Archivio del Tag ‘odissea’
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Uap, l’inspiegabile: Biglino e l’ultimo show del Pentagono
Si intitola “L’Inspiegabile”, l’ultimo kolossal di Hollywood co-prodotto dal Pentagono: il succulento trailer è appena stato distribuito al Congresso, con anticipazioni-bomba sulla grande stampa. Il noto critico cinematografico Mauro Biglino sottolinea l’inarrivabile humour degli sceneggiatori: i favolosi Uap (eredi dei vecchi Ufo, la cui presenza è stata risolutamente negata per 70 anni) ora finalmente “esistono”, in via ufficiale. Ma li protegge un impenetrabile mistero: cosa sono? Da dove vengono? Non dagli Usa, né dalla Russia o dalla Cina. E dunque? Suspence… La trovata fenomenale – ammette Biglino, autore di spettacolari recensioni di capolavori del passato – consiste in questo: viviamo monitorati da una rete di satelliti che saprebbero indicare anche il numero di targa di ogni veicolo circolante sul pianeta, eppure la prima intelligence militare del mondo non sa proprio dire quale stabilimento, sulla Terra, possa produrre quei velivoli che schizzano nel cielo esattamente come i “carri celesti” della Bibbia, dei poemi omerici e del Ramayana indiano.Possibile che il sequel sia anticipato dalla sit-com “Aiutiamo il Pentagono”, con anche un reality in cui – ognuno a bordo del proprio Uap televisivo – i concorrenti soccorranno gli sceneggiatori della Space Force, suggerendo la possibile origine (non aliena, forse sacra, eventualmente psico-visionaria) delle apparizioni multidimensionali che visitano lo spazio-tempo. Sarebbe un modo divertente per ispirare i formidabili autori della serie, già ideatori della leggendaria fiction che nel 1969 propose l’indimenticabile Sbarco sulla Luna a bordo di simpatiche scatolette di latta incerottate alla buona, col nastro isolante. Anche il Comitato Grandi Verità (sezione Akasha) conferma la coerenza narrativa delle ultime produzioni worldwide: attraverso Lorenzo Cherubini (in arte Jovanotti, autore della hit “Sono un ragazzo vaccinato”), lo stesso Bilderberg Group approva lo stile narrativo – tra il fantasy e il cartoon per la prima infanzia – proposto al grande pubblico mondiale.Applausi a scena aperta dal Club Zero Reticuli, che apprezza infinitamente tutto quello che sta accadendo sul nostro pianeta negli ultimi mesi: l’allusione si riferisce evidentemente all’altro reality, quello in corso sul suolo terrestre, in cui – attraverso un preciso sistema di punteggi – ogni partecipante (oltre 7 miliardi, gli iscritti) fa a gara nel credere a tutto quanto viene raccontato dal Ministero della Verità. Già in odore di Oscar il cast internazionale – da quello statunitense a quello italiano – per le strepitose performance nei ruoli drammatici, specie se interpretate da magistrali attori nei panni di pensosi scienziati. Il grande spettacolo (”Come in cielo, così in terra”) potrebbe essere replicato anche per tutto il 2021, anche se alcuni segnali di stanchezza da parte del pubblico lasciano pensare a colpi di scena. Indizi? Avvertono gli storici osservatori del memorabile Uap apparso a Fatima, in Portogallo: se guardiamo alla fine che hanno fatto i tre show precedenti (”Il Mistero dell’Isis”, “Chi ha paura dello spread” e “My Name Is Greta”, tutti scomparsi dai radar), possiamo immaginare che anche “Il Grande Virus” (con il suo sequel, “Il Grande Vaccino”) potrebbero essere rimpiazzati da qualcos’altro, sempre nell’abito della stessa produzione (Great Reset International).Si intitola “L’Inspiegabile”, l’ultimo kolossal di Hollywood co-prodotto dal Pentagono: il succulento trailer è appena stato distribuito al Congresso, con anticipazioni-bomba sulla grande stampa. Il noto critico cinematografico Mauro Biglino sottolinea l’inarrivabile humour degli sceneggiatori: i favolosi Uap (eredi dei vecchi Ufo, la cui presenza è stata risolutamente negata per 70 anni) ora finalmente “esistono”, in via ufficiale. Ma li protegge un impenetrabile mistero: cosa sono? Da dove vengono? Non dagli Usa, né dalla Russia o dalla Cina. E dunque? Suspence… La trovata fenomenale – ammette Biglino, autore di spettacolari recensioni di capolavori del passato – consiste in questo: viviamo monitorati da una rete di satelliti che saprebbero indicare anche il numero di targa di ogni veicolo circolante sul pianeta, eppure la prima intelligence militare del mondo non sa proprio dire quale stabilimento, sulla Terra, possa produrre quei velivoli che schizzano nel cielo esattamente come i “carri celesti” della Bibbia, dei poemi omerici e del Ramayana indiano.
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L’inferno: microchip obbligatorio e vaccini imposti col Tso
Il vaccino è soltanto un passaggio intermedio. L’obiettivo finale non è il vaccino: perché, per quanti soldi si possano fare vaccinando 60 milioni di italiani, non è questo l’obiettivo finale. Certo i vaccini sono una cosa bellissima, per Big Pharma, perché non c’è niente di meglio che curare i sani, nella storia della medicina. Curare a pagamento dei sani è il meglio di qualsiasi business legato alla medicina post-ippocratica. Ma il vero problema è che il vaccino è soltanto una tappa intermedia, verso il pieno controllo bio-tecnologico e bio-politico dell’umanità, con tecnologie che mettano insieme la biologia e la biochimica con l’elettronica. Questo è l’orizzonte di senso a cui personaggi come Bill Gates e le sue aziende lavorano, ormai da molti anni. L’arricchimento della grande élite è secondario, è quasi un effetto collaterale. Il problema fondamentale è il controllo del sistema. Noi dobbiamo fare attenzione, per non cadere nella trappola e non apparire dei dietrologi, dei paranoici deliranti; dobbiamo vedere le cose, ognuna, “iuxta propria principia”. Quando gli Achei salpano per distruggere e conquistare Troia, sono mossi – come ci spiega bene Omero – da una gamma di desideri diversi.Agamennone vuole affermare la sua supremazia su tutti i regni della Grecia. Menelao vuole vendicare il tradimento della moglie, Elena, e recuperarla. Aiace vuole far vedere che è il più forte. Ulisse si piega, pure alla partenza, dovendo realizzare un suo progetto, che non si si risolverà neanche nell’Odissea. E Achille deve riaffermare la sua natura divina-umana. Cioè: sono tutti mossi da finalità diverse, come in fondo ci spiega questa grande epopea psicologica che è l’Iliade; ma tutti convergono su un obiettivo, che è la conquista e la distruzione di Troia. Anche nel nostro caso, evidentemente, ci sono molti interessi, diversi ma convergenti. L’interesse su cui convergono è il fatto di mettere l’umanità sotto controllo. Le ragioni per cui diversi soggetti debbano mettere l’umanità sotto controllo sono svariate, ovviamente. Qualcuno dovrà vendere i microchip per metterli sotto la pelle di tutti, qualcuno dovrà vaccinare tutti, qualcuno dovrà avere un sistema monetario che non risenta di capricci come quelli dei titoli-spazzatura e del problema della monetazione delle monete sovrane. Qualcuno dovrà distruggere ogni principio di sovranità nazionale, alla luce di un diabolico governo globale.Questi interessi convergono: così come nel caso dell’Iliade la distruzione di Troia, in questo caso l’interesse convergente è la distruzione di tutte quelle libertà (costituzionali, civili, giuridiche, individuali e collettive) su cui è nata la grande epopea sorta con la Pace di Westfalia, attraversando poi la Rivoluzione Inglese (quella delle Teste Rotonde), la Rivoluzione Americana di Washington, Franklin e Madison, la Rivoluzione Francese con i suoi esiti, arrivando fino ai Risorgimenti nazionali dell’800, per creare invece un ecumene tecnologico iper-controllato, governato da un’élite platenaria in cui si entra per cooptazione. E’ un disegno luciferino, che sembra marciare con un’agenda implacabile. Anche perché, su questo, convergono molti interessi inconfessabili. Quando oggi si dice, per esempio, che l’unico principio ispiratore, l’unico attrattore strano del caso, l’unico principio organizzatore generale di una società con 9 miliardi di uomini non può che essere la scienza, si perde di vista il fatto che non solo non esiste, una scienza con la S maisucola, neutrale, e non solo gli scienziati non sono gli efori, i sacerdoti della verità metafisica; ma ci sono mille interessi che convergono: quelli delle Big Pharma, di chi vuole mettere sotto controllo il mercato della salute, in tutte le sue implicazioni (il mercato della vita e della morte).E quindi è chiaro che, in questa situazione, non è del tutto scontato che non si possa prendere atto che il dottor Fauci, denunciato anche da sue collaboratrici, non sia guidato soprattutto dal tema dei brevetti dei vaccini o dalle case farmaceutiche, piuttosto che dagli interessi comuni della popolazione degli Stati Uniti d’America. Però, questo blocco storico (uso un termine gramsciano) è saldato in modo talmente forte, che queste idee – che possono sembrare un po’ dietrologiche e paranoiche – in realtà si saldano con un processo storico che è molto forte e molto chiaro. Nel piano della globalizzazione, del mondo senza frontiere, della finanza globalizzata dei Rothschild, dei Rockefeller, dei Soros e dei Bill Gates, è stata già stabilita una divisione internazionale del lavoro. All’estremo Oriente, alla Cina deve andare tutta la manifattura, che con la sua plusvalenza accumulata deve comprarsi il debito americano e la potenza anche militare degli Stati Uniti. L’Europa dev’essere ridotta a qualcosa che è una via di mezzo tra quel po’ di industria che rimane in Germania e un gerontocomio (o una pizzeria) come l’Italia; e comunque, essendo un continente invecchiato, l’Europa deve essere destinata all’afro-islamizzazione demografica, come già aveva preconizzato Oriana Fallaci una trentina d’anni fa.E in questo quadro, chiunque rappresenti un ostacolo dev’essere spazzato via come una formica, e spiaccicato. Non esiste più nessuna libera informazione: c’è un mainstream implacabile. Siamo arrivati al ricorso al Tso, per chi contesta il lockdown? Del trattamento sanitario coatto è sempre stato fatto un uso dovizioso in tutti i regimi, a partire da quello staliniano: se si rifiuta una società “perfetta”, o si è criminali o si è matti, perché si rifiuta il proprio bene. Quella del Tso “per il bene comune” è l’idea che sta alla base di questa filosofia del diritto. In Italia ci sono due modi per costringere qualcuno a subire il trattamento sanitario coatto: uno è psichiatrico e l’altro – guardacaso – è epidemiologico, infettivologico. L’isolamento e la quarantena obbligatoria per chi rischia di propagare una malattia è un intervento coatto, esattamente come il Tso psichiatrico, che viene applicato in modo arbitrario. Il Tso psichiatrico viene prescritto da un medico psichiatra, dipendente pubblico, e confermato da un secondo collega che ne recepisce la diagnosi. Poi deve essere ratificato entro 24 ore dal sindaco, quindi dal giudice tutelare.E’ chiaro che tutto questo implica qualsiasi arbitrio possibile: le ragioni per cui un soggetto possa essere considerato pericoloso a sé e agli altri sono infinite. Potrebbe essere qualcuno che brandisce un’ascia e vorrebbe fare a pezzi la nonna, ma potrebbe essere qualcuno che vuole suicidarsi gettandosi dalla finestra. O qualcuno che non vuole sottoporsi a una terapia, che a quel punto gli viene imposta con la forza. A Testimoni di Geova sono state imposte trasfusioni, col pretesto di salvare una vita. Se lo psichiatra arriva perché il paziente non vuole ricevere quello che è “buono, santo e giusto” per lui, siamo entrati in questa fattispecie. Ed è quella che, credo, verrà usata in modo sistematico: nel nome del pietismo, della filantropia, del benessere individuale e collettivo, e del bene supremo della salvezza della vita – che diventa qualcosa di assoluto, ipostatizzato e mitizzato, anche al di fuori di qualsiasi valutazione razionale. Cioè: se noi abbiamo un vaccino con cui ti puoi salvare da una malattia incombente e tu non te lo vuoi fare, tu non stai facendo il tuo bene; e quindi noi saremo costretti a ricoverarti in ospedale, foss’anche per 48 ore, praticarti il vaccino e poi dimetterti.Ho fatto il primario di psichiatra per tanti anni, e ho visto imporre trattamenti coatti a schizofrenici cronici: rifiutavano la terapia farmacologica, non gliela si poteva praticare in casa, e allora lo psichiatra del territorio (con la copertura dello psichiatra direttore del dipartimento ospedaliero di salute mentale) confermava il Tso anche con un ricovero tipo day hospital, lì veniva praticata l’iniezione – che ha una durata d’efficacia di tre settimane – e dopodiché il paziente veniva dimesso. Ecco: questo è il futuro che si prepara, per noi. Quindi, anche dentro la psichiatria, occorrerà una battaglia serrata. Ma purtroppo ho un’opinione veramente bassa dei miei colleghi, ormai per lo più ridotti a propagandisti di case farmaceutiche, pronti a vendersi anche la nonna per farsi una settimana di vacanza alle Maldive; pur di non perdere il primariato e i premi che ricevono da Big Pharma, saranno pronti a dire: «Ma come, non vuole fare il vaccino? Lei forse non sta bene, è depresso, ha un disturbo ossessivo-compulsivo; noi la ricoveriamo (anche soltanto per 48 ore) le facciamo il vaccino e poi la dimettiamo». Vedrete che finirà così.Conoscendo i miei mediocri colleghi, il Tso sarà uno strumento fortissimo. Su questo, bisognerà organizzare una linea di difesa anche giuridica, da subito, cominciando a castigare i primi che si prestano a fare i “bravi”, i poliziotti di questo sistema. Io mi candido a fare il perito d’accusa della parte civile. Sono a disposizione, gratuitamente, per colpire il primario di quel reparto, cercare di farlo destistituire e mettere in galera, se possibile. Sul caso di Palermo, facciamo subito un esposto in Procura e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. O sinceriamoci che lo stiano già facendo: bisogna attaccare preventivamente, perché questi personaggi, che si mettono a disposizione del propagandista delle case farmaceutiche, non è che siano dei cuor di leone. Io li conosco bene, è gente che tiene famiglia: se capisce che il potere è una parte, si schiera; ma se capisce che dall’altra parte c’è un contropotere, si defila. Perché sono “minuta gente” manzoniana: è un “popol disperso” che non ha pace, non ha dignità. Basta fargli un “bau”, a volte, per spaventarli.Il problema però non è nemmeno il vaccino, in questo caso. Ci verrà inoculata una qualche sostanza nel momento in cui il Covid non farà più paura neanche a un gatto, perché avrà esaurito la sua funzione e la sua dimensione patogenetica. A un certo punto, per non andare in galera, non finire in manicomio o per non perdere il nostro lavoro, potremmo anche accettare di metterci nel corpo un po’ di acqua sporca, sperando che non ci faccia troppo male. Ma non è questo, l’obiettivo finale, credetemi: fosse tutto qui, sarebbe ancora poca cosa. L’obiettivo finale è la moneta unica platenaria, veicolata da un microchip, collegata alle nostre condizioni di salute. Microchip che tutti dovranno mettersi, come il segno dell’Apocalisse: l’elettrodo sulla fronte, o sotto la pelle della mano, senza il quale nessuno potrà né comprare né vendere (il Segno della Bestia, il 666). Non voglio apparire un mistico pazzo, ma credetemi: quello che si sta delineando è proprio questo. Moneta unica, sistema giuridico unico, salute unica. Tutto questo, per una società filantropica governata da quello che Soloviev definisce l’Anticristo, pacifico filantropo macrobiotico, vegetariano, ecologista, con Greta Thunberg come consulente.E’ un potere pervasivo, perfetto: che non ha bisogno dei nostri soldi, perché li stampa. Il problema è che, perché un sistema di controllo funzioni, di fronte a un capitalismo tradizionale, servono nuove soluzioni: intanto deve ridurre la popolazione mondiale, e poi ha bisogno di una società divisa in caste, come nel “Nuovo mondo” di Huxley, dove c’è un’élite di Alfa che non si vedono neppure. Serve una castizzazione della società che metta gli uomini in condizioni giuridiche, psicologiche e antropologiche diverse. Sotto gli Alfa invisibili ci sono i Beta che si vedono (i Soros, gli Zuckenberg, i Bill Gates), poi ci sono i Gamma, che sono gli esecutori politici (tipo il povero professor Conte, avvocato dello studio Alpa), e poi sotto ci sono i carabinieri, i lavoratori, gli impiegati dell’Agenzia delle Entrate, gli operai. E ancora più sotto ci sono gli Epsilon, che devono vivere con 600 euro al mese prendendosi solo il Soma, che è la droga dell’inebetimento.Questo, credetemi, è il disegno complessivo. Ed è un disegno ben pensato, perché tiene conto dell’ingovernabilità della complessità. L’unica forza che abbiamo non è l’opposizione consapevole, perché in questo siamo sicuramente perdenti. Dobbiamo sperare nelle leggi universali del caos. Il grande imperatore Carlo V, sul cui impero non tramontava mai il sole, dal Messico ai Balcani, dopo aver lasciato le colonie d’America e la Spagna al figlio Filippo II e l’impero asburgico a Ferdinando, si ritirò in un convento benedettino in Germania, dove la sua passione era far funzionare una trentina di orologi meccanici. E passò gli ultimi giorni della sua vita dicendo: «Quanto sono stato pazzo, a pensare di controllare tutti i popoli del mondo, quando non sono riuscito a far marciare insieme nemmeno 30 orologi». E’ su questo, che i luciferini del controllo potrebbero cascare. Una cellula impazzita è Trump, un’altra è Putin, altre ancora siamo noi che facciamo questi discorsi, facendoci passare per pazzi, contro i nostri interessi materiali, accademici, categoriali. Siamo noi stessi delle schegge impazzite: siamo sfide nella complessità. Mattoidi, quasi pronti per il Tso.(Alessandro Meluzzi, dichiarazioni rilasciate il 16 marzo 2020 nel dibattito “Alla ricerca della verità”, in diretta web-streaming sulla pagina Facebook di Leonardo Leone, con la partecipazione di Ugo Mattei e Massimo Mazzucco; il video è ora disponibile anche su YouTube. Notissimo psichiatra, nonché criminologo, saggista e accademico, Meluzzi – di formazione comunista – è stato poi deputato e quindi senatore eletto con Forza Italia nel 1994 e nel 1996. Massone, ha fatto parte del Grande Oriente d’Italia. Approdato al cristianesimo, è stato diacono cattolico di rito greco-melchita e poi presbitero della Chiesa ortodossa italiana autocefala, divenendone primate).Il vaccino è soltanto un passaggio intermedio. L’obiettivo finale non è il vaccino: perché, per quanti soldi si possano fare vaccinando 60 milioni di italiani, non è questo l’obiettivo finale. Certo i vaccini sono una cosa bellissima, per Big Pharma, perché non c’è niente di meglio che curare i sani, nella storia della medicina. Curare a pagamento dei sani è il meglio di qualsiasi business legato alla medicina post-ippocratica. Ma il vero problema è che il vaccino è soltanto una tappa intermedia, verso il pieno controllo bio-tecnologico e bio-politico dell’umanità, con tecnologie che mettano insieme la biologia e la biochimica con l’elettronica. Questo è l’orizzonte di senso a cui personaggi come Bill Gates e le sue aziende lavorano, ormai da molti anni. L’arricchimento della grande élite è secondario, è quasi un effetto collaterale. Il problema fondamentale è il controllo del sistema. Noi dobbiamo fare attenzione, per non cadere nella trappola e non apparire dei dietrologi, dei paranoici deliranti; dobbiamo vedere le cose, ognuna, “iuxta propria principia”. Quando gli Achei salpano per distruggere e conquistare Troia, sono mossi – come ci spiega bene Omero – da una gamma di desideri diversi.
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Elezioni irrilevanti: dopo, avremo il solito Governo dei Proci
Prepariamoci: non cambierà niente, in Italia, dopo le elezioni. L’ultima volta s’è votato nell’ormai remoto 2013. Un match concluso con la “non vittoria” di Bersani, la flessione del Cavaliere (bombardato dalla filiera mediatica Nato-Ue) e la squillante ma pletorica affermazione dei 5 Stelle. Risultato: governicchi di compromesso (da Letta a Gentiloni) intervallati dalla meteora Renzi, il finto rivoluzionario rottamatore, ben attento a non disturbare il vero manovratore finanziario, atlantico, europeo. Ora siamo alla parità perfetta di tre blocchi elettorali, ma sempre in assenza in proposta politica: nessuno si candida a sbloccare la situazione di crisi, innanzitutto economica e democratica. «Dato che abbiamo tre poli politici – Pd, M5S, Centrodestra – ciascuno vicino al 30%, consegue che, probabilmente, col sistema elettorale attuale (e non vi è impegno di mutarlo), frutto del lavoro della Corte Costituzionale su leggi elettorali incostituzionali, dopo le imminenti elezioni politiche semplicemente non ci potrà essere una maggioranza uscita dalle urne, un governo che sia espressione democratica», scrive l’avvocato e saggista Marco Della Luna, che teme l’avvento del “governo dei Proci”, i saccheggiatori di Itaca.«Un governo dovrà però esser formato in ogni caso, perché lo esigono i “mercati”(=lobby bancaria) come condizione per continuare a comperare i buoni del Tesoro», scrive Della Luna sul suo blog. Quindi, aggiunge, questo nuovo governo post-elettorale «lo si formerà grazie all’intervento dei soliti “responsabili” – forse mediante un’alleanza tra Berlusconi e Pd (=lobby bancaria), col sostegno di Mattarella, dell’“Europa” (=lobby bancaria), dell’Eurogruppo (=lobby bancaria), del Fmi (=lobby bancaria)». Morale: «E’ il trionfo dei Proci, che saccheggiano Itaca e il palazzo di Odisseo approfittando della sua assenza e tramando affinché non tornasse più sul trono». Tradotto: sarebbe «la cuccagna della partitocrazia italiana, di questi partiti consistenti in coalizioni di comitati di affari per il saccheggio delle risorse pubbliche». Mano libera, ai “Proci”, grazie a «due leggi elettorali incostituzionali di fila», nonché «un Parlamento eletto incostituzionalmente». Fattori che «garantiscono che il popolo non possa scegliere chi governa». E così, «la partitocrazia si ritrova in una situazione che neutralizza gli elettori e lascia pertanto le segreterie partitocratiche (=coordinamenti dei comitati di affari) padrone di negoziare tra loro stesse le più opportune e redditizie lottizzazioni».Tutto questo, aggiunge Della Luna, avverrà «sopra la testa della gente, creando governi servili agli interessi non-italiani dominanti in Europa e in generale in Occidente». Interessi, dice, a cui la palude italiana «continuerà ad appoggiarsi», per ottenere «sostegno e legittimazione», aspetti necessari a «portare avanti le sue pratiche ladresche e di svendita degli interessi nazionali». Se Della Luna non usa toni diplomatici, è difficile non convenire sulla serietà dei rischi che paventa: la Germania è alle prese con i primi incubi (il malessere incarnato da Afd per un’economia asimmetrica, votata all’export e basata sulla compressione di salari e consumi) ma per ora continua a dormire tra due guanciali, la Cdu e l’Spd, così come la Francia che – dopo il sedativo Hollande, strattonato dal super-potere oligarchico – ha scelto direttamente l’originale: Macron è un prodotto fabbricato in vitro e orgogliosamente rivendicato come tale dal suo padrino Jacques Attali, eminente supermassone reazionario, tra i massimi guru ispiratori dell’architettura neo-artistocratica, antipopolare e antidemocratica chiamata Unione Europea. E in questa situazione, con l’economia appesa ai diktat della Bce e della Bundesbank, l’Italia schiera Di Maio e Berlusconi, Salvini e Renzi, Bersani e D’Alema. Chi di loro arriverà a Palazzo Chigi? Non importa, è del tutto indifferente, sostiene Della Luna: per l’Italia non cambierà niente.Prepariamoci: non cambierà niente, in Italia, dopo le elezioni. L’ultima volta s’è votato nell’ormai remoto 2013. Un match concluso con la “non vittoria” di Bersani, la flessione del Cavaliere (bombardato dalla filiera mediatica Nato-Ue) e la squillante ma pletorica affermazione dei 5 Stelle. Risultato: governicchi di compromesso (da Letta a Gentiloni) intervallati dalla meteora Renzi, il finto rivoluzionario rottamatore, ben attento a non disturbare il vero manovratore finanziario, atlantico, europeo. Ora siamo alla parità perfetta di tre blocchi elettorali, ma sempre in assenza in proposta politica: nessuno si candida a sbloccare la situazione di crisi, innanzitutto economica e democratica. «Dato che abbiamo tre poli politici – Pd, M5S, Centrodestra – ciascuno vicino al 30%, consegue che, probabilmente, col sistema elettorale attuale (e non vi è impegno di mutarlo), frutto del lavoro della Corte Costituzionale su leggi elettorali incostituzionali, dopo le imminenti elezioni politiche semplicemente non ci potrà essere una maggioranza uscita dalle urne, un governo che sia espressione democratica», scrive l’avvocato e saggista Marco Della Luna, che teme l’avvento del “governo dei Proci”, i saccheggiatori di Itaca.
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Bufale giganti: per seppellire indizi sui “giganti” veri?
Scheletri di giganti alti 4 metri, scoperti in America e subito occultati: scoperta clamorosa, ma “insabbiata” da una autorevolissima istituzione scientifica come la Smithsonian Institution, un glorioso organismo scientifico finanziato dal governo degli Stati Uniti. Una sentenza della Corte Suprema americana, si legge sul web in diversi blog, avrebbe «costretto la Smithsonian Institution a rilasciare i documenti classificati risalenti agli inizi del 1900 che dimostrano che l’organizzazione è stata coinvolta in una grande, storica copertura di prove». Documenti che proverebbero «la scoperta di migliaia di scheletri di giganti umani rinvenuti in tutta l’America: fu ordinato di distruggerli dagli amministratori di alto livello per proteggere la principale cronologia corrente dell’evoluzione umana». Davvero? Niente affatto: quegli scheletri non sono mai stati distrutti. E per un semplice motivo: non sono mai esistiti. Lo ripetono in coro altre fonti, sempre su Internet, secondo cui la storia rientrerebbe tra le classiche “fake news”, sempre più in voga per gettare discredito sulle vere notizie che circolano sul web, disturbando gli omertosi silenzi del mainstream.Le accuse sarebbero state mosse «dall’istituzione americana di Alternative Archeology (Aiaa)», che affermerebbe che la Smithsonian Institution «aveva distrutto migliaia di scheletri di giganti umani nei primi anni del 1900», scrive il blog “Compl8”. «E questa accusa non è stata presa alla leggera da parte della Smithsonian, che ha risposto facendo causa all’organizzazione per diffamazione», visto che l’iniziativa finirebbe per danneggiare la reputazione di un istituto culturale che ha da 168 anni di storia: basato a Washington ma con 19 musei, negli Usa e non solo, lo Smithsonian dispone di 142 milioni di pezzi, nelle sue collezioni, che ne fanno il più grande complesso di musei al mondo. La storia degli scheletri dei giganti, tenuta nascosta fino alla denuncia avallata dalla Corte Suprema? Tutto falso, assicurano siti come “ThatsFake.com” e “BadSatireToday.com”: una vicenda inventata, di sana pianta, da un’unica fonte, il sito “World News Daily Report”, che si definisce «giornale ebreo sionista americano basato a Tel Aviv, specializzato in archeologia biblica e altri misteri della Terra». Il newsmagazine, attivo dal 1988 e con alle spalle oltre 200.000 edizioni, dichiara di essere gestito da giornalisti pluri-premiati «cristiani, musulmani ed ebrei», nonché da «ex agenti del Mossad e veterani dell’esercito israeliano». Il sito però non ne riporta i nomi, e lo stesso “scoop” sugli scheletri extra-large non è firmato.La tesi sostenuta: durante «la causa in tribunale», sarebbero stati «portati alla luce molti elementi», tanto da costringere «molti informatori della Smithsonian» ad ammettere l’esistenza di documenti che, «presumibilmente», comprovavano «la distruzione di decine di migliaia di scheletri di giganti». Esseri decisamente fuori misura, «che raggiungevano un’altezza tra i 6 e 12 piedi (fra circa 2 metri e 4 metri)». Il “World News Daily Report” cita un nome, quello di James Churward, definito «il portavoce Aiaa», associazione archeologica che “UnveilingKnowledge.com” definisce «immaginaria»: sul web non esiste proprio, non dispone di un sito. Nessuna traccia nemmeno del James Churward, citato dal newsmagazine israeliano. L’accusa: «C’è stata una copertura importante dalle istituzioni archeologiche occidentali, fin dai primi anni del 1900, per farci credere che l’America è stata colonizzata da popolazioni asiatiche che migrarono attraverso lo stretto di Bering circa 15.000 anni fa, quando in realtà, ci sono centinaia di migliaia di sepolture e tumuli in tutta l’America, che i nativi affermano che esistevano già prima di loro, e che mostrano tracce di una civiltà altamente sviluppata, con un uso complesso di leghe metalliche, e in cui si trovano gli scheletri di giganti umani, ma ancora non vengono denunciati dai media e dalle agenzie di stampa».Si cita anche l’enorme femore che sarebbe stato scoperto in Ohio nel 2011, ma il “World News Daily Report” va oltre: sostiene che in sede giudiziaria sarebbe stato esibito «un osso lungo 1,3 metri» che, nientemeno, sarebbe stato «rubato dalla Smithsonian da uno dei loro stessi curatori di alto livello a metà degli anni ’30, che aveva conservato l’osso per tutta la vita, e che sul letto di morte aveva ammesso per iscritto che ci furono operazioni sotto copertura dello Smithsonian per far sparire questi scheletri di giganti definitivamente». E ancora: «Stiamo nascondendo la verità sui progenitori dell’umanità, i nostri antenati, i giganti che popolavano la terra come ricordato anche nella Bibbia e nei testi antichi del mondo». Il sito “ThatsFake” smentisce tutto e dichiara falsa l’intera ricostruzione: la denuncia, la causa legale, tutto quanto. «L’intero articolo è una bufala», scrive. «Non è mai stata effettuata alcuna ammissione di quel genere da parte dello Smithsonian». L’esistenza di esseri umani giganti, quelli che la stessa Bibbia chiama “Nephilim”, oppone da lungo tempo evoluzionisti e creazionisti, aggiunge “ThatsFake”. «Ciò ha portato a molte teorie del complotto, che sostengono lo Smithsonian ed enti governativi abbiano coperto l’esistenza di esseri umani giganti per “proteggere la teoria dell’evoluzione umana”».Sempre il sito anti-bufale ammette che il web pullula di foto che ritraggono persone accanto a ossa gigantesche, in apparenza umane, ma sostiene che «è dimostrato che la maggior parte di queste sono state manipolate digitalmente». I giganti, comunque, appassionano: “Esoterya.com” riferisce del ritrovamento di «resti scheletrici di un essere umano di dimensioni fenomenali» scoperto nel 2004 nel nord dell’India da ricercatori di “National Geographic”, subito però “blindati” «dall’esercito indiano». Molti hanno dato la notizia per falsa, aggiunge “Esoterya”, che però cita «il femore di un gigante» che sarebbe stato «spedito in Spagna da Hernán Cortés durante la conquista del Messico». Tracce di altri “giganti” sarebbero state avvistate da esploratori come Magellano, Drake, Hernández , mentre «alcuni soldati a Lampock Ranch, in California, rinvennero lo scheletro di un gigante», ma purtroppo «un frate cattolico ordinò loro di sotterrarlo nuovamente perché i nativi locali erano adirati da tale profanazione», attribuendo quei resti «a un antico dio». Non c’è odore di “fake news”, invece, nel Gigante di Castelnau, cioè i tre frammenti ossei fossili (probabilmente omero, tibia e femore) scoperti dall’antropologo Georges Vacher de Lapouge nel 1890, in Francia.Quei resti affiorarono da un tumulo relativo a una sepoltura dell’Età del Bronzo, databile probabilmente al Neolitico. «Secondo de Lapouge – si legge su Wikipedia – le ossa fossili potrebbero appartenere ad uno dei più grandi esseri umani mai esistiti. Sulla base della dimensione dei frammenti, egli riteneva che l’uomo potesse essere alto circa 3,5 metri». Sui frammenti ossei del presunto gigante, aggiunge Wikipedia, non sono stati pubblicati studi moderni con revisione paritaria. Però il Gigante di Castelnau fu studiato all’università di Montpellier da Sabatier e Delage, professori rispettivamente di zoologia e paleontologia, oltre ad altri anatomisti. «Nel 1892, i frammenti furono approfonditamente studiati dal dottor Paul Louis André Kiener, professore di anatomia patologica presso la Scuola di Medicina di Montpellier». Kiener concluse che i frammenti «rappresentavano “una razza molto alta”, non trovandoli però anomali nelle dimensioni». Due anni dopo, notizie di stampa riportarono un’ulteriore scoperta di ossa umane “giganti” rinvenute nel corso dello scavo di un’area cimiteriale preistorica a Montpellier, ad appena 5 chilometri da Castelnau, individuata durante scavi per opere idriche. «Si rinvennero teschi che misuravano “28, 31 e 32 pollici di circonferenza”, assieme ad altre ossa di proporzioni gigantesche che indicavano l’appartenenza a una popolazione umana alta “tra 10 e 15 piedi” (circa 3-4,5 metri)».Sono le stesse dimensioni, che ricorrono praticamente ovunque. Quelle ossa, scrive ancora Wikipedia, furono poi trasmesse all’Accademia delle Scienze a Parigi per ulteriori studi, di cui non si precisano gli esiti. Ma la curiosità per queste ipotetiche, misteriose creature – di cui non parla solo la Bibbia, ma anche l’Odissea (Polifemo) – non accenna a scemare: l’ultima notizia viene dalla Sardegna, dove un paio d’anni fa è emerso uno scheletro di grandi dimensioni nel complesso nuragico di Barru, tra i comuni di Guamaggiore e Guasila. «Ha un femore enorme», disse il sindaco di Guamaggiore, Nello Cappai, citato dal quotidiano “L’Unione Sarda”, parlando di un osso risultato poi lungo 60 centimetri. Tempo fa fece il giro del web la storia, diffusa dal giornale tedesco “Blid”, del dito mummificato, lungo 38 centimetri, che sarebbe stato scoperto da un tombarolo egiziano vicino alla piramide di Giza e fotografato dallo svizzero Gregory Spoerri.Per Zecharia Sitchin, il padre della paleo-astronautica, la controversa teoria basata sulla reinterpretazione degli antichi testi sumeri, proprio nei giganti sarebbero riscontrabili le tracce dei nostri veri progenitori. In libri come “Il pianeta degli dei” e “Quando i giganti abitavano la Terra”, il ricercatore azero-statunitense sostiene che gli Elohim biblici che dissero “Creiamo Adamo a nostra immagine e somiglianza” siano stati gli dei della Sumeria e di Babilonia, gli Anunnaki giunti sulla Terra dal loro pianeta, Nibiru. Secondo Sitchin, Adamo fu geneticamente progettato circa 300.000 anni, quando i geni degli Anunnaki vennero uniti a quelli di un ominide. Poi, secondo la Bibbia, vennero celebrati matrimoni misti: sulla Terra abitarono i Giganti, che presero in moglie le discendenti di Adamo, dando alla luce “uomini eroici”, figure che l’autore riconduce ai semidei delle tradizioni sumere e babilonesi, tra cui il famoso re mesopotamico Gilgamesh, colui che rivendicò il diritto all’immortalità, e Utnapishtim, l’eroe babilonese del Diluvio. Ma allora tutti noi discendiamo da semidei? Lo storico romano Giuseppe Flavio, nel 79 dopo Cristo, scrive: «Vi erano dei giganti. Molto più grandi e di forma diversa rispetto alle persone normali. Terribile a vedersi. Chi non ha visto con i miei occhi, non può credere che siano stati così immensi».Un sito che si occupa di aspetti scientifici poco noti, “Il Navigatore Curioso”, rievoca la storia di 18 scheletri giganti scoperti nel Wisconsin nel maggio del 1912 da un team di archeologi del Beloit College. Una notizia accolta con enorme risalto dai grandi giornali: uno scavo realizzato presso il lago Delavan «portò alla luce oltre duecento tumuli con effigie che furono considerate come esempio classico della cultura Woodland», una ascendenza preistorica americana che si crede risalga al primo millennio avanti Cristo. «Ma ciò che stupì i ricercatori fu il ritrovamento di diciotto scheletri dalle dimensioni enormi e con i crani allungati, scoperta che non si adattava affatto alle nozioni classiche contenute nei libri di testo. Gli scheletri erano veramente enormi e, benchè avessero fattezze umane, non potevano appartenere a esseri umani normali. La notizia – aggiunge il “Navigatore Curioso” – ebbe una grande eco e fece molto scalpore, tanto che il “New York Times” riportò la notizia tra le sue pagine. Forse, a quei tempi, c’era più libertà e meno paura rispetto alle scoperte che potevano cambiare le consolidate credenze scientifiche fondate solo su teorie». L’unica certezza che abbiamo, ripete Mauro Biglino, noto per la rilettura letterale della Bibbia, è che la nostra storia è interamente da scrivere. E se qualcuno ha davvero “paura” di possibili verità scomode, forse non c’è niente di meglio che qualche bufala “gigante”: l’ideale, per seppellire nel ridicolo qualsiasi pista alternativa a quella ufficiale.Scheletri di giganti alti 4 metri, scoperti in America e subito occultati: scoperta clamorosa, ma “insabbiata” da una autorevolissima istituzione scientifica come la Smithsonian Institution, un glorioso organismo scientifico finanziato dal governo degli Stati Uniti. Una sentenza della Corte Suprema americana, si legge sul web in diversi blog, avrebbe «costretto la Smithsonian Institution a rilasciare i documenti classificati risalenti agli inizi del 1900 che dimostrano che l’organizzazione è stata coinvolta in una grande, storica copertura di prove». Documenti che proverebbero «la scoperta di migliaia di scheletri di giganti umani rinvenuti in tutta l’America: fu ordinato di distruggerli dagli amministratori di alto livello per proteggere la principale cronologia corrente dell’evoluzione umana». Davvero? Niente affatto: quegli scheletri non sono mai stati distrutti. E per un semplice motivo: non sono mai esistiti. Lo ripetono in coro altre fonti, sempre su Internet, secondo cui la storia rientrerebbe tra le classiche “fake news”, sempre più in voga per gettare discredito sulle vere notizie che circolano sul web, disturbando gli omertosi silenzi del mainstream.
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Cuperlo: il Pd è morto, non ha ricette contro la catastrofe
Dopo le dimissioni del premier e le parole di dignità di quella notte ho visto un gruppo dirigente narcotizzato. La destra gioisce. È caduto il governo. Di bicameralismo si riparlerà tra qualche anno ed è iniziato il count down della legislatura senza che ci sia una legge elettorale. Intanto aumenta la sofferenza di chi vive sulla pelle la violenza di diseguaglianze sempre più grandi. Il referendum è stato soprattutto un voto politico che ha bocciato governo, classe dirigente e alcune riforme simboliche. Insegnanti, precari, giovani, Mezzogiorno, la fotografia reclama una svolta. Il Pd è senz’anima e se non lo capiamo è destinato a morire. La crisi peggiore del secolo dovrebbe spingere la sinistra a fare ciò che ha rinviato per anni, un ripensamento di sé, delle sue ricette. Flessibilità, liberalizzazioni, pareggio di bilancio sono stati un cedimento culturale che ha rimosso la lotta a disparità e discriminazioni sempre più odiose. Anche in Europa il risultato è una sinistra costretta a tifare Fillon o Merkel, senza una leadership e una strategia in grado di riscattare gli ultimi della fila. Se davanti a questa scena il primo partito della sinistra facesse come i proci a Itaca ci sarebbe da indignarsi.So riflettere sui miei limiti e anche sulle subalternità che vengono da prima. La norma sul pareggio di bilancio l’abbiamo votata noi quando Renzi era sindaco. Oggi il tema è come si ricuce con parti di società che hanno testa e cuore altrove. Sono stanco di sentire dal pulpito la scomunica dei caminetti e poi capire che si riuniscono in sacrestia. Ma quando deve discutere un partito segnato dalla sconfitta? Ho sentito capi corrente farsi di colpo paladini di una fase di decantazione per evitare altri traumi. Ma che opinione hanno dei circoli, dei nostri iscritti, di chi ci vota? Un congresso non si fa quando 10 persone decidono che sono pronti loro, lo si fa quando la realtà te lo chiede o te lo impone. Per me lo si deve fare prima delle elezioni e fissando regole nuove. Se la sinistra perde la fiducia verso le persone è difficile chiedere alle persone di avere fiducia in noi.Penso che Renzi abbia dato una scossa su temi importanti, dai migranti ai diritti civili, e che abbia commesso errori gravi, primo tra tutti aver coltivato l’isolamento sociale del Pd con riforme, dal lavoro alla scuola, vissute come schiaffo al nostro mondo. Per me, cambio di passo e del timoniere coincidono. Credo di avere coltivato la lealtà ed è quella stessa lealtà che mi porta oggi a denunciare cosa siamo diventati. Una confederazione di sotto-partiti. Il Pd rischia di esaurire la sua storia se non alza lo sguardo sulla realtà. Su cosa sia la grande crisi di questi anni, su come l’Occidente sta reagendo al venir meno del suo impianto spirituale, sulla fine delle politiche pubbliche che hanno dominato il ‘900, sul divario col Mezzogiorno che produce due nazioni in un corpo solo, sul bisogno di un modello alternativo di socialità e capitalismo. Se non abbiamo parole da dire su questo, il resto è ceto politico. Le norme sui voucher vanno cambiate. L’abuso è iniziato coi governi di prima e adesso la situazione è insostenibile. Penso che per primo Gentiloni ne sia consapevole. Poletti ha detto frasi scorrette e ora si è scusato. A me interessa l’inversione radicale di una politica sbagliata.(Gianni Cuperlo, dichiarazioni rilasciate ad Alessandra Longo nell’intervista “Non c’è anima né programma, senza congresso il Pd è morto”, pubblicata su “Repubblica” il 23 dicembre 2016).Dopo le dimissioni del premier e le parole di dignità di quella notte ho visto un gruppo dirigente narcotizzato. La destra gioisce. È caduto il governo. Di bicameralismo si riparlerà tra qualche anno ed è iniziato il count down della legislatura senza che ci sia una legge elettorale. Intanto aumenta la sofferenza di chi vive sulla pelle la violenza di diseguaglianze sempre più grandi. Il referendum è stato soprattutto un voto politico che ha bocciato governo, classe dirigente e alcune riforme simboliche. Insegnanti, precari, giovani, Mezzogiorno, la fotografia reclama una svolta. Il Pd è senz’anima e se non lo capiamo è destinato a morire. La crisi peggiore del secolo dovrebbe spingere la sinistra a fare ciò che ha rinviato per anni, un ripensamento di sé, delle sue ricette. Flessibilità, liberalizzazioni, pareggio di bilancio sono stati un cedimento culturale che ha rimosso la lotta a disparità e discriminazioni sempre più odiose. Anche in Europa il risultato è una sinistra costretta a tifare Fillon o Merkel, senza una leadership e una strategia in grado di riscattare gli ultimi della fila. Se davanti a questa scena il primo partito della sinistra facesse come i proci a Itaca ci sarebbe da indignarsi.
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Sulla Luna con Alì, ogni giorno un miracolo di giustizia epica
Forse bisogna essere stati molto giovani negli anni Settanta, o meglio ancora ragazzini, per capire cosa significasse davvero Muhammad Alì. Perché oggi è abbastanza normale che un campione non parli solo di sport, non è consueto però è normale, ma allora no. Alì che diceva all’America: prendetevi tutto, il titolo mondiale dei pesi massimi, i soldi, la libertà, ma non vi prenderete me. E come lo diceva, poi. Faceva solo finta di essere cattivo, cattivissimo, invece era un simpatico sbruffone, era un comico. I bambini gli morivano dietro perché Alì era un eroe dei cartoni, velocissimo e imbattibile, gommoso e immortale. E non aveva la faccia piena di pugni. Era l’amico più grande che ti salva dagli agguati della banda rivale, quella delle case Gescal. Era molto più tamarro di loro ed era un dio. Un dio tamarro. Aveva le nappine che ballavano nelle scarpette, una volta almeno le indossò. E la sua danza era ritmata da quel movimento, le frange andavano su e giù e dovevi deciderti: o guardavi i pugni o guardavi i piedi. Tutto troppo rapido per qualunque occhio.Lo zio lo chiamava ancora Cassius Clay perché non gli riconosceva il valore simbolico, ma lui mica votava comunista come papà. Invece, papà aveva capito bene il senso di quel ciclope furioso e gentile: il signor campione Muhammad Alì aveva mandato a quel paese la guerra del Vietnam e il presidente degli Stati Uniti, e per questo bisognava tifare solo per i suoi guantoni. Erano un segno di libertà per tutti, anche per gli operai di Settimo Torinese e Crotone, Scampia e Taranto, non soltanto per i neri americani e africani. Alì combatteva per tutti gli oppressi: dunque, per una volta si poteva restare alzati la notte e vederlo fare a pugni in tivù contro il nero venduto al potere, cioè Foreman. La prima veglia era stata per lo sbarco sulla Luna. La seconda per Italia-Germania. La terza, per quella battaglia nella giungla. Ecco, per capire davvero chi è morto l’altra notte (morto? ma figuriamoci) bisogna proprio tener conto dello spessore assoluto della storia che si andava vivendo, e raccontando allora.C’erano, in quel tempo memorabile, solo personaggi epici: il comandante Neil Armstrong, Gigi Riva, Pelè e Muhammad Alì. Per forza, poi, da grande ti avrebbero mandato al liceo classico. Altro che Odisseo e Socrate, i grandi della storia noi li vivevamo tutti i giorni, Omero metteva solo le didascalie. Prese un sacco di pugni per cinque round. Il venduto Foreman lo stava gonfiando come una zampogna. Ma lui niente, lui sempre in piedi a pigliare in giro quell’altro. Mi deludi, George. Non sai fare di meglio? Sei diventato debole, amico. Sei stanco? E Foreman picchiava come un pazzo, sprecando così ogni energia. Lo zio però pensava che al prossimo cazzotto ben dato, Alì sarebbe finito al tappeto. Invece papà era sicuro del contrario, i suoi occhi dicevano “stai tranquillo, figlio mio, alla fine i giusti vincono sempre”. All’ottava ripresa, infatti, Mohammad tirò un cartone dell’altro mondo al venduto che vacillò e andò a terra come morto. E Alì lo guardava cadere, stava per colpire ancora Foreman ma non lo fece, trattenne il guantone, sapeva che non ci sarebbe stato bisogno di niente di più, forse non voleva sfigurare il volto del nemico. Con quel pugno fantastico lo aveva già umiliato abbastanza, e si stava riprendendo tutto: il titolo mondiale, la gloria, l’orgoglio, un pezzo del suo passato e l’amore del mondo intero e dell’umanità: tutta, senza eccezioni. A parte lo zio.E poi ci fu quell’altra sera. Aspettavamo l’ultimo tedoforo nello stadio di Atlanta e quando comparve Alì, quando realizzammo che non era una visione mistica ma era invece tutto vero, ci sentimmo esattamente dentro la storia, quella da raccontare più ai nipoti che ai lettori. La torcia tremante nel pugno stretto di Muhammad Alì: eppure nulla era stato più fermo e più nitido, più esatto e definitivo, mai. La mano era la stessa dell’autografo, cinque anni prima. Alì a Torino per una manifestazione dell’Uisp, l’enorme silenzio quando lui entrò nella Reggia di Venaria. Barcollava e taceva. Poi gli misero sotto il naso dei cartoncini da firmare e Alì sedette assorto come un bimbo delle elementari: la mano guidava lentissimamente la penna che solcava la carta come un aratro. Veniva voglia di dirgli “scusi Alì, veramente, ci perdoni, siamo dei coglioni a farle fare questo sforzo immane, è lo stesso, lasci stare, non importa” e invece niente, il trofeo d’inchiostro si andava componendo sul foglio e sta ancora lì, appeso al muro, solo un po’ sbiadito.E poi i libri, certamente. Gli articoli, alcuni bellissimi. Gianni Minà, Emanuela Audisio. E poi “The fight” di Norman Mailer, tradotto chissà perché “La sfida” da Einaudi, un romanzo e non solo un reportage: la penna era la stessa che aveva raccontato il Vietnam e l’epopea dei primi astronauti. Ai ragazzi delle scuole di giornalismo forse basterebbe dare da leggere Mailer. Ecco perché Muhammad Alì è stato, semplicemente, il più grande atleta di tutti i tempi. Non solo per le vittorie, quelle le hanno ottenute anche Coppi e Carl Lewis, Federer e Michael Jordan, Maradona e Nuvolari. Alì è stato il più grande nel rapporto tra immenso ingombro sportivo e gigantesca valenza sociale, umana, culturale e politica. Nessuno come lui, in questo. Ovunque sia lo zio, ora sarà d’accordo pure lui.(Maurizio Crosetti, “Muhammad Ali, quel ciclope furioso e gentile che faceva finta di essere cattivo”, da “La Repubblica” del 4 giugno 2016).Forse bisogna essere stati molto giovani negli anni Settanta, o meglio ancora ragazzini, per capire cosa significasse davvero Muhammad Alì. Perché oggi è abbastanza normale che un campione non parli solo di sport, non è consueto però è normale, ma allora no. Alì che diceva all’America: prendetevi tutto, il titolo mondiale dei pesi massimi, i soldi, la libertà, ma non vi prenderete me. E come lo diceva, poi. Faceva solo finta di essere cattivo, cattivissimo, invece era un simpatico sbruffone, era un comico. I bambini gli morivano dietro perché Alì era un eroe dei cartoni, velocissimo e imbattibile, gommoso e immortale. E non aveva la faccia piena di pugni. Era l’amico più grande che ti salva dagli agguati della banda rivale, quella delle case Gescal. Era molto più tamarro di loro ed era un dio. Un dio tamarro. Aveva le nappine che ballavano nelle scarpette, una volta almeno le indossò. E la sua danza era ritmata da quel movimento, le frange andavano su e giù e dovevi deciderti: o guardavi i pugni o guardavi i piedi. Tutto troppo rapido per qualunque occhio.
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Renzi, il clown di Firenze che finge di sfidare la Germania
Renzi? L’uomo della provvidenza 2014, dotato di un unico ufficio efficiente: quello delle pubbliche relazioni. Il giovane premier è un fenomeno: è riuscito ad aumentare la sua popolarità nonostante non abbia rispettato nessuna delle scadenze sulle riforme annunciate. Un bluff anche l’aver vantato di ottenere più flessibilità da Bruxelles, mentre gli indicatori economici continuano a precipitare. «Per non dire della sua raggelante slealtà verso Letta, “Enrico, stai sereno”». La sua capacità comunicativa è più forte dei fatti, prende nota Marco Della Luna. In questo, Renzi batte Berlusconi. Marketing raffinato, capacità di schivare il colpo ed evitare «il confronto diretto, serio, approfondito sui risultati e sui programmi». Confronto «da cui spiccherebbe la sua inconsistenza», zero analisi economica, nessuna reale soluzione. Così, non è che altro che «illogicità infantile» la fiducia riposta in lui. Renzi è sempre di fretta: scusate, ora non ho tempo. Se la cava così, evitando qualsiasi domanda. E poi, si sa, le domande sono solo seccature che fanno perdere tempo prezioso.«L’uomo della provvidenza 2014 non ha mai tempo per i consuntivi», continua l’avvocato Della Luna sul suo blog. «Come i suoi due predecessori», Monti e Letta, di cui sta eseguendo più o meno alla lettera il programma, in realtà scritto tra Berlino e Bruxelles, Renzi «sa che quando arrivano i consuntivi la bolla delle speranze sfloppa». Problema, perché «la sua forza sta nel rilanciarle, le speranze: a 100 giorni dapprima, oggi a 1.000». Il momento della verifica? Può attendere, basta che nessuno se ne accorga. Stessa tattica della fretta anche a Strasburgo: prima del discorso ha evitato contatti persino coi suoi parlamentari, e al termine ha dribblato i giornalisti e le loro fastidiose domande, correndo al sicuro nel salotto di Vespa. Quanto all’imbarazzante discorso europeo, «Renzi ha esordito avvertendo che il programma operativo lo aveva depositato alla presidenza del Parlamento in forma scritta», quindi non ne avrebbe parlato in aula. «Il programma, cioè, è una conoscenza riservata ai livelli superiori; per il grande pubblico va bene lo show».Mentre perdura il mistero sul programma, resta solo l’aria fritta del discorso: zero contenuti, ovvero «enunciati ideologici, figure retoriche, evocazioni culturali di bassa qualità, affermazioni velleitarie» su misura per l’elettorato italiano, presso il quale «Renzi ha cercato di accreditarsi come difensore degli interessi nazionali (mentre non lo è come non lo erano Letta e Monti)». Ha anche cercato di guadagnarsi consenso e simpatia «esprimendo giudizi, proteste, accuse, sogni», proiezioni retoriche a buon mercato «in cui si può ritenere che si riconoscano molti strati popolari italiani: noi siamo bravi, noi facciamo riforme sostanziali, noi diamo più di quanto riceviamo, noi non accettiamo lezioni da nessuno, la colpa è degli altri, noi abbiamo una grande storia dietro le spalle, noi abbiamo diritto a reclamare flessibilità anche perché essa è condizione per il successo anziché insuccesso dell’Europa stessa». Parlando a braccio, Renzi «ha fatto il gigione, o il ganzo, come si dice in Toscana, ma con una caricatura della toscanità, uno stile che i miei amici toscani trovano forzato e grossolano», annota Della Luna.Insomma, di fronte «al grande dramma sociale, alla crescente diseguaglianza entro i paesi europei e di fronte al fatto che l’Eurozona cresce la metà dei paesi dell’Ocse», al cospetto di tutta l’Europa il premier italiano «parla di Ulisse e Telemaco, di orgoglio nazionale, di sentimenti e ideali, di accoglienza ai migranti, e non di cose concrete». In altre parole, «tratta il suo pubblico come un insieme di deficienti». E non a torto, purtroppo: «Molti, in effetti, lo applaudono». Per Della Luna, «è stato uno spettacolo disgustoso». Siccome le cose in Europa vanno palesemente male, molto male, e le tensioni continuano ad aumentare, «un approccio serio, professionalmente nonché politicamente onesto, sarebbe stato incentrato sull’analisi di questi mali e delle loro cause, per proseguire con una motivata proposta di soluzioni operative». Renzi, per esempio, «avrebbe dovuto rilevare che l’Ue ha applicato una teoria economica, con le sue ricette e le sue riforme – tra cui l’austerità – che da anni i fatti stanno smentendo, perché non produce risanamento del debito ma aggravamento, non produce stabilità ma instabilità, non produce sviluppo ma recessione». C’è divergenza là dove dovrebbe esserci convergenza tra diverse economie, perché il rigore «non produce occupazione ma precari, disoccupati e sottoccupati».Se i fatti smentiscono rovinosamente tutte le previsioni dell’élite eurocratica, «non si tratta di aumentare di qualche centesimo percentuale la flessibilità del meccanismo, ma di prendere atto che la teoria è falsa perché confutata dai fatti». Stesso discorso per l’euro e i suoi effetti reali. In quanto alle “riforme” neoliberiste continuamente evocate, riforme «che Renzi e i mass media presentano al popolo come contropartita per la “flessibilità”», Della Luna ricorda che quelle contro-riforme «vengono dalla medesima teoria confutata dai fatti, e fanno parte di quella linea di riforme del settore bancario e finanziario che hanno permesso, in Europa come in America, le maxi-bolle e le mega-truffe bancarie che, oltre alla crisi bancaria mondiale, con la loro ricaduta sulle finanze pubbliche, hanno prodotto la crisi dei debiti sovrani, dei debiti pubblici, in cui stiamo dibattendoci. E’ proprio il caso di continuare su quella linea?». Sappiamo qual è il risultato: «Precipitare le nazioni in condizioni di miseria e asservimento dal potere bancario».Renzi, continua Della Luna, avrebbe dovuto rilevare che quella teoria smentita dai fatti e quei principi di pareggio di bilancio e liberalizzazione finanziaria anch’essi smentiti dai fatti «ormai li difende solo la Germania assieme ai suoi satelliti, e li difende non per ragioni “scientifiche”, ma solo perché ne trae un vantaggio a spese degli altri paesi, in quanto ne assorbe capitali e altre risorse». Quindi, il vero problema «è un conflitto oggettivo di interessi». E la trattativa, da parte dei paesi svantaggiati come l’Italia, «può funzionare solo se prospetta alla Germania la scelta secca, con una rigida data di scadenza, tra un accordo per nuovo sistema finanziario e monetario da una parte, e dall’altra parte un piano-B, di rottura, in cui la Germania abbia da perdere seriamente». Altrimenti, «niente tutela degli interessi nazionali, ma solo fandonie». E la disputa coi “falchi” tedeschi «è solo una messa in scena per illudere il popolo degli sprovveduti», quello che applaude alle trovate del clown di Firenze mentre la nave affonda.Renzi? L’uomo della provvidenza 2014, dotato di un unico ufficio efficiente: quello delle pubbliche relazioni. Il giovane premier è un fenomeno: è riuscito ad aumentare la sua popolarità nonostante non abbia rispettato nessuna delle scadenze sulle riforme annunciate. Un bluff anche l’aver vantato di ottenere più flessibilità da Bruxelles, mentre gli indicatori economici continuano a precipitare. «Per non dire della sua raggelante slealtà verso Letta, “Enrico, stai sereno”». La sua capacità comunicativa è più forte dei fatti, prende nota Marco Della Luna. In questo, Renzi batte Berlusconi. Marketing raffinato, capacità di schivare il colpo ed evitare «il confronto diretto, serio, approfondito sui risultati e sui programmi». Confronto «da cui spiccherebbe la sua inconsistenza», zero analisi economica, nessuna reale soluzione. Così, non è altro che «illogicità infantile» la fiducia riposta in lui. Renzi è sempre di fretta: scusate, ora non ho tempo. Se la cava così, evitando qualsiasi domanda. Le interviste? Seccature, che fan perdere tempo prezioso.
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Ma questa Europa non è affatto annoiata: è disperata
«Se l’Europa facesse un selfie, mostrerebbe il volto della noia», dice Renzi al Parlamento Europeo. Noia? «No, il volto di paesi come la Grecia, il Portogallo, la Spagna e la stessa Italia non è annoiato, è disperato», protesta il “Keynes Blog”. «L’Europa attuale non è un sogno, men che meno ha un’anima. E’ un insieme di regole – quelle che Renzi non vuole cambiare – basate su una teoria economica che si è dimostrata palesemente incapace non solo di prevedere, ma anche di guarire la crisi iniziata nel 2008». Il tutto – regole e istituzioni – è «orientato a garantire i paesi creditori e bastonare quelli debitori». Aggiunge il blog: non stiamo camminando lentamente, stiamo tornando indietro. «La “generazione Erasmus” (ora ribattezzata “generazione Telemaco”) di cui Renzi si sente parte, è la più colpita, con tassi di disoccupazione oltre ogni soglia di tollerabilità: stiamo distruggendo capitale fisico e umano, ponendo le basi perché la crescita non ritorni in tempo utile affinché questa generazione possa goderne».Si è antitaliani se si afferma che il discorso di Renzi al Parlamento Europeo è «una montata di fumo a manovella», fatta solo per cercare facile consenso? Anche la confusa metafora di Telemaco, dice Giorgio Cremaschi su “Micromega”, resta sospesa a mezz’aria. La storia del figlio di Ulisse che aiuta il padre a sterminare gli usurpatori di Itaca e liberare Penelope la sanno anche gli studenti delle medie, ma chi sono i Proci per Renzi? «Non lo sapremo mai, perché tutta la sua comunicazione politica si fonda sulla allusione», lasciando le conclusioni al pubblico, per tenersi le mani «libere di continuare a fare quel che si è sempre fatto». Renzi allude a un’Europa «diversa da quella che con le politiche di austerità ha prodotto 40 milioni di disoccupati», ma quando si va sul concreto «l’unica affermazione chiara è che l’Italia rispetterà tutti i micidiali vincoli del Fiscal Compact, dei patti di stabilità, del rigore», e andrà avanti con le micidiali “riforme strutturali” raccomandate dall’oligarchia neoliberista, ovvero «flessibilità del lavoro, bassi salari, privatizzazioni e mercato, mercato, mercato».È la ricetta che è stata definita come “precarietà espansiva”, ricorda Cremaschi. Puro ossimoro: l’austerity che produce crescita, secondo Mario Monti e colleghi. «Come disse Padoan prima di diventare ministro, dal dolore nasce lo sviluppo». Tutti i dati economici italiani e anche quelli dell’Eurozona «dimostrano che il dolore cresce, ma lo sviluppo no». Tuttavia, continua l’ex leader Fiom, Renzi rivendica per l’Italia il ruolo di primo della classe nell’applicazione di queste politiche, aggiungendo assieme a tutti i socialdemocratici europei che esse dovranno essere “accompagnate dalla crescita”. «Che vuol dire? Niente. Le politiche di austerità sono un sistema compiuto», che produce solo danni. «O si abbandona l’austerità – cioè pareggio di bilancio, vincolo del debito, divieto di intervento pubblico, bassi salari – oppure si rinuncia alla crescita o almeno a quella crescita che viene promessa da “Telemaco” Renzi». Domanda: ma se queste politiche non producono veri risultati, come mai tutti i governi, e il governo europeo delle larghe intese appena varato, continuano a portarle avanti?«Per due ragioni di fondo, di cui la seconda è inconfessabile», sostiene Cremaschi. La prima è che «le politiche di rigore e austerità europee sono figlie di più di trent’anni di politiche economiche liberiste». Oggi si teme la deflazione, cioè l’assenza di inflazione come ulteriore spinta alla stagnazione economica, ma «tutta la costruzione europea fino alla Bce ha come presupposto la lotta all’inflazione». La scala mobile che tutelava i salari italiani «è stata abolita nel nome della lotta all’inflazione». Il debito pubblico «si è gonfiato dei costi degli interessi pagati alla finanza perché si è rinunciato, ben prima dell’euro, a stampare moneta». La lotta all’inflazione, insiste Cremaschi, è il nocciolo materiale e ideologico delle politiche di austerità. E tutte le istituzioni, tutti i gruppi dirigenti, politici e sindacali «sono stati selezionati nel suo nome». Altro che la contestazione a qualche casta marginale: «Per cambiare politica bisognerebbe cambiare tutta una classe dirigente che non sa produrre altro se non austerità». E poi c’è la seconda ragione per cui si va avanti così, «quella inconfessabile». E cioè: «Purtroppo non è vero che il dolore non dia risultati: gli indici di Borsa da quasi tre anni sono in crescita. Chi ha investito nel momento più basso della crisi finanziaria oggi ha fatto un bel po’ di soldi. Per una parte delle imprese i profitti sono in ripresa, così pure i super-guadagni dei manager».Banche e finanza, continua Cremaschi, hanno ripreso a fare affari come prima. E anche i derivati e tutti i titoli-spazzatura son di nuovo in campo, come prima del crack. «Il punto inconfessabile è proprio che la crescita delle disuguaglianze e della povertà non sono un danno collaterale, ma parte integrante del modello economico che si vuole affermare». La creisi era parte del piano: nel fango il 99%, per far volare i maxi-proifitti dell’1%. «La Grecia, prima cavia dell’austerità, non ha più stato sociale, ha il 20% di disoccupazione e i salari calati del 30%. Socialmente e moralmente è una catastrofe, ma oggi in Grecia si fanno buoni affari. Certo il rischio è che la brutalità delle misure adottate faccia vincere alle elezioni Tsipras e le forze anti-austerità, per questo in Italia si è aggiustato il tiro». Se in Grecia il troppo bastone rischia di provocare una rottura, «in Italia per continuare con l’austerità si è usata più carota, e la carota si chiama Renzi».Ecco perché «le politiche di austerità non possono essere abbandonate se non si rovesciano i presupposti, gli interessi, le istituzioni che le impongono», conclude Cremaschi. «Io non credo che questa Unione Europea sia riformabile, ma anche chi ci crede ha oggi il dovere di respingere il gattopardismo di Renzi, Schultz, Juncker, Merkel e dei loro finti scontri», nell’ambito delle sostanziali larghe intese con cui i politici eletti fingono di governare, limitandosi in realtà a obbedire ai tecnocrati militarizzati dall’élite finanziaria, uomini-ombra potentissimi che impongono l’agenda, le leggi, le direttive europee attraverso le lobby insediate a Bruxelles in rappresentanza delle grandi multinazionali. Secondo Cremaschi «bisogna che il semestre italiano fallisca, cioè che fallisca la mistificazione politica che copre la continuazione del rigore liberista». Giù la maschera, Renzi: «Noi sappiamo bene chi sono i Proci della finanza, delle banche, delle multinazionali che ci saccheggiano».«Se l’Europa facesse un selfie, mostrerebbe il volto della noia», dice Renzi al Parlamento Europeo. Noia? «No, il volto di paesi come la Grecia, il Portogallo, la Spagna e la stessa Italia non è annoiato, è disperato», protesta il “Keynes Blog”. «L’Europa attuale non è un sogno, men che meno ha un’anima. E’ un insieme di regole – quelle che Renzi non vuole cambiare – basate su una teoria economica che si è dimostrata palesemente incapace non solo di prevedere, ma anche di guarire la crisi iniziata nel 2008». Il tutto – regole e istituzioni – è «orientato a garantire i paesi creditori e bastonare quelli debitori». Aggiunge il blog: non stiamo camminando lentamente, stiamo tornando indietro. «La “generazione Erasmus” (ora ribattezzata “generazione Telemaco”) di cui Renzi si sente parte, è la più colpita, con tassi di disoccupazione oltre ogni soglia di tollerabilità: stiamo distruggendo capitale fisico e umano, ponendo le basi perché la crescita non ritorni in tempo utile affinché questa generazione possa goderne».