Archivio del Tag ‘Ipsos’
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Lega e 5 Stelle illusi: la Germania non negozierà il rigore
Non è questione di massimalismo, radicalismo o settarismo. Ci sono delle fasi storiche (rare, ma necessarie) in cui si deve fare la Rivoluzione, o, ad essere più prudenti, imporre con la forza il proprio interesse. Prenderne atto non è dunque questione di seguire il proprio carattere “fumino”, ma decidere se sopravvivere o no. Quasi ovunque si legge che M5S e Lega ora vogliono negoziare con la Germania un cambiamento delle regole europee, una revisione dei trattati. Ma per Votan, Thor e Odino! – ma voi di tedeschi ne avete mai conosciuto uno che sia uno? La prima qualità di quel popolo – al quale cerco di ispirarmi – è la tenacia. Dunque, è ovvio che i tedeschi non cederanno di un millimetro dalla loro posizione. In Germania mi è capitato – personalmente – di andare in gelateria, vedere un’offerta di cono gelato a solo 1 euro per due gusti e di chiedere se potevo avere solo un gusto. Per tutta risposta mi è stato detto che l’offerta era per due gusti, e che quindi loro mi davano due gusti e che dovevo prendere il cono così, anche se ne volevo solo uno. I tedeschi sono fatti così al 99,99 periodico per cento.Dunque, chi pensa di poter trattare con i tedeschi è solo un povero illuso. I tenaci capiscono solo un linguaggio: quello della paura. Senza quel linguaggio, pregasi astenersi perditempo. Che poi… per quale accidente di motivo dovrebbero negoziare con noi? Come ha appena ricordato il trader Giovanni Zibordi, i discorsi sull’«andiamo a negoziare con la Germania un cambiamento delle regole europee» sono aria fritta perchè in Germania sono contenti dell’economia, per cui non hanno interesse a cambiare niente. Ecco l’ultimo sondaggio Ipsos sul tema “come giudichi l’economia del tuo paese”: in Germania la valutazione è “buona” per il 79%, in Italia solo per il 18% (in Spagna il 17). «Tra l’altro – aggiunge Zibordi – questi sondaggi mostrano che non è vero che la Germania nell’euro ha compresso i salari a causa delle riforme Hartz e dei mini-jobs. Di fatto, in Germania l’80% della gente è contenta dell’economia. Una percentuale che viene superata nel mondo solo dalla Cina!».Un modo per rallentare la tenaglia economica basata sul debito e sulle tasse è di abbattare la regola del 3% di deficit nella Ue. Va detto che questa assurda e demenziale regola è stata ignorata da 8 paesi per ben 5 anni, ma in Italia abbiamo paura che la Germania ci faccia “la bua” e quindi non abbiamo sforato, né sforeremo, neanche di uno zero virgola. I paesi trasgressori (come l’Irlanda o la Spagna) facevano deficit del 10 o 12% l’anno. Ecco perché ora questi paesi in Europa vanno meglio di noi come incremento del Pil e occupazionale… Ma per fare questo dobbiamo avere un premier che come primo atto politico non vada dalla Merkel a parlare e che, anzi, eviti con ogni cura di incontrarla e che poi – in ultima analisi – faccia del deficit sopra il 3 per cento. Insomma, serve un premier che “se me sbatta il cazzo”. Salvini e Di Maio non sono così. Dunque, non illudetevi, che è meglio.(Massimo Bordin, “La Germania non negozierà proprio un tubo”, dal blog “Micidial” del 15 marzo 2018).Non è questione di massimalismo, radicalismo o settarismo. Ci sono delle fasi storiche (rare, ma necessarie) in cui si deve fare la Rivoluzione, o, ad essere più prudenti, imporre con la forza il proprio interesse. Prenderne atto non è dunque questione di seguire il proprio carattere “fumino”, ma decidere se sopravvivere o no. Quasi ovunque si legge che M5S e Lega ora vogliono negoziare con la Germania un cambiamento delle regole europee, una revisione dei trattati. Ma per Votan, Thor e Odino! – ma voi di tedeschi ne avete mai conosciuto uno che sia uno? La prima qualità di quel popolo – al quale cerco di ispirarmi – è la tenacia. Dunque, è ovvio che i tedeschi non cederanno di un millimetro dalla loro posizione. In Germania mi è capitato – personalmente – di andare in gelateria, vedere un’offerta di cono gelato a solo 1 euro per due gusti e di chiedere se potevo avere solo un gusto. Per tutta risposta mi è stato detto che l’offerta era per due gusti, e che quindi loro mi davano due gusti e che dovevo prendere il cono così, anche se ne volevo solo uno. I tedeschi sono fatti così al 99,99 periodico per cento.
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Evans-Pritchard a Renzi: via dall’euro, se vuoi salvare l’Italia
«L’Italia deve scegliere tra l’euro e la sua sopravvivenza economica». Lo scrive sul “Telegraph” il noto editorialista finanziario Ambrose Evans-Pritchard. «Il tempo stringe per l’Italia, bloccata in una deflazione da debiti e alle prese con una crisi bancaria che non può affrontare con i vincoli dell’unione monetaria. Dal picco della crisi – prosegue Evans-Pritchard – come ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il prodotto interno lordo si è ridotto del 9% e la produzione industriale del 25%. Ogni anno la percentuale del debito rispetto al Pil sale: 121% nel 2011, 123 nel 2012, 129 nel 2013, 132,7 nel 2015. Lo stimolo della Banca Centrale Europea svanirà prima che l’Italia riuscirà a uscire dalla stagnazione e il Fondo Monetario Internazionale, infatti, prevede una crescita di appena l’1% quest’anno. La finestra globale si sta chiudendo». Per il giornalista, «c’e’ il rischio concreto che Matteo Renzi arrivi alla conclusione che l’unico modo per restare al potere sia presentarsi alle prossime elezioni con una piattaforma apertamente anti-euro». Attenzione: un recente sondaggio di Ipsos Mori rivela che il 48% degli italiani voterebbe contro l’Ue o contro l’euro, se ne avesse l’opportunità.Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, cui è attribuito un consenso del 28%, «invoca il default e il ritorno alla lira», scrive Pritchard, in un articolo ripreso da “L’Antidiplomatico”. In più, «la Lega Nord di Matteo Salvini considera l’euro un crimine contro l’umanità». Stando ai fatti: il tasso di disoccupazione è all’11,4%, mentre quello della disoccupazione giovanile raggiunge il 65% in Calabria, il 56% in Sicilia, il 53% in Campania. «Il tasso di natalità è al minimo storico. L’istituto di ricerca Svimez parla di uno stato permanente di sottosviluppo nel Mezzogiorno». Negli anni Novanta, continua Evans-Pritchard, l’Italia registrava un ampio avanzo negli scambi commerciali con la Germania, prima che fossero fissati i tassi di cambio e quando si poteva ancora svalutare. «In quindici anni l’Italia ha perso rispetto alla Germania il 30% di competitività sul costo di lavoro per unità di prodotto: dal 2000 la produttività è diminuita del 5,9%». I vari governi che si sono succeduti sono ovviamente «criticabili». Ma, per il giornalista, «la questione più rilevante è che oggi il paese non riesce a uscire dalla trappola».«A questa miscela combustibile – prosegue Evans-Pritchard – si aggiunge la crisi bancaria, che rivela la disfunzionalità dell’unione monetaria e peggiora di giorno in giorno: prestiti “non performanti” per 360 miliardi di euro gravano sui bilanci delle banche. La vigilanza esercitata dalla Bce ha peggiorato le cose e il Fondo Atlante potrebbe attirare sempre più banche nel pantano, aumentando il rischio sistemico». L’Italia? «E’ nel peggiore dei mondi possibili: a causa delle regole dell’Ue, non può prendere iniziative in piena sovranità per stabilizzare il sistema bancario e non esiste ancora un’unione bancaria degna di questo nome che condivida gli oneri». Per l’editorialista britannico, «Renzi ha di fronte una dura scelta: o dice alle autorità europee di andare all’inferno o resta a guardare impotente che il sistema bancario imploda e il paese precipiti nell’insolvenza». E visto che l’Italia non è la Grecia, «non può accettare la sottomissione». Tant’è vero che «tra i poteri forti dell’industria italiana qualcuno ormai sussurra che l’uscita dall’euro potrebbe non essere così terribile». Anzi: «Sarebbe l’unico modo per evitare una catastrofica deindustrializzazione».«L’Italia deve scegliere tra l’euro e la sua sopravvivenza economica». Lo scrive sul “Telegraph” il noto editorialista finanziario Ambrose Evans-Pritchard. «Il tempo stringe per l’Italia, bloccata in una deflazione da debiti e alle prese con una crisi bancaria che non può affrontare con i vincoli dell’unione monetaria. Dal picco della crisi – prosegue Evans-Pritchard – come ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il prodotto interno lordo si è ridotto del 9% e la produzione industriale del 25%. Ogni anno la percentuale del debito rispetto al Pil sale: 121% nel 2011, 123 nel 2012, 129 nel 2013, 132,7 nel 2015. Lo stimolo della Banca Centrale Europea svanirà prima che l’Italia riuscirà a uscire dalla stagnazione e il Fondo Monetario Internazionale, infatti, prevede una crescita di appena l’1% quest’anno. La finestra globale si sta chiudendo». Per il giornalista, «c’e’ il rischio concreto che Matteo Renzi arrivi alla conclusione che l’unico modo per restare al potere sia presentarsi alle prossime elezioni con una piattaforma apertamente anti-euro». Attenzione: un recente sondaggio di Ipsos Mori rivela che il 48% degli italiani voterebbe contro l’Ue o contro l’euro, se ne avesse l’opportunità.