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Rinuncia a 4 milioni per regalare l’azienda ai dipendenti
«Altro che Paperon de Paperoni, esistono anche milionari dal cuore d’oro e dal portafoglio meno gonfio a causa della generosità», scrive l’“Huffington Post” presentando il caso – davvero insolito – di Éric Belile, patron francese della Générale de Bureautique, un colosso della cancelleria che offre attrezzature per ufficio, stampanti, dispositivi digitali, sistemi per l’archiviazione. Un’azienda importante, quella di Nantes, basata sulla qualità dei suoi prodotti: un fatturato di 8 milioni di euro l’anno, addirittura impennatosi negli ultimi 12 mesi con uno squillante incremento del 25%. Ma, alla soglia del suo pensionamento, Belile «ha deciso di rinunciare a una buonuscita di 4 milioni di euro per donare l’attività a chi gli era stato davvero accanto in tutti quegli anni di lavoro: i dipendenti». Aggiunge l’“Huffington”: «Davanti alla decisione da prendere, se vendere la Générale a un manager esterno per una cfra a 6 zeri o se cederla ai suoi sottoposti ad un prezzo di favore, Belile non ha avuto dubbi e ha fatto prevalere le ragioni del cuore a quelle economiche». Meglio cedere l’azienda ai dipendenti, veri co-protagonisti del suo successo.«Non mi importa di perdere 4 milioni di dividendi in 7 anni», ha spiegato il capo dell’azienda d’oltralpe a “Ouest France”: «Preferisco avere meno soldi in tasca ma sapere che l’impresa resterà ai miei ragazzi». Per consentire ai dipendenti di riscattare la Générale, Belile ha proposto loro un accordo chiaro e vantaggioso: dopo il versamento di una somma iniziale, la “cordata” interna restituirà poco a poco l’intera cifra, prendendo l’importo dai ricavi aziendali. «E per far sì che l’impresa rimanga in attivo, l’ex capo si è impegnato a formare e affiancare il personale per i prossimi 5 anni». Cose dell’altro mondo? Ovviamente, specie di questi tempi. A Nantes e dintorni, sembra possibile – benché pazzesco – spendere la parola “umanesimo”, in questo caso intesa come promozione del lavoro in quanto bene sociale primario, non svendibile per denaro – molto denaro: 4 milioni di euro.«Devo tutto ai miei dipendenti», insiste Éric Belile, con sconcertante candore. «Per me è naturale che l’azienda rimanga nelle loro mani: abbiamo sviluppato i progetti insieme». Si schermisce, il patron: «Il mio non è un gesto altruista, è il giusto risarcimento». E’ anche un modo per mettere in sicurezza quei posti di lavoro, aggiunge. Perché, del resto, vendere a qualcuno di esterno avrebbe significato una sola cosa: «Ci sarebbero stati dei licenziamenti», ammette l’imprenditore. Secondo il “Post”, Belile «ha capito un concetto essenziale ma poco in voga tra i grandi imprenditori: per fare grande un’azienda, non c’è niente di meglio che puntare sul proprio personale». E’ il fantasma, buono, di personaggi come Adriano Olivetti. Scomparsi dai radar mille anni fa. Azienda e fatturato, certo. Dipendenti. Ma anche, e soprattutto, cittadini.«Altro che Paperon de’ Paperoni, esistono anche milionari dal cuore d’oro e dal portafoglio meno gonfio a causa della generosità», scrive l’“Huffington Post” presentando il caso – davvero insolito – di Éric Belile, patron francese della Générale de Bureautique, un colosso della cancelleria che offre attrezzature per ufficio, stampanti, dispositivi digitali, sistemi per l’archiviazione. Un’azienda importante, quella di Nantes, basata sulla qualità dei suoi prodotti: un fatturato di 8 milioni di euro l’anno, addirittura impennatosi negli ultimi 12 mesi con uno squillante incremento del 25%. Ma, alla soglia del suo pensionamento, Belile «ha deciso di rinunciare a una buonuscita di 4 milioni di euro per donare l’attività a chi gli era stato davvero accanto in tutti quegli anni di lavoro: i dipendenti». Aggiunge l’“Huffington”: «Davanti alla decisione da prendere, se vendere la Générale a un manager esterno per una cfra a 6 zeri o se cederla ai suoi sottoposti ad un prezzo di favore, Belile non ha avuto dubbi e ha fatto prevalere le ragioni del cuore a quelle economiche». Meglio cedere l’azienda ai dipendenti, veri co-protagonisti del suo successo.