Archivio del Tag ‘Mandrake’
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La Fiaba del Filosofo Somaro, scritta apposta per noi
«Filosofo somaro? Qualcuno si potrebbe offendere. E io infatti chiedo scusa: a tutti i somari». Sound: romanesco (Trilussa style). Come dire: abbassiamo i toni, siamo tra amici. Ambientazione: un vecchio telefono obsoleto. Nostalgia d’altri tempi, sottolineata dalla tappezzeria musicale del violino Klezmer. In un angolo spunta una bacchetta, come quella di Mandrake. Sul tavolino, un cappello adagiato sopra tre volumi (date retta, gente: leggete, per il vostro bene). Accanto, un bicchiere: quello della pozione di Apuleio. E sulla parete, una specchiera. Cosa riflette, lo specchio? Lui, Claudio Testa, che passa in rassegna foglietti: come il Dylan di “Subterranean Homesick Blues”, considerato il primo videoclip della storia. Solo che i fogli dell’attore stavolta non mostrano parole, ma delicatissimi acquerelli. Protagonista delle pitture: l’asino filosofo. In altre parole, noi. O meglio, lui. L’asino parlante. Il somaro volante. L’anima cui tocca prima cadere, se vuole ascendere al cielo della piena consapevolezza di se stesso. A parte l’ovvio rimando dantesco, ci ricorda qualcosa? Eccome. Nel senso: vuoi vedere che ci toccava proprio cadere così in basso, per sperare un giorno di tornare a volare?«Visto così, non si direbbe certo che avessi un nobile passato, che fossi di bell’aspetto». La traduzione in italiano, non rende certo onore alla calorosa temperatura naturale della koinè popolaresca dell’Urbe, quella adottata dall’Asino Filosofo. Necessità elettive: l’affabile dialetto di Claudio Testa – nel video – aiuta a ricordare che parlava e scriveva in latino, il capostipite dei “volatori d’asini”. Lucio Apuleio Madaurense, autore del primo e unico romanzo giunto fino a noi, nella lingua dei Cesari. E’ senza tempo la lezione de “L’asino d’oro”: storia esemplare di chi, per diventare “aureo” (per accedere alchemicamente al proprio “oro” interiore, estraendolo dal “piombo”) deve per forza cambiare stato. Già, perché ci sono modi diversi, di essere uomini. Gli anglosassoni lo sanno dire in due parole: “mankind” e “humanity”. La prima designa semplicemente l’Homo Sapiens, l’altra la sua dote precipua: saper amare, trattando gli altri – appunto – con umanità. Anche nel caso di Apuleio, come sappiamo, il percorso è complicato. E nasce da un imprevisto accidentale: «Ai tempi in cui ero d’oro, curioso di capire dove sia l’Altrove, sbagliai l’unguento, sì: e fu un errore. Ma grazie a quello scoprii l’amore, l’essere umano, le sue bassezze (e il suo livore)».Facile: basta inserire il vernacolo, e al posto di Apuleio compare Claudio Testa, sul set del suo video. Siamo in piena Era Pandemica: il 2021 è il posto giusto, da cui scrutare tutto. «Sedetti alla destra di quell’ometto, che nacque nella paglia senza il tetto, e cambiò il mondo – non a tutto tondo, solo in quel distretto; ma gli bastò, per diventar l’eletto». E’ un attimo, con la magia: sbagli pozione, e ti ritrovi trasformato in somaro (sia pure veggente). «Sono griglio come un topo, e sulla schiena da sempre porto una croce». Da Beltemme al Golgota, il passo è breve: su quella croce «un uomo ci legò un bastone, mi mise un cappio al collo e si proclamò padrone». Raglia soavemente, il divino Somaro Filosofo. L’alfa e l’omega: «Io sono il niente e il tutto, sono l’inizio e la fine, come il Matto dei Tarocchi al dritto. E tiro quel carretto, zitto zitto, curvato su quell’ombra sovrastante: fino a quando non ci ho scoperto il trucco». Come? Cambiando posizione. Ricordate Robin Williams, nei panni del professor Keating? Salite sul banco, mettetevi in piedi. E tutto, all’improvviso, vi apparirà diverso.«La volta che mi voltai per un istante, vidi che chi c’era a cassetta non era quel grand’uomo, dalla statura così imponente, ma un pupazzetto (che il sole radente rendeva gigante)». Questo ha scoperto, Apuleio-Testa trasformato magicamente in ciuchino, come Pinocchio. «E quando mi sono impuntato (perché è accaduto) m’è apparsa questa carota davanti al muso: bella, arancione lunga. Pareva buona, e ci ho creduto! Sì, però una volta sola». Avvertimento: «A te, di carote legate a quel bastone che ti fa correre senza pigliare niente, ne hanno messe tante: la libertà, la gioia, l’avventura». Ma anche «l’emergenza, la dittatura, la paura; l’antidoto salvifico (e quasi mai la cura)». Sorride, l’attore. Sornione. «Io sono ignorante, sei tu l’erudito: e infatti accusi e punti sempre il dito su un povero somaro come me». Lockdown, distanziamento, il dilagare televisivo dei contagi. «Ma che, non l’hai capito, che quello che ci appare innanzi agli occhi è un’illusione, come la caverna di Platone? Qualcosa che ti arriva da dietro (come dentro a un film: la proiezione)».Con il suo periodare affabile, sul palco o davanti alla telecamera, Claudio Testa – grazie anche a Chiara Casarico, maestra di teatro (suo il laboratorio “Il naufragar m’è dolce”) – si offre di prenderci per mano, in questa palude stigia nella quale siamo sprofondati a partire dalla primavera 2020. “Vojò vive come er bombo”, su YouTube dall’inizio della tragica farsa italiana – era solo un lusinghiero preludio. Quella voce non si fermerà, continuerà a sciorinare l’arguzia poetica dei suoi apologhi. Missione invariata: superare la Mankind e approdare all’Humaniy. Anche, eventualmente, passando per la trasmutazione – inevitabile – che prevede il calvario transitorio della vita quadrupede. «Con le quattro zampe ben piantate al suolo, nessuno m’ha aiutato a capire chi ero. Ci arrivai da solo». Capito, il Somaro Filosofo? Alfa e omega, appunto: non aspettarti aiuti prodigiosi, dal cielo. Semmai, smetti di dormire. Scendi in cantina, a esplorare i tesori sepolti nella tua interiorità. «Ma per quelli ingenui e distratti come te, tranquillo: resto sempre l’asino che è in volo».(Claudio Testa, “La Fiaba der Filosofo Somaro”, su YouTube dal 2 novembre 2021. Monologo scritto, diretto e interpretato da Claudio Testa. Regia video e montaggio, Matteo Santoro. Le tavole in acquerello sono opera di Michel. La musica, “Samovar Party”, è di Shane Ivers).«Filosofo somaro? Qualcuno si potrebbe offendere. E io infatti chiedo scusa: a tutti i somari». Sound: romanesco (Trilussa style). Come dire: abbassiamo i toni, siamo tra amici. Ambientazione: un vecchio telefono obsoleto. Nostalgia d’altri tempi, sottolineata dalla tappezzeria musicale del violino Klezmer. In un angolo spunta una bacchetta, come quella di Mandrake. Sul tavolino, un cappello adagiato sopra tre volumi (date retta, gente: leggete, per il vostro bene). Accanto, un bicchiere: quello della pozione di Apuleio. E sulla parete, una specchiera. Cosa riflette, lo specchio? Lui, Claudio Testa, che passa in rassegna foglietti: come il Dylan di “Subterranean Homesick Blues”, considerato il primo videoclip della storia. Solo che i fogli dell’attore stavolta non mostrano parole, ma delicatissimi acquerelli. Protagonista delle pitture: l’asino filosofo. In altre parole, noi. O meglio: lui, l’asino parlante. Il somaro volante. L’anima cui tocca prima cadere, se vuole ascendere al cielo della piena consapevolezza di se stessa. A parte l’ovvio rimando dantesco, ci ricorda qualcosa? Eccome. Nel senso: vuoi vedere che ci toccava proprio cadere così in basso, per sperare un giorno di tornare a volare?
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Magaldi: Pd senza idee progressiste, non lo salverà Minniti
Spera davvero di cavarsela, il Pd, usando Marco Minniti per tentare di riempire il vuoto cosmico della sua non-politica, ridotta a semplice esecuzione delle direttive impartite dall’élite neoliberista? Ci vorrebbe ben altro che un vecchio arnese dalemiano come l’ex ministro dell’interno, per restituire una vera offerta politica a quei milioni di elettori che nel 2008 avevano salutato con simpatia e speranza la nascita del Pd. Ci vorrebbero ad esempio parole sferzanti come quelle appena usate da una giovane dirigente, Katia Tarasconi, che ha accusato il vertice del partito di aver curato solo gli interessi dell’oligarchia, trascurando il popolo. E soprattutto, servono idee: come declinare la grande eredità democratica del socialismo, nell’Europa del 2018? E invece niente: silenzio di tomba, al di là del ronzio e del gossip su questioni irrilevanti, il deprimente derby tra renziani e anti-renziani, Minniti contro Zingaretti (e magari Martina a fungere da cuscinetto). Per fare cosa, poi? Per andare dove? Restano senza risposta, per ora, le domande che Gioele Magaldi rilancia: dovrebbero essere il punto di partenza, per tentare di far uscire il Pd dallo stato di coma in cui si trova. Ma all’orizzonte non si vedono segnali di alcun genere: avanti così il partito corre verso l’estinzione, tra la desolazione dei suoi ex elettori.Come si può pensare che Marco Minniti possa rappresentare una novità? L’ex ministro, dice Magaldi in diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, è stato un colonnello di D’Alema quando “baffino” era in auge, quindi «ha vissuto una stagione dalemiana di ferro» (era soprannominato Lothar, richiamando la coppia con Mandrake). Poi si è riciclato nel renzismo, «tanto che oggi diversi dirigenti del Pd dipingono la sua come una candidatura filo-renziana e anti-zingarettiana, anche se Minniti assicura che così non è». Niente di nuovo sotto il sole, purtroppo, «nell’agone di questo momento difficile e crepuscolare del Pd». Gli uomini sono sempre gli stessi e le donne restano in minoranza: i media mainstream concedono solo minuscole finestre alle pochissime voci dissonanti come quella della Tarasconi («magari ce ne fossero altre, in grado di parlare un linguaggio così diretto»). Ma non è questione di uomini o donne, insiste Magaldi: il problema è l’assenza di idee. «Non si assiste a un reale rinnovamento ideologico». Ovvero: qual è l’identità del Pd? Qual è la proposta politica dei candidati?». Cosa distingue, davvero, Zingaretti da Minniti? «Di cosa si fanno promotori? Qual è la loro idea di governo della cosa pubblica? A me pare che la grande assenza sia quella delle idee», sottolinea Magaldi: «Manca un ripensamento approfondito di una prospettiva democratica».Per il presidente del Movimento Roosevelt «assistiamo a uno stranissimo paradosso: il Pd renziano ha voluto entrare nel partito socialista europeo, ma poi non si è fatto carico di elaborare, nel XXI secolo, una proposta democratica e liberale di tipo socialista». Nel Pd non c’è più nulla, di quella tradizione. «La verità è che nel mondo politico europeo e occidentale c’è stata ormai da decenni una chiara subalternità all’unico modello politico-economico, quello neoliberista (sul piano strettamente economico) e neo-aristocratico (sul piano politico)». Da qui, infatti, la denuncia della Tarasconi, che rinfaccia al partito di essere agli ordini dell’élite. Non è il solo, peraltro: in questi decenni, ricorda Magaldi, «abbiamo assistito a due versioni di un unico paradigma: quella incarnata dal cosiddetto centrodestra e quella interpretata dal sedicente centrosinistra». Diversi gli attori, ma identico il copione. «Recuperare una tradizione socialista – aggiunge Magaldi – significa richiamarsi ai personaggi che ad esempio il Movimento Roosevelt ha iniziato a ripresentare alla coscienza pubblica: Carlo Rosselli, Olof Palme, Thomas Sankara e altri come loro, da Roosevelt a John Rawls, che sono le uniche possibili bussole per recuperare una tradizione autenticamente socialista, in senso liberale e democratico».Rialzare la testa, tornare a inquadrare l’orizzonte? Impossibile, a quanto pare: «Fa un po’ tristezza osservare come, invece di guardare a quei modelli, il dibattito politico all’interno del Pd si riduca alla contrapposizione tra piccoli leader». Non ci si rende conto che «questo volare basso, questa assenza di riferimenti» è fatale, per un partito che si candidi a rappresentare un’alternativa al governo gialloverde. E a proposito di riferimenti ideali: «Ricordo che la confusione ha regnato sovrana per anni, nel Pd, quando un Boccia poteva proporre Friedrich von Hayek come punto di riferimento del nuovo centrosinistra». Von Hayek, ovvero uno dei padri del neoliberismo, insieme a Milton Friedman: il vero ispiratore della destra economica, «incardinato in una visione neo-aristocratica». Lo stesso von Hayek si definiva “un old whig”, un vecchio ultra-conservatore, «facendo riferimento a Edmund Burke, fiero avversatore della Rivoluzione Francese». E in mezzo a tanta povertà politica, cosa potrà mai fare l’ex braccio destro del D’Alema convertito al neoliberismo, l’uomo che si vantò di aver trasformato Palazzo Chigi in una merchant bank realizzando il record europeo delle privatizzazioni?«Non credo affatto che Minniti possa essere una novità, è un personaggio che già ha vissuto tante vite», ribadisce Magaldi. «Certo – aggiunge – non è l’unico a non avere “idee chiare e distinte”, in senso cartesiano, da offrire alla platea della pubblica opinione: se gli elettori del Pd non avvertono il problema di chiedere alla propria dirigenza una chiarezza metodologica sulla prospettiva politica, è chiaro che i dirigenti non la daranno». Ultimamente, peraltro, è pur vero che «i simpatizzanti questa richiesta l’hanno fatta, molti facendo mancare il loro voto al Pd, la cui base elettorale si è ristretta». Altri – come Katia Tarasconi – stanno davvero cercando di alimentare un cambio di passo reale, benché siano «silenziati dai grandi media, preoccupati di offrirci il solito pastone in cui ci domanda se Renzi farà un nuovo partito e se Martina resterà in corsa: tutti discorsi inessenziali per il futuro dell’Italia e dell’Europa». Tradotto: riguardo al ruolo del nostro paese nell’Ue, «non è di nessun interesse capire qual è il ruolo di questo o di quello, nella filiera delle poltrone da occupare». Molto più importante, dice Magaldi, è capire «dove vorranno condurre l’Italia ed eventualmente l’Europa i nuovi dirigenti del Pd, quelli che insieme al nuovo segretario che dovesse essere eletto avranno una enorme responsabilità: ridare un senso al Pd o affossare definitivamente quell’esperienza politica, perché le cose che perdono di senso poi si logorano e muoiono per consunzione».Molta della visibilità mediatica di Minniti deriva dalla compostezza con la quale, da ministro, si dice che Minniti abbia gestito il problema migranti (oggi addirittura rivendica una sorta di imprimatur sulla spigolosa fermezza esibita da Salvini). Anche su questo fronte, però, secondo Magaldi siamo fuori strada: «Respingere senza prospettiva e come accogliere senza prospettiva». Doppia miopia, identica: «E’ ormai noto a tutti che proprio l’Africa, ricchissima di risorse ma mantenuta artificiosamente in stato di povertà, è il convitato di pietra del terzo millennio: lo dimostra l’enorme interesse da parte della Cina, che in Africa ha stanziato colossali investimenti, e lo conferma anche l’atteggiamento neo-coloniale della Francia, denunciato da personalità come quella del panafricanista Mohamed Konare». Domanda: perché fingere che il problema si risolva respingendo barconi, magari cavandosela con slogan del tipo “aiutiamoli a casa loro”? «Bisogna cominciare a farlo davvero, per esempio con una sorta di Piano Marshall per l’Africa, che sviluppi anche la necessaria educazione democratica per fare piazza pulita dell’esigua élite africana tuttora complice del neo-colonialismo occidentale».Per il presidente del Movimento Roosevelt, la vera opposizione è sempre la stessa: democrazia contro oligarchia. «Viviamo in un mondo nel quale si distrugge l’immagine di un grande attore come Kevin Spacey perché, nella serie televisiva “House of Cards”, ha osato evocare il Bohemian Club, santuario del massimo potere super-massonico neo-aristocratico». E’ esattamente il tema affrontato dalla giovane Katia Tarasconi, nel bocciare in blocco la nano-dirigenza del Pd: inutile far finta che il vero potere non sia in pochissime mani. Stupido, poi, schierarsi con il rigore Ue contro il governo gialloverde: semmai, un partito progressista dovrebbe rimproverare a Lega e 5 Stelle di essere troppo timidi, rispetto a Bruxelles, essendosi accontatentati di quel misero 2,4% di deficit per il 2019. Ma appunto, ci vorrebbe un partito progressista – non il Pd di Minniti e Renzi, Martina e Zingaretti. Neoliberismo, privatizzzazioni, dominio dell’élite imposto a suon di dogmi da un soggetto che ci si ostina a chiamare “l’Europa”. Oggi, ripete Magaldi, la prima cosa che dovrebbe fare l’Italia è questa: proporre una Costituzione Europea democratica, con un governo europeo finalmente eletto dall’europarlamento votato dagli elettori. Lontano anni luce da idee come queste, restano i Lothar e gli Zingaretti a contendersi i rottami del fu Pd.Spera davvero di cavarsela, il Pd, usando Marco Minniti per tentare di riempire il vuoto cosmico della sua non-politica, ridotta a semplice esecuzione delle direttive impartite dall’élite neoliberista? Ci vorrebbe ben altro che un vecchio arnese dalemiano come l’ex ministro dell’interno, per restituire una vera offerta politica a quei milioni di elettori che nel 2008 avevano salutato con simpatia e speranza la nascita del Pd. Ci vorrebbero ad esempio parole sferzanti come quelle appena usate da una giovane dirigente, Katia Tarasconi, che ha accusato il vertice del partito di aver curato solo gli interessi dell’oligarchia, trascurando il popolo. E soprattutto, servono idee: come declinare la grande eredità democratica del socialismo, nell’Europa del 2018? E invece niente: silenzio di tomba, al di là del ronzio e del gossip su questioni irrilevanti, il deprimente derby tra renziani e anti-renziani, Minniti contro Zingaretti (e magari Martina a fungere da cuscinetto). Per fare cosa, poi? Per andare dove? Restano senza risposta, per ora, le domande che Gioele Magaldi rilancia: dovrebbero essere il punto di partenza, per tentare di far uscire il Pd dallo stato di coma in cui si trova. Ma all’orizzonte non si vedono segnali di alcun genere: avanti così il partito corre verso l’estinzione, tra la desolazione dei suoi ex elettori.
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Sechi: New Deal rooseveltiano gialloverde, ora o mai più
Il quadro politico dice che il “governo Frankenstein” è il solo possibile. E se dovesse fallire L’alternativa sarebbe il caos, che vorrebbe dire, alla fine, un altro governo tecnico. Diciamocelo, a qualcuno piacerebbe: il piccolo establishment italiano vuole il commissariamento. Chi lavora per questa prospettiva? Piccoli gruppi di potere. Anche il Quirinale? No, il Quirinale no. Anzi, il Colle è stato il potere che più ha preso atto della situazione e favorito la nascita del governo gialloverde. Mattarella è più preoccupato di altre cose, come l’emergere nei 5 Stelle di quelle pulsioni di ruralismo cerebrale per cui tutto ciò che è infrastruttura, modernizzazione, rete non virtuale, non va bene. Il vero redde rationem comunque è sulla politica economica. La realtà è che il governo M5S-Lega ha un solo vero nemico, se stesso. Tria vuole tenere insieme tutto, Flat Tax, reddito di cittadinanza, annullamento delle clausole di salvaguardia, riforma Fornero, stop all’aumento dell’Iva, alcuni benefici fiscali. Nemmeno Mandrake riuscirebbe a fare una cosa del genere. Quindi dovrà sacrificare qualcosa. A meno che non intendano fare un po’ di deficit, ma quanto?Il punto è che non si vedono né il continuismo, né la svolta. Il primo avrebbe imposto di sacrificare punti importanti del programma di governo, la seconda di sfidare Bruxelles. Cosa vogliono fare Lega ed M5S? Qual è il disegno complessivo? Non si è capito. L’altro elemento di preoccupazione viene dalla Lega. Sta abbozzando su cose che, se si realizzano, il suo elettorato rifiuterà. La stretta sui contratti contenuta nel decreto lavoro, che ora è legge. E poi il reddito di cittadinanza non fa certo parte della base socioeconomica dei leghisti. In un modo o nell’altro si arriva sempre al M5S, perché nella testa dei 5 Stelle all’impostazione statalista si unisce una corrente molto forte di pensiero anti-industriale. Peccato che siano le imprese a produrre i posti di lavoro, e che l’agognata redistribuzione che vuole Di Maio – leggasi reddito di cittadinanza – possa venire solo dalla crescita e dal maggor gettito fiscale di lavoratori e imprese. Con la loro logica, invece, i 5 Stelle interrompono il vaso comunicante.Cosa mi aspetto a settembre? Non la crisi di governo, perché non c’è alternativa. La vera incognita sono i mercati, a cui allude Renzi. E Salvini? Potrebbe essere tentato di mollare Di Maio per Berlusconi? Tutto è possibile, non saprei però se il centrodestra vincerebbe le elezioni, ed è un calcolo che fa certamente anche Salvini. Se si andasse a votare, Salvini pescherebbe ulteriormente nel bacino di Berlusconi, mentre ai 5 Stelle, che ora sono forti, ruberebbe solo pochi voti. Se Salvini prendesse il 30% cento e Berlusconi il 10, avrebbero la maggioranza parlamentare, però al 40 bisogna arrivarci, non è affatto facile. Un nuovo governo che nascesse in Parlamento? Non ci sono i numeri per fare un accordo parlamentare. Al patto Salvini-Berlusconi servirebbero pezzi di altri gruppi parlamentari, ma c’è un particolare: Salvini è l’uomo nero con cui nessuno vuol fare alleanze. In mancanza di un accordo, si andrebbe al voto con un fallimento alle spalle. A quel punto sì che si sveglierebbero i mercati.Insomma Conte, Salvini, Di Maio e Tria devono trovare una sintesi. Ma è la strada per farlo che ancora non si vede. Il problema sostanziale è che i ceti produttivi della Lega si contrappongono alle masse in cerca di lavoro statalizzato del M5S, con i rappresentanti degli uni e degli altri che sono alleati in Parlamento. L’unico governo possibile si trova a lavorare in una situazione impossibile. Una soluzione, volendo, ci sarebbe. Un New Deal italiano, in cui Salvini e Di Maio smettono di fare campagna elettorale e mettono insieme un trust di persone pensanti con il compito di elaborare un accordo rooseveltiano coerente che unisca Nord e Sud. E’ quello che stanno facendo? Non è vero, perché non c’è un tentativo di politica corale, di sintesi, ma solo un contratto stilato dal notaio, fatto a compartimenti stagni, di cui alternativamente ognuna delle due forze punta a realizzare un pezzo, alla meglio. Non è così che si governa un paese. Salvini e di Maio sono ancora in tempo, ma devono agire subito.(Mario Sechi, dichirazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Attacco all’Italia, a settembre offensiva dei mercati: ecco chi sta con loro”, pubblicata da “Il Sussidiario” il 9 agosto 2018. Giornalista, già direttore del “Tempo”, Sechi si avvicinò a Monti per poi successivamente distaccarsene, riconoscendo la natura punitiva e “suicida” della strategia del rigore imposta all’Italia dall’oligarchia tecnocratica di Bruxelles).Il quadro politico dice che il “governo Frankenstein” è il solo possibile. E se dovesse fallire L’alternativa sarebbe il caos, che vorrebbe dire, alla fine, un altro governo tecnico. Diciamocelo, a qualcuno piacerebbe: il piccolo establishment italiano vuole il commissariamento. Chi lavora per questa prospettiva? Piccoli gruppi di potere. Anche il Quirinale? No, il Quirinale no. Anzi, il Colle è stato il potere che più ha preso atto della situazione e favorito la nascita del governo gialloverde. Mattarella è più preoccupato di altre cose, come l’emergere nei 5 Stelle di quelle pulsioni di ruralismo cerebrale per cui tutto ciò che è infrastruttura, modernizzazione, rete non virtuale, non va bene. Il vero redde rationem comunque è sulla politica economica. La realtà è che il governo M5S-Lega ha un solo vero nemico, se stesso. Tria vuole tenere insieme tutto, Flat Tax, reddito di cittadinanza, annullamento delle clausole di salvaguardia, riforma Fornero, stop all’aumento dell’Iva, alcuni benefici fiscali. Nemmeno Mandrake riuscirebbe a fare una cosa del genere. Quindi dovrà sacrificare qualcosa. A meno che non intendano fare un po’ di deficit, ma quanto?