Archivio del Tag ‘Lampedusa’
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Delitto perfetto: prescrizione breve per bloccare i processi
Mentre divampa la guerra in Libia e il premier fa spettacolo a Lampedusa, promettendo di “liberare” l’isola dai migranti che lo stesso governo ha lasciato che si ammassassero a migliaia, il ministro degli Esteri Frattini il 30 marzo è rimasto in aula tutto il giorno, per garantire i numeri all’ultimo provvedimento ad personam, la “prescrizione breve”. «Ve la immaginate la Clinton – dice Rutelli – che scompare per un giorno intero per votare una legge che salva Obama dai processi?». Se approvata, la norma metterà Berlusconi al riparo dal procedimento Mills, dove è imputato per corruzione in atti giudiziari. «Avevamo sperato in una riforma per gli italiani – protesta Casini – e invece è l’ennesimo vergognoso provvedimento dettato dall’ossessione giudiziaria di Berlusconi».
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Il vescovo di Tunisi: non gettate a mare la nostra speranza
State attenti: se la crisi in Libia non si risolve alla svelta, l’Italia sarà letteralmente invasa. Per questo, oltre a tifare per una rapida uscita di scena di Muhammar Gheddafi – contro cui il 29 marzo Usa, Francia e Gran Bretagna hanno annunciato la possibilità di armare massicciamente i ribelli – è necessario che l’Italia rispetti i tunisini che si ammassano a Lampedusa: sono “profughi della fame”, spiazzati dal disordine esploso nel loro paese che ha comunque assistito alle frontiere 120.000 persone in fuga dalla Libia. A parlare è l’arcivescovo di Tunisi, portavoce dei 30.000 cattolici liberi di professare la loro fede in Tunisia: per favore, non rigettate a mare chi oggi chiede aiuto e ha bisogno di tempo per risollevarsi.
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Lampedusa, collasso organizzato da chi incasserà voti
Si può stare al governo, non riuscire a risolvere i problemi e in più cercare anche di lucrarci sopra dal punto di vista elettorale? La risposta è sì. Basta vedere quello che sta accadendo a Lampedusa e, a cascata, nel resto del paese. In primo piano la Lega Nord: è il partito che esprime il ministro dell’Interno e detta le linee guida in tema di immigrazione. «Si sta dimostrando incapace di trovare una soluzione concreta all’emergenza e parla al paese solo con la voce della più vieta propaganda», quella di Umberto Bossi: «Gli immigrati? Cacciamoli tutti e basta». Al tempo stesso, la Lega è la forza che conta di ricavare il maggior incremento di consensi dalla situazione attuale. Più crescono i problemi, più voti arriveranno al Carroccio – che pure avrebbe dovuto risolverli.
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Frattini: verso il cessate il fuoco e l’esilio del Colonnello
Primo, il cessate il fuoco. Poi un corridoio umanitario, con la partecipazione della Turchia. E infine, grazie anche alla mediazione dell’Unione Africana, l’esilio per Gheddafi: la comunità internazionale lo ha messo all’indice, non può più pensare di restare al potere, anche nel caso – improbabilissimo – che riuscisse a resistere agli insorti, che grazie ai raid aerei della coalizione autorizzata dall’Onu hanno riconquistato Ajdabiya e Brega e ora marciano verso Sirte, dopo aver impedito la caduta di Misurata. Sono queste le linee-guida della “exit strategy” che l’Italia spera di presentare insieme alla Germania per tentare di metter fine rapidamente alla guerra civile in Libia.
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Libia, il razzismo ipocrita di chi diffida dei giovani ribelli
L’ultimo spettacolo di questi giorni è quello dei soci di Gheddafi – vecchi amici e alleati, clienti e fornitori – che si esercitano nel salire in cattedra per dare pagelle di democrazia agli insorti libici, generalmente chiamati “ribelli di Bengasi” e “separatisti della Cirenaica”, dimenticando che dal 17 febbraio si è sollevata tutta la Libia contro il dittatore, che oggi assedia ancora Misurata, terza città del paese vicinissima a Tripoli, dopo che le truppe del Colonnello hanno schiacciato nel sangue le rivolte esplose in tutto l’Ovest, da Zuara a Zawiya. E’ vero, ci sono anche i clan tribali, ma è una geografia ormai fluida: il fattore decisivo, sottolinea “Fortress Europe”, è il coraggio dei giovanissimi che sono scesi in piazza a mani nude contro il tiranno, prima ancora della diserzione delle prime unità territoriali delle forze armate, che ha trasformato la sollevazione popolare in guerra civile.
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Massacro in Libia, Gheddafi fa sparare sulla protesta
Cresce di ora in ora la tensione in Libia: almeno quattro persone sono rimaste uccise negli scontri scoppiati tra forze dell’ordine e manifestanti nella città orientale di Al-Bayda, nelle prime ore della cruciale “giornata della collera” proclamata dalle opposizioni il 17 febbraio per contrastare il regime di Gheddafi. Le notizie fluiscono frammentarie, attraverso siti di opposizione e Ong libiche. Gli scontri di Al-Bayda fanno seguito alla protesta di Bengasi, ferocemente repressa nella notte tra il 15 e il 16 febbraio. Il Colonnello teme che anche la Libia possa sollevarsi contro il regime: per questo, secondo i servizi segreti italiani, ha agevolato l’esodo verso Lampedusa attraverso la Tunisia facilitando l’espatrio di oppositori.
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Gheddafi trema: scontri a Bengasi, s’incendia anche la Libia
Il contagio della rivolta nel mondo arabo e islamico è arrivato anche in Libia, paese che confina con sia con Egitto che con la Tunisia. È di almeno 38 feriti il bilancio degli scontri fra manifestanti e polizia appoggiata dai sostenitori del leader libico Muhammar Gheddafi, scoppiati a Bengasi nella notte fra il 15 e il 16 febbraio. Mentre a Lampedusa – dove è stato dichiarato lo stato d’emergenza – si ammassano migliaia di profughi tunisini, a tremare è ora il regime di Tripoli, al quale il governo Berlusconi ha affidato il controllo della frontiera mediterranea. Dopo aver fatto il tifo per Ben Alì e Mubarak – i presidenti-dittatori rovesciati dalla furia popolare tunisina ed egiziana – ora Gheddafi deve fare i conti con il popolo libico galvanizzato dall’ondata democratica maghrebina.
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Migranti, Erri De Luca: noi, carcerieri di viaggiatori
I poteri hanno visto nelle isole dei luoghi di reclusione, hanno piantato prigioni su ogni scoglio: il mare nostro brulica di sbarre. Gli uccelli invece vedono nell’isola un punto di appoggio, dove fermare e riposare il volo, prima di proseguire oltre. Tra l’immgine di un’isola come recinto chiuso, quella dei poteri, e l’immagine degli uccelli, di un’isola come spalla su cui poggiare il volo, hanno ragione gli uccelli. Nel canale di Otranto e Sicilia, contadini di Africa e d’Oriente affogano nel cavo delle onde. Il pacco dei semi si sparge nei campi sommersi del mare, un viaggio su dieci sprofonda, la terraferma Italia è terra chiusa: li lasciamo annegare, per negare.
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Maroni: status di rifugiati a tutti gli africani feriti a Rosarno
Lo statuts di protezione internazionale sarà concesso agli immigrati vittime delle violenze a Rosarno. Lo ha annunciato il 17 gennaio il ministro dell’interno, Roberto Maroni, ospite di Fabio Fazio nel corso del programma “Che tempo che fa”, su RaiTre. «Si tratta di una decina di feriti: a loro concederemo questo status», ha spiegato il responsabile del Viminale, distintosi per l’intransigenza nei “respingimenti” di migranti verso le carceri libiche, pratica contestata anche dalle Nazioni Unite a causa del mancato rispetto dei diritti umani. Il caso-Rosarno ha ora cambiato l’atteggiamento del governo italiano?
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Eritrea, l’Italia finanzia la più feroce dittatura africana
Un lager a cielo aperto, senza scampo: fame e terrore, leva obbligatoria, deportazioni di massa. Chi scappa e viene acciuffato, finisce rinchiuso in un conteiner nel deserto. Chi riesce a imbarcarsi per Lampedusa e ad evitare il “respingimento”, una volta in Italia sa che dovrà racimolare 3.300 dollari da mandare in patria per riscattare i familiari, nel frattempo arrestati e torturati dal più feroce regime africano, quello dell’Eritrea. Una dittatura brutale, accusa “L’Espresso”, che da qualche anno si regge sul decisivo sostegno dell’Italia, grazie ad accordi speciali di cooperazione, di cui beneficiano imprese lombarde, emiliane e campane.
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Cap Anamur, assolti: la nave salvò 37 profughi del Darfur
Tutti assolti i tre imputati per la vicenda della Cap Anamur, la nave dell’omonima associazione umanitaria tedesca che nell’estate del 2004 fu al centro di roventi polemiche dopo aver salvato 37 immigrati nel Canale di Sicilia. Il presidente dell’associazione umanitaria Elias Bierdel, il comandante della nave Stefan Schimdt e il primo ufficiale Vladimir Dachkevitce erano accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
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Profughi somali massacrati dalla polizia a Bengasi
Adesso abbiamo le prove. Sono quindici foto in bassa definizione. Scattate con un telefono cellulare e sfuggite alla censura della polizia libica con la velocità di un mms. Ritraggono uomini feriti da armi di taglio. Sono cittadini somali detenuti nel carcere di Ganfuda, a Bengasi, arrestati lungo la rotta che dal deserto libico porta dritto a Lampedusa. Si vedono le cicatrici sulle braccia, le ferite ancora aperte sulle gambe, le garze sulla schiena, e i tagli sulla testa. I vestiti sono ancora macchiati di sangue. E dire che lo scorso 11 agosto, quando il sito in lingua somala Shabelle aveva parlato per primo di una strage commessa dalla polizia libica