Archivio del Tag ‘kamizake’
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Capodanno, sventata strage in Russia. Putin: grazie, Trump
In un comunicato stampa ufficiale, Vladimir Putin ha ringraziato Donald Trump e l’agenzia di sicurezza federale degli Usa per una soffiata che ha permesso di sventare una serie di attentati terroristici. «Gli attacchi, che si sarebbero dovuti compiere nella città baltica di San Pietroburgo, avrebbero dovuto interessare più punti della città», scrive Andrea Massardo su “InsideOver”, l’inserto geopolitico del “Giornale”. La notizia: «L’intervento dell’unità investigativa americana ha permesso alle forze dell’ordine russe di intervenire in tempo per evitare il compiersi degli attentati». Nell’azione, aggiunge Massardo, sarebbero stati coinvolti due cittadini russi con l’intenzione di colpire l’antica capitale degli Zar durante le celebrazioni del capodanno, col rischio di coinvolgere un numero molto alto di persone. «Nonostante il clima teso che interessa le due nazioni per le questioni riguardanti il gasdotto del Mar Baltico e la difficile situazione di guerra civile che interessa l’Ucraina – sottolinea Massardo – i due leader sono stati in grado di tenere in piedi le comunicazioni necessarie per gestire al meglio la crisi». Fattore, questo, molto importante «nell’evidenziare come, in situazioni esterne alle logiche economiche e politiche internazionali, i due paesi siano in grado di cooperare nonostante le difficoltà nella gestione della politica estera e nonostante le due linee di pensiero spesso agli antipodi».La notizia potrebbe rivelare retroscena anche più clamorosi, a proposito della “sovragestione” occulta del cosiddetto neoterrorismo, di marca Isis, sostanzialmente pilotato da settori deviati dell’intelligence. Lo sostiene il simbologo Gianfranco Carpeoro, massone e avvocato di lungo corso (vero nome, Pecoraro), nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia la regia “supermassonica” di spezzoni dei servizi segreti che avrebbero orchestrato i più sanguinosi attentati europei degli ultimi anni, a cominciare da quelli messi a segno in Francia (Charlie Hebdo, Bataclan, Nizza). «Vedo un ritorno di quel tipo di terrorismo», aveva detto Carpeoro un mese fa nella sua video-chat su YouTube, con Fabio Frabetti di “Border Nights”, dopo il riaffiorare dei nuovi segnali di violenza, per iniziativa di “kamizake” in apparenza isolati. «Temo siano il preludio di una escalation, verso un attentato stragistico di grandi proporzioni», era stata la previsione dell’avvocato. Quello appena sventato in Russia – per capodanno, addirittura – sarebbe dunque potuto essere il maxi-attentato così precisamente paventato da Carpeoro, anche sulla base di informazioni provenienti dal network massonico internazionale? E in questo caso: che significato rivestirebbe la tempestiva collaborazione tra il massone Trump e il massone Putin? E’ noto infatti che entrambi i presidenti militano in superlogge sovranazionali, in costante contatto tra loro al di là dei protocolli della politica estera.«Non è la prima volta che, grazie alla collaborazione americana viene sventato un attentato in Russia», ricorda comunque Massardo sul quotidiano diretto da Sallusti: «Due anni fa la stessa città di San Pietroburgo sarebbe stata il bersaglio di un altro attacco, questa volta alla cattedrale di Kazan». Anche in quel caso, spiega il reporter, l’intervento di Washington aveva permesso di anticipare i dinamitardi, permettendone la cattura prima che il gesto fosse stato portato a compimento. E anche in quella situazione, «i ringraziamenti di Putin per il presidente americano Trump e per i servizi investigativi d’oltreoceano non erano mancati, evidenziando come la collaborazione internazionale sia pietra fondante della lotta ai terrorismi internazionali». Attenzione: com’è gli Usa sono stati in grado di sventare attentati, dimostrando di conoscere le intenzioni degli attentatori? La risposta è nella domanda: come ha ricordato il presidente siriano Bahar Assad nell’intervista concessa a Monica Maggioni (e poi non trasmessa dalla Rai), le milizie terroristiche attive per anni in Siria erano state reclutate, finanziate, armate e addestrate da apparati militari Nato. Una celebre foto immortala il senatore John McCain, inviato speciale di Obama in Medio Oriente, a colloquio in Siria con Abu Bakr Al-Baghdadi, il capo dell’Isis che ora gli Usa hanno dichiarato di aver ucciso (senza mostrarne le prove, come già per Osama Bin Laden).La Russia è naturalmente nel mirino dei gestori del terrorismo, dopo l’intervento militare in Siria che ha salvato il governo di Assad e liberato il paese, invaso dalle milizie jihadiste. Evidente che gli sponsor clandestini dell’Isis – Turchia in testa, ma anche Francia e Gran Bretagna – hanno cambiato politica, cessando di garantire il proprio appoggio ai terroristi, peraltro (secondo molti osservatori) “assistiti” in modo discreto anche da paesi come Israele e Arabia Saudita, tutti alleati degli Usa. Con Trump, la musica è cambiata: il presidente succeduto a Obama ha sostanzialmente smilitarizzato l’area, lasciando campo libero al Cremlino. Potrebbe quindi essere una semplice conseguenza, dunque, la collaborazione con Mosca anche sul piano della lotta al terrorismo: con Trump, la Casa Bianca avrebbe “staccato la spina” a quei settori del cosidetto Deep State (Cia, Pentagono) sospettati di condurre sottobanco una sorta di strategia della tensione, con l’utilizzo spregiudicato di cellule terroristiche che agiscono dietro il paravento del fanatismo islamista. Che la Russia resti comunque un obiettivo dell’eversione lo dimostrerebbe anche il recente attentato-kamikaze compiuto da uno sparatore solitario, che ha aperto il fuoco nel palazzo dei servizi segreti a Mosca: l’antipasto dell’escalation sventata a San Pietroburgo?Come già sottolineato due anni fa, scrive ancora Massardo sul “Giornale”, anche stavolta Putin ha tenuto a precisare come il legame che unisce le unità investigative russe e americane nelle questioni di sicurezza internazionale e lotta al terrorismo sia rodata ed efficiente, per il merito di entrambe le fazioni. L’avvicinamento dimostrato dall’ennesimo scampato pericolo, secondo il giornalista, potrebbe persino riaprire il dialogo tra i due colossi mondiali, attualmente ai ferri corti non solo riguardo all’Ucraina, ma anche al Medio Oriente, con differenti alleati e tentativi di inserirsi nelle aree sotto influenza rivale. «Nonostante al momento tali contatti si siano limitati alle unità investigative dei due paesi e ai rapporti tra i due presidenti – aggiunge Massardo – non è escluso che nuovi canali di comunicazione vengano aperti nel prossimo futuro». Ragione in più per concludere che il neoterrorismo sia uno strumento squisitamente politico, anche se inconfessabile: a seminare strage si può anche inviare uno squilibrato, alterato da droghe o da tecniche di condizionamento mentale, ma alle sue spalle agisce una sapiente regia, che ne protegge le mosse. Non è un caso che tutti i terroristi in azione sul suolo europeo in questi anni siano stati immediatamente uccisi, prima che i magistrati potessero interrogarli. L’aiuto americano a San Pietroburgo vuol forse dire, dunque, che il vertice del massimo potere ha finalmente messo fuori gioco gli insospettabili impresari, altolocati, del più efferato e cinico stragismo “false flag”, compiuto sotto falsa bandiera?In un comunicato stampa ufficiale, Vladimir Putin ha ringraziato Donald Trump e l’agenzia di sicurezza federale degli Usa per una soffiata che ha permesso di sventare una serie di attentati terroristici. «Gli attacchi, che si sarebbero dovuti compiere nella città baltica di San Pietroburgo, avrebbero dovuto interessare più punti della città», scrive Andrea Massardo su “InsideOver“, l’inserto geopolitico del “Giornale”. La notizia: «L’intervento dell’unità investigativa americana ha permesso alle forze dell’ordine russe di intervenire in tempo per evitare il compiersi degli attentati». Nell’azione, aggiunge Massardo, sarebbero stati coinvolti due cittadini russi con l’intenzione di colpire l’antica capitale degli Zar durante le celebrazioni del capodanno, col rischio di coinvolgere un numero molto alto di persone. «Nonostante il clima teso che interessa le due nazioni per le questioni riguardanti il gasdotto del Mar Baltico e la difficile situazione di guerra civile che interessa l’Ucraina – sottolinea Massardo – i due leader sono stati in grado di tenere in piedi le comunicazioni necessarie per gestire al meglio la crisi». Fattore, questo, molto importante «nell’evidenziare come, in situazioni esterne alle logiche economiche e politiche internazionali, i due paesi siano in grado di cooperare nonostante le difficoltà nella gestione della politica estera e nonostante le due linee di pensiero spesso agli antipodi».
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Francia terrorista: fa strage a Strasburgo e protegge Battisti
Francia terrorista: i servizi segreti di Parigi hanno organizzato la strage di Strasburgo per aiutare Macron, messo in difficoltà dai Gilet Gialli, mentre in Brasile hanno reso improvvisamente irreperibile Cesare Battisti, un attimo prima che venisse arrestato. Perché la Francia dovrebbe proteggere Battisti, evitandogli di essere estradato in Italia, dove lo attenderebbe l’ergastolo per omicidio? Semplice: «All’epoca degli anni di piombo, sospetto che Battisti sia stato infiltrato dai francesi nel sottobosco dell’eversione italiana». Sono di questo tenore le dichiarazioni rilasciate il 16 dicembre dall’avvocato Gianfranco Pecoraro, alias Carpeoro, in diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Adesso basta», si sfoga Carpeoro: «Se qualcuno a Roma ha le palle, convochi l’ambasciatore francese e gli chieda conto dell’operato dei servizi segreti di Parigi. L’Italia ne ha titolo, anche perché a Strasburgo è morto un ragazzo italiano di 28 anni», Antonio Megalizzi, colpito dai proiettili esplosi all’impazzata, l’11 dicembre, dal giovane Cherif Chekatt, noto pregiudicato, con 27 condanne già rimediate in tre diversi paesi. Classificato “islamico radicalizzato” dalla polizia francese, Chekatt ha ucciso sul colpo 3 persone (salite a 4, con Megalizzi) ferendone altre 16. Carpeoro accusa Parigi: il killer è stato appositamente reclutato attraverso le brigate Al-Nusra, eredi di Al-Qaeda in Siria, stanziate a Idlib e segretamente protette dalla Francia.Giornalista e scrittore, studioso di simbologia e già a capo della più tradizionale obbedienza massonica italiana del Rito Scozzese, non è la prima volta che Carpeoro fornisce clamorose rivelazioni. Di recente, tramite suoi rapporti con logge tedesche, ha svelato l’imbarazzante retroscena dietro alla prima bocciatura di Marcello Foa alla guida della Rai, ottenuta su pressione di Jacques Attali, “king maker” di Macron, che si sarebbe rivolto a Giorgio Napolitano e quindi ad Antonio Tajani per premere su Berlusconi affinché revocasse il consenso sulla nomina di Foa che in prima battuta il Cavaliere aveva già assicurato a Salvini. Non è escluso che la retromarcia di Berlusconi, grazie a cui oggi Foa ha raggiunto la presidenza Rai, sia dovuta anche alle scomode rivelazioni di Carpeoro. Fuoriuscito dalla massoneria, nel 2016 l’avvocato ha pubblicato il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia la regia occidentale (non islamica) del “neoterrorismo” europeo targato Isis: opera di manovalanza islamista reclutata da servizi segreti Nato al soldo della “sovragestione” di potere, che interseca trasversalmente governi e apparti di polizia tramite superlogge internazionali come la “Hathor Pentalpha”. Schema classico: strategia della tensione, alimentata da attentati “false flag”, sotto falsa bandiera (attribuiti all’Isis). «Così come già Al-Qaeda, anche l’Isis è il prodotto della medesima sovragestione occidentale», sottolinea Carpeoro. «E l’ultimo attentato, quello di Strasburgo, ne è un esempio perfetto». Obiettivo? «Politico: aiutare Macron a resistere all’assedio dei Gilet Gialli, depistando l’opinione pubblica e indirizzandola verso un nemico esterno».Mai come nel caso di Strasburgo, dichiara Carpeoro in video-chat con Frabetti, è apparso chiaro il carattere artificioso della strage, progettata dai servizi segreti a poche ore dalla clamorosa “resa” televisiva di Macron, messo in croce dai Gilet Gialli. L’attentatore è stato presentato come “islamico radicalizzato”, ma testimoni raccontano di averlo visto ubriaco fradicio, qualche sera prima, in una birreria. «Il sindaco di Strasburgo ha dichiarato di non riuscire a spiegarsi come Cherif Chekatt, pregiudicato e schedato dalla polizia come sospetto terrorista islamico, possa essere riuscito a inoltrarsi – armato – nel perimetro super-vigilato del centro di Strasburgo, giungendo indisturbato fino al mercatino di Natale dove poi ha compiuto la strage». Ma peggio: «Poco prima – aggiunge Carpeoro – Chekatt era sfuggito all’arresto. Strano, che qualcuno compia una strage (anziché sparire) poco dopo esser sfuggito all’arresto. E ancora più strano è che la polizia non si attivi per braccarlo, non diffonda foto segnaletiche, non disponga posti di blocco». Attenzione: «Chi c’era, a proteggere il centro di Strasburgo? Le forze speciali antiterrorismo». In altre parole: qualcuno che, il killer, “doveva” lasciarlo passare – armato – evitando di perquisirlo?Il tentato arresto, aggiunge Carpeoro, è chiaramente un alibi per allontanare i sospetti dalle forze di sicurezza. E non è tutto: «Da una perquisizione domiciliare, il killer è risultato essere in possesso di un’altra pistola, diversa da quella usata per la strage, e addirittura di una granata». Domanda: «Se voleva fare una carneficina, perché non ha portato con sé anche le altre armi?». E soprattutto: «Perché ancora oggi non sappiamo che tipo di pistola fosse, quella usata per sparare sulla folla?». Stranezze su stranezze: subito, era corsa voce che Chekatt si fosse rifugiato in Germania. Invece, stranamente, non si era allontanato da Strasburgo. Nessuno si stupisce più che sia stato ucciso, alla fine, come tutti gli altri killer che negli ultimi anni hanno insanguinato l’Europa: nessun magistrato ha mai potuto interrogarli, sono tutti stati messi a tacere dai cecchini. Carpeoro insiste sull’arma della strage: «Dato che non è stata fatta circolare nessuna informazione, su quella pistola, è altamente probabile che sia di importanza decisiva per risalire alla verità». Un’arma fornita al killer direttamente dai servizi segreti francesi?Dopo la strage della redazione di Charlie Hebdo, l’Eliseo insabbiò le indagini – apponendo il segreto di Stato (segreto militare) – nel momento in cui un magistrato aveva scoperto che le armi del commando kamizake erano state acquistate, in Belgio, da agenti della Dgse, l’intelligence di Parigi. Uno degli 007 era in contatto con la fidanzata di uno dei giovani attentatori (anch’essi poi freddati dai cecchini, esattamente come Cherif Chekatt). Per Carpeoro, ormai il gioco è spudorato: non si era mai vista tanta tempestività nel fare ricorso al terrorismo per motivi di stringente necessità politica. «Temo che all’attentato di Strasburgo ne possano seguire altri», aggiunge Carpeoro, secondo cui – intanto – un risultato è stato ottenuto: è vero che il Gilet Gialli sono tornati in piazza, ma intanto si sono divisi politicamente. «L’attentato ha prodotto questo effetto: ha costretto i manifestanti a dividersi». Da una parte quelli intenzionati a protestare a oltranza, e dall’altra chi pensa sia meglio una pausa di riflessione, un gesto di solidarietà nazionale. Carpeoro è indignato: i cittadini francesi, dice, dovrebbero sapere che il loro governo protegge in Siria le milizie terroristiche di Al-Nusra, asserragliate a Idlib. «Al-Nusra è la filiazione diretta di Al-Qaeda, e il governo di Damasco vorrebbe cacciarla da Idlib. Ma non ci riesce, perché Al-Nusra è protetta dalla Francia».Non è un caso che il killer di Strasburgo abbia rivendicato la strage facendo riferimento ai “caduti siriani”. E, dato che tra le vittime c’è anche un italiano, si rivolge direttamente agli inquirenti italiani: proprio la pistola “fantasma” di Chekatt, sparita nel nulla, potrebbe essere la chiave per collegare l’esecutore ai mandanti. Servizi-colabrodo, alle prese con relazioni pericolose? Dipende: «E’ normale che i servizi segreti infiltrino loro uomini anche nelle strutture terroristiche, è il loro mestiere. L’importante è il fine: un conto è se collaborano per evitarli, gli attentati (come avvenuto in Italia in questi anni), e un altro è se invece collaborano per farli». Quanto all’Italia, appunto, forse è giunta l’ora di ribellarsi ai soprusi dell’intelligence “sovragestita” di Parigi: «Non è accettabile che la Francia protegga sottobanco un suo ex agente come Battisti, mentre da noi Alberto Torregiani ha trascorso la vita su una sedia a rotelle, reso paraplegico durante la rapina in cui Battisti uccise suo padre, Pierluigi, a Milano, il 16 febbraio 1979». Insiste, Carpeoro: «Mi assumo la piena responsabilità di quello che dico. E insisto: Roma dovrebbe richiamare l’ambasciatore francese e chiedergli spiegazioni sull’operato dei servizi segreti transalpini, anche a costo di incrinare le relazioni diplomatiche con la Francia».Francia terrorista: i servizi segreti di Parigi hanno organizzato la strage di Strasburgo per aiutare Macron, messo in difficoltà dai Gilet Gialli, mentre in Brasile hanno reso improvvisamente irreperibile Cesare Battisti, un attimo prima che venisse arrestato. Perché la Francia dovrebbe proteggere Battisti, evitandogli di essere estradato in Italia, dove lo attenderebbe l’ergastolo per omicidio? Semplice: «Sono convinto che, all’epoca degli anni di piombo, Battisti sia stato infiltrato dai francesi nel sottobosco dell’eversione italiana». Sono di questo tenore le dichiarazioni rilasciate il 16 dicembre dall’avvocato Gianfranco Pecoraro, alias Carpeoro, in diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Adesso basta», si sfoga Carpeoro: «Se qualcuno a Roma ha le palle, convochi l’ambasciatore francese e gli chieda conto dell’operato dei servizi segreti di Parigi. L’Italia ne ha titolo, anche perché a Strasburgo è morto un ragazzo italiano di 28 anni», Antonio Megalizzi, colpito dai proiettili esplosi all’impazzata, l’11 dicembre, dal giovane Cherif Chekatt, noto pregiudicato, con 27 condanne già rimediate in tre diversi paesi. Classificato “islamico radicalizzato” dalla polizia francese, Chekatt ha ucciso sul colpo 3 persone (salite a 4, con Megalizzi) ferendone altre 16. Carpeoro accusa Parigi: il killer è stato appositamente reclutato attraverso le brigate Al-Nusra, eredi di Al-Qaeda in Siria, stanziate a Idlib e segretamente protette dalla Francia.
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Altro che Isis: chi pilota il terrore teme la Brexit e Trump
Ci stanno massacrando, utilizzando la solita manovalanza per le stragi “false flag”. Excalation del terrorismo, ci attendono sei mesi d’inferno: quelli che separano le due paure capitali dell’élite, la Brexit e la vittoria di Trump. «Il sistema euro-atlantico, d’ora in avanti, lotta per la sua sopravvivenza», annuncia Federico Dezzani, che allinea l’inquietudine della super-casta mondiale con l’esplodere degli attentati. «La carneficina di Orlando è l’inizio della strategia della tensione che accompagnerà i prossimi, convulsi, mesi», scrive Dezzani sul suo blog. «A distanza di nemmeno 48 ore è la volta dell’ennesimo attentato dell’Isis in Francia, peso massimo europeo in piena crisi, attraversata da proteste e disordini sempre più accesi. L’escalation di violenza è sintomo che le oligarchie hanno perso il controllo della situazione». L’angoscia che attanaglia le élite atlantiche, aggiunge Dezzani, ricorda quella vissuta dalla classe dirigente europea tra la prima e la seconda guerra mondiale: «Si avverte chiaramente come un’epoca stia finendo ed un mondo, ancora funzionante dal punto di vista formale, sia in realtà in rapida decomposizione».Capita così che il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, uno dei massimi alfieri dell’atlantismo, evochi con riferimento alla Brexit la fine della civiltà occidentale. Puro delirio: «Il collasso dell’Unione Europea e dell’Alleanza Nord Atlantica implicherebbe la fine solo delle oligarchie cui appartiene l’ex-premier polacco, non certo dei popoli europei che, al contrario, potrebbero finalmente rifiatare e riacquistare spazi di manovra». La crucialità del momento, continua Dezzani, nasce dall’accavallarsi di una molteplicità di consultazioni elettorali e dal concomitante deteriorarsi dell’economia, negli Usa come nell’Eurozona: si comincia con il referendum inglese sulla permanenza nella Ue e si termina con le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, mentre il rialzo del tassi da parte della Fed è procrastinato sine die e l’Eurozona si dibatte ancora nella deflazione, a distanza di 15 mesi dall’avvio dell’allentamento quantitativo della Bce. «Una vittoria degli anti-europeisti al referendum inglese, un successo di Donald Trump alle presidenziali, il ritorno dell’Eurozona in recessione, rischiano di infliggere il colpo di grazia alla già traballante impalcatura atlantica».Per Dezzani, le contromisure adottate dall’establishment sono riconducibili ad un unico comun denominatore: incutere paura. «Si minaccia l’opinione pubblica inglese di recessione e pesanti sacrifici economici nel caso cui il Regno Unito uscisse dalla Ue, si assaltano i mercati finanziari europei per scongiurare l’eventualità che altri paesi indicano referendum analoghi, si dipingono scenari a tinte fosche qualora si affermassero i candidati “populisti”». Ma attenzione: «Gli effetti sull’elettorato sarebbero modesti senza l’apporto dell’ingrediente più esplosivo: il terrorismo. Bombardando l’opinione pubblica con notizie, immagini e video di stragi compiute nei luoghi della quotidianità (aeroporti, stazioni ferroviarie, discoteche, stadi, quartieri della movida) si ottiene un duplice risultato: si distoglie l’attenzione dalle criticità economiche e si genera domanda di normalità e sicurezza, a discapito delle formazioni anti-establishment e a vantaggio dei partiti tradizionali, difensori dell’ordine vigente».Non è quindi un caso se l’inizio di questa fase delicatissima sia stato scandito da due attentati compiuti a distanza di nemmeno 48 ore l’uno dall’altro, il primo negli Stati Uniti ed il secondo in Francia, entrambi perpetrati ufficialmente allo Stato Islamico. «Dire “Isis” equivale a dire “servizi israeliani ed angloamericani” e sul perché Tel Aviv, Washington e Londra svolgano un ruolo così attivo nella strategia della tensione che sta insanguinando l’Europa, già ci soffermammo in occasione degli attentati di Bruxelles: l’Unione Europea rappresenta il “contenitore geopolitico” dentro cui è racchiuso il Vecchio Continente e la sua sopravvivenza è di vitale importanza per piegare i 28 membri ad unica volontà (quella atlantica), come hanno dimostrato in questi anni i casi delle sanzioni economiche all’Iran e alla Russia». E così, l’attentato dell’11 giugno («firma inequivocabile») al locale omosessuale di Orlando, Florida, «è la sanguinosa ouverture della strategia della tensione che accompagnerà l’Occidente per i prossimi mesi». Omar Mateen, americano di origine afghane, già inserito dall’Fbi in una lista di possibili simpatizzanti dell’Isis, si arma fino ai denti e fa irruzione in una discoteca, dove replica il copione del Bataclan.Per inquadrare l’attentato in una cornice più ampia e ricondurlo all’angoscia delle oligarchie atlantiche, Dezzani consiglia la lettura dell’editoriale “Orlando and Trump’s America” apparso sul “New York Times” il 13 giugno e firmato da Roger Cohen. Il giornalista si fa interprete delle paure che attanagliano le élite, allarmate per la valanga degli eventi (il Brexit, la vittoria alle presidenziali di Trump, l’ingresso all’Eliseo di Marine Le Pen) che rischia di sommergerle. Secondo Cohen, la strage di Orlando e i crescenti consensi raccolti da Trump e dalla Le Pen germogliano nello stesso humus: il malessere economico, la rivolta contro le élite e la frustrazione sociale. «Sono le cause che spingono l’elettorato verso pericolosi salti nel vuoto e i lupi solitari ad imbracciare i fucili». L’esplicito richiamo alla Francia è profetico: nemmeno due giorni dopo, «la strategia della tensione sorvola l’Atlantico e torna a materializzarsi in Francia, la più grande minaccia al sistema atlantico sul versante europeo, seconda solo ad una vittoria degli anti-europeisti all’imminente referendum inglese».Della Francia si è scritto moltissimo: le opache trame degli 007 della Dgse dietro all’attentato di Charlie Hebdo, la censura imposta ai magistrati col segreto militare, le firme “templari” della strage del 13 novembre 2015. Francia in ebollizione, contro il Jobs Act che l’Eliseo vorrebbe infliggere ai cittadini, in ossequio ai diktat neoliberisti della Troika, le famigerate riforme strutturali. Puntuale, la sedicente Isis, cioè «la stessa organizzazione che russi, iraniani e siriani hanno quasi smantellato in Medio Oriente», è tornata a colpire – a cronometro – nella notte tra il 13 ed il 14 giugno, a Magnanville, periferia nord-occidentale di Parigi. Autore dell’ennesima prodezza-kamizake, il solito jihadista già noto ai servizi, Larossi Abballa, che uccide un poliziotto e sua moglie. Finale invariabile: crivellato dal fuoco delle teste di cuoio. Per Dezzani, il duplice omicidio di Magnanville targato Isis è «una vera e propria ciambella di salvataggio lanciata a François Hollande», che ha appena stabilito un nuovo record in termini di impopolarità (è detestato dall’83% dei francesi).«L’attenzione dei media e dell’opinione pubblica è così dirottata sull’attacco del “Califfato”, proprio quando a Parigi, nelle stesse ore, è in programma la nuova mobilitazione dei sindacati contro la riforma del lavoro, una prova di forza con cui la Confédération générale du travail e le altre sigle sindacali di sinistra vogliono spingere l’esecutivo socialista alla capitolazione, costringendolo a ritirare la riforma». La protesta sta crescendo per estensione e profondità, continua Dezzani: «Dopo le raffinerie, i treni, le metropolitane, i porti e il personale di Air France, agli scioperi hanno aderito anche gli addetti alla raccolta dei rifiuti a Parigi». E così, «nonostante lo stato d’emergenza, nonostante il freno inibitorio della minaccia terroristica», con i media concentrati solo sull’attentato, la mobilitazione di Parigi il 14 giugno ha coinvolto un milione e 300.000 cittadini, rafforzando la volontà dei sindacati a continuare gli scioperi ad oltranza.«L’efferatezza della strage di Orlando, il susseguirsi a distanza di meno di 48 ore dell’attacco a Magnanville, l’organizzazione approssimativa degli attentati ed il concomitante crollo delle piazze finanziarie, sono segnali dell’impotenza e dello stato confusionale in cui versa l’establishment euro-atlantico, conscio di quanto l’intera impalcatura su cui è costruito il suo potere sia vicina al collasso», conclude Dezzani. «La prossima, decisiva, tappa è il referendum inglese sulla permanenza nella Ue. L’esplosione del terrorismo internazionale a distanza di pochi giorni dalla consultazione corrobora l’ipotesi che le forze anti-europeiste siano in testa, proprio come il “venerdi nero dell’Isis”, la serie di attentati che insanguinò Tunisia, Francia, Kuwait e Somalia il 26 giugno 2015, preannunciò la vittoria dell’Oxi al referendum greco del 5 luglio». Tutto lascia pensare che lo scenario cambierà di ora in ora, peggiorando ulteriormente, secondo questo invariabile copione di morte e terrore.Ci stanno massacrando, utilizzando la solita manovalanza per le stragi “false flag”. Excalation del terrorismo, ci attendono sei mesi d’inferno: quelli che separano le due paure capitali dell’élite, la Brexit e la vittoria di Trump. «Il sistema euro-atlantico, d’ora in avanti, lotta per la sua sopravvivenza», annuncia Federico Dezzani, che allinea l’inquietudine della super-casta mondiale con l’esplodere degli attentati. «La carneficina di Orlando è l’inizio della strategia della tensione che accompagnerà i prossimi, convulsi, mesi», scrive Dezzani sul suo blog. «A distanza di nemmeno 48 ore è la volta dell’ennesimo attentato dell’Isis in Francia, peso massimo europeo in piena crisi, attraversata da proteste e disordini sempre più accesi. L’escalation di violenza è sintomo che le oligarchie hanno perso il controllo della situazione». L’angoscia che attanaglia le élite atlantiche, aggiunge Dezzani, ricorda quella vissuta dalla classe dirigente europea tra la prima e la seconda guerra mondiale: «Si avverte chiaramente come un’epoca stia finendo ed un mondo, ancora funzionante dal punto di vista formale, sia in realtà in rapida decomposizione».