Archivio del Tag ‘Megachip’
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Addio dollaro, meglio l’oro: e Gheddafi firmò la sua fine?
Qualcuno ritiene che sia per proteggere i civili, altri dicono sia per il petrolio, ma alcuni sono convinti che l’intervento in Libia sia tutto per via del progetto di Gheddafi di introdurre il dinaro d’oro, un’unica valuta africana fatta d’oro, un’autentica condivisione della prosperità. «È una di quelle cose che devi progettare alquanto in segreto perché, non appena annuncerai che stai per passare dal dollaro a qualcos’altro, ti starai per trasformare in un obbiettivo dentro un mirino», afferma il dottor James Thring, fondatore del “Ministry of Peace”. «Ci sono state due conferenze sull’argomento, nel 1986 e nel 2000, organizzate da Gheddafi. Tutti erano interessati, la maggior parte degli stati africani ne era entusiasta».
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Giulietto Chiesa: la vera fine di Osama, morto da anni
La foto di Osama Bin Laden “morto” è solo una patacca, miserabile e macabra: un puerile fotomontaggio che risale addirittura al 2006, trapelato già allora dai network dell’intelligence e pubblicamente smascherato. La verità? Lo “sceicco del terrore” sarebbe morto da anni, mentre la sua rete terroristica, Al Qaeda – famigerata e fantomatica – avrebbe cessato di esistere almeno dal 2002, se non prima. Pertanto, quella che è andata in scena il 2 maggio 2011 in tutto il mondo non sarebbe che l’ennesima puntata di una clamorosa fiction. Lo afferma Giulietto Chiesa, che con bestseller come “La guerra infinita” e il documentario “Zero” è stato il primo, in Italia, a smontare la versione ufficiale sull’11 Settembre e sul “terrorismo islamico” di marca afghana.
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Bin Laden, morte fantasma: «Quella foto è un falso»
Attenti: quella foto è un trucco realizzato con Photoshop. Lo scetticismo dilaga sul web, anche in Italia grazie a “PeaceReporter”: «L’immagine di Bin Laden morto è un banale fotomontaggio». Morte-fantasma, dopo una vita-fantasma? Peggio: il corpo del leader di Al Qaeda sarà (o è già stato) sepolto in mare. Lo “sceicco del terrore”, a suo tempo reclutato dalla Cia per combattere in Afghanistan contro i sovietici, rischia così di sparire dalla scena senza lasciare tracce. Alimentando nuovi sospetti, anche se difficilmente il decesso sarà smentito da un video: per gli Usa, dove le folle festeggiano in strada, sarebbe una catastrofe. Le domande però restano: Osama Bin Laden è davvero morto? Dov’è il suo corpo? E’ proprio autentica la foto presentata come quella del suo cadavere?
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Libia, rischiamo una guerra mondiale con Cina e Russia
Attenti: stiamo giocando col fuoco. Che ci fa la Nato in Africa? Qualcuno crede davvero che l’Occidente spenda tutti quei soldi in bombe e portaerei perché è interessato alla libertà dei popoli oppressi, come quello libico? E perché allora non interviene anche in Bahrein o in Arabia Saudita, dove dominano regimi altrettanto dispotici? La posta in gioco è il petrolio? Non solo. L’aspetto più pericoloso è un altro: attaccando Libia e Siria, gli Usa in declino, che tra cinque anni saranno sorpassati dall’economia cinese, stanno cercando di sfrattare dal Mediterraneo la Cina e la Russia. Rischiamo seriamente un’escalation anche nucleare, che può portare alla Terza Guerra Mondiale. A dirlo non è Wikileaks, ma il professor Paul Craig Roberts, già braccio destro di Ronald Reagan.
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Referendum ad ogni costo: quel voto sfratterà il Cavaliere
Giù le mani dai referendum: «Sono la prima vera consultazione democratica in Italia da vent’anni a questa parte». Giulietto Chiesa non usa mezzi termini: non si tratta solo di nucleare e acqua pubblica, è in gioco la democrazia. Solo dalle urne del 12 giugno può arrivare la spallata decisiva al regime di Berlusconi, che «non sa distinguere una centrale nucleare dal sedere di Ruby o dalle tette della Carfagna e della Minetti», ma è terrorizzato dal voto popolare che potrebbe abrogare il “legittimo impedimento”. Primo: evitare a tutti i costi lo scippo del voto, anche «assediando il Parlamento». Se il governo viene sconfitto, si smaschera il bluff: il Cavaliere la maggioranza nel paese «non ce l’ha mai avuta, e ora meno che mai». Se si evita lo scippo dei referendum, per lui sarà l’inizio della fine.
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Italia, stop al nucleare: paura del referendum anti-Silvio
Marcia indietro clamorosa, anche se già prospettata e “addolcita” da Tremonti: il governo ha deciso di annullare il programma nucleare che aveva difeso con le unghie e con i denti accusando i verdi-comunisti di voler solo sfruttare l’emozione-Fukushima. E ha inserito nella moratoria già prevista nel decreto legge “omnibus”, all’esame del Senato, l’abrogazione di tutte le norme per costruire le nuove centrali nucleari nella Penisola. Di fronte ai sondaggi disastrosi, col 54% degli italiani intenzionati a votare il 12-13 giugno, a decidere sarebbe stato Berlusconi in persona: spaventato dal rischio che si raggiunga il quorum sul “legittimo impedimento”, l’altro quesito che – insieme all’acqua pubblica – compone il tris referendario.
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Arrigoni era condannato: Israele temeva la sua voce
La salma di Vittorio Arrigoni arriverà in Italia attraverso l’Egitto, evitando il territorio di Israele: una risposta simbolica, postuma, a chi aveva fatto di tutto per far tacere la sua voce. Lo aveva minacciato, arrestato, torturato. Fino a farlo uccidere, per mano di killer “salafiti”? A rilanciare questa tesi è Patrizia Cecconi, presidente dell’associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese: sapevamo – dice commossa da piazza Montecitorio il 15 aprile – che Vittorio a Gaza aveva le ore contate. «Lo dicevano già Golda Meir e Ben Gurion: Israele teme i poeti più che le bombe». Drammatico preavviso, l’omicidio di un altro testimone chiave delle atrocità israeliane, il regista Juliano Mer-Khamis.
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Restiamo umani: ciao Vittorio, non ci arrenderemo
Ci siamo svegliati piangendo, questa mattina. Hanno ucciso Vittorio Arrigoni. E’ la morte di un eroe del nostro tempo, che sempre di più avrà bisogno di eroi. Vittorio Arrigoni è stato ucciso perché chi uccide non tollera testimoni. Ma anche perché la spirale di follia in cui questo mondo sta scivolando richiederà sempre più sangue, sull’altare dei potenti. Il modo migliore per onorare la sua memoria sarà quello di prepararci a fronteggiare un’ondata di violenza che sarà proporzionale alla gravità della crisi in cui si dibattono i poteri che hanno portato il mondo nella tempesta che è già cominciata.
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Ucciso Arrigoni: denunciò le atrocità di Israele a Gaza
Era la spina nel fianco di Israele, la voce di Gaza sotto le bombe al fosforo bianco. Lo hanno ritrovato con gli occhi bendati: non doveva vedere più. Il corpo senza vita di Vittorio Arrigoni, 36 anni, coraggioso reporter indipendente, è stato rinvenuto nella notte fra il 14 e il 15 aprile in un appartamento di Gaza City al termine del blitz organizzato da Hamas per tentare di salvarlo. Sarebbe stato soffocato o strangolato, molto prima dell’ultimatum lanciato dai rapitori, appartenenti – secondo le rivendicazioni ufficiali – a un gruppo salafita islamico ultra-radicale, vicino ad Al Qaeda. L’atroce morte di Arrigoni rappresenta in realtà una svolta per i “falchi” di Tel Aviv: Vittorio era rimasto l’unico, sul campo, a testimoniare le atrocità israeliane contro la popolazione palestinese.
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Terroristi islamici made in Usa: il nostro agente a Tripoli
Prima che la sua barba profetica, il suo kalashnikov e il suo sinistro sorriso diventassero l’icona planetaria della “minaccia islamista anti-occidentale”, Osama Bin Laden e il network che siamo abituati a sentir chiamare Al Qaeda erano una leva strategica della Cia per minare l’impero sovietico a partire dall’Afghanistan. Nessuna sorpresa, dunque, se poi si scopre che sono stati proprio veterani “afghani” a trapiantare il network anche in Cirenaica, contro il dittatore Gheddafi: era quello che serviva all’intelligence angloamericana, l’alibi perfetto per infiltrare la sicurezza del Colonnello fino ai massimi vertici: rappresentati dall’ex ministro ed ex capo dei servizi libici Moussa Koussa, «il nostro agente a Tripoli», oggi disertore riparato a Londra.
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Libia, war game: raid franco-inglesi già pronti dal 2010
C’è un dittatore feroce, che regna col terrore su un “paese del sud”. Un giorno il dittatore cede il potere al figlio, e la situazione peggiora ulteriormente. A quel punto, entrano in azione i “buoni”, Francia e Gran Bretagna: che, con mirati raid aerei, intervengono per fermare i tiranni, padre e figlio. Gheddafi? Mubarak? Chi può dirlo. Il “paese del sud” si chiama semplicemente Southland, e figura in una sorta di war game presentato su un sito web dell’aviazione francese, che – si apprende – fin dal 2010 si addestrava, insieme a quella inglese, per un’evenienza del genere. «L’attacco franco-britannico contro la Libia – ne deducono Pino Cabras e Giulietto Chiesa – pare non avesse niente a che fare con operazioni umanitarie di sorta».
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11 Settembre, la strage era prevista da un’esercitazione
Alla vigilia dell’11 Settembre, il Pentagono stava progettando un’esercitazione basata su uno scenario allora inedito: un aereo che si schianta sulle Torri Gemelle. Lo rivela il generale Peter Chiarelli, allora responsabile dell’area “operazioni, reattività e mobilitazione” di fronte a eventi straordinari, con possibili stragi di massa. L’alto ufficiale, racconta “Shoestring 9/11”, fu trasferito in quel reparto un mese prima della catastrofe. E i preparativi per l’esercitazione furono messi a punto esattamente una settimana prima dell’attentato del secolo, per il quale fu poi accusato Bin Laden e furono scatenate due guerre, in Afghanistan e in Iraq. La notizia si aggiunge all’impressionante casistica sull’11 Settembre, che il grande pubblico continua ad ignorare o trascurare.