Archivio del Tag ‘odio’
-
Barnard: io e il vero Obama, criminale bugiardo e spietato
Nel gennaio del 2009 io mi trovai in un teatro di San Marino gremito a commentare l’elezione di Obama. Gli altri relatori erano il filosofo Marramao, Jacopo Fo, e una femminista che non ricordo. Il clima era il tripudio della sinistra italiana perché il cattivo Bush era caduto e il ‘compagno Obama’ aveva vinto. Io dissi a tutti che erano una manica d’idioti, dissi che Obama era il peggio. Furono fischi per me, buuuuuu dal pubblico, il Marramao a momenti muore di sincope a urlarmi che ero un pazzo di destra, il lume Jacopo Fo mi prese a risatine di sufficienza, la femminista strillava da gallina che io rovinavo la festa dei compagni. Mi odiarono tutti, ospiti e pubblico. In quelle stesse ore il neo eletto ‘compagno’ Obama stava negoziando con Israele in segreto. Gli disse: ok, potete bruciare vivi i palestinesi in Operazione Piombo Fuso fino al giorno prima della mia inaugurazione, ma non durante la mia inaugurazione (rivelò il “Washington Post” poi).Poi vennero i 13mila miliardi di dollari regalati da Obama alle mega banche, cioè il più colossale trasferimento dal 99% all’1% della storia dell’umanità, poi le sue leggi per soffocare l’attivismo, l’operazione Nsa spionaggio mondiale (Snowden), il programma di assassinio indiscriminato di musulmani coi Drones di John Ballinger, e stiamo sempre parlando di Obama il ‘compagno’, e gli 8 anni in cui Barack riuscì a essere così bestiale col suo popolo da distruggere il Partito Democratico come mai nessuno nella storia d’America e consegnarci Trump, solo per citare l’1% delle porcate di Obama.A San Marino nel 2009 io dissi che Obama era il peggio. Mi fischiarono, sberleffi e risatine. Ora leggete questo, da Norman Filkenstein (dicono le due frasi: “Mentre Bernie Sanders partecipa alla marcia delle donne a Washington, fa a pezzi la De Vos, si scontra con Ted Cruz sulla sanità, ecco intanto cosa sta facendo il Profeta…”. Poi nel tweet: “L’ex presidente Barack Obama fa kitesurf e va a cavallo con l’amicone miliardario Richard Branson (Virgin)”. Finkelstein chiama Obama il Profeta. Io chiamo me stesso il Profeta. Due profeti, ma con un pelo di differenza, cioè io ci presi, lui distrusse. No comment sui peti della sinistra italiana di cui sopra.Nel gennaio del 2009 io mi trovai in un teatro di San Marino gremito a commentare l’elezione di Obama. Gli altri relatori erano il filosofo Marramao, Jacopo Fo, e una femminista che non ricordo. Il clima era il tripudio della sinistra italiana perché il cattivo Bush era caduto e il ‘compagno Obama’ aveva vinto. Io dissi a tutti che erano una manica d’idioti, dissi che Obama era il peggio. Furono fischi per me, buuuuuu dal pubblico, il Marramao a momenti muore di sincope a urlarmi che ero un pazzo di destra, il lume Jacopo Fo mi prese a risatine di sufficienza, la femminista strillava da gallina che io rovinavo la festa dei compagni. Mi odiarono tutti, ospiti e pubblico. In quelle stesse ore il neo eletto ‘compagno’ Obama stava negoziando con Israele in segreto. Gli disse: ok, potete bruciare vivi i palestinesi in Operazione Piombo Fuso fino al giorno prima della mia inaugurazione, ma non durante la mia inaugurazione (rivelò il “Washington Post” poi).
-
E’ finita: addio Flynn, Trump ridotto a zerbino dai neocon
Meno di un mese fa avevo messo in guardia sul fatto che negli Stati Uniti era in corso una rivoluzione colorata. Il mio primo elemento probatorio era stata la cosiddetta “indagine” che Cia, Fbi, Nsa ed altri stavano conducendo sul candidato che avrebbe dovuto diventare il Consigliere alla Sicurezza Nazionale del presidente Trump, il generale Flynn. Questa notte, il complotto per liberarsi di Flynn ha finalmente avuto successo e il generale Flynn ha offerto le sue dimissioni. Trump le ha accettate. Mettiamo subito in chiaro una cosa: Flynn non era certo un santo o un uomo di tale saggezza da salvare il mondo con una mano sola. Non lo era. Però la figura di Flynn era la pietra angolare della politica di Trump sulla sicurezza nazionale. Per prima cosa, Flynn aveva osato l’impensabile: aveva osato dichiarare che l’ipertrofica comunità dell’intelligence americana doveva essere riformata. Aveva tentato anche di subordinare la Cia e gli stati maggiori riuniti al presidente attraverso il Consiglio per la Sicurezza Nazionale. In altre parole, Flynn aveva cercato di strappare l’autorità e il potere assoluto alla Cia e al Pentagono, per riportarlo sotto il controllo della Casa Bianca.Flynn voleva anche collaborare con la Russia. Non perché fosse un amante della Russia, il solo pensiero che il direttore della Dia sia un fan di Putin è ridicolo, ma Flynn era razionale e aveva capito che la Russia non costituisce nessuna minaccia per gli Stati Uniti o per l’Europa e che la Russia e l’Occidente hanno interessi in comune. Questo è un altro psicoreato assolutamente imperdonabile a Washington Dc. Lo “Stato Profondo” neoconservatore ha ora costretto Flynn alle dimissioni, con lo stupido pretesto di una sua conversazione telefonica, su una linea aperta, non sicura e sicuramente monitorata, con l’ambasciatore russo. E Trump ha accettato queste dimissioni. Fin da quando Trump ha fatto il suo ingresso alla Casa Bianca, non ha fatto altro che ricevere colpi su colpi dai media dei neoconservatori sionisti, dal Congresso, dalle superbenpensanti “stelle” di Hollywood e anche dai politici europei. E Trump ha incassato tutti i colpi senza reagire. Non si è visto neanche una volta il suo famoso «sei licenziato!». Ma avevo ancora qualche speranza. Volevo avere qualche speranza. Credo che fosse mio dovere sperare. Ma ora Trump ci ha traditi tutti quanti.Ricordate che Obama aveva mostrato il suo vero volto quando aveva ipocritamente denunciato il suo amico e pastore reverendo Jeremiah Wright Jr.? Oggi Trump ha mostrato la sua vera faccia. Invece di respingere le dimissioni di Flynn e invece di licenziare quelli che avevano osato fabbricare queste ridicole accuse contro Flynn, Trump ha accettato le dimissioni. Questo non solo è un atto di vile codardia, ma è anche un tradimento, controproducente ed incredibilmente stupido, perché ora Trump rimarrà solo, completamente solo ad affrontare tipi come Mattis e Pence, i duri della guerra fredda, ideologici fino al midollo, gente che vuole la guerra e a cui, semplicemente, non importa nulla della realtà. Ripeto, Flynn non era il mio eroe. Ma, a tutti gli effetti, era l’eroe di Trump. E Trump lo ha tradito. Le conseguenze di una cosa del genere saranno immense. Per prima cosa, Trump è ora chiaramente a terra. Allo “Stato Profondo” ci sono volute solo alcune settimane per castrare Trump e costringerlo ad inchinarsi al vero potere. Quelli che si sarebbero schierati dalla parte di Trump ora sanno che non potranno contare sul suo appoggio e si allontaneranno tutti da lui.I neoconservatori saranno euforici per l’eliminazione del loro peggior nemico, e saranno così ringalluzziti da questa vittoria che continueranno a fare pressione, raddoppiando ogni volta la posta in gioco. E’ finita, gente, lo “Stato Profondo” ha vinto. D’ora in poi Trump sarà uno shabbos-goy, il fattorino per le consegne della lobby israeliana. Hassan Nasrallah aveva ragione a chiamarlo “un idiota”. I cinesi e gli iraniani rideranno apertamente. I russi no, saranno cortesi, sorrideranno e cercheranno di vedere se da questo disastro si potrà salvare un po’ di politica che abbia del buon senso. Qualcosa si potrà fare, ma tutti i sogni di partnership fra Russia e Stati Uniti sono morti stanotte. I leader europei, naturalmente, faranno festa. Trump non era affatto lo spauracchio terrificante che temevano. Viene fuori che è uno zerbino: ottimo per l’Unione Europea. Che cosa ne sarà di noi, dei milioni di anonimi “deplorabili” che cercano, meglio che possono, di resistere all’imperialismo, alla guerra, alla violenza e all’ingiustizia? Penso che avessimo fatto bene ad avere delle speranze, perché le speranze sono tutto quello che abbiamo. Nessuna prospettiva, solo speranze. Ma adesso, obbiettivamente, ci restano ben pochi motivi per sperare. Per prima cosa, la “palude di Washington” non verrà prosciugata. Semmai, la palude ha vinto.Possiamo solo trovare un po’ di consolazione in due fatti innegabili: 1. Hillary sarebbe stata molto peggio di qualunque versione della presidenza Trump; 2. Per sconfiggere Trump, lo “Stato Profondo” americano ha dovuto indebolire moltissimo gli Stati Uniti e l’Impero Anglo-Sionista. Proprio come le purghe di Erdogan hanno portato il caos nell’esercito turco, così la “rivoluzione colorata” anti-Trump ha inferto un enorme danno alla reputazione, all’autorità ed anche alla credibilità degli Stati Uniti. Il primo punto è ovvio, lasciatemi perciò chiarire il secondo. Nella loro rabbia piena di odio contro Trump e contro il popolo americano (il famoso “cesto di deplorabili”), i neoconservatori hanno dovuto mostrare la loro vera faccia. Con il loro rigetto del risultato elettorale, con i loro disordini, con la loro demonizzazione di Trump, i neoconservatori hanno fatto vedere due cose importanti: primo, che la democrazia americana è una barzelletta che non fa ridere, e che loro, i neoconservatori, sono un regime di occupazione, che governa contro la volontà del popolo americano.In altre parole, proprio come ad Israele, agli Stati Uniti non è rimasta nessuna legittimità. E, dal momento che gli Stati Uniti, proprio come Israele, sono incapaci di spaventare i loro nemici, a loro non rimane praticamente più nulla, nessuna legittimità, nessuna capacità di coercizione. Perciò sì, i neoconservatori hanno vinto. Ma la loro vittoria sottrae agli Stati Uniti l’unica possibilità di evitare il collasso. Trump, nonostante tutti i suoi difetti, metteva al primo posto gli Stati Uniti, come nazione, invece dell’Impero Globale. Trump era anche ben conscio che “ancora lo stesso” non era un’opzione praticabile. Voleva una politica tagliata sulle attuali capacità degli Stati Uniti. Senza Flynn e con i neoconservatori saldamente al comando, è tutto finito. Ritorneremo ad avere l’ideologia che ha il sopravvento sulla realtà. Trump avrebbe probabilmente potuto rendere l’America, beh, magari non “nuovamente grande”, ma almeno più forte, una grande potenza mondiale che avrebbe potuto negoziare e usare la sua influenza per ottenere dagli altri le migliori condizioni possibili. Ora è tutto finito.Con Trump al tappeto, Russia e Cina ritorneranno sulle loro posizioni ante-Trump: una resistenza ferma, sostenuta dalla volontà e dalla capacità di confrontarsi con gli Stati Uniti e di batterli a tutti i livelli. Sono abbastanza sicuro che oggi al Cremlino non ci sia nessuno che festeggia. Putin, Lavrov e gli altri si rendono sicuramente conto di che cosa è successo. E’ come se Khodorkovsy fosse riuscito a stroncare Putin nel 2003. Devo infatti dar credito agli analisti russi che, già da diverse settimane, paragonavano Trump a Yanukovich, anche lui eletto dalla maggioranza della popolazione, ma che non aveva mostrato la tempra necessaria per fermare la “rivoluzione colorata” scatenata contro di lui. Ma se Trump è il novello Yanukovich, gli Stati Uniti saranno la nuova Ucraina?Flynn era proprio la pietra angolare della così tanto sperata politica estera di Trump. C’era veramente la fondata possibilità che potesse riportare all’ordine le enormi, ipertrofiche e potentissime agenzie dalle tre lettere, e che focalizzasse la forza degli Stati Uniti contro i veri nemici dell’Occidente: i Wahabiti. Senza Flynn, l’intero edificio concettuale ora crolla. A noi rimarranno quelli come Mattis, con le sue dichiarazioni anti-iraniane. Pagliacci che fanno colpo solo su altri pagliacci. Oggi, la vittoria dei neoconservatori è un evento di enorme importanza, e probabilmente verrà completamente travisata dai media ufficiali. Ironicamente, anche i sostenitori di Trump cercheranno assolutamente di minimizzarla. Ma la realtà è che, salvo un miracolo dell’ultimo minuto, è finita per Trump e per le speranze dei milioni di persone che negli Stati Uniti e nel resto del mondo, avevano sperato di poter cacciare i Neoconservatori dal potere per mezzo di pacifiche elezioni. Questo, chiaramente, non succederà. Vedo nubi oscure all’orizzonte.(The Saker, “I neocon e lo Stato Profondo castrano la presidenza Trump, è finita gente!”, da “Saker Italia” del 14 febbraio 2017).Meno di un mese fa avevo messo in guardia sul fatto che negli Stati Uniti era in corso una rivoluzione colorata. Il mio primo elemento probatorio era stata la cosiddetta “indagine” che Cia, Fbi, Nsa ed altri stavano conducendo sul candidato che avrebbe dovuto diventare il Consigliere alla Sicurezza Nazionale del presidente Trump, il generale Flynn. Questa notte, il complotto per liberarsi di Flynn ha finalmente avuto successo e il generale Flynn ha offerto le sue dimissioni. Trump le ha accettate. Mettiamo subito in chiaro una cosa: Flynn non era certo un santo o un uomo di tale saggezza da salvare il mondo con una mano sola. Non lo era. Però la figura di Flynn era la pietra angolare della politica di Trump sulla sicurezza nazionale. Per prima cosa, Flynn aveva osato l’impensabile: aveva osato dichiarare che l’ipertrofica comunità dell’intelligence americana doveva essere riformata. Aveva tentato anche di subordinare la Cia e gli stati maggiori riuniti al presidente attraverso il Consiglio per la Sicurezza Nazionale. In altre parole, Flynn aveva cercato di strappare l’autorità e il potere assoluto alla Cia e al Pentagono, per riportarlo sotto il controllo della Casa Bianca.
-
Più crisi, meno democrazia: l’élite “deve” sottometterci
Non era il caso di illudersi: la vittoria del No nel referendum che ha bocciato la “riforme” renziane «non rallenterà gli sforzi delle élites per de-democratizzare il sistema politico», dal quale «decenni di controrivoluzione liberal-liberista hanno già espunto molti elementi di democrazia». Al contrario, sostiene Carlo Formenti, gli sforzi in questa direzione si moltiplicheranno «perché per le caste politiche, economiche, accademiche, e per il sistema dei media che le sostiene, la distruzione di quanto resta della democrazia è questione di sopravvivenza». Già dopo il referendum, nel giro di qualche giorno, «questa fin troppo facile previsione ha ottenuto numerose conferme». Per Formenti, la tesi che i “nemici della democrazia” difendono sempre più apertamente, e senza troppi giri di parole, è la seguente: «Visto che le condizioni socioeconomiche che hanno favorito l’ascesa dei “populismi”sono destinate a durare, non resta che modificare le regole del sistema politico in modo tale da poterlo governare a prescindere dal fatto che esso ottenga il consenso – e un riconoscimento di legittimità – da parte della maggioranza dei cittadini».L’ipotesi di combattere le cause dell’impoverimento di massa e della disuguaglianza, scrive Formenti su “Micromega”, non viene nemmeno presa in considerazione, «quasi si trattasse di fenomeni “naturali”». Meglio dunque ricorrere al comodo fantasma del “populismo”, «termine che continua a essere usato in modo propagandistico, senza alcuno sforzo di analisi politologica e senza compiere distinzioni ideologiche, mischiando nello stesso calderone Trump e Sanders, Maduro e Marine Le Pen, Podemos e la Lega, l’M5S e i neonazi tedeschi». Se tale è lo scenario, tanto vale ridurre ulteriormente gli spazi di democrazia, cambiando le regole, in modo da rendere superflua l’approvazione popolare. Un esempio, dice Formenti, viene dal “New York Times”, dove Eduardo Porter auspica leggi speciali e riforme che diano più potere al governo, «dopo essersi chiesto se globalizzazione, mutamenti demografici e rivoluzione culturale abbiano eroso il consenso del popolo americano nei confronti della “democrazia del libero mercato”, al punto da indurlo a votare per un uomo come Trump (Sanders non è nemmeno citato!), che ha fatto campagna sostenendo che il sistema serve gli interessi di un’élite cosmopolita contro quelli della gente comune».Porter, «bontà sua», ammette che «il popolo ha molte ragioni per lamentarsi», ma poi «conclude incongruamente che il vero motivo del successo populista non sta in queste ragioni, bensì nei difetti del sistema elettorale (!?)», quindi conclude «citando i suggerimenti di riforme orientate a garantire la “governabilità” offerti da alcuni solerti politologi». Stessa musica sul “Corriere della Sera” del 4 gennaio, dove Michele Salvati «ribadisce che sì, la vita della maggioranza dei cittadini è grama e tale resterà a lungo» per cui, appurato che «le “leggi” dell’economia non ammettono deroghe e che dunque occorrerà in ogni caso farle digerire al popolo», a tale scopo «servirà comunque “riformare” la Costituzione». Il compito si è rivelato impossibile per un’unica forza politica? E allora «non resta che lavorare alla costruzione di una grande coalizione “anti populista” che abbia la maggioranza necessaria per compiere le riforme senza che poi debbano essere sottoposte a referendum».Sempre sul “Corriere”, Gustavo Ghidini rilancia con forza «l’imprescindibile esigenza di “normalizzare” la comunicazione online». Gli argomenti sono i soliti: combattere le bufale, gli incitamenti all’odio, l’uso di termini offensivi e “politicamente scorretti”. E’ evidente, scrive Formenti, come «il senso di queste e altre definizioni possa essere opportunamente dilatato per colpire ben altri bersagli, come la libertà di opinione ed espressione, ed è altrettanto evidente come questa crociata sia, non casualmente, iniziata subito dopo che sondaggisti e studiosi di comunicazione hanno accusato Internet di avere favorito i successi elettorali “populisti”, bypassando un sistema dei media mainstream sempre più blindato a sostegno del pensiero unico liberal-liberista e delle forze politiche che ne incarnano gli interessi». Insomma: per Formenti «la grande controffensiva è iniziata, ed è destinata a farsi più feroce a mano a mano che l’insofferenza dei cittadini nei confronti delle élites si farà più forte, fino a generare (si spera) una domanda esplicita di rottura sistemica».Non era il caso di illudersi: la vittoria del No nel referendum che ha bocciato la “riforme” renziane «non rallenterà gli sforzi delle élites per de-democratizzare il sistema politico», dal quale «decenni di controrivoluzione liberal-liberista hanno già espunto molti elementi di democrazia». Al contrario, sostiene Carlo Formenti, gli sforzi in questa direzione si moltiplicheranno «perché per le caste politiche, economiche, accademiche, e per il sistema dei media che le sostiene, la distruzione di quanto resta della democrazia è questione di sopravvivenza». Già dopo il referendum, nel giro di qualche giorno, «questa fin troppo facile previsione ha ottenuto numerose conferme». Per Formenti, la tesi che i “nemici della democrazia” difendono sempre più apertamente, e senza troppi giri di parole, è la seguente: «Visto che le condizioni socioeconomiche che hanno favorito l’ascesa dei “populismi”sono destinate a durare, non resta che modificare le regole del sistema politico in modo tale da poterlo governare a prescindere dal fatto che esso ottenga il consenso – e un riconoscimento di legittimità – da parte della maggioranza dei cittadini».
-
Bravi, odiate Trump. Per la Cia sarà più facile assassinarlo
Il breve discorso inaugurale del presidente Trump è stato una dichiarazione di guerra contro tutto l’establishment americano al potere. Tutto. Trump ha reso abbondantemente chiaro che i nemici degli americani sono proprio qui in casa: globalisti, economisti neoliberisti, neoconservatori e altri unilateralisti abituati ad imporre gli Stati Uniti nel mondo, che ci coinvolgono in costose guerre senza fine, e politici che servono l’establishment al potere piuttosto che gli americani; a dirla tutta, l’intera cupola di interessi privati che ha portato l’America allo sfinimento mentre gli interessati si arricchivano. Se si può dire la verità, il presidente Trump ha dichiarato guerra a se stesso, una guerra per lui molto più pericolosa che se avesse dichiarato guerra alla Russia o alla Cina. I gruppi di interesse designati da Trump come “Il Nemico” sono ben radicati e abituati a stare al potere. Le loro potenti reti di relazioni sono ancora al loro posto. Anche se ci sono maggioranze repubblicane sia alla Camera che al Senato, la maggior parte dei rappresentati del Congresso è tenuta a rispondere ai gruppi di interesse al potere che finanziano le loro campagne, e non al popolo americano e al presidente.Il complesso militare/della sicurezza, le multinazionali che delocalizzano, Wall Street e le banche, non cederanno a Trump. Né lo faranno i media prezzolati, che sono di proprietà dei gruppi di interesse il cui potere viene sfidato da Trump. Trump ha chiarito che sta dalla parte di ogni americano, nero, marrone e bianco. Pochi dubbi sul fatto che la sua dichiarazione di inclusività e apertura verrà ignorata dagli odiatori della sinistra, che continueranno a chiamarlo razzista, come già stanno facendo, mentre scrivo, i manifestanti pagati 50 dollari all’ora. In effetti, la leadership nera, per esempio, è educata al ruolo della vittima, ruolo al quale le sarebbe difficile sfuggire. Come si fa a mettere insieme persone alle quali per tutta la vita è stato insegnato che i bianchi sono razzisti e che loro sono vittime dei razzisti? Lo si può fare? Ho partecipato ad un breve programma su “Press Tv”, nel quale avremmo dovuto commentare il discorso inaugurale di Trump. L’altro commentatore era un nero americano, da Washington Dc. Il carattere inclusivo del discorso di Trump non gli ha fatto nessuna impressione, e l’ospite della trasmissione era interessato solo a mostrare le proteste dei manifestanti al fine di screditare l’America. Così tante persone hanno un interesse economico a parlare in nome delle vittime e a dire che l’apertura di Trump toglie loro lavoro.Quindi insieme ai globalisti, alla Cia, alle multinazionali che delocalizzano, alle industrie degli armamenti, all’establishment Nato in Europa, e ai politici stranieri abituati a essere pagati profumatamente per sostenere la politica estera interventista di Washington, si schiereranno contro Trump anche i leader dei gruppi vittimizzati, i neri, gli ispanici, le femministe, i clandestini, gli omosessuali e i transgender. Questa lunga lista ovviamente include anche i bianchi liberal, convinti che l’America da una costa all’altra sia abitata da bianchi razzisti , misogini, omofobi, e svitati amanti delle armi. Per quanto li riguarda, questo 84% della geografia degli Stati Uniti dovrebbe essere messo in quarantena o seppellito. In altre parole, rimane abbastanza buona volontà nella popolazione per consentire a un presidente di riunire il 16% che odia l’America con l’84% che la ama? Considerate le forze che Trump si trova contro. I leader neri e ispanici hanno bisogno del vittimismo, perché è quello che conferisce loro reddito e potere. Guarderanno con sospetto all’apertura di Trump. La sua inclusività è un bene per i neri e gli ispanici, ma non per i loro leader.I dirigenti e gli azionisti delle multinazionali sono arricchiti dalla delocalizzazione del lavoro che Trump dice che riporterà a casa. Se tornano i posti di lavoro, se ne andranno i loro profitti, i bonus e le plusvalenze. Ma tornerà la sicurezza economica della popolazione americana. Il complesso militare e della sicurezza ha un bilancio annuale di 1.000 miliardi che dipende dalla “minaccia russa”, minaccia che Trump dice di voler sostituire con una normalizzazione dei rapporti. L’assassinio di Trump non può essere escluso. Molti europei devono il proprio prestigio, il proprio potere, e i propri redditi alla Nato, che Trump ha messo in discussione. I profitti del settore finanziario derivano quasi interamente dalla schiavitù del debito cui sono sottoposti gli americani e dal saccheggio delle loro pensioni private e pubbliche. Il settore finanziario con il suo agente, la Federal Reserve, può distruggere Trump con una crisi finanziaria. La Federal Reserve di New York ha una sala operativa completa. Può mandare nel caos qualsiasi mercato. O sostenere qualsiasi mercato, perché non vi è alcun limite alla sua capacità di creare dollari.L’intero edificio politico degli Stati Uniti si è completamente isolato dal volere, dai desideri e dalle esigenze del popolo. Ora Trump dice che i politici risponderanno al popolo. Questo, naturalmente, significherebbe un forte colpo alla continuità dei loro incarichi, al loro reddito e alla loro ricchezza. C’è un gran numero di gruppi, finanziati da non-sappiamo-chi. Ad esempio, oggi RootsAction ha risposto al forte impegno di Trump di stare al fianco di tutto il popolo contro l’Establishment al Potere, con la richiesta al Congresso “di incaricare la Commissione Giustizia della Camera per un’iniziativa di impeachment” e di inviare denaro per l’impeachment di Trump. Un altro gruppo di odio, Human Rights First, attacca la difesa di Trump dei nostri confini in quanto chiude “un rifugio di speranza per coloro che fuggono dalle persecuzioni“. Pensateci per un minuto. Secondo le organizzazioni liberal-progressiste di sinistra e i gruppi di interesse razziali, gli Stati Uniti sono una società razzista e il presidente Trump è un razzista. Eppure, le persone soggette al razzismo americano fuggono dalle persecuzioni verso l’America, dove subiranno persecuzioni razziali? Non ha senso. I clandestini vengono qui per lavoro. Chiedete alle imprese di costruzione. Chiedete ai mattatoi. Chiedete ai servizi di pulizia nelle aree turistiche.La lista di quelli a cui Trump ha dichiarato guerra è abbastanza lunga, anche se se ne potrebbero aggiungere degli altri. Dovremmo chiederci perché un miliardario di 70 anni con imprese fiorenti, una bella moglie, e dei figli intelligenti, sia disposto a sottoporre i suoi ultimi anni alla straordinaria pressione di fare il presidente con il difficile programma di riportare il governo nelle mani del popolo americano. Non c’è dubbio che Trump ha fatto di sé stesso un bersaglio. La Cia non ha intenzione di mollare il colpo e andare via. Perché una persona dovrebbe farsi carico dell’imponente ricostruzione dell’America che Trump ha dichiarato di voler fare, quando poteva invece trascorrere i suoi ultimi anni godendosela immensamente? Qualunque sia la ragione, dovremmo essergli grati per questo, e se è sincero lo dobbiamo sostenere. Se viene assassinato, dobbiamo prendere le armi, radere al suolo Langley [sede centrale della Cia] e ucciderli tutti. Se avrà successo, merita il titolo: Trump il Grande! La Russia, la Cina, l’Iran, il Venezuela, l’Ecuador, la Bolivia, e qualsiasi altro paese sulla lista nera della Cia dovrebbe capire che l’ascesa di Trump non basta a proteggerlo. La Cia è una organizzazione a livello mondiale. I suoi redditizi affari forniscono delle entrate indipendenti dal bilancio degli Stati Uniti. L’organizzazione è in grado di intraprendere azioni indipendentemente dal presidente o anche dal proprio direttore. La Cia ha avuto circa 70 anni per consolidarsi. Ed esiste ancora.(Paul Craig Roberts, “La dichiarazione di guerra di Trump”, dal sito di Craig Roberts del 20 gennaio 2017, post tradotto e ripreso da “Voci dall’Estero”).Il breve discorso inaugurale del presidente Trump è stato una dichiarazione di guerra contro tutto l’establishment americano al potere. Tutto. Trump ha reso abbondantemente chiaro che i nemici degli americani sono proprio qui in casa: globalisti, economisti neoliberisti, neoconservatori e altri unilateralisti abituati ad imporre gli Stati Uniti nel mondo, che ci coinvolgono in costose guerre senza fine, e politici che servono l’establishment al potere piuttosto che gli americani; a dirla tutta, l’intera cupola di interessi privati che ha portato l’America allo sfinimento mentre gli interessati si arricchivano. Se si può dire la verità, il presidente Trump ha dichiarato guerra a se stesso, una guerra per lui molto più pericolosa che se avesse dichiarato guerra alla Russia o alla Cina. I gruppi di interesse designati da Trump come “Il Nemico” sono ben radicati e abituati a stare al potere. Le loro potenti reti di relazioni sono ancora al loro posto. Anche se ci sono maggioranze repubblicane sia alla Camera che al Senato, la maggior parte dei rappresentati del Congresso è tenuta a rispondere ai gruppi di interesse al potere che finanziano le loro campagne, e non al popolo americano e al presidente.
-
Cancellare i fatti: Obama e il nuovo Ministero della Verità
Vi ricordate il ritornello della canzone di Battiato di vent’anni fa? Strani giorni, viviamo strani giorni… Beh, quei giorni saranno stati forse strani, ma mai come quelli che stiamo vivendo oggi, dove la sovrabbondanza di notizie e la manipolazione incessante da parte dei media fa in modo che la gente non recepisca il ‘peso specifico’ di una notizia rispetto alle altre. Manipolare le coscienze non è solo scrivere il falso o negare il vero; basta semplicemente dare ad una notizia di importanza del tutto trascurabile lo stesso ‘peso’ (corpo tipografico o tempo dedicato nei Tg) di un fatto di grande rilevanza. Questa manipolazione costante produce nel lettore/spettatore una perdita di riferimento, un disorientamento della coscienza; è come se rispetto alla nostra vita noi dessimo pari importanza ad un mal di pancia rispetto ad un ictus. O, meglio, come se interpretassimo i sintomi dell’ictus con la stessa leggerezza con cui osserviamo quelli del mal di pancia… In effetti, i sintomi di questi strange days ci sono tutti, se solo li guardassimo con attenzione, senza farci disorientare da chi ci dovrebbe orientare, vale a dire dai media. A cosa mi riferisco?Prima di tutto all’ultima trovata delle governance mondiali e dei loro “presstitutes” (geniale sintesi che definisce la stampa prostituita al potere) vale a dire la crociata contro le fake news o post-verità, che via web rappresenterebbero una minaccia per le istituzioni. Pensate che il termine originale inglese, post-truth, è stato eletto parola dell’anno 2016 dall’Oxford Dictionary! Queste fake news irritano così tanto l’establishment che da diverse parti si invoca addirittura una sorta di commissione di controllo sulle opinioni espresse in rete. Un Ministero della Verità, insomma, di orwelliana memoria. Ora, considerando la costante e instancabile manipolazione che i mezzi d’informazione esercitano da sempre sull’opinione pubblica attraverso menzogne, falsificazioni dei fatti, mezze verità e fantasie, fa davvero sorridere che si identifichi nelle bufale – indubitabilmente presenti in rete – un rischio per la democrazia. Il fatto è che fino a poco tempo fa il fenomeno del cosiddetto ‘complottismo’ era confinato ad una nicchia di persone che iniziavano a fiutare odore di marcio proveniente dai media e cercavano quindi – visti i mezzi messi a disposizione dalla rete – di capire meglio certe situazioni quando i conti proprio non tornavano.Il fact-checking ha permesso allora a milioni di utenti del web di smascherare le vere e proprie bufale messe in onda dalle televisioni di mezzo mondo. Ma ad un certo punto, questo fenomeno del complottismo, della Conspiracy Theory, ha iniziato a diffondersi sempre di più, tracimando dalla rete ed entrando anche nei salotti buoni dei media mainstream. Fenomeno naturalmente irriso, denigrato e oggi criminalizzato. Certamente grazie anche a tutte le reali bufale presenti sul web, inserite ad arte da falsi idioti o da idioti autentici. Così Obama ha iniziato a fare pressioni su Google e Facebook che dovrebbero – a suo dire – esercitare un controllo su notizie false o presunte tali diffuse in rete. Ora, se i mezzi d’informazione ufficiali diffondessero sempre e solo notizie vere la preoccupazione del presidente americano uscente avrebbe una qualche credibilità ma, dato che è vero esattamente il contrario, questa operazione ha proprio l’aria di un intervento a gamba tesa su tutte quelle comunità virtuali che, collegate tra loro, iniziano a nutrire seri dubbi sulle versioni ufficiali. Pensate che io esageri affermando che “è vero esattamente il contrario”? Bene, allora state a sentire, e parlo solo delle fake news più recenti messe in giro dai media.Negli ultimi mesi i mezzi d’informazione del cosiddetto ‘mondo libero’ hanno ripetuto incessantemente che vi erano tra 250 mila e 300 mila civili intrappolati tutto i bombardamenti russi e siriani ad Aleppo Est, nonostante che le fonti d’informazioni siriane avessero più volte ribadito che il numero delle persone intrappolate non superava un terzo di quella cifra. Ebbene, una volta liberata la parte orientale di Aleppo è emerso che il numero dei civili che erano stati bloccati era inferiore alle 90 mila unità. Pensate che i media occidentali si siano peritati di riconoscere l’errore? No, neppure una riga. L’affermazione secondo la quale hacker russi avrebbero cercato di influenzare le elezioni americane è stata smentita sia da Assange che da Craig Murray – ex ambasciatore inglese in Uzbekistan che si è giocato la carriera quando ha accusato la Cia di complicità nelle torture nell’ex-repubblica sovietica – che ha fatto risalire a due fonti americane, una delle quali ha incontrato personalmente, il leak delle email che hanno inguaiato la Clinton. Risultato? Nessuno: Assange e Murray sono stati definiti spie russe. Così il presidente Obama ha appena firmato una legge di Difesa Nazionale che prevede un investimento di 160 milioni di dollari per nuove operazioni di propaganda Usa, dichiaratamente intese a contrastare la “propaganda russa”.Altre due prove di disinformazione da parte dei media: il risultato delle elezioni presidenziali americane e la Brexit. Nel primo caso non c’è stato un solo mezzo di informazione che non abbia ripetuto ad nauseam che non c’erano dubbi sulla vittoria della Killary. Gli esiti sono sotto gli occhi di tutti. Quanto a Brexit (anch’essa data per inverosimile) le catastrofiche previsioni della vigilia sono state – a oltre sei mesi di distanza – ampiamente contraddette dai fatti. Mentre la quasi totalità degli economisti profetizzavano una flessione immediata, con relativi crolli di Borsa, l’economia britannica è cresciuta negli ultimi mesi, registrando un incremento del Pil rispettivamente dello 0,3% e dello 0,6% nei primi due trimestri del 2016, e dello 0,6% e dello 0,5% negli ultimi due, vale a dire nel semestre successivo all’esito del referendum grazie al quale il Regno Unito è uscito dalla Ue. Che ne dite, ci sono o no buoni motivi per diffidare delle fake news dei media?Ma i mezzi ufficiali d’informazione non ne vogliono sapere – loro non possono sbagliare per definizione – e così oggi ci troviamo di fronte ad una prima spinta censoria mirata direttamente a ostacolare quella libertà di pensiero e di espressione che oggi inizia a preoccupare l’establishment. Il quale non si sporca le mani con divieti palesi ma subdolamente e vigliaccamente interviene su motori di ricerca e social media. Ora, se il loro obiettivo fosse raggiunto, la ratio menzogna/verità dipenderebbe non dalla nostra personale indagine, ma da un algoritmo. In sostanza da una macchina. Questo non vi dice nulla? La seconda questione che mi riporta agli strange days è collegata ad alcuni avvenimenti la cui estrema gravità è passata – e continua a passare – quasi inosservata. Mi riferisco agli eventi che hanno contrassegnato le ultime elezioni americane. Ora, quanto è avvenuto e sta avvenendo sull’altra riva dell’Atlantico è qualcosa di assolutamente nuovo nella storia americana. Mai, neppure nei periodi peggiori della guerra fredda con l’allora Unione Sovietica si è visto un tale palese odio e disprezzo verso la Russia come quello che oggi dilaga sui media americani.Neppure nei giorni più oscuri del trentennio che va dagli anni ’50 agli ’80 presidenti come Eisenhower, Nixon, Reagan si sono rivolti ad un presidente russo con termini come quelli che oggi usano politici come Obama, la Clinton, McCain, Clapper. Quell’Obama, su cui ironizza Ron Paul affermando che il Premio Nobel per la pace è il giusto riconoscimento per un presidente che ha bombardato 7 nazioni ed è stato il primo nella storia degli Stati Uniti ad essere stato in guerra ogni singolo giorno dei suoi otto anni di mandato. Mai una elezione fu così piena di colpi bassi come questa che ha portato The Donald alla Casa Bianca. Mai – anche se è risaputo che vi sono delle aspre rivalità tra i servizi di intelligence Usa – si era verificato uno scontro aperto tra Cia e Fbi come quello che abbiamo sotto gli occhi oggi. E ancora: mai un presidente eletto aveva pubblicamente screditato le motivazioni dei rapporti di intelligence di una delle più potenti strutture di potere come la Cia, affermando che alla base della conferma del presunto hackeraggio da parte dei russi che avrebbero influenzato le elezioni americane ci sono solo “ragioni politiche”.Si tratta di macro-eventi che indicano un cambio globale nella direzione che l’establishment americano sta imboccando, evidentemente obtorto collo. Un cambio di rotta che non viene digerito dalle strutture di potere consolidato che cercano freneticamente di intralciare e sabotare la nuova direzione della Casa Bianca. In tale chiave va vista l’ultima aggressione verbale a Putin con relativa espulsione di diplomatici. E i media mainstream come si sono comportati di fronte a questi veri e propri terremoti politici globali? Minimizzando la magnitudo degli eventi e distogliendo l’attenzione della gente dalle enormi implicazioni a livello mondiale. Attraverso delle vere e proprie armi di distrazione di massa, dunque. Ma al tempo stesso si fanno megafono di una chiamata alle armi contro le fake news. Quelle degli altri, naturalmente.(Piero Cammerinesi, “Strange days”, riflessione pubblicata da “Altrogiornale” il 12 gennaio 2017).Vi ricordate il ritornello della canzone di Battiato di vent’anni fa? Strani giorni, viviamo strani giorni… Beh, quei giorni saranno stati forse strani, ma mai come quelli che stiamo vivendo oggi, dove la sovrabbondanza di notizie e la manipolazione incessante da parte dei media fa in modo che la gente non recepisca il ‘peso specifico’ di una notizia rispetto alle altre. Manipolare le coscienze non è solo scrivere il falso o negare il vero; basta semplicemente dare ad una notizia di importanza del tutto trascurabile lo stesso ‘peso’ (corpo tipografico o tempo dedicato nei Tg) di un fatto di grande rilevanza. Questa manipolazione costante produce nel lettore/spettatore una perdita di riferimento, un disorientamento della coscienza; è come se rispetto alla nostra vita noi dessimo pari importanza ad un mal di pancia rispetto ad un ictus. O, meglio, come se interpretassimo i sintomi dell’ictus con la stessa leggerezza con cui osserviamo quelli del mal di pancia… In effetti, i sintomi di questi strange days ci sono tutti, se solo li guardassimo con attenzione, senza farci disorientare da chi ci dovrebbe orientare, vale a dire dai media. A cosa mi riferisco?
-
Cugia: ragazzi, abbattete il Faraone e il suo regno dell’odio
Che l’abominevole Trump guidi gli Stati Uniti può urtare l’anima di tanta gente, compresa la mia, ma in quel ruolo lui è paradossalmente una novità mentre la Clinton incarnava l’ambiguo passato della democrazia. In Italia è lo stesso, sa tutto di muffa, con la differenza che noi il Trump di Arcore ce l’abbiamo già avuto (per una volta abbiamo anticipato una tendenza rispetto agli Usa) però non abbiamo novità illuminanti né a destra né a sinistra, non tali da farci leggere il mondo con un bel paio di occhiali nuovi. Tra l’altro un buco nero ha risucchiato sia destra che sinistra, mischiandole in una centrifuga da caserma. Intanto il mondo cambia come un cavallo pazzo spronato dalla tecnologia, dalla finanza e dall’odio globale, e noi non riusciamo a stargli dietro neanche con lo sguardo. Dove sono finiti gli occhiali nuovi? Ci mancano le lenti dei nuovi saggi, dei giusti e dei grandi narratori della Storia, né salgono sul palco (in assenza di copioni all’altezza) i grandi interpreti, mentre la grande orchestra tace nella buca. L’aria è da requiem, ma non si vede un Mozart.Ho sempre trovato detestabile chi, dai 50 in su, scrive film per giovani, musica per giovani, s’inventa una politica per giovani o fa abbigliamento per giovani. Anche se disegna un nuovo slip gli scappa sempre un vecchio merletto. Lo stesso se scrive una canzone o fa un partito. Prima o poi ricasca nella muffa, perché si rivolge al giovane rimasto intrappolato dentro se stesso, non ai giovani d’oggi, e questa svista fatale avviene inesorabilmente, eccetto ai geni che non hanno età. La mia generazione ha fabbricato una trappola letale per le generazioni successive. Li ha lasciati senza lavoro e senz’anima. Gli ha rifilato una collana infinita di specchietti per le allodole, un futuro che ricorda i faraoni con gli schiavi. Ragazzi non aspettatevi che i faraoni si ribellino per voi. È impensabile che gente dell’età (e della mentalità) di Donald Trump possa rappresentare un radicale cambiamento della vostra vita. Dovrete aprirvi un varco, una breccia in questo orrendo muro, e in condizioni impossibili.Per ribaltare le cose a questo punto ci vorrebbero dieci nuovi Martin Luther King venticinquenni e una mezza dozzina di Mahatma Gandhi, più almeno un’Anna Kuliscioff, un Che Guevara, un Voltaire, una Evita Peron e un Napoleone per paese. E non li troverete nelle nostre drogherie. Sto dicendo che ci vorrebbero almeno 21 grandi giovani di cui nessuno conosce ancora il volto o il nome. Ma o con la pace o con le più brusche maniere la nuova generazione deve dispiegare le sue grandi anime. Perché fra voi le grandi anime ci sono e su questo solo un cretino ha dubbi. Non vedo l’ora di poter lanciare una pantofola dalla finestra in segno di giubilo quando sfileranno il giorno della rivolta.(Diego Cugia, “Ragazzi, rompete il muro”, dalla pagina Facebook di Cugia).Che l’abominevole Trump guidi gli Stati Uniti può urtare l’anima di tanta gente, compresa la mia, ma in quel ruolo lui è paradossalmente una novità mentre la Clinton incarnava l’ambiguo passato della democrazia. In Italia è lo stesso, sa tutto di muffa, con la differenza che noi il Trump di Arcore ce l’abbiamo già avuto (per una volta abbiamo anticipato una tendenza rispetto agli Usa) però non abbiamo novità illuminanti né a destra né a sinistra, non tali da farci leggere il mondo con un bel paio di occhiali nuovi. Tra l’altro un buco nero ha risucchiato sia destra che sinistra, mischiandole in una centrifuga da caserma. Intanto il mondo cambia come un cavallo pazzo spronato dalla tecnologia, dalla finanza e dall’odio globale, e noi non riusciamo a stargli dietro neanche con lo sguardo. Dove sono finiti gli occhiali nuovi? Ci mancano le lenti dei nuovi saggi, dei giusti e dei grandi narratori della Storia, né salgono sul palco (in assenza di copioni all’altezza) i grandi interpreti, mentre la grande orchestra tace nella buca. L’aria è da requiem, ma non si vede un Mozart.
-
Cuperlo: il Pd è morto, non ha ricette contro la catastrofe
Dopo le dimissioni del premier e le parole di dignità di quella notte ho visto un gruppo dirigente narcotizzato. La destra gioisce. È caduto il governo. Di bicameralismo si riparlerà tra qualche anno ed è iniziato il count down della legislatura senza che ci sia una legge elettorale. Intanto aumenta la sofferenza di chi vive sulla pelle la violenza di diseguaglianze sempre più grandi. Il referendum è stato soprattutto un voto politico che ha bocciato governo, classe dirigente e alcune riforme simboliche. Insegnanti, precari, giovani, Mezzogiorno, la fotografia reclama una svolta. Il Pd è senz’anima e se non lo capiamo è destinato a morire. La crisi peggiore del secolo dovrebbe spingere la sinistra a fare ciò che ha rinviato per anni, un ripensamento di sé, delle sue ricette. Flessibilità, liberalizzazioni, pareggio di bilancio sono stati un cedimento culturale che ha rimosso la lotta a disparità e discriminazioni sempre più odiose. Anche in Europa il risultato è una sinistra costretta a tifare Fillon o Merkel, senza una leadership e una strategia in grado di riscattare gli ultimi della fila. Se davanti a questa scena il primo partito della sinistra facesse come i proci a Itaca ci sarebbe da indignarsi.So riflettere sui miei limiti e anche sulle subalternità che vengono da prima. La norma sul pareggio di bilancio l’abbiamo votata noi quando Renzi era sindaco. Oggi il tema è come si ricuce con parti di società che hanno testa e cuore altrove. Sono stanco di sentire dal pulpito la scomunica dei caminetti e poi capire che si riuniscono in sacrestia. Ma quando deve discutere un partito segnato dalla sconfitta? Ho sentito capi corrente farsi di colpo paladini di una fase di decantazione per evitare altri traumi. Ma che opinione hanno dei circoli, dei nostri iscritti, di chi ci vota? Un congresso non si fa quando 10 persone decidono che sono pronti loro, lo si fa quando la realtà te lo chiede o te lo impone. Per me lo si deve fare prima delle elezioni e fissando regole nuove. Se la sinistra perde la fiducia verso le persone è difficile chiedere alle persone di avere fiducia in noi.Penso che Renzi abbia dato una scossa su temi importanti, dai migranti ai diritti civili, e che abbia commesso errori gravi, primo tra tutti aver coltivato l’isolamento sociale del Pd con riforme, dal lavoro alla scuola, vissute come schiaffo al nostro mondo. Per me, cambio di passo e del timoniere coincidono. Credo di avere coltivato la lealtà ed è quella stessa lealtà che mi porta oggi a denunciare cosa siamo diventati. Una confederazione di sotto-partiti. Il Pd rischia di esaurire la sua storia se non alza lo sguardo sulla realtà. Su cosa sia la grande crisi di questi anni, su come l’Occidente sta reagendo al venir meno del suo impianto spirituale, sulla fine delle politiche pubbliche che hanno dominato il ‘900, sul divario col Mezzogiorno che produce due nazioni in un corpo solo, sul bisogno di un modello alternativo di socialità e capitalismo. Se non abbiamo parole da dire su questo, il resto è ceto politico. Le norme sui voucher vanno cambiate. L’abuso è iniziato coi governi di prima e adesso la situazione è insostenibile. Penso che per primo Gentiloni ne sia consapevole. Poletti ha detto frasi scorrette e ora si è scusato. A me interessa l’inversione radicale di una politica sbagliata.(Gianni Cuperlo, dichiarazioni rilasciate ad Alessandra Longo nell’intervista “Non c’è anima né programma, senza congresso il Pd è morto”, pubblicata su “Repubblica” il 23 dicembre 2016).Dopo le dimissioni del premier e le parole di dignità di quella notte ho visto un gruppo dirigente narcotizzato. La destra gioisce. È caduto il governo. Di bicameralismo si riparlerà tra qualche anno ed è iniziato il count down della legislatura senza che ci sia una legge elettorale. Intanto aumenta la sofferenza di chi vive sulla pelle la violenza di diseguaglianze sempre più grandi. Il referendum è stato soprattutto un voto politico che ha bocciato governo, classe dirigente e alcune riforme simboliche. Insegnanti, precari, giovani, Mezzogiorno, la fotografia reclama una svolta. Il Pd è senz’anima e se non lo capiamo è destinato a morire. La crisi peggiore del secolo dovrebbe spingere la sinistra a fare ciò che ha rinviato per anni, un ripensamento di sé, delle sue ricette. Flessibilità, liberalizzazioni, pareggio di bilancio sono stati un cedimento culturale che ha rimosso la lotta a disparità e discriminazioni sempre più odiose. Anche in Europa il risultato è una sinistra costretta a tifare Fillon o Merkel, senza una leadership e una strategia in grado di riscattare gli ultimi della fila. Se davanti a questa scena il primo partito della sinistra facesse come i proci a Itaca ci sarebbe da indignarsi.
-
Poliziotti ora in pericolo, il potere stragista investe sull’odio
Quei due poliziotti di Milano ora sono in pericolo, ma a questo Stato «servono eroi da esibire», anche a rischio della loro incolumità: lo afferma l’avvocato Gianfranco Carpeoro, autore del libro “Dalla massoneria al terrorismo” che denuncia la “sovragestione” degli attentati, progettati da “menti massoniche” e coordinati da settori dei servizi segreti che utilizzano manovalanza di pretesa matrice islamista. «L’Isis è sostanzialmente una marionetta, a disposizione di Ur-Lodges reazionarie americane, prime fra tutte la “Hathor Pentalpha” e la “Three Eyes”», la cui esistenza è stata rivelata da Gioele Magaldi nel saggio “Massoni”, a fine 2014. La strage di Berlino? «Sembra attuata per colpire Angela Merkel in vista delle prossime elezioni politiche in Germania, per forzare il governo tedesco spingendolo ad assumere un atteggiamento intransigente verso l’immigrazione: come sempre – aggiunge Carpeoro – chi utilizza il terrorismo colpisce gli elementi moderati e dialoganti: in Italia fu colpito Moro perché dialogava col Pci, in Israele a cadere fu Rabin perché dialogava coi palestinesi. Gli estremisti invece non vengono mai toccati, perché seminano odio, e l’odio fa sempre comodo al potere».Riflessioni a caldo, che Carpeoro ha consegnato alla diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di Border Nights la mattina di Natale. Durissimo il giudizio dello studioso sulla decisione di esporre al pubblico l’identità dei due agenti di polizia che, a Sesto San Giovanni, hanno fermato e poi abbattuto il tunisino Anis Amri, sospettato di essere l’autore della strage di Berlino dopo il ritrovamento dei suoi documenti sotto il sedile del camion-killer. «Un terrorista “normale” non va a compiere un attentato portando con sé il passaporto: il far ritrovare prontamente il documento è la prova della “sovragestione” che ha diretto l’attentato», sostiene Carpeoro, che spiega: «Risalire immediatamente al presunto killer, in modo da neutralizzarlo subito, è estremamente utile agli strateghi del terrorismo: una prolungata caccia all’uomo manterrebbe in tensione per molto tempo le forze di polizia, e questo disturberebbe i piani dei manovratori occulti». A Milano, inoltre, l’identità dei poliziotti è stata esibita: «Il problema è questo potere ha bisogno di eroi», insiste Carpeoro, «e questa sua esigenza è superiore al tutelare la vita delle persone che lavorano per noi». Finì sotto i riflettori anche il “Capitano Ultimo”, l’ufficiale dei carabinieri coinvolto nella cattura di Riina: «Fu gettato in pasto ai porci in maniera evidente, esposto al rischio della vita in modo ancora più efferato».Carpeoro sta analizzando le clamorose analogie tra l’attentato di Nizza del 14 luglio e quello di Berlino al mercatino natalizio. Identiche modalità: «Un camion lanciato contro la folla è uno strumento probabilmente più facile da utilizzare, non richiede requisiti tecnici come invece gli esplosivi, e infine un mezzo di trasporto non suscita di per sé allarme, può sfuggire al controllo delle forze di sicurezza». Di regola, questi attentati stragicisti sono “firmati” con un corredo simbolico, «segnali in codice rivolti a chi li può intendere», nei circoli del massimo potere. In attesa di decifrare quali segni (anche nascosti) possano legare la strage di Nizza e quella di Berlino, Carpeoro avverte: «Temo che siamo di fronte a un’escalation», uno “sciame” di stragi «destinate a preparare il terreno per un evento ancora più grave e sanguinoso». La “filosofia” che muoverebbe questa regia occulta? Sempre la stessa: alimentare l’odio, attraverso il falso “scontro di civiltà”. «La paura e l’odio sono strumenti adottati dall’attuale élite di potere, il cui obiettivo è impedire qualsiasi cambiamento dello status quo, dopo che la finanza ha neutralizzato la democrazia. Non serve nemmeno una Terza Guerra Mondiale: basta e avanza quello che è già in atto, cioè un insieme di tante guerre locali». Paura, tensione, odio: funzione che, in Europa, è svolta dal terrorismo “sovragestito”, comodamente targato Isis.Quei due poliziotti di Milano ora sono in pericolo, ma a questo Stato «servono eroi da esibire», anche a rischio della loro incolumità: lo afferma l’avvocato Gianfranco Carpeoro, autore del libro “Dalla massoneria al terrorismo” che denuncia la “sovragestione” degli attentati, progettati da “menti massoniche” e coordinati da settori dei servizi segreti che utilizzano manovalanza di pretesa matrice islamista. «L’Isis è sostanzialmente una marionetta, a disposizione di Ur-Lodges reazionarie americane, prime fra tutte la “Hathor Pentalpha” e la “Three Eyes”», la cui esistenza è stata rivelata da Gioele Magaldi nel saggio “Massoni”, a fine 2014. La strage di Berlino? «Sembra attuata per colpire Angela Merkel in vista delle prossime elezioni politiche in Germania, per forzare il governo tedesco spingendolo ad assumere un atteggiamento intransigente verso l’immigrazione: come sempre – aggiunge Carpeoro – chi utilizza il terrorismo colpisce gli elementi moderati e dialoganti: in Italia fu colpito Moro perché dialogava col Pci, in Israele a cadere fu Rabin perché dialogava coi palestinesi. Gli estremisti invece non vengono mai toccati, perché seminano odio, e l’odio fa sempre comodo al potere».
-
Mai che l’Isis colpisca le banche e il potere, chissà perché
«Ed è subito terrore. Ancora una volta. Secondo modalità che ritornano sempre invariate, sempre le stesse. Quasi come se si trattasse di un copione già scritto, un orrendo copione da mettere in scena a cadenza regolare». Dopo Parigi, Bruxelles e Nizza, è toccato a Berlino. Ma a chi serve, il terrorismo contemporaneo? Se lo domanda il filosofo Diego Fusaro. Che ha già la risposta: tutto quel sangue serve all’élite, per il suo dominio sul resto dell’umanità. Gli attentati, osserva Fusaro, si abbattono «sempre e solo sulle masse subalterne, precarizzate, sottopagate e supersfruttate», e mai «sui luoghi reali del potere occidentale», le banche, le centrali finanziarie: «I signori mondialisti non vengono mai nemmeno sfiorati». Le vittime dei terroristi sono le stesse dell’oligarchia, cioè «le masse schiavizzate, sottoproletarie, precarizzate e pauperizzate», che rappresentano il «nemico di classe», lettaralmente «bombardato» dal super-potere, attraverso «agenzie terze» che possono chiamarsi Al-Qaeda o Isis, dietro cui si intravede la regia di servizi segreti, pronti a guidare i killer e depistare regolarmente la polizia.Il terrorismo, scrive Fusaro sul “Fatto Quotidiano”, produce «un grandioso spostamento dello sguardo dalla contraddizione principale», cioè «il nesso di forza classista finanziarizzato». A reti unificate, continua il filosofo, «ci fanno credere che il nostro nemico sia l’Islam e non il terrorismo quotidiano del capitalismo finanziario (guerre imperialistiche, ecatombi di lavoratori, suicidi di piccoli imprenditori, popoli mandati in rovina)». Ci fanno credere che il nemico, «per il giovane disoccupato cristiano», sia «il giovane disoccupato islamico» e non già «il delocalizzatore, il magnate della finanza, l’apolide e sradicato signore del mondialismo che sta egualizzando il pianeta nella disuguaglianza del libero mercato». Per questa via, continua Fusaro, «il conflitto servo-signore è, ancora una volta, frammentato alla base: si ha l’ennesima guerra tra poveri, della quale a beneficiare sono coloro che poveri non sono», perché il terrorismo «frammenta il conflitto di classe e mette i servi in lotta tra loro (islamici vs cristiani, orientali vs occidentali)».Inoltre, questo terrorismo «permette l’attivazione di quel paradigma securitario che, ancora una volta, giova unicamente al signore globalista e finanziario». Si attiva il modello americano del Patriot Act innescato dall’11 Settembre: «Per garantire sicurezza, si toglie libertà». E cioè: «Meno libertà di protesta, meno libertà di organizzazione, più controlli, più ispezioni, più limitazioni». Risultato: «La massa terrorizzata accetta ciò che in condizioni normali mai accetterebbe: la perdita della libertà in nome della sicurezza». Così, a suon di stragi, si prepara il terreno per nuove guerre: «Guerre terroristiche e criminali contro i crimini del terrorismo», come in Afghanistan nel 2001 e recentemente in Siria. «Il terrorismo legittima l’imperialismo occidentale, l’interventismo umanitario, il bombardamento etico, le guerre giuste, e mille altre pratiche orwelliane che, chiamate col loro nome, rientrerebbero esse stesse nella categoria del terrorismo».L’imperialismo occidentale è «coessenziale al regime capitalistico», e viene «legittimato e fatto accettare alle masse terrorizzate e subalterne», scrive ancora Fusaro, che aggiunge: «A differenza di Pasolini, io non so i nomi. Credo, tuttavia, di sapere che cos’è davvero il terrorismo. È la fase suprema del capitalismo. È il momento culminante di un capitalismo che, avendo la propria egemonia in crisi (per dirla con Gramsci), deve adoperarsi in ogni modo (letteralmente: in ogni modo) per favorire il consenso, per riallineare le masse, per disarticolare il dissenso, per sincronizzare le coscienze, per fare sì che l’odio e l’amore delle masse siano indirizzati, secondo le debite dosi, dove i signori del mondialismo hanno deciso debbano essere indirizzati».«Ed è subito terrore. Ancora una volta. Secondo modalità che ritornano sempre invariate, sempre le stesse. Quasi come se si trattasse di un copione già scritto, un orrendo copione da mettere in scena a cadenza regolare». Dopo Parigi, Bruxelles e Nizza, è toccato a Berlino. Ma a chi serve, il terrorismo contemporaneo? Se lo domanda il filosofo Diego Fusaro. Che ha già la risposta: tutto quel sangue serve all’élite, per il suo dominio sul resto dell’umanità. Gli attentati, osserva Fusaro, si abbattono «sempre e solo sulle masse subalterne, precarizzate, sottopagate e supersfruttate», e mai «sui luoghi reali del potere occidentale», le banche, le centrali finanziarie: «I signori mondialisti non vengono mai nemmeno sfiorati». Le vittime dei terroristi sono le stesse dell’oligarchia, cioè «le masse schiavizzate, sottoproletarie, precarizzate e pauperizzate», che rappresentano il «nemico di classe», lettaralmente «bombardato» dal super-potere, attraverso «agenzie terze» che possono chiamarsi Al-Qaeda o Isis, dietro cui si intravede la regia di servizi segreti, pronti a guidare i killer e depistare regolarmente la polizia.
-
Maggiani: paga sempre il popolo (ma il peggio era Hillary)
I giovani americani manifestano contro Donald Trump con una veemenza e una determinazione, e una massa, che almeno qui e noi non vedevamo dai tempi di Fragole e Sangue. Belle facce, bei cuori. Magari, si fossero alzati di buon mattino martedì scorso e si fossero messi in coda ai seggi elettorali con la ferma intenzione di dare il loro voto al nemico del loro nemico, oggi se ne starebbero più sereni loro e il mondo intero, ma sarebbe stato chiedere troppo. La Clinton non l’avrei votata neppure io, che sono vecchio e di certo meno intollerante al tanfo di quando avevo vent’anni. Naturalmente spero che il movimento dei giovani americani abbia in qualche modo fortuna, anche se non so in quale modo potrebbe, Donald Trump è una verità insopprimibile. Per sopprimere Trump bisognerebbe prima sopprimere il popolo americano e l’unico, imperfetto, macchinoso modo che ha a disposizione per porre allo sguardo del potere la verità della sua esistenza, la verità dei suoi problemi, la verità della dignità che gli spetta, il sistema elettorale.La signora Clinton invece è una menzogna, l’ultima menzogna di un sistema politico, universale, pervertito in una maschera di sardonico cinismo, e definitivamente, universalmente, fuori corso. La verità è che i giovani americani innalzando i loro cori contro un presidente sessista, volgare e autoritario stanno intraprendendo una battaglia di retroguardia; e Dio sa quanto ci scoccia ammetterlo, ma ora questo sono i diritti civili. La battaglia d’avanguardia la fa la commessa a 900 dollari al mese per un salario decente, e se la commessa è lesbica, il suo primo bisogno è di nutrirsi e vestirsi e curarsi decentemente e il secondo, se vorrà, di sposarsi. Infatti sposarsi può ormai farlo dove vuole, ma un salario decente non è disposto a concederglielo nessuno. E non risulta un movimento giovanile a sostegno della lotta alla povertà, né picchetti di studenti ai cancelli delle fabbriche in serrata o tra i filari di granturco o nei magazzini dell’e-commerce.La battaglia d’avanguardia ha promesso di farla Donald Trump, ed è paradossale che gliela sia stata regalata, visto che è il meno attendibile in proposito, ma è ancora una verità. La verità che la signora Clinton scrive alla sua assistente in una mail spiattellata da Wikileaks: “sono lontana dalla gente, aiuto le banche a crescere”. Prima di prendere a odiare Trump, la commessa da 900 dollari ha sotto mano chi odiare con tutte le forze, compresa quella unica che ancora le è riconosciuta, la forza del voto. Sappiamo che quando il popolo si prende la briga di decidere finisce quasi sempre per sbagliare, ma è certo che paga sempre e unicamente il popolo. Ovunque.(Maurizio Maggiani, “Trump e Clinton”, da “Il Secolo XIX” del 13 novembre 2016, articolo ripreso dal sito ufficiale di Maggiani).I giovani americani manifestano contro Donald Trump con una veemenza e una determinazione, e una massa, che almeno qui e noi non vedevamo dai tempi di Fragole e Sangue. Belle facce, bei cuori. Magari, si fossero alzati di buon mattino martedì scorso e si fossero messi in coda ai seggi elettorali con la ferma intenzione di dare il loro voto al nemico del loro nemico, oggi se ne starebbero più sereni loro e il mondo intero, ma sarebbe stato chiedere troppo. La Clinton non l’avrei votata neppure io, che sono vecchio e di certo meno intollerante al tanfo di quando avevo vent’anni. Naturalmente spero che il movimento dei giovani americani abbia in qualche modo fortuna, anche se non so in quale modo potrebbe, Donald Trump è una verità insopprimibile. Per sopprimere Trump bisognerebbe prima sopprimere il popolo americano e l’unico, imperfetto, macchinoso modo che ha a disposizione per porre allo sguardo del potere la verità della sua esistenza, la verità dei suoi problemi, la verità della dignità che gli spetta, il sistema elettorale.
-
Se Trump spegnesse, con un tweet, anche il Sacro Tav
Più inafferrabile del Sacro Graal, più misterioso della Pietra Filosofale, più oscuro dei misteri di Rennes-le-Château su cui Dan Brown ha costruito il “Codice da Vinci”. Il progetto Tav Torino-Lione continua imperterrito la sua corsa ottusa e cieca, lunare, in un’Europa sempre più assurda e sempre più povera, emblema di un Occidente autistico, bellicoso e alle prese con rivolte ormai diffuse, elettorali, dalla Francia di Marine Le Pen alla Brexit, fino all’America di Trump, il presidente che con un tweet, in dieci secondi, ha messo fine persino al supremo tabù, l’intoccabile F-35, l’aereo più pazzo del mondo. Tutto cambia, velocissimamente, tranne una cosa: l’aristotelico Tav della valle di Susa, meno celebre dello stealth della Lockeed-Martin ma altrettanto ridicolo. Il Tav valsusino: “motore immobile”, dimostrazione tolemaica del fatto che, in fondo, la Terra è sempre stata piatta. Non gira attorno al sole, è il contrario. O meglio: può girare quanto vuole, la Terra, ma niente fermerà il sacro mostro ammazza-bilanci e sventra-montagne. Lo sanno tutti, da sempre: quel treno non servirà mai a nessuno, tranne ai Re Mida del denaro pubblico che forse, un giorno, costruiranno la linea ferroviaria più costosa e più inutile della storia dell’umanità.La mitologia del Tav occidentale resiste da decenni, inattaccabile come un dogma, anche se la sua surreale teologia è stata ripetutamente capovolta, relativizzata, rettificata, sminuita. Doveva essere una linea superveloce per passeggeri, con l’avvento dei voli low-cost è diventata una linea medio-veloce per merci, infine solo un tunnel (ma di 50 chilometri) per merci ormai estinte, che non esisteranno più, sulla dimenticata rotta transalpina tra Italia e Francia, nel ventre del Massiccio dell’Ambin gravido d’acque sommerse, rocce di amianto e vene di uranio. Anche i cinesi devastano intere province, ma almeno hanno uno scopo: costruire dighe idroelettriche. Lo scopo del Tav Torino-Lione va invece rintracciato nella metafisica, evidentemente, nella mistica del potere europeo, il potere reale ma impalpabile, fatto di moneta elettronica gestita da terminali alieni, da imperatori alieni come Mario Draghi, a sua volta agli ordini di invisibili Elohim biblici. La religione, appunto: è l’unica categoria che può spiegare, davvero, la natura più intima dell’oscuro potere europeo, da cui promana – anche – l’ostinata superstizione che protegge, ad ogni costo, la grande opera più screditata della storia italiana, bocciata senza appello (devastante, costosa, completamente inutile) da tutti gli esperti indipendenti della penisola, i tecnici, gli specialisti universitari d’ogni ordine e grado.Lo ripete, inutilmente, anche l’autorità elvetica delegata dalla Commissione Europea a monitorare i trasporti transalpini: la valle di Susa dispone già di una ferrovia internazionale Italia-Francia, quella del Fréjus, che è semi-deserta da anni per mancanza di utenza; sulla linea attuale, il traffico merci potrebbe tranquillamente essere incrementato del 900%. Inutile, dunque – per non dire folle, coi tempi che corrono – insistere nell’aprire un secondo traforo, che costerebbe decine di miliardi, a carico di contribuenti stremati dalla crisi. Le autorità svizzere però ragionano, ingenuamente, come Galileo e Copernico, ignorando cioè che l’astrofisica di Roma e Parigi, Bruxelles e Francoforte è ancora e sempre quella di Tolomeo. A motivare così tenacemente i grandi decisori non è scienza, è verità di fede: gli egemoni non si chinano sul volgare cannocchiale per scoprire com’è davvero il cielo, a loro basta e avanza la certezza incrollabile del dogma, che sorregge la visione magica su cui si fonda il presente feudalesimo illuminato, affidato a una schiera di eletti, secondo cui, semplicemente, quella ferrovia della malora si deve fare, punto. Dio lo vuole. E se la plebe protesta, tanto meglio: imparerà, a sue spese, che la voce del padrone non ammette repliche. Gli ordini non si discutono. La legge è una sola, quella dell’obbediente sottomissione.Ingenui come gli svizzeri, anche i valsusini hanno obiettato, appellandosi alla ragione, ancora confidando in Galileo. Promossero studi, scovarono prove, sfilarono in cortei. Brandendo Copernico, nel lontano 2005 si accamparono in massa sui prati destinati al primo cantiere. Intervenne il governo, che li disperse con la forza (spedendoli all’ospedale). Poi cambiò il governo, ma non la teologia: anche per Prodi, come per Berlusconi, la Terra era sempre piatta e assolutamente immobile. Seguirono ancora Berlusconi, poi Monti, poi Letta, poi Renzi. Tutti devoti alla religione di Tolomeo. Nel frattempo, la situazione non fece che peggiorare: fu introdotto stabilmente il germe dell’ostilità, per coltivare con profitto il carburante della rabbia, foriero di nefaste conseguenze – per la plebe, non certo per gli arconti, i re-sacerdoti, i custodi del Sacro Tav. Ogni tanto alla plebe viene concesso qualche effimero sollievo (il voto, persino il referendum), ma l’impianto teologale resta là, granitico, immutabile. E’ sempre lui, il Signore della Banca, a stabilire il prezzo dei sudditi, inclusi i servitori intermedi e le loro precarie carriere.Così, la Talpa tolemaica ancora scava la sua buia galleria – tunnel geognostico, lo chiamano. Fin dove arriverà, nel suo slancio metafisico? Un tempo, l’antica cosmogonia del Tav ne attestava l’origine divina: sarebbe stato il segmento alpino di un Sommo Disegno, chiaramente provvidenziale, destinato a unire l’Atlantico al Mar della Cina: non più semplici sudditi, gli abitanti dell’area interessata dai futuri cantieri, ma entusiasti neo-cittadini, viaggianti, di una nuova repubblica onirica, la Tratta Kiev-Lisbona. Forse c’è stato qualche contrattempo (provvidenziale, anche quello) se oggi il mezzo di trasporto più in voga è diventato il barcone, la scialuppa. Ma guai a sottovalutare il Disegno: la Talpa è inarrestabile, può raggiungere qualsiasi latitudine sotterranea, dal Celeste Impero al Cremlino. Può scavare anche il fondale oceanico e raggiungere le lontane Americhe. Purché non sbuchi, per errore, alla Casa Bianca – a quel punto, forse, con un tweet, persino il Sacro Tav potrebbe fare la fine dell’F-35. Ma l’America è lontana, cantava qualcuno. E, da questa parte dell’Atlantico, nessuno – nemmeno a Roma, tra i più accesi outsider del Parlamento – ha ancora osato sfidare, per davvero, la teologia di Tolomeo e il feudalesimo dei nuovi Elohim, che s’illuminano d’immenso davanti al terminale elettronico che decreta vita e morte, il destino di interi bilanci, la fortuna e la rovina di interi popoli, a lungo illusi da un sogno chiamato democrazia.Più inafferrabile del Sacro Graal, più misterioso della Pietra Filosofale, più oscuro dei misteri di Rennes-le-Château su cui Dan Brown ha costruito il “Codice da Vinci”. Il progetto Tav Torino-Lione continua imperterrito la sua corsa ottusa e cieca, lunare, in un’Europa sempre più assurda e sempre più povera, emblema di un Occidente autistico, bellicoso e alle prese con rivolte ormai diffuse, elettorali, dalla Francia di Marine Le Pen alla Brexit, fino all’America di Trump, il presidente che con un tweet, in dieci secondi, ha messo fine persino al supremo tabù, l’intoccabile F-35, l’aereo più pazzo del mondo. Tutto cambia, velocissimamente, tranne una cosa: l’aristotelico Tav della valle di Susa, meno celebre dello stealth della Lockeed-Martin ma altrettanto ridicolo. Il Tav valsusino: “motore immobile”, dimostrazione tolemaica del fatto che, in fondo, la Terra è sempre stata piatta. Non gira attorno al sole, è il contrario. O meglio: può girare quanto vuole, la Terra, ma niente fermerà il sacro mostro ammazza-bilanci e sventra-montagne. Lo sanno tutti, da sempre: quel treno non servirà mai a nessuno, tranne ai Re Mida del denaro pubblico che forse, un giorno, costruiranno la linea ferroviaria più costosa e più inutile della storia dell’umanità.
-
Il Censis: i giovani non hanno nulla. L’Italia sta crollando
Lo scenario “follow the money” è un’altra volta imminente, avverte Pepe Escobar: le banche dell’Unione Europea sono preoccupate della vittoria del No, e questo renderà molto più difficile salvare il Monte dei Paschi di Siena, la banca più antica del mondo e attualmente la terza più grande dell’Italia, che ha urgente bisogno di raccogliere 5 miliardi di euro in equity e di svendere 28 miliardi di crediti deteriorati. «L’intero sistema bancario italiano è alle corde, ha bisogno di un pacchetto di salvataggio da almeno 40 miliardi di euro», scrive Escobar su “Rt”, in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. «L’Italia si è affidata alla Jp Morgan per trovare una soluzione». Un uomo come Ewald Nowotny, membro del board della Bce nonché capo della banca centrale austriaca, «insiste che l’Italia potrebbe dover spendere tanti soldi pubblici per il salvataggio», e questo «sarà considerato deleterio dalla maggioranza degli italiani», alle prese con una crisi devastante: la produzione industriale ha perso il 10%. E la disoccupazione, ad un pesante 13%, è «il doppio di quanto non lo fosse durante la crisi economica del 2008». Una fotografia impietosa, aggiunge Paolo Barnard, è quella scattata dal Censis. Che scrive: «Gli anziani si tengono stretto ciò che hanno accumulato dagli anni ’70, i giovani non hanno nulla».La verità, sottolinea Barnard sul suo blog, è che il No «viene da milioni di cittadini furiosi fino all’odio con quel fesso fiorentino che prometteva ma ha solo leccato culi negli executive offices d’Europa, per lasciare a chi già aveva, ma togliere a chi già aveva troppo poco. Guardatevi la mappa del No». Le Austerità, «mai veramente sfidate da Matteo Renzi», secondo il Censis «hanno lasciato 11 milioni di italiani a rimandare esami diagnostici o a cancellarli del tutto». Per l’istituto di statistica, «i poveri assoluti in Italia sono oggi 4,5 milioni». I risparmiatori? «Accumulano, ma non spendono», perché «terrorizzati dal dover pagare di tasca propria i servizi essenziali», cosa che funzionava all’incontrario prima dell’Eurozona, ricorda Barnard, quando cioè era lo Stato a sostenere il welfare, attraverso la lira. Ma a pesare sono soprattutto i giovani, che – infatti – hanno votato No in massa. «Non hanno niente», afferma il Censis. I giovani sono «intrappolati in mini-lavori a bassissimo reddito e zero produttività a causa del Job Act di Renzi». Una riforma che – lo denunciò a “La Gabbia” lo stesso Barnard – è stata scritta «quasi del tutto dalla lobby Business Europe a Bruxelles».E così, conclude il Censis, «la classe media italiana sta scomparendo sotto la ritirata degli investimenti». In più, aggiunge Barnard, «Renzi ha lasciato il 50% delle pensioni sotto i 1.000 euro al mese, ha regalato solo mance di Nano-Economia spostando eurini da un salvadanaio all’altro, la produzione industriale italiana è collassata al 22% nel 2016, il dato peggiore dal 2007, e il Pmi Index delle aziende è al punto più basso da 2 anni». La verità è che a Renzi non glien’è mai importato nulla dell’interesse nazionale, continua Barnard: «Infatti la sua eminenza grigia in economia, Yoram Gutgeld, era un ex executive della McKinsey con l’ossessione della spending review di Bruxelles piantata in testa». Alla fine, «gli italiani più dimenticati hanno impiccato Renzi in piazza». E Goldman Sachs scrive, in un “paper” destinato agli investitori: «Il rapporto fra la disoccupazione giovanile in ogni data regione di voto e il voto No è incredibilmente diretto». E state attenti, avverte Barnard: «Questi sono gli stessi italiani che nelle europee del 2014 avevano dato a Renzi un trionfo. Cosa cazzo ha combinato in soli 2 anni e un po’? Semplice: non ha mantenuto nulla, perché l’uomo di Bruxelles gli diceva sempre No».Dunque che cosa c’è in vista, ora? Una crisi politica «contenibile», secondo Escobar, visto che lo scenario dell’offerta politica italiana «non è esattamente edificante»: c’è un Renzi azzoppato col Pd in rivolta, poi Silvio “bunga bunga” Berlusconi, Grillo, Salvini. In altre parole: nessun Piano-B in campo. «Mentre l’Unione Europea osserva», scrive Escobar, «la linea di fondo è che l’Italia non è vicina ad alcun referendum per lasciare l’Eurozona, per non parlare dell’Unione Europea, in quanto la maggior parte degli italiani sono europeisti (eccetto quando si parla della dominazione tedesca nella Banca Centrale Europea)». La prossima battaglia elettorale vedrà opporsi «l’anti-casta Movimento 5 Stelle» che non sfida apertamente l’Ue né ripudia l’euro, il Pd renziano «ora allo sfascio» e comunque “fedele alla linea” di Bruxelles, e Forza Italia di “nonno Silvio”, probabilmente alleato con la Lega. A tutto penserà, l’Italia, fuorché liberarsi dell’euro, scrive Escobar. «Ma questo implica un intreccio secondario: Angela Merkel, proprio lei, dovrà farsi avanti per dare una mano a “salvare” l’Unione Europea, salvando il Partito Democratico di Renzi».Lo scenario “follow the money” è un’altra volta imminente, avverte Pepe Escobar: le banche dell’Unione Europea sono preoccupate della vittoria del No, e questo renderà molto più difficile salvare il Monte dei Paschi di Siena, la banca più antica del mondo e attualmente la terza più grande dell’Italia, che ha urgente bisogno di raccogliere 5 miliardi di euro in equity e di svendere 28 miliardi di crediti deteriorati. «L’intero sistema bancario italiano è alle corde, ha bisogno di un pacchetto di salvataggio da almeno 40 miliardi di euro», scrive Escobar su “Rt”, in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. «L’Italia si è affidata alla Jp Morgan per trovare una soluzione». Un uomo come Ewald Nowotny, membro del board della Bce nonché capo della banca centrale austriaca, «insiste che l’Italia potrebbe dover spendere tanti soldi pubblici per il salvataggio», e questo «sarà considerato deleterio dalla maggioranza degli italiani», alle prese con una crisi devastante: la produzione industriale ha perso il 10%. E la disoccupazione, ad un pesante 13%, è «il doppio di quanto non lo fosse durante la crisi economica del 2008». Una fotografia impietosa, aggiunge Paolo Barnard, è quella scattata dal Censis. Che scrive: «Gli anziani si tengono stretto ciò che hanno accumulato dagli anni ’70, i giovani non hanno nulla».