Archivio del Tag ‘obbligatorietà’
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L’Italia è nella spazzatura, e loro fan la guerra ai sacchetti
L’Italia è stata trasportata in discarica e serve quanto prima un sacchetto. Possibilmente biodegradabile… Il cervello e l’intelligenza del gregge oramai sono un optional e un vero e proprio mistero. Viviamo in una dittatura oligarchica sfacciatamente manifesta, nella quale ci hanno svuotato e privato di ogni diritto, libertà e sovranità (monetaria, economica, politica) e il popolino si preoccupa e si scandalizza per il sacchetto della spazzatura! Migliaia di persone su Facebook e nel web si stanno mobilitando per acquistare le zucchine senza sacchetto. Spedizioni punitive di consumatori furibondi entrano nei supermercati con la maschera di Anonymous per prendere in ostaggio le bilance pesa-verdura. Ha ragione il grande Natalino Balasso quando dice che siamo un popolo da «rivoluzione polleggiata». «Siamo i Pile Fighter: combattenti con la tuta di pile e le ciabatte a forma di Brunetta che si scandalizzano per le ingiustizie di X-Factor». E’ come affogare in un oceano e preoccuparsi dello schizzetto di fango nella maglietta Nike… Abbiamo una gigantesca trave nel didietro e un anello al naso, ma il gregge si preoccupa di pesare singolarmente frutta e verdura per attaccare le etichette evitando così di pagare l’ingiusto balzello legato al sacchetto.
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Voto inutile? Non per sempre: gli italiani sono in sciopero
Sempre sicuri che un terzo dell’umanità si starebbe risvegliando dal letargo, come scrive l’analista geopolitico Fausto Carotenuto? L’Italia è il paese in cui ha il coraggio di ripresentarsi alle elezioni Beatrice Lorenzin, addirittura alla guida di una coalizione centrista, non paga di aver appena terrorizzato milioni di famiglie, migliaia di scuole e centinaia di Asl con la valanga di vaccinazioni appena imposte, senza l’ombra di un’emergenza sanitaria in atto. Tutti i sondaggi in vista delle politiche 2018 danno i 5 Stelle come primo partito, verso il 30%, ma il centrodestra in lievissimo vantaggio, sommando i voti dell’intramontabile Berlusconi a quelli (in calo) della Lega di Salvini, fatalmente annacquatasi nell’alleanza col Cavaliere, fattosi conciliante con Bruxelles. Dopo la grana Boschi-Etruria, lo stesso Renzi appare in discesa libera, addirittura al 22,8% secondo Ixè, anche per colpa dell’altra fenomenale novità del prossimo 4 marzo, il cartello “Liberi e Uguali” capitanato da due new entry della politica italiana come D’Alema e Bersani, alle spalle degli entusiasmanti Grasso & Boldrini. E’ tutto qui il presunto risveglio degli italiani? Nient’altro, in vista, per gli elettori stufi di farsi prendere in giro da politici che in realtà si limitano da decenni a obbedire a diktat stranieri, soprattutto finanziari?Negli ultimi mesi, è diventato rovinosamente evidente il ruolo di “gatekeeper” del Movimento 5 Stelle, in un certo senso rivendicato dallo stesso Grillo, anni fa: non ci fossimo noi, ci sarebbero le barricate in strada. Finora, dai 5 Stelle, non una parola sulle guerre Nato che minacciano la sicurezza strategica italiana, a cominciare dalle tensioni con la Russia (già costate miliardi, al made in Italy, in termini di mancato export dopo le sanzioni inflitte a Mosca). Soprattutto, i grillini non hanno ancora formulato una ricetta per il problema numero uno, la drammatica crisi economica. Insistono nel proporre un “reddito di cittadinanza”, cioè la paghetta per la rassegnazione definitiva al peggio, pagata peraltro facendo solo la cresta agli “sprechi”. L’Europa “matrigna”? Grillo ha tentato di smarcarsi da Farage, a Strasburgo, per approdare tra gli ultra-europeisti dell’Alde, vicini a Monti, l’uomo del rigore. L’euro? Peggio che andar di notte: quando ormai tutti gli economisti del mondo spiegano che la moneta unica è una trappola mortale per l’Italia, la pentastellata Laura Castelli confessa, in televisione, che a un eventuale referendum sull’euro non saprebbe come votare.Di fronte a questo tipo di offerta, è facile intuire che l’oceano dell’astensionismo crescerà ancora – ma secondo Aldo Giannuli si illudono, Antonio Ingroia e Giulietto Chiesa, se sperano di far breccia nel non-voto con una proposta last minute: «Ammesso che riescano a presentare le liste, c’è il rischio che non raggiungano neppure l’1%». Realisticamente, numeri alla mano, lo spettacolo che ci attende non è allegro: l’ennesimo “inciucio” tra Renzi e Berlusconi o un’alleanza tattica tra D’Alema e Di Maio, che si sta accreditando come un possibile premier rassicurante per i poteri forti, uno che si guarderà bene dal cambiare qualcosa. In entrambi i casi, molti analisti ritengono che le urne produrrano un esecutivo zoppo, di breve durata. Motivi di consolazione? Uno, forse: i milioni di italiani che, magari a torto, nel 2013 presero per buona la freschezza dei 5 Stelle, mandando in tilt l’establishment politico. Poi il seguito è cronaca, a cominciare dalla commedia romana della Raggi. Ma quei voti-contro, espressi ormai quasi cinque anni fa, restano un monito, sommati al gesto dei milioni di italiani che hanno disertato le urne per protesta e sfiducia. Uno su due ha smesso di votare; degli altri, e quasi uno su tre voterà 5 Stelle, illudendosi che serva a qualcosa. Tradotto: in larga maggioranza, l’Italia ha già bocciato questa politica. Prima ancora delle elezioni.Sempre sicuri che un terzo dell’umanità si starebbe risvegliando dal letargo, come scrive l’analista geopolitico Fausto Carotenuto? L’Italia è il paese in cui ha il coraggio di ripresentarsi alle elezioni Beatrice Lorenzin, addirittura alla guida di una coalizione centrista, non paga di aver appena mandato nel panico milioni di famiglie, insieme alle scuole e alle Asl, con la valanga di vaccinazioni imposte senza l’ombra di un’emergenza sanitaria in atto. Tutti i sondaggi in vista delle politiche 2018 danno i 5 Stelle come primo partito, verso il 30%, ma il centrodestra in lievissimo vantaggio, sommando i voti dell’intramontabile Berlusconi a quelli (in calo) della Lega di Salvini, fatalmente annacquatasi nell’alleanza col Cavaliere, fattosi conciliante con Bruxelles. Dopo la grana Boschi-Etruria, lo stesso Renzi appare in discesa libera, addirittura al 22,8% secondo Ixè, anche per colpa dell’altra fenomenale novità del prossimo 4 marzo, il cartello “Liberi e Uguali” capitanato da due new entry della politica italiana come D’Alema e Bersani, alle spalle degli entusiasmanti Grasso & Boldrini. E’ tutto qui il presunto risveglio degli italiani? Nient’altro, in vista, per gli elettori stufi di farsi prendere in giro da politici che in realtà si limitano da decenni a obbedire a diktat stranieri, soprattutto finanziari?
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Di Maio e i vaccini obbligatori: aprite gli occhi, amici 5 Stelle
Di Maio & company? Non abbiamo ancora visto niente: se vanno al potere i 5 Stelle (non la base: i dirigenti), «ci terremo intatto lo strapotere delle multinazionali del farmaco, della chimica, dell’alimentazione devitalizzata, dei megamedia del potere». E soprattutto «il dominio della finanza, i livelli di inquinamento, l’ossequienza al Vaticano e alle massonerie varie, alla Trilateral, a Goldman Sachs». Parola di Fausto Carotenuto, promotore del network “Coscienze in Rete” e già analista internazionale per l’intelligence: un uomo esperto, che conosce a fondo – dall’interno – le dinamiche del vero potere, quello che indossa diverse maschere per compiacere e illudere i cittadini-elettori. Ma perché tanto allarme per Di Maio? durante una visita all’ateneo di Harvard, «una delle università dove oramai i candidati premier vanno a prendere la benedizione», lo scorso maggio il beniamimo di Beppe Grillo ha dichiarato che i vaccini «in Italia sono obbligatori per legge», e quindi, ha aggiunto, «noi non abbiamo intenzione di eliminarla», quella legge. «E lo dice quello che poi verrà “unto” con un plebiscito di finta “democrazia diretta” come capo politico del 5 Stelle e candidato alla presidenza del Consiglio», protesta Carotenuto.Domanda che sorge spontanea: «Per chi lavora questo signore? Per chi lavorano i vertici manifesti e occulti del 5 Stelle? Non certo per la gente e per la nostra libertà», scrive Carotenuto su “Coscienze in Rete”. «E’ chiaro che chi è contro l’obbligatorietà dei vaccini non potrà mai votare per questo signore», Di Maio, che appare «al servizio di chi vuole vaccinare obbligatoriamente i nostri bambini». Per l’analista, semplicemente «occorre svegliarsi», perché «con questa gente al governo – e non parliamo dei militanti, ma di chi li dirige in modo del tutto privo di vera democrazia – si verificheranno anche altri fatti, che i votanti grillini pieni di ingenuo entusiasmo non immaginano nemmeno: rimarremo saldissimamente in Europa, ci terremo l’euro, l’appartenenza alla Nato e gli interventi militari “umanitari”». Peggio: Big Pharma non ha nulla da temere dai grillini, e nemmeno Wall Street, la super-oligarchia, i ras della devastazione agroalimentare, gli scienziati del cibo-killer, cancerogeno. Nessuno trema, di fronte a Di Maio: né i media mainstream, professionisti della disinformazione, né le multinazionali onnivore e globaliste, né i santuari supermassonici dell’élite finanziaria.«Stiamone certi», aggiunge Carotenuto: «Se vogliamo che nulla di importante cambi nel sistema di potere che ci manipola, votiamo tranquillamente per questo signore». Non che Di Maio sia il peggiore il campo, sia chiaro: «Certo, anche se voteremo per gli altri partiti ora in Parlamento, nulla cambierà di tutto questo». Ma almeno, evitando di votare 5 Stelle, «non avremo sprecato le nostre migliori energie e le nostre scelte facendoci abbindolare da questa ennesima trappola per le coscienze in risveglio». La tesi di Carotenuto: il potere lavora per rendere eterno il nostro “letargo”, ben sapendo che – statistiche alla mano – un cittadino su tre ha ormai fiutato l’imbroglio e non crede più a nessuno, né ai politici né ai media. «Il nostro vero terreno di operazioni – sottolinea il fondatore di “Coscienze in Rete” – non è delegare a comici o a giovanottini legati a “nonsisachi”, comunque dipendenti dalla finanza internazionale, come minimo. E nemmeno delegare agli altri partiti, che dipendono dagli stessi poteri di controllo».Carotenuto propende per il rifiuto del potere istituzionale che viene dall’alto, frutto di “piramidi” irrimediabilmente compromesse e inattendibili, a prescindere dai personaggi dietro i quali si nascondono: meglio la solidarietà circolare dei territori, dal basso. «Utilizziamo le nostre energie e la nostra voglia di bene senza delegare, facendo il bene là dove siamo, nel locale, orizzontamente, intorno a noi», sapendo che un giorno «da questa crescita orizzontale, quando sarà ampia e solida, verranno fuori istituzioni nuove». Ma non oggi, non ancora: «Ora è il momento della maturazione delle coscienze attraverso l’impegno diretto là dove siamo e possiamo verificare che le nostre forze alimentano veramente il bene di tutti». Poù in alto, la nostra possibilità di controllo è pari a zero: restiamo in balia delle solite manipolazioni. L’ultima, in ordine di tempo, sarebbe proprio quella del Movimento 5 Stelle: pura illusione ottica, certificata dal Di Maio “pro-vax”, di fronte alla potentissima platea di Harvard. «Non dimentichiamo…».Di Maio & company? Non abbiamo ancora visto niente: se vanno al potere i 5 Stelle (non la base: i dirigenti), «ci terremo intatto lo strapotere delle multinazionali del farmaco, della chimica, dell’alimentazione devitalizzata, dei megamedia del potere». E soprattutto «il dominio della finanza, i livelli di inquinamento, l’ossequienza al Vaticano e alle massonerie varie, alla Trilateral, a Goldman Sachs». Parola di Fausto Carotenuto, promotore del network “Coscienze in Rete” e già analista internazionale per l’intelligence: un uomo esperto, che conosce a fondo – dall’interno – le dinamiche del vero potere, quello che indossa diverse maschere per compiacere e illudere i cittadini-elettori. Ma perché tanto allarme per Di Maio? durante una visita all’ateneo di Harvard, «una delle università dove oramai i candidati premier vanno a prendere la benedizione», lo scorso maggio il beniamimo di Beppe Grillo ha dichiarato che i vaccini «in Italia sono obbligatori per legge», e quindi, ha aggiunto, «noi non abbiamo intenzione di eliminarla», quella legge. «E lo dice quello che poi verrà “unto” con un plebiscito di finta “democrazia diretta” come capo politico del 5 Stelle e candidato alla presidenza del Consiglio», protesta Carotenuto.
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Bagnai: il grillismo è una religione, funzionale al potere Ue
Elaborare il lutto, dopo aver scoperto di aver votato ancora una volta per il partito sbagliato? Impossibile, purtroppo: non ce la faranno, ad ammettere l’errore. Lo sostiene l’economista Alberto Bagnai, a proposito della delusione che starebbe invadendo milioni di elettori del Movimento 5 Stelle, inizialmente entusiasti del giustizialismo moralista grillino. «Quella dei 5 Stelle è una religione», dichiara Bagnai, a colloquio con Claudio Messora su “ByoBlu”. Ammette Bagnai: «Io stesso scelsi i 5 Stelle, nel 2013, ma in modo strumentale: volevo votare contro Bersani, specie dopo l’appello pubblico di Eugenio Scalfari che chiedeva di boicottare Grillo». Autocritico, l’economista di “Goofynomics”, anche sul sistema elettorale maggioritario: «All’epoca votai a favore, ma oggi me ne pento e anzi me ne vergogno: anziché l’alternanza destra-sinistra, il maggioritario ci ha offerto solo una scelta tra due destre, e soprattutto ci costringe a poter votare solo “contro”», cioè a scegliere il (presunto) meno peggio, come appunto il Movimento 5 Stelle alle politiche del 2013, quelle “non vinte” dal Pd bersaniano. Salvo poi verificare che i grillini non hanno fatto assolutamente nulla, a parte canalizzare il dissenso, addormentandolo su binari innocui per il grande potere finanziario.«Intendiamoci, so benissimo che tra i 5 Stelle esistono persone ottime, e anche politici che hanno cercato onestamente di darsi da fare», puntualizza Bagnai, che è tra gli economisti italiani che guidano con decisione il fronte anti-euro. Ma la sua analisi politica è netta: scagliandosi contro un bersaglio apparente ed economicamente irrilevante, “la casta”, cioè la politica tout-court e quindi lo Stato, i grillini – secondo Bagnai, docente universitario di economia della globalizzazione – non hanno fatto altro che assecondare i dogmi-cardine del neoliberismo oligarchico, il cui avversario potenziale è appunto lo Stato, se “impugnato” come strumento democratico contro i poteri forti. I 5 Stelle (in altri tempi molto vociferi su temi come la medicina alternativa) non hanno battuto ciglio di fronte alla mostruosa campagna sui vaccini obbligatori promossa dal governo Gentiloni attraverso Beatrice Lorenzin. Ma Bagnai sottolinea soprattutto la farsa tragicomica dei 5 Stelle a Strasburgo, con il tentativo (poi anche pateticamente abortito) di traslocare tra i “falchi” pro-euro dell’Alde, il gruppo centrista ultra-europeista in cui è rappresentato Mario Monti.Grillo ha gettato la maschera? Quand’anche, il popolo dei VaffaDay non lo ammetterà facilmente, sostiene Bagnai. «In realtà – dichiara il professore – il grillismo è una religione, che predica l’odio contro lo Stato». E da una religione non è facile smarcarsi, con l’abiura. «Stessa musica per gli esponenti di Sinistra Italiana: capiscono perfettamente che razza di trappola sia l’euro, ma – avendo sostenuto per anni l’euro-sistema, non hanno il coraggio di ammettere apertamente il loro errore». La riflessione offerta su “ByoBlu”, peraltro datata, fotografa comunque in modo mestissimo lo scenario politico italiano: di fatto (forse, con la sola eccezione della Lega di Salvini) l’offerta non offre nessuna vera alternativa alla completa sudditanza rispetto al potere di Bruxelles, che ha creato deliberatamente la crisi nella quale l’Italia si sta dibattendo da anni. I grillini? Da dividere in due: una base quasi fanatizzata “religiosamente”, disponibile a migliorare l’Italia ma frenata da un vertice che ha rivelato la vera natura di “gatekeeper” del movimento, semplice camera di sfogo della rabbia sociale, ben attento a non disturbare mai il manovratore, sulle cose che contano. Ma la disillusione – l’amara ammissione dell’equivoco – costerà dolore e richiederà tempo, dice Bagnai: per questo, ancora per un po’, l’inutile Movimento 5 Stelle ingombrerà la scena politica italiana.Elaborare il lutto, dopo aver scoperto di aver votato ancora una volta per il partito sbagliato? Impossibile, purtroppo: non ce la faranno, ad ammettere l’errore. Lo sostiene l’economista Alberto Bagnai, a proposito della delusione che starebbe invadendo milioni di elettori del Movimento 5 Stelle, inizialmente entusiasti del giustizialismo moralista grillino. «Quella dei 5 Stelle è una religione», dichiara Bagnai, a colloquio con Claudio Messora su “ByoBlu”. Ammette Bagnai: «Io stesso scelsi i 5 Stelle, nel 2013, ma in modo strumentale: volevo votare contro Bersani, specie dopo l’appello pubblico di Eugenio Scalfari che chiedeva di boicottare Grillo». Autocritico, l’economista di “Goofynomics”, anche sul sistema elettorale maggioritario: «All’epoca votai a favore, ma oggi me ne pento e anzi me ne vergogno: anziché l’alternanza destra-sinistra, il maggioritario ci ha offerto solo una scelta tra due destre, e soprattutto ci costringe a poter votare solo “contro”», cioè a scegliere il (presunto) meno peggio, come appunto il Movimento 5 Stelle alle politiche del 2013, quelle “non vinte” dal Pd bersaniano. Salvo poi verificare che i grillini non hanno fatto assolutamente nulla, a parte canalizzare il dissenso, addormentandolo su binari innocui per il grande potere finanziario.
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C’era una volta Enrico Mentana, ora è l’eroe del fanta-Cicap
«C’era una volta Enrico Mentana», scrive Massimo Mazzucco, segnalando che il direttore del telegiornale de La7 è stato insignito del premio “In difesa della ragione” istituito dal Cicap, il comitato di controllo sulle “affermazioni sulle pseudoscienze” (fino a ieri, “sul paranormale”), che in realtà sembra occuparsi più che altro di “normalizzare la verità”, rendendo accettabile la versione ufficiale dei fatti, grazie anche all’alto patrocinio del suo nume tutelare, l’intoccabile Piero Angela. «Ormai passato definitivamente dalla parte dei debunkers, Mentana viene premiato proprio dai bugiardi di professione che lui stesso ha aiutato ad acquisire credibilità davanti al pubblico televisivo negli anni passati», lo accusa Mazzucco, autore di documentari “esplosivi” sulla vera storia del maxi-attentato dell’11 Settembre. «Con le sue trasmissioni fintamente “equilibrate”, dove apparentemente metteva a confronto tesi e controtesi, ma in realtà si preoccupava di lasciare sempre l’ultima parola ai debunkers, Mentana ha finito per distruggere l’unica possibilità che restava al giornalismo televisivo di proporre agli spettatori un punto di vista veramente neutrale».Mazzucco, il cui primo film sull’attacco alle Torri Gemelle era pure stato trasmesso in anteprima da “Matrix”, il talkshow di Mentana su Canale 5, definisce oggi il giornalista «divorato dall’ansia di piacere ai potenti». Già mezzobusto (craxiano) del Tg2, poi artefice del rivoluzionario del Tg5, secondo Mazzucco ormai Mentana «ha finito per allinearsi ufficialmente al pensiero mainstream su tutti gli argomenti più importanti degli ultimi anni». Ovvero: «Prende in giro apertamente chi denuncia le scie chimiche, ignorando (volutamente?) che lo stesso presidente Napolitano ha riconosciuto l’esistenza del problema». In più, «si è schierato apertamente a favore delle vaccinazioni obbligatorie, ignorando (volutamente?) la marea di documentazione scientifica che attesta invece alla loro pericolosità». Lo stesso Mentana «si è schierato apertamente a favore della versione ufficiale dell’11 Settembre, ignorando volutamente (e qui non c’è bisogno del punto interrogativo, lo sappiamo con certezza) tutti gli argomenti scientifici di Architects&Engineers che dimostrano la demolizione controllata delle Torri Gemelle».Evidentemente, aggiunge Mazzucco sul blog “Luogo Comune”, «a Mentana interessa molto di più piacere ai potenti che non fare veramene il suo lavoro di giornalista». Forse gli è rimasta adosso «la nostalgia di quando conduceva un telegionale importante in Italia, e cerca in tutti i modi di recuperare l’audience perduta compiacendo in ogni modo possibile i poteri forti». Ma il direttore-mattatore «non si rende conto che la vera opportunità di lavorare a La7 era proprio quella di presentare al pubblico italiano qualcosa di diverso, e non semplicemente una versione impoverita del pensiero mainstream». Secondo Mazzucco, «Mentana avrebbe potuto trasformare il canale La7 nel primo degli ultimi, invece ha finito tristemente per accontentarsi di essere l’ultimo dei primi. E lo ha fatto nel modo peggiore per un giornalista: allinearsi diligentemente al pensiero maistream, rinunciando alle sue capacità analitiche e alle sue qualità investigative». Sottinteso: Mazzucco ha stima di Mentana, e questo peggiora le cose. Come dire: talento sprecato, degno di miglior causa.Eppure, rinunciando alle sue armi per motivi tattici, «Mentana continua soltanto a perdere audience», dice Mazzucco, che cita la recente “ribellione” contro di lui verificatasi sul web per non aver nemmeno degnato di una risposta il suo video du quelle che Mazzucco definisce “le bugie” di Paolo Attivissimo, principe dei debuker nostrani, numero uno degli ammazza-complottisti. «Con uno share che arranca faticosamente intorno al 5%, ormai Mentana riesce ad influenzare l’opinione pubblica quanto un predicatore muto che parli in aramaico fra le mura di casa sua», infierisce Mazzucco, secondo cui Mentana «presto rischia di fare la fine di Enrico Deaglio, l’altro famoso giornalista “indipendente” che finì per perdere quel poco di credibilità che gli restava proprio quando sposò – in modo palesemente acritico – la versione ufficiale dell’11 Settembre». Amarezza e rimpianto: «Peccato, c’era una volta Enrico Mentana».«C’era una volta Enrico Mentana», scrive Massimo Mazzucco, segnalando che il direttore del telegiornale de La7 è stato insignito del premio “In difesa della ragione” istituito dal Cicap, il comitato di controllo sulle “affermazioni sulle pseudoscienze” (fino a ieri, “sul paranormale”), che in realtà sembra occuparsi più che altro di “normalizzare la verità”, rendendo accettabile la versione ufficiale dei fatti, grazie anche all’alto patrocinio del suo nume tutelare, l’intoccabile Piero Angela. «Ormai passato definitivamente dalla parte dei debunkers, Mentana viene premiato proprio dai bugiardi di professione che lui stesso ha aiutato ad acquisire credibilità davanti al pubblico televisivo negli anni passati», lo accusa Mazzucco, autore di documentari “esplosivi” sulla vera storia del maxi-attentato dell’11 Settembre. «Con le sue trasmissioni fintamente “equilibrate”, dove apparentemente metteva a confronto tesi e controtesi, ma in realtà si preoccupava di lasciare sempre l’ultima parola ai debunkers, Mentana ha finito per distruggere l’unica possibilità che restava al giornalismo televisivo di proporre agli spettatori un punto di vista veramente neutrale».
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Violenza-spettacolo, le amnesie dei media e le regie occulte
Inorridisce giustamente, l’italiano medio, di fronte alla brutalità della polizia spagnola che a Barcellona prende a calci i giovani inermi finiti a terra, maltratta le donne tirandole per i capelli, rompe nasi e spezza braccia, spara nel mucchio proiettili di gomma ad altezza uomo, spintona e strattona persino le nonne, trascinadole via come pericolose terroriste. Inorridisce, ma senza chiedersi come mai tanta violenza di Stato venga esibita di colpo a reti unificate. E si domanda invece, giustamente, per quale motivo il governo democratico di Madrid non si vergogni nemmeno un po’ dello spettacolo barbarico dei suoi agenti antisommossa, i robocop neri a cui è stato semplicemente ordinato di picchiare senza riguardi, di pestare gente con le mani alzate, di spedire all’ospedale cittadini, popolo, anziani. Sono le domande naturali, ovvie, che assillano e disturbano lo spettatore neutrale, estraneo ai fatti, turbato dalla violenza andata in scena a Barcellona. Quegli interrogativi se li pongono anche gli addetti all’informazione ospiti dei talkshow. Ma, attenzione: sono gli stessi giornalisti mainstream che si guardarono bene dal fiatare quando a prendere a calci i cittadini – italiani – erano le forze antisommossa spedite dal governo di Roma in valle di Susa col medesimo ordine: mandare all’ospedale la gente che aveva osato protestare, presidiare spazi e invocare giustizia, molto prima che la battaglia NoTav venisse inquinata dalle derive rabbiose nate dall’esperazione.«Giornalisti bugiardi e cialtroni: ne caccerei nove su dieci», ebbe a dire recentemente un reporter di razza come lo statunitense Seymour Hersh, Premio Pulitzer. La sua tesi: se la stampa non avesse abdicato al suo ruolo, rinunciando a fare il proprio dovere, in questi ultimi decenni avremmo avuto meno vittime. Meno abusi e meno stragi, meno guerre, meno terrorismi opachi. E forse, costringendo politici e governi a dire la verità, qualche oscuro mandante sarebbe stato costretto a venire allo scoperto. I grandi media sono ormai “Presstitutes”: così li chiama Paul Craig Roberts, liberale, già viceministro di Reagan. Non sono più veri mass media, ma strumenti orwelliani di propaganda, megafoni di un regime finanziario unificato, proprietario universale dell’editoria cartacea e radiotelevisiva che ha trasformato l’informazione in gossip, in politica-marketing e tifoseria da stadio contro nemici apparenti come la Russia di Putin, o fabbricati a tavolino come i tagliagole-kamikaze dell’Isis. E’ tutto spettacolo, soltanto spettacolo – senza mai analisi, spiegazioni, memoria storica, retroscena e denunce argomentate, al punto da spingere milioni di utenti a spegnere il televisore cercando rifugio nella galassia magmatica del web, alla ricerca affannosa di informazioni e ricostruzioni (attendibili, o almeno plausibili) su qualsiasi guaio contemporaneo, dall’euro alle scie chimiche, dalle guerre ai vaccini obbligatori.Lo spettacolo, oggi, è quello della violenza imposta dagli uomini neri che Madrid ha spedito a Barcellona? Ieri era quello della Troika euro-tedesca impegnata a gambizzare un altro popolo alle prese con un referendum, quello greco. Quando i primi NoTav si agitavano in corteo nella loro valle di Susa, appena dopo il duemila, non immaginavano neppure lontanamente la reale geografia della partita in corso: ancora non era arrivato Mario Monti a usare il manganello (finanziario) contro gli italiani. In Francia, il pallido François Hollande era riuscito a conquistare l’Eliseo promettendo la fine del rigore imposto da Berlino? E’ stato “sistemato” a colpi di attentati, insieme ai francesi: che adesso si godono Macron, l’omino-Rothschild confezionato in vitro direttamente dalle officine supermassoniche cui sovrintendono personaggi come Jacques Attali, il finto-socialista che spinse a destra la politica di Mitterrand, nel segno euro-imperiale dell’ordoliberismo da cui è appena scappata la Gran Bretagna votando la Brexit. E’ tutto spettacolo, quello che va in televisione: e se ci va, è sempre bene chiedersi perché. Secondo un analista indipendente come Federico Dezzani, a manipolare la Catalogna indipendentista sarebbero gli stessi super-poteri oligarchici che orchestrarono il crollo della Prima Repubblica in Italia, corrotta ma ancora relativamente sovrana, ostile al falso europeismo neo-feudale degli oligarchi interessati a smantellare l’economia della penisola, aprendo la stagione della crisi infinita.La polizia che malmena gli inermi non è mai un bello spettacolo, e a Madrid non potevano non saperlo. Non poteva non sapere, il debolissimo governo Rajoy, che l’intera Europa avrebbe simpatizzato, in diretta televisiva, con gli abitanti di Barcellona. Ha ragione Dezzani: non può essere a Madrid, la vera regia di questa pagina imbarazzante, con troppo sangue e troppe ossa rotte. Forse non è nemmeno a Marsiglia, dove – in contemporanea – le forze di sicurezza francesi hanno abbattuto a pallettoni, tanto per cambiare, l’ennesimo presunto jihadista accoltellatore, destinato come tutti gli altri a non parlare più. La regia dell’orrore non è nemeno a Nizza, dove la polizia locale (un po’ come i Mossos catalani) si rifiutò di obbedire agli ordini di Parigi, quando il ministro dell’interno le impose di distruggere i filmati delle telecamere che avevano ripreso la strage del 14 luglio sulla Promenade des Anglais. Una parte di questa ipotetica regia probabilmente risiede proprio a Parigi, dove – dopo il non-suicidio di un valente commissario – il governo silenziò e chiuse le indagini su Charlie Hebdo con l’imposizione del segreto di Stato (segreto militare), togliendo il dossier al coraggioso magistrato che aveva scoperto una strana triangolazione per la fornitura delle armi al commando stragista, Kalashnikov slovacchi giunti in Francia via Belgio attraverso un uomo della Dgse, il servizio segreto parigino.Se tutto è spettacolo, in televisione, manca sempre il vero mandante, perché sfugge regolarmente il movente. Era di quello che si occupava il giudice italiano Gabriele Chelazzi, stranamente morto dopo aver scritto una lettera di protesta alla Procura di Firenze, che accusava di averlo lasciato solo, senza uomini e mezzi. Lo racconta un super-poliziotto, Michele Giuttari, che fece condannare i “compagni di merende”. Prima del Mostro di Firenze (la cui vera storia si è rassegnato a scriverla nei suoi romanzi), Giuttari aveva sgominato – con Chelazzi – la gang di Cosa Nostra impegnata a realizzare gli attentati dinamitardi di Milano, Firenze e Roma. Un’indagine record, con decine di mafiosi in manette. Per ordine di chi avevano agito? Totò Riina, Leoluca Baragarella. D’accordo, si domanda Giuttari: ma chi aveva ordinato a Riina e Bagarella di piazzare ordigni fuori dalla Sicilia? E per quale oscuro motivo? Per una ragione formidabile e al tempo stesso indicibile: terremotare l’Italia e renderla fragile, mentre i poteri forti organizzavano la tagliola fatale del Trattato di Maastricht, l’inizio della fine delle economie prospere e sovrane. A dirlo non è Giuttari ma Dezzani, lo studioso che ora accusa i politci catalani di essersi fatti strumento di quegli stessi poteri oligarchici che – c’è da giurarci – spingeranno il vento nelle vele degli autonomisti lombardi e veneti al referendum del 22 ottobre, sperando di veder presto anche l’Italia sbriciolarsi, come la Spagna, per meglio dominare, finanziariamente, un popolo ormai ipnotizzato dalla televisione.Inorridisce giustamente, l’italiano medio, di fronte alla brutalità della polizia spagnola che a Barcellona prende a calci i giovani inermi finiti a terra, maltratta le donne tirandole per i capelli, rompe nasi e spezza braccia, spara nel mucchio proiettili di gomma ad altezza uomo, spintona e strattona persino le nonne, trascinandole via come pericolose terroriste. Inorridisce, ma senza chiedersi come mai tanta violenza di Stato venga esibita di colpo a reti unificate. E si domanda invece, giustamente, per quale motivo il governo democratico di Madrid non si vergogni nemmeno un po’ dello spettacolo barbarico dei suoi agenti antisommossa, i robocop neri a cui è stato semplicemente ordinato di picchiare senza riguardi, di pestare gente con le mani alzate, di spedire all’ospedale cittadini, popolo, anziani. Sono le domande naturali, ovvie, che assillano e disturbano lo spettatore neutrale, estraneo ai fatti, turbato dalla violenza andata in scena a Barcellona. Quegli interrogativi se li pongono anche gli addetti all’informazione ospiti dei talkshow. Ma, attenzione: sono gli stessi giornalisti mainstream che si guardarono bene dal fiatare quando a prendere a calci i cittadini – italiani – erano le forze antisommossa spedite dal governo di Roma in valle di Susa col medesimo ordine: mandare all’ospedale la gente che aveva osato protestare, presidiare spazi e invocare giustizia, molto prima che la battaglia NoTav venisse inquinata dalle derive rabbiose nate dall’esasperazione.
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Sids: 300 neonati morti in Italia ogni anno, uno su mille
Morti bianche: 300 neonati ogni anno, in Italia, muoiono “in culla”. Uno su mille. Si chiama Sids, sindrome da morte infantile improvvisa (Sudden Infant Death Syndrome). Il sistema sanitario, accusa il naturopata Marcello Pamio, sottovaluta il problema: «Poco importa se tutti i bambini morti in culla hanno sempre fatto le vaccinazioni qualche giorno o qualche settimana prima». Casi archiviati come coincidenze, fatalità. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la Sids «colpisce i bambini tra un mese e un anno di età», cioè nel periodo in cui vengono fatti i primi inoculi. A riferire di questa “strage silenziosa” è un giornale come “Il Gazzettino”: il 25 maggio 2016, il quotidiano di Venezia titola: “Vaccini, bimba a due mesi muore nel sonno a Torino dopo esavalente”. Sempre per l’Istituto Superiore di Sanità, «dopo le malformazioni congenite, la Sids è la causa principale di morte post-neonatale negli Stati Uniti». Secondo il National Vital Statistics Report del 2004, «l’incidenza della Sids è di circa 1,7 per mille nati vivi. Dati simili sembrano essere registrati anche in Europa. In Italia, la stima fornita dal centro di riferimento della Regione Lombardia, è di 1 su 1000 nati vivi».Quindi in Italia vi sarebbe un morto ogni mille bambini nati, sintetizza Pamio sul blog “Riflessioni”, in cui segnala il bugiardino del vaccino trivalente “Tripedia” per difterite-tetano-pertosse. Secondo Sanofi-Pasteur, «la percentuale di morti in culla, secondo alcuni studi osservazionali, negli Stati Uniti (periodo dal 1985 al 1991) è pari a 1,5 bambini ogni 1000 nati, mentre in Germania è di circa 0,4». Sempre dal bugiardino del trivalente Tripedia: «In uno studio caso-controllato tedesco e in uno studio di sicurezza negli Stati Uniti, su 14.971 neonati che hanno ricevuto il vaccino Tripedia ne sono morti 13». Quindi, sottolinea Pamio, 13 morti su circa 15.000 neonati significa una percentuale pari a 0,86 morti per ogni 1000 nati. «In Italia sono nati nel 2016 circa 470.000 bambini. Se la percentuale di mortalità del Tripedia è di circa 0,86/1000 nati, tenuto conto che da noi sono nati 470.000 l‘anno scorso, il vaccino se ne è portati via circa 400. Morti per cosa? Da Sids, ovviamente, ma non solo. Almeno 300 ne muoiono per Sids ogni anno, ma se teniamo conto che non è l’unica causa di morte, si fa presto ad ottenere le cifre riportate».Ancora il bugiardino del Tripedia segnala che «gli eventi avversi riportati durante l’uso post-approvazione del vaccino Tripedia includono: porpora trombocitopenica idiopatica, Sids, reazione anafilattica, autismo, convulsione, encefalopatia, ipotonia, neuropatia, sonnolenza e apnea». Lo dicono gli stessi produttori dei vaccino, commenta Pamio: «Lo mettono nero su bianco nel bugiardino», mentre da noi «i grandi medici e la grande scienza ufficiale negano con tutte le forze e con ogni mezzo la correlazione tra vaccini-autismo e la correlazione tra vaccini-Sids. Beata ignoranza e soprattutto malafede, e intanto i bambini continuano a morire». Pamio definisce “olocausto” la morte in massa dei neonati, e sollecita un’azione legale, da parte della magistratura, per accertare eventuali responsabilità delle autorità italiane, per esempio «il ministro della salute, il direttore dell’Istituto Superiore di Sanità e il direttore dell’Aifa, nonché il presidente della Repubblica che ha firmato e avvallato la conversione del decreto in legge», quello sui 10 vaccini obbligatori voluto dalla “ministra” Beatrice Lorenzin.Se l’Italia è un caso unico al mondo per il numero di vaccini resi obbligatori, conclude Pamio, ha viaggiato a lungo in direzione esattamente opposta (e con ottimi risultati) il Giappone, che ha cambiato il calendario d’inizio per la vaccinazione «spostandolo dai tre mesi a due anni». Risulato: «Subito il loro tasso di Sids è crollato. Come mai?». E’ un fatto: al ritardo della vaccinazione “trivalente” Dpt (difterite-pertosse-tetano) posticipata all’età successiva ai 2 anni, ha corrisposto «un drastico calo di effetti collaterali». Nel periodo 1970-1974, quando la vaccinazione Dpt veniva effettuata dai 3 a 5 mesi di età, il Giappone erogò indennizzi per ben 57 casi gravi di bambini danneggiati da vaccino (danni permanenti) e 37 bambini morti. Durante il periodo 1975-1980, quando le iniezioni di Dpt venivano effettuate in ritardo, le gravi reazioni al vaccino sono state ridotte a un totale di tre morti. Il che significa una enorme riduzione – dall’85 al 90% – dei casi più gravi di danni, fino alla “morte bianca”. E ancora: «Nel 1988 il governo giapponese raccomandò la non-vaccinazione fino a due anni di età». La Sids però è ricomparsa, anche in Giappone, «da quando il governo è tornato a raccomandare le vaccinazioni a tre mesi», come afferma la dottoressa Viera Scheibner sul “New England Journal of Medicine”.Morti bianche: 300 neonati ogni anno, in Italia, muoiono “in culla”. Uno su mille. Si chiama Sids, sindrome da morte infantile improvvisa (Sudden Infant Death Syndrome). Il sistema sanitario, accusa il naturopata Marcello Pamio, sottovaluta il problema: «Poco importa se tutti i bambini morti in culla hanno sempre fatto le vaccinazioni qualche giorno o qualche settimana prima». Casi archiviati come coincidenze, fatalità. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la Sids «colpisce i bambini tra un mese e un anno di età», cioè nel periodo in cui vengono fatti i primi inoculi. A riferire di questa “strage silenziosa” è un giornale come “Il Gazzettino”: il 25 maggio 2016, il quotidiano di Venezia titola: “Vaccini, bimba a due mesi muore nel sonno a Torino dopo esavalente”. Sempre per l’Istituto Superiore di Sanità, «dopo le malformazioni congenite, la Sids è la causa principale di morte post-neonatale negli Stati Uniti». Secondo il National Vital Statistics Report del 2004, «l’incidenza della Sids è di circa 1,7 per mille nati vivi. Dati simili sembrano essere registrati anche in Europa. In Italia, la stima fornita dal centro di riferimento della Regione Lombardia, è di 1 su 1000 nati vivi».
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Se il popolo di Vasco marciasse contro il governo zootecnico
Accorrono in 220.000 al concerto oceanico di Vasco, ma nessuno che muova un dito contro il “governo zootecnico mondiale”, ovvero «la riduzione del cittadino a pollame». Maurizio Blondet commenta così l’ultimo lavoro editoriale dell’avvocato Marco Della Luna, “Oltre l’agonia”, ovvero “Come fallirà il dominio tecnocratico dei poteri finanziari” (Arianna Editrice). I giovani ipnotizzati dal Blasco? «Dico: pensate se fossero capaci di farlo per uno scopo politico. Se arrivassero in 220.000 a Roma, una volta, per protestare contro la sottrazione di diritti come cittadini, lavoratori, elettori. Che so, contro le vaccinazioni come inaudita “pretesa dello Stato, giuridicamente obbligatoria, di metterci dentro sostanze di cui non sappiamo la composizione”, manco fossimo animali», oppure «contro l’immigrazione senza limiti al costo di 4,5 miliardi l’anno, mentre “in Italia gli indigenti sono passati in 5 anni da 1,5 e 4 milioni”». Si potrebbe protestare, «per un insieme di scelte politico-economiche “assurde”, ostinatamente imposte dalle oligarchie nonostante i “risultati rovinosi”, il che “non può essere accidentale ma il prodotto di un sistema progettato, implementato e difeso”».Bisognerebbe «gridare che le mitiche speranze dell’europeismo sono state tradite», e che «nel mondo reale, il liberismo di mercato non ha gli effetti promessi dal modello ideale, ossia che il mercato non è “libero” ma gestito da cartelli: non tende a evitare o assorbire le crisi, ma le genera e amplifica», onde «non a distribuire le risorse, ma concentrarle in mano a pochi monopolisti». E’ un sistema che «dissolve la società invece di renderla più efficiente», anzi «dissolve l’idea stessa dell’uomo», scrive Della Luna. «Se i giovani per una volta dormissero all’addiaccio, pagassero i trasporti verso Roma, si comportassero per qualche giorno da soldati politici – dice Blondet nel suo blog – farebbero paura al governo che ci è stato imposto dalla Banca Centrale e da Bruxelles, ai parlamentari che dipendono dalle lobbies e comitati d’affari, e che hanno svenduto l’Italia, le sue industrie e la sua sovranità agli interessi stranieri». Della Luna, annota Blondet, è stato «il primo in Italia ad avvertirci che il capitalismo terminale globale fa soldi non più producendo merci ma bolle finanziarie per poi farle scoppiare: non ha più bisogno di lavoratori, produttori, operai, eserciti di massa – né quindi di mantenere sani, efficienti, istruiti, men che meno prosperi e soddisfatti i popoli». Non servono più, i popoli, e neppure i consumatori (risale infatti al 2010 il suo saggio “Oligarchie per popoli superflui”).In questo nuovo saggio, Della Luna ci avverte che il sistema è entrato in una fase ulteriore e più letale, anti-umana. Ormai persino il profitto finanziario «ha perso importanza, sia come scopo che come mezzo». Basta ricordare «le migliaia di miliardi che le banche centrali (appartenenti alla finanza privata) creano dal nulla per mantenere a galla il sistema, mettendoli a disposizione di chi comanda in misura illimitata». E il denaro creato dal nulla «genera un flusso di cassa positivo, ossia un reddito, che la banca incassa, ma su cui non paga le tasse», perché a pagare sono i contribuenti. Della Luna giunge a preconizzare perfino «il tramonto della finanza», inteso come «sistema di dominio della società». Un tramonto che però non coinciderà con la nostra liberazione: è già in arrivo «il dominio diretto e materiale sulla società», attraverso la «gestione coercitiva del demos, potente e unilaterale, e insieme non responsabile delle scelte verso i suoi amministrati». Questo nuovo potere, «non diversamente dalla zootecnia», non è responsabile verso gli animali che “alleva”, cioè noi. Governo zootecnico: «L’allevamento-condizionamento di masse umane per l’utilità degli allevatori». Già lo fanno per via mediatica, «restringendo e omogeneizzando le rappresentazioni che gli umani hanno della realtà».Di fatto, continua Della Luna, stanno già «tabuizzando e psichiatrizzando il dissenso e la contro-informazione», fino a renderla penalmente perseguibile. Lo fanno con “la Buona Scuola”, l’attuale sistema educativo congegnato in modo da non sviluppare facoltà cognitive, né l’attenzione sostenuta, né la capacità di auto-dominio: è il metodo perfetto per «produrre persone deboli, dipendenti, condizionabili, incapaci di opporsi». Non si tratta di risultati fallimentari e ideologie erronee. Al contrario, dice Della Luna: sono effetti perseguiti deliberatamente per «semplificare» l’uomo, standardizzandolo in vista dell’allevamento zootecnico. «Impressionante – aggiunge Blondet – è l’esempio che fa della scomparsa della borghesia produttiva, culturalmente vivace e reattiva, rovinata dalle crisi deflattive continue e dal fisco rapacissimo». Non è un caso malaugurato. E’ che «la piramide sociale va interrotta lasciando uno spazio vuoto sotto il suo apice», il famigerato 1% che concentra l’80% delle ricchezze, «così che l’apice sia al sicuro dalle scalate (mobilità verticale) e dagli attacchi delle classi intermedie erudite».L’obiettivo del vertice è «realizzare tra l’oligarchia e i popoli la medesima distanza e differenziazione qualitativa che c’è tra l’allevatore e gli animali allevati», secondo il modello zootecnico. «Nella chiave del governo zootecnico – scrive Blondet – diventano perfettamente spiegabili la plurivaccinazione obbligatoria dei cuccioli», cioè bambini. Se fossimo cittadini, e non polli d’allevamento, dovremmo rifiutare «la potestà giuridica di immettere nel corpo della gente sostanze attive», fra cui quelle basate su nanotecnologie e biotecnologie, «e molte di esse coperte da segreto militare o commerciale», rileva Della Luna. Sempre nella prospettiva dell’allevamento zootecnico acquista senso anche «il dogma dell’accoglienza e della mescolanza dei popoli», imposto come «evidente, dimostrato», presentando chi li contraddice come «irragionevole, malintenzionato, pericoloso, immorale». La verità è che, oltre ad essere in Italia un business, il «circuito dell’affarismo parassitario» che succhia denaro pubblico, il “dogma” pro-migranti «ha perfettamente senso dal punto di vista dell’allevatore: la trasformazione dall’alto del popolo, il popolo-bestiame, imponendo l’immigrazione sostitutiva delle popolazioni nazionali» nello stesso modo in cui l’allevatore inserisce nella stalla nuovi tori e nuove fattrici, per “migliorare la razza”.L’immigrazione caotica è anti-economica, diminuisce l’efficienza della società e costa moltissimo? Infatti, conferma l’autore: ciò dimostra che «la comprensione economicistica del divenire attuale è palesemente scavalcata». Quando la casta politica-amministrativa «lascia senza tetto e senza cibo i cittadini italiani mentre alloggia gli immigrati in alberghi a tre e quattro stelle», scrive Della Luna, quel che attua è «l’annullamento programmatico del concetto di cittadino come titolare di diritti specifici verso la sua polis», cioè «l’annullamento del “demos”, ossia del “popolo” come entità politica, padrona collettivamente delle proprie scelte». Un modello che «non implica affatto pace, sicurezza, efficienza per le popolazioni, esattamente come non le implica il modello zootecnico». Per gli allevatori, gli animali allevati «sono solo fonte di utilità; non hanno diritti né dignità riconosciuta». Dalla robotizzazione dell’industria all’elemosina elettorale degli 80 euro di Renzi: «La mancanza di redditi e servizi sicuri, la dipendenza da interventi anno per anno, rende queste masse sempre più passive, remissive», dunque «politicamente inattive». Ecco lo scopo.Se infatti il “capitalismo finanziario terminale” tende a «togliere alla gente tutto il reddito e tutti i risparmi disponibili», facendo passare a tutti la voglia di pagare le tasse, “lorsignori” sanno come scongiurare la possibile rivolta: «Contrariamente a quel che fa credere la narrativa hollywoodiana – scrive Blondet – le rivoluzioni non le fanno gli affamati», in coda alle mense della Caritas, ma «le classi emergenti nella prosperità», pronte a reclamare diritti politici. «Quelli con la pancia vuota sono passivi e remissivi, aspettano il bonus da 80 euro; i giovani passano da un precariato all’altro e non avranno mai una pensione sufficiente a farli sopravvivere: dunque pietiranno dallo Stato interventi, che saranno anno per anno, incerti, caritativi». Siamo ormai al “precariato ontologico”, lo stato nel quale puntano a ridurci come condizione naturale. La precarietà «assunta a paradigma normativo» ormai è la condizione standard dei giovani: uno “stipendio” da 450 euro al mese o, in alternativa, l’emigrazione in Nord Europa. «Siete già precari ontologici?», conclude Blondet, rivolgendosi ai giovani. «Per Vasco l’avete fatta, la marcia su Modena. Ne rifarete un’altra per rifiutare il governo zootecnico?».Accorrono in 220.000 al concerto oceanico di Vasco, ma nessuno che muova un dito contro il “governo zootecnico mondiale”, ovvero «la riduzione del cittadino a pollame». Maurizio Blondet commenta così l’ultimo lavoro editoriale dell’avvocato Marco Della Luna, “Oltre l’agonia”, ovvero “Come fallirà il dominio tecnocratico dei poteri finanziari” (Arianna Editrice). I giovani ipnotizzati dal Blasco? «Dico: pensate se fossero capaci di farlo per uno scopo politico. Se arrivassero in 220.000 a Roma, una volta, per protestare contro la sottrazione di diritti come cittadini, lavoratori, elettori. Che so, contro le vaccinazioni come inaudita “pretesa dello Stato, giuridicamente obbligatoria, di metterci dentro sostanze di cui non sappiamo la composizione”, manco fossimo animali», oppure «contro l’immigrazione senza limiti al costo di 4,5 miliardi l’anno, mentre “in Italia gli indigenti sono passati in 5 anni da 1,5 e 4 milioni”». Si potrebbe protestare, «per un insieme di scelte politico-economiche “assurde”, ostinatamente imposte dalle oligarchie nonostante i “risultati rovinosi”, il che “non può essere accidentale ma il prodotto di un sistema progettato, implementato e difeso”».
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Siamo seri, pensate davvero che il futuro sia l’auto elettrica?
Il futuro non è dell’auto elettrica. La questione infatti non è solo con cosa sono alimentate le auto, ma soprattutto quante se ne producono e se ci siano sufficienti materiali, energia e risorse per produrle. Aspetto di sapere chi può rispondere in maniera ovviamente non fantasiosa alla domanda su dove, come e con quale energia si ricaveranno i materiali e le risorse per costruire e alimentare miliardi di automobili elettriche. E la risposta ovviamente non può essere: “Qualcosa ci inventeremo”. Visti anche questi non piccoli problemi di impossibile soluzione, la conclusione è assai facile e veloce a cui giungere, anche perchè il miglior mezzo per muoversi, soprattutto nelle città, non è l’automobile, elettrica o meno. Primo, perché essere imbottigliati nel traffico con una macchina, a benzina o elettrica, è esattamente la stessa cosa; secondo, perché le auto elettriche costano normalmente di più, poi hanno bisogno comunque di elettricità per essere alimentate e bisogna vedere come e dove si troverà questa elettricità che potrebbe anche essere il cavallo di Troia per una riscossa del nucleare. E ci vuole veramente un grande sforzo di fantasia, che sconfina appunto nell’impossibile, a pensare che tutta questa energia verrà prodotta da fonti rinnovabili, perché non solo servirà energia per produrre le automobili, ma anche per tutto il resto.Dove si trova l’energia per costruire ad esempio pannelli solari, che in teoria dovebbero coprire l’intero pianeta per alimentare tutto ciò? E non si tirino fuori assurdità tipo fusione nucleare, energie cosmiche o altre fantasiose storielle e si rimanga nel razionale e fattibile. Non si scappa: per fortuna non si possono eludere i limiti del pianeta e delle risorse, per quanti voli pindarici e illusioni tecnologiche si possano immaginare. L’auto, con tutta l’enfasi data alla presunta libertà che ci permette (poi la realtà è che si è quasi sempre bloccati nel traffico) e al fascino della velocità (che significa migliaia di morti l’anno e centinaia di migliaia di feriti per i quali non si fa nessuna campagna di prevenzione reale e non si strepita certo così come per imporre l’obbligatorietà ai vaccini), è solo una grande occasione di profitto, non risolve affatto la mobilità, casomai la congestiona. Comprare un’automobile nuova è il peggior investimento che chiunque possa fare, anche a rate, poiché si svaluta immediatamente e ha costi di mantenimento esorbitanti. Eppure. in Italia, malgrado la miseria in cui si dice versino milioni di poveri e disoccupati, nonostante la crisi, le automobili aumentano le vendite con percentuali a due cifre.Sono i famosi misteri italiani dove tutti si lamentano, tutti sono poveri ma poi siamo al secondo posto al mondo per numero di automobili ogni mille abitanti, che pascolano nell’immenso garage asfaltato che è diventata la nostra penisola per fare ricchi i Marchionne della situazione. E intanto noi imprechiamo nel traffico, moriamo di inquinamento, di incidenti, e lui e i suoi compari contano i soldi e ridono mentre si spostano in elicottero. Il futuro della mobilità non sarà il trasporto individuale, ma collettivo. E poi sarà un trasporto effettivamente sostenibile e risolutorio, cioè mezzi pubblici e mezzi a trazione muscolare, ovvero la bicicletta nelle sue varie declinazioni. Ci saranno anche delle automobili, ma usate per lo più collettivamente e solo per effettiva necessità, laddove la bicicletta o i mezzi di trasporto pubblici non possano sopperire al bisogno. E anche in questo caso non si possono non citare tutti gli esperti che, sempre innamorati delle magnifiche sorti e progressive per le quali ci saremmo in futuro spostati con astronavi, dicevano e ancora dicono che la bicicletta non si sarebbe diffusa, che è il medioevo, eccetera. Fatto sta che, alla faccia degli esperti, la semplicissima, vetusta e arretrata bicicletta, come vendite nel 2013, ha superato quelle delle automobili in 26 paesi dell’Unione Europea su 28.Mi sa che di vetusto e arretrato c’è solo il cervello dei luminari. E per questi sognatori di mondi in cui ci muoveremo con la macchina di Paperinik ci sono intanto città, capitali di paesi come la Danimarca che hanno così tante biciclette che ormai si hanno ingorghi di biciclette nelle strade poichè superano il numero delle automobili. In Italia in una situazione simile avrebbero proposto di limitare l’uso delle biciclette, là prevedono di diminuire le carreggiate delle macchine e aumentare la larghezza delle strade per le biciclette. In Danimarca, in Germania ormai si costruiscono autostrade per le biciclette che collegano interi paesi, con corsie riservate alle diverse velocità a cui vanno i ciclisti. Questo è il futuro, semplice, geniale e risolutivo – e soprattutto realmente compatibile, ambientalmente, non i voli pindarici di impossibili e costose non-soluzioni. Ma a questo punto arrivano le solite obiezioni degli italiani, che spesso alle soluzioni rispondono con ulteriori problemi e con il famoso: da noi non si può fare. Non si può fare?Vediamo in dettaglio i problemi che ci sono in Danimarca all’utilizzo della bicicletta: vento più o meno forte durante tutto l’anno, essendo uno dei paesi più ventosi d’Europa; piovosità decisamente più alta che in Italia; clima decisamente più rigido che in Italia. Quindi hanno tutti i presupposti contrari all’uso di questo mezzo, e invece lo usano eccome: perché, oltre che le ruote delle biciclette, fanno girare anche altre ruote che ci sono nel cervello e che, se azionate, possono produrre ottimi risultati. Ma l’italico problematico, che non si arrende nemmeno di fronte all’evidenza, ti dirà che da noi ci sono le salite e in Danimarca è tutto piatto. Come se città tipo Milano, Bologna, Napoli, Roma, Palermo, Bari, Torino, Verona e moltissime altre fossero tutte aggrappate a catene montuose. E non sia mai che ogni tanto dovesse spuntare una leggera salitella, ci sono anche le biciclette con pedalata assistita che ovviano al problema. Quindi, se in Danimarca – fra vento, pioggia e freddo – vanno tranquillamente in bicicletta, figuriamoci cosa potremmo fare noi.Tempo fa mi trovavo in Puglia e mi chiedevo come mai, in una regione in gran parte piatta, dove piove assai poco, non fa freddo e tutto l’anno c’è un tempo invidiabile, non girassero tutti in bicicletta. Ma figuriamoci se nel nostro paese, dove la macchina è uno status symbol, si può andare in giro con una sfigata bicicletta. Ma scherziamo? E mica siamo degli scemi come i danesi, noi. Comunque sia, i risultati positivi dall’uso della bicicletta sono molteplici. Aumento delle produzioni di sistemi legati alla bicicletta con relativo indotto, costruzione di carrelli e soluzioni di ogni tipo collegabili alle bici per trasporto di bambini e materiali. In Italia abbiamo una grande tradizione come costruttori di biciclette, basterebbe adeguarla anche a usi diversi da quelle soprattutto da corsa, obiettivo raggiungibile assai facilmente. Aumento dell’occupazione, non solo dalla vendita di biciclette ma dalla miriade di officine, pezzi di ricambio, assistenza che ci sono normalmente lungo tutti i percorsi di piste ciclabili.Diminuzione della congestione del traffico, aumento della qualità della vita all’interno delle città, diminuzioni degli incidenti e relativa paura di essere investiti ad ogni attimo. Diminuzione dell’inquinamento acustico, diminuzione delle emissioni inquinanti e del conseguente effetto serra. Diminuzione dell’utilizzo di risorse non rinnovabili, diminuzione del tempo sprecato nelle code e quindi conseguenti spese. Diminuzione drastica di alcune delle spese più ingenti della famiglia, che sono quelle legate all’automobile, quindi conseguente minor tempo dedicato al lavoro per mantenere l’automobile. Diminuzione dello stress, miglioramento della salute e della forma fisica. Il futuro della mobilita è di chi fa girare le ruote del cervello.(Paolo Ermani, “Il futuro non è dell’auto elettrica”, da “Il Cambiamento” del 28 luglio 2017).Il futuro non è dell’auto elettrica. La questione infatti non è solo con cosa sono alimentate le auto, ma soprattutto quante se ne producono e se ci siano sufficienti materiali, energia e risorse per produrle. Aspetto di sapere chi può rispondere in maniera ovviamente non fantasiosa alla domanda su dove, come e con quale energia si ricaveranno i materiali e le risorse per costruire e alimentare miliardi di automobili elettriche. E la risposta ovviamente non può essere: “Qualcosa ci inventeremo”. Visti anche questi non piccoli problemi di impossibile soluzione, la conclusione è assai facile e veloce a cui giungere, anche perché il miglior mezzo per muoversi, soprattutto nelle città, non è l’automobile, elettrica o meno. Primo, perché essere imbottigliati nel traffico con una macchina, a benzina o elettrica, è esattamente la stessa cosa; secondo, perché le auto elettriche costano normalmente di più, poi hanno bisogno comunque di elettricità per essere alimentate e bisogna vedere come e dove si troverà questa elettricità che potrebbe anche essere il cavallo di Troia per una riscossa del nucleare. E ci vuole veramente un grande sforzo di fantasia, che sconfina appunto nell’impossibile, a pensare che tutta questa energia verrà prodotta da fonti rinnovabili, perché non solo servirà energia per produrre le automobili, ma anche per tutto il resto.
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Ma ormai la gente sa che non può fidarsi di questi vaccini
Ora che l’infame capitolo sul decreto Lorenzin si è concluso, possiamo trarre alcune riflessioni. La prima è la seguente: la vera “notizia” di oggi non è tanto che il decreto sia stato finalmente convertito in legge, quanto piuttosto il fatto che alcuni parlamentari del Pd siano stati “aggrediti dagli attivisti No-vax”. Ovviamente, per chi abbia visto il video dell’episodio, non si è trattato affatto di un’aggressione vera e propria, come vorrebbero descriverla i nostri giornalisti. Ma naturalmente questa “succulenta notizia” riesce a prevalere su quella più importante – l’approvazione definitiva della legge – e questo la dice lunga su come siano schierati i pennivendoli del mainstream. La seconda riflessione è a più ampio respiro, e riguarda l’intera battaglia sui vaccini, che molti di noi hanno combattuto fin dall’inizio. Furono infatti i David Gramiccioli, i Marcello Pamio, i Massimo Mazzucco, e moltissimi altri insieme a noi, a denunciare la pericolosità dei vaccini fin dall’inizio dell’era di Internet. E quello che sta succedendo oggi, in realtà non è che la conseguenza di questa battaglia iniziata 15 anni fa.Cerco di spiegarmi meglio: se ben ricordate, questa recente offensiva sul vaccini è iniziata, circa un anno fa, al grido generalizzato del mainstream che “le percentuali di gente vaccinata si stanno abbassando pericolosamente!”. E’ sulla base di questo mantra che è partita la contro-reazione da parte di Big Pharma. Ebbene, questo calo nelle percentuali di cittadini vaccinati non è stato certamente un caso, ma è stato la diretta conseguenza del fatto che in Internet abbiano iniziato a circolare, da 15 anni a questa parte, informazioni alternative sulla sicurezza dei vaccini. La gente ha smesso di vaccinare i figli “in automatico” nel momento in cui ha iniziato a capire i rischi a cui andava incontro. In un certo senso, quindi, siamo noi stessi che abbiamo diffuso queste informazioni ad essere “responsabili” per il giro di vite è stato imposto di recente alla popolazione, con l’introduzione dell’obbligo vaccinale. In altre parole, se non ci fosse stata la diffusione capillare di informazioni alternative in rete sulla pericolosità dei vaccini, molto probabilmente non saremmo mai arrivati ad una situazione in cui Big Pharma dovesse sentire la necessità di imporre l’obbligo vaccinale.C’è però un fatto a nostro favore, ed è questo lo sguardo a lungo termine che vorrei proporre: tutto ciò che abbiamo imparato sui vaccini negli ultimi 15 anni non si può più disimparare. Una volta che hai capito una cosa non puoi più tornare indietro: la sai e basta. Tutte le persone quindi che hanno acquisito la consapevolezza dei rischi collegati alle vaccinazioni ormai non tornano più indietro. Queste persone costituiscono uno zoccolo duro che nel futuro non potrà che andare ad aumentare, visto che anche le informazioni sui pericoli da vaccino sono disponibili ormai a tutti, e non potranno più essere cancellate. E quindi, la misura dell’obbligo che oggi potrebbe sembrare sufficiente a Big Pharma, un domani non lo sarà più. È solo questione di raggiungere la massa critica. Ma indietro non si torna.(Massimo Mazzucco, “Vaccini: si chiude un capitolo. Quale sarà il prossimo?”, dal blog “Luogo Comune” del 28 luglio 2017).Ora che l’infame capitolo sul decreto Lorenzin si è concluso, possiamo trarre alcune riflessioni. La prima è la seguente: la vera “notizia” di oggi non è tanto che il decreto sia stato finalmente convertito in legge, quanto piuttosto il fatto che alcuni parlamentari del Pd siano stati “aggrediti dagli attivisti No-vax”. Ovviamente, per chi abbia visto il video dell’episodio, non si è trattato affatto di un’aggressione vera e propria, come vorrebbero descriverla i nostri giornalisti. Ma naturalmente questa “succulenta notizia” riesce a prevalere su quella più importante – l’approvazione definitiva della legge – e questo la dice lunga su come siano schierati i pennivendoli del mainstream. La seconda riflessione è a più ampio respiro, e riguarda l’intera battaglia sui vaccini, che molti di noi hanno combattuto fin dall’inizio. Furono infatti i David Gramiccioli, i Marcello Pamio, i Massimo Mazzucco, e moltissimi altri insieme a noi, a denunciare la pericolosità dei vaccini fin dall’inizio dell’era di Internet. E quello che sta succedendo oggi, in realtà non è che la conseguenza di questa battaglia iniziata 15 anni fa.
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Come vaccinarsi contro decreto-vaccini e politici impostori
«Con l’infame decreto vaccini stiamo vivendo una delle pagine più nere dell’aggressione di forze anticoscienza alla costituzione umana ed alla sua evoluzione». Lo sostiene Fausto Carotenuto, già analista internazionale dell’intelligence, ora promotore del network “Coscienze in Rete”. La sua tesi di fondo: il potere si sta imbarbarendo perché scorge, ancora sottotraccia, un potenziale “risveglio” delle coscienze, e dunque tenta di reprimerlo. «Negli ultimissimi decenni», secondo Carotenuto, «è in corso la più grande rivoluzione della storia: la rivoluzione delle coscienze, che stanno cominciando a risvegliarsi in grandi numeri, per la prima volta nella storia umana». E’ una lotta per far emergere «la propria interiorità che vuole il bene, il bene vero per tutti e non solo per sé», in un mondo «dominato da istituzioni oscure e di potere». Cresce la voglia di consapevolezza, cioè «sapere la verità delle cose che ci circondano, che siano alimenti, medicine, malattie, avvenimenti, politica, economia, finanza, lavoro, arte, cultura, ambiente, spiritualità». E se la conoscenza rende più liberi, i vaccini obbligatori rappresentano «una campagna di indebolimento del sistema immunitario umano, ideata per minare alle basi le possibilità di ulteriore crescita della coscienza».Se il punto di partenza di Carotenuto è spiritualistico, la sua analisi affronta anche i passaggi politici e sociologici, osservando ad esempio le proteste spontanee contro il decreto-vaccini. Proteste che rappresentano «una fiammata di voglia di libertà che sta coagulando tutto lo sparso e disorganizzato mondo del “risveglio di coscienza”», ovvero «quel mondo di persone libere che stanno cercando una vita diversa, fatta di una alimentazione e di una medicina consapevoli, nuove, etiche. Il mondo dell’olismo, delle medicine nuove, della nuove spiritualità, del biologico, della economia solidale, della finanza etica, della cultura del bene per tutti». Un mondo su cui è caduta la tegola del decreto-vaccini: «Questa aggressione fino ad ora ha prodotto solamente il meraviglioso risultato di far vibrare insieme un esercito di coscienze fino ad ora troppo sparse e disorganizzate, finalmente unite al grido di “libertà”», scrive Carotenuto su “Coscienze in Rete”. L’analista parla di «protervia, cecità e sfrenato egoismo» da parte dei «poteri anticoscienza», che forse hanno compiuto «un passo eccessivamente azzardato, per loro infine controproducente».Con i vaccini, aggiunge Carotenuto, «stanno perseguendo il disegno di indebolire il sistema immunitario umano», cioè «la presenza dello spirito nella nostra costituzione psico-fisica», come uno degli strumenti principali «per frenare la crescita della coscienza umana, ora in pieno sviluppo». Ma, aggiunge, quelli che chiama Poteri Oscuri «non hanno calcolato il livello già raggiunto dal risveglio di coscienza». E spiega: «Solamente dieci anni fa avrebbero potuto fare meglio questa operazione: non ci sarebbero state masse di persone consapevoli in rivolta in nome della libertà. E poi hanno aggredito un tema, quello della salute dei figli, capace di generare reazioni enormi in qualsiasi popolo. Ma forse ancora di più in quello italiano, più fortemente legato ai sentimenti familiari». Folle nelle piazze, dunque. E questa fiammata inattesa ha spiazzato i partiti. «Più furba di tutti la Lega, che ha colto subito la possibilità di avere voti sposando le tesi “no vax”. Ma sarebbe il colmo se, mossi dalla voglia di bene e dall’amore, si finisse per votare il partito dell’odio. Così come un altro partito che ha fatto dell’odio la sua bandiera, il 5 Stelle, si è ritrovato in grave difficoltà: lanciato verso il governo dai gruppi internazionali di potere che lo hanno creato, è costretto a mostrare il suo vero volto, e a sposare sostanzialmente le tesi pro-vaccino, quando moltissimi di quegli elettori che ha illuso fino ad ora sono proprio nel movimento del risveglio».Tutto questo, sostiene Carotenuto, «servirà a molte persone ad aprire gli occhi e a capire cosa è in effetti il vertice dei 5 Stelle», ovvero «uno strumento gattopardesco degli stessi poteri che dice di combattere». Un imbroglio: «Un modo per illudere proprio le coscienze in risveglio» è proprio quello di presentarsi come «grande partito nel quale ritrovarsi e che potrà cambiare le cose in meglio, per lasciarle con un po’ di cosmesi esattamente nelle mani di chi il potere lo ha da millenni». Ormai è chiaro – e lo dimostrano anche le grandi città che ora governa – che man mano che il grillismo si avvicina al potere, «mostra le stesse, identiche propensioni degli altri partiti: servire i poteri internazionali a danno della gente». Il Pd da parte sua «ha mostrato ancora il suo vero volto di partito strumento del potere e delle lobbies a discapito dei cittadini». e infatti «non riesce a provare alcuna sensibilità nei confronti dei veri interessi della gente». Così come Forza Italia, «che sta ora facendo l’occhiolino ai “no vax” con l’unico scopo di guadagnare qualche voto ed eventualmente tornare a governare nel modo pessimo che le è tipico».Aggiunge Carotenuto: è singolare come tutti questi poteri, «che hanno sempre dominato facendosi abusivamente “pastori” di greggi di “pecore” umane, che come tali andavano quindi trattate, stiano ora assistendo alla rivolta delle coscienze su un tema che comprende proprio la tanto decantata balla della “immunità di gregge”». Una parte del “gregge” non vuole più esserlo, e non solo per i vaccini: per tutto, in nome della libertà. «E’ un segnale molto forte, al quale il potere risponde ancora giocando sul fatto che la maggioranza della popolazione ancora non si è risvegliata». E’ sempre utilizzabile come “gregge”. E va usata «come clava maggioritaria contro i diritti umani della gente in risveglio». La tattica è antoca, quella del divide et impera, basata «sul creare una spaccatura tra gli “obbedienti” ciechi e sordi e gli “untori”». Un gioco di manipolazione del sistema democratico. Ma lo stesso movimento di opposizione al decreto-vaccini non è immune da pericoli, avverte Carotenuto: è fontamentale «che l’elemento coagulante sia la voglia di bene per tutti e non l’odio», rendendosi conto «dei lupi che già circolano nel movimento “no vax” per farsene guide e strumentalizzarlo per successive operazioni».«Con l’infame decreto vaccini stiamo vivendo una delle pagine più nere dell’aggressione di forze anticoscienza alla costituzione umana ed alla sua evoluzione». Lo sostiene Fausto Carotenuto, già analista internazionale dell’intelligence, ora promotore del network “Coscienze in Rete”. La sua tesi di fondo: il potere si sta imbarbarendo perché scorge, ancora sottotraccia, un potenziale “risveglio” delle coscienze, e dunque tenta di reprimerlo. «Negli ultimissimi decenni», secondo Carotenuto, «è in corso la più grande rivoluzione della storia: la rivoluzione delle coscienze, che stanno cominciando a risvegliarsi in grandi numeri, per la prima volta nella storia umana». E’ una lotta per far emergere «la propria interiorità che vuole il bene, il bene vero per tutti e non solo per sé», in un mondo «dominato da istituzioni oscure e di potere». Cresce la voglia di consapevolezza, cioè «sapere la verità delle cose che ci circondano, che siano alimenti, medicine, malattie, avvenimenti, politica, economia, finanza, lavoro, arte, cultura, ambiente, spiritualità». E se la conoscenza rende più liberi, i vaccini obbligatori rappresentano «una campagna di indebolimento del sistema immunitario umano, ideata per minare alle basi le possibilità di ulteriore crescita della coscienza».
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Obbligo vaccini: la politica ha abbandonato i genitori italiani
E’ inutile nasconderselo: in questi giorni stiamo provando tutti una forte frustrazione, dovuta alla questione dei vaccini. E il fatto che il decreto-legge stia per passare grazie ad una mozione di fiducia – senza quindi nemmeno una parvenza di discussione in aula – non fa che aumentare le sensazione di ingiustizia che ci opprime tutti. Va benissimo andare a Pesaro, stringersi in un abbraccio e contarsi fra di noi. Ma che ci fossero 5.000 oppure 30.000 persone non fa molta differenza, nel momento in cui i media decidono compatti di non dare nessun risalto particolare a questo evento. Ed è proprio questo che fa scattare la frustrazione: l’impossibilità di far sentire la propria voce. Normalmente, il dissenso trova due strade per arrivare al resto della popolazione: la prima è quella di una adeguata eco mediatica, che dia una giusta risonanza alle proprie esigenze. La seconda è quella di un’adeguata rappresentazione politica, da parte di almeno una fetta dell’arco elettorale.Finché c’è un partito, per quanto piccolo, che si faccia carico di dare voce alle sue istanze, il cittadino si sente comunque rappresentato e, anche se in minoranza, sa di avere voce in capitolo. Ma nel momento in cui non solo nessuna testata giornalistica decide di dare appoggio alla tua causa, ma anche nessun partito politico decide di farne la propria bandiera, ecco che scatta la frustrazione. Il riferimento alla mancata presenza dei 5 Stelle in questa battaglia è fin troppo evidente. Non solo la loro mossa vigliacca di sfilarsi dal confronto sui vaccini (per paura di venire etichettati come antivax) ha lasciato senza rappresentanza una grossa fetta di popolazione, ma ormai sistematicamente da oltre un mese i cinque stelle stanno comunque perdendo terreno nei sondaggi. Galleggiavano nelle vicinanze del 30% nel mese di maggio, e ora sono scesi intorno al 27.E purtroppo questo trend sembra destinato a continuare, nel senso che più i 5 Stelle cercano di apparire “responsabili” e “degni di governare”, più finiscono per assomigliare sempre di più agli altri partiti, ovvero ad entità ambigue e poco rispettabili, il cui vero scopo non sia quello di difendere gli interessi dei cittadini, ma di difendere quelli di coloro che li controllano. Come diceva Honoré de Balzac, «da quando le società esistono, un governo è sempre stato, per forza di cose, un contratto di assicurazione concluso fra i ricchi contro i poveri». Forza 5 Stelle, avanti di questo passo sarete presto anche voi “degni di governare”.(Massimo Mazzucco, “La frustrazione”, dal blog “Luogo Comune” dell’11 luglio 2017).E’ inutile nasconderselo: in questi giorni stiamo provando tutti una forte frustrazione, dovuta alla questione dei vaccini. E il fatto che il decreto-legge stia per passare grazie ad una mozione di fiducia – senza quindi nemmeno una parvenza di discussione in aula – non fa che aumentare le sensazione di ingiustizia che ci opprime tutti. Va benissimo andare a Pesaro, stringersi in un abbraccio e contarsi fra di noi. Ma che ci fossero 5.000 oppure 30.000 persone non fa molta differenza, nel momento in cui i media decidono compatti di non dare nessun risalto particolare a questo evento. Ed è proprio questo che fa scattare la frustrazione: l’impossibilità di far sentire la propria voce. Normalmente, il dissenso trova due strade per arrivare al resto della popolazione: la prima è quella di una adeguata eco mediatica, che dia una giusta risonanza alle proprie esigenze. La seconda è quella di un’adeguata rappresentazione politica, da parte di almeno una fetta dell’arco elettorale.