Archivio del Tag ‘Luigi Di Maio’
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Magaldi: Sì al referendum? Un voto a Conte, cioè alla Cina
«Altro che taglio dei parlamentari: vorrei che deputati e senatori fossero il doppio degli attuali, e per giunta pagati il doppio. Non siamo ipocriti: se a pagarli adeguatamente non sarà lo Stato, provvederanno i privati (anche in modo illegale). E se le poltrone verranno tagliate, resteranno “sicure” solo quelle destinate a uomini che, anziché ai cittadini, risponderanno unicamente ai leader di partito». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, stronca la proposta referendaria di decurtazione della rappresentanza democratica, in Parlamento. «E’ triste che a volerla siano soprattutto i 5 Stelle, che un tempo caldeggiavano nobili forme di democrazia diretta come i referendum propositivi: un’idea ottima, a mio avviso, per integrare la democrazia rappresentativa. Peccato che i grillini se la siano completamente dimenticata». L’antipolitica dominante, che oggi gonfia i consensi del facile “sì” al taglio dei parlamentari, sotto la sferza della grande crisi innescata dal lockdown all’amatriciana, secondo Magaldi deriva dalla cocente delusione degli italiani per i leader che si sono succeduti negli ultimi anni: «Personaggi come Berlusconi e Renzi, bravissimi a chiacchiere quanto inconsistenti al lato pratico: stando alle riforme introdotte, il loro bilancio è davvero misero».Un caso addirittura grottesco è quello dei grillini: «Volevano “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”, e oggi si ritrovano a puntellare un regime neoliberista che, da decenni, non chiede altro che tagliare ogni rappresentanza popolare: il referendum sulla riduzione dei parlamentari, demagogico e irrisorio sul piano del risparmio economico (vale un caffè offerto agli italiani, in un anno) piace molto ai signori dell’austerity, preoccupati di spegnere gli ultimi spazi di democrazia a disposizione dei cittadini». Non è un caso, aggiunge Magaldi, che i più accesi sostentori del “sì” – da Conte a Di Maio – siano anche «esponenti del partito “cinese”, trasversale alle istituzioni, che ha imposto una gestione dell’emergenza in stile Wuhan, agevolando in più occasioni la penetrazione di Pechino nel sistema-Italia». Lo si è visto anche con l’ultimo via libera concesso dal premier a Huawei (lontano dai riflettori) per sdoganare la tecnologia cinese per il 5G a disposizione di Telecom: un atto che ha irritato gli Usa, che avevano chiesto apertamente al governo italiano di non spalancare le porte del Belpaese a quello che ritegono sia il cavallo di Troia, tecnologico, dell’intelligence del gigante asiatico.Sferzante il giudizio di Magaldi su Conte, che ha raccontato di aver proposto Draghi come presidente della Commissione Ue: una dichiarazione patetica, dice il presidente “rooseveltiano”, da parte di un soggetto che – come tutti sanno, in Italia e in Europa – non ha mai avuto alcun titolo per “candidare”, in qualsivoglia sede immaginabile, un personaggio internazionale del calibro di Draghi. «L’avvocaticchio Conte, incidentalmente ancora primo ministro proprio grazie al Covid, presto tornerà al nulla dal quale è venuto», profetizza Magaldi. «Purtroppo per l’Italia – aggiunge – Conte ha avuto il tempo di disastrare la nostra economia: e se oggi si parla di Draghi, è perché il governo in carica non ha la minima idea di come sfruttare in modo adeguato i prestiti europei del Recovery Fund, non avendo uno straccio di idea su come rimettere in piedi il paese». I complottisti tremano, dopo la dichiarazione di Draghi secondo cui per uscire dal tunnel sarebbe necessario il tracciamento sanitario di massa? Non hanno capito bene, dice Magaldi: in questo modo – certificando lo stato di salute dei cittadini – Draghi toglierebbe dalla circolazione l’arma della paura, finora utilizzata come alibi per paralizzare all’infinito il paese.Autore del saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014), che descrive il ruolo delle superlogge svranazionali nella sovragestione occulta del potere mondiale, Magaldi – leader del Grande Oriente Democratico e frontman italiano del circuito massonico progressista – fornisce una personalissima lettura degli eventi: la catastrofe planetaria del coronavirus sarebbe stata sfruttata in modo “terroristico” dalla medesima élite reazionaria, anche atlantica, che già negli anni ‘70 – con Kissinger – aveva scommesso sulla Cina neo-capitalista come modello (non democratico) da imporre un giorno a un Occidente senza più libertà né diritti. L’occasione, ghiottissima, si è presentata con il Covid, che ha permesso all’Oms – oggi largamente finanziata da Pechino e da Bill Gates – di trasformare la pandemia in un pretesto per imporre, al resto del mondo, una sorta di polizia sanitaria: l’alibi della paura, per spegnere ogni dissenso e cancellare lo stile vita occidentale.Mentre negli Usa lo stesso Donald Trump ha cercato di resistere all’imposizione dell’autoritarismo indotto con il lockdown (e in Russia persino Putin ha provato a sdrammatizzare, lanciando un vaccino scaccia-panico in anteprima mondiale), l’Italia si è rivelata l’epicentro della tragedia, in Europa. E il governo Conte – strettamente controllato proprio dall’Oms “cinese” – ha imposto il peggior coprifuoco che sia stato adottato nell’intero continente, mettendo in ginocchio l’economia nazionale e senza neppure la forza di contrattare a Bruxelles un adeguato piano di soccorsi finanziari. Magaldi tifa apertamente per Mario Draghi, e spiega: insieme a Christine Lagarde (e ad altri pezzi da novanta del potere mondiale, interamente massonico), l’ex numero uno della Bce ha abbandonato i vecchi sodali del fronte oligarchico per abbracciare una prospettiva rooseveltiana e keynesiana, fondata sul recupero della sovranità democratica dopo i decenni dell’austerity e della globalizzazione neoliberista. Per questo Draghi fa paura: non tanto all’irrilevante Conte, quanto ai suoi sponsor “cinesi”, ben lieti di imporre agli italiani – col referendum sul taglio del Parlamento – l’ennesima restrizione dei residui spazi democratici.«Altro che taglio dei parlamentari: vorrei che deputati e senatori fossero il doppio degli attuali, e per giunta pagati il doppio. Non siamo ipocriti: se a pagarli adeguatamente non sarà lo Stato, provvederanno i privati (anche in modo illegale). E se le poltrone verranno tagliate, resteranno “sicure” solo quelle destinate a uomini che, anziché ai cittadini, risponderanno unicamente ai leader di partito». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, stronca la proposta referendaria di decurtazione della rappresentanza democratica, in Parlamento. «E’ triste che a volerla siano soprattutto i 5 Stelle, che un tempo caldeggiavano nobili forme di democrazia diretta come i referendum propositivi: un’idea ottima, a mio avviso, per integrare la democrazia rappresentativa. Peccato che i grillini se la siano completamente dimenticata». L’antipolitica dominante, che oggi gonfia i consensi del facile “sì” al taglio dei parlamentari, sotto la sferza della grande crisi innescata dal lockdown all’amatriciana, secondo Magaldi deriva dalla cocente delusione degli italiani per i leader che si sono succeduti negli ultimi anni: «Personaggi come Berlusconi e Renzi, bravissimi a chiacchiere quanto inconsistenti al lato pratico: stando alle riforme introdotte, il loro bilancio è davvero misero».
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Meno democrazia: fa comodo ai 5 Stelle e ai boss di partito
Una riforma che per punire la politica punisce il Parlamento equivale a prendere a calci l’automobile perché il pilota è scarso. Il taglio peggiorerà il sistema politico italiano e suoi eventuali sviluppi ulteriori potrebbero essere ancora più gravi, se saranno quelli che vuole il Movimento 5 Stelle. L’unica riforma seria da fare sarebbe quella di sottrarre, alla maggioranza del momento, il potere di scriversi la legge elettorale che gli fa più comodo, imponendo il quorum dei due terzi. Dico No al taglio dei parlamentari, perché a favore del taglio stanno solo motivazioni di tattica politica dei singoli partiti, 5 Stelle compresi, i quali sono riusciti a portare sulle loro posizioni prima la Lega, in cambio dell’autonomia differenziata, e poi il Pd, in cambio del patto di governo del settembre 2019 e della promessa di una nuova legge elettorale. Nel merito, non c’è nessuna evidenza scientifica che il semplice taglio dei parlamentari migliori rappresentatività ed efficienza delle Camere. I risparmi? I 500 milioni a legislatura sono poi 100 milioni scarsi all’anno. E siccome quei 100 milioni sono lordi, si scopre che alla fine i risparmi sono, all’incirca, di 60 milioni all’anno. Che, in un paese di 60 milioni di abitanti, non mi pare proprio un grande argomento. Però lo si ripropone ancora: segno che non c’è molto di più.Chi vincerà? È chiaro che dopo trent’anni di delegittimazione della politica, la tentazione può essere quella di votare un Sì punitivo. È che, se delegittimi le forme tradizionali della politica, poi che cosa ti resta? Qualcuno che fa politica c’è sempre, solo che la fa in sedi diverse da quelle pubbliche. Il ruolo del M5S? Arrivare a questo referendum è stato un loro capolavoro. Da un sì guadagneranno ossigeno, visto che le previsioni sulle regionali non appaiono per loro troppo rosee. Non mi aspetto una grande affluenza ai seggi, in tempi di Covid, e non vedo nemmeno un grande interesse. È una riforma che rischia di passare in sordina e che, alla fine, porterà solo ad una riduzione dei gruppi parlamentari. Sarà più facile per i partiti – o meglio, per le segreterie di partito – controllare i rispettivi gruppi. E’ così da quando i partiti sono diventati partiti personali, che selezionano i loro rappresentanti sulla base di un criterio di fedeltà al capo. Ha ragione Giulio Sapelli, a dire che ormai la cifra del sistema politico italiano è diventato il “caciquismo” sudamericano. Oggi non abbiamo più partiti strutturati che formano e selezionano un personale politico.Tangentopoli ci ha lasciato compagnie di ventura guidate da cacicchi locali, che si affrontano senza strategie a lungo termine. E che devono mandare in Parlamento masse di manovra di fedeli. Gruppi più piccoli e compatti sono più facili da manovrare. Viene da qui l’ambiguità delle posizioni dei partiti sul referendum: in fin dei conti, gli fa comodo e gli semplifica la vita. Che poi questo, a lungo termine, significhi un grosso passo avanti verso lo smantellamento del sistema parlamentare, interessa poco: quel che importa sono gli effetti politici a breve. Si dice: la riduzione non ha senso, perché non è inserita in una riforma più ampia, ad esempio quella di un superamento del bicameralismo? È piuttosto vero. In sé il taglio non ha un gran senso. Ma ha senso se collocato all’interno di un triangolo fatto di taglio dei parlamentari, potenziamento della legislazione popolare ed eliminazione o revisione del libero mandato del parlamentare. Nel progetto originario del M5S stavano – e stanno ancora – proprio queste cose. Portare ogni anno i cittadini a votare in referendum su leggi popolari, tagliare i parlamentari e vincolare in Costituzione i parlamentari alle direttive di partito, una sua logica ce l’ha. È la logica della sostituzione della democrazia parlamentare con la democrazia diretta.In realtà questa è la versione pubblicamente spendibile del progetto, la cui diffusione è affidata ai vari Fraccaro e Di Maio. Alla base di questo discorso sta in realtà un pensiero diverso, a metà tra la futurologia e la cibernetica, per cui i Parlamenti sarebbero destinati alla soffitta, sostituiti dal plebiscito continuo di cittadini connessi dai palmari sui social. Basta vedersi certi filmati in rete su “Gaia” e su “Prometeus” (senza h), della Casaleggio e Associati, per rendersi conto che dietro a certe idee sta un nucleo che non può essere proposto direttamente senza essere confinati nell’ambito dell’irrilevanza visionaria. Ma quello è alla base di tutto. La Piattaforma Rousseau, ad esempio, viene da lì. Quanto al Pd, ufficializzerà la sua posizione sul referendum in una direzione nazionale il 7 settembre (aveva detto di essere per il Sì). Il Pd su questa riforma è in grave difficoltà, visto che la sua base è in larga misura parlamentarista, e ha avversato questa riforma nei mesi precedenti. Solo che da una parte sta l’accordo di governo, insieme alla promessa di una nuova legge elettorale, e dall’altra un bel pezzo del suo elettorato.Tant’è vero che il Pd, dopo esser stato per trent’anni maggioritario, ora vuole una legge elettorale proporzionale. E in contemporanea rispolvera certi vecchi discorsi, in cui il taglio dei parlamentari doveva accompagnarsi al maggioritario in una logica da democrazia d’investitura di tipo francese. È la seconda volta che il Parlamento vota per autolimitarsi: la riforma dell’immunità parlamentare nel 1993 e adesso il taglio dei parlamentari. Questa riforma è figlia di Tangentopoli e ne rappresenta in qualche modo il completamento. È da allora che si è risuscitata la tradizione dell’antiparlamentarismo italiano, sulla base dell’equazione tra classe politica e Parlamento. E i frutti di quella resurrezione sono ora sotto gli occhi di tutti. Il messaggio è che per punire la politica bisogna colpire il Parlamento: a questo siamo arrivati. In realtà questa è una riforma che, in mancanza di sviluppi ulteriori, ratificherà soltanto il “caciquismo” del sistema politico italiano e la riscrittura continua della legislazione elettorale, in perfetto stile sudamericano. Altro non produrrà.(Alessandro Mangia, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù nell’intervista “Il taglio dei parlamentari è solo la prima di tre riforme pericolose”, pubblicata dal “Sussidiario” il 1° settembre 2020. Il professor Mangia è ordinario di diritto costituzionale all’Università Cattolica di Milano).Una riforma che per punire la politica punisce il Parlamento equivale a prendere a calci l’automobile perché il pilota è scarso. Il taglio peggiorerà il sistema politico italiano e suoi eventuali sviluppi ulteriori potrebbero essere ancora più gravi, se saranno quelli che vuole il Movimento 5 Stelle. L’unica riforma seria da fare sarebbe quella di sottrarre, alla maggioranza del momento, il potere di scriversi la legge elettorale che gli fa più comodo, imponendo il quorum dei due terzi. Dico No al taglio dei parlamentari, perché a favore del taglio stanno solo motivazioni di tattica politica dei singoli partiti, 5 Stelle compresi, i quali sono riusciti a portare sulle loro posizioni prima la Lega, in cambio dell’autonomia differenziata, e poi il Pd, in cambio del patto di governo del settembre 2019 e della promessa di una nuova legge elettorale. Nel merito, non c’è nessuna evidenza scientifica che il semplice taglio dei parlamentari migliori rappresentatività ed efficienza delle Camere. I risparmi? I 500 milioni a legislatura sono poi 100 milioni scarsi all’anno. E siccome quei 100 milioni sono lordi, si scopre che alla fine i risparmi sono, all’incirca, di 60 milioni all’anno. Che, in un paese di 60 milioni di abitanti, non mi pare proprio un grande argomento. Però lo si ripropone ancora: segno che non c’è molto di più.
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A Huawei il 5G italiano, grazie al Dpcm “segreto” di Conte
Un «documento segreto» conferma che il premier Giuseppe Conte ha aperto al 5G cinese. Lo sottolinea Claudio Antonelli su “La Verità”, spiegando che la sera del 7 agosto il presidente del Consiglio e il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli (M5S) hanno autorizzato Tim a rifornirsi di strumentazioni della tecnologia 5G Huawei con una serie di prescrizioni. Il Dpcm firmato dal premier e dal titolare dello sviluppo economico, svela il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, è efficace dall’8 agosto. Sempre “La Verità” sottolinea che il Dpcm prevede monitoraggi che riportano tutto nell’ambito del rispetto della toolbox Ue approvata nel gennaio scorso. A stigmatizzare la linea filo-cinese del governo Conte-bis – scrive “StartMag” – è in particolare la Lega: «Se esiste un patto segreto con la Cina per svendere i nostri dati e la nostra sicurezza, il governo deve chiarire in Parlamento», dicono i deputati leghisti Giulio Centemero (capogruppo in commissione finanze), Massimiliano Capitanio (segretario della Vigilanza Rai e membro della commissione trasporti, Poste e telecomunicazioni) e Alessandro Morelli (responsabile editoria e innovazione tecnologica del Carroccio), annunciando una interrogazione alla Camera.«Come rivela oggi “La Verità”, Pd e M5S hanno volutamente secretato i contenuti di un Dpcm del 7 agosto con cui si autorizzano i cinesi di Huawei a mettere le mani sulle nostre reti Tlc, alla faccia del Golden power», mettono per iscritto il 21 agosto i parlamentari leghisti: «Da una parte Conte ha bloccato la firma tra Tim e gli americani di Kkr, dall’altra Di Maio prepara la calata del ministro degli esteri cinesi in Italia a settembre: evidentemente Pd e M5S hanno deciso di stare fuori dalla Nato, e ovviamente noi faremo di tutto per smascherare questo piano suicida». I tre leghisti si dicono «certi di un pronto intervento del Copasir», il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, peraltro presieduto da un esponente di spicco della Lega come Raffaele Volpi. E lo stesso Copasir, in una relazione sul 5G – ricorda “StartMag” – ha consigliato il governo a vietare di fatto la realizzazione della rete di quinta generazione in collaborazione con i grandi gruppi cinesi, non solo Huawei e ma anche Zte.Gli stessi senatori di Forza Italia sono sulla linea della Lega di Salvini. «Il quotidiano “La Verità” ha svelato una cosa gravissima: che nella riunione del Consiglio dei ministri del 7 agosto è stato approvato un Dpcm che autorizza Tim ad utilizzare per le reti sensibili del 5G la tecnologia cinese Huawei, sia pure con alcune prescrizioni». Per i parlamentari “azzurri” si tratta di materia sensibilissima, che attiene alla sicurezza nazionale e ai rapporti con gli alleati storici dell’Italia. «Perché il governo non ne ha fatto alcun cenno nel dettagliatissimo comunicato diffuso al termine della riunione?», si domanda Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia: «Urge un chiarimento che (se non arriverà già oggi) chiederemo attraverso un’interrogazione con carattere d’urgenza». Sul “Sussidiario”, lo storico dell’economia Giulio Sapelli avverte: è in atto un cedimento verso la Cina, da parte del governo italiano. Una sfida agli Usa, condotta dal “partito cinese” che domina l’Italia, partendo da Grillo e coinvolgendo il Pd, senza dimenticare l’accordo stipulato da Papa Bergoglio, che al regime di Pechino ha concesso il potere di scegliere i vescovi cattolici in Cina.Un «documento segreto» conferma che il premier Giuseppe Conte ha aperto al 5G cinese. Lo sottolinea Claudio Antonelli su “La Verità”, spiegando che la sera del 7 agosto il presidente del Consiglio e il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli (M5S) hanno autorizzato Tim a rifornirsi di strumentazioni della tecnologia 5G Huawei con una serie di prescrizioni. Il Dpcm firmato dal premier e dal titolare dello sviluppo economico, svela il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, è efficace dall’8 agosto. Sempre “La Verità” sottolinea che il Dpcm prevede monitoraggi che riportano tutto nell’ambito del rispetto della toolbox Ue approvata nel gennaio scorso. A stigmatizzare la linea filo-cinese del governo Conte-bis – scrive “StartMag” – è in particolare la Lega: «Se esiste un patto segreto con la Cina per svendere i nostri dati e la nostra sicurezza, il governo deve chiarire in Parlamento», dicono i deputati leghisti Giulio Centemero (capogruppo in commissione finanze), Massimiliano Capitanio (segretario della Vigilanza Rai e membro della commissione trasporti, Poste e telecomunicazioni) e Alessandro Morelli (responsabile editoria e innovazione tecnologica del Carroccio), annunciando una interrogazione alla Camera.
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Pd-M5S: messaggio all’Ue per sacrificare il disastroso Conte
Questo governo è nato l’anno scorso con l’unica motivazione di bloccare Salvini. Non ha mai avuto un progetto, ma soltanto uno scopo negativo. Anche per questo, dopo un anno di vita, ha prodotto risultati disastrosi. In più ha creato un piedistallo a Conte. Il capo del governo si è imposto su Di Maio e Zingaretti perché dalla mancanza di una visione politica dei partiti di maggioranza ha ricavato un grande spazio di manovra, che la pandemia di Covid-19 ha aumentato. Per “risultati disastrosi” mi riferisco all’incapacità del governo in materia economica, che è davanti a tutti. Il punto è che questi risultati così carenti non interessano né al Pd né ai 5 Stelle. Li infastidisce piuttosto il fatto che Conte sia diventato il dominus della maggioranza. Da qui il “patto di ferragosto” tra Pd e 5 Stelle, che va visto come il tentativo da parte di M5S e Pd di superare la loro debolezza, tentando di stipulare alleanze locali. Diventeranno un solo partito? Impossibile dirlo, adesso: pur essendo da un anno insieme al governo, non hanno elaborato una visione. Essenzialmente per un motivo: il M5S è nato come forza di contestazione della “casta”; ma la casta, intesa come principale forza di governo, è sempre stata il Pd.I Cinquestelle sono arrivati in Parlamento nel 2013, quando c’era il governo Monti e il Pd dava la linea, poi si sono susseguiti vari governi ispirati dal Pd fino al 2018. Tra le due forze, M5s e Pd, l’opposizione era totale. Nel 2019 si sono messi insieme senza uno straccio di riflessione. Ora cercano di creare le condizioni per fare un’alleanza, ma ciò implica che il M5S cambi pelle. Cosa dovrà diventare? Una specie di partito di estrema sinistra, disposto ad allearsi con il partito della sinistra di governo. Non è una peculiarità italiana: mi viene in mente l’esempio di Podemos in Spagna, che ha una consistenza non molto lontana dai 5 Stelle e governa con i socialisti. Ora l’obiettivo di M5S e Pd è dare una base politica all’alleanza. Una prima indicazione verrà dalle elezioni regionali prossime venture. Poi c’è il dato strategico: l’Italia attraversa la più grave crisi dal dopoguerra. Sembra che M5S e Pd vogliano farcelo dimenticare, ma non è possibile nascondere a lungo la polvere sotto il tappeto. Dove sta la questione? Avere una strategia vuol dire capire cosa fare, davanti a un cumulo di problemi enormi. Il Pil registra una caduta dell’11-12%, il debito pubblico lieviterà al 180% del Pil. Intorno a noi la situazione internazionale diventa sempre più complessa e difficile, dalla Libia al Libano, dal Mediterraneo orientale ai rapporti con la Cina.Siamo al centro di una grande area di crisi e non abbiamo una linea di difesa degli interessi nazionali. A settembre, quando riprenderà la vita politica, questi nodi faranno tutt’uno con l’emergenza economica. Affrontare problemi di tale gravità con un’alleanza che non è un’alleanza è veramente un azzardo. In questo patto per sopravvivere: qual è l’elemento più debole, M5s o il Pd? Finora i sacrifici principali li ha fatti il Pd, perché per tenere insieme l’alleanza di governo ha dimenticato la propria storia. È nato come partito a vocazione maggioritaria, adesso vuole il proporzionale e non riesce a ottenerlo. Aveva una vocazione produttivista e vi ha rinunciato. Ha sempre difeso la centralità del Parlamento, dai tempi del Pci a quelli di Berlusconi, e adesso vota il taglio dei parlamentari sulla base di motivazioni anti-casta. Sarà il Pd a diventare grillino? Ci sono fattori strutturali, a impedirlo. Il Pd è un partito organizzato ed è il riferimento primario di forti interessi internazionali. La cosa più rilevante che ha fatto questo governo è stata quella di presentarsi con il cappello in mano in Europa per chiedere più soldi possibili. Li ha ottenuti, peraltro a debito.Ma adesso l’establishment europeo, che secondo me è stato l’artefice vero della nascita del governo Conte 2, è molto preoccupato: perché vede che in Italia c’è un gran pullulare di spese che fanno salire il debito. I bonus non aiutano l’economia, e la cassa integrazione non può durare in eterno. È evidente che, in vista dei passaggi gravi e difficili dell’autunno 2020 e di tutto il 2021, fino all’elezione del presidente della Repubblica, va costruita una guida più salda. Altrimenti l’Italia creerà problemi a tutti. Vuol dire mandare a casa Conte? In Europa viene vista con favore ogni operazione che possa favorire un consolidamento politico, e il rafforzamento – sulla carta – dell’alleanza M5S-Pd è considerato un fatto positivo. Dopodiché, che questa maggioranza continui a essere guidata da Conte o che i due partner preferiscano un altro assetto, è una cosa che decideranno le circostanze. Dunque Conte è sacrificabile. È quasi una legge fisica: più sono deboli i partiti che lo sostengono, più si rafforza il premier in apparenza non politico. Più i partiti si rafforzano, meno determinante diventa il leader non politico. Che cosa potrebbe guastare l’ordito di questo quadro? Alla fine ciò che decide è la gravità della crisi economica.(Antonio Pilati, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Zingaretti-Di Maio, messaggio all’Ue per sacrificare Conte”, pubblicata sul “Sussidiario” il 16 agosto 2020. Saggista, già commissario dell’Agcom, Pilati è stato presidente della Fondazione Rosselli).Questo governo è nato l’anno scorso con l’unica motivazione di bloccare Salvini. Non ha mai avuto un progetto, ma soltanto uno scopo negativo. Anche per questo, dopo un anno di vita, ha prodotto risultati disastrosi. In più ha creato un piedistallo a Conte. Il capo del governo si è imposto su Di Maio e Zingaretti perché dalla mancanza di una visione politica dei partiti di maggioranza ha ricavato un grande spazio di manovra, che la pandemia di Covid-19 ha aumentato. Per “risultati disastrosi” mi riferisco all’incapacità del governo in materia economica, che è davanti a tutti. Il punto è che questi risultati così carenti non interessano né al Pd né ai 5 Stelle. Li infastidisce piuttosto il fatto che Conte sia diventato il dominus della maggioranza. Da qui il “patto di ferragosto” tra Pd e 5 Stelle, che va visto come il tentativo da parte di M5S e Pd di superare la loro debolezza, tentando di stipulare alleanze locali. Diventeranno un solo partito? Impossibile dirlo, adesso: pur essendo da un anno insieme al governo, non hanno elaborato una visione. Essenzialmente per un motivo: il M5S è nato come forza di contestazione della “casta”; ma la casta, intesa come principale forza di governo, è sempre stata il Pd.
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Conte, dittatore a sorteggio: cabaret, nel paese in rovina
In effetti aveva ragione lui, Giuseppe Conte. Passerà alla storia. L’Italia sarà un caso da studiare, unico, speciale, da manuale. Abbiamo inventato un modello senza precedenti: un regime monocratico, para-dispotico, semi-dittatoriale, in cui l’uomo solo al comando, l’autocrate, non è un dittatore venuto da un golpe militare, non è il capo di un partito o un movimento che conquista il potere, non è un duce salito su dal popolo che marcia sulla capitale e dispone di un consenso popolare e una milizia agguerrita, non è il discendente di una dinastia che decide di incoronarsi monarca assoluto, non è un tecnocrate andato al potere come Massimo Esperto che poi sospende la democrazia per governare coi pieni poteri e non è nemmeno il viceré, il proconsole, il governatore insediato da una potenza straniera alla guida di un paese colonizzato. Ma è un signore chiamato in fretta e furia a Palazzo Chigi per sostituirne un altro che non piaceva a Mattarella e all’Establishment, uno rimediato sull’agendina del capetto di un partito. Così venne sorteggiato un professoricchio di terza fila dal curriculum taroccato, un avvocaticchio subappenninico mai notato nella vita della repubblica, uno che non è mai passato dalle urne, da governi dei tecnici, da commissioni di garanti, da riconoscimenti, da selezioni di miss Italia.Uno arrivato lì per caso, un paio d’anni fa, con una borsa da travet, e insediatosi prima semplicemente come mimo e figurante, prestanome di un’alleanza. E poi giusto un anno fa, con una giravolta che fa impallidire tutti i traditori della storia, insediatosi come Ponte Girevole, come Zelig, come Buono per Tutte le Stagioni. E infine assurto al ruolo di Autocrate grazie a un virus che ha colpito il mondo. Fu allora che approfittando della disgrazia, aggirando il parere dei comitati tecnico-scientifici, snobbando il Parlamento, facendo slalom tra i poteri, giocando di sponda tra due intronati capi-delegazione del governo, più un furbetto giocoliere fiorentino che voleva stupire coi suoi poteri speciali seppur malefici, fu allora, dicevo, che il Passante di Daunia, variante umana del passante di Mestre, si insinuò, si insediò, s’impose. Eccolo, lo Zar Vanesio di tutte le Italie, assistito solo dal suo gran ciambellano cubalibre RoccoCasalino; cominciò a sparare decreti a raffica, istruzioni per l’uso della vita pubblica e privata, soldati e forze armate per le strade d’Italia al fine di arrestare il virus, che si rendeva inafferrabile; ordinò sequestri di intere nazioni in casa, rivolse messaggi diretti alla nazione tutta, appelli da Comandante Unico della Nave Italia a tutti i passeggeri, sparò promesse fantasmagoriche assolutamente prive di fondamento di soldi, benefici, godurie varie, più una selva di autoincoronamenti, autoincensamenti, autoacclamazioni.Da ultimo piegò persino i servizi segreti alla sacra corona dauna, cioè a se stesso. Tutto questo nel mutismo istituzionale di Mattarella, nel balbettamento fesso dei suoi alleati, nella disattenzione dell’Europa, mentre il suo governo dava spettacolo di cabaret dell’assurdo coi suoi ministri tirabusciò e sottosegretari da cancan che mostravano le giarrettiere della loro estrosa ignoranza a scuola, in tribunale, in storia e geografia, in lavoro ed economia, e in ogni altro settore. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo una Dittatura per Caso, dove il premier ha vinto la presidenza a tombola e poi si è impossessato del tombolone; un presidenzialismo senza voto, col gratta e vinci, un potere nato dall’allineamento di tre testicoli alle slot machine. E la beffa aggiuntiva è che il livello della classe politica è così basso, a cominciare dai suoi alleati e protettori istituzionali, che il sorteggiato, il coniglio dauno uscito dal cilindro di Mattarella, fa la sua figura, sembra perfino più serio e affidabile dei politici, arraffa consensi, si mette i partner nel taschino, appare se non brillante almeno in brillantina, impomatato e fiabesco come un Mago Zurlì delle Istituzioni.Ma intanto può spacciarsi per un Taumaturgo in quanto è attorniato da ministri che possono concorrere solo allo Zecchino d’oro. Io ci scherzo perché è agosto, perché ho voglia di essere leggero e vacanziero, perché non ho voglia di occuparmi di questo miserabile teatrino chiamato politica, perché non saprei come e con chi esercitare la lettura “politologica” e attraverso quali categorie della politica. Sono saltati tutti i parametri e ogni residua decenza. Ma il paese rispecchia il premier per caso, l’autocrate vinto con la schedina. Siamo in un paese in cui laqualunque può ereditare venti milioni di euro in un colpo solo, una megacasa milionaria, un appannaggio di un milione all’anno (pari a cento appannaggi di olgettine), affittarsi uno yatch da sessantamila euro a settimana per scorrazzare lei e la sua fidanzata. E così sputare in faccia alla miseria degli italiani. Tutta questa fortuna non perché imprenditrice, inventrice, scienziata, e nemmeno attrice, cantante, indossatrice, femme fatale o almeno mamma dei figli di un nababbo, moglie di un sultano, amante-prostituta di gran lusso (Pascà, pigghia a scopa e scop i’ scaal! Direbbero a Napoli).Non mi interessa polemizzare col lesbo-animalismo della suddetta, sindacare sui suoi gusti sessuali o insinuare che chi la paga tanto vuole che tenga la bocca cucita. Ma no, fatti loro. È che non riesco a sopportare che milioni di persone debbano vivere nel momento peggiore della loro vita, tra incertezza sul lavoro, sulla casa, sulla famiglia, e nessuno abbia nulla da obiettare, da criticare “fortune” di questo tipo e vetrine annesse. E se lo fai, è moralismo o invidia… Ma non vi un po’ schifo tutto questo? Ma quando in un paese uno per caso diventa dittatore, una per casa diventa milionaria, una comitiva di scappati di casa si fa chiamare governo, poi capite dove va a finire un paese, la sua fiducia nel futuro, negli altri, in se stesso… E che scala di priorità, di valori, di stimoli può coltivare un ragazzo che vive nell’era casalina. Benvenuti nell’Italia per caso, dove tutto va a caso di cane.(Marcello Veneziani, “La dittatura a sorteggio, il paese a caso”, da “La Verità” del 9 agosto 2020).In effetti aveva ragione lui, Giuseppe Conte. Passerà alla storia. L’Italia sarà un caso da studiare, unico, speciale, da manuale. Abbiamo inventato un modello senza precedenti: un regime monocratico, para-dispotico, semi-dittatoriale, in cui l’uomo solo al comando, l’autocrate, non è un dittatore venuto da un golpe militare, non è il capo di un partito o un movimento che conquista il potere, non è un duce salito su dal popolo che marcia sulla capitale e dispone di un consenso popolare e una milizia agguerrita, non è il discendente di una dinastia che decide di incoronarsi monarca assoluto, non è un tecnocrate andato al potere come Massimo Esperto che poi sospende la democrazia per governare coi pieni poteri e non è nemmeno il viceré, il proconsole, il governatore insediato da una potenza straniera alla guida di un paese colonizzato. Ma è un signore chiamato in fretta e furia a Palazzo Chigi per sostituirne un altro che non piaceva a Mattarella e all’Establishment, uno rimediato sull’agendina del capetto di un partito. Così venne sorteggiato un professoricchio di terza fila dal curriculum taroccato, un avvocaticchio subappenninico mai notato nella vita della repubblica, uno che non è mai passato dalle urne, da governi dei tecnici, da commissioni di garanti, da riconoscimenti, da selezioni di miss Italia.
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Covid, sapevano tutto: potere di vita o di morte su di noi
Avrebbero potuto proteggerci dalla pandemia e non l’hanno fatto: perché? Già il fatto che non ci abbiano protetto è una notizia. I grandi media ci hanno raccontato che il coronavirus è stato uno tsunami che ci ha preso alla sprovvista, e per questo motivo non avevamo difese. Io invece ho scoperto altro, facendomi domande: e non capisco perché gli altri giornalisti non se le siano poste, in questi mesi. Noi viviamo in un mondo in cui il bene più prezioso che esista è il possesso delle informazioni che riguardano il nostro futuro. Vale in ogni ambito: politico, sociale, di sicurezza, meteorlogico, economico-finanziario. Tutti i soggetti investono enormi risorse per capire in anticipo che cosa accadrà, e quindi agire di conseguenza. Questo è il mondo del XXI secolo: è fatto così. Quindi trovavo assurdo che, in un mondo del genere, nessuno avesse nemmeno provato a prevedere l’arrivo di un virus. Ho fatto ricerche anche banali, consultando fonti ufficiali: quelle prodotte dai governi, dagli istituti di ricerca, dalle organizzazioni internazionali. E così ho scoperto che il coronavirus è stato l’evento più annunciato del XXI secolo, il più previsto. Allora, se tutti lo sapevano (tutti quelli che dovevano saperlo), è possibile che non ce ne sia stato uno che abbia mosso un dito per cercare di proteggerci? Non uno che abbia avvertito la popolazione mondiale, tutti noi, dell’arrivo di questo virus, per trovare il modo di proteggerci prima ancora che arrivasse.
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Caccia ai ladri di polli, in un pollaio già venduto alle volpi
Grande scandalo e caccia all’uomo, per i 5 polli (o ladri di polli) che hanno richiesto i mitici 600 euro in aggiunta ai quasi 13.000 dell’emolumento parlamentare, in un’aula dove, appena eletto – ricordano Nicola Bizzi e Marco Della Luna – ogni deputato viene assediato da lobbisti di ogni risma, pronti a strapagarlo sottobanco perché favorisca ogni tipo di business, con leggi e leggine, pareri, emendamenti e “suggerimenti” in sede di commissione. Lo tsunami contro i 5 sconsiderati arraffoni si scatena tempestivamente, alla vigilia di un referendum in cui si vorrebbe dimezzare l’intero pollaio in nome della moralità pubblica, in un paese che non decide più niente ma si limita a ratificare decisioni prese altrove, e dove si impedisce persino all’ultimo baluardo civico rimasto, i Comuni, di avere voce in capitolo su materie come il 5G. Tanto varrebbe abolirlo anche di nome, un Parlamento già soppresso (di fatto) dai signori che hanno imposto a Giuseppe Conte di sprangare l’Italia, riducendola in bolletta. Del resto a che serve, ormai, un’aula sorda e grigia dove la maggioranza silenziosa applaude un governo telecomandato da poteri anti-italiani, e la stessa opposizione non osa contrastarne la traiettoria deliberatamente suicida per il sistema-paese?Contro i cinque impresentabili tuona persino il fantasma di Di Maio, forse in memoria delle sue vite precedenti, mentre a fregarsi le mani sono i soliti sovragestori delle vicende italiane: tanto meglio, per loro, se i rappresentanti del popolo perdono anche l’ultima briciola di onorabilità. Quando il copione fu allestito per la prima volta, all’inizio degli anni Novanta, la criminalizzazione della politica ci sprofondò nelle acque in cui si nuota tuttora, con le buche nelle strade e il bilancio italiano scritto direttamente da Angela Merkel. Un piano perfezionato dalla seconda ondata, quella contro l’inguardabile Berlusconi, che propriziò il colpo mortale all’economia del Belpaese e l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, cioè la morte civile dello Stato (inclusi i viadotti che crollano) firmata anche dal giulivo Bersani. Ora a quanto pare siamo all’atto finale: la richiesta, anche formale, di “terminare” l’Italia come potenza industriale e come residuo sistema democratico. Supremi demiurghi dell’illusionismo, i 5 Stelle: strepitarono contro la micro-casta delle auto blu per meglio tacere di fronte alla maxi-casta dell’obbligo vaccinale, fino a estrarre dal cilindro “l’avvocato del popolo”, giunto da lontano sotto mentite spoglie per poi incarcerarlo, il popolo, consegnando la chiave della prigione a menti raffinatissime che non parlano italiano.Il topos umoristico – la volpe a guardia del pollaio – racconta bene gli ultimi tre decenni, dominati da figure sovrastanti come Prodi e Draghi, al servizio dei grandi privatizzatori, fino alla stagione di Grillo e di Colao, della “sindrome cinese” e dei soliti noti che dall’affare-coronavirus pensano di trarre vantaggi definitivi, epocali, in termini di soppressione della sovranità sociale, politica, economica. Quando ancora esistevano i partiti ideologici – quindi, virtualmente, i progetti per il futuro – certo non mancavano i “mariuoli”, ma nemmeno gli statisti. Oggi, le elezioni sono diventate completamente irrilevanti, così come il Parlamento stesso: amputarlo ulteriomente, con il più ipocrita dei referendum (rispamiare due spiccioli per meglio occultare la razzia, la svendita di un intero paese) significa impedire al morto di resuscitare, un giorno, nel caso dovesse ricomparire un brandello di dignità democratica sotto forma di politica. Il popolo delle mascherine correrà in massa a votare per tagliare ulteriormente la rappresentanza, lasciando che siano eletti solo i candidati più lontani dai territori e più fedeli ai leader di cartapesta? Stavolta non servirà nemmeno il quorum, curioso residuato di tempi migliori, in cui il potere politico doveva tener conto almeno degli umori del cosiddetto popolo sovrano.(Giorgio Cattaneo, 12 agosto 2020).Grande scandalo e caccia all’uomo, per i 5 polli (o ladri di polli) che hanno richiesto i mitici 600 euro in aggiunta ai quasi 13.000 dell’emolumento parlamentare, in un’aula dove, appena eletto – ricordano Nicola Bizzi e Marco Della Luna – ogni deputato viene assediato da lobbisti di ogni risma, pronti a strapagarlo sottobanco perché favorisca qualunque tipo di business, con leggi e leggine, pareri, emendamenti e “suggerimenti” in sede di commissione. Lo tsunami contro i 5 sconsiderati arraffoni si scatena tempestivamente, alla vigilia di un referendum in cui si vorrebbe dimezzare l’intero pollaio in nome della moralità pubblica, in un paese che non decide più niente ma si limita a ratificare decisioni prese altrove, e dove si impedisce persino all’ultimo baluardo civico rimasto, i Comuni, di avere voce in capitolo su materie come il 5G. Tanto varrebbe abolirlo anche di nome, un Parlamento già soppresso (di fatto) dai signori che hanno imposto a Giuseppe Conte di sprangare l’Italia, riducendola in bolletta. Del resto a che serve, ormai, un’aula sorda e grigia dove la maggioranza silenziosa applaude un governo telecomandato da poteri anti-italiani, e la stessa opposizione non osa contrastarne la traiettoria deliberatamente suicida per il sistema-paese?
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“Conte lavora in segreto per Trump, che può salvare l’Italia”
Siamo a un bivio storico: la fine del mondo nel quale siamo cresciuti o la resurrezione dell’umanità. L’aspetto più fastidioso è che niente è come sembra, e nessuno è quel che dice di essere. Avete dato a Trump del brutale razzista? Avete capito male: i “buoni” che lo contrastano in nome dei diritti (dei neri, magari) sono gli strumenti principali dell’Asse del Male, travestiti da operatori umanitari. L’altra cosa che molti non hanno ancora compreso è che il coronavirus non è stato un incidente sanitario, ma un progetto terroristico: una drammatica accelerazione per cancellare la democrazia. E persino nella cruciale Italia nessuno gioca a carte scoperte: nemmeno Conte. Sembra un mediocre burattino nelle mani della Merkel e di Macron, deciso a “suicidare” quel che resta del Belpaese: e invece, il devastante lockdown “cinese” che ha messo volutamente in ginocchio l’Italia è servito a rendere evidente il potere abusivo dell’Ue, vero cardine europeo del Nuovo Ordine Mondiale neoliberista, fondato sulla degradazione del cittadino, trasformato in suddito neo-feudale. E’ la tesi sviluppata da Mitt Dolcino sul suo blog, in cui si propone – in parallelo – la suggestiva analisi di Cesare Sacchetti, mutuata dal blog “La Cruna dell’Ago”.Identiche le conclusioni: il mondo è appeso alla rielezione del ruvido Donald Trump, frontman dello schieramento sotterraneo che – giocandosi tutto – oggi si oppone alla logica del dominio schiavistico che starebbe cercando di assestare il colpo di grazia alla popolazione del pianeta, sottomessa al regime psico-terroristico della nuova polizia sanitaria. Mitt Dolcino riprende le parole che Trump ha pronunciato il 6 agosto al Whirlpool Plant dell’Ohio, il vero “swing State” per antonomasia: chi vince in Ohio, poi arriva alla Casa Bianca (o appunto, ci resta). «Ho un sacco di nemici, là fuori», ha detto Trump. «Questa potrebbe essere l’ultima volta che mi vedrete, per un po’». Ha aggiunto: «Ho un sacco di nemici molto, molto ricchi, che non sono contenti di quello che faccio. Ma credo che abbiamo una sola possibilità di farlo, e nessun altro presidente farà quello che faccio io». Altrettanto interessante, segnala Dolcino, è la “lettera all’America” scritta due giorni prima dal generalissimo Michael Flynn, super-consigliere di Trump nel 2016 e prontamente silurato dal Deep State rivale attraverso la montatura del Russiagate.«Stiamo assistendo a un feroce assalto da parte dei nemici di tutto ciò che è buono, e il nostro presidente deve agire in modi senza precedenti da decenni, forse secoli», scrive Flynn: «La natura biblica del bene contro il male non può essere sottovalutata, mentre esaminiamo ciò che sta accadendo nelle strade d’America». Flynn accusa «il marxismo sotto forma di “antifa” e il movimento Black Lives Matter», che contesta in modo eversivo le forze dell’ordine. Per Flynn, «è in gioco il destino degli Stati Uniti», e quindi «il futuro stesso del mondo intero è minacciato». Al di là dei toni apocalittici, Flynn centra il bersaglio vero: il Deep State reazionario non si aspettava di perdere la Casa Bianca, nel 2016, cioè il posto di comando più importante, il controllo della potenza imperiale egemone. Come l’ex primate cattolico Carlo Maria Viganò, autore di una lettera in cui esorta Trump a combattere “le forze le male”, anche Flynn ricorre all’ambientazione simbolica con cui la teologia (cristiana) ha interpretato a modo suo la Bibbia: «Nessun nemico sulla terra è più forte delle forze unite di persone timorate di Dio e amanti della libertà», scrive Flynn.Il generale fa eco al documento indirizzato alla Casa Bianca dall’ex rappresentante vaticano negli Usa, noto esponente del clero più retrivo e tradizionalista, avverso alle libertà sociali e ai diritti civili. «Non possiamo più fingere che queste forze oscure se ne vadano con la sola preghiera». Le preghiere sono importanti, scrive Flynn, ma è necessaria un’azione: «Questa azione – avverte il generale – è necessaria a livello locale, statale e federale», oltre che «in ambito economico, mediatico, clericale ed ecclesiastico». In pratica, si tratta di «affrontare di petto quei “leader” della comunità che sono disposti a consentire alle forze oscure di andare oltre le proteste pacifiche e distruggere e violare la vostra sicurezza e protezione». Non lasciamoci intimidire, esorta Flynn: «Non temiamo coloro che gridano che siamo in minoranza: non lo siamo», aggiunge l’alto ufficiale, sicuro del fatto che «il bene è sempre più potente e prevarrà sul male». Insiste il generale: «L’America non cederà mai al male: gli americani lavorano insieme per risolvere i problemi». E conclude: «Siamo “una nazione sotto Dio” e sono le nostre libertà individuali che ci rendono forti».Cosa sta succedendo? «Da settembre ci sarà il cambio di passo», profetizza Mitt Dolcino. E in questo contesto «i sodali globalisti, quelli che hanno rovinato la vita a molti di voi che leggete, sono terrorizzati: i servizi segreti militari Usa “sono in full power”, ben rappresentati dall’anima del generale Flynn». Probabilmente, aggiunge Dolcino, le due più grandi criticità dei nostri tempi sono l’approssimazione generalizzata, ai vertici, e l’incapacità di accettare la rottura degli schemi. «Il secondo punto è chiaro: la mega-bomba di Beriut dimostra che non c’è più riluttanza nell’usare armi devastanti, atteggiamento che durante la guerra fredda impedì il ricorso all’atomica per paura del fallout nucleare». Il secondo problema è forse anche peggiore: «Consiste nel non avere un piano, nel fare male i “compiti a casa”: lo si è visto coi gialloverdi Salvini e Di Maio, incapaci di affrontare problematiche più grandi di loro».Lo stesso Mitt Dolcino accusa la Fondazione Einaudi – che ha preteso la desecretazione degli atti governativi sul Covid – di essere manovrata da ex ministri come Domenico Siniscalco (Morgan Stanley) e Giulio Terzi di Sant’Agata, fedele a Mario Monti. La zona rossa è stata estesa a tutta l’Italia, aggiunge Dolcino, dopo che a chiedere una “zona rossa economica” – ma solo per il Nord – erano stati il sindaco di Milano, Beppe Sala (Pd) e il presidente lombardo Attilio Fontana (Lega). Una sorta di secessione economica, a cui – secondo Dolcino – il governo Conte avrebbe risposto con il lockdown nazionale (e pure la mano pesante, come monito, contro le rivolte scoppiate nelle carceri. Tradotto: sia pure “costretto” a terrorizzare gli italiani riducendoli in bolletta, “Giuseppi” starebbe facendo il doppio gioco: ha deliberatamente peggiorato la situazione, per costringere anche i ciechi a capire che, con il guinzaglio di questa Ue, il Belpaese non ha scampo. La pensa così anche un osservatore come Alessandro Sieni, traduttore italiano delle suggestioni distillate dalla misteriosa sigla Q-Anon, che allude a una sofisticata operazione dell’intelligence di Trump per smantellare il regime neoliberista con l’aiuto di una parte di Deep State conquistata alla causa democratica.In termini più precisi, il massone progressista Gioele Magaldi mette a fuoco il problema: a battersi contro i grembiulini reazionari, grandi architetti di questa globalizzazione iniqua, è la massoneria “neoaristocratica”, che nel 2016 scelse di appoggiare il massone Donald Trump (né reazionario né progressista, ma disponibile a una battaglia – di portata epocale – per ripristinare la sovranità democratica). Nella sua lettera alla Casa Bianca, monsignor Viganò mostra di non conoscere l’identità massonica di Trump (o di fingere di non conoscerla), accusando “la massoneria” di essere responsabile del grande complotto per instaurare il Nuovo Ordine Mondiale. Una lettura alla quale si attiene lo stesso Sacchetti su “La Cruna dell’Ago”, rifiutandosi di distinguere tra progressisti e reazionari. Sacchetti addirittura si spinge a leggere l’importanza dell’Italia – e del suo ruolo, nella partita in corso – in quanto culla della cristianità, come se non sapesse che il Belpaese (dal Risorgimento all’Unità) è il frutto di un progetto squisitamente libero-muratorio e anticlericale, realizzato da massoni come Garibaldi e Cavour con il sostegno della massoneria proto-europeista che nel Settecento riuscì ad abbattere il dispotismo assolutistico delle monarchie clericali alleate del Vaticano, fondando lo Stato di diritto e la democrazia elettiva basata sul suffragio universale.Comunque sia, la tesi di Dolcino, Sacchetti e Sieni è che l’imbarazzante Conte sarebbe pronto a eseguire gli ordini di Trump, al momento opportuno: quando cioè gli Usa dovessero avvertire che “la ricreazione è finita”, accusando l’Ue di aver condannato l’Italia a questa agonia, dopo aver trasformato l’Europa stessa in un caposaldo mondiale dell’ordoliberismo finanziario, capace di allearsi col peggior Deep State americano (quello travestito da “dem”), a sua volta sintonizzato con il fascio-comunismo cinese, da cui è partita la trappola mondiale del Covid-19. «In autunno, l’Italia e il mondo subiranno un altro attacco da parte del mondialismo, probabilmente definitivo, con l’accelerazione dell’operazione terroristica del coronavirus», scrive Sacchetti. «Si decideranno gli equilibri mondiali da qui ai prossimi decenni: il nuovo ordine mondiale sta per lanciare il suo assalto finale all’Italia e al mondo intero». Per “La Crepa nel Muro”, «l’umanità si trova di fronte ad una battaglia epocale, che deciderà il destino di tutti per i prossimi anni a venire». Se vincerà questo mondialismo, l’uomo per come lo si conosceva sparirà definitivamente: «Non più essere pensante dotato di libero arbitrio, ma uomo-macchina sottoposto all’esecuzione di vaccini e impianti microchip sottocutanei, senza i quali non avrà più facoltà di fare nulla».Se invece vince la resistenza contro il mondialismo, aggiunge Sacchetti, ci sarà spazio per ricominciare a vivere in una società realmente umana, non più fondata sull’odio. «Ora tocca all’America», sintetizza Sacchetti, ricordando che Viganò ha chiesto a Trump di impedire che l’Italia venga divorata definitivamente dal neoliberismo mondialista. «E’ per questo che le élite lo vogliono a tutti i costi fuori dalla Casa Bianca, e lo stesso presidente americano lo ha lasciato chiaramente intendere in un suo recente intervento, nel quale ha detto che i suoi nemici sono potenti e molto ricchi, e che per un po’ potrebbe non farsi vedere pubblicamente». Il presidente degli Stati Uniti – si domanda Sacchetti – ha voluto avvertire che la sua vita è in pericolo? Trump deve quindi proteggersi fisicamente, prima delle elezioni di novembre? «Il Deep State non è certo nuovo a risolvere i suoi “problemi” in questo modo, e a questo proposito basti pensare all’omicidio del presidente Kennedy». Conclude Sacchetti, mescolando politica e religione: «I prossimi mesi decideranno cosa ne sarà dell’umanità. Per ora, solo un fatto appare certo: se la culla del cristianesimo mondiale viene liberata, il nuovo ordine mondiale non potrà sorgere. Adesso, come non mai, è il momento di pregare per Trump e per l’Italia».Siamo a un bivio storico: la fine del mondo nel quale siamo cresciuti o la resurrezione dell’umanità. L’aspetto più fastidioso è che niente è come sembra, e nessuno è quel che dice di essere. Avete dato a Trump del brutale razzista? Avete capito male: i “buoni” che lo contrastano in nome dei diritti (dei neri, magari) sono gli strumenti principali dell’Asse del Male, travestiti da operatori umanitari. L’altra cosa che molti non hanno ancora compreso è che il coronavirus non è stato un incidente sanitario, ma un progetto terroristico: una drammatica accelerazione per cancellare la democrazia. E persino nella cruciale Italia nessuno gioca a carte scoperte: nemmeno Conte. Sembra un mediocre burattino nelle mani della Merkel e di Macron, deciso a “suicidare” quel che resta del Belpaese: e invece, il devastante lockdown “cinese” che ha messo volutamente in ginocchio l’Italia è servito a rendere evidente il potere abusivo dell’Ue, vero cardine europeo del Nuovo Ordine Mondiale neoliberista, fondato sulla degradazione del cittadino, trasformato in suddito neo-feudale. E’ la tesi sviluppata da Mitt Dolcino sul suo blog.”.
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Inferno in arrivo: Italia, senza soldi una famiglia su tre
«Se si dà uno sguardo all’ultima indagine della Banca d’Italia sulle condizioni economiche del paese dopo il Covid, si avvertirà probabilmente un brivido freddo che percorre la schiena. Il 55% degli italiani si trova ad un passo dalla soglia di povertà. Un terzo delle famiglie italiane tra tre mesi non avrà più sufficienti riserve. L’ossigeno finirà in autunno e molti non avranno più nemmeno le risorse necessarie per comprare il pane. Quella che sta per arrivare è una ondata tale che trascinerà il paese in un vortice di caos e violenza mai visti dalla fine del secondo conflitto mondiale». Lo scrive Cesare Sacchetti, autore di un’articolata analisi del dramma italiano sul blog “La Cruna dell’Ago”. Sacchetti cita Massimo Cacciari, definito «uomo da sempre vicino agli ambienti globalisti», il quale «non ha avuto pudori nel descrivere ciò che sta per arrivare in Italia». Le sue parole infatti non lasciano spazio a dubbi: «In autunno la situazione sociale ed economica sarà drammatica, con pericoli per l’ordine sociale», ha detto il filosofo veneziano. «Per stare a galla, il governo dovrà coprirsi dietro il pericolo della pandemia e tenere le redini in qualche modo. Una dittatura democratica sarà inevitabile». A parte la definizione paradossale e ipocrita di “dittatura democratica”, è chiaro – sottolinea Sacchetti – a cosa si sta andando incontro.Secondo l’analista, quello nel quale stiamo piombando «è uno scenario da guerra civile, accuratamente voluto e preparato dal governo e dalle élite internazionali che lo dirigono». Lucida la fotografia: «L’attenzione del pubblico è stata interamente rivolta contro un virus che ad oggi non è stato in grado di fare più morti nel mondo della comune influenza stagionale, al netto di tutte le falsificazioni fatte sui numeri». Mentre le masse sono state messe le une contro le altre «magistralmente, e in maniera criminosa», per i dettagli del distanziamento, cioè l’uso di guanti e mascherine, «il regime è andato avanti e ha portato una sospensione delle libertà personali senza precedenti dal 1945». Per il momento, sembra che la prevista proroga dello stato di emergenza non ci sarà. Ma questo non cambia nulla, rispetto allo scenario che sta per arrivare: «La crisi ci sarà e sarà devastante, così come le possibili rivolte», scrive Sacchetti. «E’ a quel punto che la proroga oggi messa nel cassetto potrebbe essere ritirata fuori domani, per portare ad un’altra durissima repressione. Il pretesto sarà ancora una volta il Covid-19, e su questo avranno un ruolo fondamentale i media nel regolare al massimo la manopola del terrore del virus».Il punto massimo di rottura, aggiunge Sacchetti, sarà probabilmente raggiunto nei prossimi mesi: al che, il rischio di tumulti sarà estremamente elevato. Ecco perchè il virus “serve”, sostiene l’analista: «Serve a mantenere in vita il colpo di Stato consumatosi lo scorso gennaio». L’autore si domanda perchè «le élite mondialiste», che stanno «coordinando in diverse parti del mondo uno scenario di dittatura globale», si siano accanite così tanto, in modo particolare, contro l’Italia, che sarebbe uno snodo centrale per l’instaurazione del cosiddetto “nuovo ordine mondiale”. Sacchetti cita l’ex agente dei servizi segreti britannici, John Coleman, che nel libro “Il comitato dei 300” denunciò come la “morte” del nostro paese «fosse stata decretata molti anni prima da uno dei circoli più importanti del mondialismo, il Comitato dei 300, che a sua volta controlla fermamente il Club di Roma, fondato da Aurelio Peccei, uomo degli Agnelli, e il club Bilderberg, un altro gruppo globalista del quale fanno parte tra gli altri l’attuale capo della task-force del governo, Colao».L’attacco all’Italia, sempre secondo Sacchetti, sarebbe articolato anche sul piano religioso, colpendo il paese che ospita e custodisce la tradizione cristiana. In linea con il tradizionismo ottocentesco di monsignor Carlo Maria Viganò, l’analista accusa Bergoglio di essere complice «della strategia di secolarizzazione e scristianizzazione perseguita dalle élite contro l’Italia». In primo piano, nella riflessione di Sacchetti, resta però l’aspetto economico: il “colpo di grazia” impartito dal folle lockdown imposto dal governo Conte sarebbe solo l’ultimo passo della devastazione avviata negli anni ‘80 dalla privatizzazione dell’Iri, con Romano Prodi, e proseguita negli anni ‘90 da Mario Draghi. «Infine, il passaggio al disastroso modello economico ordoliberale, l’ingresso della moneta unica e la conseguente adozione di un cambio troppo pesante per i parametri dell’economia italiana – aggiunge Sacchetti – hanno dato un’ulteriore accelerazione al processo di deindustrializzazione del paese, a tutto beneficio del cartello mercantilista nord-europeo, rappresentato dall’industria tedesca e olandese, che di converso hanno beneficiato di un cambio artificialmente svalutato».Ora siamo alle battute finali, secondo Sacchetti. «E’ stato fatto un lavoro scientifico di demolizione di una nazione dal punto di vista materiale e spirituale, ma non si è ancora giunti al suo annichilimento totale. Serve qualcosa di ancora più devastante. In questo senso, la crisi da Covid si è rivelata perfetta, perché le previsioni economiche parlano di un crollo verticale del Pil pari a -12%». L’Italia, prosegue l’analista, sarà il paese che subirà quella che sarà considerata probabilmente «la più grave repressione economica della storia economica internazionale». Di fronte ad una situazione così drammatica, i disordini potrebbero essere inevitabili, «e il governo fantoccio nelle mani delle élite lo sa perfettamente: per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, mancherà il pane a milioni di persone». Ecco perché, secondo Sacchetti, «è necessaria la farsa della seconda ondata: per disinnescare qualsiasi tentativo di rivolta e usare il pugno duro della repressione dittatoriale contro le rivolte di piazza».Quando questa crisi raggiungerà l’apogeo e l’instabilità sarà totale, «allora con ogni probabilità questo traballante governo uscirà di scena, e i segnali di una sua dipartita precoce sembrano esserci già adesso». Lo stesso Sacchetti nota l’anomalo comportamento del viceministro della sanità, il grillino Pierpaolo Sileri: «Durante la crisi da Covid non osava pronunciare una parola contro il governo di cui fa parte», e ora invece «sembra essere investito da una sorta di incontinenza verbale acuta, che lo sta portando praticamente a rinnegare tutto quanto fatto dal suo stesso governo in materia di gestione Covid». Prove di fuga dalla nave che sta per affondare? La verità è che le l’élite che hanno sovragestito il Covid, manovrando il governo Conte, «stanno permettendo deliberatamente che il paese venga travolto dalla crisi», per poi passare alla “soluzione” già pronta: «Un altro governo tecnico, stavolta nelle mani di quello che appare ancora essere il candidato preferito dall’establishment, ovvero Mario Draghi, sicario economico che ha avuto un ruolo da protagonista nell’accompagnare il processo di smantellamento dell’Italia».Sacchetti non crede al “pentimento” dell’ex presidente della Bce: «Draghi a Palazzo Chigi darebbe il via all’ultima stagione di saccheggio della nazione, e gli ultimi residui gioielli in mano allo Stato verrebbero messi sul mercato a prezzi di saldo: non sarebbe altro che l’esecuzione del piano Colao», che prevede di cedere agli stranieri anche gli asset stratetgici, trasporti e infrastrutture, porti e aeroporti. «Sarebbe una privatizzazione di massa dell’intero sistema-paese». Qualcuno sostiene che Draghi sarebbe tornato alle sue origini progressiste e keynesiane? Sacchetti non ci crede: sul “Financial Times”, Draghi ha invitato a espandere i debiti pubblici, «senza dire però a quali condizioni e senza sottolineare che quella espansione, senza un ombrello della banca centrale che inietta moneta per garantire la solvibilità del debito, si rivelerebbe disastrosa».Secondo Sacchetti, quella clamorosa sortita sul quotidiano finanziario ha l’aria di essere un’abile mossa essenzialmente tattica e ingannevole, per evocare «la narrazione di una immaginaria conversione di Draghi», che nel frattempo ha incontrato di Di Maio e presto vedrà il vero capo del Pd (Franceschini), mentre Bergoglio lo ha appena “promosso” nella Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. «Dal caos sociale ed economico, volutamente preparato e orchestrato dai mondialisti, uscirà il governo che dovrà infliggere il colpo di grazia al paese», insiste Sacchetti: «In autunno si consumerà quindi l’aggressione finale del clan globalista contro l’Italia». In sostanza, «si sta per combattere una battaglia decisiva, che deciderà il destino di milioni di persone, non solo in Italia, ma nel mondo». Attenzione: «La madre di tutte le battaglie si combatterà in Italia, nel cuore dell’Occidente cristiano dove tutto ebbe inizio 2000 anni fa, e dove tutto sembra di nuovo finire oggi».«Se si dà uno sguardo all’ultima indagine della Banca d’Italia sulle condizioni economiche del paese dopo il Covid, si avvertirà probabilmente un brivido freddo che percorre la schiena. Il 55% degli italiani si trova ad un passo dalla soglia di povertà. Un terzo delle famiglie italiane tra tre mesi non avrà più sufficienti riserve. L’ossigeno finirà in autunno e molti non avranno più nemmeno le risorse necessarie per comprare il pane. Quella che sta per arrivare è una ondata tale che trascinerà il paese in un vortice di caos e violenza mai visti dalla fine del secondo conflitto mondiale». Lo scrive Cesare Sacchetti, autore di un’articolata analisi del dramma italiano sul blog “La Cruna dell’Ago“. Sacchetti cita Massimo Cacciari, definito «uomo da sempre vicino agli ambienti globalisti», il quale «non ha avuto pudori nel descrivere ciò che sta per arrivare in Italia». Le sue parole infatti non lasciano spazio a dubbi: «In autunno la situazione sociale ed economica sarà drammatica, con pericoli per l’ordine sociale», ha detto il filosofo veneziano. «Per stare a galla, il governo dovrà coprirsi dietro il pericolo della pandemia e tenere le redini in qualche modo. Una dittatura democratica sarà inevitabile». A parte la definizione paradossale e ipocrita di “dittatura democratica”, è chiaro – sottolinea Sacchetti – a cosa si sta andando incontro.
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Per gli idioti, la pandemia colpisce solo gli scettici sovranisti
Hanno trasformato la pandemia in pantomima. Una tragedia mutata in pagliacciata globale. Dunque, lo schema della fiaba con intenti moralistici e punitivi è il seguente. La pandemia nata in Cina, cresciuta in Asia, infuria nel mondo ma ci sono tre nazioni carogne guidate da tre canaglie che sono paladini, impresari e veicoli della pandemia. I tre porcellini in questione si chiamano Donald Trump, Boris Johnson e Jair Bolsonaro, e guarda caso sono tutti “sovranisti”, conservatori o nazional-populisti. Una mezza scomunica arriva pure all’India dove c’è un mezzo nazionalista, Narendra Modi. E una velenosa maledizione scende sulla Russia del Maledetto Zarista-sovranista Vladmir Putin. Il Covid ha una sua morale progressista, secondo i media, punisce chi dubita della sua virulenza ed è sovranista. Fa eccezione la Svezia dove un governo socialdemocratico ha usato la linea aperta sul Covid ma per questi non vale la punizione divina né l’allarme sui dati. Sugli altri paesi si dice poco e niente, le stragi del Covid in Africa, in Asia o nei Caraibi vengono dimenticate, i contagi tra i migranti passano in sordina, e comunque mai col tono usato per i Tre Porcellini, che è riassunto nell’espressione “ben ti sta”, “te lo sei cercato”.Se Johnson o Bolsonaro risultano positivi al virus è un peana euforico degli umanitari, un inno progressista al Covid, un’ola di liberazione che fa il tifo per la Bestia, che in questo caso è il virus, anche se per loro la Vera bestia è la sua vittima sovranità. È inutile dire che la traduzione dei Tre Porcellini in Italia è Prosciutto & Meloni, ove per Prosciutto s’intende Salvini-Suini e per Meloni s’intende Giorgia regina de’ Coatti. Avvertenza d’obbligo, anche se più volte espressa: nessuna simpatia per Trump e Bolsonaro (un po’ per Johnson), antipatia per i loro nemici e competitori. Ogni giorno, a partire da quella cloaca grillo-contina che è il Tg1, lo schema è sempre lo stesso: i Buoni sono la Cina e la Contea d’Italia da cui arrivano notizie radiose e profilassi efficaci, mentre i cattivi sono gli Usa, il Brasile, la Russia, ecc., da cui arrivano sempre notizie sinistre condite da errori colossali dei leader. L’impressione che lasciano ai cittadini italiani è che quei paesi stiano toccando vertici pazzeschi di contagio e di vittime e siano esposti al male per una scelta ideologica folle prima che sanitaria: sono stati liberisti con il virus, hanno lasciato proseguire l’economia, hanno lasciato a piede libero le popolazioni, dunque vanno puniti e intubati.Allora vorrei fare una piccola riflessione che non è un pensiero profondo ma un calcolo elementare e banale di quelli che si fanno sui libri delle scuole elementari. Dunque, prendiamo la tabella delle vittime e paragoniamo. Il Brasile, che dai nostri media sembra il paese più devastato, ha attualmente 66mila morti. La popolazione brasiliana è composta di 209 milioni di persone, cioè tre volte e mezzo circa l’Italia. In Italia sono morte circa 36mila persone su 60 milioni: la percentuale di vittime da noi è decisamente più alta, almeno finora. Ma la nostra percentuale è più alta persino degli Stati Uniti, se si considera che gli Usa hanno una popolazione cinque volte superiore all’Italia e hanno 130mila morti. In percentuale, l’Italia ha lo 0,60, gli Usa lo 0,43, il Brasile lo 0,33 di deceduti rispetto alle popolazioni. Ancora: la malefica, devastata Russia ha “solo” 11mila morti su una popolazione di 150 milioni. Nell’India sotto Covid i morti sono 15mila, su un miliardo e quattrocento milioni d’abitanti…Facile e giusta l’obiezione: ci sono paesi in cui i morti non si contano, almeno non in relazione al Covid. Certo, vale per il Brasile come per la Russia e l’India, ma come per la Cina, che dichiara un numero di morti inattendibile rispetto alla realtà, e Cuba e tanti altri paesi del Terzo Mondo, per non dire dell’Africa. Dai dati ufficiali risulta che il nostro paese è stato tra i più colpiti al mondo, nonostante il lockdown e le vanterie governative. E ha, non mi stancherò di ripeterlo, una percentuale altissima di deceduti nel rapporto tra contagiati e morti. Nel mondo, tuttora, siamo con gli inglesi ai vertici della classifica. Dipenderà dai tamponi praticati, o come dicono alcuni ridicoli fintopatrioti, dipende dal fatto che noi abbiamo dichiarato i dati veri, perché noi siamo notoriamente onesti, universalmente noti come i più onesti al mondo, mentre tutti gli altri no… A parte che non è vero, anche da noi sia i contagiati che le vittime in Lombardia erano in realtà molte di più; non c’è dunque una spiegazione razionale, o almeno ragionevole, alla tesi che nelle classifiche mondiali di contagiati e deceduti noi soli avremmo dato i numeri veri e perciò risultiamo quelli dove ci sono più morti in relazione al numero dei contagiati.Tutto questo non ci porta a capovolgere la pantomima dei media ma a ripristinare perlomeno la verità: non possiamo reputarci meno colpiti dei brasiliani, degli statunitensi, dei russi, degli indiani e di chi volete voi. Siamo nelle stesse condizioni, anche se in tempi diversi e nonostante le profilassi diverse. Sul piano delle responsabilità bisogna certo rimarcare i ritardi, le sottovalutazioni, gli errori, e poi i falsi ottimisti, perniciosi quanto i catastrofisti e i terroristi sanitari. Ma evitiamo per favore di dare una lettura politica, ideologica o addirittura elettorale (vedi Trump) alla pandemia. Altrimenti stabiliamo pure un nesso tra il Covid è le repressioni cinesi a Hong Kong (su cui tacciono tutti in Italia, e il ministro degli esteri Di Maio evidentemente crede che la Cina stia combattendo eroicamente contro King Kong).Non dimentichiamo che i paesi in questione sono stati i destinatari incolpevoli del virus e il mittente colposo, almeno così possiamo chiamarlo, è la Repubblica Popolare Cinese; e se non vogliamo tirare ancora in ballo la questione dei laboratori e dei ritardi e omertà nel dare notizia del virus, dobbiamo almeno dire che le abitudini alimentari cinesi sono ancora pericolosamente incuranti dei rischi provenienti da alcune carni e alcuni animali. Perché se tutto si riduce alla fatua, manichea, puerile distinzione politica, allora dite pure che i sovranisti sono stati attaccati dal morbo, ma aggiungete che a veicolarlo nel mondo è stato la Cina comunista, che sta usando tutte le armi, dal virus al 5G, per conquistare l’egemonia planetaria. Agli idioti in malafede si parla nel loro lessico e si usano le loro stesse equazioni.(Marcello Veneziani, “La pandemia colpisce gli scettici e i sovranisti”, da “La Verità” del 10 luglio 2020).Hanno trasformato la pandemia in pantomima. Una tragedia mutata in pagliacciata globale. Dunque, lo schema della fiaba con intenti moralistici e punitivi è il seguente. La pandemia nata in Cina, cresciuta in Asia, infuria nel mondo ma ci sono tre nazioni carogne guidate da tre canaglie che sono paladini, impresari e veicoli della pandemia. I tre porcellini in questione si chiamano Donald Trump, Boris Johnson e Jair Bolsonaro, e guarda caso sono tutti “sovranisti”, conservatori o nazional-populisti. Una mezza scomunica arriva pure all’India dove c’è un mezzo nazionalista, Narendra Modi. E una velenosa maledizione scende sulla Russia del Maledetto Zarista-sovranista Vladmir Putin. Il Covid ha una sua morale progressista, secondo i media, punisce chi dubita della sua virulenza ed è sovranista. Fa eccezione la Svezia dove un governo socialdemocratico ha usato la linea aperta sul Covid ma per questi non vale la punizione divina né l’allarme sui dati. Sugli altri paesi si dice poco e niente, le stragi del Covid in Africa, in Asia o nei Caraibi vengono dimenticate, i contagi tra i migranti passano in sordina, e comunque mai col tono usato per i Tre Porcellini, che è riassunto nell’espressione “ben ti sta”, “te lo sei cercato”.
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Rispunta Draghi, e brucia un’altra cattedrale in Francia
Tanti anni fa, Guido Ceronetti scrisse che in fondo al cuore malato di ogni piromane c’è sempre un impulso irrefrenabile e sacrilego, forse neppure consapevole, nel fare strage dell’ancestrale sacralità del bosco, a lungo venerato come antica dimora delle divinità. Nel medioevo furono i maestri massoni, dall’alto delle loro conoscenze vitruviane e pitagoriche, a erigere spettacolari cattedrali dominate da imponenti colonnati, vere e proprie “foreste di pietra” che ricordano da vicino la maestà dei grandi alberi. Lo sottolinea Michele Giovagnoli, nel saggio “La messa è finita” (UnoEditori): dopo aver sterminato gli alberi secolari, il culto romano sostituì il bosco naturale con quello artificiale, urbano e marmoreo. Giovagnoli cita il Concilio di Nantes, che si svolse attorno all’anno 890, quando le campagne europee brulicavano ancora di ferventi pagani: all’epoca, scrive l’autore, l’albero millenario – meta di pellegrinaggio – era venerato come un’entità divina. Per questo, la Chiesa medievale dispose che le grandi querce venissero abbattute, eradicate, fatte a pezzi e infine bruciate: un rogo rituale, come quello destinato agli eretici. Fa notizia, oggi, l’incendio che il 18 luglio ha devastato proprio la cattedrale di Nantes, irrequieta città storicamente incline a essere associata alla Bretagna, più che alla Francia.E’ il secondo incendio, nel giro di un anno, che colpisce una cattedrale francese: il 15 aprile 2019 andò in fumo il tetto di Notre Dame de Paris, monumento-simbolo della capitale e grandiosa chiesa di origine templare consacrata alla Maddalena, patrona della Francia, paese che ancora oggi coltiva la memoria leggendaria del presunto sbarco in Camargue, a Sainte-Marie-de-la-Mer, delle “Marie venute dal mare”, dopo i fatti di Gerusalemme, a diffondere il cristianesimo in Europa. Una missione che si vuole propiziata dal misterioso Giuseppe d’Arimatea, il potente armatore che secondo la tradizione evangelica riscattò da Pilato le spoglie del Nazzareno dopo la crocifissione. Un evento su cui in tanti hanno ricamato storie, fino al “Codice da Vinci” di Dan Brown, ipotizzando una discendenza terrena di Jeoshua-Gesù. Il templarismo, che sognava una sorta di unità europea ante litteram basata sul superamento delle frontiere, custodiva probabilmente il ricordo della primissima Chiesa cristiana, quella di Giacomo, lungo la rotta del “campo di stelle” (Compostela), un tratto di Via Lattea destinato a unire idealmente Gerusalemme a Roma. Sulle rive del Tevere, invece, in capo a tre secoli si sarebbe poi insediato il potere cattolico, per volere dell’imperatore Costantino: una solidissima burocrazia religiosa basata sull’alleanza – storicamente infondata – degli apostoli Pietro e Paolo, quelli a cui è dedicata la cattedrale di Nantes ora colpita dalla furia incendiaria.Era l’8 aprile 2020 quando prese fuoco, a Città della Pieve, il tetto della dimora umbra di Mario Draghi: dell’ex presidente della Bce si parlava con insistenza, come possibile successore di Giuseppe Conte. A fine marzo, con una clamorosa lettera pubblicata dal “Finacial Times”, Draghi aveva annunciato una svolta copernicana per uscire dalla crisi economica prodotta dall’austerity europea e aggravata dal lockdown imposto in occasione del coronavirus. La sua ricetta: emissione illimitata di moneta, per soccorrere Stati, aziende e famiglie con aiuti immediati e a fondo perduto. In passato artefice di primissimo piano dell’euro-sistema basato sul rigore finanziario, Draghi ha compiuto un dietrofront inaudito, richiamandosi al New Deal di Roosevelt e alla lezione di Keynes basata sull’intervento diretto dello Stato nell’economia. Afferma Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014): già distintosi tra i massimi leader del fronte massonico reazionario, protagonista del neo-feudalesimo europeo basato sull’austerity, Draghi ha abbandonato i circuiti massonici “neoaristocratici” per essere accolto nei ranghi della massoneria sovranazionale “progressista”, che predica la fine dell’attuale governance Ue dominata da oligarchie finanziarie neoliberiste e post-democratiche. Si tratta di un network massonico sovranazionale che, secondo Magaldi, è lo sponsor occulto del nuovo superpotere globale cinese, vero protagonista dell’evento-Covid interpretato come laboratorio anche sociale, fondato sulla sospensione delle libertà occidentali.Sui giornali, lo stesso Draghi è tornato il 10 luglio scorso, quando Papa Francesco lo ha nominato tra i membri eccellenti della prestigiosa Pontificia Accademia delle Scienze Sociali: un “endorsement” decisamente vistoso, che sembra preludere a un imminente ingresso di Draghi alla guida dell’Italia. Evento che pare confermato dai recenti, reclamizzati colloqui con politici italiani, tra cui lo stesso Di Maio, proprio mentre Giuseppe Conte (vicinissimo all’Oltretevere) annaspa ancora nella palude di Bruxelles, senza riuscire a portare a casa alcun risultato utile a risollevare l’economia nazionale, ormai in stato di drammatica emergenza. Segnali incrociati: luce verde a Draghi, che in ultima analisi punterebbe al Quirinale dopo Mattarella, e fuoco doloso – ancora – ad accompagnare, in qualche modo, il ritorno sulla scena pubblica dell’ex banchiere centrale europeo? E’ forse un oscuro messaggio indirizzato al Vaticano, il rogo della cattedrale consacrata a Pietro e Paolo in un paese come la Francia, oggi retto dall’oligarca Macron, già banchiere della scuderia Rothschild? Semplici coincidenze, curiose analogie o precise suggestioni cifrate? Solo due anni fa, Bergoglio accolse Macron in Vaticano con tutti gli onori, proprio mentre il presidente francese conduceva un durissimo attacco contro il governo italiano, allora “gialloverde”, col pretesto della politica contro i migranti (a cui però la Francia, per prima, aveva chiuso le frontiere).Negli ultimi anni, sempre la Francia è stata al centro di eventi oscuri come l’opaco “neoterrorismo” targato Isis, dalla strage di Charlie Hebdo (gennaio 2015) alla carneficina di Nizza (14 luglio 2016), passando per la mattanza del Bataclan. Identico il copione: il terrorista spara sulla folla – mai sui simboli del potere – per poi essere ucciso dalle forze di sicurezza, prima di poter essere interrogato. Nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo” (Revoluzione, 2016) il simbologo Gianfranco Carpeoro ha svelato la precisa simbologia – non islamica, ma massonica – dietro a quei sanguinosi attentati europei, imputati a una torbida “sovragestione” favorita da settori dell’intelligence, come quelli risultati coinvolti nel fornire le armi al commando di Charlie Hebdo (da cui la decisione del governo francese di “tombare” le indagini sul caso, apponendo il segreto di Stato). Oggi, l’Europa vive un momento decisivo: l’Italia, allo stremo, chiede soccorso all’Ue degli oligarchi ma rimedia l’ennesimo rifiuto, con l’alibi dell’intransigenza olandese. Nel frattempo, Mario Draghi si scalda in panchina, anche col placet del Papa. E pochi giorni dopo va a fuoco la cattedrale di Nantes. Il rogo è doloso: gli inquirenti hanno rinvenuto tre inneschi. Dal canto suo, Magaldi annuncia: sono in vista rivolgimenti epocali, nel mondo massonico fino a ieri dominato dall’ala reazionaria, fautrice del rigore. C’è dunque un nesso, con gli incendi? Nel paese più amato dai neo-terroristi, c’è chi fa sapere di non gradire l’ipotetica svolta che si preparerebbe?Tanti anni fa, Guido Ceronetti scrisse che in fondo al cuore malato di ogni piromane c’è sempre un impulso irrefrenabile e sacrilego, forse neppure consapevole, nel fare strage dell’ancestrale sacralità del bosco, a lungo venerato come antica dimora delle divinità. Nel medioevo furono i maestri massoni, dall’alto delle loro conoscenze vitruviane e pitagoriche, a erigere spettacolari cattedrali dominate da imponenti colonnati, vere e proprie “foreste di pietra” che ricordano da vicino la maestà dei grandi alberi. Lo sottolinea Michele Giovagnoli, nel saggio “La messa è finita” (UnoEditori): dopo aver sterminato gli alberi secolari, il culto romano sostituì il bosco naturale con quello artificiale, urbano e marmoreo. Giovagnoli cita il Concilio di Nantes, che si svolse attorno all’anno 890, quando le campagne europee brulicavano ancora di ferventi pagani: all’epoca, scrive l’autore, l’albero millenario – meta di pellegrinaggio – era venerato come un’entità divina. Per questo, la Chiesa medievale dispose che le grandi querce venissero abbattute, eradicate, fatte a pezzi e infine bruciate: un rogo rituale, come quello destinato agli eretici. Fa notizia, oggi, l’incendio che il 18 luglio ha devastato proprio la cattedrale di Nantes, irrequieta città storicamente incline a essere associata alla Bretagna, più che alla Francia.
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Sale lo spread e arriva Draghi: soluzione pronta per l’Italia
«Se Mario Draghi ha accettato di incontrare Luigi Di Maio e l’ha autorizzato a rendere noto l’incontro non è perché gliel’ha chiesto Di Maio. Deve averglielo chiesto qualcuno di molto, ma molto più autorevole. E dunque qualcuno cui non si poteva dire di no. Per sentirsi chiedere dal capo grillino di sostituire presto Conte al vertice di un esecutivo di larghe intese, gestire per due anni l’emergenza della ripresa e poi essere nominato al Quirinale al posto dell’uscente Mattarella. Sarebbe un bel percorso». Questa la lettura che, sul “Sussidiario”, offre dell’ultimo round italo-europeo un giornalista di lunga esperienza come come Sergio Luciano, già responsabile delle pagine politico-economiche della “Stampa”, del “Sole 24 Ore” e di “Repubblica”. Punto di partenza, l’ennesimo pugno di mosche rimediato da Conte a Bruxelles. In primis, Luciano chiarisce un equivoco legato all’espressione Recovery Fund: «Letteralmente “recovery” significa recupero», e quindi «soldi che ci vengono dati per poi recuperarne la gran parte». Più prestito che dono, insomma. E dato che «i partner dell’Unione politica più sgangherata del mondo non hanno alcuna fiducia l’uno dell’altro, ecco che alcuni Stati, definiti frugali ma che tali non sono affatto, si sono di buon grado accollati il ruolo dei guastafeste».Paesi come l’Olanda di Mark Rutte, che assorbono immense risorse italiane grazie al dumping fiscale, «contrastano senza mezzi termini la pretesa italiana (e non solo) di poter prendere questi soldi senza dare alcuna garanzia sulle modalità attraverso le quali ciascuno Stato debitore può ragionevolmente impegnarsi a restituirli». Proprio l’Olanda, aggiunge Luciano, «è un vergognoso caso di paradiso fiscale infra-europeo, uno di quelli che se i Trattati fossero stati scritti con la testa e non con i piedi, avrebbe dovuto essere messo al bando o ricondotto a disciplina fiscale ordinaria». Ma tant’è: gli olandesi ci sono, restano, pesano e passano pure per frugali. In sostanza, Rutte dice che l’Italia deve impegnarsi con un piano di riforme serissimo, «tanto più severo quanto meno credibile è la buona volontà italiana di por mano agli handicap pluridecennali che stanno soffocando la nostra economia». E quindi un piano particolareggiato, da monitorare nel suo andamento. «Il governo italiano pretende di poter incassare l’abbondante fetta di Recovery Fund che ci spetterebbe, 172 miliardi su 750, senza prendere in cambio alcun impegno gestionale sull’economia». Gli olandesi, invece, ripetono che prima dobbiamo presentare riforme credibili, poi dimostrare di essere capaci di attuarle (e solo dopo saremo finanziati).Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, sta mediando. E ora, scrive sempre Luciano, ha proposto una cosa che sembra un assist al governo italiano. Cioè: ogni paese fa i piani che vuole e li presenta senza dover temere il “niet” degli altri. Strada facendo, i partner potranno controllare l’attuazione delle riforme nello Stato sotto indagine e, se necessario, bloccare l’erogazione dei fondi. «Insomma: luce verde per avere i soldi, luce rossa – se serve – qualora li spendessimo male». In realtà, aggiunge Luciano, il diavolo è nei dettagli: «A Bruxelles sanno perfettamente che l’Italia, accalappiata com’è in un nodo gordiano di ingestibile burocrazia, non sarà mai in grado di presentare un piano sostenibile. Quindi, per carità di patria, anzi di Unione, possono addivenire all’idea che sui piani non si va per il sottile e si sganciano i primi soldi, riservandosi però il diritto di chiudere i rubinetti quando sarà palese che le promesse della prima ora sono state vane».Nel frattempo, si fa notare la presidente della Bce, Christine Lagarde: «Ai giornalisti che le chiedevano se i modesti importi (relativamente modesti) che settimanalmente la banca centrale tramite le sue affiliate spende per rilevare Bond statali sono sufficienti, ha detto di sì. E se considera sufficienti importi che non riescono a ridurre sotto la soglia dei 170 punti base lo spread italiano – scrive ancora Luciano – vuol dire che si prepara a utilizzare la leva dello spread, lo spauracchio numero uno, per costringere l’Italia a rientrare ne ranghi. Ma con quale governo? Con questa compagine di sprovveduti? Improbabile». Per Luciano, «rimane una speranza e anche un’incognita», cioè il governo Draghi. Innescato dalla crisi dello spread come quello (nafasto) di Monti nel 2011, ma stavolta dal segno opposto: sempre dallo spread si partirebbe – questa è l’ipotesi – ma per invertire la rotta: sarebbe dunque Draghi il garante ideale, l’uomo giusto per convincere l’Ue a cambiare le regole. A fine marzo, l’ex capo della Bce mise le carte in tavola in un editoriale sul “Financial Times”: di fronte al Covid (cioè al lockdown) c’è solo una possibilità, e cioè finanziare gli Stati con miliardi da non restituire più. Sarà dunque lo spread manovrato dalla Lagarde a spingere Mattarella a licenziare Conte e invitare Draghi a Palazzo Chigi?«Se Mario Draghi ha accettato di incontrare Luigi Di Maio e l’ha autorizzato a rendere noto l’incontro non è perché gliel’ha chiesto Di Maio. Deve averglielo chiesto qualcuno di molto, ma molto più autorevole. E dunque qualcuno cui non si poteva dire di no. Per sentirsi chiedere dal capo grillino di sostituire presto Conte al vertice di un esecutivo di larghe intese, gestire per due anni l’emergenza della ripresa e poi essere nominato al Quirinale al posto dell’uscente Mattarella. Sarebbe un bel percorso». Questa la lettura che, sul “Sussidiario“, offre dell’ultimo round italo-europeo un giornalista di lunga esperienza come Sergio Luciano, già responsabile delle pagine politico-economiche della “Stampa”, del “Sole 24 Ore” e di “Repubblica”. Punto di partenza, l’ennesimo pugno di mosche rimediato da Conte a Bruxelles. In primis, Luciano chiarisce un equivoco legato all’espressione Recovery Fund: «Letteralmente “recovery” significa recupero», e quindi «soldi che ci vengono dati per poi recuperarne la gran parte». Più prestito che dono, insomma. E dato che «i partner dell’Unione politica più sgangherata del mondo non hanno alcuna fiducia l’uno dell’altro, ecco che alcuni Stati, definiti frugali ma che tali non sono affatto, si sono di buon grado accollati il ruolo dei guastafeste».