Archivio del Tag ‘outsourcing’
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TJ Coles: milioni di morti, il neoliberismo minaccia la Terra
Gli esseri umani sono creature complicate. Siamo sia cooperativi che settari. Tendiamo a essere cooperativi all’interno di gruppi (ad es. un sindacato) mentre competiamo con gruppi esterni (ad esempio, una confederazione di imprese). Ma società complesse come la nostra ci costringono anche a cooperare con gruppi esterni – nei quartieri, nel lavoro e così via. Negli ecosistemi sociali, la selezione naturale favorisce la cooperazione. Inoltre, esiste una preferenza per i comportamenti etici, quindi la cooperazione e la condivisione sono qualità apprezzate nelle società umane. Ma cosa succede quando siamo obbligati da un sistema economico che ci vuole competitivi a tutti i livelli? Il risultato logico è il declino o il collasso della società. Ne “L’individuo nella società”, Ludwig von Mises, insegnante di Friedrich Hayek (il padre del moderno neoliberismo), scriveva che, nel contratto sociale, il datore di lavoro è alla mercé della folla. Ma in un’economia di mercato improntata all’utilitarismo, «il coordinamento delle azioni autonome di tutti gli individui scaturisce dal funzionamento del mercato». Quindi, in questo mondo fantastico, i datori di lavoro possono licenziare i lavoratori e sostituirli con quelli più economici senza incorrere nei costi sociali dei sistemi di contratto sociale.Questo tipo di pensiero ha iniziato a permeare la cultura dei pianificatori del “libero mercato” nei corsi di economia delle università di Ivy League, in particolare dopo gli anni ’70. Robert Simons della Harvard Business School nota come l’economia sia di gran lunga la disciplina accademica dominante negli Stati Uniti oggi, e che molti laureati trasferiscono questa ideologia dell’interesse personale acquisita all’università nella loro attività lavorativa di gestione patrimoniale, hedge fund, assicurazioni, credito e così via. Simons critica ciò che definisce «l’accettazione universale e indiscussa da parte degli economisti dell’interesse personale – degli azionisti, dei manager e dei dipendenti – come fondamento concettuale per la progettazione e la gestione aziendale». Simons nota che i lavoratori sono una classe utilitaristica, come lo sono i manager, nel senso che cercano di ottenere maggiori benefici. «Per rimediare a questa situazione potenzialmente catastrofica» dei diritti dei lavoratori, «gli economisti di mercato tentano di canalizzare comportamenti sbagliati usando la teoria dello stimolo-risposta», ossia attraverso una legislazione antisindacale, tagli ai servizi sociali e la minaccia dell’outsourcing. Gli economisti di mercato «hanno elevato l’interesse personale ad ideale normativo».Nel 1988 l’allora cancelliere Tory Nigel Lawson scrisse che negli anni ’70, «il capitalismo, basato sull’interesse personale, è ritenuto moralmente deplorevole» dalla maggioranza dei britannici. Ma altrettanto immorale per Lawson era l’intervento statale: «Non c’è nulla di particolarmente morale in un’azione governativa pesante», sosteneva (a meno che non si tratti di salvare le grandi imprese). Ma, fortunatamente per i Tories, «l’ondata ideologica è cambiata», consentendo loro di ritornare al governo e imporre ulteriori riforme neoliberiste. Forse l’aspetto peggiore del neoliberismo è il fatto di aver contagiato il partito laburista. Per fare alcuni esempi: un neoliberista statunitense, Lawrence Summers (in seguito il Segretario al Tesoro di Bill Clinton), fece da tutore al giovane Ed Balls, che presto sarebbe diventato il consigliere economico del futuro cancelliere britannico Gordon Brown. Quando era ancora un semplice deputato, Brown ebbe degli incontri con il presidente della Federal Reserve statunitense, Alan Greenspan. Ciò diede inizio nel Regno Unito a un periodo di ulteriore deregolamentazione finanziaria sotto l’egida del sedicente “New Labour”.Vi furono tuttavia economisti che, a metà degli anni 2000, poco prima del crack finanziario, iniziarono a vedere crepe nell’ideologia, e osservarono: «Vediamo nel pubblico un diffuso disagio riguardo le soluzioni di mercato. Il libero scambio e la globalizzazione, la privatizzazione della previdenza sociale e la deregolamentazione del mercato dell’energia suscitano l’opposizione di molti consumatori, a volte argomentata ma spesso inadeguata. Non è un caso che il sostegno alle soluzioni di mercato sia concentrato tra le classi di maggior successo economico, e l’opposizione tra chi ne ha meno. La libera scelta ha un fascino morale, ma l’aspetto morale è più forte quando non è mescolato all’interesse personale». Nel 2008 gli Stati Uniti, e quindi l’economia globale, sono entrate in crisi. Greenspan testimoniò alla Camera dei rappresentanti: «Ho commesso un errore nel ritenere che l’interesse personale delle organizzazioni, in particolare delle banche e di altri, fosse tale da essere in grado di proteggere i propri azionisti e le proprie società azionarie». Eppure interesse personale significa proprio interesse personale. Gli amministratori delegati e gli alti dirigenti non vedevano la necessità di onorare i loro presunti doveri verso i loro azionisti, per non parlare della popolazione in generale.Le conseguenze politiche di decenni di neoliberismo hanno portato all’espropriazione democratica, in particolare durante il periodo di espansione (dagli anni ’70 al 2008), segnato dal declino o stagnazione dell’affluenza elettorale e dall’affermarsi di politiche cosiddette estremiste all’indomani della crisi (dal 2009 a oggi). Ma l’ideologia è radicata nella classe dominante. Così, anche dopo l’inevitabile incidente del 2008, sia la Banca Centrale Europea che la Banca d’Inghilterra hanno continuato a portare avanti il neoliberismo imponendo austerità rispettivamente ai popoli europei e al Regno Unito. In questo contesto, le istituzioni finanziarie transnazionali predatorie traggono profitto dal caos. Il fallimento del gigante immobiliare Carillon ne è un esempio calzante. La società fu lasciata fallire e il suo declino avvantaggiò diversi hedge fund, compresi alcuni con sede negli Stati Uniti. Le conseguenze sociali del neoliberismo sono ancora più gravi. La classe media americana si è ristretta dagli anni ’70, poiché i singoli individui sono diventati o molto poveri o molto ricchi.Uno studio del Harvard Business Review ha rilevato che all’inizio degli anni ’80 almeno il 49% degli americani pensava che la qualità dei loro prodotti e servizi fosse diminuita negli ultimi anni. I tassi di suicidio maschile e femminile hanno continuato a salire a partire dalla metà degli anni ’90. Uno studio recente suggerisce che l’aspettativa di vita è scesa ovunque tra i paesi ad alto reddito. Nel Regno Unito, l’austerità guidata dai Tory ha causato oltre centomila morti in un decennio, secondo il BMJ. Le popolazioni dei paesi più fragili ne hanno risentito ancora di più. Tra il 1990 e il 2005, i paesi sub-sahariani i cui governi hanno chiesto prestiti di adeguamento strutturale al Fondo monetario internazionale e alla Banca di sviluppo africana hanno visto un incremento da 231 a 360 casi di decessi da parto per 100.000 nati vivi, rispettivamente. Secondo un altro rapporto del Bmj, nei paesi dell’America latina un incremento di solo l’1% della disoccupazione tra il 1981 e il 2010 si è tradotto in «significativi peggioramenti nei risultati di salute», tra cui un incremento di 1,14 decessi infantili su 1.000 nascite. Tutto questo equivale a un bollettino di guerra di milioni di morti.Come documentato altrove, le società più vulnerabili, vale a dire le comunità indigene dedite al mantenimento dei loro modi di vita tradizionali, si stanno letteralmente estinguendo man mano che la “civiltà” avanza. Se questo modello decennale continua imporsi in tutto il mondo, specialmente in nazioni con popolazioni massicce come l’India e la Cina che sempre più si stanno allineando a politiche neoliberiste, le attuali condizioni di divisione sociale ed infrastrutture fatiscenti sembreranno al confronto solo un minimo inconveniente, in particolare in contesto di sempre maggiore scarsità di risorse e cambiamenti climatici. Solo se il mutamento culturale contro il neoliberismo cui si assiste oggi, che viene espresso un po’ dappertutto dai movimenti sociali progressisti agli scioperi dei lavoratori, riuscirà a sopravvivere ed espandersi, allora si potrà immaginare un futuro più equo.(T.J. Coles, “Perché una società neoliberista non può sopravvivere”, analisi tradotta e pubblicata da “Voci dall’Estero” il 2 novembre 2018. Coles è ricercatore presso il Cognition Institute dell’Università di Plymouth e autore di svariati saggi sociologici e filosofici).Gli esseri umani sono creature complicate. Siamo sia cooperativi che settari. Tendiamo a essere cooperativi all’interno di gruppi (ad es. un sindacato) mentre competiamo con gruppi esterni (ad esempio, una confederazione di imprese). Ma società complesse come la nostra ci costringono anche a cooperare con gruppi esterni – nei quartieri, nel lavoro e così via. Negli ecosistemi sociali, la selezione naturale favorisce la cooperazione. Inoltre, esiste una preferenza per i comportamenti etici, quindi la cooperazione e la condivisione sono qualità apprezzate nelle società umane. Ma cosa succede quando siamo obbligati da un sistema economico che ci vuole competitivi a tutti i livelli? Il risultato logico è il declino o il collasso della società. Ne “L’individuo nella società”, Ludwig von Mises, insegnante di Friedrich Hayek (il padre del moderno neoliberismo), scriveva che, nel contratto sociale, il datore di lavoro è alla mercé della folla. Ma in un’economia di mercato improntata all’utilitarismo, «il coordinamento delle azioni autonome di tutti gli individui scaturisce dal funzionamento del mercato». Quindi, in questo mondo fantastico, i datori di lavoro possono licenziare i lavoratori e sostituirli con quelli più economici senza incorrere nei costi sociali dei sistemi di contratto sociale.
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Goldman Sachs: salvare i lavoratori, il futuro sarà dei robot
Di certo le immense innovazioni tecnologiche beneficeranno l’umanità nel futuro distante, ma nel breve-medio termine esse pongono problemi di occupazione molto gravi. E’ ovvio che per i disoccupati da New Technology non v’è nessuna consolazione se pensano a un futuro spaziale. Il problema è che non sarà colpa dei politici se l’innovazione, l’automazione e l’outsourcing colpiranno schiere d’impiegati e operai. E’ un fatto immutabile che i ruoli d’impiego rimasti (pochi) saranno tutti concentrati nel coordinamento, organizzazione e supervisione dei software, dei robots e dei Cobots che faranno il lavoro reale. Non v’è dubbio che gli investimenti odierni nelle nuove tecnologia distruggeranno milioni di posti di lavoro. Possiamo marginalmente consolarci immaginando di ridirigere masse di lavoratori in quelle mansioni dove ancora fra 50 o 100 anni i software non saranno arrivati. Tuttavia questo è assai insufficiente. Il problema, per milioni di umani, sarà – chiaro e tondo – che i lavori di consolazione che gli saranno offerti non saranno graditi, né appetibili, né possibili.Allora, l’unica scappatoia in questo futuro totalmente inevitabile sarà un nuovo approccio alla “condivisione del rischio”, là dove dovrà essere chiesto al Capitale di condividere, di assorbire parte delle perdite necessarie a mantenere gli umani al lavoro. Intendiamo sacrifici del Capitale per la ri-formazione del personale affinché imparino capacità sociali mai conosciute, ma non per questo indigeribili; ci vorranno incentivi statali per la formazione nei lavori dedicati ai servizi umani delle corporations; dovranno essere richieste strutture finanziarie innovative che sappiano vedere una remunerazione nell’investimento sulle risorse umane piuttosto che robotiche; dovranno essere abbassate le barriere per accedere a certe professioni non sostituibili dall’automazione; ma soprattutto finanze e crediti ampiamente disponibili nella creazione di piccole aziende, che per forza necessitano di impiegati umani e non di incredibilmente dispendiose automazioni di Ai (intelligenza artificiale) o robots; infine incentivi alla nascita dell’azienda individuale nel settore dei servizi umani.(Goldman Sachs, recente report della più famigerata banca d’affari del mondo, ripreso in estratto da Paolo Barnard nel suo blog il 10 aprile 2017, sotto il titolo, sarcastico, “Finalmente un sindacato che sa vedere nel futuro e proteggere tuo figlio”. Il “sindacato” sarebbe la Goldman, chiamata anche “Vampire Squid”, il calamaro-vampiro, avendo ideato titoli tossici e gestito manipolazioni dei governi di mezzo mondo. Eppure oggi sembrano «gente seria, dalla parte dei lavoratori», se paragonati a Cgil, Cisl e Uil, sempre più inutili. A differenza dei sindacati, secondo Barnard, proprio Goldman Sachs «sa come affrontare il terzo millennio della fine della metalmeccanica, della fine delle braccia lavoranti in fabbriche, nei campi, e persino dei cervelli ai piani più alti delle aziende: tutti rimpiazzati fra poco da Artificial Intelligence, Drones, Robots e Cobots». La Camusso e soci? Lasciamo perdere: «Il dialogo occupazionale del futuro», sostiene Barnard, «è coi cervelli pensanti del Vero Potere, nel comune interesse che oggi anche loro stanno gradualmente capendo»).Di certo le immense innovazioni tecnologiche beneficeranno l’umanità nel futuro distante, ma nel breve-medio termine esse pongono problemi di occupazione molto gravi. E’ ovvio che per i disoccupati da New Technology non v’è nessuna consolazione se pensano a un futuro spaziale. Il problema è che non sarà colpa dei politici se l’innovazione, l’automazione e l’outsourcing colpiranno schiere d’impiegati e operai. E’ un fatto immutabile che i ruoli d’impiego rimasti (pochi) saranno tutti concentrati nel coordinamento, organizzazione e supervisione dei software, dei robots e dei Cobots che faranno il lavoro reale. Non v’è dubbio che gli investimenti odierni nelle nuove tecnologia distruggeranno milioni di posti di lavoro. Possiamo marginalmente consolarci immaginando di ridirigere masse di lavoratori in quelle mansioni dove ancora fra 50 o 100 anni i software non saranno arrivati. Tuttavia questo è assai insufficiente. Il problema, per milioni di umani, sarà – chiaro e tondo – che i lavori di consolazione che gli saranno offerti non saranno graditi, né appetibili, né possibili.
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Barnard: ci sveglieremo in altro pianeta, e nessuno ne parla
«Casaleggio vide lungo: voleva creare la società civile del click da casa, tutto si fa in casa sul divano, in rete», ma «era un principiante: Facebook-Vr sarà la più devastante paralisi civica dlla storia, un fenomeno che non sfiorò neppure i sogni del padre della paralisi civica programmata, Edward Bernays». Parola di Paolo Barnard, secondo cui il dilagare della cosiddetta realtà virtuale, da Zuckerberg a Oculus con i visori “Rift Headset”, ben fotografa i mutamenti epocali ormai dietro l’angolo: «Il mondo si sta letteralmente trasformando in un altro pianeta», mentre in Italia le news sono ancora firmate da Grillo e Formigoni, Mediaset-Vivendi, Gentiloni e Poletti. Il capo di stato maggiore dell’esercito britannico e il suo futuro omologo americano, scrive Barnard, stanno preparando gli eserciti alla guerra futura, che sarà “cyber”. Alla “Bbc” il generale Richard Barrons ha detto: «Non ci saranno più bombardieri e soldati, ma “cyber fighters”. La Russia di Putin ha fatto il primo passo, in questo, ed è avanti: hanno un milione di programmatori già affiliati a 40 reti illegali. Silicon Valley, Google e Nsa stanno arrancando dietro a Mosca».Le guerre, aggiunge il generale Barrons, saranno combattute «infiltrando le infrastrutture vitali di un paese avversario». Esempio: «Una notte le luci di tutta la Francia salteranno, e nel panico i francesi scopriranno che sono saltati anche i back-up, i server saranno tutti muti. Una potenza Nato messa in ginocchio in meno di un secondo, senza bombe». E che dire dell’energia? «Le rinnovabili uccideranno gli idrocarburi», scrive Barnard nel suo blog. «Questo lo si è capito ai massimi livelli in Usa, Cina, Arabia Saudita, ma soprattutto fra i colossi d’investimento. Chi segue “Carbon Tracker” si fa un’idea della furiosa corsa dei poteri mondiali per l’energia di domani, ma soprattutto del potenziale di conflitti mostruosi per la spartizione della torta. Tutti i paradigmi politici legati all’energia sono saltati, e l’energia è tutto. Miliardi di poveri del mondo rischiano di finire nelle mani degli investitori per accendere una lampadina, mille volte più di quanto non lo siano già oggi».Oltre ai conflitti “cyber”, poi, rimane l’atomica: «Se ci sarà conflitto nucleare sarà in due luoghi: il mar del Sud della Cina, dove gli Usa stanno tentando di tagliare le comunicazioni mercantili ed energetiche di Pechino; oppure nel Jammu-Kashmir, dove fra India e Pakistan la miccia atomica è letteralmente tutti i giorni a un centimetro dal fuoco», sostiene Barnard. Per non parlare della finanza: «Tutta Europa, e tutta la vita economica di ogni vivente oggi in Ue, è appesa al filo del “tapering” della Bce di Draghi. Il “tapering” è il momento certo e già annunciato nel quale la Bce finirà di tenere viva l’Europa comprandogli trilioni di euro di assets (statali e privati) che altrimenti nessuno vorrebbe o che avrebbero prezzi stracciati e tassi alle stelle». Il quantitative easing di Draghi «è oggi l’oggetto di discussione frenetica di tutti gli Ad di ogni singolo istituto finanziario del pianeta. C’è il totale panico, ed è panico vero», ma in Italia a tener banco sono solo la Raggi, Equitalia, i 104 indagati del Pd.Poche settimane fa, aggiunge Barnard, il più grande gruppo assicurativo del mondo, Ing, ha convocato un seminario con oltre 600 esperti mondiali sulla “glocalization”. Letteralmente, per Google: «Diffusione su scala mondiale, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, di elementi culturali, idee, stili di vita propri di realtà locali». Ma anche: «Strategia economica e politica volta a correggere gli aspetti più problematici della globalizzazione, sfruttandone le opportunità per valorizzare a livello mondiale il ruolo di governi, mercati o imprese locali». Per Wikipedia, il neologismo introdotto dal sociologo Zygmunt Bauman significa: «Adeguare il panorama della globalizzazione alle realtà locali, così da studiarne meglio le loro relazioni con gli ambienti internazionali». E quindi: «La creazione o distribuzione di prodotti e servizi ideati per un mercato globale o internazionale, ma modificati in base alle leggi o alla cultura locale», nonché «l’uso di tecnologie di comunicazione elettronica, come Internet, per fornire servizi locali su base globale o internazionale. Craigslist e Meetup sono esempi di applicazioni web glocalizzate». E infine: «La creazione di strutture organizzative locali, che operano su culture e bisogni locali, al fine di diventare multinazionali o globali. Questo comportamento è stato seguito da varie aziende e corporation, ad esempio dall’Ibm».Per Barnard, «è il fenomeno inverso della vecchia globalizzazione e dell’“outsourcing” dei posti di lavoro verso paesi a manodopera per pochi centesimi (Cina, Thailandia, Messico, Bangladesh)». Domanda: perché la “glocalization” sta diventando un altro tema di fibrillazione dei colossi e delle think-tank del mondo occidentale? «Perché anche qui tutti i paradigmi della produzione industriale sono saltati: siamo in un incubo d’incognite su cosa accadrà nel processo di “glocalization” ai nostri impieghi, alle nostre economie. Un intero mondo è di nuovo saltato in frantumi nel cosmo». Da noi chi ne parla? Nessuno. «Oggi le parole di filosofia politica e morale più impressionanti escono dalla bocca di uomini come Ray Dalio, Ceo di Bridgewater, hedge fund “monster”. O da Bill Gross, l’ex Re Mida di Pimco, il più grande gestore di “fixed income” del mondo», investitori in azioni private e titoli di Stato. «Parlano di informazione, di moralità nell’economia, delle strutture sociali, del senso della morte persino, ma lo fanno però con la conoscenza degli strumenti dei padroni del mondo, cioè con la conoscenza del motore che fa vivere o morire 7 miliardi di umani. Questo fa una differenza incredibile». Perfettamente inutili, dice Barnard, «gli sproloqui di filosofi o intellettuali contemporanei», perché «non sanno nulla del motore che fa vivere o morire 7 miliardi di umani». Conclusione: tutto sta cambiando alla velocità della luce, e nessuno ce lo spiega.«Casaleggio vide lungo: voleva creare la società civile del click da casa, tutto si fa in casa sul divano, in rete», ma «era un principiante: Facebook-Vr sarà la più devastante paralisi civica dlla storia, un fenomeno che non sfiorò neppure i sogni del padre della paralisi civica programmata, Edward Bernays». Parola di Paolo Barnard, secondo cui il dilagare della cosiddetta realtà virtuale, da Zuckerberg a Oculus con i visori “Rift Headset”, ben fotografa i mutamenti epocali ormai dietro l’angolo: «Il mondo si sta letteralmente trasformando in un altro pianeta», mentre in Italia le news sono ancora firmate da Grillo e Formigoni, Mediaset-Vivendi, Gentiloni e Poletti. Il capo di stato maggiore dell’esercito britannico e il suo futuro omologo americano, scrive Barnard, stanno preparando gli eserciti alla guerra futura, che sarà “cyber”. Alla “Bbc” il generale Richard Barrons ha detto: «Non ci saranno più bombardieri e soldati, ma “cyber fighters”. La Russia di Putin ha fatto il primo passo, in questo, ed è avanti: hanno un milione di programmatori già affiliati a 40 reti illegali. Silicon Valley, Google e Nsa stanno arrancando dietro a Mosca».