Archivio del Tag ‘Inps’
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Riforme, o niente soldi: riappare lo spettro dello spread
Miracoli italiani: è stata sufficiente una timida riapertura di ristoranti e locali, solo all’aperto e con il limite temporale del coprifuoco ancora in vigore, per far cambiare drasticamente l’indirizzario degli uffici casting dei talk show: «Avete più visto le schiere di ristoratori e baristi gridare la propria indigenza a reti unificate? Devono tutti avere dei dehors enormi». Oppure: «Avete più assistito alle giubilazioni del governo e dei suoi ritardi nell’erogazione dei sostegni? Tutto sparito, l’Inps deve essersi trasformata nottetempo nella previdenza svizzera o finlandese». Il sarcasmo, sul “Sussidiario, porta la forma di un analista finanziario come Mauro Bottarelli. «Ormai si parla solo di riaperture e vaccini. Questi ultimi, soprattutto, declinati in modo e tempo di grande interrogativo di valenza civica, tale da qualificare il livello di consapevolezza del paese: posso avere la seconda dose somministrata nella località che ho scelto per le vacanze?». Aggiunge Bottarelli, sconsolato: «Non c’è niente da fare, l’Italia non cambierà mai. Così come mai cambieranno i suoi abitanti, per quanti schiaffoni la realtà possa assestarci».Stavolta, però – scrive – il rischio che le nostre consolidate abitudini vengano giocoforza stravolte è reale, perché le decisioni non dipendono più da noi: «Siamo ostaggio di quell’Europa e quella Bce di cui ci siamo fatti finora scudo». Ovvero: «Niente riforme? Niente soldi del Recovery Fund. A quel punto, stante le ratio di debito e deficit, game over». Da questo punto di vista, osserva Bottarelli, Mario Draghi può stare sereno: «Per quanto la sua maggioranza di governo si agiti, il coltello dalla parte del manico lo tiene Palazzo Chigi. Saldamente. E nessuno fra i partiti che compongono l’eterogenea coalizione si sogna lontanamente di mollare il potere». Certo, ora cominciano le fibrillazioni e i distinguo in vista delle amministrative d’autunno, ma la litigiosità interna è solo di facciata: dal Pd (che propone di aumentare l’aliquota sulla tassa di successione) fino alla Lega (con il suo testardo riproporre la Flat Tax), «tutti sanno che Mario Draghi li ascolta con la stessa indifferenza che si presta alle richieste di un bambino petulante».«Le dinamiche sono cambiate, piaccia o meno», sottolinea Bottarelli, mentre i “giochi” della finanza per manipolare la politica sono sempre gli stessi, come dimostrano le manovre in corso in Francia, a 11 mesi dalle presidenziali che attendono al varco il traballante Macron. «In Francia, lo spread del titolo decennale (Oat) sul Bund comincia a prezzare la solita emergenza democratica». Tradotto: lo spread francese sale per denunciare «il pericolo ciclico di Marine Le Pen», nel caso si avvincini all’Eliseo. «Formalmente, una chimera. Ma stavolta con qualche interessante variazione sul tema». Primo, Emmanuel Macron è ormai politicamente orfano, spiega Bottarelli: «L’addio di Angela Merkel è già nei fatti, quantomeno a livello di alleanze europee: da qui al 26 settembre, la Cancelliera cercherà soltanto di evitare una batosta alla Cdu. Non a caso, l’inquilino dell’Eliseo si è ricordato di colpo dei brigatisti ospitati nel suo paese in base alla dottrina Mitterrand, e ha millantato di impacchettarli come cadeau da presentare al nuovo leader europeo in pectore», Mario Draghi. «Peccato che si sia scordato di fare i conti con la magistratura francese, la prescrizione e qualche ostacolo formale».Insomma, stavolta Emmanuel Macron non potrà contare sull’asse renano. Secondo punto: il paese è in ebollizione. «Socialmente, la questione legata all’immigrazione comincia a diventare decisamente calda, al limite dell’ustionante», sottolineata dagli allarmanti “avvertimenti” che provengono dai vertici militari. Poi c’è l’economia, ai tempi del Covid: «Il lockdown ha picchiato durissimo», in Francia. «A livello di stabilità dei conti pubblici, la pandemia ha costretto a scostamenti che cominciano a farsi sentire nella percezione di mercato, stante il superamento di quota psicologica 100% nella ratio debito/Pil». Non a caso, rileva Bottarelli, lo spread comincia ad ampliarsi anche oltre le normali dinamiche di aumento dovute a un’inflazione lasciata lievitare. «Nel 2017, le tensioni sui titoli di Stato cominciarono a sostanziarsi sei mesi prima del voto. Oggi sono in anticipo, poiché prezzano l’appuntamento del 10 giugno con il board della Bce chiamato a dire una mezza parola di verità sul proseguo del Pepp: alla luce degli ultimi dati del Pmi relativo all’Eurozona e delle prospettive di trend dei prezzi, difficile che la Bundesbank consenta a Christine Lagarde di prendere ancora tempo».La Francia, osserva ancora Bottarelli, ha beneficiato grandemente del programma anti-pandemico dell’Eurotower: e per quanto la criticità delle “sofferenze” non ha abbia mai rappresentato un cruccio reale per il credito transalpino, oggi i numeri sul tavolo appaiono decisamente degni di attenzione. «Ovviamente, Marine Le Pen non ha alcuna possibilità di arrivare all’Eliseo: come sempre, se superasse il primo turno e si garantisse il testa a testa finale, il “fronte repubblicano” sarebbe pronto a formarsi in difesa degli ideali nazionali, scordandosi per una domenica le differenze politiche e cantando in coro la Marsigliese». A quel punto, «torneranno i servizi televisivi sull’onda nera, sul pericolo fascista, sul sovranismo che minaccia la ripresa in un’Europa ferita e fiaccata dal Covid». E a proposito: quando la campagna elettorale sarà entrata nel vivo, il virus sarà davvero sparito? «Si potranno tenere comizi, organizzare manifestazioni e incontri pubblici?». Di più: «Si potrà scioperare e manifestare, magari con un ritorno a orologeria dei Gilet Gialli?».«Domande non da poco, fidatevi – scrive Bottarelli – soprattutto in un paese dove il lockdown è ancora oggi molto più duro di quanto sia mai stato in Italia, nel corso della “seconda ondata”, e con un coprifuoco molto più stringente, ben lungi dall’essere rimosso». Quanto al Belpaese: in autunno si parlerà di “quarta ondata” (incolpando gli italiani che saranno andati in vacanza) o le elezioni amministrative si potranno svolgere in modo sereno? Bottarelli ricorda saranno 14 milioni, i cittadini chiamati alle urne per il rinnovo di Comuni di grande importanza come Milano, Roma, Bologna, Torino e Napoli. «Praticamente, un’anticipazione delle politiche. Una simulazione. E uno “stress test” dei danni che la partecipazione al governo Draghi sta procurando ai vari partiti». Di qui il timore del “rimbalzo” francese sull’Italia: «Pensate che la dinamica già in atto sullo spread fra Oat e Bund non si sostanzierà su quella relativa al differenziale del Btp, in caso toni e minacce si alzassero troppo in vista di fine settembre? Oltretutto, in quasi contemporanea con il voto spartiacque delle legislative tedesche».Matteo Salvini è avvisato: «Chi pensa di regolare conti e magari minacciare versioni 2.0 del Papeete in vista del voto, faccia meglio i propri conti: la Francia non beneficia di 209 miliardi del Recovery Fund, non ha già incassato oltre 30 miliardi di fondi Sure e non viaggia in area 160% di debito/Pil. Eppure, i tremori “macro” per mettere in guardia da sconsiderate alzate di ingegno sono già in atto, puntuali come morte e tasse». Una fiammata sullo spread italiano, però, sarebbe differente: «Costringerebbe il governo a rivedere i propri piani, stante la più che probabile assenza di uno scudo statuario della Bce in grado di contrastare forze che si faranno aggressive proprio in virtù dell’eventuale “tapering”», cioè il freno all’acquisto di titoli di Stato, la fine del “quantitative easing” che ha finora scongiurato il peggio. «La già ordinaria straordinarietà che il nostro paese sta vivendo verrebbe spazzata via da un’altra crisi», avverte Bottarelli: «E quando le difficoltà varcano la porta del Tesoro, tutto cambia». Attenzione, quindi: «Lo spoiler francese ci dice che il vero banco di prova non sarà quello economico di una stagione estiva da capitalizzare al massimo, bensì quello autunnale di una rinnovata navigazione sul mercato del finanziamento e dell’esame di maturità dei partiti che compongono la coalizione».Miracoli italiani: è stata sufficiente una timida riapertura di ristoranti e locali, solo all’aperto e con il limite temporale del coprifuoco ancora in vigore, per far cambiare drasticamente l’indirizzario degli uffici casting dei talk show: «Avete più visto le schiere di ristoratori e baristi gridare la propria indigenza a reti unificate? Devono tutti avere dei dehors enormi». Oppure: «Avete più assistito alle giubilazioni del governo e dei suoi ritardi nell’erogazione dei sostegni? Tutto sparito, l’Inps deve essersi trasformata nottetempo nella previdenza svizzera o finlandese». Il sarcasmo, sul “Sussidiario”, porta la forma di un analista finanziario come Mauro Bottarelli. «Ormai si parla solo di riaperture e vaccini. Questi ultimi, soprattutto, declinati in modo e tempo di grande interrogativo di valenza civica, tale da qualificare il livello di consapevolezza del paese: posso avere la seconda dose somministrata nella località che ho scelto per le vacanze?». Aggiunge Bottarelli, sconsolato: «Non c’è niente da fare, l’Italia non cambierà mai. Così come mai cambieranno i suoi abitanti, per quanti schiaffoni la realtà possa assestarci».
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Ristori-fantasma: 539 i decreti solo promessi da Conte
Finalmente indennizzi veri, dopo la farsa recitata per un anno da Giuseppe Conte: è questo il principale “miracolo” che, secondo Sergio Luciano, è lecito attendersi da Mario Draghi. Il neo-premier non ha «muscoli politici» per chissà quale riforma, da attuare «nel breve volgere degli undici mesi che lo dividono dalla scadenza delle elezioni presidenziali o, al più tardi, nei ventiquattro mesi che mancano al termine naturale della legislatura». Semmai, l’ex presidente della Bce «non è solito sparare colpi a salve». E’ un personaggio che, «se agisce, lo fa sapendo di poter vincere». Potrebbe quindi riuscire a «rasentare il potere taumaturgico manifestato con il celeberrimo “whatever it takes”, che salvò l’Italia con tutto l’euro» intervenendo soprattutto sul fronte socio-economico, cioè «sulla pratica bollente dei ristori inefficienti (o peggio, millantati) lasciati dal governo Conte-2, come una bomba a orologeria nell’ufficio, giusto sotto la poltrona da premier».
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La più bella battuta sull’Italia? Saremmo un paese “serio”
Ma davvero l’Italia di oggi è un modello di serietà per il mondo intero, come sostiene il presidente Mattarella nella stizzosa replica al premier britannico, conservatore e amante dell’Italia, Boris Johnson? Mattarella avrebbe potuto vantare l’ingegno italiano, la laboriosità di tanti suoi cittadini, la gloriosa civiltà su cui siamo seduti, la bellezza dei borghi, dei centri storici e della natura, il genio creativo dell’arte e della musica, gli eroi e i navigatori, Dante, le grandi scoperte scientifiche, il made in Italy, la fortuna che gli italiani hanno fatto nel mondo grazie alla loro bravura, la generosità e l’allegria del suo popolo e mille altre cose. Ma ritenere che il tratto distintivo dell’Italia sia, soprattutto oggi, la serietà significa ridicolizzare la difesa dell’Italia, non farsi prendere sul serio, continuare il filone tragicomico che è oggi al potere. Ma si rende conto Mattarella che noi siamo l’unico paese al mondo in cui un governo contro Salvini e i suoi accoliti è guidato dalla stessa persona che guidava un governo fondato su Salvini e i suoi accoliti?Lo sa che, a differenza del premier britannico che ha fatto una lunga scalata tra prove di governo ed elettorali, il nostro premier è nato sotto un cavolo, l’ha portato Amazon o la cicogna, già cellofanato con la pochette nel taschino, per governare il paese? Si rende conto Mattarella che lo stesso governo italiano, la stessa maggioranza nel Parlamento italiano che aveva difeso e sostenuto il ministro dell’interno Salvini quando aveva fermato lo sbarco dei migranti sulle coste siciliane, dopo pochi mesi ha votato per processarlo e incriminarlo per lo stesso sbarco? E nessun garante istituzionale ha avuto nulla da dire su tutte queste storture… Si rende conto Mattarella che l’ayatollah della nostra repubblica, ossia il leader del partito più numeroso in Parlamento, Beppe Grillo, è un comico e non per modo di dire ma sul serio? Reputa questo un segno di serietà per un paese? Ed è serio che un paese abbia come ministri, a cominciare dal ministero degli esteri o dalla presidenza della Camera, persone senz’arte né parte, venditori di bibite, studiosi della canzone melodica napoletana, senza curriculum e senza uno straccio di competenza?È serio che il Parlamento di un paese afflitto da problemi gravissimi e lacerato, spaccato in due e poi in mille da mille odi e rancori, proponga, primo firmatario Piero Fassino, una legge per istituire Bella Ciao come canto nazionale dopo l’inno di Mameli, magari per subentrargli? Si rende conto che una canzone delle mondine, peraltro storicamente intrusa e posticcia nella storia della Resistenza, obbligatoria nelle scuole genererà conflitti ovunque e non solo da parte di chi si rifiuta di farlo perché ha un giudizio diverso sul passato ma anche da chi reputa grottesco e anacronistico obbligare la gente a servire la messa antifà a ottant’anni dalla caduta del regime? Ma soprattutto è un paese serio quello che pone al centro del dibattito in Parlamento una questione del genere? È serio uno Stato che affida a disoccupati che non sono stati in grado di trovarsi un lavoro, il compito di cercare il lavoro agli altri disoccupati e battezzandoli comicamente e pomposamente come “navigator” li assume, li paga anche bene per non fare nulla e non portare alcun risultato?È serio uno Stato che dà un reddito parassitario di cittadinanza, che non introduce affatto al lavoro, a “un milione e mezzo di evasori” e “a falsi poveri”, secondo quanto ha denunciato l’ex presidente dell’Inps Tito Boeri (area Pd), per non dire dell’assegno ai delinquenti? E ha in programma, su esortazione dell’oracolo Grillo, di far diventare reddito universale di cittadinanza, per italiani e migranti, la paga uguale per tutti, senza lavoro, quando l’economia sarà finalmente uccisa? Cassa Integrazione per tutti, per sempre, a prescindere… È un paese serio quello che decide di risolvere tutte le questioni ambientali, sanitarie e di traffico con le rotelle: il monopattino nelle città, le piste ciclabili sul futuro ponte dello Stretto e soprattutto banchi a rotelle per gli alunni per fuggire velocemente dal virus e dalle sue interrogazioni? E cosa dovremmo dire al mondo sulla serietà della nostra magistratura, di certe inchieste a orologeria e ad personam, di certe lobbies mafiose in toga risultate anche dalle intercettazioni telefoniche? Per elencare gli esempi nostrani di serietà dovrei chiedere al direttore Belpietro un numero intero de “La Verità”…A dir la verità, se c’è una cosa che è sempre mancata al nostro paese è proprio la serietà. Fummo la barzelletta del mondo quando a fine guerra, come disse il britannico Winston Churchill, a 45 milioni di italiani fascisti si aggiunsero 45 milioni di antifascisti, “eppure questi novanta milioni d’italiani non risultano dai censimenti”. Ma la serietà ci è mancata per lunghi secoli di asservimento allo straniero, al Papa re, all’invasore. Sarebbe ricco e penoso il campionario. Vorrei infine ricordare che perfino l’Eroe italiano per antonomasia, l’Eroe dei due Mondi, il Mito vivente del Risorgimento, cioè Giuseppe Garibaldi, il giorno in cui andò a Roma in Parlamento il 26 gennaio del 1875, si affacciò al balcone e disse: «Italiani, siate seri!». E per confermare la sua esortazione alla serietà, un secolo e mezzo dopo un ministro si affacciò dal balcone di Palazzo Chigi e annunciò: «Abbiamo abolito la povertà». Il mondo sta ancora ridendo… Pure per il nostro eroe nazionale non eravamo seri. E non aveva visto i grillini al potere… Suvvia, Presidente, è sempre stato serio come un morto e compassato come una mummia, non si dia pure lei alla comicità.(Marcello Veneziani, “La più bella battuta sull’Italia: è un paese serio”, da “La Verità” del 27 settembre 2020).Ma davvero l’Italia di oggi è un modello di serietà per il mondo intero, come sostiene il presidente Mattarella nella stizzosa replica al premier britannico, conservatore e amante dell’Italia, Boris Johnson? Mattarella avrebbe potuto vantare l’ingegno italiano, la laboriosità di tanti suoi cittadini, la gloriosa civiltà su cui siamo seduti, la bellezza dei borghi, dei centri storici e della natura, il genio creativo dell’arte e della musica, gli eroi e i navigatori, Dante, le grandi scoperte scientifiche, il made in Italy, la fortuna che gli italiani hanno fatto nel mondo grazie alla loro bravura, la generosità e l’allegria del suo popolo e mille altre cose. Ma ritenere che il tratto distintivo dell’Italia sia, soprattutto oggi, la serietà significa ridicolizzare la difesa dell’Italia, non farsi prendere sul serio, continuare il filone tragicomico che è oggi al potere. Ma si rende conto Mattarella che noi siamo l’unico paese al mondo in cui un governo contro Salvini e i suoi accoliti è guidato dalla stessa persona che guidava un governo fondato su Salvini e i suoi accoliti?
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Magaldi: sarà il popolo a fermare i golpisti del coronavirus
Siete pronti? Prima ancora della terrificante Seconda Ondata del SarsCov2, potrebbe essere in arrivo l’epatite E, in regalo – tramite zoonosi – direttamente dai topastri cinesi di Hong Kong. Un mondo distopico, d’ora in poi completamente in mano ai gestori tecno-politici e mediatici della paura, sotto forma di batteri, virus e diavolerie pestilenziali? Sarebbe il paradiso dei farabutti, e in parte lo è già. Questo, secondo Gioele Magaldi, è il vero pericolo che abbiamo di fronte: un’epidemia all’anno, quanto basta per spaventare e chiudere in casa miliardi di persone, consentendo ai nuovi golpisti bianchi di fare quello che vogliono, di noi, fino a calpestare la libertà di tutti (e nel caso dell’Italia, affondando l’economia in modo catastrofico). Vietato illudersi: «Nessuno si lasci incantare dalle indecorose pagliacciate di Conte, replicate anche con l’ultimo, strombazzatissimo decreto privo di investimenti e di visione: non risolverà nessuno dei drammatici problemi economici che stanno trasformando l’Italia in un cimitero economico». E la buona notizia, se così si può dire? Sarebbe questa: l’attacco mondiale partito da Wuhan non è l’inizio della fine, per il mondo libero. Al contrario: è l’ultima mossa, disperata, di un potere oscuro che ormai sente di avere le ore contate, anche se ci farà penare ancora, e non poco.«In fondo, un virus è perfetto, per i nemici del popolo: funziona ancora meglio del terrorismo e del rigore finanziario». Autore del bestseller “Massoni” uscito per Chiarelettere a fine 2014 con la mappa esclusiva delle superlogge del potere mondiale, Magaldi ha in cantiere il “sequel” del primo saggio, atteso per novembre e aggiornato tenendo conto dello tsunami-coronavirus. «Stanno emergendo circostanze esplosive», annuncia, in web-streaming su YouTube nella trasmissione “Massoneria On Air”, condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”, con la partecipazione di osservatori speciali come Gianfranco Carpeoro e Paolo Franceschetti, Marco Moiso, Roberto Hechich. In sostanza, secondo Magaldi – massone progressista, facente parte lui stesso del mondo delle superlogge – sono fonti ancora riservate, d’intelligence, a confermare i peggiori sospetti: il disastro che ci è rovinato addosso, paralizzando mezzo pianeta, è stato concepito dagli eredi dalle stesse “menti raffinatissime” che idearono il golpe in Cile nel 1973, per imporre il neoliberismo a mano armata. Meno diritti, per salvare l’economia? Era la super-bufala del manifesto “La crisi della democrazia”, in Italia propalato con la prefazione di sua maestà Gianni Agnelli. La tesi: troppa democrazia fa male. Poi vennero il boom neoliberista, l’11 Settembre e infine la crisi dei subprime, il collasso degli spread europei, il Rigor Montis. Ora siamo al rigore terminale, quello del virus.Perfetta, la pandemia, per indurre i cittadini a rassegnarsi al peggio. Turismo in coma, negozi sprangati, economia a rotoli. Bar e ristoranti che non riapriranno, cassa integrazione che ancora non si vede, e il “popolo delle partita Iva” che attende tuttora i mitici 600 euro dell’Inps. E il prode Conte? Su Facebook gira un’amara barzelletta: «Arriverà a giugno il decreto di maggio scritto in aprile ma pensato a marzo, per una crisi iniziata a febbraio e conosciuta da gennaio per un virus conosciuto già da dicembre». Un analista autorevole come Marcello Veneziani è spaventato: non s’era mai visto tanto odio, dice su “La Verità”, in un’Italia spaccata in due, divisa tra i supporter di Conte (sempre meno numerosi) e la maggioranza non più silenziosa, che il professor-avvocato venuto dal nulla lo vedrebbe bene addirittura in galera. «La situazione è seria», ammette Magaldi: «Si stanno intensificando i flash-mob improvvisati da cittadini sempre più esasperati». Quelli sanzionati ingiustamente durante il lockdown possono contare sul Sostegno Legale, servizio gratuito offerto dal Movimento Roosevelt, che mette a disposizione avvocati (volontari) per contestare le multe. Altra iniziativa, la Milizia Rooseveltiana: «Una formazione che scenderà presto in campo, anche per disciplinare le proteste e impedire infiltrazioni violente».La rabbia monta, e acceca il raziocinio: c’è persino chi plaude al grottesco paternalismo di Conte, che trova eroicamente il tempo di ascoltare il sindaco novarese giunto a Roma in bicicletta per rinfacciare al premier «la miseria» dei famosi 600 euro. Come un caudillo sudamericano del secolo scorso, Conte interrompe una riunione, dà udienza al primo cittadino ribelle, scomoda telefonicamente il presidente dell’Inps e infine concede pure un’elargizione di tasca sua al ciclista padano, a quel punto conquistato (almeno, a beneficio dei fotografi) dal gran cuore del primo ministro. Che smacco, commenta qualcuno sui social: che lezione, da quel gran signore che sta a Palazzo Chigi. I fan di Conte amano questo imbarazzante, incolore neo-democristiano di ascendenza grillina per il solo fatto di aver rotto con Salvini, fino a ieri dipinto come il demoniaco nemico pubblico dell’italianità “de sinistra”, quella che vent’anni fa avrebbe sbranato vivo Berlusconi se si fosse permesso di infliggere la metà della metà delle punizioni bibliche che “l’avvocato del popolo” ha rifilato agli italiani in soli tre mesi. Potenza del coronavirus: impaurendolo a dovere, puoi calpestare il cittadino riducendolo a suddito, facendogli dimenticare la nozione stessa di libertà.Nel festival dei nuovi mostri furoreggiano i grandi media, complici dei nuovi censori di regime: il padreterno televisivo Burioni chiede di spegnere “ByoBlu”, cioè il video-blog più seguito dagli italiani? Prontamente, YouTube cancella 4 video recentissimi prodotti dal team di Messora. Da Palazzo Chigi – nel silenzio tombale e orwelliano dell’Ordine dei Giornalisti – sulle notizie vigila il Ministero della Verità messo in piedi dal sottosegretario piddino Andrea Martella, con l’aiuto di giornalisti come Riccardo Luna (”Repubblica”) e “debunker” del calibro di David Puente, pupillo di Mentana e colonna portante del newsmagazine “Open”. Farebbe ridere, se non fosse una tragedia: la libertà di stampa fatta a pezzi, rottamata come rifiuto organico di tempi felici e ormai remotissimi. L’odio serpeggia pericolosamente in ogni rivolo: sulla pagina Twitter del Cicap, l’ambiguo comitato fondato da Piero Angela per promuovere le verità ufficiali (a scapito di tutte le altre), c’è persino chi brinda alla morte di Giulietto Chiesa, augurandosi pure quella di Massimo Mazzucco. Si vaneggia: dai derby sconfortanti di ieri (Capitana contro Capitano, Sardine contro Salvini) si è passati all’insulto feroce, e addirittura all’evocare lo scannamento del presunto avversario, senza che il nuovo culto di Giuseppe Conte lasci spazio al dubbio: non è che siamo tutti sulla stessa barca, che oltretutto sta per affondare?«Sarà un autentico disastro, epocale – dice Gianfranco Carpeoro – se i cittadini non apriranno gli occhi e non comprenderanno di poter contare su un’unica risorsa: se stessi». Aprire gli occhi? Tradotto: constatare che il penoso, modestissimo Conte non ha ancora fatto assolutamente niente per evitare il collasso economico del popolo che ha rinchiuso in casa. «Misure tragicomiche come quelle previste per la riapertura di spiagge e ristoranti – sostiene Paolo Franceschetti – lasciano supporre che non ci sia nessuna volontà di aiutare il paese: semmai l’intento sembra quello opposto, di affossarlo di proposito». Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt, residente a Londra, allarga l’orizzonte: «In Gran Bretagna, dove peraltro il lockdown non è stato così rigido come in Italia, la cassa integrazione è arrivata subito, e ora è stata prorogata fino a ottobre: nessuno sarà licenziato, e i lavoratori hanno ricevuto immediatamente l’80% dello stipendio, grazie al governo Johnson». Per capire il senso di quel che avviene sotto casa, aggiunge Moiso, conviene guardare più lontano: «Sappiamo che il dramma è partito da Wuhan, ma sbaglieremmo se puntassimo il dito solo contro la Cina, che certo ha sicuramente ritardato l’allarme iniziale».C’è molto altro, nelle retrovie di questa losca vicenda: lo fa capire Trump, che minaccia di trascinare i cinesi in tribunale anche per stanare i non-cinesi in cima a tutti i sospetti, dal dottor Anthony Fauci al suo amicone Bill Gates, il “filantropo” iper-vaccinista che controlla l’Oms, l’organizzazione che a Wuhan “se c’era, dormiva”, attorno a quel laboratorio finanziato anche attraverso Fauci, e con il contributo dei francesi. Dalla sua solitudine d’avorio, si fa vivo persino Bob Dylan (Premio Nobel 2016 per la Letteratura) nell’alludere alla peggiore delle ipotesi: una sinistra connessione tra i “signori del Covid” e gli assassini del Deep State che macellarono John Kennedy a Dallas. Sempre in casa Kennedy, è l’avvocato Robert Junior (figlio di Bob) a sparare sul patron della Microsoft: puzza d’imbroglio, la sua fretta di inondarci di vaccini obbligatori. E se le divinità mondiali tracciano ipotesi precise (e allucinanti) sul nostro futuro prossimo, non tarda a farsi sentire il coretto dei nani nazionali, made in Italy, pronto a ripetere che sì, probabilmente l’eventuale vaccinazione sarà obbligatoria, o comunque vincolante: off limits i luoghi pubblici, per chi oserà sottrarsi alla siringa. E tutto questo, senza uno straccio di dibattito parlamentare. Normale? Di questo passo, sì. Ma non succederà.Ne è convinto Magaldi, che ha fiducia nella riconquista della democrazia, oggi sospesa. «Ma occorre agire e mettere da parte la paura, volutamente alimentata dal governo, così come la sua “sorella” naturale, la speranza, che conia slogan come l’idiota “andrà tutto bene” da recitare affacciandosi al balcone». Sta andando tutto male, anzi malissimo. «E infatti l’Italia sta per esplodere. Ma la stessa società civile, anche attraverso autorevoli giuristi, non ha mancato di farsi sentire», dice il presidente del Movimento Roosevelt. «Quello che abbiamo di fronte è un modello distopico, che qualcuno vorrebbe trasformare nel nostro futuro: sta a noi respingerlo». Gli esempi non mancano: «Si guardi la Svezia: anziché chiudere il Parlamento e trattare i cittadini come bambini, ha rivolto loro raccomandazioni adulte e senza sprangare il paese, con ottimi risultati». Sintetizzando: «Se non vogliamo finire in un Occidente senza più libertà, trasformato in succursale cinese, dovremo stabilire che i diritti costituzionali non possono essere sospesi, mai, neppure di fronte a un’emergenza sanitaria. Troppo facile, altrimenti, imprigionare il mondo: basta mettere in circolazione un virus all’anno, terrorizzare la popolazione, e il gioco è fatto. Attenti: è esattamente il piano dei “gestori” del coronavirus».Chi sono? «Circuiti apolidi e supermassonici, sovranazionali e reazionari, che hanno puntato sulla Cina come modello autoritario per il futuro dell’Occidente». Il virus come arma? «Certo, ma si tratta di una mossa dettata dalla disperazione – aggiunge Magaldi – visto l’esito delle iniziative precedenti: volevano impadronirsi del mondo con l’austerity neoliberista e con il terrorismo “islamico”, ma non ci sono riusciti». La grande corsa della Cina, poi, è stata fermata dal campione “populista” Donald Trump: un altolà di portata storica, a cui si è risposto con l’infernale Covid. La “soluzione finale”, in un mondo che sta vedendo crollare i presupposti della globalizzazione neoliberale, e dove la stessa Unione Europea (capolavoro di post-democrazia ordoliberista) sembra sul punto di andare in pezzi. Magaldi riconduce la questione nei termini più semplici: «Vorrebbero che diventasse normale lo spettacolo dei cittadini che piegano la testa, in silenzio, vedendosi confiscare la libertà e assistendo impotenti alla distruzione della loro economia. Ma non accadrà: sarà proprio la durezza della crisi nella quale stiamo precipitando ad aprire finalmente gli occhi ai dormienti, spingendoli a combattere per riconquistare la democrazia perduta e il diritto a una vita dignitosa, non più vessata dalla barbarie artificiosa dell’austerity».Siete pronti? Prima ancora della terrificante Seconda Ondata del SarsCov2, potrebbe essere in arrivo l’epatite E, in regalo – tramite zoonosi – direttamente dai topastri cinesi di Hong Kong. Un mondo distopico, d’ora in poi completamente in mano ai gestori tecno-politici e mediatici della paura, sotto forma di batteri, virus e diavolerie pestilenziali? Sarebbe il paradiso dei farabutti, e in parte lo è già. Questo, secondo Gioele Magaldi, è il vero pericolo che abbiamo di fronte: un’epidemia all’anno, quanto basta per spaventare e chiudere in casa miliardi di persone, consentendo ai nuovi golpisti bianchi di fare quello che vogliono, di noi, fino a calpestare la libertà di tutti (e nel caso dell’Italia, affondando l’economia in modo catastrofico). Vietato illudersi: «Nessuno si lasci incantare dalle indecorose pagliacciate di Conte, replicate anche con l’ultimo, strombazzatissimo decreto privo di investimenti e di visione: non risolverà nessuno dei drammatici problemi economici che stanno trasformando l’Italia in un cimitero economico». E la buona notizia, se così si può dire? Sarebbe questa: l’attacco mondiale partito da Wuhan non è l’inizio della fine, per il mondo libero. Al contrario: è l’ultima mossa, disperata, di un potere oscuro che ormai sente di avere le ore contate, anche se ci farà penare ancora, e non poco.
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La prima regola: mai lasciarsi imporre l’agenda del nemico
La prima regola per difendere la propria libertà, probabilmente, sta nel cercare di non farsi imporre l’altrui agenda. Nel libro-capolavoro “La guerra dei poveri” (Einaudi), Nuto Revelli traduce il concetto declinandolo nel contesto storico dell’estrema precarietà della guerra partigiana: mai accettare lo scontro, men che meno in campo aperto. Al rastrellamento non ci si oppone: ci si sottrae, dileguandosi sui monti. Per colpirla, una soverchiante forza di occupazione, non c’è che una strada: tendere agguati, con iniziative inattese e rapidissime, senza lasciare all’avversario il tempo di reagire. La tattica della guerriglia non pretende certo di ottenere la sconfitta militare del nemico; però contribuisce a innervosirlo, destabilizzarlo e infine fiaccarlo. Presuppone una strategia lucidamente pianificata, e il concorso sincronizzato di svariate unità, ben addestrate e distribuite sul territorio. Armi leggere, o leggerissime, contro carri armati e obici: ha senso? La risposta è sì, conferma lo storico Alessandro Barbero: i comandi alleati si complimentarono con il comandante Revelli per essere riuscito a rallentare per 10 lunghissimi giorni l’avanzata, sulle Alpi cuneesi, di una potente divisione corazzata nazista, diretta in Provenza attraverso il Colle della Maddalena per ostacolare gli angloamericani appena sbarcati fra Tolone e Cannes.La chiave di quel successo tattico? Rinunciare alle artigliere partigiane schierate in linea e optare per agili azioni di commando sui fianchi della vallata, con solo qualche mortaio e poche mitragliatrici. In altre parole: sfuggire all’agenda imposta del nemico. Ora, occorre un discreto “salto quantico” per lasciare di colpo l’agosto del 1944 e piombare nella fatale primavera 2020. Domanda a bruciapelo: quand’è l’ultima volta che abbiamo rifiutato l’agenda altrui, cioè la logica dello scontro? Certo, fortunatamente oggi non siamo in guerra; ma l’inaudito stato d’assedio “cinese” imposto all’Italia in nome del coronavirus, il quasi-coprifuoco dello stato d’emergenza, ha fatto sobbalzare più d’un costituzionalista. Come se il maledetto Covid-19, tuttora ampiamente misterioso, avesse finito per rendere drammaticamente evidente, esplosivo (e pure luttuoso) un male che in realtà si era insinuato da lunghissimo tempo, nella nostra società: l’eterodirezione, palese e occulta, degli stati d’animo connessi con la vita sociale e politica. Vecchia storia, probabilmente, cominciata in tempo di guerra con l’infernale propaganda hitleriana (”tutta colpa degli ebrei”) e proseguita in tempo di pace coi giochetti del mago Edward Bernays, nipote di Freud, per lanciare anche tra le donne il consumo di sigarette. Psicologia, innanzitutto: è l’arma vincente di qualsiasi agenda ostile, pericolosa per la salute della democrazia.Magie: il complottismo (quello vero, affidato ai Travaglio, agli Scanzi) oggi difende a spada tratta l’increscioso Conte, l’ex Signor Nessuno che – da semplice comparsa – è riuscito a diventare protagonista assoluto, primattore della più grave catastrofe socio-economica che abbia travolto l’Italia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il complottismo di regime aveva frastornato il pubblico, per decenni, elencando i presunti grandi mali nazionali, in quest’ordine: Berlusconi, corruzione, evasione fiscale, mafia. Erano gli anni d’oro di Di Pietro e dei girotondi, poi di Grillo. Non una parola – mai – sulla natura pericolosamente oligarchica della governance europea, sempre sorretta dall’establishment nazionale che vede nel Pd il suo stabile riferimento strumentale operativo. La consegna è sempre la stessa: lasciare in mano alla finanza speculativa le grandi decisioni, semplicemente ratificate dalla politica. Stesero il tappeto rosso, i cantori del rigore, ai piedi del commissario Monti che provvide immediatamente a disabilitare l’economia italiana e neutralizzare (col pareggio di bilancio in Costituzione) le residue possibilità finanziarie, ancorché virtuali, di uno Stato comunque intrappolato da Maastricht e Lisbona, reso incapace di intervenire in modo immediato (oggi lo si vede benissimo) persino se si tratta di salvare vite umane e famiglie ridotte sul lastrico. La barzelletta dei 600 euro a scoppio ritardato, con tanto di default del server dell’Inps, ha fatto il giro del mondo, in paesi che invece hanno subito accreditato mensilità direttamente sui conti correnti dei cittadini costretti a restare a casa.La politica come semplice paravento pubblico dell’establishment privatistico ha assunto toni ulteriormente spettacolari con la meteora Renzi e il suo vaniloquio immaginifico, per poi cedere il testimone al suo alter ego populista, il grillismo (che oggi infatti è al governo proprio con Renzi). Specularità assoluta: abissale distanza tra le parole e i fatti, e senza mai affrontare il vero problema – quello che oggi il funesto Covid mette in mostra impietosamente: a causa dell’euro-sistema non si mette mano al denaro, centinaia di miliardi, indispensabile per fronteggiare la catastrofe. Altra presenza poco più che meteorica, lo stesso Salvini: per oltre un anno, dopo aver incassato il “niet” dell’Ue sul deficit, il leader della Lega ha raccontato agli italiani che il loro vero problema erano gli sbarchi dei migranti. Salvini però – prima di venir costretto a gettare la spugna – è stato letteralmente surclassato dal chiasso degli avversari: sono riusciti a dargli persino del nazista, raccontando a loro volta agli italiani l’ennesima fiaba, e cioè che il vero problema nazionale fosse proprio lui, la Bestia. Tutto questo, mentre la narrazione della tragedia del surriscaldamento climatico terrestre era affidata alla sedicenne Greta, e mentre le eroiche Sardine prodiane formulavano la loro ricetta per la democrazia italiana: impedire ai ministri di esprimersi liberamente, sui social.Questa nuova moda della censura, in realtà antichissima, sta letteralmente tracimando: l’Agcom raccomanda di diffondere solo notizie “accreditate” (non si sa da chi), e lo stesso governo addirittura mette in campo una task force per imbavagliare il web (istituita da Andrea Martella – Pd, ovviamente), mentre si continua a dare la parola, a reti unificate, a un signore come il virologo Roberto Burioni, che si è permesso – nell’Italia nel 2020 – di chiedere alla magistratura di spegnere “ByoBlu”, il video-blog più seguito dagli italiani, cioè il popolo che Conte non ha protetto tempestivamente dalla pandemia, salvo poi chiuderlo in casa (e senza neppure uno straccio di assistenza economica). Tutto questo è semplicemente esorbitante, anomalo, mostruoso quanto le previsioni di economisti e sociologi: il paese rischia letteralmente di crollare, con conseguenze incalcolabili, anche grazie all’inerzia del suo non-governo scandaloso, imbelle ma improvvisamente autoritario. Nel frattempo, il cielo è scosso dal rombo di temporali vicini e lontani: Trump taglia i fondi all’Oms, accusandola di essere complice della diffusione del virus, mentre il figlio di Bob Kennedy accusa Bill Gates (grande sponsor della stessa Oms) di voler imporre il suo vaccino anti-coronavirus, probabilmente inutile e forse rischioso.Alla stragrande maggioranza degli italiani, stanchi di cantare l’inno nazionale dai balconi, sempre il coronavirus oggi consente finalmente di vedere di che pasta è fatta questa sedicente Unione Europea, convalidata pochi mesi fa dal solito Pd con l’aggiunta dell’ormai altrettanto impresentabile Movimento 5 Stelle, recentissimo interprete (con la sua sub-agenda locale) della grande agenda neoliberista, quella che dal 1971 con il Memorandum Powell si diede una vera e propria road map per la riduzione progressiva della democrazia. Tappa fondamentale, il golpe cileno del 1973 che segnò l’avvento del neoliberismo al potere. Due anni dopo, il manifesto “La crisi della democrazia” (commissionato dalla Trilaterale) preparò la capitolazione dell’economia sociale europea, sinistramente sigillata nel sangue nel 1986 con l’omicidio del premier socialista svedese Olof Palme, campione del welfare, fino poi all’estinzione della sinistra italiana. L’agenda ostile ha lavorato in modo perfetto per destrutturare minuziosamente qualsiasi difesa, usando i media come armi letali e riducendo l’offerta politica a puro folkore. Se si scorrono i nomi dei cosiddetti leader a disposizione degli italiani, si capisce al volo il boom storico dell’astensionismo (che lascia comunque campo libero ai veri decisori, quelli che scelgono chi farà il ministro e con quali compiti).Pur nel devastante caos planetario che ha causato, incrinando le certezze commerciali della globalizzazione, il micidiale Covid mette a fuoco un altro punto cardinale dell’agenda ostile: la scelta, dolorosa, tra sicurezza e libertà. Da una parte svetta il modulo-Wuhan raccomandato dall’Oms e prontamente adottato dall’Italia, dall’altra si registra l’insofferenza della Casa Bianca (che, tra le righe, sospetta l’Oms di essere il vero strumento dell’agenda-Covid, interpretata come piano di dominazione, affidato alla nuovissima polizia sanitaria capace di dettare lo stato d’emergenza sostituendosi ai governi). Niente sarà più come prima, ripetono tutti, ripiegando sull’incerta protezione delle mascherine. Una certezza negativa riguarda l’Italia: il nostro paese – crocevia strategico tra Usa e Cina, Mediterraneo e Ue – sta subendo danni incalcolabili, da cui non si sa come potrà risollevarsi, in che tempi e con quali costi sociali. Gli ottimisti invitano a riflettere sulle opportunità che il coprifuoco starebbe offrendo: cioè la riscoperta dell’autenticità dei valori umani. Per la riscoperta dei valori politici, invece, quanto ancora bisognerà attendere? O meglio: quali vettori impiegare, per tradurre sul piano pubblico le migliori istanze individuali?In un regime come l’attuale, sostanzialmente post-democratico e sempre meno libero, la domanda non è oziosa. La drammatica criticità della situazione sociale ripropone in modo automatico la consueta logica, perdente, dello scontro frontale. E’ forse il massimo risultato dell’agenda ostile: coltivare l’odio per il presunto nemico di turno. E’ il modo migliore per cancellare la buona politica, senza che nessuno se ne accorga, se il pubblico è impegnato a tifare solo e sempre “contro”, a fischiare qualcuno, a maledire qualcosa. Tutte battaglie di carta, fuochi di paglia. Cade il nemico apparente, ma ce n’è già pronto un altro. L’avversario vero – non altrettanto visibile – pare si diverta, a far combattere i suoi galletti, senza che nessuno di loro abbia mai la minima possibilità di cambiare veramente qualcosa. Se non teme i leader di cartone (promossi e bocciati a comando) cosa teme, davvero, l’agenda ostile? Il pensiero? La libertà? La capacità di strutturare proposte serie? A questo è servito, l’effimero leaderismo mediatico degli ultimi decenni: a far sparire i programmi, rottamati insieme ai diritti sociali, a partire dalla grande privatizzazione universale degli anni Novanta, affidata in Italia a Romano Prodi, Mario Draghi, Massimo D’Alema. A seguire, vent’anni di stupidaggini assordanti, fino alla demolizione di Berlusconi via gossip a mano armata, con tanto di spread.Una delle qualità che alla Resistenza gli storici riconobbero in modo unanime fu la sua capacità sinergica, trasversale, di unire forze eterogenee: comunisti, socialisti, azionisti, cattolici, liberali, persino monarchici. Le lezione: smettere di ragionare per schemi, in modo etnico, e ridiventare laici, riconoscendo pari dignità a chiunque (qualunque errore possa aver commesso, in passato). Ieri, il patto era basato sull’opposizione patriottica di fronte alla spaventosa calamità dell’occupazione nazista, esito finale di una dittatura che aveva risolto subito, a modo suo, la dicotomia sicurezza-libertà, e senza nemmeno bisogno di mascherine. Nel 1943, sul piano militare, il nemico era pressoché inaffrontabile. Lo si poteva solo infastidire seriamente, in attesa dell’arrivo decisivo degli alleati (che esistono sempre, e hanno sempre bisogno di partigiani intelligenti). Nell’agosto del 1944, Nuto Revelli cominciò la sua battaglia in Valle Stura rimuovendo i suoi cannoni controcarro schierati a Vinadio, in campo aperto: non sarebbero mai riusciti a fermare i panzer. Fucile in spalla, diresse i suoi verso le alture. Seguirono giorni difficilissimi, nei quali però la divisione tedesca rimaste ferma, imbottigliata nel fondovalle a fare da bersaglio.Gli alleati di allora, intanto, stavano finendo di sbarcare in Costa Azzurra. Quelli di oggi dove sono? Meglio: chi sono? Si nascondono dietro al ciuffo di Trump, che ha promesso di impedire il collasso socio-economico dell’Italia, contrastando sia l’Europa “matrigna” che il “partito cinese” che collega Wuhan a personaggi come Bill Gates, attraverso network opachi come l’Oms? Anche fosse, dove sarebbero i “partigiani” italiani? Forse affilano le armi ultraleggere del web, non a caso preso di mira dai nuovi censori? Domina il caos, in ogni caso: alle gravissime reticenze del mainstream, i social rispondono con un festival parossistico in cui si può leggere di tutto, solenni verità e bufale spaziali, grandi quanto quelle dei virologi televisivi. Servirebbe una piattaforma autorevole e plurale, inclusiva, per coordinare idee traducibili e spendibili. Primo passo: costruire finalmente un’agenda autonoma, alternativa a quella ostile, a disposizione della politica (nessuno escluso). Secondo step, appunto: smettere di spararsi addosso a vicenda, mettere da parte il tifo e imporsi un pensiero costruttivo. Volendo, l’occasione è ghiotta: mai, prima d’ora, la governance eurocratica (vera responsabile del declino italiano, ben prima dell’esplosione pandemica) aveva mostrato il suo vero volto.In frangenti come quello presente, forse, l’autentico eroismo consiste nella capacità di cambiare idea, riconoscendo i propri errori. E’ spesso citato ad esempio il caso, più unico che raro, del Sudafrica. Rovesciato l’apartheid, anziché procedere con operazioni di giustizia sommaria, Nelson Mandela preferì offrire agli ex aguzzini bianchi una possibilità di riabilitazione, consentendo anche ai peggiori di chiedere perdono ai familiari delle loro vittime. Tanti anni prima, fu capace di cambiare idea lo stesso Nuto Revelli, ufficiale degli alpini imbevuto di militarismo fascista. Spettacolare, la sua trasformazione – lacerante, dolorosissima – cominciata proprio sul fronte russo, in prima linea. Non difettava di coraggio, Nuto Revelli: fu l’ultimo uomo a chiudere la sterminata colonna in ritirata, nel ‘43. Dietro di lui, c’era solo il Don. E oltre il Don, l’Armata Rossa. Una volta a Udine, attraversato l’inferno bianco dello sfacelo dell’Armir, si spedì a casa i suoi mitra: sentiva che, di lì a poco, gli sarebbero serviti. Dopo aver fatto a pezzi il suo fascismo giovanile, si sarebbe deciso a sparare direttamente ai fascisti. Quanto è difficile, oggi, saper cambiare idea? Quanto è tenace, l’invisibile “psico-dittatura” del neoliberismo? Se a imporsi sarà sempre il consueto tifo contrapposto e televisivo, tra opzioni irrisorie, allora addio: ancora una volta, a vincere sarà l’agenda ostile.(Giorgio Cattaneo, “Prima regola, mai farsi imporre l’agenda del nemico”, dal blog del Movimento Roosevelt del 18 aprile 2020).La prima regola per difendere la propria libertà, probabilmente, sta nel cercare di non farsi imporre l’altrui agenda. Nel libro-capolavoro “La guerra dei poveri” (Einaudi), Nuto Revelli traduce il concetto declinandolo nel contesto storico dell’estrema precarietà della guerra partigiana: mai accettare lo scontro, men che meno in campo aperto. Al rastrellamento non ci si oppone: ci si sottrae, dileguandosi sui monti. Per colpirla, una soverchiante forza di occupazione, non c’è che una strada: tendere agguati, con iniziative inattese e rapidissime, senza lasciare all’avversario il tempo di reagire. La tattica della guerriglia non pretende certo di ottenere la sconfitta militare del nemico; però contribuisce a innervosirlo, destabilizzarlo e infine fiaccarlo. Presuppone una strategia lucidamente pianificata, e il concorso sincronizzato di svariate unità, ben addestrate e distribuite sul territorio. Armi leggere, o leggerissime, contro carri armati e obici: ha senso? La risposta è sì, conferma lo storico Alessandro Barbero: i comandi alleati si complimentarono con il comandante Revelli per essere riuscito a rallentare per 10 lunghissimi giorni l’avanzata, sulle Alpi cuneesi, di una potente divisione corazzata nazista, diretta in Provenza attraverso il Colle della Maddalena per ostacolare gli angloamericani appena sbarcati fra Tolone e Cannes.
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Guerra per la Terra: l’Italia e i poteri oscuri dietro al virus
Lo spettacolare, drammatico collasso dell’Italia farà crollare l’Ue, che è la succursale europea della tirannide finanziaria messa in piedi dal famigerato Deep State, statunitense ma in realtà mondiale. Previsioni di sapore quasi millenaristico, che si rincorrono da anni. A ignorarle (ma non è una notizia) è il mainstream media, che le notizie ha smesso di darle da un bel pezzo, preferendo la dose quotidiana di fake news ufficiali, governative. Due anni fa, quando nacque il precario e innocuo governo gialloverde – quasi una parodia, fatta di populismo parolaio e “sovranista” – il grande potere entrò in agitazione come se a Roma, anziché Di Maio e Salvini, avessero preso il potere Fidel Castro e Nelson Mandela. Volarono streghe: lo spread alle stelle e le pressioni su Mattarella, via Bce e Bankitalia, per silurare l’autorevole Paolo Savona (e per buon peso, anche le minacce mafiose del tedesco Günter Oettinger, «saranno “i mercati” a insegnare agli italiani come votare»). Bruxelles chiuse la porta in faccia ai “rivoluzionari” gialloverdi, che peraltro avevano osato chiedere soltanto spiccioli: bocciata persino la richiesta di un mini-deficit al 2,4%. Tradotto: vi negheremo i fondi per attuare le politiche che avete promesso.Al che, ritirata generale: i 5 Stelle si sfilarono subito da ogni impegno elettorale, e Salvini a sua volta ripiegò sul solo problema-migranti, permettendo così all’opposizione-fantasma (storicamente complice dell’eurocrazia post-democratica) di trasformare il leader della Lega nell’unico, vero problema italiano. Amnesie prodigiose: come se il consenso tributato inizialmente ai grillini, e poi il boom dell’ex Carroccio alle europee, non fossero dovuti all’esasperazione crescente, ma a una curiosa patologia psichiatrica dell’elettorato, curabile dalle Ong e dal Quirinale, da qualche magistrato, dalla professoressa Greta Thunberg e dalle Sardine prodiane. Poi, a cancellare tutto, è arrivato il maledetto coronavirus. Grillo e Di Maio s’erano già riallineati all’establishment, alleandosi con il Pd e votando Ursula von der Leyen alla guida della Disunione Europea a trazione anti-italiana. Ma, sotto la pressione dell’emergenza sanitaria, lo stesso Salvini s’è accodato alla linea “cinese” del massimo rigore: quarantena e coprifuoco per tutti, anche se la strage non accenna a ridursi. La polmonite indotta dal misterioso virus, forse prodotto in laboratorio (sotto gli occhi dell’Oms?), provoca infatti una carneficina, nell’Italia devastata dall’austerity: tagli da 37 miliardi firmati da Monti, drastica carenza di terapia intensiva e 70.000 posti letto in meno.L’ipocrisia nazionale trasforma in “eroi” i medici e gli infermieri – martiri al macello, senza protezioni e sfiniti dalle carenze di personale – mentre i servizi segreti avvisano Palazzo Chigi dell’altro pericolo: la possibili rivolte, innescate dalla rabbia popolare contro un governo che ha chiuso tutti in casa, disastrando l’economia, senza dare garanzie su come sopravvivere a una crisi che si annuncia eterna. Mentre in paesi come la Germania e il Regno Unito è il governo ad accreditare gli indennizzi direttamente sul conto corrente dei “reclusi ai domiciliari”, in Italia – un mese dopo il blocco – non s’è ancora visto un soldo: si lotta per prenotare i primi pietosi 600 euro, combattendo contro il server dell’Inps (andato subito in tilt, nemmeno fosse quello dell’ente previdenziale del Burundi). «Non è possibile che sia un caso, un disastro simile», sospetta l’avvocato Paolo Franceschetti a “Forme d’Onda”: «Proprio in questi giorni abbiamo regalato 50 milioni alla Tunisia». E’ solo l’infernale “lentocrazia” burocratica a inceppare tutto – mascherine, medicinali, fondi salva-vita?Non scherziamo, dicono ormai in molti: siamo di fronte a un piano preciso, che punta esattamente a far esplodere l’Italia (per poi far crollare l’intero sistema neoliberista, cominciando dall’Ue). Sempre su “Forme d’Onda”, lo storico Nicola Bizzi avverte: si stanno verificando, una dopo l’altra, quasi tutte le mosse annunciate – da tre anni – dalla misteriosa sigla Q-Anon, che il mainstream (persino in questi giorni di follia) continua a ridicolizzare, come fosse una semplice barzelletta complottistica. La tesi di Q-Anon: si starebbe dispiegando una controffensiva storica, mondiale, contro il sistema che ci ha portati a questo, cioè a crepare di polmonite (in mancanza di rianimazione), mentre la micidiale eurocrazia nega all’Italia persino gli aiuti alimentari per non impazzire di angoscia, chiusi in casa come topi, «grazie a decreti che lo stesso Conte, fine giurista – secondo Franceschetti – sa benissimo che sono sgangherati e incostituzionali».L’Italia è sprangata: serrande abbassate in ristoranti e negozi, aziende ferme, tribunali chiusi, Parlamento vuoto, governo sbaraccato. Tu chiamalo, se vuoi, colpo di Stato? Di questo si accusa Orban, che però ha avuto almeno il via libera del Parlamento ungherese. Da noi, invece, nessuna legittimazione esplicita. E’ Conte a gestire in solitudine lo stato d’eccezione, i famosi “pieni poteri” che fecero gridare al golpe quando a evocarli fu l’improvvido Salvini. Domanda: chi c’è, dietro a Conte? «Lo stesso network vaticano che gestì Andreotti, allora guidato dal cardinale Achille Silvestrini», sostiene Fausto Carotenuto, allievo di Mino Pecorelli e a lungo analista dell’intelligence. E il Vaticano che fa? Tace, per ora: silenzio assordante. Da che parte sta, il grande potere (finanziario) che Gianluigi Nuzzi chiama Vaticano SpA? Cosa c’e, esattamente, dietro alla solitudine siderale di Papa Francesco? E’ lo stesso Bizzi a parlare del Vaticano, citando il formidabile libro-denuncia “L’altra Europa”, in cui Paolo Rumor (nipote del più volte premier Mariano Rumor) racconta che suo padre, Giacomo, allora plenipotenziario della Santa Sede su incarico di monsignor Montini, futuro Paolo VI, trattò in segreto – mentre ancora infuriava la Seconda Guerra Mondiale – il ridisegno dell’Europa post-nazifascista, con già ben chiaro il progetto dell’attuale, oligarchica Unione Europea.«Realizzeremo il sogno di Comenio», si dicevano i grandi architetti occulti del futuro, sapendo in anticipo che fine avrebbero fatto Hitler e Mussolini. «Comenio visse nel Cinquecento», fa notare Franceschetti: «E’ evidente che una costruzione come l’Ue non si improvvisa in pochi decenni, viene da lontanissimo. Rumor, citando le carte le padre, parla di un’unica reggenza addirittura dinastica, chiamata “La Struttura”, che gestirebbe il mondo in modo ininterrotto, da migliaia di anni». Per questo, conclude Franceschetti, è altamente improbabile che una soluzione alla crisi attuale – resa esplosiva dalla pandemia – venga risolta dalla politica “visibile”. Logico dedurre che lo spettacolo a cui stiamo assistendo (inclusa la crocifissione dell’Italia, senza nessuna anestesia europea) sia il frutto di una colossale operazione planetaria di manipolazione. Una chiave interpretativa la fornisce, a “Border Nights”, un osservatore eretico come Alessandro Sieni, disposto a credere alla narrazione di Q-Anon: ipotetici militari “lealisti” del Pentagono, pretoriani di Trump «impegnati a “bonificare” il pianeta dalla vera infezione mortale, il dominio criminale dell’élite finanziaria, col suo corredo di depravazione: in pochi hanno capito la portata del decreto presidenziale straordinario con cui la Casa Bianca ha trasformato la pedofilia in un problema di “sicurezza nazionale”, un pretesto che a Trump conferisce poteri straordinari».Secondo Sieni, in questi tre anni una parte dell’intelligence militare avrebbe messo insieme non meno di 28.000 dossier. Obiettivo: disarticolare la “piovra” che, da quarant’anni, si è impadronita del mondo. Alleati strategici: paesi come la Russia di Putin, che in Italia (contro il Covid-19) ha inviato aiuti imbarcati su 14 aerei – numero che fa pensare al 14 Luglio francese, la rivoluzione. Fantasie? Non per Sieni: aprite gli occhi, è il suo invito. La spiegazione: «E’ stato il nemico a scatenare il virus, e la rete di Q-Anon ne ha approfittato per ribaltare la situazione». In altre parole: volete la guerra? Bene: useremo contro di voi proprio quei poteri speciali che ora ci costringete ad adottare, e così trasformeremo lo sconquasso mondiale della “vostra” pandemia in un’occasione storica per sbarazzarci di voi parassiti, ridefinendo le regole della politica, dell’economia e della finanza. «Lo stress inflitto all’Italia farà saltare questa Europa, ora che gli italiani vedono finalmente di cosa è capace», aggiunge Sieni. «Ma il primo obiettivo sono i grandi media, principale braccio operativo del potere criminale che tuttora ci domina. E la strategia di Q-Anon è chiara: dissimulare, confondere, non far capire chi sta con chi, né quale sarà la prossima mossa». Facile, da noi: per un anno e mezzo, alle televisioni è bastato fare a pezzi Salvini, a reti unificate, mentre ora è l’Unione Europea a fare a pezzi l’Italia, in mondovisione.Comunque, se così fosse, a vincere non sarebbero “i buoni”, avverte Bizzi: domani, finita la tempesta, potremmo trovarci a fare i conti con “i meno peggio”. Come Mario Draghi, per esempio, che ha clamorosamente disertato dalle fila del grande potere neoliberista: rinnegando la sua stessa storia, oggi si è schierato dalla parte dei keynesiani, intenzionati a distruggere il monopolio privatistico della moneta, causa di ogni male. Lo dimostra la nuda verità del virus: in quanti sarebbero davvero morti di polmonite, se per ogni paziente fosse stato disponibile un letto in terapia intensiva? Di male in peggio: «C’è chi sogna di trasformare l’emergenza sanitaria in una condizione permanente: questa nuova aberrante normalità, mostruosa come il dispotismo di Pechino, relegherebbe la nostra vita in un limbo senza più libertà». E’ la tesi di Gioele Magaldi, che nel bestseller “Massoni” ha svelato le trame della supermassoneria reazionaria, che nel 1975 – attraverso la Trilaterale – avviò la compressione progressiva dei diritti. In Europa siamo arrivati alla post-democrazia dell’Ue. E ora il terrorismo di massa innescato dal coronavirus punta a fare della Cina un modello per l’Occidente: il paradiso degli oligarchi.E’ contro questo incubo distopico, drammaticamente reale nelle sue premesse che si vanno dispiegando, che si è mossa – al contrattacco – quella che Bizzi chiama «la fazione ostile alla Cabala del coronavirus, la “mafia khazariana” che vorrebbe un nuovo ordine mondiale definitivo, targato Rothschild». Magaldi preferisce parlare di superlogge, e avverte: «Ha rotto il silenzio politico persino Bob Dylan, col suo messaggio in codice del 27 marzo. La canzone “Murder Most Foul” parla di Kennedy, evocato contestualmente all’emergenza coronavirus». Come dire: dietro al dramma sanitario c’è la peggior politica. Magaldi, che milita nella supermassoneria progressista, fa una rivelazione clamorosa: «E’ giunto il momento di dare ufficialmente la notizia: anche Bob Dylan è un massone progressista, e non è per nulla casuale la sua scelta di parlare, oggi, dell’omicidio di John Kennedy, proprio mentre Mario Draghi, sul “Financial Times”, annunciava la necessità di cambiare le regole del mondo, gettando a mare 40 anni di “dittatura” finanziaria neoliberista». Aggiunge Magaldi: «Nulla, in questi giorni, avviene per caso». Parole consonanti con quelle che lo stesso Dylan ha scritto sul sito Internet: tenete gli occhi aperti, e mettetevi al riparo. E’ davvero in corso una specie di “guerra dei mondi”, per il controllo della Terra?Si fa un gran parlare di alieni, da quando – mesi fa – la Us Navy ha sdoganato ufficialmente gli Ufo. A “Border Nights”, Tom Bosco riferisce di voci che parlano di strane apparizioni, nei cieli: sciami di luci, bagliori. «Qualche anno fa – ricorda Franceschetti – la Russia ha cambiato improvvisamente la dicitura che compare sui suoi velivoli militari: non più “forze aeree”, ma “forze aerospaziali russe”». L’altro ieri, in modo altrettanto strano, Trump ha varato la sua “Space Force”. «La sua funzione – profetizza Sieni – emergerà col tempo: oggi, nessuno accetterebbe la spiegazione». L’ipotesi: quello che avviene sulla Terra è il riflesso di uno scontro extraterrestre? Il biblista Mauro Biglino non deride certo le tesi della paleostranutica. E ricorda: «Autori antichi, tra cui Giuseppe Flavio e lo stesso Tacito, hanno parlato di battaglie tra “carri celesti” nei nostri cieli, da Gerusalemme all’Umbria». Cos’erano, Ufo dell’antichità? Nel 1200, il fenicio Sanchuniathon – accreditato da Eusebio di Cesarea, Padre della Chiesa, tramite Filone di Biblo – scrive che gli dei dell’epoca non erano affatto incorporei, ma presenti tra noi in carne e ossa: sono state poi le religioni a velarne l’identità, spiritualizzandoli, dopo la loro scomparsa. Domanda: abbiamo quindi scambiato per divinità quelli che erano antichi astronauti, giunti sul nostro pianeta per impiantare un potere terrestre? Dunque sarebbero ancora loro, a svolazzare sulle nostre teste?Monsignor Loris Capovilla, cameriere segreto di Giovanni XXIII, raccontò che lui e Roncalli si imbatterono in un disco volante, atterrato nel parco di Castel Gandolfo nell’estate del 1961. Dall’astronave sbarcò un individuo in tutto simile a noi, che si appartò col pontefice. Dopo l’addio e il decollo del velivolo, il Papa andò incontro a Capovilla, rimasto in disparte, terrorizzato. «Il Papa era commosso. Mi disse solo questo: i fratelli dello spazio sono dappertutto». Sempre ai cieli guardano gli studiosi di astrologia – quelli che esaminano i cicli celesti, non gli autori degli oroscopi televisivi. «L’attuale configurazione planetaria – dice Bizzi – coincide, in modo sconcertante, con quella che si configurò durante la peste di Firenze all’epoca di Dante e poi durante la peste manzoniana di Milano, nel ‘600». Lo stesso Magaldi, a “Border Nights”, avverte: «Nel 2024, Plutone entrerà in Acquario e ci resterà per vent’anni: esattamente come per lo straordinario periodo che, nel Settecento, si aprì con la Rivoluzione Francese e si concluse con la Rivoluzione Americana». Due eventi da niente, che hanno plasmato il mondo in cui viviamo oggi.Fake news spaziali? Impossibile che ne parlino i Mentana, le Gruber e tutto il mainstream che sguazza tra le bufale terrene, ipnotizzando l’audience con pseudo-notizie e polemichette irrilevanti, parrocchiali, fino all’impudenza lunare dei Fazio, dei Floris, che ancora danno la parola agli zombie di ieri, i Bersani e i Cottarelli, le Fornero, le Marie Antoniette rinchiuse nei loro palazzi. Salvo il fatto che, “grazie” al virus, non stia per collassare anche il sistema delle news: su La7, è l’europeista Cacciari a prendere atto che, ormai, questa Unione Europea è indifendibile. E se lo dice persino Cacciari, figurarsi. Mancano le parole – le sintassi – ogni volta che il mondo precipita in una crisi sistemica. Crollano le narrazioni, di fronte all’enormità inesorabile che sta inghiottendo gli italiani. Toccherà a loro, dunque, il battesimo del fuoco? Sarà l’Italia, cioè, la trincea politica destinata a fare da detonatore, smascherando l’impostura finanziaria dell’Ue, a sua volta specchio (spietato) del sistema “usuraio” che ha sventrato la Terra negli ultimi decenni? La vita umana al servizio della tecno-finanza: salterà tutto, davvero, per via dello choc devastante provocato da uno strano virus dotato di “corona”? Ancora non si sa da dove venga, ma forse avrà il sadico potere di svegliare milioni di dormienti. Scopriremo, un giorno non lontano, che nella primavera del 2020 si svolse dietro le quinte una battaglia inimmaginabile, destinata a rivoluzionare la Terra?Lo spettacolare, drammatico collasso dell’Italia farà crollare l’Ue, che è la succursale europea della tirannide finanziaria messa in piedi dal famigerato Deep State, statunitense ma in realtà mondiale. Previsioni di sapore quasi millenaristico, che si rincorrono da anni. A ignorarle (ma non è una notizia) è il mainstream media, che le notizie ha smesso di darle da un bel pezzo, preferendo la dose quotidiana di fake news ufficiali, governative. Due anni fa, quando nacque il precario e innocuo governo gialloverde – quasi una parodia, fatta di populismo parolaio e “sovranista” – il grande potere entrò in agitazione come se a Roma, anziché Di Maio e Salvini, avessero preso il potere Fidel Castro e Nelson Mandela. Volarono streghe: lo spread alle stelle e le pressioni su Mattarella, via Bce e Bankitalia, per silurare l’autorevole Paolo Savona (aggiungendo, per buon peso, anche le minacce mafiose del tedesco Günter Oettinger, «saranno “i mercati” a insegnare agli italiani come votare»). Bruxelles chiuse la porta in faccia ai “rivoluzionari” gialloverdi, che peraltro avevano osato chiedere soltanto spiccioli: bocciata persino la richiesta di un mini-deficit al 2,4%. Tradotto: vi negheremo i fondi per attuare le politiche che avete appena promesso.
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Click Day, lotteria anziché indennizzi. Ma in che mani siamo?
Io non ci voglio credere. Non bastava la “lotteria degli scontrini di fine anno in tempo di pace”… adesso il Click Day! Il Click Day!!!! Siccome non bastava la spudoratezza dell’insulto di aver stanziato quella elemosina di Stato di 600 euro una tantum, per tutte quelle partita Iva che (come il sottoscritto) si sono trovate dalla mattina alla sera senza l’azienda che avevano creato con fatica e sudore in anni di sacrifici, e siccome non bastava escludere tutti quei professionisti con cassa previdenziale separata, che sempre senza reddito sono rimasti, perché comunque i soldi stanziati bastano solo per pochissimi quale idea geniale hanno avuto?? Il Click Day!!!! Una sorta di concorsone, tipo quelli delle radio, dove in una mattina prestabilita (non si sa quando) i primi fortunati che riusciranno a cliccare per primi riceveranno l’elemosina, i rimanenti neanche quella! Ma in che razza di mani siamo finiti?Ma solo per sapere se siete “tarati” di vostro e limitati mentalmente, o proprio volete una rivolta armata per le strade in una situazione già gravissima come questa? Ma si può sapere che caspita ha nel cervello questa banda di idioti e incompetenti? Presidente Mattarella, come ultimo garante della Costituzione, è urgente e necessario un suo intervento ORA ora. Confido nel suo buon senso, come presidente di tutto il popolo italiano, perché se non interviene lei IMMEDIATAMENTE immediatamente, presto interverrà la disperazione e la rabbia che tutte queste assurdità stanno provocando nella maggioranza della popolazione. Il popolo italiano si sta dimostrando all’altezza, ci avete chiesto di stare a casa ci avete detto che tutto andrà bene; noi il nostro compito e i nostri sacrifici li stiamo facendo e li abbiamo sempre fatti, ma ADESSO BASTA adesso basta!!!!!!Ps: il primo che dopo questa ulteriore assurdità, senza capire la gravità della situazione, si azzarda a scrivere “son tutti bravi con il senno di poi” o “non si può fare sciacallaggio in questo momento” senza rendersi conto che lo sciacallaggio lo stanno facendo sulla nostra pelle, o che mi inizia a nominare Salvini o la Lega che NON HANNO NULLA A CHE FARE CON QUELLO CHE STO DICENDO non hanno nulla a che fare con quello che sto dicendo, verrà immediatamente bannato senza passare nemmeno dal richiamo perché A TUTTO C’È UN LIMITE a tutto c’è un limite e qui è stato superato anche quello minimo della decenza e della dignità umana!!!!!(Marco Ludovico, intervento sulla pagina Facebook del Movimento Roosesevelt del 19 marzp 2020 riguardo all’ipotesi del Click Day, ventilata dal governo Conte attraverso il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico).Io non ci voglio credere. Non bastava la “lotteria degli scontrini di fine anno in tempo di pace”… adesso il Click Day! Il Click Day!!!! Siccome non bastava la spudoratezza dell’insulto di aver stanziato quella elemosina di Stato di 600 euro una tantum, per tutte quelle partite Iva che (come il sottoscritto) si sono trovate dalla mattina alla sera senza l’azienda che avevano creato con fatica e sudore in anni di sacrifici, e siccome non bastava escludere tutti quei professionisti con cassa previdenziale separata, che sempre senza reddito sono rimasti, perché comunque i soldi stanziati bastano solo per pochissimi quale idea geniale hanno avuto?? Il Click Day!!!! Una sorta di concorsone, tipo quelli delle radio, dove in una mattina prestabilita (non si sa quando) i primi fortunati che riusciranno a cliccare per primi riceveranno l’elemosina, i rimanenti neanche quella! Ma in che razza di mani siamo finiti?
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Carpeoro: se fossi Mattarella. Più Stato, Italia da ribaltare
Se alla presidenza della Repubblica, oltre che una persona per bene, ci fosse anche uno statista, si preoccuperebbe di fare un’inversione di rotta, una specie di rivoluzione copernicana, per la quale l’Italia dovrebbe cominciare a pensare al proprio futuro in termini diversi. L’Italia dovrebbe darsi il coraggio di affermare delle priorità diverse dalle attuali, e in base alle quali richiedere con fermezza ciò che le è necessario. L’Italia non riceverà le risorse che dovrebbe ricevere dai meccanismi finanziari del progetto generale europeo, e invece queste risorse le servono disperatamente. L’Italia ha il suo Welfare State gravemente pregiudicato dal fatto che l’Inps è in stato pre-fallimentare. L’Italia non ha fatto nessun investimento produttivo, negli ultimi anni: ha i cantieri fermi, le grandi opere, i trasporti, le infrastrutture ferme. Tutto è vecchio, desueto, e niente è in grado di produrre innovazione. Ci vorrebbe un cambiamento di paradigma molto forte, con dei segnali che inevitabilmente ci metterebbero in conflitto con le burocrazie europee: ma nella vita i conflitti bisogna affrontarli, sia pure in modo incruento. L’Italia deve capovolgere una serie di cose: deve capovolgere parzialmente la logica delle privatizzazioni riducendole al minimo, deve rifare subito il ministero delle partecipazioni statali, deve ripristinare l’Iri (e possibilmente non farla presiedere mai più a Prodi).
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Un manuale di democrazia, contro l’odio politico quotidiano
Il Mes? Una tenzone tra «servi di Berlino» e «agenti di Putin». I migranti? Tutti da accogliere o tutti da rispedire in Libia. L’Ilva? Futuro parco giochi o eterna distilleria di veleni… Ma quanto sappiamo davvero del meccanismo europeo di stabilità? Chi conosce il tasso di criminalità e l’apporto alla previdenza sociale determinati dalla presenza degli stranieri in Italia? Qual è il livello di produzione e di occupazione entro il quale la grande acciaieria di Taranto è sostenibile? Bisognerebbe parlarne, magari senza strillare, in modo da ascoltare (anche) le ragioni degli altri: perché non è detto siano peggiori delle nostre. Lo scrive Goffredo Buccini sul “Corriere della Sera”, secondo cui – in questi tempi di reciproche scomuniche – sul comodino di ogni politico dovrebbe stare un libro, “Good economics for hard times” (buona economia per tempi duri, in uscita da Laterza). Una specie di “manuale di democrazia”, scritto dai coniugi Esther Duflo e Abhijit Banerjee, lei francese e lui indiano, entrambi docenti al Mit di Boston (e incidentalmente anche Premi Nobel per l’Economia). Il libro, avverte Buccini, affronta la decadenza della nostra vita pubblica. Meglio: l’eclissi di quell’elemento che di ogni democrazia è il sale, e cioè il dialogo.Il discorso pubblico, scrivono i due professori, è «sempre più polarizzato», tra sinistra e destra è sempre più «un match di insulti» con «pochissimo spazio per una marcia indietro». Non vi sembra di vedere scene da talk show nostrano? Non ritrovate la trincea dei famosi valori non negoziabili? «Se in Italia ci si picchia a Montecitorio sotto gli occhi delle scolaresche in visita – continua Buccini – in America il 61% dei democratici vede i repubblicani come razzisti, sessisti o bigotti e il 54% dei repubblicani chiama i democratici “maligni”. Un terzo degli americani sarebbe deluso se un membro stretto della famiglia sposasse un sostenitore dell’altro partito». Ciò che ci interessa, delle grandi questioni, è riaffermare «specifici valori personali» («Io sono a favore dell’immigrazione perché sono generoso», «Io sono contro l’immigrazione perché i migranti minacciano la nostra identità»). E per supporto, continua Buccini, ricorriamo a numeri fasulli e letture semplicistiche dei fatti. «La sinistra “illuminata” parla in termini “millenaristici” dell’ascesa mondiale della nuova destra, la quale ricambia i pregiudizi».I punti di vista sono «tribalizzati», non solo sulla politica ma anche sui problemi sociali: tutte questioni, annota Buccini, che richiederebbero qualcosa più di un tweet. Scrivono Duflo e Banerjee: «La democrazia può vivere con il dissenso finché c’è rispetto da entrambe le parti». Infatti, scrive il giornalista del “Corriere”, il virus discende aggressivo dai politici ai loro supporter. «Lo scrittore Gery Palazzotto ha di recente tracciato per “Il Foglio” una fenomenologia dell’hater nostrano, l’odiatore da social, riportando i verbali di interrogatorio di una nonna (nonna!) di 68 anni, appartenente alla pattuglia che vomitò oscenità web contro Sergio Mattarella quando il capo dello Stato, nel maggio 2018, fermò la nomina del professor Savona a ministro dell’economia». Se non ci fosse questa «forsennata tammurriata collettiva», scrive Buccini, «sarebbe assai improbabile che un dentista bergamasco (Roberto Calderoli) desse dell’orango a una dottoressa di origine congolese (Cécile Kyenge)». L’eccesso di intemperanza dei politici «ha un effetto esponenziale, produce legioni di odiatori che, specie in un paese segnato dall’analfabetismo funzionale quale è il nostro, odiano senza sapere bene perché».La risposta, dicono Duflo e Abhijit Banerjee nel loro libro, sta nello spacchettare il fenomeno, «scoprendo così che dentro, quasi sempre, non c’è nulla». Da scienziati sociali, i due Nobel avvertono: meglio che ciascuna parte capisca, prima di tutto, ciò che l’altra parte sta dicendo, e quindi «arrivi a qualche ragionato disaccordo, se non al consenso». Un’ottica, per tornare ai nostri casi, in cui – secondo Buccini – potrebbe stonare, una chiusura irridente alla pur inattesa proposta di dialogo di Matteo Salvini su un tavolo di “salvezza nazionale” per regole condivise. Quella del leghista «sarà anche tattica, per sfuggire a un certo isolamento». Per giunta «suonerà persino bizzarra, venendo da chi ieri si appellava alla Madonna di Medjugorje contro il premier Conte, e ancora oggi tiene due profeti dell’Italexit a capo delle commissioni economiche del Parlamento». Eppure, conclude Buccini, «sedersi a quel tavolo non sarebbe inutile», per esempio «se servisse solo a svelenire il clima, mostrando innanzitutto agli odiatori di ciascuna fazione che esiste una strada diversa».Il Mes? Una tenzone tra «servi di Berlino» e «agenti di Putin». I migranti? Tutti da accogliere o tutti da rispedire in Libia. L’Ilva? Futuro parco giochi o eterna distilleria di veleni… Ma quanto sappiamo davvero del meccanismo europeo di stabilità? Chi conosce il tasso di criminalità e l’apporto alla previdenza sociale determinati dalla presenza degli stranieri in Italia? Qual è il livello di produzione e di occupazione entro il quale la grande acciaieria di Taranto è sostenibile? Bisognerebbe parlarne, magari senza strillare, in modo da ascoltare (anche) le ragioni degli altri: perché non è detto siano peggiori delle nostre. Lo scrive Goffredo Buccini sul “Corriere della Sera“, secondo cui – in questi tempi di reciproche scomuniche – sul comodino di ogni politico dovrebbe stare un libro, “Good economics for hard times” (buona economia per tempi duri, in uscita da Laterza). Una specie di “manuale di democrazia”, scritto dai coniugi Esther Duflo e Abhijit Banerjee, lei francese e lui indiano, entrambi docenti al Mit di Boston (e incidentalmente anche Premi Nobel per l’Economia). Il libro, avverte Buccini, affronta la decadenza della nostra vita pubblica. Meglio: l’eclissi di quell’elemento che di ogni democrazia è il sale, e cioè il dialogo.
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Grillo-horror: via il voto agli anziani. Anche a Mattarella?
Tagliare, escludere, eliminare. In una parola: togliere. Password: “meno”. A Beppe Grillo, le parole “diritti” e “voto” procurano l’orticaria? Se si aggiunge il terzo vacabolo, “anziani”, si ottiene questo titolo: “Se togliessimo il diritto di voto agli anziani?”. Levàteje er fiasco, si potrebbe commentare, bonariamente, in romanesco. Film consigliato: “La ballata di Narayama”, di Shōhei Imamura, Palma d’Oro a Cannes nell’83. Trama: in un villaggio, al settantesimo compleanno gli anziani vengono esiliati su una montagna, dove attenderanno la morte. Si può concepire qualcosa di più mostruoso? Forse sì: nei ghetti della Polonia, per esempio, gli ebrei non vivevano giorni allegri, in attesa della deportazione che li avrebbe trasformati in cenere. Prendersela con gli anziani nel 2019 in un paese come l’Italia, poi, aggiunge alla demenzialità una vena di perfidia vagamente totalitaria. E’ una minaccia disgustosa, ma sembra anche una vendetta: contro le generazioni che hanno fatto dell’Italia la quarta potenza industriale del pianeta, pur in un paese insidiato da mali endemici come l’evasione fiscale da record, l’elevato tasso di corruzione politica e la pervasività delle mafie. Per buon peso, l’Italia appena uscita dal boom del dopoguerra dovette vedersela anche col terrorismo. Ma tenne duro ugualmente, grazie a quei cittadini – ora anziani – che il signor Giuseppe Piero Grillo propone di privare del diritto di voto.«Ci sono semplicemente troppi elettori anziani e il loro numero sta crescendo. Il voto non dovrebbe essere un privilegio perpetuo, ma una partecipazione al continuo destino della comunità politica, sia nei suoi benefici che nei suoi rischi». A di là della citazione cosmetica (Douglas J. Stewart) queste parole sarebbero state perfette per un tipetto come Joseph Goebbels: a chi altri poteva venire in mente l’espressione “troppi elettori”, per giunta “anziani”? Una proposta, scrive Grillo, «già ampiamente discussa dal filosofo ed economista belga Philippe Van Parijs», pensatore contemporaneo «tra i più grandi sostenitori del reddito universale» (che infatti trovò abusiva l’espressione “reddito di cittadinanza” coniata dai grillini per mascherare la ridicola elemosina elargita col contagocce da Luigi Di Maio). Il voto sarebbe un “privilegio perpetuo”? E certo: che belli, i tempi in cui il voto non esisteva proprio, e il Re poteva tagliare la testa a chi voleva, senza nemmeno un processo. Ma non era diventato un diritto, nel mondo contemporaneo, il suffragio universale? Non è stato introdotto, come conquista storica, da quel pezzo di carta chiamato Costituzione? Perché allora qualcuno pensa che sia così affascinante, tornare di colpo all’età della pietra? Fiato sprecato, se questo qualcuno è il privato cittadino che, occasionalmente, emana diktat cui deve allinearsi il partito-gregge più rappresentato nell’attuale Parlamento italiano.Il signor Grillo – non eletto, mai votato da nessuno eppure padrone feudale del marchio 5 Stelle – è la stessa persona che esortava gli ignari valsusini, con parole incendiarie, a lottare contro il Tav Torino-Lione (demonizzato come un Moloch del terzo millennio), salvo poi liquidarli, alla stregua di un branco di ottusi montanari, non appena gli fu chiaro che la recita era durata abbastanza, dato che era tempo di cambiare aria, spartito e compagnia di giro. Stessa storia in Puglia (Ilva, Tap) e in Sicilia (Muos di Niscemi). Armiamoci e partite, ma per finta: le trivelle in Adriatico, gli F-35. E vogliamo parlare di obbligo vaccinale? Milioni di voti, nel 2018, mietuti anche con la promessa free-vax della libertà di scelta. Meno di un anno dopo, la firma (con l’amico Renzi) dell’aberrante “Patto per la Scienza” scarabocchiato dal propagandista pro-vax Claudio Burioni. Dulcis in fundo, il taglio dei parlamentari: irrilevante sul piano finanziario ma gravido di minaccia sotto l’aspetto politico, contro la libertà di deputati e senatori. “Troppi”, anche loro, come gli anziani: gli uni da trasformare definitivamente in marionette abilitate solo a pigiare tasti secondo ordini prestabiliti, gli altri da esiliare – alla loro veneranda età – tra il ciarpame umano, ormai inutile. Per dire: il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha compiuto 78 anni lo scorso 23 luglio. Che facciamo, togliamo il diritto di voto anche a lui?Il presidente più amato dagli italiani, Sandro Pertini, aveva quasi novant’anni alla scandenza del mandato. E di anni ne aveva 80 Stefano Rodotà, quando i grillini volevano che diventasse presidente dopo Napolitano, altro “giovanotto” della Repubblica (classe 1925). E che dire dei vegliardi richiamati in servizio honoris causa, come senatori a vita? Nomi da niente: Toscanini e Sturzo, Ferruccio Parri, Meuccio Ruini, Pietro Nenni. E poi Eugenio Montale, Eduardo De Filippo. E Norberto Bobbio, Rita Levi Montalcini, Renzo Piano, Carlo Rubbia. Vecchie ciabatte, da gettare nel cassonetto? Ma sarebbe un errore opporre il lume della ragione al delirio, sempre piuttosto sinistro e tendenzioso, del signor Beppe: «L’idea», la chiama. Grande idea, non c’è che dire. «Nasce dal presupposto che una volta raggiunta una certa età, i cittadini saranno meno preoccupati del futuro sociale, politico ed economico, rispetto alle generazioni più giovani». Ma saranno fatti loro, no? Macché: «I loro voti – scrive il blogger più pericoloso d’Italia – dovrebbero essere eliminati del tutto, per garantire che il futuro sia modellato da coloro che hanno un reale interesse nel vedere realizzato il proprio disegno sociale». Attenzione: gli anziani, quei ribaldi, «saranno molto meno propensi a sopportare le conseguenze a lungo termine delle decisioni politiche». Quindi imbracceranno le armi e daranno l’assalto al Palazzo d’Inverno, creando il Soviet dei Novantenni per abbattere la democrazia?Argomenta il feldmaresciallo Grillo: «Se un 15enne non può prendere una decisione per il proprio futuro, perchè può farlo chi questo futuro non lo vedrà?». Magistrale coerenza: anziché abilitare il 15enne, meglio disabilitare anche il nonno. Oltretutto, costa meno: è la filosofia-canaglia dell’élite che ha promosso l’austerity altrui. Un piano – ora se ne sono accorti tutti – a cui il Movimento 5 Stelle ha fatto da stampella, traghettando verso l’area del vecchio potere i voti in libera uscita, ingannati dallo slogan “uno vale uno” prima di scoprire che, nella caserma pentastellata, “uno vale zero”. E non è finita: varrà meno di zero il singolo parlamentare: sfoltita la scolaresca, ci sarà posto solo per i fedelissimi delle segreterie. Se poi venisse imposto anche il vincolo di mandato, cadrebbe anche l’ultimo frammento di dignità parlamentare. Tanto varrebbe chiuderlo del tutto, il Parlamento, privatizzando anche il voto, magari con il ricorso a tragiche barzellette come la piattaforma Rousseau. A 71 anni suonati, lo stesso Grillo non cessa di disorientare sapientemente i seguaci con le sue supercazzole, tanto per sembrare brillante, magari stravagante ma libero, senza burattinai alle sue spalle. Sicuri? Ha smontato il governo gialloverde restituendo i voti degli incauti elettori agli antichi dominatori, i privatizzatori del Britannia, che non hanno mai perdonato al nostro paese la sua irriducibile capacità economica.Per pura combinazione, infatti, l’armata Brancaleone ora insediata a Palazzo Chigi s’è messa ad agitare, con la bava alla bocca, i vessilli dell’ultima crociata nazionale: quella contro gli scontrini della porta accanto. Guerra al bieco evasore: il barista, l’idraulico, l’elettricista. Perfidi untori, subdoli affossatori del Belpaese. Dal palco, già risuona il tinninnio delle manette evocate dal giulivo Travaglio, giornalista incapace – in tutti questi anni – di formulare una sola parola di analisi sull’euro-crisi italiana. Tutto questo, mentre il governicchio di “Giuseppi” s’inchina ai signori di Bruxelles che tollerano i paradisi fiscali dell’Unione Europea (Olanda, Lussemburgo) che drenano miliardi all’Italia, ogni anno, con il loro scandaloso dumping. Ma discutere con l’Ue non è roba per l’asceta Grillo: è vero, ai tempi belli si divertiva a straparlare di referendum sull’euro, ma poi ha tentato di traslocare il gruppo europarlamentare direttamente tra i banchi di Mario Monti. Il Beppe ormai preferisce bersagli più alla buona: quei gaglioffi dei parlamentari italiani, quel mascalzone del gelataio che non emette sempre lo scontrino. E ora pure i nonni, finiti nella “bad list” del teologo ligure.Del resto, perché mai aver cura dei pensionati, quando c’è in ballo il futuro dei giovani? Meglio ancora: c’è da pensare addirittura ai nascituri. «Le generazioni non nate – aggiunge infatti il messia genovese – sono, sfortunatamente, incapaci di influenzare le decisioni che prendiamo qui ed ora. Tuttavia, possiamo migliorare il loro destino spostando il potere decisionale verso chi tra noi dovrà interagire con loro». E pazienza se i pensionati, maltrattati dall’Inps e pieni di acciacchi, costretti a trascinarsi tra corsie ospedaliere in attesa di referti clinici che non arrivano mai, ora dovranno anche imparare a usare le carte di credito pure per le medicine, rinunciando a quell’orribile robaccia del contante. Fino a sei mesi fa, si parlava di moneta parallela per ovviare alla scarsità artificiosa di liquidità imposta dalla Bce. Ora siamo all’eliminazione delle banconote: sottrarre, ridurre. Sempre meno, questa è la legge. E già che ci siamo, perché non togliere agli anziani anche il diritto di voto? L’unica buona notizia, probabilmente, è che “le generazioni non nate” non avranno la fortuna di ascoltare, in diretta, le memorabili esternazioni del signor Grillo, il profeta beffardo ma in realtà servizievole, amico del potere che sta preparando, anche per loro, un mondo meraviglioso in cui i vecchi saranno gentilmente invitati a sbrigarsi a crepare. E possibilmente senza disturbare: magari spediti in esilio su una montagna giapponese, come nel film di Imamura.(Giorgio Cattaneo, “Grillo-horror: via il voto agli anziani. Anche a Mattarella?”, dal blog del Movimento Roosevelt del 19 ottobre 2019).Tagliare, escludere, eliminare. In una parola: togliere. Password: “meno”. A Beppe Grillo, le parole “diritti” e “voto” procurano l’orticaria? Se si aggiunge il terzo vacabolo, “anziani”, si ottiene questo titolo: “Se togliessimo il diritto di voto agli anziani?”. Levàteje er fiasco, si potrebbe commentare, bonariamente, in romanesco. Film consigliato: “La ballata di Narayama”, di Shōhei Imamura, Palma d’Oro a Cannes nell’83. Trama: in un villaggio, al settantesimo compleanno gli anziani vengono esiliati su una montagna, dove attenderanno la morte. Si può concepire qualcosa di più mostruoso? Forse sì: nei ghetti della Polonia, per esempio, gli ebrei non vivevano giorni allegri, in attesa della deportazione che li avrebbe trasformati in cenere. Prendersela con gli anziani nel 2019 in un paese come l’Italia, poi, aggiunge alla demenzialità una vena di perfidia vagamente totalitaria. E’ una minaccia disgustosa, ma sembra anche una vendetta: contro le generazioni che hanno fatto dell’Italia la quarta potenza industriale del pianeta, pur in un paese insidiato da mali endemici come l’evasione fiscale da record, l’elevato tasso di corruzione politica e la pervasività delle mafie. Per buon peso, l’Italia appena uscita dal boom del dopoguerra dovette vedersela anche col terrorismo. Ma tenne duro ugualmente, grazie a quei cittadini – ora anziani – che il signor Giuseppe Piero Grillo propone di privare del diritto di voto.
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Sapelli: siamo spacciati, a Roma nasce il governo Macron
Un governo fragile destinato a durare 6 mesi? Macché. Il Conte-bis durerà fino all’elezione del prossimo presidente della Repubblica. «E Mattarella potrebbe fare il bis», dice il professor Giulio Sapelli, storico dell’economia, intervistato da Federico Ferraù per il “Sussidiario”. Occorre andare in Africa per capire l’orrendo inciucio tra 5 Stelle e Pd, che in realtà è un governo Macron, sostiene Sapelli: nel continente nero la Francia vuole “prendersi tutto” e può contare sull’aiuto (retribuito) delle nostre “compagnie di ventura”, che stavolta permetteranno a Parigi di “finire il lavoro”. «Di fatto, comincia – anzi, riprende – la svendita dell’Italia al capitalismo franco-tedesco», proprio alla vigilia del rinnovo dei vertici delle partecipate italiane, dall’Inps all’Enel, da Leonardo all’Eni. «Il nuovo governo si va formando a tempo di record proprio per questo» afferma Sapelli, che racconta: «Pochi giorni fa ho avuto occasione di vedere il Pireo. È pieno di cinesi coperti d’oro. I greci fanno ormai solo i camerieri, gli autisti e i suonatori. Huawei è dappertutto». Il nostro destino è questo? «Sì, il nostro destino è quello che Einaudi aveva indicato all’inizio del 900: la divisione ricardiana del lavoro affida all’Italia l’agricoltura e il turismo. Oggi ci resterà solo quest’ultimo».L’accenno al “ricardismo” richiama “l’economia del granturco” teorizzata dall’inglese David Ricardo e ripresa oggi – in modo paradossale – dall’economia “neoclassica” che ci domina, attraverso l’oligarchia Ue. Tesi: per poter investire, devi prima risparmiare. Era vero nell’800, oggi fa ridere (da quando c’è la moneta “fiat”, illimitata e a costo zero). Ma è il punto cardinale dell’austerity artificiale imposta da Bruxelles, cui ora l’Italia “giallorossa” sembra pronta a piegarsi in modo sconcertante. Dal canto suo, Sapelli è esplicito: «In Italia si insedia il governo Macron. Del resto lo ha annunciato trionfalmente “Repubblica” nel bel mezzo della crisi di governo, il 21 agosto, con una prima pagina memorabile perché scandalosa: “Con l’estrema destra non funziona mai”. Chiediamoci se una cosa del genere può succedere su “Le Monde”». E che dire del tweet di Trump che benedice Conte? «Qualcuno gli ha chiesto di farlo», risponde Sapelli, che precisa: «Intendo: lo ha chiesto al Dipartimento di Stato. Alcuni amici mi hanno detto che la diplomazia americana non ne sapeva nulla». Sarebbe gravissimo, osserva Ferraù. «Non è da meno il G7 di Biarritz», rincara la dose Sapelli. «Si è mai visto un ministro iraniano (Mohammad Javad Zarif) che arriva di soppiatto? La Francia è sempre stata una potenza di mediazione. Certo sono cambiate le modalità».Nel XVIII secolo, riassume il professor Sapelli, la Francia se n’è andata dall’America del Nord perché non ha potuto frenare gli inglesi, limitandosi ad appoggiare gli insorti. Da allora, dice, si è ritirata in Africa. «Ed è all’Africa che bisogna guardare per capire cosa sta succedendo in Europa». Il 7 luglio a Niamey, in Niger, è stato firmato l’accordo di libero scambio (Afcta) tra gli Stati africani. Che cosa comporta? «È la creazione di un mercato comune africano, e l’unica potenza europea egemone in grado di approfittarne è la Francia». Parigi, spiega Sapelli, «intende dominare il Mediterraneo». Concretamente, «vuol dire impossessarsi delle rotte energetiche e di quelle logistiche». Attenzione: è un controllo «che la Francia dividerà con la Cina». Secondo Sapelli, a essersi realizzato è il vecchio disegno del nazionalista Sun Yat-sen, fondatore del Kuomintang, pre-maoista. «Sun Yat-sen era affiliato alla massoneria francese. Sognava una vocazione occidentale della Cina: un disegno che Mao ha soltanto interrotto». E il Conte-bis? «Il nuovo governo Conte, a benedizione francese, si spiega con il fatto che Parigi deve assolutamente governare l’Italia se vuole realizzare il suo progetto espansionistico. Si tratta di un governo a vocazione geopolitica eterodiretta da parte francese».A questo proposito, Ferraù fa giustamente notare il ruolo di Sandro Gozi: alla vigilia della crisi di governo, l’esponente renziano del Pd è diventato consulente di Macron per gli affari europei. «Un arruolamento volontario, che risponde evidentemente a questo compito». E cioè: tradire l’Italia, a favore della Francia. Quindi chi comanda, adesso, a Roma? «Le nuove compagnie di ventura, i parenti odierni degli Sforza, che si vendevano a tutti». Il Movimento 5 Stelle? «E’ la compagnia di ventura più organica, più malleabile e per questo più funzionale agli obiettivi altrui». Quanto durerà, il Governo del Tradimento? «Sono due gli obiettivi che determineranno la sua durata», risponde Sapelli. «Il primo è l’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Perché non un Mattarella-bis? L’altro obiettivo è la trasformazione dell’Italia in una piattaforma logistica per l’entrata della Francia in Africa e la svendita di ciò che resta del nostro apparato industriale a Francia, Germania e Cina». E gli Stati Uniti acconsentono? «Gli americani un po’ non capiscono, un po’ sono divisi», sostiene Sapelli. «Trump è sotto scacco per lo stesso motivo di Salvini, per avere aperto alla Russia. In più sono divisi tra la componente Bush-clintoniana, ispirata dal globalismo finanziario esasperato, e quella del gruppo che sostiene Trump».L’Italia ha chiuso, quindi? Siamo finiti, come paese? «L’unica speranza sono le piccole e medie imprese, però devono capire quello che sta accadendo», dice Sapelli. «Soprattutto devono capire che non possono esistere da sole, anche se da sole hanno fatto miracoli». Bisogna che le piccole imprese italiane «si impegnino per salvare un segmento delle grandi imprese e per cambiare la politica economica europea». Una rappresentanza politica ce l’hanno già: è la Lega. «Non hanno ancora afferrato, però, che in questa guerra non si fanno prigionieri». Il Nord, cioè il bacino elettorale di Salvini, produce l’80% del nostro Pil. Impossibile sperare in una proiezione nazionale? «L’Italia avrebbe dovuto fare come Polonia, Bulgaria, Ungheria», dice ancora Sapelli: «Ognuno di questi paesi ha superato le divisioni politiche interne e ha trattato con l’Europa da paese unito. Noi invece abbiamo mancato tutti gli appuntamenti che potevano aiutarci in questa direzione, dal contrasto al terrorismo alla stagflazione. E abbiamo fallito perché l’Italia continua ad essere un paese di compagnie di ventura».Se i 5 Stelle suscitano raccapriccio per il loro scandaloso voltafaccia, come definire il Pd? «Un insieme di cacicchi l’un contro l’altro armati, con una compagnia di ventura egemone, quella di Renzi». Altri pericoli in vista: «M5S e Pd vanno assimilandosi, perché anche nel Pd la base sociale e quella territoriale si vanno estinguendo», ragiona Sapelli. «Zingaretti, invece di sostenere il nuovo governo, avrebbe potuto dedicarsi a una rifondazione territoriale. Non lo farà: e questo sarà la fine, del Pd e sua». Resta solo la Lega, a quanto pare, a tifare Italia. «L’unica speranza è che oltre alle piccole medie imprese intercetti e rappresenti la borghesia nazionale. Il problema della Lega – aggiunge Sapelli – è che non ha un pensiero politico», almeno per ora. Ma la lettura dello scempio in corso resta incompleta, se non si considera l’azione del Papa: «Il Vaticano ha svolto un ruolo fondamentale, che andrà approfondito», precisa Sapelli. «Abbiamo assistito a un ritorno della religione in politica, dissimulato da preoccupazioni sociali e teologiche. Il mio caro vecchio Péguy si rivolta nella tomba», aggiunge il professore, riferendosi allo scrittore francese Charles Péguy, cattolico ma inviso all’alto clero per la sua opposizione all’ingerenza ecclesiastica nell’attività politica. Per Sapelli, nel concorrere alla caduta di Salvini, Bergoglio ha commesso un azzardo: «La Chiesa deve stare attenta – chiosa il professore – perché l’adesione alla società dei diritti potrebbe esserle fatale».Un governo fragile destinato a durare 6 mesi? Macché. Il Conte-bis durerà fino all’elezione del prossimo presidente della Repubblica. «E Mattarella potrebbe fare il bis», dice il professor Giulio Sapelli, storico dell’economia, intervistato da Federico Ferraù per il “Sussidiario”. Occorre andare in Africa per capire l’orrendo inciucio tra 5 Stelle e Pd, che in realtà è un governo Macron, sostiene Sapelli: nel continente nero la Francia vuole “prendersi tutto” e può contare sull’aiuto (retribuito) delle nostre “compagnie di ventura”, che stavolta permetteranno a Parigi di “finire il lavoro”. «Di fatto, comincia – anzi, riprende – la svendita dell’Italia al capitalismo franco-tedesco», proprio alla vigilia del rinnovo dei vertici delle partecipate italiane, dall’Inps all’Enel, da Leonardo all’Eni. «Il nuovo governo si va formando a tempo di record proprio per questo» afferma Sapelli, che racconta: «Pochi giorni fa ho avuto occasione di vedere il Pireo. È pieno di cinesi coperti d’oro. I greci fanno ormai solo i camerieri, gli autisti e i suonatori. Huawei è dappertutto». Il nostro destino è questo? «Sì, il nostro destino è quello che Einaudi aveva indicato all’inizio del 900: la divisione ricardiana del lavoro affida all’Italia l’agricoltura e il turismo. Oggi ci resterà solo quest’ultimo».
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Rampini: l’emigrazione impoverisce l’Africa, volete capirlo?
“Aiutiamoli a casa loro”. Questo è un tema sul quale ho riflettuto molto. Perché mi è capitato, per pura coincidenza, che – mentre voi in Italia non parlavate d’altro che dei 47 sulla Sea Watch (tragedie, quelle di chi attraversa il Mediterraneo, però i numeri erano quelli: 47 persone) – io stavo attraversando l’Etiopia. E’ il secondo paese più popoloso dell’Africa, 110 milioni di abitanti. Ha 4 milioni di profughi, nel suo territorio: 4 milioni, di cui 3 milioni sono profughi interni, a causa dei problemi etnici, e 1 milione vengono dai paesi vicini come la Somalia, il Sudan, l’Eritrea. Le cifre vere sono quelle. E’ ovvio che li dobbiamo “aiutare a casa loro”. L’Africa ha un 1 miliardo e 200 milioni di abitanti, e presto saranno 3 miliardi. La stragrande maggioranza vuole rimanere in Africa. Ha bisogno di un futuro in Africa. Per una assurda perversione del linguaggio, dire “aiutiamoli a casa loro” è diventato uno slogan di destra? Lo trovo una forma di mancanza di rispetto per quei tantissimi volontari italiani che lavorano là. Sono un esercito, i volontari – religiosi e laici. E stanno in Africa esattamente per quello, per creargli un futuro migliore: a casa loro, dove loro hanno bisogno (perché la stragrande maggioranza ci vuole rimanere, a casa).Non è possibile che “aiutarli a casa loro” sia diventata un’idea di destra. Un grande economista inglese, lord Robert Skidelsky (di sinistra, anche lui) ha cominciato ad andare più a fondo, nel dettaglio, sui meccanismi dell’emigrazione. E si è accorto che metà di tutti i medici dello Stato africano del Malawi, oggi, stanno lavorando negli ospedali della città di Londra. Il Malawi è uno degli Stati più poveri dell’Africa, e la metà della sua classe medica sta lavorando in Inghilterra. E’ così che li stiamo aiutando? Portando via, succhiando via le loro élite? Ma del resto, questo è un tema sul quale il meridionalismo di sinistra, in Italia, negli anni ‘50 aveva già detto tutto. Il meridionalismo di sinistra aveva capito benissimo che l’emigrazione impoverisce i paesi di partenza. Se il nostro Mezzogiorno non avesse esportato i suoi talenti migliori nell’Italia del Nord, in Germania e negli Stati Uniti, oggi probabilemente avrebbe un’economia più ricca, più dinamica, e anche una società civile più forte per resistere alle mafie.“Ci pagano le pensioni”. Questa è un’illusione ottico-matematica. Certo che se gli immigrati, nella misura in cui siano regolari (non lavorino in nero, ma siano dichiarati) pagano i contributi, ovviamente danno un apporto postivo anche agli equilibri della nostra previdenza: pagano le tasse. Mediamente, quando arrivano, gli immigrati sono giovani, e quindi migliorano l’equilibrio demografico di una nazione. Però poi invecchiano anche loro. E’ solo una questione di tempo: maturano dei diritti, e cominciano a incassare. Allora, attenzione: si può anche pensare di risolvere il problema previdenziale con l’immigrazione – ma non l’immigrazione una tantum: l’immigrazione per sempre. Allora noi abbiamo bisogno di un flusso continuo di immigrati giovani, che contribuiranno a pagare anche le nostre pensioni. Ma allora i nostri concittadini hanno il diritto di sapere che stiamo parlando di una modifica profonda, sostanziale e permanente della composizione etnica del paese. E hanno il diritto di pronunciarsi, su questo. Non può essere una cosa decisa dal capo ufficio studi dell’Inps, che magari dice: “Noi tecnocrati sappiamo che così stanno le cose, e voi state zitti perché non capite niente; decidiamo noi, per il bene dei conti previdenziali”. Questo è un tema così enorme, per la sua portata sul tipo di società in cui viviamo, che i cittadini devono avere il diritto di pronunciarsi.(Federico Rampini, estratto da una conferenza pubblicato su Facebook il 9 luglio 2019. Rampini, giornalista di “Repubblica”, è l’autore del saggio “La notte della sinistra”, edito da Mondadori).https://blog.movimentoroosevelt.com/home/2100-il-peggiore-dei-mondi-possibili-nutrito-dalla-nostra-paura.html“Aiutiamoli a casa loro”. Questo è un tema sul quale ho riflettuto molto. Perché mi è capitato, per pura coincidenza, che – mentre voi in Italia non parlavate d’altro che dei 47 sulla Sea Watch (tragedie, quelle di chi attraversa il Mediterraneo, però i numeri erano quelli: 47 persone) – io stavo attraversando l’Etiopia. E’ il secondo paese più popoloso dell’Africa, 110 milioni di abitanti. Ha 4 milioni di profughi, nel suo territorio: 4 milioni, di cui 3 milioni sono profughi interni, a causa dei problemi etnici, e 1 milione vengono dai paesi vicini come la Somalia, il Sudan, l’Eritrea. Le cifre vere sono quelle. E’ ovvio che li dobbiamo “aiutare a casa loro”. L’Africa ha un 1 miliardo e 200 milioni di abitanti, e presto saranno 3 miliardi. La stragrande maggioranza vuole rimanere in Africa. Ha bisogno di un futuro in Africa. Per una assurda perversione del linguaggio, dire “aiutiamoli a casa loro” è diventato uno slogan di destra? Lo trovo una forma di mancanza di rispetto per quei tantissimi volontari italiani che lavorano là. Sono un esercito, i volontari – religiosi e laici. E stanno in Africa esattamente per quello, per creargli un futuro migliore: a casa loro, dove loro hanno bisogno (perché la stragrande maggioranza ci vuole rimanere, a casa).