diventa quindi l’unico modo possibile per emulare il superuomo che non sono stati in grado di essere.Il prato politicizzato. Ma quello di cui abbiamo parlato è solo uno degli aspetti attraverso i quali il calcio diviene uno spazio per la disputa politica per il potere e il controllo sociale. È necessario ricordare che il calcio costituisce un’allegoria del combattimento in cui due comunità perfettamente identificate si affrontano attraverso il gioco, che permette di svolgersi senza rischiare l’integrità fisica dei partecipanti. Nella dimensione di fenomeno di massa, questo sport canalizza impulsi aggressivi della società attraverso l’elemento mimetico che costituisce il gioco competitivo su prato, essendo un luogo ideale per soddisfare le pretese di accrescere il potere così come riaffermazioni dell’autorità stabilita. Il fascista Benito Mussolini è stato tra i primi leader politici a vedere nel calcio un importante strumento di propaganda. Dedicò grandi sforzi per costruire stadi monumentali e organizzare grandi eventi sportivi, al fine di dimostrare la potenza della nuova Italia.Attualmente, questa strategia è un modello di base della politica globale, che si reggono su simili pretese imperialiste. Basta notare il modo in cui gli stati nazionali scaricano sul prato il loro orgoglio nazionale, o il modo in cui competono in precedenza per ospitare i mondiali, mostrando il loro livello organizzativo e il loro potenziale di sviluppo per gli investimenti stranieri. Si producono violenti sgomberi di gente povera nei centri delle città, o ingenti investimenti di capitale pubblico nella costruzione di infrastrutture che daranno enormi profitti alle élite economiche locali e straniere. In questi campionati, il calcio funziona come un elemento di coesione. Nel caso della Spagna, dopo l’esito della Coppa del Mondo in Sud Africa 2010 non passò molto tempo prima di sentire dai mass media allegorie riguardo il gran potere che potrebbe avere una Spagna unita nel campo della politica globale, essendo l’unione un requisito vincolante per uscire il prima possibile dalla crisi economica.Il complesso da impero smarrito che costituisce il nazionalismo spagnolo viene riflesso dai media col trionfo della selezione, rafforzando il senso di identità nazionale calmando a sua volta il clima socio-politico”. Si nota un gran contrasto dalla saturazione mediatica dei mondiali del 2010 con il relativo silenzio dei media dopo che gli spagnoli vennero eliminati nel 2014 in Brasile. Attraverso l’armamentario multimediale creato intorno ai trionfi della squadra nazionale, viene generato nella classe operaia una sorta di illusione collettiva di partecipazione allo stato-nazione, come sostituto. In ogni canale televisivo si creano talk show e programmi sportivi condotti da “esperti” che esaltano gli eroi del paese, plasmando uno spirito nazionale che integra i lavoratori, i datori di lavoro, e le istituzioni politiche. Grazie alla facilità che offre nel generare identità collettive, il calcio è un richiamo di massa senza eguali riproducendo le strutture di potere sociali e le diverse tensioni insite in loro.Il calcio e la sessualità. Il calcio rappresenta uno dei grandi bastioni intoccabili di dominio maschile nella sua dimensione più tradizionale. Le glorie calcistiche sono sistematicamente negate alle donne anche se hanno sempre maggiore presenza negli stadi. Esse sono una minoranza, come gli omosessuali, condannate al silenzio più completo. L’associazione tra la virilità e la competizione attraverso il contatto fisico, che è la spina dorsale del culto di calcio, è logica conseguenza del contesto filosofico morale-borghese in cui è stato sviluppato questo sport. Come in ogni altro sport, viene eseguita la discriminazione delle donne a praticare insieme agli uomini, alludendo a ragioni di stampo biologistico. Senza entrare nel merito di una discussione di questo tipo, è sufficiente ricordare che il calcio è uno sport in cui le capacità fisiche si compensano con le capacità tecniche, l’intelligenza del giocatore o la giocatrice, la strategia e la coesione della squadra.Altrimenti sarebbe stato impensabile, per esempio, che una squadra come la squadra spagnola, composta per lo più di giocatori più bassi e relativamente sottili, conquistasse il titolo mondiale nel 2010, rispetto a squadre in gara come il Camerun o la Costa d’Avorio che non hanno nanche raggiunto la seconda fase del torneo. Argomenti di stampo evoluzionista prevalgono rispetto le teorie sociali nello spiegare perché le donne giocano a calcio peggio degli uomini e non sono degne di competere con loro. Sicuramente pensare al fatto che le donne fin dalla nascita partano da una posizione chiaramente svantaggiosa per questo sport (e praticamente qualsiasi altro) rispetto agli uomini a causa della costruzione sociale rigida che coinvolge ruoli di genere nei quali socializzano è più assurdo che pensare che le donne giocano a calcio perché Madre Natura (paradossalmente) così volle. D’altra parte, il culto all’ideale maschile su cui regge lo spettacolo calcistico comporta una sorta di divieto tacito sulla pratica a quegli individui la cui identità sessuale è percepita come una minaccia per i fondamenti della mascolinità tradizionale venerati in questo sport.Non è un caso che ci siano attualmente solo due giocatori professionisti attivi apertamente gay, Anton Hysén svedese e l’americano Robbie Rogers, entrambi giocano attualmente in Usa. I casi più noti sono diventati pubblici dopo il loro ritiro, evidenziando l’incompatibilità della loro identità sessuale con la loro carriera. Interpretando così, ogni partita di calcio professionale come una cerimonia quasi religiosa in cui la società realizza un culto abitudinario dei valori di competitività e mascolinità che governano il sistema socio-politico dominante, si capisce la difficoltà di un calciatore gay di affermarsi come elemento dissonante in un ambiente così mediatico, in cui sarà sottoposto ad un inevitabile giudizio dalla massa. Eppure, a poco a poco cresce il divario della Fifa grazie al coraggio dei giocatori stessi, che silenziosamente lottano per la loro libertà sessuale auspicando lo sviluppo di ulteriori iniziative che promuovono la normalizzazione dell’omosessualità nello sport. Tuttavia, questo è solo l’inizio di un percorso faticoso che comporta la necessità di ripensare i pilastri culturali su cui questo fenomeno di massa si basa.(Manuel González Ayestarán, “Calcio, media e controllo sociale”, da “Rebelion” del 16 dicembre 2014, tradotto da Torito per “Come Don Chisciotte”).La nascita del calcio moderno è strettamente legato alla nascita dello Stato parlamentare borghese ed ai primi passi del sistema economico capitalista alla fine del XVII secolo e inizi del XVIII in Inghilterra. In questo modo, la configurazione delle regole di questo sport ed il consenso che ne deriva, sono il risultato della filosofia propria del sistema appena creato, dove si incontrano diversi gruppi politici per competere al potere parlamentare sottoscrivendo delle regole concrete sotto la supervisione di un giudice. Gli artefici di questa trasposizione di valori sono stati gli studiosi degli elitisti della ‘public shcools’ britannici, che diedero all’attuale “re degli sport” la forma che ha oggi all’adottare regole comuni per poter competere a livello nazionale tra le squadre legate ai propri centri educativi. Ma fu solo grazie alla classe operaia britannica che il calcio si professionalizzò e si estese, arrivando a tutte le colonie e porti con presenza britannica nel XIX secolo. La rapida espansione si deve, tra le altre cose, a la scarsità di mezzi che richiedeva la dinamica del gioco, dove solo serviva un pallone (o qualcosa che possa sembrare sferico) e alcune delimitazioni che facessero le veci della porta.
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Ci rubano il tempo, così non pensiamo: ecco il complotto
Il rapporto tra la velocità e il tempo è cambiato solo negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza. Una persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo. E’ un ritardo, che per noi oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità. Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”? I latini dicevano “festina lente”, cioè “affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo. Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del rosacrocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza.La velocità percepita come virtù è un’acquisizione molto recente. Attribuire alla velocità un valore positivo e alla lentezza un valore negativo può non essere una cosa utile, in senso assoluto: chi ha detto che il boia che dice “domani” è peggio del boia che dice “subito”? Nel film “Non ci resta che piangere”, con Benigni e Troisi, Leonardo è un ritardato. Leonardo era lento, molte commissioni gli sono state tolte perché non finiva in tempo i lavori: per fare le cose si prendeva i suoi tempi. Era lento, ma questo non gli ha impedito di scrivere 13.000 pagine di studi. Impegnava il tempo secondo i suoi principi. Il tempo è un bene collettivo, ma anche individuale. Il tempo è denaro, si dice, ma non è vero: il tempo non è denaro. Il denaro è fungibile, il tempo no: se ti rubo 100 euro potrai sempre recuperarli, ma se ti rubo un’ora non te la ridarà nessuno. E questo è fondamentale per capire qual è la chiave di volta a cui siamo arrivati, nel nostro sviluppo evolutivo. Il sistema, l’intero sistema di potere mondiale, è fondato sulla sottrazione del nostro tempo.Il tempo ci dev’essere sottratto, ci dev’essere tolto: perché, in quanto moneta infungibile, diventa la vera risorsa del sistema di potere. Quindi la vera risorsa non sono i nostri soldi, ma il nostro tempo. La sottrazione del nostro tempo è mirata a trasformare l’uomo in consumatore: l’essere umano pensante deve essere trasformato in consumatore. Meno si pensa, e più si consuma. Il miglior consumatore è quello non pensante. Quindi, sottraendovi il tempo, voi non pensate. In tempi andati, fino a 70-80 anni fa, la gente teneva dei diari. Quella di racchiudere delle cose in un racconto è un’esigenza naturale dell’uomo, una narrazione destinata anche a se stessi. E quella stessa narrazione era un modo anche per pensare – perché non è che si pensa in compagnia, si pensa da soli. Il pensiero, l’introspezione, è individuale. Si può pregare in compagnia, ma non pensare. Il pensiero è veramente la radice della nostra essenza. Se un grande filosofo come Cartesio ha scritto “cogito ergo sum” (penso, dunque sono) ci sarà pure un motivo, no?E quindi il sistema ci deve togliere il tempo per non farci pensare. Ma dato che noi abbiamo l’esigenza del racconto, ci dà Facebook – che è un modo di sottrarre il tempo, evitando però di pensare: chi è che si va a riguardare le scemate che ha scritto in precedenza? Facebook non è un libro, un quaderno. E poi a un certo punto ti impedisce di andare indietro. E’ l’ennesimo sistema costruito ai fini del grande progetto: la sottrazione del tempo. Noi non pensiamo, perché il tempo ci viene sottratto. E siccome non pensiamo, non partecipiamo. Chi di noi partecipa al sistema politico? Chi di noi si iscrive al partito che ha votato, andando a rompere i coglioni ai congressi e facendo causa per averli, i congressi? Certo, nessuno nega che anche Facebook abbia anche i suoi aspetti positivi, la capacità di veicolare idee. Del resto, nessuna cosa è mai interamente negativa. In una rivisitazione del “Dottor Jekyll”, Mister Hide deve fare un’azione malvagia, pesca un pesciolino dalla boccia e dice “adesso lo do al gatto”, ma poi ci ripensa: “No, così il gatto gode”. Avrebbero mai dato uno Stato a Israele senza i 6 milioni di ebrei sterminati da Hitler?Resta però il fatto che, se facciamo la somma del tempo sottratto, a tutti quanti, scopriamo che tutti gli espedienti sono indirizzati alla sottrazione del tempo. La sottrazione del tempo opera attraverso un concetto che si chiama “astrazione del gesto”: è il modo in cui si sono fondate tutte le operazioni di business criminale dell’umanità. Se ti convinco, una tantum, a fumarti un sigaro particolare, tu non diventi un fumatore. E non sei un fumatore se ti fumi quattro sigari all’anno, nelle ricorrenze. Quand’è che diventi un fumatore? Quando io ti fabbrico l’oggetto astratto – l’astrazione di un piacere – che è la sigaretta: te la fumi, senza più neppure accorgerti che stai fumando. Devi arrivare al gesto per cui tu compri senza pensare a quello che stai comprando. Mangi, senza sapere che stai mangiando. Devono toglierti quello che c’è dietro alle cose, ai gesti – mangiare, fumare. Non necessariamente sarebbero morte di cancro migliaia di persone. Una volta il tabacco non lo si fumava, lo si annusava. Nessuno sarebbe morto di cancro, ma non sarebbe neanche nata la Philip Morris.Le cose devono funzionare in quel modo: la sottrazione del tempo significa astrazione del contenuto dei gesti, e quindi eliminazione della scelta. Non facciamo più le cose per scelta, ma perché le abbiamo fatte ieri e quindi le rifaremo domani. E’ stato costruito uno schema per cui la quantità dei nostri gesti automatici è oggi infinamente superiore a quella dell’uomo di 400 anni fa. Oggi, i nostri gesti automatici sono il 90% della giornata. L’uomo del ‘400 non ti diceva “ok, lo faccio subito”, ma “lo faccio dopo”: era la difesa del principio in base al quale lui sceglieva come destinare il proprio tempo. Su questo presupposto, il vero atto rivoluzionario è riappropriarsi del tempo. Ognuno di noi lo può fare. E’ semplice, ed è alla base di tutto: adottare un certo tipo di alimentazione, costruire un vissuto diverso. Alla base di tutto ci dev’essere la riappropriazione del tempo. E’ vero che lavoriamo 8 ore, ma poi tendiamo a perdere anche le altre. Il tempo non è perso se ho visto una cosa che non mi è piaciuta, se ho scelto di vederla, perché anche quella è un’esperienza. Il tempo è perso se sono a una conferenza noiosa e non l’ho deciso io, di andarci. E il tempo perso non è restituibile.Anche all’interno dello schema della società odierna, noi potremmo riappropriarci di una serie di cose. Rispetto ai concetti più complicati di consapevolezza e rivoluzione personale, questa è una cosa più semplice da spiegare, da far capire. Se a un certo punto ognuno di noi, nel suo piccolo, fa questa operazione su se stesso e la stimola nelle persone che gli sono vicine, scopre che questo è l’unico modo – vero – per recuperare energie per poi rifare progetti e rimettersi in moto. Dalla fine del ‘900 stiamo vivendo nel picco più basso, a livello di consapevolezza. E’ il più alto tecnologicamente, ma non ci serve a nulla. Perché la tecnologia è stata sviluppata? Per fotterci il tempo. Esce il telefonino nuovo e te lo devi comprare, esce il computer nuovo che ti fa risparmiare del tempo, ma quel tempo lo perdi lavorando come un matto per trovare i soldi necessari a quegli acquisti. Quando dirigevo “Pc Magazine” scrissi un editoriale nel quale dicevo: non comprate l’ultimo modello, perché vi fa risparmiare un’ora di lavoro ma ve ne fa perdere dieci per pagarlo. Il direttore italiano di Cisco ci tolse la pubblicità e inviò una lettera di fuoco, di tre pagine. Risposi con due parole: “Sopravviveremo entrambi”.Tutto è costruito per fotterci il tempo. La macchina da 50 milioni di euro, che può essere il sogno della mia vita, convive col divieto di superare i 130 chilometri orari. Che me ne faccio, allora, di una Ferrari? Eppure la gente continua a comprare le Ferrari: l’automatismo è formidabile, è un sistema micidiale. A chi non piacerebbe una bella casa, con parco e piscina? Ho un amico industriale che ne ha una così, vicino a Milano, ma è stata costruita su una vena radioattiva che risale all’evento di Chernobyl. Un umanista come Leon Battista Alberti per prima cosa domanda: dove la fate, la casa? Chi si pone mai il problema del “dove”, dell’orientamento fatto in modo serio? Il Feng Shui dell’80% degli architetti italiani è una truffa, ma il vero Feng Shui si fonda sullo stesso principio del Padre Nostro, “così in cielo così in terra”, in alto come in basso. Ci sono energie che vengono da sopra e energie che vengono da sotto. Quelle che vengono da sotto vennero studiate a tutti i livelli: da egizi, persiani, alchimisti. E si chiama tellurismo. Ora, studiare la ragnatela del tellurismo, la ragnatela geo-magnetica, non è semplice. Se uno la conoscesse davvero, potrebbe prevenire i terremoti.Io ho un caro amico, Giampaolo Giuliani, che i terremoti li prevede. Ci ha sempre azzeccato, perché rileva il radon, cioè l’espressione del tellurismo: è il gas che circola e viene liberato quando le vene, i canali in cui viaggia si rompono, e quindi sale. Ma non c’è pericolo che gli architetti “chic” ne sappiano qualcosa, di tellurismo: anche a loro hanno tolto il tempo. Le forze che vengono dall’alto, invece, sono alla base del simbolismo astrologico, il cui significato non è quello divinatorio, di stabilire i caratteri dei segni. Il simbolismo astrologico nasce come ancestrale collocazione in un ordine, da parte degli antichi, delle energie che provengono dalle stelle. Il testo base della difesa dell’astrologia l’ha scritto Firmico Materno, è un romano del 100 dopo Cristo. La prima cosa che scrive è che l’astrologia non serve per divinare. Tralasciando i fabbricanti di oroscopi, se invece studiamo come questa simbologia ha cercato di raffigurare i potenziali energetici delle varie costellazioni, non dico che possa essere una cosa esatta, ma è una cosa storica, mentre l’astrologia di oggi è come il Reiki, che non è una disciplina tradizionale e nasce per fottere soldi alla gente, su invenzione di un americano del secolo scorso.Le discipline tradizionali non necessariamente sono esatte, ma hanno una storia. Trovate molte differenze tra il rosario cristiano e il mantra degli indiani? La scansione dei tempi comporta un esercizio di respirazione. E’ la “novena della Vergine” o qualcos’altro? Certo che è qualcos’altro: l’hanno teorizzato i benedettini, si chiama Esicasmo ed è lo Yoga dei cristiani. E’ uguale: serve a regolare la respirazione per raggiungere un determinato stato di meditazione, solo che i preti si guardano bene dallo spiegare una cosa del genere. C’è nel Cristianesimo qualcosa che andrebbe approfondito, ma non te lo dicono, perché per loro non è questo il business. Idem per la massoneria: la dottrina massonica non è un business, mentre l’organizzazione massonica lo è. Se voglio fare il business mi interessa l’organizzazione, non la teoria. Poi, certo, mi serve qualcosa di appiccicaticcio per convincere la gente che è una cosa seria – ma come fumo negli occhi, non come materia da approfondire.Il problema è che la sottrazione del tempo è innanzitutto è un’operazione di consapevolezza individuale: ci ha reso aggressivi e vendicativi. Noi abbiamo un altissimo coefficiente di aggressività, vendicatività e incapacità di subire un torto. Alla fine, subire un piccolo torto non è la fine del mondo: se uno ti passa davanti nella coda, e tu non hai fretta, che te ne importa? Noi litighiamo anche quando non abbiamo fretta: perché? Perché la sottrazione del tempo ci ha reso ipersensibili anche in questo senso. Siamo convinti che non dobbiamo essere fregati. E non capiamo che, in una vita sociale, un poco dobbiamo essere fottuti tutti quanti. Siamo esseri sociali, dopotutto. E allora è molto meglio stabilire un limite entro il quale sopportare, e reagire solo quando quel limite è oltrepassato. Invece, la maggior parte di noi reagisce sempre. Succede quando ti tolgono il tempo, quando non hai più il tempo di pensare a quello che stai facendo, il tempo di contare fino a dieci.Se tu potessi contare fino a dieci, se fossi abituato a prenderti il tempo, non t’incazzeresti. Ma siccome non sei più abituato a prenderti il tempo, t’incazzi. Questo è il meccanismo. I primi che si fottono il tempo da soli siamo noi. Se al posto di Facebook avessimo un diario serio, lo scopriremmo che ci fottiamo il tempo. Il problema vero, centrale, è che rispetto a tutte le scelte – alimentazione, qualità della vita, piccole rivoluzioni personali – la prima cosa che dobbiamo fare è riprenderci il tempo. L’alta velocità? Assurda. Cos’era il senso del viaggio, 500 anni fa? Se Marco Polo fosse potuto andare da Venezia in Cina in aereo, avrebbe mai scritto il “Milione”? Il senso del viaggio qual è? Chi si organizza le vacanze lo fa, il ragionamento sul senso del viaggio? No, certo, perché gli hanno fottuto il tempo. La sottrazione del tempo coinvolge ogni aspetto della vita. “L’ozio e il negozio” dei latini si colloca perfettamente in questo quadro: tutte le cose in cui bisognava pensare erano delegate all’“otium”, non al “negotium”. Seneca dice che, se non fai un buon “otium”, ti va male il “negotium”: se non pensi le cose giuste, mentre fai l’“otium” con calma, poi nel “negotium” ti prendi le mazzate.In realtà c’è questo respiro, tra le cose che devi fare entro certi schemi e le cose che devi fare fuori dagli schemi. Se tu questo equilibrio lo alteri, e fai tutto dentro gli schemi, la tua creatività è morta. Le nostre energie sociali, la capacità di avere progetti, di scoprire cose, di scoprire nuovi modi di vivere, sono zero. Diventiamo degli ottimi consumatori: alla Coop, all’Esselunga. Da anni, altri ci fanno fare quello che vogliono loro, e noi non ce ne preoccupiamo. Anche Sant’Agostino diceva “fa’ quel che vuoi”. La gente lo fraintendeva, e pensava che fosse epicureo. Poi nella “Città di Dio” l’ha spiegato: “fa’ quello che vuoi” significa che devi fare quel che vuoi veramente, non quello che ti spingono a fare. “Fa’ quel che vuoi” non significa andare a cercare tutti i piaceri del mondo, perché potresti scoprire che non è quel che vuoi, se ci pensi bene. Era anche quello che diceva Epicuro: «La felicità è semplice, basta inseguire il piacere; però è quasi impossibile, perché bisogna capire qual è il piacere».(Gianfranco Carpeoro, estratti della conferenza “Il grande complotto: la sottrazione del tempo” tenutasi a Milano nel giugno 2012, ripresa in video su YouTube. Massone, già gran maestro del Rito Scozzese italiano, Carpeoro è stato avvocato e pubblicitario. Giornalista e scrittore, allievo di Francesco Saba Sardi, è considerato uno dei massimi studiosi di esoterismo e linguaggio simbolico).Il rapporto tra la velocità e il tempo è cambiato solo negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza. Una persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo. E’ un ritardo, che per noi oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità. Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”? I latini dicevano “festina lente”, cioè “affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo. Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del rosacrocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza.
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Rella: guerra alla memoria, per dominarci definitivamente
Benjamin ha scritto che ogni documento di cultura è anche un documento di barbarie. Una passeggiata nei Fori Imperiali a Roma ne è una straordinaria illustrazione. Certo, con il passare del tempo il monumento, eretto per celebrare una vittoria, e di converso una sconfitta, si allontana dall’occasione che lo ha generato. Non testimonia più un potere attuale, ma piuttosto l’opera del tempo che si deposita su di esso, lo modifica, spesso lo risignifica. Accanto al Monumentum, vale a dire a ciò che deve essere ricordato, c’è la damnatio memoriae, ciò che deve essere dimenticato. Dall’antichità ai nostri giorni la gestione della memoria e la gestione dell’oblio sono state strumenti politici, strumenti di potere. Nella distruzione dei monumenti di Mosul c’è però qualcosa che va oltre la damnatio memoriae. È una operazione di barbarie, ma di barbarie ultramoderna, addirittura postmoderna. I capolavori a cui l’uomo dovrebbe legare la sua memoria o addirittura la sua identità vengono spostati di qui e di là scopi turistici ed economici, o addirittura promozionali, o propagandistici, come lo sono le distruzioni di Mosul.Su Botticelli all’Expo non caleranno magli e martelli, ma orde di turisti a decretarne la sostanziale insignificanza culturale. Ancora una volta la barbarie dell’Isis è ultramoderna, spettacolare, cinematografica, o meglio da serie Tv. Ha scritto Arjun Appadurai che nel periodo della globalizzazione si sono moltiplicati episodi di violenza immane, che è penetrata con ferocia chirurgica all’interno dei corpi, dilaniandone le carni. Dalla Bosnia negli anni Novanta del secolo scorso, al Ruanda, e via via fino agli orrori attuali è stata una catena di delitti, una striscia ininterrotta di sangue. L’Isis è andato oltre. Ha massacrato centinaia e migliaia di persone, ma ha spettacolarizzato la singolarità. Una vittima, un coltello, un carnefice, un corpo senza testa. È una gestione sapiente dell’orrore. Si pensi come l’uccisione con una lama implichi un rapporto diretto, inequivocabile, carnale, tra i corpi della vittima e del carnefice.Bush è colpevole di molte cose. Già Bush padre con la Guerra del Golfo aveva trasformato, come aveva scritto Asor Rosa, un piccola guerra locale in una guerra mondiale: una guerra senza conflitto effettivo, una guerra dell’epoca della globalizzazione. Bush figlio ha proseguito. Ma non solo lui. Tutto l’Occidente si è trovato – dopo l’Iraq e dopo l’Afghanistan – a gestire conflitti per delega, anche quando, come in Libia, c’è stato intervento diretto. E ovunque ha lasciato dietro di sé caos e violenza. Oggi c’è chi chiede un intervento di polizia internazionale contro l’Isis. I pacifisti ironizzano sull’elmetto indossato dai fautori dell’intervento. Ora, al di là del pericolo paventato dall’Occidente, assistiamo a veri e propri etnocidi: intere tribù e intere popolazioni eliminate per il loro credo religioso o per la loro etnia. Era giusto intervenire contro Hitler e cercare di fermare l’Olocausto? Non era forse giusto magari intervenire anche prima?Il potere strega, affascina: chi lo esercita e chi lo subisce. Penso all’immane sforzo di Pier Paolo Pasolini per fronteggiare il potere in “Petrolio”, facendo stuprare il suo personaggio, trasformandolo in donna, sgretolando la forma stessa del romanzo, per concludere che anche organizzando il mondo in un’opera d’arte si esercita una forma di potere. Penso a Kafka che, come dice Canetti, ha combattuto il potere in tutte le sue forme, per riconoscere nelle lettere alla fidanzata, Felice, che egli era bensì, come lei, vittima, ma al tempo stesso era anche carnefice. Dunque esercitiamo sempre una qualche forma di potere, e sempre in qualche forma lo subiamo. Si tratta di essere costantemente vigili. Non piegarsi ad esso, riconoscerlo, resistere alla sua seduzione. Direi che la conoscenza è ormai così diffusa che rischia di diventare un rumore di fondo, di ottundere la nostra percezione dei conflitti e della loro durezza. Diventa perfino difficile, nell’iterazione degli omicidi dell’Isis, convincerci che quello che vediamo è sangue vero. Ho parlato della gestione del tempo e della memoria come un atto di potere e di dominio. Qual è il potere che gestisce oggi l’immane memoria della rete? A quale fine?Posso citare i nomi dei proprietari di Google, di Amazon, di Facebook. Non mi dicono nulla. Questa è l’epoca in cui uno dei più formidabili strumenti di potere della storia dell’umanità scivola nell’anonimato, si fa oscuro e indecifrabile. Si fa neutro. proprio come le operazioni di Borsa computerizzate che distruggono l’economia di una nazione, o creano profitti scandalosamente osceni per i singoli. Inoltre la rete spinge a vivere il tempo in istanti submicroscopici, tempi segmentati fatti solo di “ora”: da un’“ora” a un’altra “ora”, senza che questo tempo possa diventare una memoria individuale. Mi chiedo se non sia in atto un processo di desoggettivazione, in quanto il soggetto può dirsi tale soltanto se in possesso di una propria memoria e di un proprio tempo. La damnatio sarebbe in questo caso la cancellazione della memoria individuale. Foucault concludeva il suo ultimo seminario invitando alla “cura di sé”, a costruirsi come soggetti e a mantenersi soggetti. Foucault sapeva come questo processo di soggettivazione fosse sempre a rischio.(Franco Rella, dichiarazioni rilasciate a Monica Pepe per l’intervista “Morte della civiltà?” pubblicato da “ZeroViolenza” il 9 aprile 2015. Filosofo e saggista, Rella ha insegnato estetica allo Iuav di Venezia. È autore di saggi su arte, letteratura e filosofia, come “L’enigma della bellezza”, “La responsabilità del pensiero”, “Interstizi. Tra arte e filosofia”, “Ai confini del corpo”, “Forme del sapere. L’eros, la morte, la violenza” e “Figure del tempo”, introduzione al secondo volume dell’Enciclopedia delle Arti Contemporanee, a cura di Achille Bonito Oliva).Benjamin ha scritto che ogni documento di cultura è anche un documento di barbarie. Una passeggiata nei Fori Imperiali a Roma ne è una straordinaria illustrazione. Certo, con il passare del tempo il monumento, eretto per celebrare una vittoria, e di converso una sconfitta, si allontana dall’occasione che lo ha generato. Non testimonia più un potere attuale, ma piuttosto l’opera del tempo che si deposita su di esso, lo modifica, spesso lo risignifica. Accanto al Monumentum, vale a dire a ciò che deve essere ricordato, c’è la damnatio memoriae, ciò che deve essere dimenticato. Dall’antichità ai nostri giorni la gestione della memoria e la gestione dell’oblio sono state strumenti politici, strumenti di potere. Nella distruzione dei monumenti di Mosul c’è però qualcosa che va oltre la damnatio memoriae. È una operazione di barbarie, ma di barbarie ultramoderna, addirittura postmoderna. I capolavori a cui l’uomo dovrebbe legare la sua memoria o addirittura la sua identità vengono spostati di qui e di là scopi turistici ed economici, o addirittura promozionali, o propagandistici, come lo sono le distruzioni di Mosul.