Archivio del Tag ‘istruzione’
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Chávez, l’uomo che liberò il Sud America dal giogo Usa
Semplicemente el comandante per i suoi tanti supporter o el loco, il matto, per i suoi detrattori. Al di là degli umori di sicuro Hugo Chávez è stato il personaggio politico più importante per l’America latina degli ultimi 15 anni. Più importante, tanto per fare i nomi di due “pesi massimi” della regione, di Fidel Castro e di Lula. Senza il petrolio di Chávez – 96mila barili al giorno in cambio di 20mila medici – la revolución cubana oggi sarebbe infatti un ricordo perché non avrebbe potuto resistere tutto questo tempo all’embargo statunitense. Senza il traino a sinistra di Chávez, poi, Lula non avrebbe potuto apparire così moderato né impostare in Brasile una politica estera tanto indipendente da Washington. Da vecchia volpe della politica sopravvissuta a 9 presidenti Usa, non è un caso che Fidel lo ricevette all’Avana con tutti gli onori già nel 1994, quando Chávez era appena un ex detenuto, amnistiato per un colpo di stato fallito due anni prima.
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Sfida alla Cina, le portaerei Usa traslocano nel Pacifico
Alleanza Atlantica da museo: un pezzo di storia, secolo scorso. A Monaco, durante la “Conferenza internazionale sulla sicurezza” di febbraio, il vicepresidente statunitense Joe Biden ha indicato i due obiettivi strategici a breve termine per il suo paese. Uno, l’Iran, per bloccarne «l’illecito e destabilizzante programma nucleare». Due, lo spostamento strategico dell’interesse statunitense dall’Atlantico al Pacifico, divenuto nuovo baricentro geopolitico. Provando a tradurre: cari lontani cugini europei, le grane del bacino mediterraneo e mediorientali sono ormai tutte vostre. Avete la Nato, sotto il nostro comando, ma soldi e armi ora toccano a voi. Esempio? Libia e Mali, dove noi vi diamo satelliti e, al massimo, qualche drone assassino per i lavori più sporchi. In Siria in realtà stiamo facendo qualche cosa in più, ma solo per giocare di sponda contro l’Iran. Perché sia chiaro, direbbe Biden o lo stesso Obama: tutto ciò che minaccia Israele resta “cosa nostra”. Chiarito ciò, il resto sono affari vostri.
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Giulietto Chiesa: svegliamoci, il potere ha paura di noi
Nella vita quotidiana di ognuno di noi la crisi ha assunto i tratti di un personaggio da tragedia antica: il fato, il convitato di pietra, una presenza immanente e ostile, eppure inafferrabile. «Conseguenza inevitabile, quando gli effetti di una congiuntura globale sono ormai alle porte delle nostre case, colpiscono le nostre vite, corrodono la speranza di un futuro per i nostri figli e sgretolano ciò che davamo per scontato: stile di vita, lavoro, salute, istruzione». C’è la sensazione diffusa che tutto ciò sia solo la punta di un iceberg, che queste perdite siano in realtà le estreme propaggini di un enorme buco nero in espansione. «Ma mancano le prove, perché nessuno dice veramente come stanno le cose», accusa Giulietto Chiesa. «C’è un silenzio colpevole, perché interessato, da parte dei pochi che sanno». “Invece della catastrofe”, l’ultimo libro di Chiesa appena edito da Piemme, vuole «svelare le tremende verità che ci vengono nascoste e lanciare un drammatico appello alle coscienze».
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Che farsa: ci hanno rovinati, e vogliono pure il voto utile
È tornato lo spread, è tornata la Germania, sono tornati rigore ed austerità. Sembravano scomparsi da questa penosa campagna elettorale. Le principali forze politiche, dopo aver governato assieme per più di un anno, appena iniziato lo spettacolo televisivo del voto, se ne erano dimenticate. Sembrava una villeggiatura, quelle dove si cerca di staccare dalle preoccupazioni quotidiane. Magari una villeggiatura a Cortina visto che si parlava solo di tasse. Forse si sperava che questa vacanza dalla realtà durasse fino al 27 febbraio, invece è finita prima. Non sono solo le vendite di tappeti in saldo di Berlusconi, lo scandalo della banca senese, le incertezze per il Senato a far ripartire la cosiddetta sfiducia dei mercati.
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Fine dell’università per tutti, si torna alla scuola d’élite
I giovani italiani rinunciano all’università: è la fine di un sistema democratico basato sulla fiducia nel futuro, grazie alla promozione sociale di massa. Impressionanti i dati su quella che Carlo Formenti definisce «l’apocalisse dell’università italiana». Ovvero: 58.000 iscritti in meno, un calo del 17% rispetto a dieci anni fa, mentre i professori diminuiscono a un ritmo ancora più rapido (meno 22% negli ultimi sei anni). Risultato: il rapporto medio fra studenti e docenti (18,7%) continua a essere il più alto d’Europa. Altro poco invidiabile record europeo: abbiamo la più bassa percentuale di laureati nella fascia di età fra i 30 e i 34 anni, appena il 19% a fronte di una media europea del 30%. Cala anche il numero delle borse di studio, peraltro di entità ridicola, assieme ai finanziamenti ordinari, mentre «di quelli per la ricerca è meglio tacere». Perché i giovani disertano gli atenei? Ormai «non credono più che la laurea rappresenti una risorsa strategica per spuntare redditi dignitosi su un mercato del lavoro sempre più avaro».
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Miracolo Islanda: è bastato fermare i parassiti del rigore
Per circa tre anni, i nostri governi, la cricca dei banchieri e i media industriali ci hanno garantito che loro conoscevano l’approccio corretto per aggiustare le economie che loro avevano in precedenza paralizzato con la loro mala gestione. Ci è stato detto che la chiave stava nel balzare sul Popolo Bue imponendo “l’austerità” al fine di continuare a pagare gli interessi ai Parassiti delle Obbligazioni, a qualsiasi costo. Dopo tre anni di questo continuo, ininterrotto fallimento, la Grecia è già insolvente per il 75% dei suoi debiti e la sua economia è totalmente distrutta. La Gran Bretagna, la Spagna e l’Italia stanno tutte precipitando in una spirale suicida, in cui quanta più austerità quei governi sadici infliggono ai loro stessi popoli tanto peggiore diventa il problema del loro debito/deficit. L’Irlanda e il Portogallo sono quasi nella stessa condizione.
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Giulietto Chiesa: attenti ai cretini che sperano di vincere
Non vorrei fare il menagramo, come al solito. Ma mi sento come un aiutante di campo di un generale d’altri tempi, che guarda da un’altura la battaglia. E ascolta, senza poter interloquire, cosa si dicono i comandanti. Qualcuno la pensa come me: stiamo perdendo. Sul fianco sinistro non c’è quasi nessuno. Regna la confusione. Bisognerebbe mandare rinforzi, ma non ce n’è. I capi dei reparti sembrano tutti rimbambiti. Qualcuno dei nostri generali, laggiù è passato al nemico. Che fare? Ma c’è di peggio. Vicino al generale c’è qualche cretino – mi permetterei di dire – che pensa che stiamo vincendo. E insiste per un’offensiva. Ma come? Non vedono che, poco più oltre, il nemico dispone di riserve enormi, che entreranno tra poco in battaglia, mentre noi abbiamo soltanto qualche drappello di volonterosi sparsi, con piccole armi a disposizione?
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Stato di piena occupazione: e la crisi sarebbe un ricordo
«L’atto di governo in assoluto più cruciale in un ritorno dell’Italia alla sovranità monetaria è la realizzazione nel paese della Piena Occupazione». E’ il punto-cardine del programma di resurrezione nazionale messo a punto da Warren Mosler insieme ad Alan Parguez e Matthew Forstater, gli economisti della “Modern Money Theory” convocati da Paolo Barnard per studiare un piano organico anti-crisi. Il governo, dicono gli economisti democratici, deve istituire un programma nazionale di pieno impiego per chiunque non abbia un lavoro, maschi e femmine, abili o disabili, senza limiti. Proprio il Plg, “programma di lavoro garantito”, innescherebbe nel paese «il massimo circolo virtuoso di aumento dei redditi, dei consumi, della produzione, dei profitti, delle assunzioni, del risparmio e degli investimenti, sia nazionali che esteri». Il pilastro di economia su cui questa politica si basa è il seguente: «Uno Stato che possegga una sua moneta sovrana può permettersi di acquistare tutto ciò che è prezzato in quella moneta e senza limiti. Questo include la forza lavoro».
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Uccidere la democrazia: piano perfetto, nato 40 anni fa
C’è una domanda centrale, assillante, che tutti ci facciamo: perché le cose non cambiano? Perché, nonostante decenni di manifestazioni, gruppi organizzati e proteste, le cose in realtà tendono a non cambiare mai? E’ una domanda che ci sta alla gola. Vorremmo tutti saper rispondere, vorremmo tutti vedere che c’è una risposta immediata o almeno decente, a questa movimentazione di società civile (che peraltro è in aumento) contro il cosiddetto potere, contro le malefatte del potere. E la risposta è semplicissima: le cose non cambiano perché noi non sappiamo chi è il potere. E quindi stiamo combattendo contro un obiettivo sbagliato. Se non sai chi è veramente chi governa la tua vita, combatti contro quelli che, in realtà, non governano la tua vita. Il potere, il vero potere, è stato di un’astuzia incredibile. E’ riuscito, negli ultimi 35 anni, a rimanere completamente nascosto; a proporre alle opinioni pubbliche un volto del potere che è falso, cioè a proporre le cosiddette marionette del potere.
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Fine della farsa: uscire dall’euro, istruzioni per il Piano-B
Una alleanza tra paesi sul modello della sudamericana “Alba”, oppure un ritorno alla fluttuazione in un regime di doppia moneta; terzo, una trattativa a viso aperto con la Germania. Mentre tutti si accaniscono su come “tenere l’Italia nell’euro”, il dibattito sul cosiddetto “piano B” per fortuna non langue. Un dibattito cominciato mesi fa, quando lo spread era ancora un gattino dalle unghie corte e dalla Merkel ci si poteva aspettare anche un invito a cena. Poi tutto è cambiato, e piuttosto rapidamente. Ora in molti si stanno accorgendo che il “gioco non vale la candela”. Soprattutto, da quando la vicenda della Grecia ha messo un punto definitivo sull’efficacia delle politiche di austerità. Cioè, i costi sono tali che o portano al disastro sociale, politico ed economico, oppure posticipano talmente tanto in là il momento della cosiddetta ripresa che il sacrificio diventa un lento e inesorabile depauperamento.
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Dagospia: i Bilderberg in Vaticano con Letta e Mentana
I Bilderberg a Roma dal 13 novembre, «quasi come se fosse una provocazione», per parlare del commissariamento dei paesi dell’Eurozona più a rischio: Italia, Spagna e Grecia. «Della riunione – scrive “Dagospia” – non c’è traccia neppure sul sito ufficiale della più potente e misteriosa organizzazione mondiale che raccoglie manager, banchieri e imprenditori da tutto il mondo». Secondo le “talpe” di Roberto D’Agostino, la segretaria organizzativa del “super-clan” planetario, Marlieke de Vogel, sarebbe “disperata”, perché «l’incontro segretissimo di Roma del più potente circolo finanziario para-massonico mondiale» rischia un clamoroso flop. Motivo: l’organizzazione ha piazzato gli ospiti all’Hotel de Russie, angolo piazza del Popolo, a due passi dalla folla di troupe che presidiano il festival del cinema. Peggio: i musei vaticani saranno chiusi in anticipo per consentire ai super-oligarchi di consumare una frugale cenetta tra i capolavori d’arte: centomila euro per 80 invitati.
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Hedges: morte alla scuola, vogliono solo docili esecutori
Una nazione che distrugge il proprio sistema educativo, degrada la sua informazione pubblica, sbudella le proprie librerie pubbliche e trasforma le proprie frequenze in veicoli di svago ripetitivo a buon mercato, diventa cieca, sorda e muta. Apprezza i punteggi nei test più del pensiero critico e dell’istruzione. Celebra l’addestramento meccanico al lavoro e la singola, amorale abilità nel far soldi. Sforna prodotti umani rachitici, privi della capacità e del vocabolario per contrastare gli assiomi e le strutture dello Stato e delle imprese. Li incanala in un sistema castale di gestori di droni e di sistemi. Trasforma uno Stato democratico in un sistema feudale di padroni e servi delle imprese. Parola di Chris Hedges, scrittore americano e reporter internazionale premiato con il Pulitzer, nonché editorialista del “New York Times”.