Archivio del Tag ‘Linea Gotica’
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Dolcino: se cade Trump cade Conte, il suo alleato segreto
E se Giuseppe Conte fosse, da sempre, una carta coperta di Donald Trump? In questo caso, salvo miracoli, il suo destino è segnato: se Trump cade, sotto il peso dei presunti brogli elettorali (voto postale) che potrebbero travolgerlo, lo stesso Conte dovrebbe lasciare Palazzo Chigi. E’ la tesi – controcorrente e assai suggestiva – sostenuta (non da oggi) da Mitt Doclino, osservatore speciale che vanta rapporti privilegiati con fonti d’intelligence. La caduta di Trump – e quindi, a ruota, di Conte – aprirebbe per l’Italia i più cupi scenari: il paese finirebbe nella morsa franco-tedesca dell’Ue, senza più nessun paracadute americano. Il “liquidatore” del paese sarebbe Draghi, alla cui “redenzione” Dolcino non crede. L’ex presidente della Bce agirebbe come e peggio di Monti, e o farebbe col supporto del Pd, di Renzi e del “falso sovranismo” della Lega, che addirittura coltiverebbe un progetto, molto tedesco, di “secessione” (economica?) del Nord Italia. E’ un mondo capovolto, quello presentato da Mitt Dolcino. Che, come prova delle sue tesi, esibisce l’evidente riluttanza di Conte nel firmare l’ultimo drammatico Dpcm “ammazza-Italia”, considerato assolutamente inutile nell’arginare il coronavirus ma, in compenso, perfetto per affondare definitivamente un paese il cui debito pubblico, di questo passo, arriverà al 180% del Pil. Precondizione ideale per la “tempesta perfetta” (spread) che proporrebbe un copione già visto, ma stavolta con esiti irreversibili: confisca materiale dei beni italiani.«Conte ha aspettato all’inverosimile per pubblicare il Dpcm voluto dall’Ue, quello che ammazza definitivamente l’Italia. Costretto, dagli eventi a cedere». Mitt Dolcino lo definisce «un lockdown cattivo, folle, che fa passare l’Italia sulla sponda dei più rigoristi». Aggiunge: «Era il Dpcm voluto da Bruxelles, quello dell’orda del Pd di Open, capitanata da Soros e da Renzi e supportata dalla Lega pro-euro, impersonificata nella famiglia Salvini e in Fontana». Previsione: «Ora l’Italia muore, ovvero verrà fatta a pezzi, salvo miracoli: non durerà un mese, con cotante folli misure», e quindi «non potrà a lungo restare relativamente benestante, unita e in pace». Lo stesso blogger ammette di essere convinto del fatto che «l’obiettivo del Covid e di questo lockdown sia anche e soprattutto di rompere l’asse “anglo”, ossia rompere il paese in Ue più filo-Usa: è dal 1861 che l’Italia unita fa danni agli imperi centrali». Per ovvie ragioni geostrategiche, la Germania (con la Francia) vorrebbe «diventare il quarto polo geostrategico globale, quello più neofeudale, quello che abbisogna vitalmente dei beni dei vicini per prosperare». Neo-colonialismo allo stato puro, insomma, «come per l’Africa dei piedi neri». E chi avrebbe lottato fino all’ultimo, segretamente d’intesa con Trump, per evitare il baratro italiano? Proprio lui, “Giuseppi”.Prima, scrive Dolcino, il premier ha «preso in giro tutto e tutti», reiterando fino alle calende greche la fatidica firma del Dpcm. «Poi, visti i brogli Usa, il premier è stato costretto a cedere e ha firmato il Dpcm cattivo, quello destinato ad ammazzare l’Italia», che Dolcino considera «voluto dalla fondazione Open, da Soros, dal Pd europeista, dalla Lega e da Forza Italia: ossia dai tifosi di Biden». Sì, perchè se Biden vince – sostiene Dolcino – l’Italia verrà messa sotto tutela tedesca. Finirà davvero così? «Non ci scommetterei, sull’epilogo finale negli Usa», dal momento che «abbiamo infatti patrioti anche dall’altra parte dell’Oceano che stanno facendo tutto quanto lecito e possibile per evitare che dei chiari brogli portino all’elezione di un presidente che sembrerebbe non aver rispettato il processo democratico». Quanto accade in Italia, invece, secondo Dolcino è ormai lampante. «Prima Fontana, quello dei camici del cognato e la cui assistente è la moglie di Salvini, che si scaglia contro il Dpcm di Conte, dopo aver lui imposto in passato il coprifuoco e dopo aver lui invocato assieme a Salvini il “chiudete tutto”. Poi Enrico Letta (parlo del nipote del braccio destro di Berlusconi) che scrive, su Twitter, che Trump non si è comportato da presidente».Dolcino è preoccupato: «Sappiate che in Italia le proteste monteranno, è inevitabile. E porteranno prestissimo alle dimissioni di Conte, uomo di Trump». Conte, cioè «colui che non firmava il Dpcm (suicida per il paese) sperando nell’elezione di Donald J. Trump negli Usa, con il fine di farla finita con i lockdown, che servono solo per ammazzare l’economia e non per fermare il virus». Prova ne è la Spagna, «che blocca con semi-lockdown e mascherine e blocchi di centri di svago il paese da quest’estate, senza minimamente riuscire a fermare il virus». Cosa succederò, a breve? «Dimissioni di Conte, naturalmente, se cadrà il suo mentore Trump. E passaggio di poteri a Draghi. Il quale, per rimanere nell’euro – non immediatamente, ma a breve – imporrà una tassazione abnorme agli italiani, al limite della confisca». Ossia: «Taglio delle pensioni, Imu sulla prima casa, una folle ed inutile patrimoniale che però esenterà la casta rientrata in Italia con la legge dei Paperoni voluta da Matteo Renzi». Dolcino evoca uno scenario fatto di «forze dell’ordine che entrano in casa per confiscare beni delle famiglie utili a ripagare il debito dello Stato, tanto per farvi capire la piega che si rischia di prendere, con un rapporto debito/Pil prossimo al 180%».Il timore dichirato è che il sistema-paese faccia crack, a breve. «Aspettatevi dunque insurrezioni e fame». Il motivo? Interessi: «I tedeschi e i francesi si sono infatti messi d’accordo con alcuni notabili italiani per far fare a loro il lavoro sporco, al fine della spoliazione degli averi della popolazione: è tipico del colonialismo». Dolcino accusa la Lega, «che si dice abbia ottenuto la promessa tedesca di abbonare il debito a fronte di una secessione del Nord Italia, sulla falsariga della divisione della Germania in due parti». Senza considerare che «la deindustrializzazione italica procederà spedita, comunque, trasformando appunto il Nord Italia nel paese di Don Rodrigo e di Renzo Tramaglino». E il Sud? «Ritengo resterà invece agli Usa per necessità militari, rispettando più o meno la Linea Gotica come confine». Tutto questo, ribadisce Mitt Dolcino, se Trump non vince. «Chiaramente, per cotanto scempio ci vorrà il Draghi, il tecnico, magari per il tramite di una puntuale crisi dello spread, con il Mario che verrà invocato prima di tutto dalla Lega, ossia dai falsi sovranisti, che lo voteranno sperando così che la gente non capisca che il liquidatore venuto dalla Bce farà perfettamente quello che la Lega ha concordato di fare con il nord Ue, per restare nell’euro».Mitt Dolcino ignora deliberatamente le clamorose prese di posizione che hanno segnato l’inedita rottura di Mario Draghi con gli ex alleati franco-tedeschi. Nella primavera 2019, quand’era ancora presidente della Bce, Draghi giunse a rinnegare le politiche del rigore europeo (da lui stesso incarnate, per anni), fino al punto di evocare il ricorso al drastico “helicopter money” della Mmt, la Teoria della Moneta Moderna che raccomanda emissioni di denaro illimitate, a costo zero, per far riprendere le economie in affanno. Stessa musica un anno dopo, in piena crisi Covid: dalle colonne del “Financial Times”, a fine marzo lo stesso Draghi ha raccomandato prestiti imponenti, a fondo perduto, per sostenere Stati, aziende e famiglie: un mare di miliardi, destinato a non trasformarsi in debito da ripagare. Poco dopo, la sera stessa in cui a Bruxelles era in corso il primo vertice europeo sull’emergenza, a Draghi è bruciato il tetto di casa. Tutto questo, però, a Mitt Dolcino non basta: semplicemente, non crede al “ravvedimento” di Draghi. E non solo: sostiene che Conte sia la “quinta colonna” italiana di Trump. «Vi sembra folle, questa interpretazione? Non dovete fare altro che aspettare e verificare», conclude il blogger. «Nel caso che il quasi-miracolo della vittoria di Trump non si concretizzi (o anche solo nell’attesa che ciò accada) l’Italia non dura un mese, in cotanto lockdown, secondo me». E chiosa: «Spero solo abbiate chiari gli stenti a cui andrete incontro».(Mitt Dolcino, “Conte, dopo aver ritardato all’inverosimile la pubblicazione del Dpcm voluto dall’Eu sperando nella vittoria di Trump, visti brogli Usa si arrende e firma. Immediatamente le reazioni dei pro-€. Finalmente è tutto chiaro! Ecco cosa sta succedendo”, dal blog di Mitt Dolcino del 5 novembre 2020).E se Giuseppe Conte fosse, da sempre, una carta coperta di Donald Trump? In questo caso, salvo miracoli, il suo destino è segnato: se Trump cade, sotto il peso dei presunti brogli elettorali (voto postale) che potrebbero travolgerlo, lo stesso Conte dovrebbe lasciare Palazzo Chigi. E’ la tesi – controcorrente e assai suggestiva – sostenuta (non da oggi) da Mitt Dolcino, osservatore speciale che vanta rapporti privilegiati con fonti d’intelligence. La caduta di Trump – e quindi, a ruota, di Conte – aprirebbe per l’Italia i più cupi scenari: il paese finirebbe nella morsa franco-tedesca dell’Ue, senza più nessun paracadute americano. Il “liquidatore” del paese sarebbe Draghi, alla cui “redenzione” Dolcino non crede. L’ex presidente della Bce agirebbe come e peggio di Monti, e o farebbe col supporto del Pd, di Renzi e del “falso sovranismo” della Lega, che addirittura coltiverebbe un progetto, molto tedesco, di “secessione” (economica?) del Nord Italia. E’ un mondo capovolto, quello presentato da Mitt Dolcino. Che, come prova delle sue tesi, esibisce l’evidente riluttanza di Conte nel firmare l’ultimo drammatico Dpcm “ammazza-Italia”, considerato assolutamente inutile nell’arginare il coronavirus ma, in compenso, perfetto per affondare definitivamente un paese il cui debito pubblico, di questo passo, arriverà al 180% del Pil. Precondizione ideale per la “tempesta perfetta” (spread) che proporrebbe un copione già visto, ma stavolta con esiti irreversibili: confisca materiale dei beni italiani.
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Silenzio sul Nobel a Trump, che spaventa i nemici dell’Italia
La notizia taciuta: Trump riceve la seconda candidatura al Nobel, dopo l’accordo tra Kosovo e Serbia. «Silenzio dei media, nel paese dove chi non deve lavorare per vivere difende a spada tratta i migranti», scrive Mitt Dolcino. Per Trump è la seconda “nomination” al Nobel per la Pace, per il suo doppio intervento: prima a favore sia della riappacificazione in Medio Oriente tra sauditi e israeliani, e poi tra le due entità balcaniche, Belgrado e Pristina, storicamente opposte. «Chiaramente la potenza anche militare Usa ha avuto il suo peso, negli eventi di pace, ma certi passi non hanno prezzo». E per per assurdo, aggiunge Dolcino, nel prossimo futuro rischiamo di avere paesi amici sull’orlo della guerra, proprio mentre i nemici storici si riavvicinano. C’è dunque «malafede», nell’ostinazione con cui i media italici hanno fatto passare sotto silenzio la notizia sulla seconda candidatura di Trump al Nobel per la Pace. Dolcino intanto segnala che l’asse con gli Usa (di là da venire) comprenderebbe gli arabi e Israele, «ma non l’Iran, che – come da nome – è ariano; proprio come i tedeschi ex nazisti amavano chiamare la Persia». Quanto alla Turchia, «più che ariana, è alleata di Berlino da oltre 100 anni».Gli eventi attuali – secondo il blog – ci dicono che «gli ebrei dei lager e dell’Olocausto», cioè gli israeliani «sempre pronti alla guerra con chi li voleva annientare», anche in futuro «staranno, come è giusto che sia, coi loro liberatori dal giogo hitleriano, ossia innanzitutto con gli Usa». E il “reset” dei rapporti geostrategici del Medio Oriente non finisce qui, avverte Mitt Dolcino: si parla già di normalizzazione degli accordi di pace tra Israele e Marocco. Poi sarà la volta dell’Arabia Saudita, l’ultima, la sede de La Mecca. «Quello che sta accadendo è che i “mizrahim” torneranno a ricoprire il ruolo ricoperto per secoli, in Medio Oriente, fino alla nascita di Israele. Dunque ecco spiegato il nervosismo delle potenze ex coloniali europee, superate in curva: non serve ad esempio avere la Francia o la Gran Bretagna per preservare il petrolio dell’area, basta Gerusalemme». Questo avviene chiaramente con la benedizione di Washington «ma soprattutto con l’avallo russo». Mosca, «vedendoci lungo, non ci pensa nemmeno a concedere la vittoria all’asse sino-tedesco, con Turchia ed Iran a supporto», visto che in quel caso la Russia «verrebbe letteralmente circondata, a sud, est e ovest».Ecco dunque materializzarsi il nuovo Risiko mediterraneo, che andrà in porto se Trump verrà confermato, «lasciando poi al prossimo mandato trumpiano la “regolazione” operativa di Cina e Germania». Sempre secondo Mitt Dolcino, pochi considerano che la grande perdente sarà soprattutto la Francia, che a breve potrebbe perdere addirittura l’accesso privilegiato all’Algeria. A quel punto «dovrà rifarsi con l’anello debole, l’Italia, conquistandola certamente a livello economico». Ecco perché Roma «dovrà necessariamente schierarsi con Washington e Tel Aviv, con cui i rapporti sono sempre stati più che cordiali» (come del resto anche con il mondo arabo). Secondo Dolcino, il grande silenzio sul Nobel a Trump, da parte «dei media italici cooptati all’Ue» deriva proprio dal grande rimescolamento in atto nell’area mediorientale. Dolcino accusa l’establishment italiano «ormai al soldo di Parigi e Berlino», potenze impegnate nella conquista del Belpaese, grazie ai collaborazionisti italici, in una sorta di neo-feudalesimo in cui le élite nostrane avrebbero il ruolo dei piccoli feudatari. Il loro obiettivo: far pagare al 99% della popolazione il peso finanziario della crisi, preservando i grandi capitali.Attenzione: sono proprio le élite a detenere la proprietà dei grandi media. E sono sempre loro, «che non hanno necessità di lavorare», a sostenere con maggior forza «l’immigrazione dall’Africa», ovvero l’invasione delle nostre coste da parte di individui «senza contezza dei propri diritti civili e sociali, nonchè economici». Un’umanità fragile, insomma, «da usare per sostituire gli italiani eccessivamente esigenti», in un penisola «forse troppo bella per essere lasciata agli indigeni». Logico che poi queste élite (non solo italiche) tifino soprattutto sinistra, ossia il lato politico più vicino a questa Ue, «troppo simile all’Europa sognata dalla Germania nazista». Senza dimenticare – chiosa Dolcino – che «l’incredibile invasione dei neri anche nella Lombardia leghista – ossia pro-Ue e da sempre filo-tedesca – potrebbe essere finalizzata a rimpiazzare a termine i meridionali italiani con manodopera di sostituzione a costo più basso, nelle more di una ipotetica secessione del settentrione (là da venire, per restare nell’euro) all’altezza della Linea Gotica)».La notizia taciuta: Trump riceve la seconda candidatura al Nobel, dopo l’accordo tra Kosovo e Serbia. «Silenzio dei media, nel paese dove chi non deve lavorare per vivere difende a spada tratta i migranti», scrive Mitt Dolcino. Per Trump è la seconda “nomination” al Nobel per la Pace, per il suo doppio intervento: prima a favore della riappacificazione in Medio Oriente tra sauditi e israeliani, e poi tra le due entità balcaniche, Belgrado e Pristina, storicamente opposte. «Chiaramente la potenza anche militare Usa ha avuto il suo peso, negli eventi di pace, ma certi passi non hanno prezzo». E per per assurdo, aggiunge Dolcino, nel prossimo futuro rischiamo di avere paesi amici sull’orlo della guerra, proprio mentre i nemici storici si riavvicinano. C’è dunque «malafede», nell’ostinazione con cui i media italici hanno fatto passare sotto silenzio la notizia sulla seconda candidatura di Trump al Nobel per la Pace. Dolcino intanto segnala che l’asse con gli Usa (di là da venire) comprenderebbe gli arabi e Israele, «ma non l’Iran, che – come da nome – è ariano; proprio come i tedeschi ex nazisti amavano chiamare la Persia». Quanto alla Turchia, «più che ariana, è alleata di Berlino da oltre 100 anni».
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Gelli, Andreotti, Cia: a Pistoia il fucile che uccise Kennedy?
Il fucile messo nelle mani di Lee Oswald il 22 novembre del 1963 è un Carcano, arma fabbricata in Italia. Carcano era il cognome del tecnico che, presso le fonderie belliche di Terni, prese un progetto di successo austriaco e, fatta qualche modifica per mascherare l’avvenuto copia-incolla, propose una sorta di sottomarca di un modello particolarmente venduto. Come qualunque fucile o pistola, anche il Carcano di Dallas ha un numero di serie, il suo è C2766. Attraverso tale sigla, si è potuta ricostruire la sua storia, fino a risalire ad un nome, quello di Samuel Cummings. Costui era, a metà del secolo scorso, un membro dell’Adam Consolidated Industries Inc., società con doppia sede, a New York e a Roma, dedita al commercio d’armi. Samuel Cummings aveva un uomo di fiducia in Italia: Enrico Frittoli. Sodale di Licio Gelli, Frittoli era titolare di una società di import-export a Montecarlo. Un rapporto del Sisde (il servizio segreto civile) del 1982 informava che ai vertici della Loggia di Montecarlo, insieme a Gelli, vi era Enrico Frittoli. E il sospetto era che proprio attraverso Frittoli, Gelli potesse agilmente commerciare in armi.Lo stesso Frittoli è attualmente (almeno fino al 20 agosto 2018) il responsabile per il Principato di Monaco del Coordinamento Europa del Popolo delle Libertà, il polo politico di Silvio Berlusconi. Il 6 marzo del 2006, su segnalazione della Segreteria di Stato vaticana, è stato insignito, da Papa Benedetto XVI, del titolo di Commendatore dell’Ordine di San Gregorio Magno. Il Carcano riguardò direttamente anche il Sifar, il servizio segreto militare italiano, e Giulio Andreotti. J. Edgard Hoover, il capo dell’Fbi, spedì a Roma il 10 giugno del 1964 un cablogramma nel quale faceva esplicito riferimento a un rapporto del nostro servizio militare contenente informazioni dettagliate sulla celebre carabina. Un dispaccio inviato dal capo-stazione Cia a Roma, datato 31 dicembre 1963, aveva avvertito l’Fbi che quel rapporto era stato confezionato su richiesta di Andreotti. Il Carcano, infatti, faceva parte di una partita di residuati bellici della Seconda Guerra Mondiale dell’esercito fascista, finita in uno stock d’armi ricondizionate e che, grazie a un appalto indetto dal nostro ministero della difesa, nel 1960 finisce proprio alla Adam’s Consolidated Industries Inc., di Samuel Cummings. Nell’anno 1960 il titolare del dicastero della difesa era Giulio Andreotti.Ma non è finita qui, perché lo scorso anno, 2017, ritorna alla ribalta proprio il nostro Carcano, a Pistoia. Il fucile con cui Lee Oswald sparò al presidente degli Stati Uniti è ufficialmente custodito negli Usa, ma un fucile analogo fu trovato un anno fa in un capannone della ex fabbrica di munizioni Smi (Società Metallurgica Italiana) di Campo Tizzoro. L’arma, disattivata e arrugginita, era avvolta in una busta Smi con un cartellino con scritto “C.Warren”, il nome della prima commissione che indagò sul delitto Kennedy, insieme ad alcuni documenti. Tutto era in un armadio metallico, acquistato (come il resto del materiale dell’archivio difesa della Smi) all’asta 5 anni fa per 5.000 euro, dopo che il relativo ramo dell’azienda era stato ceduto al pubblico. La scoperta si deve a Gianluca Iori, architetto e direttore dell’Istituto di ricerche storiche e archeologiche di Pistoia. Iori considera «eccezionali» i documenti rinvenuti, «ora custoditi in cassaforte». Di questi documenti non si è saputo più nulla.Quanto al fucile, Gianluca Iori azzardò più ipotesi: da quella che fosse finito nell’armadio per caso, che potesse essere il secondo fucile che aveva sparato a Kennedy, o che fosse l’arma lasciata a Campo Tizzoro dalla commissione Warren per prove balistiche. Nel 1966, effettivamente arrivarono a Campo Tizzoro investigatori della Cia per alcune verifiche, in quanto due delle tre pallottole esplose da Oswald, oltre a un caricatore, erano state prodotte presso la Smi, che all’epoca «era la principale ditta di munizioni in ambito Nato». Durante la Seconda Guerra Mondiale la Smi produsse per l’esercito tedesco, attestatosi lungo la Linea Gotica proprio sull’Appennino Pistoiese, e fu risparmiata dai bombardamenti alleati grazie ad accordi segreti presi tra la proprietà e l’intelligence britannica. Dal 2006 il grande stabilimento è stato definitivamente chiuso e la produzione è stata trasferita a Fornaci di Barga, vicino al paese di Pinocchio.(Lara Pavanetto, “Come dal fucile Carcano di Oswald, si arriva a Andreotti, Gelli e Berlusconi per finire nel 2017 a Pistoia”, dal blog della Pavanetto del 20 agosto 2018).Il fucile messo nelle mani di Lee Oswald il 22 novembre del 1963 è un Carcano, arma fabbricata in Italia. Carcano era il cognome del tecnico che, presso le fonderie belliche di Terni, prese un progetto di successo austriaco e, fatta qualche modifica per mascherare l’avvenuto copia-incolla, propose una sorta di sottomarca di un modello particolarmente venduto. Come qualunque fucile o pistola, anche il Carcano di Dallas ha un numero di serie, il suo è C2766. Attraverso tale sigla, si è potuta ricostruire la sua storia, fino a risalire ad un nome, quello di Samuel Cummings. Costui era, a metà del secolo scorso, un membro dell’Adam Consolidated Industries Inc., società con doppia sede, a New York e a Roma, dedita al commercio d’armi. Samuel Cummings aveva un uomo di fiducia in Italia: Enrico Frittoli. Sodale di Licio Gelli, Frittoli era titolare di una società di import-export a Montecarlo. Un rapporto del Sisde (il servizio segreto civile) del 1982 informava che ai vertici della Loggia di Montecarlo, insieme a Gelli, vi era Enrico Frittoli. E il sospetto era che proprio attraverso Frittoli, Gelli potesse agilmente commerciare in armi.