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Altro che clima: Greta Thunberg vale 100 trilioni di dollari
Seriamente: Greta Thunberg vale 100 trilioni di dollari. Lo afferma William Engdahl, analista geopolitico e docente di rischio strategico. Laureatosi a Princeton, Engdahl è autore di bestseller su temi come le guerre del petrolio, e scrive in esclusiva “New Eastern Outlook”. Su “Global Research”, il newsmagazine dell’economista canadese Michel Chossudovsky, Engdahl aggiorna la mappa del mostruoso business planetario che sta dietro alla ragazzina svedese, usata per creare allarmismo attorno al surriscaldamento climatico, “venduto” come prodotto umano. Passo successivo: innescare il business del secolo, il cosiddetto Green New Deal, pilotato dal gotha finanza mondiale. Il piano: riversare trilioni di dollari «verso investimenti in società “climatiche” spesso senza valore». Nel 2013, dopo anni di attenta preparazione, una società immobiliare svedese, Vasakronan, ha emesso il primo “Green Bond” aziendale. Ne sono seguiti altri, promossi da Apple, Sncf e la principale banca francese, Crédit Agricole. Nel novembre 2013 la Tesla Energy ha emesso il primo sistema di sicurezza “solare”. «Oggi, secondo una cosa chiamata Climate Bonds Initiative, oltre 500 miliardi di dollari in quelle obbligazioni verdi sono eccezionali. I creatori dell’idea obbligazionaria – scrive Engdahl – affermano che il loro obiettivo è quello di conquistare una quota importante dei 45 trilioni di dollari di attività gestite a livello globale che hanno preso l’impegno nominale di investire in progetti “climatici”».Bonnie Prince Charles, futuro “monarca” del Regno Unito, insieme a Bank of England e City of London ha promosso “strumenti finanziari verdi”, guidati da Green Bonds, «per reindirizzare piani pensionistici e fondi comuni di investimento verso progetti verdi». Un attore chiave nel collegamento delle istituzioni finanziarie mondiali con l’agenda verde è Mark Carney, capo uscente della Banca d’Inghilterra. Nel dicembre 2015, il Financial Stability Board della Bank for International Settlements, presieduto poi da Carney, ha creato la task force sulla divulgazione finanziaria legata al clima (Tcfd), per consigliare «investitori, finanziatori e assicurazioni sui rischi legati al clima». Nel 2016, continua Engdahl, il Tcfd (insieme alla City of London Corporation e al governo del Regno Unito) ha avviato la Green Finance Initiative, con l’obiettivo di incanalare trilioni di dollari in investimenti “verdi”. I banchieri centrali dell’Fsb hanno nominato 31 persone per formare il Tcfd. Presieduta dal miliardario Michael Bloomberg, la cabina di regia include le persone chiave dei maggiori operatori finanziari del pianeta. Ci sono tutti: da Jp Morgan a BlackRock, uno dei più grandi gestori patrimoniali al mondo.Nell’elenco giganteggiano Barclays e Hsbc, la banca Londra-Hong Kong (multata ripetutamente per riciclaggio di droga e altri fondi neri), Swiss Re (la seconda assicurazione più grande al mondo), la banca cinese Icvc, Tata Steel, Eni, Dow Chemical, il gigante minerario Bhp Billington e David Blood di Al Gore’s Generation Investment. «In effetti sembra che le volpi stiano scrivendo le regole per il nuovo Green Hen House», annota Engdahl. «Carney, della Bank of England, è stato anche un attore chiave negli sforzi per rendere la City di Londra il centro finanziario della Green Finance globale». Philip Hammond, già cancelliere britannico, nel luglio 2019 ha pubblicato un Libro bianco, “Strategia di finanza verde: trasformare la finanza per un futuro più verde”. Il documento afferma: «Una delle iniziative più influenti da far emergere è il Financial Stability Board Task Force del settore privato sulle comunicazioni finanziarie legate al clima (Tcfd), supportato da Mark Carney e presieduto da Michael Bloomberg. Ciò è stato approvato dalle istituzioni che rappresentano 118 trilioni di attività a livello globale». Il piano, spiega Engdahl, consiste nella finanziarizzazione dell’intera economia mondiale «usando la paura di uno scenario da fine del mondo per raggiungere obiettivi arbitrari come “emissioni zero di gas serra”».L’onnipresente regina di Wall Street, Goldman Sachs, che ha generato tra gli altri Mario Draghi e lo stesso Carney, ha appena svelato il primo indice globale di titoli ambientali di alto livello, fatto insieme al Cdp con sede a Londra, finanziato insieme a investitori come Hsbc, Jp Morgan, Bank of America, Merrill Lynch, American International Group e il fondo State Street. Il nuovo indice borsistico, denominato Cdp Environment Ew e Cdp Eurozone Ew, «mira ad attirare fondi di investimento, sistemi pensionistici statali come Calpers (il sistema pensionistico dei dipendenti pubblici della California) e Calstrs (il sistema pensionistico degli insegnanti dello Stato della California) con un combinato di 600 miliardi di attività, da investire in obiettivi scelti con cura. Le società più votate nell’indice includono Alphabet, che possiede Google, Microsoft, Ing Group, Diageo, Philips, Danone e la stessa Goldman Sachs. «A questo punto – continua Engdahl – gli eventi assumono una svolta cinica quando ci troviamo di fronte ad attivisti climatici molto popolari e fortemente promossi come la svedese Greta Thunberg o la 29enne Alexandria Ocasio-Cortez di New York e il loro Green New Deal. Per quanto sinceri possano essere questi attivisti, c’è una macchina finanziaria ben oliata dietro la loro promozione a scopo di lucro».Greta Thunberg, continua Engdahl, «fa parte di una rete ben collegata legata all’organizzazione di Al Gore», che viene «commercializzata in modo cinico e professionale e utilizzata da agenzie come le Nazioni Unite, la Commissione Europea e gli interessi finanziari dietro l’attuale agenda sul clima». Ricercatrice e attivista climatica canadese, Cory Morningstar documenta come in azione «una rete ben collegata ad Al Gore», definito «investitore e profittatore del clima enormemente ricco», presidente del gruppo Generation Investment. Il partner di Gore, David Blood, ex funzionario di Goldman Sachs, è membro del Tcfd creato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali. «Greta Thunberg, insieme alla sua amica diciassettenne americana Jamie Margolin, è stata elencata come “consulente speciale per giovani e fiduciario” della Ong svedese “We Don’t Have Time”, fondata dal suo Ceo Ingmar Rentzhog». Rentzhog è membro dei leader dell’Organizzazione per la Realtà Climatica di Al Gore, e fa parte della task force per la politica climatica europea. È stato “addestrato” nel marzo 2017 da Al Gore a Denver e di nuovo nel giugno 2018 a Berlino. Il Progetto per la Realtà Climatica di Al Gore è partner di “We Don’t Have Time”.«I legami tra i più grandi gruppi finanziari del mondo, le banche centrali e le società globali all’attuale spinta a una strategia climatica radicale per abbandonare l’economia dei combustibili fossili a favore di un’economia verde vaga e inspiegabile, a quanto pare, valgono assai più della genuina preoccupazione di rendere il nostro pianeta un ambiente pulito e sano in cui vivere». Piuttosto, scrive Engdahl, quello degli “amici” di Greta è un programma di business intimamente legato all’Agenda 2030 dell’Onu, vocata all’economia “sostenibile” («e allo sviluppo letteralmente di trilioni di dollari di nuova ricchezza per le banche globali e i giganti finanziari»). Nel febbraio 2019, Jean-Claude Juncker accolse Greta alla Commissione Europea, fingendo di impegnarsi per il clima sulla scorta della denuncia della ragazzina. In realtà, spiega Engdahl, le «centinaia di miliardi di euro per combattere i cambiamenti climatici nei prossimi 10 anni» erano già in cantiere: decisione presa in collaborazione con la Banca Mondiale un anno prima, il 26 settembre 2018, al vertice di One Planet con le fondazioni di Bloomberg. Greta serviva solo come paravento etico per il business finanziario che usa il “green” per rastrellare fondi e lanciare prodotti speculativi.Il 17 ottobre 2018, aggiunge Engdahl, Juncker ha firmato un memorandum d’intesa con Breakthrough Energy-Europe, in cui i partner «avranno accesso preferenziale a qualsiasi finanziamento». Nel club figurano Richard Branson di Virgin Air, Bill Gates, Jack Ma di Alibaba, Mark Zuckerberg di Facebook, Ray Dalio di Bridgewater. Ancora: Julian Robertson (Tiger Management) e poi David Rubenstein (Carlyle Group), nonché George Soros e il giapponese Masayoshi Son (Softbank). Avverte Engdahl: «Quando le multinazionali più influenti, i maggiori investitori istituzionali del mondo tra cui BlackRock e Goldman Sachs, le Nazioni Unite, la Banca Mondiale, la Banca d’Inghilterra e altre banche centrali della Bri si schierano dietro il finanziamento di una cosiddetta “agenda verde”, è tempo di guardare dietro la superficie delle campagne degli attivisti del clima». Quello che emerge è il tentativo di riorganizzare la finanza mondiale usando il clima come pretesto. Allarme: vogliono «cercare di convincere la gente comune a compiere sacrifici indicibili per “salvare il pianeta”». Già nel 2010, il capo dell’Ipcc, il gruppo intergovernativo dell’Onu sui cambiamenti climatici, Otmar Edenhofer, ammetteva: «Bisogna dire chiaramente che ridistribuiamo di fatto la ricchezza del mondo in base alla politica climatica». Parole esplicite: «Bisogna liberarsi dall’illusione che la politica internazionale sul clima sia una politica ambientale. Questo non ha quasi più nulla a che fare con la politica ambientale, con problemi come la deforestazione o il buco dell’ozono». Soldi, prima di tutto. Capito, gretini?Seriamente: Greta Thunberg vale 100 trilioni di dollari. Lo afferma William Engdahl, analista geopolitico e docente di rischio strategico. Laureatosi a Princeton, Engdahl è autore di bestseller su temi come le guerre del petrolio, e scrive in esclusiva su “New Eastern Outlook”. Su “Global Research“, il newsmagazine dell’economista canadese Michel Chossudovsky, Engdahl aggiorna la mappa del mostruoso business planetario che sta dietro alla ragazzina svedese, usata per creare allarmismo attorno al surriscaldamento climatico, “venduto” come prodotto umano. Passo successivo: innescare il business del secolo, il cosiddetto Green New Deal, pilotato dal gotha finanza mondiale. Il piano: riversare trilioni di dollari «verso investimenti in società “climatiche” spesso senza valore». Nel 2013, dopo anni di attenta preparazione, una società immobiliare svedese, Vasakronan, ha emesso il primo “Green Bond” aziendale. Ne sono seguiti altri, promossi da Apple, Sncf e la principale banca francese, Crédit Agricole. Nel novembre 2013 la Tesla Energy ha emesso il primo sistema di sicurezza “solare”. «Oggi, secondo una cosa chiamata Climate Bonds Initiative, oltre 500 miliardi di dollari in quelle obbligazioni verdi sono eccezionali. I creatori dell’idea obbligazionaria – scrive Engdahl – affermano che il loro obiettivo è quello di conquistare una quota importante dei 45 trilioni di dollari di attività gestite a livello globale che hanno preso l’impegno nominale di investire in progetti “climatici”».
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La fiaba della piccola Greta, un business che arriva al Nobel
Greta Thunberg è la vera “rockstar” del momento. Prime pagine di tutti i più importanti giornali del mondo, approfondimenti di ogni tipo, interviste: tutti ne parlano. La consacrazione definitiva è arrivata in queste ore, come riporta l’Ansa: l’attivista 16enne svedese promotrice delle marce dei giovani per il clima in tutta Europa è stata proposta per il Premio Nobel per la Pace da tre parlamentari norvegesi «in segno di riconoscimento per il suo impegno contro la crisi climatica», prodotta dal riscaldamento globale. «Abbiamo nominato Greta perché la minaccia del clima potrebbe essere una delle cause più importanti di guerre e conflitti», ha sottolineato il parlamentare Freddy Andre Oevstegaard. In un’intervista a “Repubblica”, Greta Thunberg ha osservato che «siamo nel pieno di una crisi, ed è la più urgente e grave che il genere umano abbia mai dovuto affrontare. Stiamo segando il ramo su cui siamo seduti e la maggior parte della popolazione mondiale non ha idea delle possibili conseguenze della nostra incapacità di agire». Il 15 marzo, anche in Italia gli studenti hanno aderito al Climate Strike, lo sciopero proclamato nel mondo dai giovanissimi attivisti che, sulla scia dell’iniziativa di Greta, stanno manifestando per chiedere ai governi interventi urgenti sui cambiamenti climatici. Ma chi è davvero la giovane attivista svedese e come ha fatto a diventare così famosa?Sia chiaro: «Greta è sicuramente una ragazza adorabile e la sua battaglia offre spunti di riflessione importanti, al di là da come la si veda sul tema del riscaldamento globale», scrive Roberto Vivaldelli su “Gli occhi della guerra”. «Il punto è un altro: si tratta davvero di un fenomeno così spontaneo e nato dal nulla oppure di un’abilissima strategia di marketing?». Tutto è nato la scorsa estate, ricorda Vivaldelli. Dall’agosto 2018, ogni venerdì mattina, Greta si reca di fronte al Riksdag, il Parlamento svedese, e rimane lì, con un cartello in mano: “Skolstrejk för klimatet”, sciopero scolastico per il clima. All’inizio era da sola, supportata solo dai genitori, poi la sua protesta è diventata virale. Tanto che a dicembre ha partecipato alla Cop24, la ventiquattresima conferenza sul clima che si è tenuta a Katovice, in Polonia. Lì ha tenuto un discorso che ha fatto il giro del mondo. Come è accaduto? A svelare il segreto del successo di Greta – scrive Vivaldelli – è stato Andreas Henriksson, noto giornalista d’inchiesta svedese. Secondo la sua ricostruzione, lo sciopero scolastico altro non era che parte di una strategia pubblicitaria più ampia per lanciare il nuovo libro della madre di Greta, la celebre cantante Malena Ernman – che nel 2009 partecipò anche all’Eurovision e vanta diverse apparizioni televisive.Il grande stratega mente di questa campagna sarebbe Ingmar Rentzhog, esperto di marketing e pubblicità, che ha sfruttato a sua volta l’immagine della ragazza per lanciare la sua start up. «Ora posso dire che la persona che sta dietro al lancio del libro e lo sciopero scolastico, nonché la successiva campagna di pubbliche relazioni sul problema del clima, è il “pierre” professionista Ingmar Rentzhog», scrive il giornalista Andreas Henriksson sul suo profilo Facebook. La storia di Greta Thunberg inizia il 20 agosto 2018. Rentzhog, che è fondatore della start-up We Do not Have Time, incontra Greta di fronte al Parlamento svedese e pubblica un post commovente sulla sua pagina Facebook e Instagram. Siamo al primo giorno dello sciopero iniziato da Greta. «Curiosamente, quattro giorni più tardi, il 24 agosto, esce il libro dei genitori di Greta, “Scenes from the Heart”, che racconta i dettagli della vita privata della coppia e della figlia». Una banale coincidenza? Da lì a poco, continua Vivaldelli, We Do not Have Time guarda caso decolla, proprio grazie alla spinta mediatica di Greta. Il 24 novembre Rentzhog la nomina nel board. Solo tre giorni dopo, la start up lancia una campagna di crowdfunding per 30 milioni di corone svedesi (circa 2,8 milioni di euro).Greta è nominata ovunque. Lo stesso Ingmar Rentzhog si vanta di «aver scoperto» la ragazza (ma nega, in seguito, di averne sfruttato l’immagine per raccogliere denaro, pur sostenendo di «aver avuto un ruolo centrale nella crescita della sua popolarità». Il quotidiano svedese “Svenska Dagbladet” lo incalza e accusa la start up di aver sfruttato la ragazza (che è affetta dalla sindrome di Asperger) utilizzando la sua battaglia sul clima per mero tornaconto personale. Dal canto loro, i genitori sostengono che la battaglia di Greta è assolutamente genuina e sincera, ma non smentiscono affatto i rapporti con Rentzhog e il suo abilissimo entourage. «Una campagna pubblicitaria perfetta», la definisce il quotidiano conservatore “Weltwoche”, che indaga sulle origini del fenomeno Greta. Anche “Weltwoche” si concentra sulla figura controversa di Rentzhog: «Il pubblico mondiale celebra Greta come esperta di salvaguardia del clima», scrive il quotidiano della destra svedese. «La ricerca da parte dei media più critici ha dimostrato, tuttavia, che il suo successo è dovuto in gran parte all’esperto svedese Ingmar Rentzhog, che ha buoni contatti con diverse organizzazioni».Pesa anche la coincidenza con l’uscita del libro della madre: lo stesso giorno, prosegue “Weltwoche”, «Rentzhog ha pubblicato una foto di Greta su Instagram e ha scritto un lungo articolo su Facebook: ciò ha innescato una reazione a catena in molti giornali e altri media». Alla fine di dicembre, la rivista “Samhällsnytt” ha rivelato che Greta «aveva pronunciato il suo famoso discorso alla conferenza di Katowice davanti a sedie vuote, mentre la televisione di Stato svedese si comportava come se avesse parlato davanti a un pubblico entusiasta». Sedie vuote, addirittura? Manipolazione completa? Sempre secondo “Weltwoche”, la madre di Greta, Malena Ernman, avrebbe confermato che l’attivista ambientalista Bo Thorén aveva reclutato sua figlia. Thorén è membro del consiglio di amministrazione di Fossilfritt Dalsland ed è un rinomato rappresentante del movimento ambientalista internazionale Extinction Rebellion. Insomma, conclude Vivaldelli: dietro a Greta Thunberg c’è un libro di una famosa cantante (la madre), una start up in cerca di visibilità, un abile comunicatore ed esperto di pubblicità, diverse organizzazioni che bramano di diffondere il loro messaggio. Poi vengono l’ambiente, il Climate Strike e le mobilitazioni globali. «Nulla, però, accade per caso. E se non vi è dubbio di dubitare che ciò che racconta Greta al mondo sia sincero, chi le sta attorno ha abilmente beneficiato di un ritorno mediatico che era voluto e studiato a tavolino».Greta Thunberg è la vera “rockstar” del momento. Prime pagine di tutti i più importanti giornali del mondo, approfondimenti di ogni tipo, interviste: tutti ne parlano. La consacrazione definitiva è arrivata in queste ore, come riporta l’Ansa: l’attivista 16enne svedese promotrice delle marce dei giovani per il clima in tutta Europa è stata proposta per il Premio Nobel per la Pace da tre parlamentari norvegesi «in segno di riconoscimento per il suo impegno contro la crisi climatica», prodotta dal riscaldamento globale. «Abbiamo nominato Greta perché la minaccia del clima potrebbe essere una delle cause più importanti di guerre e conflitti», ha sottolineato il parlamentare Freddy Andre Oevstegaard. In un’intervista a “Repubblica”, Greta Thunberg ha osservato che «siamo nel pieno di una crisi, ed è la più urgente e grave che il genere umano abbia mai dovuto affrontare. Stiamo segando il ramo su cui siamo seduti e la maggior parte della popolazione mondiale non ha idea delle possibili conseguenze della nostra incapacità di agire». Il 15 marzo, anche in Italia gli studenti hanno aderito al Climate Strike, lo sciopero proclamato nel mondo dai giovanissimi attivisti che, sulla scia dell’iniziativa di Greta, stanno manifestando per chiedere ai governi interventi urgenti sui cambiamenti climatici. Ma chi è davvero la giovane attivista svedese e come ha fatto a diventare così famosa?