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L’ennesimo anno disastroso, che stavolta ci aprirà gli occhi
Quali prove ci attendono, come umanità, per il 2020? Certamente le forze anticoscienza continueranno a creare crisi, guerre, emergenze, aggressioni chimiche, fisiche, farmacologiche, alimentari, psichiche, culturali. Continueranno a sforzarsi di devastare la Natura, l’Arte, la Scienza, la Cultura, l’Economia, la Politica, il Diritto, la Terra, le corporeità e le relazioni umane… E nel farlo continueranno a presentarci con grande enfasi mediatica dei cattivi da odiare, ma anche dei falsi profeti da amare e da seguire: lupi travestiti da agnelli nelle religioni, in politica, nella finanza, nella cultura, nell’arte. Cercheranno da una parte di sedurci nelle direzioni sbagliate e dall’altra di incuterci terrore, ansia, paura, rabbia, odio, depressione, indifferenza. Nel 2015 dicevamo per il 2016: «Alcune crisi mondiali come quella Islam-Occidente o quella Occidente-Russia – create per condizionarci – assumeranno forme e sviluppi ancora più inquietanti. L’aumento dell’emergenza migratoria e del terrorismo islamista in Europa, l’estendersi della crisi ad altri paesi. L’estensione di un ruolo inquietante e destabilizzante della Turchia di Erdogan».Queste stesse tendenze si sono manifestate anche nel 2017, nel 2018 e nel 2019. E certamente continuerà in questo modo nel 2020, aggiungendo l’aggravarsi prevedibile del contrasto interislamico sciiti-sunniti, e quello inter-sunnita tra il fronte guidato dal Qatar ed il fronte guidato dall’Arabia Saudita. Proprio i due fronti che stanno ora producendo la pericolosa crisi libica a due passi dalle nostre coste. E sempre nel 2015-2016-2017 scrivevamo: «La guida occulta mondiale rimarrà saldamente nelle mani della piramide gesuita-massonica, anche se il superiore gioco del divide et impera comincerà a creare fratture competitive anche in questo fronte». Questo è con grande precisione quello che è poi avvenuto e che avrà ulteriori sviluppi nel 2020. La Brexit, la presidenza Trump, il ruolo dei sovranisti solo apparentemente anti-sistema, le manifeste debolezze del quadro intereuropeo, i fallimenti e le spaccature del Pd e del 5 Stelle, il risorgere delle destre parafasciste, le forti voci di dissenso a Papa Francesco nelle gerarchie cattoliche…Questi e numerosi altri segnali mostrano con evidenza che il blocco granitico di potere gesuita massonico – sia pure ancora dominante – ha comunque delle forti incrinature. Indispensabili per il gioco del “divide et impera” dei grandi poteri oscuri, e quindi foriere di forti tempeste, di feroci scontri, ma anche di maggiori spazi per la libertà delle coscienze. Come già per lo scorso anno, la presidenza Trump appare come un elemento di forte rottura degli equilibri precedenti, e continuerà ad avere certamente un ruolo destabilizzante. Come dimostrano le prese di posizione filo-sioniste su Gerusalemme, l’attiva campagna industrialista e antiecologista, le guerre commerciali al resto del mondo e l’aperto sostegno ai peggiori ambienti economici americani. Da una parte sarà il più forte ostacolo ai disegni di dominazione del gruppo gesuita-massonico, ma dall’altra anche un elemento amplificatore di forme-pensiero degradanti, aggressive, violente, antiumane. Una modalità molto diversa da quella “gesuitica”, fredda e apparentemente “buona”, ma sempre per fini manipolatori. Che tuttavia già da qualche anno non stava dando i risultati sperati di “seduzione” ampia ed efficace dell’opinione pubblica.Di fronte alle varie risposte positive delle coscienze in risveglio, che non si sono fatte sedurre più di tanto dai disegni di centralizzazione e verticalizzazione, i gruppi di manipolazione mondialisti hanno ormai chiaramente deciso di puntare su un periodo di emergenze e di spaccature, che prepari il terreno in modo forzoso ad una nuova, successiva spinta alla centralizzazione ed ad una ulteriore perdita di libertà e sovranità locali. Visto che non ci convinciamo con le “buone”, loro stanno liberando nuovamente i “cattivi” evidenti, e hanno riaperto il ring degli scontri e della devastazione. I Trump e i Salvini svolgono proprio questa funzione. Il ruolo di Putin va interpretato nella stessa direzione. Non si tratta di un “salvatore”, come molti in modo ingenuo interpretano il ruolo di questo sanguinario feudatario del potere, ma di una delle pedine fondamentali del “divide et impera” che si affaccia come nuova stagione della manipolazione, e che vedremo svilupparsi ancora nel 2020.Anche in Italia il patto d’acciaio gesuita-massonico, che ha prodotto papato e renzismo, e che ha falcidiato le fila dei vecchi avversari politici ed economici, sia ai livelli locali che nazionali, ha cominciato nel 2018 e 2019 a mostrare alcune crepe. Il gioco politico – con la evidente crisi dello sfrontato e ridicolo renzismo, e del decotto Pd – si è riaperto, come prevedevamo già dal 2017. L’influenza della presidenza Trump e degli ambienti conservatori internazionali si è già fatta sentire negli equilibri politici italiani, con l’improvviso risorgere della destra leghista. Una destra che, dietro la sentita esigenza di ordine e sicurezza, nasconde ed esercita una sollecitazione anti-coscienza all’odio e all’egoismo. E avevamo scritto che avremmo probabilmente visto un cinquestelle chiaramente indirizzato a cercare di agguantare le poltrone di comando di Palazzo Chigi. E avevamo anticipato che, qualora questo fosse avvenuto, la dirigenza M5S avrebbe svelato il proprio vero volto di strumento del potere, di nuovi camuffamenti manipolatori delle solite vecchie congreghe.Una presidenza del Consiglio ed altri incarichi di governo nelle mani di uomini chiaramente vicini ai gesuiti, e le stupefacenti virate in senso filo-americano, filo-Nato, filo-euro, filo-Unione Europea, filo-finanza internazionale, filo-vaccini, filo-spese militari, filo-Tap e altro, la dicono lunga su chi veramente si cela dietro gli impulsi sani di tanti bravi ragazzi. Bravi idealisti, illusi per anni dalle seduttive parole di una maschera, Grillo, ormai ridotta al silenzio o a incomprensibili deliri di parole vuote. E che sono e saranno i primi a soffrire per i brutali “tradimenti”, che vedremo crescere e farsi evidenti – a beneficio delle coscienze – anche nel 2020. Nel 2018-2019 queste due appendici italiane del divide et impera mondiale, la destra parafascista della Lega e il gesuitico cinquestelle, hanno convissuto con difficoltà nel governo, pur di sostituire la classe dirigente precedente, ormai decotta e non più utile al potere vero. E hanno preparato il terreno per l’attuale stagione di un nuovo teatro di finta alternanza democratica, nel quale la Lega si pone come guida della destra egoica e conservatrice e un M5S in decomposizione – insieme al Pd – come nuova sinistra fintamente progressista.Un nuovo teatrino fatto per illuderci che un cambiamento della politica sia avvenuto, concedendo qualcosa alle masse e sacrificando con nostra soddisfazione vecchi gruppi politico-affaristici – anche a colpi di magistratura – pur di consentire ai soliti poteri occulti di continuare a gestire e manipolare la struttura istituzionale politica, economica, scientifica e culturale. Il progetto di Unione Europea, entrato negli scorsi anni in una fase di crisi, cerca ora di riprendere la corsa alla centralizzazione anti-umana. L’uscita dei riottosi britannici dall’Ue e di Salvini dal governo favorisce la ripresa di un programma di verticalizzazione molto forte per i prossimi anni. Le spinte sovraniste non sono state sufficienti a determinare equilibri diversi nel nuovo Parlamento Europeo. Anche per l’evidente “tradimento” di alcuni partiti che si dicevano contrari al centralismo europeo, come il cinquestelle, e che ora ne sono diventati una importante stampella.I governi delle grandi potenze occidentali continueranno a perseguire i disegni dei loro padroni oscuri, ammantandosi di perbenismo e dell’immagine ipocrita di finte democrazie, mentre il volto anti-umano della emergente potenza cinese sarà ancora più evidente e la grande civiltà indiana continuerà a sprofondare in un gretto e volgare materialismo. E l’Africa, apparentemente abbandonata e lasciata al proprio destino, sarà sempre più da una parte terreno del conflitto di religioni e culture e dall’altro territorio di conquista delle armate economiche neocolonialiste straniere. E i paesi islamici continueranno a svolgere il ruolo di vittime e di volano della creazione di vortici di violenza, odio e paura con effetti anti-coscienza in tutto il mondo, mentre un Israele sempre più fanatico, duro e nazionalista continuerà a svolgere un ruolo squilibrante in tutto il Medio Oriente. Foriero di possibili crisi, perfino nucleari, con l’emergente potenza persiana.Le grandi forze industriali continueranno a inquinare e devastare l’ambiente, e i loro padroni oscuri useranno in modo crescente i disastri creati dai loro stessi strumenti per evidenziare una emergenza climatica solo in piccola parte di origine antropica, volta a spingere la gente a sostenere la creazione di nuove forme di governance mondiale e le nazioni a cedere sovranità. Anche in questo caso la presidenza Trump sembra ostacolare temporaneamente questi progetti (ma forse favorirli a più lunga scadenza, inducendo un ulteriore peggioramento di alcune particolari emergenze ambientali). Tutta l’attenzione viene e verrà rivolta ad un non problema, quello della anidride carbonica, sulla base del quale le grandi finanziarie e le multinazionali si apprestano a guadagnare migliaia di miliardi dei nostri soldi, sotto forma di grandi ed estesi cambi di tecnologie; mentre altre tecnologie elettromagnetiche (come il 5G), alimentari, farmaceutiche, industriali e mililtari, volute dagli stessi poteri e ancora più dannose, stanno per circondarci completamente.I soliti gruppi, con i loro strumenti (Onu, Club di Roma, Goldman Sachs) creano campagne planetarie di disinformazione (la povera Greta, etc), ed enormi capitali nostri verranno spesi con la scusa di riparare danni che non sono di origine antropica, invece di usarli per l’adattamento delle strutture e dell’economia umana ad un cambio climatico in gran parte naturale, del quale nessuno parla. L’attacco portato alla salute dei corpi attraverso la perversa strategia mondiale di obbligo vaccinale – partita proprio dall’Italia – continuerà certamente con forza, attraverso il malefico strumento di vaccini appositamente alterati per indurre problemi alle coscienze in risveglio. Fino ad ora questa operazione ha prodotto come risultato un forte risveglio di coscienze, in numero crescente. Questo effetto continuerà anche nel 2020, soprattutto a causa dell’aumento delle reazioni “avverse” ai vaccini, alle quali l’opinione pubblica sarà sempre più attenta. Anche nel 2020 ogni crisi verrà fomentata o usata per controllarci meglio, per spingerci infine verso formazioni centralizzate mondialiste o premondialiste, come l’Europa, per toglierci sovranità, democrazia e libertà esteriori.Faranno tutto questo, come nel 2019 e negli anni precedenti, solamente per bloccare il più grande fenomeno dei nostri tempi: il risveglio delle coscienze. Quel risveglio che per la prima volta nella storia umana sta producendo masse importanti – anche se non ancora maggioritarie – capaci di una epocale rivoluzione interiore: quella di mettere gli esseri della Natura, gli animali e gli altri esseri umani quanto meno sullo stesso piano di se stessi. Quella rivoluzione interiore che per la prima volta fa in modo che tanta gente – almeno un terzo dell’umanità – cominci pensare che non siamo venuti qui per predare tutto quello che incontriamo, ma per vivere in armonia con la Natura e volendo l’uno il bene dell’altro, cominciando finalmente ad amare il nostro prossimo come noi stessi. Proprio per reazione alle nefandezze compiute contro di noi, anche nel 2020 altri cuori ed altre menti si apriranno alla voglia di bene. Come è avvenuto fino ad ora: i tentativi di bloccare i risvegli si sono spesso risolti per reazione in ulteriori ondate di prese di coscienza.(Estratto da “Come sarà il 2020?”, previsioni pubblicate il 30 dicembre 2019 da “Coscienze in Rete”, network fondato da Fausto Carotenuto, già analista geopolitico dell’intelligence Nato).Quali prove ci attendono, come umanità, per il 2020? Certamente le forze anticoscienza continueranno a creare crisi, guerre, emergenze, aggressioni chimiche, fisiche, farmacologiche, alimentari, psichiche, culturali. Continueranno a sforzarsi di devastare la Natura, l’Arte, la Scienza, la Cultura, l’Economia, la Politica, il Diritto, la Terra, le corporeità e le relazioni umane… E nel farlo continueranno a presentarci con grande enfasi mediatica dei cattivi da odiare, ma anche dei falsi profeti da amare e da seguire: lupi travestiti da agnelli nelle religioni, in politica, nella finanza, nella cultura, nell’arte. Cercheranno da una parte di sedurci nelle direzioni sbagliate e dall’altra di incuterci terrore, ansia, paura, rabbia, odio, depressione, indifferenza. Nel 2015 dicevamo per il 2016: «Alcune crisi mondiali come quella Islam-Occidente o quella Occidente-Russia – create per condizionarci – assumeranno forme e sviluppi ancora più inquietanti. L’aumento dell’emergenza migratoria e del terrorismo islamista in Europa, l’estendersi della crisi ad altri paesi. L’estensione di un ruolo inquietante e destabilizzante della Turchia di Erdogan».
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Magaldi: Draghi vuol fare una rivoluzione. Guai, se mente
Confermo: i contatti sono in corso. A noi, massoni progressisti, il “fratello” Mario Draghi continua a dire: datemi fiducia, e io emenderò tutto ciò che ho fatto nel passato e sarò l’artefice di un cambiamento epocale, per l’Italia e per l’Europa. Draghi ha detto e ridetto, giurato e spergiurato che questa è la sua intenzione. Come ricorda Marco Moiso, Draghi si è espresso in questi termini anche pubblicamente. E’ stato uno dei falchi della gestione neoliberista della moneta europea, ma ultimamente ha riconosciuto la difficoltà della Bce nel contribuire a rilanciare l’economia reale, visto che ha immesso capitali quasi solo nell’economia finanziaria. Per questo ha parlato della necessità di legare la Bce a un potere politico, eventualmente il Parlamento Europeo. Ha parlato di eurobond, e persino dell’opportunità di cominciare a considerare modelli economico-monetari radicalmente differenti, addirittura la Modern Money Theory. A noi, esponenti dei circuiti massonici progressisti, Draghi ha dichiarato espressamente di voler essere lui, come “pentito”, uno degli artefici di un cambiamento totale del modello di governance in Europa e in Italia.Lo affermo in modo solenne: misureremo la sua traiettoria dopo passo, senza fare sconto alcuno. Se non facesse quello che ci ha promesso, sarà letteralmente sommerso dagli scheletri che, dai suoi armadi, danzeranno in modo macabro davanti alla sua figura, fino a costringerlo a correre a gambe levate. Ci metto la firma: ve lo assicuro, che in quel caso ci sarebbe un esito di questo tipo. Quindi: guai, a Mario Draghi, se intende prendere in giro la pubblica opinione e gli stessi “fratelli” progressisti, rispetto ai quali ha detto: io sono pronto a fare questo tipo di lavoro, e altri sono con me. Le reti massoniche progressiste possono costringere Draghi a ritirarsi, come già avvenne con Napolitano, che si dimise anche e soprattutto a seguito della pubblicazione del mio libro “Massoni” e dell’interrogazione parlamentare che ne seguì, da parte del Movimento 5 Stelle (in quel caso, della senatrice Laura Bottici). A seguito di quella interrogazione si mise in moto il processo che portò alle dimissioni di Napolitano, che non ha mai retto il confronto con quello che nel libro “Massoni” viene detto, rispetto a lui.Furono determinanti le nostre analisi sul ruolo di Napolitano nella crisi che portò all’incarico a Mario Monti e a una gestione della governance italiana all’insegna dell’austerità. Di Napolitano ha pesantissime responsabilità nell’aver capolvolto in modo spregiudicato le sue idee sull’Europa: qualche decennio prima, quando era un dirigente del Pci, le sue idee erano limpidamente critiche e lucide, nel valutare l’impossibilità democratica della costruzione europea che si andava facendo, e il suo carattere antipopolare. Poi divenne ministro dell’interno, nonché il “comunista preferito” dal massone Kissinger, trasformandosi nel difensore arcigno di qualunque Europa, anche di quella austera, creando quel danno enorme al popolo italiano che è stato il governo Monti, con l’approvazione del pareggio di bilancio in Costituzione. Ebbene, Draghi ha fatto anche peggio di Napolitano, con le privatizzazioni gestite all’epoca in cui era direttore generale del Tesoro. Altro che Britannnia: quella è roba per i gonzi. Sul Britannia non s’è deciso nulla.Il famoso party sul panfilo inglese assomiglia alle riunioni del Bilderberg, dove si beve Champagne di marca, si fa lobbying, ci si mostra camerieri e maggiordomi, ma le decisioni vengono prese altrove, prima e dopo. Il Britannia è stato questo: una cosa che poi servisse ai complottisti per rendersi ridicoli, nel pensare che un progetto come quello di destrutturazione, deindustrializzazione, privatizzazione e predazione dell’Italia lo si possa fare salendo su una nave. Queste cose si strutturano negli anni, si ribadiscono in mille altri contesti. Mario Draghi può essere raccontato come colui che, in continuità negli anni, dal 1992 al 2001, ha gestito le privatizzazioni dal ministero del Tesoro. Quasi tutti, ormai, sanno che sono state uno scempio di asset e beni pubblici. E il principale artefice di questo scempio è stato proprio Mario Draghi, che viene presentato oggi come il salvatore dell’euro.Ora, se questa nostra contro-narrazione la facciamo tutti i giorni, con strumenti di crescente intensità, il povero Mario Draghi dovrà fare le valigie, da qualunque scranno, se non dovesse rispettare gli impegni che ha preso. E se sarà tanto masochista da rimanere, peggio per lui. Quello che intanto possiamo fare, invece, è certificare se Draghi sarà sincero, nell’assumere i panni dell’antagonista di se stesso rispetto al passato, cioè del “pentito” che inaugura un nuovo corso – proprio lui, perché sa benissimo quello che va fatto, e contro chi va fatto. E noi allora non gli faremo la guerra quotidiana che altrimenti gli faremmo. E naturalmente gli daremo anche degli aiuti, che adesso (vista la delicatezza della questione) non posso specificare: farei un regalo ai nostri avversari, se dicessi adesso cosa potremmo fare, di “chirurgico”, in favore di Mario Draghi. I prossimi passi? Sarebbe sciocco, da parte sua, se cercasse di fare il presidente del Consiglio. E non gli sarà facile diventare presidente della Repubblica, dopo Mattarella, perché su Draghi terremo comunque i riflettori puntati, già a partire dall’imminente uscita del secondo volume della serie “Massoni”.Nel libro, che si intitolerà “Globalizzazione, esoterismo e massoneria”, Draghi avrà un posto d’onore, a ricordarne tutte le nefandezze, senza sconto alcuno. Oggi Draghi è il personaggio italiano più potente: al mondo non c’è nessun altro italiano che abbia un curriculum di potenza come il suo. Il potere comunque è sempre fluido: chiunque, domani, potrebbe essere messo da parte. E nelle lotte interne della politica italiana (sempre più complesse, ambigue e oscure) non sarà facile, nemmeno per Draghi, ascendere al Quirinale. Insomma, vedremo. Noi siamo disposti a dargli una mano, se intente mantenere le promesse. Ma c’è poi un altro signore, con cui dobbiamo fare i conti, e stavolta senza l’apertura di credito che concediamo a Draghi (se dimostrerà di rispettare la parola data e gli impegni che dice di voler prendere). Questo signore è Romano Prodi: a differenza di Draghi, non ha fatto nessun atto di pentitismo. Ed è responsabile quanto Draghi delle cattive privatizzazioni italiane e dello scempio del sistema-Italia nel rapporto contrattuale di ingresso nell’Unione Europea e nell’Eurozona.L’opzione di Prodi è alternativa a quella di Draghi. Prodi punta al Quirinale, è la sua ultima occasione. E anche per questo, insieme ad altri, Prodi ha incoraggiato la nascita del movimento delle Sardine, il cui profilo autoritario è ben rilevato da Barbara Spinelli sul “Fatto Quotidiano”, laddove da parte delle Sardine si equipara la violenza verbale (le opinioni) a quella fisica (i fatti), senza più fare la necessaria distinzione tra idee e fatti che è invece fondamentale, in ogni Stato di diritto. Penso che i partigiani democratici, quelli che hanno cantato Bella Ciao in montagna rischiando la pelle, oggi scenderebbero idealmente da quelle montagne e prenderebbero a calci nel sedere questi giovinastri infantili: oggi, inneggiare all’antifascismo e ignorare i pericoli reali (che vengono da tutt’altra parte) mi sembra un atto di mancanza di rispetto verso chi la Resistenza l’ha fatta davvero.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate nel corso della trasmissione web-streaming su YouTube “Massoneria on air” del 19 dicembre 2019, condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”, con la partecipazione di Paolo Franceschetti e Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt di cui Magaldi è il leader. Il citato volume “Massoni”, edito da Chiarelettere, uscì a fine 2014. In quelle pagine, Magaldi disegna – in modo esclusivo – la mappa occulta del potere massonico mondiale, affidato a una quarantina di superlogge. Napolitano è indicato come appartenente alla “Three Eyes”, il cenacolo supermassonico reazionario dominanto da figure come quella di Kissinger, mentre Draghi è presentato come membro di 5 diverse Ur-Lodges, tutte di stampo “neoaristocratico” e oligarchico: oltre alla stessa “Three Eyes” sono elencate la “Pan-Europa”, la “Compass Star-Rose / Rosa-Stella Ventorum” e la “Der Ring”).Confermo: i contatti sono in corso. A noi, massoni progressisti, il “fratello” Mario Draghi continua a dire: datemi fiducia, e io emenderò tutto ciò che ho fatto nel passato e sarò l’artefice di un cambiamento epocale, per l’Italia e per l’Europa. Draghi ha detto e ridetto, giurato e spergiurato che questa è la sua intenzione. Come ricorda Marco Moiso, Draghi si è espresso in questi termini anche pubblicamente. E’ stato uno dei falchi della gestione neoliberista della moneta europea, ma ultimamente ha riconosciuto la difficoltà della Bce nel contribuire a rilanciare l’economia reale, visto che ha immesso capitali quasi solo nell’economia finanziaria. Per questo ha parlato della necessità di legare la Bce a un potere politico, eventualmente il Parlamento Europeo. Ha parlato di eurobond, e persino dell’opportunità di cominciare a considerare modelli economico-monetari radicalmente differenti, addirittura la Modern Money Theory. A noi, esponenti dei circuiti massonici progressisti, Draghi ha dichiarato espressamente di voler essere lui, come “pentito”, uno degli artefici di un cambiamento totale del modello di governance in Europa e in Italia.
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Le finte rivoluzioni del 2019: la previsione di Carotenuto
«Cari amici, nel 2019 aspettiamoci altre finte rivoluzioni». Era il 29 dicembre dell’anno “gialloverde”, quello in cui gli italiani si erano illusi di poter avere un governo a 5 Stelle, deciso a farsi rispettare in Europa e a restituire giustizia sociale in Italia. Dodici mesi dopo, eccoci qua: alle prese con Greta e con le Sardine. Seppellito da Grillo il famoso “uno vale uno”, archiviato l’inguardabile Salvini vestito da poliziotto. Il copione è cambiato: piazze sempre piene, ma per lo sciopero climatico o i flash-mob contro “il fascismo”. Animi sempre accesi, naturalmente: contro qualcosa, o qualcuno, che (esattamente come prima) non è mai chi comanda, davvero. Autore della “profezia” sul 2019, Fausto Carotenuto, già analista politico dell’intelligence Nato. Previsioni peraltro già formulate a partire dal 2015: «La guida occulta mondiale rimarrà saldamente nelle mani della piramide gesuita-massonica, anche se il superiore gioco del divide et impera comincerà a creare fratture competitive anche in questo fronte». Nel 2018, la messa a fuoco si è fatta progressiva: il caos sulla Brexit, la presidenza Trump, il ruolo dei sovranisti «solo apparentemente anti-sistema». E poi le manifeste debolezze del quadro intereuropeo, i fallimenti e le spaccature del Pd, il risorgere delle destre “parafasciste”, le voci di dissenso a Papa Francesco nelle gerarchie cattoliche.«Questi e numerosi altri segnali mostrano con evidenza che il blocco granitico di potere gesuita-massonico ha ormai delle forti incrinature. Foriere di forti tempeste, di feroci scontri», scriveva Carotenuto su “Coscienze in Rete”, esattamente un anno fa. «Come già per Matteo Salvini in uniforme da poliziotto lo scorso anno, la presidenza Trump appare come un elemento di forte rottura degli equilibri precedenti, e continuerà ad avere certamente un ruolo destabilizzante – come dimostrano le prese di posizione filo-sioniste su Gerusalemme, l’attiva campagna industrialista e antiecologista, le guerre commerciali al resto del mondo e l’aperto sostegno ai peggiori ambienti economici americani». Da una parte, scriveva Carotenuto, «sarà il più forte ostacolo ai disegni di dominazione del gruppo gesuita-massonico», ma dall’altra «anche un elemento amplificatore di forme-pensiero degradanti, aggressive, violente, antiumane». Secondo l’analista, «una modalità molto diversa da quella “gesuitica”, fredda e apparentemente “buona”, ma sempre per fini manipolatori. Che tuttavia già da qualche anno non stava dando i risultati sperati di “seduzione” ampia ed efficace dell’opinione pubblica».I gruppi di manipolazione mondialisti, scriveva sempre Carotenuto, «hanno ormai chiaramente deciso di puntare su un periodo di emergenze e di spaccature, che prepari il terreno in modo forzoso ad una nuova, successiva spinta alla centralizzazione, e ad una ulteriore perdita di libertà e sovranità locali». Temi che, manco a dirlo, non sono neppure sfiorati né dai “gretini” né dalle Sardine: i baby-ecologisti non menzionano nessuna delle minacce reali, a partire dal 5G, mentre gli odiatori di Salvini ignorano del tutto il primo problema italiano, l’Unione Europea. Tutto questo accade, anche, dopo il crollo del governo gialloverde: la Lega all’opposizione, e i 5 Stelle (dimentichi di ogni promessa) aggrappati alle poltrone del Conte-bis. «Avevamo scritto che avremmo probabilmente visto un Cinquestelle chiaramente indirizzato a cercare di agguantare le poltrone di comando di Palazzo Chigi. E avevamo anticipato che, qualora questo fosse avvenuto, la dirigenza M5S avrebbe svelato il proprio vero volto di strumento del potere, di nuovi camuffamenti manipolatori delle solite vecchie congreghe. Una presidenza del Consiglio e altri incarichi di governo nelle mani di uomini chiaramente vicini ai gesuiti, e le stupefacenti virate in senso filo-americano, filo-Nato, filo-euro, filo-Unione Europea, filo-finanza internazionale, filo-vaccini, filo-spese militari, filo-Tap e altro, la dicono lunga su chi veramente si cela dietro gli impulsi sani di tanti bravi ragazzi».Bravi idealisti, «illusi per anni dalle seduttive parole di una maschera Grillo ormai ridotta al silenzio». Sono e saranno i primi, scriveva Carotenuto, «a soffrire per i brutali “tradimenti”, che vedremo crescere e farsi evidenti nel 2019». L’analista intravedeva «un nuovo teatro di finta alternanza democratica, nel quale la Lega si porrà come nuova destra egoica e conservatrice, e il M5S come nuova sinistra fintamente progressista». Dietro le quinte, «i soliti poteri occulti» continuano «a gestire e manipolare la struttura istituzionale politica, economica, scientifica e culturale». Oggi, a un anno di distanza, Carotenuto è estremamente preoccupato dal Conte-bis: lo vede come un terminale pericoloso del potere centralista. Grazie alla sua debolezza politica (lo zombie Zingaretti, il defunto M5S) l’esecutivo giallorosso guidato da Conte, «espresso dal medesimo network di potere vaticano che gestiva Andreotti», è perfetto per infliggere all’Italia un’overdose di rigore: guerra al contante e inasprimento fiscale, fino all’incubo del Mes. E nelle piazze, “gretini” e Sardine, a cantare Bella Ciao. «Anche nel 2019 – scriveva Carotenuto – ogni crisi verrà fomentata o usata per controllarci meglio, per spingerci infine verso formazioni centralizzate mondialiste o premondialiste. Faranno tutto questo, come nel 2018 e negli anni precedenti, solamente per bloccare il più grande fenomeno dei nostri tempi: il risveglio delle coscienze».«Cari amici, nel 2019 aspettiamoci altre finte rivoluzioni». Era il 29 dicembre dell’anno “gialloverde”, quello in cui gli italiani si erano illusi di poter avere un governo a 5 Stelle, deciso a farsi rispettare in Europa e a restituire giustizia sociale in Italia. Dodici mesi dopo, eccoci qua: alle prese con Greta e con le Sardine. Seppellito da Grillo il famoso “uno vale uno”, archiviato l’inguardabile Salvini vestito da poliziotto. Il copione è cambiato: piazze sempre piene, ma per lo sciopero climatico o i flash-mob contro “il fascismo”. Animi sempre accesi, naturalmente: contro qualcosa, o qualcuno, che (esattamente come prima) non è mai chi comanda, davvero. Autore della “profezia” sul 2019, Fausto Carotenuto, già analista politico dell’intelligence Nato. Previsioni peraltro già formulate a partire dal 2015: «La guida occulta mondiale rimarrà saldamente nelle mani della piramide gesuita-massonica, anche se il superiore gioco del divide et impera comincerà a creare fratture competitive anche in questo fronte». Nel 2018, la messa a fuoco si è fatta progressiva: il caos sulla Brexit, la presidenza Trump, il ruolo dei sovranisti «solo apparentemente anti-sistema». E poi le manifeste debolezze del quadro intereuropeo, i fallimenti e le spaccature del Pd, il risorgere delle destre “parafasciste”, le voci di dissenso a Papa Francesco nelle gerarchie cattoliche.
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Il Mes e i Miserabili: come siamo caduti in basso, e perché
Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari leghisti e un emissario del grillino Fraccaro.«Non firmiamo niente», conclusero, dopo aver solo potuto guardare da lontano quelle 40 pagine, scritte in inglese, senza la possibilità di fotocopiarle. Alla faccia della sovranità parlamentare. L’ha ripetuto, Borghi, nella diretta web-streaming su ByoBlu con Claudio Messora e Francesco Toscano, poche ore dopo l’infuocata assise delle Camere: la bozza di revisione del micidiale Mes, i cui funzionari si pongono al di sopra di qualsiasi legge, non punibili in nessun caso, ha seguito la stessa procedura clandestina del Ttip, il trattato-fantasma concepito per scavalcare i governi e lasciare alle multinazionali l’ultima parola sui contenziosi con gli Stati. Qui è ancora peggio, rincara Borghi: almeno, l’accesso formale al testo del Ttip (sempre in inglese, non fotografabile neppure con lo smartphone) era previsto dall’agenda. Invece, quei 40 fogli del Mes-2 sarebbero stati esibiti la scorsa estate solo per gentile concessione di Conte, in imbarazzo con i suoi azionisti di riferimento, Lega e 5 Stelle. Uno strappo alla regola: in base al rigido protocollo, le informazioni riservatissime sul rinnovato Meccanismo Europeo di Stabilità, in teoria, si sarebbero dovute limitare unicamente al premier, assistito d’ufficio dal solo ministro dell’economia (all’epoca, Giovanni Tria).Citato da Salvini nella sua requisitoria in aula contro Conte, l’esperto Guido Salerno Aletta, di “Milano Finanza”, conferma l’allarme già lanciato da Antonio Patuelli dell’Abi e, ancor più autorevolmente, dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. E cioè: se l’Italia fosse costretta a ricorrere al Mes, il nuovo Fondo potrebbe chiedere in cambio pesantissime “condizionalità”, inclusa la “ristrutturazione” del debito. Tradotto: le banche, detentrici dei titoli di Stato, potrebbero attingere direttamente ai conti correnti degli italiani. In alternativa, il governo dovrebbe imporre una patrimoniale. Lo conferma, sempre a “ByoBlu”, un tecnocrate come Carlo Cottarelli: per l’Italia il rischio è serio, visto l’attuale sistema di finanziamento (titoli di Stato, con moneta non sovrana) e un debito che galleggia oltre il 130% del prodotto interno lordo. Il documento, infatti, prevede che tutto vada liscio solo per i paesi con un debito non superiore al 60% del Pil, in linea con la “teologia” di Maastricht. Problema: le regole del rigore, pensate trent’anni fa per un’Europa in crescita, si sono scontrate con la realtà della stagnazione, riuscendo solo ad aggravare la crisi e condannare intere economie. E oggi, nel 2019, ancora si insiste con una ricetta perversa e socialmente devastante, votata alla rovina generale?“Non venitemi a dire che non lo sapevate”, è la fragile autodifesa di Conte, che tenta di coinvolgere Salvini e Di Maio, entrambi vicepremier all’epoca dell’incubazione del Mes-2. Vero a metà, a quanto pare: da un lato, il capo della Lega e il portavoce dei 5 Stelle non hanno mai rigettato, a prescindere, la prospettiva dell’ex Fondo salva-Stati. Dall’altro, però, si erano riservati di analizzarlo in modo approfondito. Salvo scoprire, oggi, che il Mes avrebbe viaggiato in clandestinità: un piatto avvelenato, da servire ai Parlamenti solo a cose fatte. E qui, Conte traballa. Accusato frontalmente da Salvini e Giorgia Meloni, è isolato dalla freddezza di Di Maio: i 5 Stelle potrebbero ribellarsi e staccare la spina al governo, pur di bloccare il fondo “ammazza-Stati”? Se il Pd e i renziani fanno quadrato attorno all’attuale titolare dell’economia, cioè il tecnocrate Roberto Gualtieri (creatura di Buxelles), dalla sinistra si sfila “Liberi e Uguali”: per Stefano Fassina, già viceministro di Enrico Letta, l’Italia deve rispedire al mittente, rifiutandosi di approvarlo, questo pericoloso congegno a orologeria.Conte avrebbe già dato il suo ok, all’insaputa di tutti? Malissimo: proprio su questo sembra giocarsi la sopravvivenza del professor-avvocato a Palazzo Chigi, incalzato dalla Lega che si prepara alla mobilitazione popolare, a suon di firme, prima ancora di valutare una mozione di sfiducia, nel caso in cui una frangia dei 300 parlamentari grillini prendesse le distanze da quello che, sulla carta, si presenta come il più insidioso attentato alle tasche degli italiani. Mesi fa, un ex analista dell’intelligence come Fausto Carotenuto aveva confessato: «Temo il Conte-bis, la sua debolezza politica ne farà lo strumento perfetto per l’élite europea intenzionata a farci del male». Oggi, di fronte alla rissa parlamentare sull’ipotetico Fondo Monetario Europeo, un osservatore privilegiato come Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, allarga decisamente l’orizzonte: ma ci rendiamo conto, dice, di cosa stiamo parlando? Lo capiamo, per quale motivo siamo finiti così in basso? Vogliamo deciderci a vederlo, il problema? Alzi la mano chi sa spiegarsi, precisamente, per quale motivo la moneta (europea) è diventata qualcosa da mendicare, da prendere in prestito a caro prezzo, lasciando in pegno interi paesi (e ora, magari, anche il patrimonio di milioni di cittadini).Chiarisce l’economista Nino Galloni, che del Movimento Roosevelt è vicepresidente: ci rendiamo conto che l’Italia ha sì un enorme debito pubblico, ma in compenso vanta un debito privato irrisorio e un ingentissimo patrimonio fatto di risparmi, di capitali e immobili, a garanzia del sistema economico nazionale? E perché allora il rating delle agenzie, adottato da Bruxelles come unico parametro, considera solo il debito contabile dello Stato? Chiedetelo a Prodi, taglia corto un altro “rooseveltiano” come Gianfranco Carpeoro: fu il professore di Bologna, osannato come salvatore della patria dopo aver sfasciato l’Iri che sorreggeva l’industria italiana, a genuflettersi ai signori dell’euro, rinunciando a far pesare il valore reale dell’Italia. Quanto agli eurocrati, un grande imprenditore come Fabio Zoffi, che opera in Germania, ha avuto il coraggio di sbugiardare i guardiani dell’austerity altrui: al “Giornale” ha ricordato che Berlino, mediante svariati artifici contabili, omette enormi cifre nel computo del deficit. Il debito tedesco (quello reale) sarebbe il doppio di quello italiano. Attenzione, avverte Zoffi: proprio grazie al super-debito, sia pure occulto, la Germania funziona meglio dell’Italia. Ergo: anziché tagliare la spesa, perché non allargarla? Il famoso tetto del 3% non è certo una legge economica: è solo un diktat politico-ideologico, che ha finora depresso l’economia.Né si creda che sia intelligente prendersela col signor Franz, dice da parte sua il comunista Marco Rizzo, consultato sempre da Messora: il popolo tedesco non ha idea di quello che combina, alle sue spalle, l’élite che lo governa. Vale per tutti gli altri, inclusi i francesi. La soluzione? Sincronizzare i popoli, coalizzarli contro questa oligarchia che ha privatizzato la moneta. Da tutt’altro versante, quello social-liberale, Gioele Magaldi (in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”), punta il dito contro lo scandaloso dumping fiscale, su cui nessuno fiata: «Che Europa è mai questa, dove si consente che in paesi come l’Olanda e il Lussemburgo sia più conveniente pagare le tasse?». Risultato: l’emorragia di entrate fiscali (Fiat docet), grazie alla fuga delle grandi aziende. Su questo, niente da ridire? Meglio la piccola crociata, vagamente infame, contro l’idraulico che lavora in nero? E i media che fanno, continuano a dormire? Marco Travaglio, addirittura, s’è messo ad incensare Conte: «Saprebbe indicare, Travaglio, un solo illuminante atto di governo che abbia contraddistinto il premier, da quando è a Palazzo Chigi, con l’unica evidente intenzione di restarvi il più a lungo possibile, non importa come, obbedendo ai politici che contano in Europa, anche a scapito degli italiani?».Mai stato tenero, Magaldi, nemmeno con Lega e 5 Stelle. L’accusa: dovevano almeno avviare il cambiamento promesso. «Invece si sono limitati alle chiacchiere: esattamente come Renzi, proprio per questo scaricato a suo tempo dagli elettori». Renzi s’era rimesso in pista, ma ora è stato speronato dalle inchieste sul finanziamento della fondazione Open. «Giusto che la magistratura indaghi, ma senza far politica su questo: ipocrita pensare che i partiti vivano d’aria. Ma sopprattutto: Renzi va bocciato politicamente, perché per l’Italia non ha fatto nulla». Oggi, il mostro ha le sembianze del Mes. E prima ancora: Trattato di Maastricht e Trattato di Lisbona, Fiscal Compact, pareggio di bilancio in Costituzione. «Io sono ultra-europeista», dice Magaldi, «ma intendiamoci: un’Unione Europea non è mai esistita». Chi l’ha detto, ad esempio, che a decidere tutto sia la Bce, non controllata da politici, a loro volta tenuti a rispondere agli elettori? Ora siamo all’apice dell’aberrazione: anziché un ente prestatore di ultima istanza, deputato a finanziare gli Stati in modo virtualmente illimitato, si darebbe vita allo strozzinaggio istituzionale di un organismo ancora meno democratico, super-bancario, abilitato a ricattare popoli scavalcando definitivamente i governi.Al di là di come andrà a finire la miserabile vicenda Mes, incluso lo scaricabarile tra politici, Magaldi sintetizza: tutta quella robaccia va stracciata e riscritta da zero. E’ che ora di svegliarsi, tutti, ma per davvero. Le piccole Sardine? Si decidano: chiedano conto della situazione a chi comanda davvero, in Italia. I sovranisti? Vicolo cieco: a che serve trincerarsi entro i confini, quando è Bruxelles che detiene le leve strategiche, le regole che condizionano l’economia? Vale anche per i rossobruni di Vox Italia: l’oligarchia non ha nulla da temere, da chi rifiuta la battaglia continentale. La risposta? Democrazia, da imporre ai gerarchi dell’Ue. In pillole: «L’Italia sta crollando: viadotti che cadono, scuole a pezzi. Disoccupazione, tasse altissime, aziende che non vengono pagate. Servono 200 miliardi, per rimettere in corsa il paese». E si pensa di elemosinarli al Mes, mettendosi al collo il cappio degli usurai? Non è questione di virgole o di percentuali, insiste Magaldi: c’è da far saltare tutto. Cambiare le regole, da cima a fondo. Primo: «Un’Europa democratica, con la sua Costituzione, e un governo federale finalmente eletto dal Parlamento Europeo». Secondo: «Una banca centrale che emetta eurobond, e sostenga in modo illimitato i debiti pubblici, mettendo fine al ricatto dello spread». O così, o moriremo: malati di Mes, o si qualsiasi altro morbo letale fabbricato in provetta, nei laboratori segreti che hanno sabotato la democrazia per dare vita a questo morto vivente, questo zombie travestito da Sacro Romano Impero, senza più cittadini ma soltanto sudditi.Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari (di cui due leghisti) e un emissario del grillino Fraccaro.
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Magaldi: è stato il libro ‘Massoni’ a far dimettere Napolitano
Pensateci: chi meglio di Mario Draghi, per smontare il rigore eurocratico? Se fosse sinceramente pentito dei suoi trent’anni di neoliberismo privatizzatore, e ora orientato da una visione neoaristocratica della politica, l’ex presidente della Bce potrebbe fare molto, per l’Italia, se ad esempio fosse eletto presidente della Repubblica dopo Mattarella. Gioele Magaldi, frontman italiano del circuito massonico progressista mondiale, conferma: insieme a Christine Lagarde, che ora ne ha ereditato la poltrona al vertice dell’Eurotower, lo stesso Draghi ha bussato alle porte della massoneria rivale, promotrice dei diritti sociali e ostile al rigore Ue. Tradotto: lui e la Lagarde offrirebbero la loro piena collaborazione per cominciare a rimediare ai disastri che l’élite oligarchica (di cui sono stati leader) ha finora combinato, mettendo alla frusta gli Stati e creando a tavolino una crisi che sembra senza vie d’uscita. L’altra notizia – che Magaldi affida a una video-chat con Fabio Frabetti di “Border Nights” – è che fu proprio lui, con il libro “Massoni” edito da Chiarelettere a fine 2014, a costringere alle dimissioni Giorgio Napolitano all’inizio del 2015, avendone svelato l’imbarazzante cifra massonica occulta e il ruolo di vettore strategico di nefasti poteri extra-italiani.Napolitano, dice Magaldi, «si è dovuto dimettere in seguito all’uscita del mio libro», un besteller (e long-seller, tuttora vendutissimo) preceduto da decine di migliaia di prenotazioni, prima ancora del debutto in libreria. Magaldi ha fondato il Movimento Roosevelt, entità metapartitica trasversale creata per rianimare in senso democratico la politica italiana, sclerotizzata nell’apparente opposizione destra-sinistra (a valle dell’obbedienza trentennale ai poteri forti dell’oligarchia europea). Già inziato alla superloggia “Thomas Paine” e ora gran maestro del Grande Oriente Democratico, lo stesso Magaldi fornisce una lettura esclusiva del back-office del vero potere, che descrive come interamente massonico, dominato da decine di superlogge apolidi e transnazionali che ispirano le scelte politiche a monte dei governi eletti. Secondo questa rappresentazione, una faglia profonda oppone le due galassie supermassoniche: da una parte la corrente progressista rooseveltiana, che detenne la leadership dell’Occidente fino alla fine dgli anni ‘60 preparandosi a lanciare verso la Casa Bianca il ticket rappresentato da Bob Kennedy e Martin Luther King, e dall’altra il filone neo-conservatore che avrebbe messo in campo politici come Reagan e Thatcher, per arrivare fino all’estremismo “terroristico” del clan Bush.Obiettivo della regia supermassonica del neoliberismo: demolire il welfare e la mobilità sociale, in nome dei dogmi economico-filosofici di Milton Friedman, Robert Nozick e Friedriech von Hayek, figli di una concezione neo-feudale della società. Di qui la politica post-democratica dell’ordoliberismo Ue: predisporre la scarsità artificiosa della moneta, sostanzialmente “privatizzata”, per ricattare gli Stati (leggasi spread) togliendo loro sovranità democratica e capacità di spesa, a esclusivo vantaggio della grande finanza speculativa. I rottami di questa lunghissima stagione, aperta in Italia dallo storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia (retta allora dal massone Ciampi), sono sotto i nostri occhi. Il dramma dell’Ilva non è che l’ultimo capitolo di una tragedia a puntate, avviata dallo smembramento dell’Iri affidato a Romano Prodi (che Magaldi definisce “globalizzatore in grembiulino”). Sintomatico l’episodio del Britannia, 2 giugno ‘92, col massone Draghi raccontato come grande protagonista occulto della presunta cospirazione finanziaria anglosassone per la svendita del paese. «Più che le suggestioni complottistiche – avverte Magaldi – pesano i lunghi anni in cui Draghi, da direttore generale del Tesoro, agevolò le disastrose privatizzazioni all’italiana che minarono il futuro del paese».Qualche anno dopo, Massimo D’Alema (per Magaldi, altro supermassone neoaristocratico) si vantò di aver trasformato Palazzo Chigi in una merchant bank, realizzando il record europeo delle privatizzazioni. Ma D’Alema non era un leader della sinistra? Se è per questo lo erano anche Bill Clinton, Tony Blair e Gerhard Schroeder, fautori della “terza via” teorizzata dall’inglese Anthony Giddens come formula a metà strada tra capitalismo e socialismo. In realtà, i “terzisti” erano arruolati nella supermassoneria reazionaria – e tra questi anche Napolitano, iniziato alla superloggia “Three Eyes”, quella di Kissinger, Rockefeller e Brzezinski. Un uomo di cui Magaldi offre un ritratto piuttosto ruvido: «Negli anni ‘50, il comunista Napolitano era stalinista e difese la repressione sovietica della rivolta ungherese, e ancora negli anni ‘70 era un ostinato avversario della prospettiva europeista». Cambiò idea su tutto, capovolgendo le sue posizioni politiche: «Nel 2011, insieme a Draghi, predispose il “golpe bianco” di Mario Monti, eseguendo le direttive della supermassoneria oligarchia e post-democratica europea». Oggi tocca a Draghi cambiare bandiera, stavolta in direzione opposta?C’è chi lo indica candidato al Quirinale addirittura dalla Lega, in cambio del suo appoggio a un eventuale governo Salvini, qualora il Conte-bis saltasse per aria nei prossimi mesi. In molti diffidano del super-banchiere, solo ieri osannato dai peggiori esponenti dell’euro-sistema, Macron e Merkel in testa. Da parte sua, Magaldi ribalta il ragionamento: proprio per il prestigio di cui Super-Mario gode, da Bruxelles a Berlino, chi potrebbe smentire altrettanto autorevolmente i suoi ex sodali? Del resto, far passare dalla tua parte un generale nemico può essere il modo migliore per vincere una guerra. Non c’è bisogno di scomodare il paragone con la lotta alla mafia, dove sono stati i pentiti a svolgere un ruolo decisivo. Proprio la compravendita di colonnelli è lo sport nel quale ha primeggiato il fronte neoliberista, reclutando leader della sinistra e dirigenti sindacali. Era una prescrizione del geniale memorandum scritto nel 1971 da Lewis Powell: “comprare” i capi della sinistra riformista, lasciando a loro il compito di spiegare all’elettorato che l’austerity sarebbe stata cosa buona e giusta. Nel caso di Draghi, in realtà, saremmo di fronte a un ripensamento spontaneo: si è ricordato dell’antico insegnamento progressista del maestro Federico Caffè? In ogni caso, Magaldi è ottimista: gli oligarchi dell’euro-sistema, dice, hanno capito perfettamente che la loro “teologia” del rigore non potrà durare, viste le sofferenze sociali che sta infliggendo ai popoli europei.Pensateci: chi meglio di Mario Draghi, per smontare il rigore eurocratico? Se fosse sinceramente pentito dei suoi trent’anni di neoliberismo privatizzatore, e non più orientato da una visione neoaristocratica della politica, l’ex presidente della Bce potrebbe fare molto, per l’Italia, specie nel caso in cui, ad esempio, fosse eletto al Colle dopo Mattarella. Gioele Magaldi, frontman italiano del circuito massonico progressista mondiale, conferma: insieme a Christine Lagarde, che ora ne ha ereditato la poltrona al vertice dell’Eurotower, lo stesso Draghi ha bussato alle porte della massoneria rivale, promotrice dei diritti sociali e ostile al rigore Ue. Tradotto: lui e la Lagarde offrirebbero la loro piena collaborazione per cominciare a rimediare ai disastri che l’élite oligarchica (di cui sono stati leader) ha finora combinato, mettendo alla frusta gli Stati e creando a tavolino una crisi che sembra senza vie d’uscita. L’altra notizia – che Magaldi affida a una video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – è che fu proprio lui, con il libro “Massoni” edito da Chiarelettere a fine 2014, a costringere alle dimissioni Giorgio Napolitano all’inizio del 2015, avendone svelato l’imbarazzante cifra massonica occulta e il ruolo di vettore strategico di nefasti poteri extra-italiani.
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Oltre a Hitler, chi ha sulla coscienza quei milioni di ebrei?
Perché per far rientrare gli ebrei (esiliati) nella terra promessa sarebbero dovuti morire sei milioni di loro? Perché avrebbero dovuto pagare questa pesante “tassa”? Sono loro stessi a dirlo: lo dice il giudaismo, in particolare. Ovviamente non è una profezia contenuta nella Bibbia, come alcuni vorrebbero far credere, giocando sulle parole (soprattutto sull’assenza della lettera waw all’interno del termine che indica “ritornerete”, che si si trova in Levitico), ma è qualcosa che è stato deciso successivamente. Peraltro, ricordo anche espressioni di sionisti che dicevano: «In fondo, una nazione val bene qualche milione di morti». E quindi era la “tassa” da pagare (o da far pagare) per poter avanzare con forza la richiesta di poter tornare in quella che loro ritengono essere la loro nazione. Quando dico “loro” intendo i sionisti, perché non tutti gli ebrei sono d’accordo: penso ad esempio al movimento dei Naturei Karta, che sono diverse centinaia di migliaia di ebrei, che ritengono questo Stato di Israele assolutamente illegittimo perché non fondato dal messia (questo sì, sarebbe scritto nell’Antico Testamento e farebbe parte della tradizione ebraica; invece questo Stato di Israele non è stato fondato dal messia, dunque da questi è ritenuto illegittimo).Quella dei cosiddetti sei milioni era la tassa da pagare per poter avanzare questa richiesta al mondo. E non è un caso che di sei milioni si sia iniziato a parlare ben prima della nascita di Hitler: il che vuol dire che era qualcosa di già deciso in precedenza. Quello sulla Shoah è un discorso estremamente delicato, che va trattato veramente con le pinze. Partiamo dal presupposto che questo sia avvenuto, e non mettiamo neppure in discussione l’ammontare delle vittime: in fondo, che siano sei milioni o seicentomila, fra virgolette poco conta (anche perché poi è difficile contarle esattamente). Ma supponiamo pure che siano sei milioni. Ora, ciò che è difficile pensare è che questo sia stato pianificato in modo autonomo e improvviso dal nazionalsocialismo. E’ un qualcosa di cui si parlava molto prima: la pianificazione è partita molto prima della nascita di Hitler. Ci sono addirittura delle chiavi di lettura che la danno come “inevitabile” perché già prevista nella Bibbia, attraverso particolari riletture (del Levitico, appunto) da cui risulterebbe che condizione essenziale per il ritorno degli ebrei in terra d’Israele era la scomparsa di sei milioni di loro.Ora, secondo me, il problema (più importante ancora di quello che pone il revisionismo) è questo: diamo per scontato che la Shoah ci sta stata e che abbia avuto quelle dimensioni, con la quale ci viene raccontata. Il problema è: chi l’ha veramente voluta? Chi l’ha pianificata? Da quando l’ha pianificata? Di chi sono stati vittima, questi ebrei? Questi ebrei che sono stati uccisi erano davvero tutti ebrei o, come come li chiamavano i tedeschi, erano dei giudei? Il che non significa esere necessariamente ebrei, ma essere una parte che poteva essere “sacrificata”, in quanto ritenuta non pura dal punto di vista del sangue. Ecco, questa secondo me è la direzione nella quale bisogna procedere con la ricerca, per capire quali sono le vere responsabilità: che non possono essere interamente ed esclusivamente attribuite al nazionalsocialismo, perché la pianificazione sicuramente è partita prima. Tornando alla Bibbia: perché gli Elohim più potenti che circondavano gli israeliti hanno avuto la peggio e non sono divenuti così famosi come Yahweh? Le riposte possono essere tante: possono aver lasciato campo libero a Yahweh, se ne possono essere andati, oppure Yahweh può essere risultato il più bravo, cioè quello che ha saputo imporsi al di sopra degli altri.Oppure c’è anche un’altra spiegazione: a un certo punto tutti loro, gli Elohim, si sono di fatto disinteressati del rapporto diretto con l’umanità. E poi, da un certo momento in avanti (nei secoli più vicini a noi: 1600, 1700), qualcuno è stato talmente bravo da riprendere in mano tutta questa storia e ricostruire una situazione, gestendola e programmandola a suo uso e consumo, facendola risalire (e quindi legandola) a racconto biblico. Quindi, il tutto potrebbe essere nelle mani di – diciamo così – usurpatori: cioè persone che, in origine, non avevano nulla a che vedere con la Bibbia. Non sarebbero neanche discendenti delle 12 tribù di Israele, ma sarebbero un altro popolo, di guerrieri e di usurai, che si è convertito al giudaismo e ha preso in mano le redini del tutto, e ha saputo imporre e gestire quel regime finanziario che ci sta governando. Questa cosa spiegherebbe anche come mai, durante la Seconda Guerra Mondiale, la pianificazione dell’uccisione di alcuni milioni di essi fosse diretta soprattutto alla cosiddetta “razza giudaica”, più che alla “razza ebrea”. E quindi questo richiede uno studio accurato, che dovrà portare forse ad un riesame della storia così come ci è stata raccontata.(Mauro Biglino, video-dichiarazioni rilasciate sul proprio sito il 4 ottobre 2019 rispondendo a domande dei lettori. Biblista e già traduttore ufficiale dell’Antico Testamento per le Edizioni San Paolo, l’autore ha intrapreso una pubblicazione saggistica basata sulla scoperta della rilettura letterale del testo biblico, da cui sono testualmente assenti i concetti teologici e metafisici. Yahweh sarebbe solo uno dei tanti Elohim menzionati dalla Bibbia: dominatori alieni, cioè diversi e distinti dagli umani, potenti ma non onnipotenti né immortali. Riguardo alle possibili origini pre-hitleriane del progetto della Shoah, immane strage che Biglino si guarda bene dal negare, l’autore fa riferimento alla letteratura giornalistica anglosassone, di pubblico dominio, che a partire dalla fine del 1800, con crescente insistenza, allude all’imminente sterminio di sei milioni di ebrei in Europa, ben prima dell’avvento del nazismo. Mentre il negazionismo tende a ridimensionare le spaventose responsabilità della Germania, Biglino – al contrario – ipotizza che il regime di Hitler sia stato utilizzato come spietato strumento di morte, a insaputa dei tedeschi e degli stessi ebrei, da mostruosi manipolatori occulti della geopolitica mondiale).Perché per far rientrare gli ebrei (esiliati) nella terra promessa sarebbero dovuti morire sei milioni di loro? Perché avrebbero dovuto pagare questa pesante “tassa”? Sono loro stessi a dirlo: lo dice il giudaismo, in particolare. Ovviamente non è una profezia contenuta nella Bibbia, come alcuni vorrebbero far credere, giocando sulle parole (soprattutto sull’assenza della lettera waw all’interno del termine che indica “ritornerete”, che si si trova in Levitico), ma è qualcosa che è stato deciso successivamente. Peraltro, ricordo anche espressioni di sionisti che dicevano: «In fondo, una nazione val bene qualche milione di morti». E quindi era la “tassa” da pagare (o da far pagare) per poter avanzare con forza la richiesta di poter tornare in quella che loro ritengono essere la loro nazione. Quando dico “loro” intendo i sionisti, perché non tutti gli ebrei sono d’accordo: penso ad esempio al movimento dei Naturei Karta, che sono diverse centinaia di migliaia di ebrei, che ritengono questo Stato di Israele assolutamente illegittimo perché non fondato dal messia (questo sì, sarebbe scritto nell’Antico Testamento e farebbe parte della tradizione ebraica; invece questo Stato di Israele non è stato fondato dal messia, dunque da questi è ritenuto illegittimo).
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ControTv, in diretta: Chiesa e Mazzucco aggirano YouTube
Attenti a quei due: da anni sfidano il mainstream, smontando le sue leggende, e non hanno ancora smesso di impensierire il Grande Fratello. Tant’è vero che, non appena la nuova iniziativa è finita su una pagina Facebook con oltre 40.000 contatti, la segnalazione è stata trasmessa in automatico solo a 9.000 follower. Già si annusano guai in vista, ipotizza Massimo Mazzucco, titolare della pagina stranamente “filtrata”: il mitico algoritmo di Zuckerberg sospetta che il suo nome, unito a quello di Giulietto Chiesa, possa essere sinonimo di grane? Del resto, quello è il sistema che dispensa sonni tranquilli al cittadino, magari invitandolo a rifugiarsi nel politically correct come nel caso del polverone attorno alla commissione Liliana Segre. Sacrosanto condannare chi insulta i reduci della Shoah, beninteso: purché questo poi non venga usato per silenziare chiunque la pensi diversamente, sui temi più disparati. «Vale anche per il revisionismo: un conto è oltraggiare i reduci, un altro è avere idee differenti sulla storia. Proibirle non è forse contrario alla libertà di parola tutelata dalla Costituzione?». E poi: «Perché la versione ufficiale dovrebbe essere obbligatoria solo per la Shoah, di cui si stabilisce il numero di vittime senza mai interrogarsi sulle vere cause del nazismo e sui sostenitori occulti di Hitler?». A quel punto, dice Mazzucco, si emani una verità ufficiale su ogni altro tema, e buonanotte a tutti.
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La Russia: curiosa, “l’ennesima” uccisione di Al-Baghdadi
Sicuri che fosse proprio Abu Bakr Al-Baghdadi, il “cane” terrorista morto in Siria nella notte tra il 26 e il 27 ottobre sotto i colpi del raid statunitense? Se lo domanda su “Asia Times” un reporter come Pepe Escobar, che sospetta si tratti dell’ennesimo spettacolo teatrale offerto dagli Usa, come l’ipotetica eliminazione di Osama Bin Laden, “giustiziato” il 2 maggio 2011 ad Abbottabad in Paskistan senza che al pubblico sia stata mostrato uno straccio di prova dell’accaduto. Idem in questo caso: come per Bin Laden, i resti del capo dell’Isis sarebbero stati prontamente “dispersi in mare”. Secondo fonti siriane – scrive Escobar, in un articolo tradotto da “Come Don Chisciotte” – una voce diffusa a Idlib riferisce che il terrorista ucciso a Barisha «potrebbe essere Abu Mohammad Salama, il leader di Haras al-Din», un sottogruppo minore di “Al-Nusra”, cioè “Al-Qaeda in Siria”. L’isis (Daesh) ha comunque già nominato un successore: Abdullah Qardash, alias Hajji Abdullah al-Afari, anch’egli iracheno ed ex ufficiale dell’esercito di Saddam Hussein. A non convincere Escobar è la spettacolarizzazione della pretesa fine del capo dello Stato Islamico: «È morto come un cane», si è affrettato a proclamare Trump, brandendone lo scalpo come «l’ultimo, vittorioso trofeo della sua politica estera, prima della rielezione del 2020».Secondo Escobar, la “sceneggiatura” è già stata scritta: il terrorista super-codardo intrappolato in un tunnel senza uscita, otto elicotteri che gli volteggiano sopra la testa, cani che abbaiano nell’oscurità, tre bambini terrorizzati presi come ostaggi. Poi il “codardo” fa esplodere il suo giubbotto imbottito di tritolo, il tunnel crolla e seppellisce anche i bambini. A seguire: una squadra forense preleva i campioni di Dna del Califfo e svolge il suo lavoro a tempo di record. I resti umani, poi sigillati in sacchetti di plastica, confermano: è Al-Baghdadi. Missione compiuta: partono i titoli di coda. «Tutto ciò – scrive Escobar – è accaduto in un complesso a 300 metri dal villaggio di Barisha, a Idlib, nel nord-ovest della Siria, a soli 5 chilometri dal confine tra Siria e Turchia». Il complesso «non esiste più: è stato completamente distrutto, per non farlo diventare un santuario (siriano) di un iracheno rinnegato». Secondo la ricostruzione, il Califfo era già in fuga. A quanto riferisce l’intelligence turca, era arrivato in quella remota contrada solo 48 ore prima del raid. Domanda: cosa ci faceva, l’ipotetico fuggiasco, in una sacca che l’esercito siriano e le forze aeree russe stanno solo aspettando il momento giusto per estinguere?A Idlib, sottolinea Escobar, non c’è praticamente traccia di jihadisti dell’Isis. L’area invece pullula di appartenenti alla formazione Hayat Tahrir al-Sham, precedentemente nota come Jabhat al-Nusra, cioè “Al-Qaeda in Siria”. Tagliagole presentati in Occidente «come “i ribelli moderati”, tra cui le irriducibili brigate turkmene, precedentemente armate dall’intelligence turca». L’unica spiegazione razionale, continua Escobar, è che il Califfo abbia considerato questa zona retrostante Idlib (nei pressi di Barisha e lontana dalla zona di guerra) una via di fuga ideale e poco conosciuta per filarsela in Turchia. E i russi? Sapevano quanto stava accadendo? «La trama si infittisce – annota Escobar – quando esaminiamo la lunga lista dei “ringraziamenti” di Trump per il successo del raid. La Russia è nominata per prima, seguita dalla Siria (presumibilmente i curdi siriani, non Damasco), poi Turchia e Iraq». Il comandante dei curdi siriani, Mazloum Abdi, ha preferito definire il raid «un’operazione storica», resa possibile da un indispensabile input dell’intelligence curdo-siriana. Nella conferenza stampa di Trump, nel corso dei ringraziamenti, la Russia è ritornata al primo posto: con Mosca «grande collaborazione». Davvero? E allora perché il Cremlino ha parlato della “ennesima” uccisione di Al-Baghdadi?Tramite il generale Igor Konashenkov, scrive Escobar, il ministero della difesa russo ha infatti dichiarato di non disporre di «informazioni affidabili su truppe statunitensi che abbiano condotto un’operazione per – testualmente – “l’ennesima” eliminazione dell’ex leader del Daesh, Abu Bakr al-Baghdadi, nella parte controllata dalla Turchia della zona di de-escalation di Idlib». Di più: «Non sappiamo nulla – aggiunge Mosca – di assistenza al volo a velivoli statunitensi nello spazio aereo della zona di de-escalation di Idlib nel corso di questa operazione». Come dire: può essere accaduto di tutto, a nostra insaputa (anche un’esecuzione solo immaginaria, destinata ai media). Secondo gli 007 iracheni, l’ipotetica soffiata sulla presenza del Califfo era arrivata «da un siriano che aveva portato le mogli di due dei fratelli di Baghdadi, Ahmad e Jumah, a Idlib attraverso la Turchia».In nessun modo, sottolinea Escobar, le forze speciali statunitensi avrebbero potuto fare una cosa del genere «senza complesse e coordinate informazioni di parte curda, turca, irachena e siriana», quindi anche con la supervisione o almeno il permesso di Mosca, padrona dei cieli siriani dalla fine del 2016. In ogni caso, aggiunge il reporter, con la notizia della fine del Califfo «il presidente Erdogan realizza un altro capolavoro tattico, facendo la parte del rispettoso, importante alleato della Nato, mentre permette ai resti di Al-Qaeda di rimanere al sicuro a Idlib, sotto lo sguardo attento dell’esercito turco». Sempre secondo Escobar, «esiste una forte possibilità che Isis-Daesh e una miriade di sottogruppi e di varianti di “Al-Qaeda in Siria” possano ora ricongiungersi, dopo la loro separazione nel 2014». Aggiunge il giornalista: «Non vi è alcuna spiegazione plausibile su come Abu Bakr al-Baghdadi abbia per anni potuto godere della libertà di spostarsi avanti e indietro tra Siria e Iraq, eludendo sempre le formidabili capacità di sorveglianza del governo degli Stati Uniti».Una possibile spiegazione la suggerisce Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni” (Chiarelettere, 2014): come già lo stesso Bin Laden, Al-Baghdadi (massone) è stato affiliato alla superloggia terrorista “Hathor Pentalpha”, guidata dai Bush. Missione: terremotare il pianeta (stragi, attentati, guerre) per imporre un’agenda sicuritaria (leggi speciali, Patriot Act) e intanto lucrare su armamenti e ricostruzioni post-belliche. Il capo di Al-Qaeda e quello dell’Isis? Due supermassoni occulti, incaricati di scatenare il terrore. Difficile che poi vengano lasciati morire “come cani”, una volta completato il “lavoro”. Ma, al di là delle ricostruzioni contraddittorie e solo in parte attendibili della loro fine, molto mediatica, secondo Magaldi la sostanza è politica: se prima Obama e poi Trump ne annunciano la morte, significa che non ne sentiremo parlare più. Traduzione: l’opzione politica del terrore (Al-Qaeda, Isis) finisce in archivio. Fino a quando? E’ vero che con l’Isis “resuscitò” Al-Qaeda dopo la presunta morte di Bin Laden. Ma ora, scommette Magaldi, è davvero improbabile che un terzo mostro terrorista pilotato dall’Occidente si affacci sulla scena. Motivo? La struttura di potere che partorì i primi due non sarebbe più in grado di replicare lo spettacolo.Sicuri che fosse proprio Abu Bakr Al-Baghdadi, il “cane” terrorista morto in Siria nella notte tra il 26 e il 27 ottobre sotto i colpi del raid statunitense? Se lo domanda su “Asia Times” un reporter come Pepe Escobar, che sospetta si tratti dell’ennesimo spettacolo teatrale offerto dagli Usa, come l’ipotetica eliminazione di Osama Bin Laden, “giustiziato” il 2 maggio 2011 ad Abbottabad in Paskistan senza che al pubblico sia stata mostrato uno straccio di prova dell’accaduto. Idem in questo caso: come per Bin Laden, i resti del capo dell’Isis sarebbero stati prontamente “dispersi in mare”. Secondo fonti siriane – scrive Escobar, in un articolo tradotto da “Come Don Chisciotte” – una voce diffusa a Idlib riferisce che il terrorista ucciso a Barisha «potrebbe essere Abu Mohammad Salama, il leader di Haras al-Din», un sottogruppo minore di “Al-Nusra”, cioè “Al-Qaeda in Siria”. L’isis (Daesh) ha comunque già nominato un successore: Abdullah Qardash, alias Hajji Abdullah al-Afari, anch’egli iracheno ed ex ufficiale dell’esercito di Saddam Hussein. A non convincere Escobar è la spettacolarizzazione della pretesa fine del capo dello Stato Islamico: «È morto come un cane», si è affrettato a proclamare Trump, brandendone lo scalpo come «l’ultimo, vittorioso trofeo della sua politica estera, prima della rielezione del 2020».
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Al-Baghdadi, Us Navy, baby-schiavi liberati e guerre stellari
Non sono ancora notizie vere e proprie, ma sono teoricamente enormi: difficili persino da commentare. «Vere? Non saprei. Ma, se lo fossero, potremmo assistere – addirittura nei prossimi giorni – a fatti clamorosi e inattesi, a livello geopolitico, per una volta di segno positivo anziché negativo». La “profezia” di Tom Bosco, redattore dell’edizione italiana della rivista australiana “Nexus”, è datata 22 ottobre. Appena cinque giorni dopo, nel mondo è rimbalzata la notizia delle notizie: l’uccisione del capo dell’Isis, Abu Bakr Al-Baghdadi, nei dintorni di Idlib, in una Siria ampiamente liberata dalla poderosa operazione militare avviata a fine 2016 dalla Russia di Putin. Autori dell’accerchiamento finale di Al-Baghdadi: gli Usa, sotto la regia di Trump. E le “notizie enormi” evocate da Bosco appena cinque giorni prima, a “Border Nights”? Devastanti: una raccapricciante, l’altra fantascientifica. La prima: forze della Us Navy – la stessa arma che ha appena ammesso l’esistenza degli Ufo – circa venti giorni fa avrebbero «liberato 2.1000 bambini detenuti in stato di schiavitù in bunker sotterranei, in California». La seconda “notizia”, di fonte tedesca: nei giorni seguenti, precisamente tra il 19 e il 21 ottobre, si sarebbe svolta nei nostri cieli una decisiva battaglia aerospaziale, con astronavi gigantesche. Esito: i “buoni” avrebbero sconfitto i “cattivi”. Di qui la deduzione di Bosco: se queste voci fossero veritiere, potremmo assistere a eventi geopolitici sbalorditivi in senso positivo.
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Toghe e 007: perché condizionano l’agenda politica italiana
Servizi segreti e magistratura: due player decisivi, ancora una volta, nel destino italiano? Solo grazie ai cosiddetti “servizi deviati” fu possibile trasformare in catastrofe nazionale gli anni di piombo, rendendo quasi invincibile il terrorismo rosso-nero. Più tardi, analoghe “manine” contribuirono ad agevolare l’eliminazione degli scomodissimi Falcone e Borsellino. Quanto alle toghe, è ormai storicamente accertato (e ammesso dallo stesso Francesco Saverio Borrelli) l’effetto politico dell’azione giudiziaria del pool Mani Pulite. Fu decapitata la classe dirigente della Prima Repubblica, con l’eccezione non casuale del Pci-Pds, proprio mentre il paese stava affrontando lo spinoso negoziato per l’ingresso nell’Unione Europea. Oggi, in un’Italia alle prese con tutt’altri tornanti della storia – le macerie dell’anomalia gialloverde sorta del 2018 dopo la lunga austerity eurocratica imposta da Monti e proseguita con Letta, Renzi e Gentiloni – tornano protagonisti, in fondo, sempre gli stessi organi istituzionali: da un lato gli 007, dall’altro i magistrati. Codice alla mano, alcune Procure hanno inquadrato nel mirino la Lega di Salvini, invisa ai poteri Ue: a Genova – l’ha spiegato bene Luca Telese, in un video-intervento – il giudice ha inflitto all’ex Carroccio un risarcimento inconsueto, sostanzialmente forfettario (sulla base di un calcolo presuntivo delle irregolarità gestionali attribuite a Bossi).Richiedere a un partito 49 milioni di euro, oggi, significa esporlo al rischio di non poter più svolgere l’attività politica (restringendo in tal modo la libertà costituzionale relativa all’offerta democratica garantita dalle elezioni). Ad Agrigento invece il pm sembra aver trattato Salvini – contrario agli sbarchi – alla stregua un bandito dell’anonima sarda, imputandogli addirittura l’ipotetico “sequestro di persona” a danno dei migranti, come se i profughi fossero stati tenuti prigionieri della nave che li aveva raccolti (e non fossero invece liberissimi di salpare, per poi sbarcare altrove). Ma il colpo più duro, alla Lega, lo hanno assestato i servizi segreti – non si sa di quale paese – che hanno intercettato e registrato a Mosca il famoso colloquio tra l’esponente leghista Gianluca Savoini e alcuni emissari di secondo piano del potere russo. Tema della conversazione: una ipotetica fornitura di petrolio e gas, sulla quale – hanno riferito giornali come “L’Espresso” – lo stesso Savoini (a che titolo, non si sa) avrebbe discusso la possibilità ipotetica di ricevere una percentuale sull’eventuale affare, peraltro non andato in porto e mai neppure avviato. Salvini si è difeso dichiarandosi più che tranquillo, evitando però di rispondere nel merito: del caso si sta occupando la magistratura milanese, a cui qualcuno (chi?) ha inviato l’audio della conversazione all’Hotel Metropol.Infastidito per l’insistenza dei giornalisti italiani che hanno seguito la vicenda (testate che contro l’ex Carroccio hanno condotto una vera e propria crociata politica), il leader lehista è apparso evasivo: ha detto di non essere stato messo al corrente di quell’incontro. In ogni caso, Savoini non rappresentava in alcun modo il governo italiano (all’epoca, ottobre 2018, Salvini era vicepremier, oltre che ministro dell’interno). Peraltro è noto a tutti che la Lega, alla luce del sole, ha sempre avuto ottimi rapporti politici con Mosca e col partito “Russia Unita”, fondato da Putin. Salvini giudica l’uomo del Cremlino uno statista di prima grandezza, e ritiene che l’Italia possa e debba riavvicinare la Russia all’orbita Nato, per ragioni geopolitiche e commerciali, dato anche il valore dell’export italiano verso Mosca. Non solo: dai tempi di Bossi, il Carroccio non è mai stato pregiudiziale nei confronti del mondo slavo. Durante la guerra civile nei Balcani, la Lega Nord fu l’unico partito italiano ad allacciare un dialogo anche con la Serbia filo-russa di Milosevic, bombardata dalla Nato e criminalizzata dalla disinformazione occidentale come unico “cattivo soggetto” dell’area balcanica. Una regione devastata dagli opposti nazionalismi e dal cinismo dei vari leader, come svelato nel memorabile saggio “Maschere per un massacro”, di Paolo Rumiz. Sullo sfondo, il ruolo occulto delle potenze egemoni (Occidente cristiano e Turchia islamica) nella “guerra per procura”, dopo la caduta dell’Urss, contro la residua influenza russa, attraverso il regime serbo, ai confini occidentali dell’Europa.Tornando a Salvini, è evidente lo stato di imbarazzo generato – a torto o a ragione – dal cosiddetto Russiagate. E’ pensabile che l’incidente non abbia inciso, nella scelta di “staccare la spina” dal governo gialloverde nel fatidico agosto 2018? Certo, a Bruxelles la Lega aveva appena incassato il “tradimento” di Conte e dei 5 Stelle, decisivi per l’elezione alla guida della Commissione Europea di Ursula von der Leyen, simbolo del rigore più estremo, di marca tedesca. Un vero e proprio affronto, per l’alleato leghista dichiaratamente impegnato (come un tempo anche i grillini) a pretendere un cambio di paradigma nella governance europea. Va aggiunto che Salvini aveva più di una ragione per pretendere il divorzio dai pentastellati: Conte, il misterioso premier indicato dai grillini ma teoricamente “venuto dal nulla”, aveva sostanzialmente insabbiato i referendum di Lombardia e Veneto per le autonomie regionali differenziate. Ma era stato ancora una volta uno dei consueti player istituzionali (la magistratura, in questo caso) a speronare indirettamente il progetto di Flat Tax, facendo piovere un avviso di garanzia sul suo ispiratore, il sottosegretario leghista Armando Siri. Effetti politici collaterali, certo. Ma intanto, una volta di più, è stato un soggetto terzo – non elettivo – a condizionare l’agenda politica italiana, esattamente come ai tempi di Mani Pulite e poi di Berlusconi.Se qualche potere sovrastante, non istituzionale, ha voluto provare a “togliere di mezzo” Salvini pensando di “utilizzare” apparati statali magari per fare un favore a Conte, oggi è lo stesso premier ad essere costretto (da altri poteri sovrastanti?) a rendere conto del suo operato, presso analoghi organi statali, in merito alla vicenda dell’ipotetico impegno “irrituale” dei servizi segreti italiani in favore di settori dell’intelligence statunitense. Si sospetta cioè che Conte, in modo indebito, abbia messo i servizi italiani a disposizione di quelli di Trump, a sua volta impegnato a difendersi dai vari Russiagate che gli sono stati addebitati: in questo caso, la Casa Bianca avrebbe richiesto l’aiuto italiano per “incastrare” il rivale Joe Biden, accusato di malversazioni in Ucraina. Qualcosa del genere aveva coinvolto anche Renzi: quando era primo ministro, Barack Obama gli avrebbe chiesto di mobilitare gli 007 italiani per aiutare Hillary Clinton ad azzoppare Trump, sempre attraverso indiscrezioni provenienti dalla sfera russa. In attesa che i fatti possano eventualmente chiarirsi (dopo le prime vaghe rassicurazioni rese dal premier al Copasir, ora presieduto dal leghista Raffaele Volpi) resta il fatto che Conte oggi è al governo proprio con Renzi, mentre a Salvini non resta che fare da spettatore.Sarebbe il colmo se lo stesso Conte, domani, fosse costretto a farsi da parte proprio a causa del suo ruolo nella gestione dell’intelligence, che stranamente ha voluto tenere per sé. Per coincidenza, negli ultimi giorni si rincorrono voci di corridoio proprio sull’eventuale sfratto dell’inquilino di Palazzo Chigi. Non durerà a lungo, profetizza Paolo Mieli. Potrebbe venir sostituito da Draghi, ipotizza Augusto Minzolini, interpretando i desiderata del redivivo Renzi. Secondo il saggista Gianfranco Carpeoro, a Renzi i “sovragestori” avevano dato un’ultima chance: rientrare in gioco, se fosse riuscito a silurare Salvini. Detto fatto: d’intesa con Grillo, il fiorentino è stato capace di digerire all’istante persino gli odiati 5 Stelle. In cambio di cosa? Il premio, pare, sarebbe il sospirato accesso al gotha supermassonico, quello da cui proviene il Draghi che oggi prova a dipingere se stesso come una specie di Robin Hood (evocando il ritorno alla sovranità monetaria) dopo aver interpretato per decenni il ruolo spietato dello Sceriffo di Nottingham.A Palazzo Chigi sta davvero per arrivare Super-Mario, che in realtà sarebbe propenso a puntare direttamente al Quirinale evitando la fatale impopolarità che attende chiunque si metta alla guida di un governo? Difficile dirlo. Certo, è impossibile non osservare il basso profilo ora adottato da Salvini: cauto e attendista, più moderato nei toni, concentrato sull’agevole partita tattica delle regionali. Come se sapesse che, a monte, restano da sciogliere nodi assai più grandi della Lega, fuori dalla portata dei comuni elettori. Svolte, scossoni e colpi di scena verranno, ancora una volta, da poteri non elettivi e organi istituzionali non politici? Un certo complottismo indiscriminato tende a mettere in cattiva luce sia i magistrati che gli 007, accusando gli uni di faziosità e gli altri di doppiogiochismo, come se non si trattasse di organismi che (salvo eccezioni) fanno semplicemente rispettare le leggi e vigilano sulla sicurezza del sistema-paese. Semmai, la lente andrebbe puntata su poteri elusivi e superiori, non solo italiani, che ne sfruttassero le prerogative per deviarne l’azione su obiettivi contingenti, condizionando – di fatto – l’agenda nazionale e le sue dinamiche politiche, al di sopra della volontà popolare espressa dai risultati elettorali.Secondo lo stesso Carpeoro, questa particolare fragilità italica ha radici antiche: già in epoca medievale e rinascimentale, Comuni e signorie ricorrevano regolarmente all’aiuto straniero (pagandone poi il prezzo in termini “coloniali”) per sbarazzarsi dei vicini di casa. L’Italia non è riuscita a proteggere né Enrico Mattei dai suoi sicari, né Adriano Olivetti dalla concorrenza industriale, di marca Fiat e statunitense. Travolta giudiziariamente la leadership dei vari Craxi e Andreotti, e scomparso un politico della caratura di Enrico Berlinguer, il Belpaese si è sorbito Berlusconi, Prodi, Grillo e Renzi. Così, Germania e Francia hanno fatto quello che hanno voluto, nella Penisola: Macron ha persino reclutato un esponente del Pd, Sandro Gozi, per farne una sorta di alfiere anti-italiano in sede europea, quand’era ancora in carica il governo gialloverde. Del resto, ormai, da noi vota solo un elettore su due. E quelli che tornano alle urne – nella maggior parte dei casi – lo fanno per votare contro qualcuno, più che per qualcosa. Se questo è il quadro, il meno che ci si possa aspettare è che poteri esterni cerchino di sfruttare le nostre istituzioni, con ogni mezzo, per insediare a Roma il governo più comodo per loro, non certo progettato per il benessere degli italiani. Non ci sarebbe da stupirsi, quindi, se fossero ancora le sentenze, gli avvisi di garanzia e le imprese degli 007 a scegliere tempi, modi e personaggi della politica italiana.Servizi segreti e magistratura: due player decisivi, ancora una volta, nel destino italiano? Solo grazie ai cosiddetti “servizi deviati” fu possibile trasformare in catastrofe nazionale gli anni di piombo, rendendo quasi invincibile il terrorismo rosso-nero. Più tardi, analoghe “manine” contribuirono ad agevolare l’eliminazione degli scomodissimi Falcone e Borsellino. Quanto alle toghe, è ormai storicamente accertato (e ammesso dallo stesso Francesco Saverio Borrelli) l’effetto politico dell’azione giudiziaria del pool Mani Pulite. Fu decapitata la classe dirigente della Prima Repubblica, con l’eccezione non casuale del Pci-Pds, proprio mentre il paese stava affrontando lo spinoso negoziato per l’ingresso nell’Unione Europea. Oggi, in un’Italia alle prese con tutt’altri tornanti della storia – le macerie dell’anomalia gialloverde sorta del 2018 dopo la lunga austerity eurocratica imposta da Monti e proseguita con Letta, Renzi e Gentiloni – tornano protagonisti, in fondo, sempre gli stessi organi istituzionali: da un lato gli 007, dall’altro i magistrati. Codice alla mano, alcune Procure hanno inquadrato nel mirino la Lega di Salvini, invisa ai poteri Ue: a Genova – l’ha spiegato bene Luca Telese, in un video-intervento – il giudice ha inflitto all’ex Carroccio un risarcimento inconsueto, sostanzialmente forfettario (sulla base di un calcolo presuntivo delle irregolarità gestionali attribuite a Bossi).
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Grillo e 5 Stelle, da finti outsider a vero pericolo per l’Italia
Il Movimento 5 Stelle è ormai ridotto a ruota di scorta di Matteo Renzi, il simpatico avvoltoio planato sulla carcassa del Pd e ora intento a logorare Giuseppe Conte, premier virtuale mai votato da nessuno. Da quando Beppe Grillo ha cominciato ad agitarsi sulla scena politica, con i suoi Vaffa-Day, il nostro paese ha smesso di essere guidato da governi normali, sostenuti dal suffragio popolare. Ultimo caso: Berlusconi, eletto nel 2008. A seguire: il paracadutato Monti, poi l’incorporeo Letta, quindi l’avventuriero Renzi (nemmeno parlamentare, allora) e infine Gentiloni, altro ectoplasma targato Pd. Poi Conte, anche lui non-eletto. I grillini sono passati dall’exploit del 2013, primo partito alla Camera – al punto da affondare il debolissimo Bersani – al quasi-plebiscito del 2018, gravido di promesse. Tav e Tap, Ilva, trivelle in Adriatico, Muos di Niscemi, F-35, vaccini. Tutto diventato carta straccia alla velocità della luce. Oggi, tra gli italiani ancora propensi ad andare a votare, in caso di elezioni (poco più della metà degli aventi diritto), i 5 Stelle verrebbero premiati da un 17% di cittadini. Stando ai sondaggi, il calo è rapido e inesorabile. E la cosa non sembra preoccupare minimamente il fondatore, l’istrionico ex comico genovese a cui, nel marzo 2018, qualcosa come 11 milioni di italiani avevano creduto.Confidando nel terrore dei suoi parlamentari di fronte all’ipotesi delle elezioni anticipate, è stato Grillo a impartire l’ordine di mettere fine al governo gialloverde, divorziando da Salvini per abbracciare il partito di Renzi, oggi impersonato dalla controfigura Zingaretti. Nell’ipocrita caserma dove circolava la barzelletta “uno vale uno”, è stato sempre Grillo a dettare la linea: anziché far nascere una democrazia interna ha imposto Di Maio come prestanome, e dopo aver straparlato di un referendum consultivo sull’euro ha tentato di traslocare il gruppo europarlamentare grillino tra gli ultra-euristi dell’Alde, in compagnia di Monti. Sempre Grillo (tramite il ventriloquo Di Maio) ha ordinato ai 5 Stelle di sostenere Ursula von der Leyen a Bruxelles, rompendo così in modo plateale l’alleanza con la Lega. Gran sacerdote dell’operazione il premier Conte, altro “signor nessuno” uscito misteriosamente dal cilindro del fondatore-monarca travestito da giustiziere. Non si contano i gesti pubblici con cui Grillo tenta di accreditarsi ancora come libero pensatore, magari eccentrico: la scorsa primavera, insieme all’amico Renzi, ha firmato il vergognoso “Patto per Scienza” promosso dal propagandista pro-vax Claudio Burioni per tagliare i fondi alla ricerca medica sui danni da vaccino.Non pago, Beppe Grillo ora si è anche soavemente permesso di proporre ai giovani italiani di sbarazzarsi dei loro nonni, escludendo brutalmente gli anziani dal diritto al voto. Se il delirio contro i vecchi richiama sgradevoli dissonanze di sapore vagamente hitleriano, ricorda gli ingloriosi trascorsi della P2 di Gelli il piccolo capolavoro post-democratico rappresentato dallo sgangherato taglio dei parlamentari. Una crociata cavalcata con surreale trionfalismo, come se si trattasse di sgominare una cosca mafiosa. Di fatto: una manomissione costituzionale gaglioffa, non inserita in un preciso riordino istituzionale (e senza neppure un’idea di legge elettorale: quella, va da sé, sarà modellata ad personam, in base all’interesse di bottega). Eppure, nessuno chiede a gran voce le dimissioni in massa degli impresentabili parlamentari penstastellati. Si preferisce il silenzio della semplice diserzione elettorale. Gli italiani ancora faticano a capacitarsi di fronte all’idea di esser stati raggirati in modo tanto sfrontato. Matteo Salvini, che almeno aveva provato davvero a cambiare le cose (la candidatura di Savona, l’impegno di Armando Siri per la Flat Tax) è stato messo alla porta insieme a Danilo Toninelli, l’unico ministro ad aver osato istituire una commissione per verificare l’utilità (inesistente, appunto) della Torino-Lione.L’ipnosi 5 Stelle ha funzionato a meraviglia, facendo deragliare nel nulla la protesta sociale di un paese messo alla frusta dai grandi poteri eurocratici. Alternando i panni del clown a quelli del dittatore sudamericano, Grillo ha tenuto la scena per anni, mentendo innanzitutto ai suoi elettori. Per conto di chi? Secondo l’analista geopolitico Federico Dezzani, basta “seguire i soldi” e ricostruire la filiera-Casaleggio per scoprire la mano sinistra dello Zio Sam dietro la colossale presa in giro della “democrazia diretta” evocata dall’autocrate genovese, sempre spietato verso qualsiasi voce dissidente fino a pretenderne l’immediata espulsione. Se l’illusione ottica chiamata Movimento 5 Stelle era solo uno stratagemma per addormentare gli italiani nel momento di massima crisi politica del paese, il suo suicidio pazzesco – l’alleanza con Renzi e il tradimento spettacolare di ogni promessa – non lascia presagire niente di buono: prima di sparire definitivamente come increscioso incidente della storia, il grillismo potrebbe infliggere altri danni all’Italia? C’è da aspettarsi di tutto, da chi ha raccontato solo e sempre il contrario della verità, occultando il suo reale pensiero. La stessa sconcertante duttilità di Di Maio – capace di cambiare idea all’istante, su tutto – rende il Movimento 5 Stelle lo strumento perfetto per chi volesse affossare il nostro paese, a partire dalle super-nomine in arrivo nel 2020, per finire con l’elezione del prossimo capo dello Stato.Il Movimento 5 Stelle è ormai ridotto a ruota di scorta di Matteo Renzi, il simpatico avvoltoio planato sulla carcassa del Pd e ora intento a logorare Giuseppe Conte, premier virtuale mai votato da nessuno. Da quando Beppe Grillo ha cominciato ad agitarsi sulla scena politica, con i suoi Vaffa-Day, il nostro paese ha smesso di essere guidato da governi normali, sostenuti dal suffragio popolare. Ultimo caso: Berlusconi, eletto nel 2008. A seguire: il paracadutato Monti, poi l’incorporeo Letta, quindi l’avventuriero Renzi (nemmeno parlamentare, allora) e infine Gentiloni, altro ectoplasma targato Pd. Poi Conte, anche lui non-eletto. I grillini sono passati dall’exploit del 2013, primo partito alla Camera – al punto da affondare il debolissimo Bersani – al quasi-plebiscito del 2018, gravido di promesse. Tav e Tap, Ilva, trivelle in Adriatico, Muos di Niscemi, F-35, vaccini. Tutto diventato carta straccia alla velocità della luce. Oggi, tra gli italiani ancora propensi ad andare a votare, in caso di elezioni (poco più della metà degli aventi diritto), i 5 Stelle verrebbero premiati da un 17% di cittadini. Stando ai sondaggi, il calo è rapido e inesorabile. E la cosa non sembra preoccupare minimamente il fondatore, l’istrionico ex comico genovese a cui, nel marzo 2018, qualcosa come 11 milioni di italiani avevano creduto.
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Moscopoli: ‘Report’ evita l’unica domanda che conti davvero
L’unica notizia, nel lenzuolone televisivo “La fabbrica della paura” firmato da Giorgio Mottola sul caso Moscopoli, è il ritrattino poco edificante che di Salvini e Savoini fornisce un veterano del giornalismo come Gigi Moncalvo, allora direttore della “Padania”: il giovanissimo Salvini era assenteista e falsificava le note spese, mentre Savoini (suo mentore occulto) venerava icone naziste, afferma l’autore di libri scomodi come “Agnelli segreti”. Moncalvo è esplicito: quando chiese l’allontanamento di Salvini dal giornale leghista, il giovane Matteo lo sfidò: «Tu passi, io resto. E diventerò molto più potente». A parte questo, “Report” si limita – in un’ora di televisione – a imporre ai telespettatori, il 21 ottobre, una tesi a senso unico: Salvini è un mascalzone pericoloso. Le “prove” a carico: esponenti del Carroccio entrarono in contatto con neofascisti come Maurizio Murelli, condannato per aver ucciso un poliziotto. Così la Lega ha finito col trovarsi al centro di una “internazionale nera”, estesa da Washington a Mosca, basata sul recupero politico del tradizionalismo religioso, familista e nazionalista. Una rete che finanzia progetti teoricamente eversivi e mirati a far implodere l’attuale Ue (che per “Report”, evidentemente, è sacra). Unico appiglio offerto: la famosa intercettazione di Savoini a Mosca, un anno fa. Chi la effettuò? Mistero.Per “Report”, comunque, va bene così: basta che i telespettatori disprezzino la Lega, senza neppure sapere chi avrebbe cercato di “incastrarla”. Seriamente: anche in seguito a quel polverone il governo italiano è caduto, ma a “Report” non interessa provare a spiegare chi ha spinto i gialloverdi alle dimissioni, e perché. Lo stile della trasmissione, ora condotta da Sigfrido Ranucci, eredita il marchio fuorviante impresso da Milena Gabanelli: fragorosi depistaggi. Mai una vera indagine sul potere (dopo la dipartita di Paolo Barnard) e inchieste aggressive solo nei toni, in apparenza “contro”, ma in realtà perfettamente allineate ai voleri dell’establishment: vedi l’improvvisa liquidazione del populista Antonio Di Pietro, di colpo presentato come gestore inaffidabile dei finanziamenti pubblici del suo partito, nel momento in cui “serviva” travasare l’elettorato dell’Italia dei Valori nell’esordiente Movimento 5 Stelle (altro fumo negli occhi destinato agli elettori “arrabbiati”). L’infaticabile Mottola ha messo insieme una notevole mole di dati, tutti però di secondo piano. Ha acceso i riflettori su un mondo sommerso – il greve retrobottega anche affaristico del fondamentalismo cristiano russo e americano, insospettabilmente interconnesso – ma senza mai collocare le notizie all’interno di un’analisi capace di fornire deduzioni decisive per leggere l’attualità, depurandola dal foklore.Salvini? Avvicinato (quasi molestato) solo e sempre a margine di comizi, tra nugoli di fan in coda per i selfie di rito: in quei momenti, in mezzo alla folla, all’odiato “capitano” è stato chiesto di parlare dei suoi eventuali legami con remoti oligarchi russi. L’unico scopo evidente degli spettacolari “agguati”, in stile “Le Iene”, era trasmettere il seguente messaggio: lo spregevole Salvini evita di rispondere perché sa di essere colpevole e teme la verità. E quale sarebbe, per “Report”, la verità? Con l’aria di inoltrarsi tra le SS di Himmler nel tenebroso maniero di Wewelsburg, le telecamere incalzano i seguaci di Steve Bannon nella Certosa di Trisulti, in Ciociaria, che secondo i piani doveva diventare il Vaticano del “sovranismo” europeo. Da Frosinone a Mosca, stessa musica: si delizia, “Report”, nel cogliere l’apprezzamento di Salvini nelle parole del filosofo neo-conservatore Alexandr Dugin, ideologo presentato come ispiratore di Putin (e in Italia, esaltato da Diego Fusaro). Dio, patria e famiglia? Ricetta specularmente opposta e complementare, rispetto alla teologia globale neoliberista che dice di voler contrastare.Rifugiandosi nel mitico buon tempo antico, magari quello dello zarismo che spediva in Siberia qualsiasi dissidente, l’attuale sovranismo sembra il binario morto costruito apposta per non democratizzarla mai, la globalizzazione in atto. Mondialismo neoliberale e neo-sovranismo: due facce della stessa medaglia, interpretate da soggetti che in realtà giocano nella stessa squadra e con lo stesso obiettivo, addormentare le coscienze politiche o al massimo deviarle verso falsi bersagli, comodamente sbaraccabili al momento giusto (Di Pietro docet) quando non serviranno più a infervorare gli elettori più sprovveduti. Ma questi probabilmente sono spunti impensabili, per “Report”, che sembra trattare gli spettatori come bambini dell’asilo. Nella fiaba di giornata, il cattivo è Putin. Gli oligarchi euro-atlantici, invece, sono mammolette? Nel fanta-mondo di “Report”, se lo Zar del Cremlino è il Dio del misterioso Savoini (anima nera del bieco Salvini), il capo della Lega è una sorta di enigma: chi è davvero l’Uomo Nero di Pontida? E’ il classico utile idiota, accecato dall’ambizione e quindi comodamente sfruttato dalla micidiale Spectre sovranista, oppure è una specie di genio del male pronto a distruggere la meravigliosa armonia democratica dell’Unione Europea, modello mondiale di felicità?Avvilente il bilancio giornalistico del servizio televisivo: un’ora di speculazione elettorale contro il salvinismo, senza mai neppure domandarsi – nemmeno per sbaglio – chi ha intercettato Savoini a Mosca, e perché, mentre parlava coi petrolieri russi ipotizzando transazioni milionarie (mai avvenute). La prova del nove la fornisce l’impareggiabile Fabio Fazio, lo zerbino di Macron pagato dagli italiani con il canone Rai: com’è possibile, si domanda, che il dossier di “Report” rimanga senza conseguenze? Ma se Fazio fa solo avanspettacolo, sia pure politicamente scorretto perché tendenzioso, in teoria “Report” dovrebbe sentire il dovere di informarli, i cittadini, e quindi farsi l’unica domanda utile per inseguire la notizia: chi ha intercettato Savoini? Sono stati i servizi di Trump, per sbarazzarsi del deludente carrozzone gialloverde? Quelli di Conte, per liberarsi di Salvini? Quelli di Putin, che potrebbe aver “venduto” l’amico Salvini in cambio di qualcos’altro, sullo scacchiere geopolitico? C’è stata una concertazione internazionale incrociata per ottenere il cambio di governo a Roma? La notizia starebbe proprio qui: e invece “Report” galoppa dalla parte opposta, portando a spasso i telespettatori lontanissimo dall’accaduto. Qualcuno ha passato gli audio del Metropol al sito americano “BuzzFeed”. Già, ma chi? E quindi: perché? Inoltre: chi è “BuzzFeed”? Con chi parla? Con chi lavora? Qualcuno lo finanzia?Tra i nuovi fenomeni web, nel confine ambiguo tra giornalismo e intelligence, si è imposto recentemente il “Site” di Rita Katz, un tempo considerata vicina al Mossad israeliano, sempre prontissima a divulgare – in esclusiva – le imprese dell’Isis. Nella famosa serata moscovita in quello che è conosciuto anche come “l’albergo delle spie”, c’era un russo la cui identità non è ancora nota. Al Metropol, si dice, anche i muri hanno orecchie. Chi ha deciso, il 18 ottobre 2018, che la corsa italiana della Lega andava fermata con un possibile ricatto? Se gli italiani si aspettano risposte da “Report”, buonanotte. La polpetta avvelenata proviene ovviamente da qualche 007. Lo scopo: indurre i giornali a colpire, nella direzione indicata. Compito che “Report” esegue pedestremente, obbedendo e facendosi usare senza porsi domande. Non stupisce, peraltro: Barnard, co-fondatore della trasmissione, mise in difficoltà la redazione (allora scomoda, per la Rai) con inchieste taglienti. Memorabili le amnesie di Fassino sulle malefatte della globalizzazione, o la sconcertante confessione di Prodi quand’era a capo della Commissione Ue. Testualmente: come faccio a sapere quali e quante direttive emaniano? Fulminato, Barnard, per un’inchiesta sugli abusi di Big Pharma censurata dalla Gabanelli: se la trasmettiamo, gli disse, ci chiudono. Benissimo, rispose Barnard: lo facciano, daremo battaglia. A finire fuori, invece, fu lui. “Report” ovviamente è rimasto, ma abdicando al suo ruolo originario: l’antica grinta ribelle oggi serve solo a raccontare favole innocue per il potere, e magari – come in questo caso – confezionate direttamente da misteriosi servizi segreti.(Giorgio Cattaneo, “Moscopoli, la fabbrica della paura creata dagli 007: da Report nessuna risposta sul caso montato da chi voleva far cadere il governo italiano”, dal blog del Movimento Roosevelt del 24 ottobre 2019).L’unica notizia, nel lenzuolone televisivo “La fabbrica della paura” firmato da Giorgio Mottola sul caso Moscopoli, è il ritrattino poco edificante che di Salvini e Savoini fornisce un veterano del giornalismo come Gigi Moncalvo, allora direttore della “Padania”: il giovanissimo Salvini era assenteista e falsificava le note spese, mentre Savoini (suo mentore occulto) venerava icone naziste, afferma l’autore di libri scomodi come “Agnelli segreti”. Moncalvo è esplicito: quando chiese l’allontanamento di Salvini dal giornale leghista, il giovane Matteo lo sfidò: «Tu passi, io resto. E diventerò molto più potente». A parte questo, “Report” si limita – in un’ora di televisione – a imporre ai telespettatori, il 21 ottobre, una tesi a senso unico: Salvini è un mascalzone pericoloso. Le “prove” a carico: esponenti del Carroccio entrarono in contatto con neofascisti come Maurizio Murelli, condannato per aver ucciso un poliziotto. Così la Lega ha finito col trovarsi al centro di una “internazionale nera”, estesa da Washington a Mosca, basata sul recupero politico del tradizionalismo religioso, familista e nazionalista. Una rete che finanzia progetti teoricamente eversivi e mirati a far implodere l’attuale Ue (che per “Report”, evidentemente, è sacra). Unico appiglio offerto: la famosa intercettazione di Savoini a Mosca, un anno fa. Chi la effettuò? Mistero.