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Telegraph: con l’euro, un europeo su tre verso la povertà
Corse agli sportelli, salvataggi d’emergenza, disoccupazione alle stelle ed economia asfittica, nonostante le iniezioni di liquidità della Bce. Ormai tutti sono pienamente consapevoli di come «l’Eurozona sia stata un disastro finanziario», che ora inizia a diventare «anche un disastro sociale», scrive Matthew Lynn sul “Telegraph”. «L’Eurozona sta diventando una macchina di impoverimento: mentre la sua economia è in stagnazione, milioni di persone stanno cadendo in uno stato di vera e propria deprivazione», come dimostrano i tassi di povertà, «aumentati vertiginosamente in tutta Europa». Secondo il quotidiano britannico, «non potrebbe esserci un atto d’accusa più scioccante del fallimento dell’euro». La moneta unica andrebbe «sottoposta a riforme radicali», o meglio ancora «smantellata». Impietoso il report dell’Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione Europea: in pochi anni è enorememente aumentata la fascia della popolazione a rischio, alla quale ormai appartiene un cittadino europeo su tre. Dati spaventosi, che da soli condannano l’Ue e l’euro.Eurostat, scrive Lynn in un articolo tradotto da “Voci dall’Estero”, ha verificato l’entità numerica delle persone “a rischio di povertà o esclusione sociale”, confrontando i dati del 2008 con quelli del 2015. Tra i 28 membri dell’Unione, cinque paesi hanno sperimentato una significativa impennata di questo valore, paragonato con l’anno del crollo finanziario. In Grecia il 35,7% della popolazione rientra in questa categoria, rispetto al 28,1% del 2008. A Cipro l’incremento è stato di 5,6 punti percentuali: ora il 28,7% della popolazione è classificato come “povero”. In Spagna il valore è aumentato di 4,6 punti percentuali, in Italia di 3,2 punti, e persino il Lussemburgo, difficilmente considerabile un paese a rischio di deprivazione materiale, ha visto il tasso di povertà salire al 18,5% dal 2008, in aumento di tre punti. Ma la situazione non è così tetra dappertutto: il tasso di povertà è sceso in Polonia, Bulgaria, Lettonia. La differenza? «Avete indovinato», scrive il “Telegraph”: il dramma colpisce solo i paesi dell’Eurozona.E non è finita. Sono definiti “a rischio di povertà” gli individui che vivono con meno del 60% del reddito nazionale medio. «Ma quello stesso reddito medio è crollato negli ultimi sette anni, dato che la maggior parte dei paesi all’interno dell’Eurozona devono ancora riprendersi dalla crisi del 2008». In Grecia il reddito medio è sceso da 10.800 a 7.500 euro all’anno. In Spagna il calo non è stato altrettanto drammatico, ma il reddito medio è comunque sceso (da 13.996 a 13.352 euro all’anno). «Nella realtà, le persone stanno diventando più povere sia in termini relativi che in termini assoluti». In tutta l’Ue, l’8% delle persone sono definite in stato di “grave deprivazione materiale”, «il che significa che non hanno accesso a ciò che la maggior parte delle società civilizzate considerano beni di prima necessità», cioè persone che non sono in grado di «pagare il riscaldamento per la propria abitazione», di disporre di un telefono o di «poter mangiare un pasto a base di carne, pesce o proteine simili almeno a giorni alterni». Numerosi paesi dell’Eurozona «stanno cominciando ad essere in testa alle classifiche per questo tipo di misurazioni».La Grecia sta inevitabilmente scalando la classifica, con il 22% della sua popolazione che ad oggi è in stato di “grave deprivazione materiale”, rispetto a al solo 11% del 2008. In Italia, un paese che vent’anni fa era prospero come qualsiasi altro al mondo, uno scioccante 11% della popolazione si trova oggi in stato di “deprivazione materiale”, paragonato col 7,5% di sette anni fa. In Spagna il tasso di deprivazione è raddoppiato, e a Cipro è aumentato di più del 50%. Eppure, continua il “Telegraph”, se si analizzano i paesi al di fuori della moneta unica, si scopre che al loro interno quel tasso è sostanzialmente stabile (come nel Regno Unito, ad esempio) o sta diminuendo a velocità di tutto rispetto – nella Polonia attualmente in rapida crescita economica, il tasso di persone in stato di “deprivazione materiale” si è dimezzato negli ultimi sette anni e, al 7,5% odierno, è molto più basso di quello registrato in Italia. E dire che l’Ue si era fissata l’obiettivo di ridurre in maniera significativa i principali indicatori di povertà entro il 2020. Ebbene, «sta fallendo miseramente». E proprio l’euro «è ampiamente responsabile di questo fallimento».Impossibile scagionare la moneta unica, insiste Lynn: «Perché la Grecia o la Spagna dovrebbero essere in uno stato così drasticamente peggiore di un qualsiasi paese dell’Est Europa? E perché l’Italia dovrebbe passarsela peggio del Regno Unito, quando i due paesi si trovavano a livelli di ricchezza sostanzialmente simili durante gli anni Novanta?». A dire il vero, gli italiani avevano addirittura superato il Pil inglese pro capite. E anche in un’economia di successo come l’Olanda, paese non colpito da alcun tipo di crisi finanziaria, si sono registrati grossi incrementi sia della povertà relativa che di quella assoluta. La realtà è evidente, per il “Telegraph”: «Un sistema valutario disfunzionale ha strangolato la crescita economica, facendo crescere la disoccupazione a livelli precedentemente impensabili». Poi, dopo che alcuni paesi sono andati in bancarotta e hanno avuto bisogno di aiuti finanziari, l’Ue, insieme alla Bce e al Fmi, «ha imposto pacchetti di austerità che hanno drasticamente tagliato welfare e pensioni: con queste premesse, non c’è da sorprendersi che la povertà sia aumentata».In ultima analisi, per il giornale inglese «la crisi finanziaria non è così importante», perché vi si può rimediare «con i bail-out, o stampando più denaro». Alla peggio, «significherebbe semplicemente che alcune banche o fondi d’investimento si troveranno in cattive acque». E’ invece «scioccante» che «i livelli di povertà stiano crescendo ad un ritmo così veloce in quelle che un tempo erano nazioni floride». E non c’è alcuna avvisaglia che questa crescita stia rallentando: in Grecia e in Italia, l’aumento crescita della povertà sta addirittura accelerando, mentre paesi un tempo poveri (Bulgaria, Polonia) «stanno rapidamente sorpassando quella che una volta era considerata l’Europa sviluppata». La situazione è drammatica, conclude Lynn: «Non potersi permettere un telefono o un pasto a base di carne per tre giorni alla settimana non è affatto divertente. Ma, grazie all’euro, è questo il destino di milioni di europei. E non cambierà finché la moneta unica non verrà smantellata».Corse agli sportelli, salvataggi d’emergenza, disoccupazione alle stelle ed economia asfittica, nonostante le iniezioni di liquidità della Bce. Ormai tutti sono pienamente consapevoli di come «l’Eurozona sia stata un disastro finanziario», che ora inizia a diventare «anche un disastro sociale», scrive Matthew Lynn sul “Telegraph”. «L’Eurozona sta diventando una macchina di impoverimento: mentre la sua economia è in stagnazione, milioni di persone stanno cadendo in uno stato di vera e propria deprivazione», come dimostrano i tassi di povertà, «aumentati vertiginosamente in tutta Europa». Secondo il quotidiano britannico, «non potrebbe esserci un atto d’accusa più scioccante del fallimento dell’euro». La moneta unica andrebbe «sottoposta a riforme radicali», o meglio ancora «smantellata». Impietoso il report dell’Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione Europea: in pochi anni è enorememente aumentata la fascia della popolazione a rischio, alla quale ormai appartiene un cittadino europeo su tre. Dati spaventosi, che da soli condannano l’Ue e l’euro.
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Macché crisi bancaria, l’Italia va male da quando ha l’euro
L’Italia ha una crisi bancaria – quindi presumibilmente ha avuto quel tipo di folle boom che in genere conduce ad un crollo finanziario. Ad esempio, piccoli mini-appartamenti in vendita a Torino per un milione di euro. Banchieri che tracannano Asti Spumante e sniffano coca nei club di lap dance di Milano. Concessionari Ferrari che vendono ad adolescenti macchine nuove da duecentomila euro, senza alcun controllo sul credito. Vecchie signore che scivolano fuori dalla folla per piazzare ordini su azioni da due soldi coi loro smartphone. Ma aspettate. L’Italia non ha visto niente del genere. Negli ultimi dieci anni, la crescita è stata completamente piatta. I prezzi delle case in realtà sono in discesa. I mercati azionari hanno avuto l’euforia di uno dei comizi elettorali di Angela Merkel, all’incirca. In effetti, l’Italia adesso ha la sbornia, senza mai aver partecipato alla festa. In realtà, l’Italia non ha affatto una crisi bancaria. Ha una crisi valutaria. L’euro ha succhiato la domanda fuori dall’economia e ha ucciso la crescita. Il risultato? Le sofferenze sono salite alle stelle.Ora sta frenando il governo dal salvare il settore finanziario. Il primo ministro Matteo Renzi può nascondere la magagne, ma fino a quando il paese non trova il modo di vivere con l’euro, o una via d’uscita dalla zona euro, nessuno dei suoi problemi sarà risolto. Dopo un mese di agitazione sul Brexit, che finora si è rivelato un non-evento, i mercati ora si stanno preoccupando del crollo del sistema bancario italiano – ed è giusto così. Secondo i dati del Fmi, le banche del paese hanno 360 miliardi di euro di crediti in sofferenza, pari al 18% del prodotto interno lordo. I prezzi delle azioni di tutte le maggiori banche sono in caduta libera. UniCredit, la più grande banca del paese, ha visto la sue azioni perdere oltre il 60% del valore. Banca Popolare di Milano ha perso oltre il 60% da inizio anno, e così anche Intesa Sanpaolo. Queste sono il tipo di perdite che suggeriscono che una banca sta per finire in guai seri.Anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha detto all’inizio di questo mese che il settore avrebbe bisogno di una qualche forma di aiuto di Stato. Ci siamo già passati, naturalmente. Le banche fanno un sacco di prestiti irresponsabili. Caricano aziende, promotori immobiliari e consumatori con i debiti, e poi, quando i mercati iniziano a scendere, molti di questi prestiti vanno male e non possono essere rimborsati. Questo è quello che è successo negli Stati Uniti e nel Regno Unito nel 2008 e 2009, ed è un gioco che è stato giocato in molti altri paesi prima e dopo. In Italia, però c’è una giravolta. Non ci sono mai stati molti segni di prestiti irresponsabili. Se l’Italia è passata in una bolla speculativa, di quelle che è sempre probabile che scoppino, è molto difficile trovare delle prove. I prezzi delle case? Di solito sono un segno sicuro di surriscaldamento nel sistema. Ma, secondo i dati Eurostat, i prezzi degli immobili italiani sono in contrazione del 1,6% dall’ultimo anno.Il mercato azionario? Nemmeno quello è stato esattamente in zona bolla. A quota 16.700 l’indice di Milano è più basso e lontano da quota 25.000 che ha toccato l’anno scorso, ed è a malapena sopra il livello di tre anni fa. Che ne dite del credito al consumo? Secondo la Banca Centrale Europea, quest’anno sta crescendo ad un tasso di circa l’1% annuo. In realtà, le banche italiane sono state gestite in modo perfettamente prudente e ragionevole. Il problema è che l’economia è diventata molto più piccola. La crescita ha colpito un muro, e sembra impossibile farla tornare in vita. Nel 2015, l’economia italiana è cresciuta meno dell’1%. In realtà, l’economia in Italia è tuttora più piccola dell’8% di quanto era prima del crollo del 2008, e non è più grande di quanto fosse nel 1999, quando è entrata nell’euro. Non è difficile capire cosa sta succedendo. Quando l’economia è così fiacca, un sacco di piccole imprese lottano per ripagare i loro debiti.Allo stesso modo, i mutui vanno male e così i prestiti al consumo. Un debito che sembrava perfettamente gestibile un decennio fa, non sembra così sano a 10 anni di distanza, quando l’economia è quasi un decimo più piccola, la disoccupazione è molto più alta, e i salari reali sono continuamente in calo. Quindi i livelli di debito sono aumentati inesorabilmente, solo perché l’economia annaspa. Ciò ha portato ad una marea di crediti inesigibili. Semmai, è sorprendente non che le banche siano in difficoltà, ma che c’è voluto così tanto tempo perché i problemi emergessero. In realtà, quello che ha l’Italia è una crisi da euro, non è una crisi bancaria. La moneta unica ha distrutto la competitività di quello che, 20 anni fa, era un settore manifatturiero perfettamente sano. Ha succhiato domanda fuori dall’economia, e ha sovraccaricato la spesa dei consumatori. La situazione peggiora. Le regole dell’Eurozona introdotte all’inizio di quest’anno significano che i detentori di obbligazioni, che in Italia sta ad intendere molti investitori privati, devono essere utilizzati per il “bail-in”.Il governo non può semplicemente salvare le banche nei guai. Deve fare in modo che anche gli investitori privati ricevano un brutto colpo – e dal momento che molti sono semplici risparmiatori, questo significherà un calo anche maggiore della domanda, e lascerà l’economia in una forma ancora peggiore. Come vi dirà qualsiasi medico, a meno che la diagnosi non sia giusta non vi sarà alcuna speranza di successo del trattamento. In questo momento, la Bce e i ministri delle finanze della zona euro stanno agendo come se si trattasse di una crisi bancaria come tutti le altre. Aggiustare le banche, fermare i prestiti irresponsabili, e tutto andrà di nuovo bene. Ma questo non è vero. Anche se le banche questa volta vengono riparate, in una economia stagnante saranno nuovamente nei guai in qualche anno. L’Italia è intrappolata nel peggiore dei mondi possibili – ed è diventata una vivida lezione di quanto sia diventato disfunzionale l’euro.(Matthew Lynn, “L’Italia non è in crisi bancaria, è in crisi da euro”, da “Marketwatch” del 21 luglio 2016, post ripreso da “Voci dall’Estero”).L’Italia ha una crisi bancaria – quindi presumibilmente ha avuto quel tipo di folle boom che in genere conduce ad un crollo finanziario. Ad esempio, piccoli mini-appartamenti in vendita a Torino per un milione di euro. Banchieri che tracannano Asti Spumante e sniffano coca nei club di lap dance di Milano. Concessionari Ferrari che vendono ad adolescenti macchine nuove da duecentomila euro, senza alcun controllo sul credito. Vecchie signore che scivolano fuori dalla folla per piazzare ordini su azioni da due soldi coi loro smartphone. Ma aspettate. L’Italia non ha visto niente del genere. Negli ultimi dieci anni, la crescita è stata completamente piatta. I prezzi delle case in realtà sono in discesa. I mercati azionari hanno avuto l’euforia di uno dei comizi elettorali di Angela Merkel, all’incirca. In effetti, l’Italia adesso ha la sbornia, senza mai aver partecipato alla festa. In realtà, l’Italia non ha affatto una crisi bancaria. Ha una crisi valutaria. L’euro ha succhiato la domanda fuori dall’economia e ha ucciso la crescita. Il risultato? Le sofferenze sono salite alle stelle.