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Il massone Bob Dylan, Kennedy e i golpisti del coronavirus
Vide il corpo di Kennedy sobbalzare in avanti, e capì che Chuck Nicoletti lo aveva colpito alla schiena, sparando dal palazzo accanto a quello in cui era appostato il futuro capro espiatorio Lee Oswald. Il presidente era ferito, ma in modo non mortale. Un’intuizione millimetrica, lo spazio di un secondo: poi la limousine si sarebbe allontanata dalla fatale collinetta dell’agguato. Fu in quel preciso istante che il secondo killer sparò a sua volta, con il suo Fireball, facendogli saltare il cervello e ribaltando all’indietro il corpo di Jfk. «Sono stato, io a esplodere il colpo mortale», dice James Files – detenuto negli Usa per altri reati – nel documentario (mai distribuito nel circuito televisivo) che svela la vera storia dell’omicidio, realizzato in mondovisione il 22 novembre 1963 a Dallas. Versione confermata in punto di morte da Howard Hunt, allora numero due della Cia. Per l’assassinio del secolo, gli 007 reclutarono la mafia di Chicago. Se ne accorse Zack Shelton, agente dell’Fbi, subito messo a tacere. Altra fonte, un “pentito”: il criminale Chaucey Holt. Conferma Tosh Plumlee, pilota della Cia: fu lui a trasportare a Dallas i gangster incaricati di eliminare Jfk.Alla vigilia, in un drammatico summit nella città texana, il piano venne convalidato dal Deep State: con lo stesso Howard Hunt, nella villa del petroliere Clint Murchinson c’era Edgar Hoover (Fbi) insieme al vice di Kennedy, Lyndon Johnson, e ad altri due futuri presidenti degli Stati Uniti, Richard Nixon e George Bush. Potere criminale: ma perché riparlarne oggi, come fa Bob Dylan, suggerendo un collegamento tra quell’atroce mattanza e il coronavirus? «State attenti e mettetevi al riparo», ha scritto Dylan sul suo sito, il 27 marzo, presentando l’esplosiva “Murder Most Foul”, regalata al pubblico “worldwide”, in modo sorprendente e spettacolare. Una strepitosa ballad lunga 1016 secondi (quasi 17 minuti) che ripercorre “l’omicidio più ignominioso”, facendo di Kennedy il simbolo di un’America che si stava svegliando, anche sulle ali della musica, per uscire dall’incubo della guerra fredda e della segregazione razziale, del terrore nucleare, del Vietnam.Perché farlo proprio adesso? Perché diventa così loquace, un solitario come Dylan, sempre ultra-reticente con la stampa? Probabilmente, la domanda contiene già la risposta: era indispensabile lanciare un avvertimento, sia pure filtrato dall’eleganza del linguaggio artistico. Un messaggio però anche esplicito, con indizi messi lì apposta per lasciarsi decodificare: l’invito a “suonare il numero 3, il numero 9″, cioè la perfezione dell’armonia. Roba da esoteristi: come il massonico 33, evocato a proposito dei “fratelli” che avrebbero organizzato “l’inferno”, a Dallas. «Nessun mistero: Bob Dylan è, da sempre, un massone radicalmente ultra-progressista», afferma – clamorosamente – Gioele Magaldi, evidentemente autorizzato a dare ufficialmente la notizia. «Dylan milita nei medesimi circuiti massonici progressisti ai quali appartengo anch’io», aggiunge Magaldi, che nel 2014 – nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere – ha denunciato le trame anche golpiste e terroristiche della supermassoneria reazionaria.L’accusa: è stata la superloggia “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush, ad architettare l’11 Settembre e il crollo delle Torri Gemelle, per poi inventarsi anche l’Isis. Se qualche sprovveduto crede ancora alla storiella degli aerei che avrebbero abbattuto le Twin Towers (cadute per “demolizione controllata”, come ormai dimostrato da oltre tremila architetti e ingegneri americani), proprio l’omicidio Kennedy – giudiziariamente irrisolto, dopo oltre mezzo secolo – sta lì a ricordare a tutti che, a volte, “l’impossibile” diventa possibilissimo. Tant’è vero che qualcuno ci lascia la pelle: anche in modo inimmaginabile, persino se si tratta di un intoccabile come il presidente degli Stati Uniti. Magaldi mette in fila gli eventi: la stessa élite reazionaria, che nel 1975 usò la Trilaterale di Kissinger per dichiarare guerra alla democrazia sociale, oggi sovragestisce la crisi planetaria della pandemia secondo il modulo Wuhan, fondato sulla sospensione della libertà costituzionale.Attenti, avverte Magaldi: fu proprio il club di Kissinger a sdoganare la Cina, aprendola al mercato globale, per farne una specie di Frankenstein: formidabile efficienza economica, ma niente democrazia. Un modello perfetto da trapiantare in un futuro Occidente distopico, raggelante, oggi con il pretesto psico-sanitario del coronavirus, il coprifuoco imposto a tutti (provvisorio, ma con la prospettiva che le libertà di ieri non tornino mai più). Ed ecco, allora, Bob Dylan. «La sua uscita – sottolinea Magaldi – è perfettamente sincronizzata con l’altrettanto clamorosa lettera di Mario Draghi al “Financial Times”, in cui l’ex presidente della Bce (fino a ieri massone neoaristocratico, e oggi tornato ai lidi keynesiani delle origini) dichiara guerra alla “teologia” del rigore neoliberista, evocando addirittura il New Deal rooseveltiano: cioè la necessità di ricorrere a massicci aiuti di Stato per svincolare l’economia dal ricatto della finanza speculativa. Un regime che tuttora strangola l’Italia nella morsa dell’Ue, proprio adesso che il paese ha un bisogno drammatico di fondi che non si trasformino in debito».Draghi e Dylan, strano tandem: in modo diverso paiono dire la stessa cosa. Ovvero: siamo ormai giunti a un bivio esiziale, messi di fronte – con l’accelerazione planetaria della pandemia – a una scelta di campo ormai ineludibile: se la globalizzazione solo finanziaria porta dritti a Wuhan, l’alternativa sta nel riscrivere da zero le regole del mondo. E chi, meglio di John Kennedy, riuscì a esplicitare questo concetto? Era il sogno della New Frontier: un mondo unito, pacificato e libero. Di recente, s’è scoperto un carteggio segreto con Nikita Krushev: i due leader impegnavano Usa e Urss a mettere fine alla guerra fredda entro il 1970. Ma a costare la vita a Kennedy, probabilmente, fu altro: per esempio, la decisione di stampare direttamente banconote di Stato, svincolate dal sistema bancario. Ed ecco che Jfk, riletto oggi, sembra parlare direttamente a noi, alle prese con le maschere dell’euro-rigore “tedesco”. Ma chi era, veramente, Kennedy?«Tra le altre cose, il presidente assassinato a Dallas era un inziato eleusino», rivela lo storico fiorentino Nicola Bizzi, che nel sorprendente libro “Da Eleusi a Firenze” mette a fuoco l’ascendenza “eleusina” del Rinascimento italiano. Ovvero: la regia occulta, nel potere della signoria medicea, della tradizione misterica risalente al 1300 avanti Cristo, quando – secondo la narrazione – la dea Demetra avrebbe rivelato ai fedeli di Eleusi, alle porte di Atene, l’origine “atlantidea” della nostra specie, “creata” dagli dei Titani come Poseidone, signore dei mari. Kennedy eleusino? «Di più: era anche un templare, direttamente collegato a Dante Alighieri». Lo sostiene Luca Monti, autore del volume “Firenze, città santa dei templari”, pubblicato da Aurora Boreale, editrice di cui è titolare lo stesso Bizzi. Collegato alla rete odierna del templarismo, Monti spiega: l’autore della Divina Commedia ereditò la guida segreta dell’Ordine del Tempio dopo il rogo in cui fu arso vivo l’ultimo gran maestro ufficiale, Jacques de Molay. E il collegamento con il presidente assassinato a Dallas? «Il successore dell’Alighieri-templare fu Gherarduccio dei Gherardini, antenato di John Fitzgerald Kennedy», nientemeno.Stupefacente? Be’, sì. Ma questo aiuta a leggere un po’ meglio tra le righe, persino nei riferimenti simbolico-esoterici di cui è gremito l’amletico testo del massone Dylan, “Murder Most Foul”. Va preso sul serio, Luca Monti? Fate voi. Nel 2016, intervistato da Paolo Franceschetti, si sbilanciò con questa previsione: «Nel 2020 succederà qualcosa di inaudito, a livello mondiale». La fonte? Numeri, ancora: nella Commedia di Dante, ricorre il 515. Le profezie contenute nel poema sono intervallate dal medesimo numero di versi, “centodieci e quinque”. «Io penso che questo 515 arriverà verso il 2020», disse Monti, spiegando: «Questo numero rappresenta anche la riunificazione; noi siamo tutti in potenza parti di Dio, particelle divine, e il 515 rappresenta la riunione di noi stessi col divino». Suggestioni da brividi? Certo, si tratta di materiale con cui Bob Dylan ha sempre dimostrato un’estrema confidenza: nessuno come lui ha saputo maneggiare – e con uno slang “pop”, per giunta – la stessa Bibbia e i simboli pescati nei territori dell’alchimia, dell’astrologia, dei tarocchi, della mitologia. Se Kennedy era anche un neo-templare e un iniziato “eleusino”, oltre che un celebrato campione della democrazia, suona sempre meno strano l’omaggio che il grande cantautore gli tributa, in mezzo al panico da coronavirus, come se “Murder Most Foul” fosse anche una dichiarazione di guerra, oltre che un esercizio di pietà.Cade dall’alto, il guanto di sfida lanciato dall’ex ragazzo di Duluth, con alle spalle sessant’anni di carriera, oltre 50 dischi e anche l’Oscar cinematografico per la colonna sonora di “Things have changed”. Il prestigio culturale di Bob Dylan è già scritto nella storia: Premio Pulitzer, Nobel per la Letteratura, Legion d’Onore francese, Premio Principe delle Asturie. Risale al ‘97 il riconoscimento dei Kennedy Center Honors, e al 2012 la Medaglia Presidenziale della Libertà (massimo “award” civile, negli Stati Uniti). Neppure il Dylan politico è una sorpresa, dai tempi di “Blowin’ in the wind” e “Masters of war”. Suo il primo atto d’accusa, frontale, contro la globalizzazione: “Union Sundown”, nel 1983, anticipa profeticamente la tragedia delle delocalizzazioni, in un mondo che sarebbe stato devastato dallo strapotere delle multinazionali. Forte l’attitudine a scendere in campo direttamente, in modo anche spericolato: l’affarista William Zantzinger dichiarò di essere stato rovinato, da Dylan, per la canzone “The lonesome death of Hettie Carroll”, domestica nera uccisa a bastonate. Il pugile afroamericano Rubin Carter, vittima di un caso giudiziario condizionato dal razzismo, fu letteralmente scarcerato in seguito alla campagna per la sua liberazione lanciata da Dylan con il brano “Hurricane”.«Siamo un paese costruito sulla schiena degli schiavi», disse, in prossimità dell’uscita dell’album “Tempest”, pubblicato nel 2012, in cui riecheggia la guerra civile americana nell’interpretazione del poeta Herny Timrod. Sempre rarissime, le interviste, ma quasi tutte memorabili. «Come spiegare la mia longevità artistica? Be’, da giovane ho fatto un patto con il “comandante in capo”». Tradotto: consacro la mia arte alla maggiore delle cause. Obiettivo: far fermentare il talento, alchemicamente, al servizio dell’umanità. Un modo per “tendere al divino”, per citare il 515 dantesco? Più esplicitamente: «Pensate alla trasfigurazione di Cristo, nel Getzemani». Simboli, certo. Positivi e negativi: «Ha vinto Walt Disney», sentenziò anni fa: «Quindi abbiamo perso tutti». Prigioneri della Matrix, in un mondo di plastica? Ecco, forse il velo potrebbe squarciarsi, oggi, di fronte al dramma del coronavirus che sembra distruggere ogni certezza. A patto però – e qui è il “templare” kennedyano che riemerge, il “massone progressista” – che si abbia il coraggio di metterci la faccia. Per esempio regalando ai senzatetto milioni di dollari, ricavati dal disco natalizio “Christmas in the heart” pensato nel 2009 per sfamare gli homeless d’America (gesto di liberalità squisitamente massonico, se non addirittura rosacrociano).A proposito: tra i leggendari Rosa+Croce, elusiva confaternita iniziatica capitanata nel secondo ‘900 dal pittore Salvador Dalì, un simbologo italiano come Gianfranco Carpeoro include il grande Freddie Mercury. E il suo gruppo – i Queen – è l’unico citato da Dylan nella sequenza finale di “Murder Most Foul”, in cui si dispiega lo splendore della colonna sonora degli irripetibili anni Sessanta. Un indizio rivelatore: siamo di fronte a una stretta parentela, non solo artistica? In recenti conferenze, insieme allo stesso Magaldi, Carpeoro ha svelato la cifra massonica di artisti come David Bowie e, in particolare, l’identità anche rosacrociana del massone progressista Michael Jackson, cresciuto nella Prince Hall Freemasonry, l’obbedienza dei neri americani. A costargli la vita, a quanto pare, sarebbe stata la canzone “They don’t care about us”, contro gli abusi del grande potere globalista. Un verso recita: «Tutto questo non succederebbe, se Roosevelt fosse ancora qui». Alla moglie di Franklin Delano, Eleanor, madrina della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il giovanissimo Bob Dylan dedicò “Dear Mrs. Roosevelt”, scritta dal suo antico maestro Woody Guthrie.Sempre Dylan fu tra le star che risposero all’appello di Michael Jackson, autore con Lionel Richie del brano corale “We are the World”, destinato a raccogliere fondi (campagna “Usa for Africa”) per assistere la popolazione dell’Etiopia colpita dalla spaventosa carestia del 1985. Oggi, a quanto sembra, siamo all’ennesimo appuntamento con la storia: si tratta di disseppellire John Kennedy, per aiutare il mondo a ritrovare il suo stesso coraggio. Cambiare tutto, senza paura: né del coronavirus, né nei suoi ipotetici “sovragestori”, che probabilmente sognano un pianeta di neo-sudditi, schiavizzati dal terrore dei virus (oggi il “corona”, domani chissà), e sottoposti alla dittatura orwelliana di una polizia sanitaria capace di imporre vaccini e microchip, azzerando la privacy e la libertà. Messaggio: il momento è cruciale. La sfida è lanciata: “Murder Most Foul” è nell’aria, ne sta parlando il mondo intero. «State al riparo, e state attenti», si congeda il quasi ottantenne Dylan. «E che Dio sia con voi».(Giorgio Cattaneo, 5 aprile 2020).Vide il corpo di Kennedy sobbalzare in avanti, e capì che Chuck Nicoletti lo aveva colpito alla schiena, sparando dal palazzo accanto a quello in cui era appostato il futuro capro espiatorio Lee Oswald. Il presidente era ferito, ma in modo non mortale. Un’intuizione millimetrica, lo spazio di un secondo: poi la limousine si sarebbe allontanata dalla fatale collinetta dell’agguato. Fu in quel preciso istante che il secondo killer sparò a sua volta, con il suo Fireball, facendogli saltare il cervello e ribaltando all’indietro il corpo di Jfk. «Sono stato, io a esplodere il colpo mortale», dice James Files – detenuto negli Usa per altri reati – nel documentario (mai distribuito nel circuito televisivo) che svela la vera storia dell’omicidio, realizzato in mondovisione il 22 novembre 1963 a Dallas. Versione confermata in punto di morte da Howard Hunt, allora numero due della Cia. Per l’assassinio del secolo, gli 007 reclutarono la mafia di Chicago. Se ne accorse Zack Shelton, agente dell’Fbi, subito messo a tacere. Altra fonte, un “pentito”: il criminale Chaucey Holt. Un pilota della Cia, Tosh Plumlee, conferma di aver trasportato a Dallas i gangster incaricati di eliminare Jfk.
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Pensate davvero che la conoscenza stia nella mela di Eva?
Quando avrete consapevolezza delle linee-guida della vostra vita, magari stabilendo quelle che volete far evolvere e quelle che non volete far evolvere, allora riuscirete con facilità a identificare i percorsi spirituali che evochino gli archetipi che più vi interessa che emergano, in quel periodo. Condizionare la propria vita è meno difficile di quanto si pensi, ed è sicuramente meno pericoloso che continuare a cercare di condizionare quella degli altri, senza mai condizionare la propria. Condizionare la propria vita significa guidare un’evoluzione nel senso che preferite, stabilendo delle priorità. Noi abbiamo un’unica, enorme risorsa: è fatta di fede, coraggio e razionalità. La nostra aspirazione è quella di essere veramente liberi: perché, se siamo veramente liberi – siccome siamo tutte le altre cose positive che possiamo immaginare – queste cose positive si potranno esprimere. Quello dei tarocchi è un percorso alla ricerca della libertà: non per essere dei “liberi pensatori”, ma per essere dei pensatori liberi (perché anche essere un “libero pensatore” è uno schema; è essere un pensatore libero che non è uno schema). La prima cosa da capire, allora, è che la vera libertà non è fare quello che vuoi, ma sapere quello che vuoi. Noi immaginamo sempre una libertà fattiva, il poter fare quello che vuoi – ma sei sicuro di sapere quello che vuoi? Quello che pensi di sapere di volere è veramente quello che vuoi?Questo è l’anello mancante, per essere “Dio di se stessi” – non Dio degli altri, che è potere e prevaricazione. Dio di se stessi, Re di se stessi. Esiste una regalità del sé, che non è la prepotenza del sé, una sopraffazione. Ed esiste una libertà del sé, una dignità del sé. E soprattutto esiste l’auto-consapevolezza, la proprietà del sé. Questa cosa, che è l’anello che ci manca nella maggior parte dei giorni, nella maggior parte dei casi e nella maggior parte delle nostre azioni, la possiamo lentamente modificare e riquilibrare quotidianamente, perché il guinzaglio a cui San Bernardo tiene legato il diavolo, il “barboncino con le corna”, non si adopera solo nei giorni pari o nei giorni dispari: è quotidiano. Ogni giorno abbiamo un avversario, dentro di noi, da sottomettere. E questo lavoro quotidiano, per il quale abbiamo il pieno controllo di noi stessi, ci può portare alla consapevolezza – che è sempre provvisoria (ora per ora, minuto per minuto) – di quello che veramente vogliamo.E’ legato ai tarocchi anche lo schema simbolico del giardino proibito. Qualcuno dice, ad Adamo ed Eva, che da un certo albero non devono mangiare. Quello, però, è l’albero della conoscenza – non del sesso: della conoscenza. Cioè, c’è un Dio che dice a un uomo: tu non devi mangiare dall’albero della conoscenza (il che dà un certo valore, alla disobbedienza, anche secondo buon senso). Ma il contenuto implicito di quell’ordine è che la conoscenza non è un frutto appeso a un albero. La disposizione contiene un concetto sottostante: stabilire cos’è veramente la conoscenza. Il bene e il male sono cose appese a un albero? Il bene il male li facciamo noi. Non so se sarebbe piacevole, mangiare una mela e poi conoscere tutto. La conoscenza è un’appropriazione interiore. Quindi, in realtà, nel compiere il loro gesto, Adamo ed Eva sembrano volere una cosa, e invece ne vogliono un’altra. Il significato di quella simbologia è questo: noi attribuiamo con grande facilità a un albero la possibilità di erogare conoscenza, senza riuscire a definire che cos’è veramente la conoscenza.Quella di oggi, io la chiamo “la società della magia”, perché è dominata dal pensiero magico, che è molto elementare. I bambini, fino a una certa età, il pensiero magico non lo possiedono. Sapete da cosa si distingue, il pensiero magico, da quello che io chiamo pensiero simbolico? Dalla domanda che ti fai. Se ti chiedi perché, sei nel pensiero simbolico; se ti chiedi solo come, sei nel pensiero magico. I bambini cosa chiedono, sempre? Perché. E quando diventiamo grandi, cosa ci chiediamo sempre? Ci chiediamo perché comprare una macchina, o come comprarla? Ci chiediamo perché fare qualcosa, o come farlo? La libertà non è fare o avere, la libertà è sapere. Sant’Agostino ci lascia una frase bellissima: fatti sapiente, e sarai libero. Noi italiani post-latini abbiamo tradotto male: la conoscenza rende l’uomo libero. Non è la conoscenza, a rendere l’uomo libero. E’ l’uomo che conosce, a diventare libero. La conoscenza, in senso astratto, non esiste. E’ per quello che l’albero e la mela del giardino proibito sono una cretinata anche loro. Non esiste una conoscenza astratta; esiste una conoscenza concreta che si costruisce giorno per giorno, tamite un percorso. Non è qualcosa che si può astrarre: la conoscenza è un concetto concreto, che si esplica e si auto-asserisce di giorno in giorno.La frase di Sant’Agostino è fondamentale: fa’ in modo di sapere, e sarai libero. Invece, fin dalla patristica cristiana, è stata tradotta male: la conoscenza vi rende liberi. E sapete qual è la differenza, tra le due cose? La prima è pensiero simbolico (fa’ in modo di conoscere, e sarai libero), mentre la seconda è pensiero magico (sarà la conoscenza e renderti libero: come una magia, un incantesimo). Sapete, l’amore è una forza straordinaria. Tu ami una donna e lei ancora non ti ricambia? Hai due strade: o fai in modo di acquisire e mostrare quelle caratteristiche per cui lei si possa innamorare di te, o vai dalla zingara e ti fai preparare una pozione. Indipendentemente dal fatto che la pozione funzioni o meno, è la costruzione che è diversa. Perché poi ti potrei chiedere: ma, tramite la pozione, ammesso che funzioni, lei si innamora di te? Perché quello dovresti volere: che ti ami – non solo che ti sposi, o che passi un po’ di notti con te. Di nuovo: devi sapere quello che veramente vuoi.Questo percorso, che io sottolineo anche con i tarocchi, fa la differenza, rispetto a chi ti mette seduto e ti dice “usa la mano sinistra, piglia sei carte e disponile a ruota”. Perché i tarocchi sono altro, sono proprio un altro pianeta. Hanno ancora tante cose da dire, ammesso che noi siamo in grado di chiedergliele. Se girate in un museo, quelle cose parlano. Ma non è un atto magico: parlano perché c’è un nostro impegno nel ricostruire da dove vengono, come ha operato la mano che ha assemblato quel manufatto. In questo modo parlano. Ma se invece non facciamo un percorso di comprensione per capire cosa sono, non parlano. Il 99% dei simboli che ci circondano non lo vediamo nemmeno: non gli diamo alcun peso, alcun significato. Per noi non parlano, perché non esistono. E i tarocchi sono questo: se abbiamo attrezzato i sensi giusti, sono delle porte che ci conducono in mondi. Non parlo di dimensioni parallele o viaggi astrali: intendo i viaggi che facciamo con la nostra mente. E la costruzione di questi percorsi è anche la scoperta che il vero valore sono proprio i percorsi.Scoprirai che l’obiettivo è sempre diverso da quello prefissato: e questa è l’evoluzione. Sappiamo che l’avventura di Colombo, per come ci è stata raccontata, non è vera, storicamente. Ma in quello schema – per cui Colombo scopre l’America cercando l’India – c’è la forma evolutiva principale dell’essere umano. Fra’ Luca Pacioli, personaggio assolutamente geniale, nel secondo capitolo del “De Divina Proportione” scrive che “li errori” sono “la prova della divinità dell’omo”, perché solo tramite gli errori si può arrivare a fare “le cose juste”. Io la trovo una premessa straordinaria. E’ per questo che il labirinto è la prova del libero arbitrio: perché là dentro puoi sbagliare. Se ti avessi dato un percorso perfetto – la spirale, per esempio – non ci sarebbe più libero arbitrio: sarebbe un percorso obbligato, unico. E quando un percorso è unico, diventa inesorabilmente anche un arbitrio non libero.(Gianfranco Carpeoro, estratto della conferenza “Il vero significato dei tarocchi”; video pubblicato su YouTube nel febbraio 2019).Quando avrete consapevolezza delle linee-guida della vostra vita, magari stabilendo quelle che volete far evolvere e quelle che non volete far evolvere, allora riuscirete con facilità a identificare i percorsi spirituali che evochino gli archetipi che più vi interessa che emergano, in quel periodo. Condizionare la propria vita è meno difficile di quanto si pensi, ed è sicuramente meno pericoloso che continuare a cercare di condizionare quella degli altri, senza mai condizionare la propria. Condizionare la propria vita significa guidare un’evoluzione nel senso che preferite, stabilendo delle priorità. Noi abbiamo un’unica, enorme risorsa: è fatta di fede, coraggio e razionalità. La nostra aspirazione è quella di essere veramente liberi: perché, se siamo veramente liberi – siccome siamo tutte le altre cose positive che possiamo immaginare – queste cose positive si potranno esprimere. Quello dei tarocchi è un percorso alla ricerca della libertà: non per essere dei “liberi pensatori”, ma per essere dei pensatori liberi (perché anche essere un “libero pensatore” è uno schema; è essere un pensatore libero che non è uno schema). La prima cosa da capire, allora, è che la vera libertà non è fare quello che vuoi, ma sapere quello che vuoi. Noi immaginiamo sempre una libertà fattiva, il poter fare quello che vuoi – ma sei sicuro di sapere quello che vuoi? Quello che pensi di sapere di volere è veramente quello che vuoi?
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Audasso: il “cervello quantico” è in ascolto, per esaudirci
L’ha scoperto la saggista Maria Soresina: la “Divina Commedia” di Dante rappresenta simbolicamente il Consolamentum, cioè l’unico sacramento previsto dalla maggiore eresia medievale, quella dei Catari, a cui il sommo poeta fiorentino era legatissimo. Lo dimostra l’importanza attribuita nel Purgatorio alla figura di Marco di Lombardia, vescovo cataro di Concorezzo. Ma, secondo Soresina, nella costruzione allegorica della “Commedia” c’è un elemento che, più di ogni altro, svela l’identità càtara dello stesso Dante: il ricongiungimento con l’amata Beatrice, ormai stabilmente residente tra i beati, allude infatti alla vera missione spirituale del Catarismo, che impegnava il credente a far “sposare” la sua parte animica, “prigioniera” del corpo mortale, con «l’altra parte dell’anima, mai incarnata», che nel poema è impersonificata dalla figura femminile, “angelicata” secondo il credo letterario del Dolce Stil Novo. Tradotto nel 2018: c’è qualcosa, dentro di noi, che attende di essere “risvegliato”? E’ la tesi di un ricercatore contemporaneo, Sergio Audasso, tra i primi in Italia a definire l’esistenza di un “cervello quantico”: una sorta di potenzialità teoricamente infinita, con un suo “programma di benessere” già inscritto del Dna, che solo le nostre paure finiscono per inibire.Non è una semplice suggestione, quella del Catarismo, data la passione con cui lo stesso Audasso studia la dottrina càtara. Ma, biografia a parte, il suo saggio “Neuro quantica evolutiva” (UnoEditori) è un agile manuale, estremamente pratico, che suggerisce come sia possibile riprendere gradualmente confidenza con quella parte di noi teoricamente “in sonno”, da qualche parte nell’encefalo, pronta a trasformarsi in coscienza attiva, fino a determinare nell’individuo un autentico cambio di stato: l’accesso a un diverso livello di consapevolezza, che “libererebbe” capacità prima impensabili. Audasso si occupa di fisica e meccanica quantistica già da molti anni: risale al 2007 il primo ebook sul “cervello quantico”, vero e proprio mini-bestseller pubblicato sulla piattaforma web di Italo Pentimalli. Nella vita, Audasso è formatore, “mental coach”, counselor, psicosomatista. Già membro della Sipnei (Società Italiana di Neuro Psico Endocrino Immunologia), è esperto delle basi neurali dei processi decisionali. Si occupa in particolare di “effetto Nocebo”, e sviluppa «metodi di auto-trattamento per la modifica dei codici epigenetici e per liberare se stessi dai pensieri bloccanti e auto-sabotanti».Il suo ultimo lavoro editoriale (sottotitolo, “Parlare al cervello quantico e cambiare la propria vita”) traccia un percorso preciso, nella direzione che Sergio Audasso studia da anni. La domanda centrale è la seguente: quanto siamo condizionati dalle abitudini che noi stessi abbiamo contribuito a creare? Possibile che sia sempre e solo il passato a dettare le regole del nostro futuro? Sono le domande che, nella sua vita professionale, Audasso si sente rivolgere di continuo: come diventare una persona sicura di sé, libera da condizionamenti? Cosa impedisce di raggiungere obiettivi di benessere e armonia? E soprattutto: com’è possibile convertire il potere della mente, mettendolo al nostro servizio? A metà strada tra psicologia, neurologia e nuove frontiere della ricerca scientifica come quelle che sondano la recentissima epigenetica, Audasso spiega innanzitutto perché, il più delle volte, l’autocontrollo (socialmente indotto) diventa una trappola che spinge l’indivuo a ripetere gli stessi errori, accumulando frustrazioni che poi pesano, nell’esperienza, fino a condizionare la possibiltà stessa di voltare pagina.L’autore individua l’esistenza di precise meccaniche, che poi “fabbricano” l’insoddisfazione quotidiana. Il suo libro non promette miracoli: svela meccanismi. Dimostra l’impatto interiore, a livello cognitivo, delle esperienze. E registra la costante assenza di un elemento che ritiene decisivo: la nostra mancanza di “dialogo” con il misterioso “cervello quantico”. Un motore potente, che secondo Audasso aspetta soltanto di essere finalmente messo in moto. L’autore cita Paul Valéry: «Il compito di una mente è di produrre futuro», senza pretendere l’infallibilità. Lo sapeva anche Charles de Gaulle: «Meglio prendere decisioni imperfette che essere alla continua ricerca di decisioni perfette che non si troveranno mai». Idee e pensieri: energie, emozioni, volontà. Una piccola guida, per step progressivi: «Sono sicuro di sapere cosa voglio dalla mia vita? Ho idea del prezzo che questo mi costa? E infine: sono disposto a pagarlo?». Ogni inciampo, sostiene Audasso, deriva dalla nostra mancanza di consapevolezza: subiamo troppe emozioni incontrollate, agiamo troppo spesso in modo automatico, senza ragionare in proprio. Attenzione: il “cervello quantico” è in ascolto. Che istruzioni riceve? Bisogna saperlo coltivare, dice Audasso, il “pensiero promotore”. Si può imparare, per gradi. Ma non senza prima aver capito come funziona, questo meccanismo, che secondo l’autore è squisitamente fisico, matematico.«Ogni nostra azione – spiega Audasso – si sviluppa attraverso l’utilizzo di una memoria “procedurale”, che a sua volta ne comprende altre due: la memoria “associativa”, identificabile con il condizionamento, e la memoria non-associativa, quella dell’abitudine». La tecnica “neuro quantica evolutiva” agisce in questo secondo ambito: «Con le neuro-associazioni e la memoria procedurale diamo la possibiltà alle nostre proteine una possibilità di “ancoraggio sinaptico”». A quel punto, le informazioni vengono trattenute e rese disponibili. In altre parole, è possibile porre delle “richieste” a quello che Audasso chiama “l’universo quantico”, per vederle realizzate. «Così facendo, però, si rimane nel vecchio paradigma: si riduce il “campo quantico” a poche alternative, sempre dettate dal passato, ottenendo nel migliore dei casi un semplice miglioramento». Si passa cioè «dal conosciuto al desiderato», mentre la “neuro quantica evolutiva”, secondo Audasso, consente di approdare al nuovo, all’ignoto, all’inaspettato. Nessun mistero: «Si attivano nuove neuro-connessioni, si eliminano le abitudini e si rinnova, davvero, la nostra vita».Il libro conduce il lettore verso progressive scoperte, fino «a comprendere i meccanismi che si muovono in lui (neuro), a interagire sul vecchio facendo agire il nuovo (quantica), liberando così i propri talenti (evolutiva)». Troppo difficile? Non per i lettori di Audasso, per i quali l’autore “smonta”, in modo perfettamente accessibile a tutti, i vari passaggi della dinamica cognitiva del pensiero “auto-sabotante” del quale ognuno di noi è così spesso vittima. Il motivo? Sempre lo stesso: l’auto-sabotaggio lo subiamo in modo sistematico, ma senza accorgercene. L’ostacolo è micidiale perché invisibile. Si chiama: deficit di consapevolezza. Diventare se stessi: questo è l’unico “prodigio” della conoscenza che Sergio Audasso maneggia. Obiettivo: «Riuscire un giorno a esprimere le proprie capacità, le abilità innate». Come? Imparando, innanzitutto, a “parlare” a quella parte di noi che, forse, ai tempi di Dante, qualcuno poteva ritenere “trascendente”. I catari, certo, la attribuivano al Padre Celeste. Sergio Audasso, più semplicemente, prova a spiegare come raggiungerla.(Il libro: Sergio Audasso, “Neuro quantica evolutiva. Parlare al cervello quantico e cambiare la propria vita”, UnoEditori, 168 pagine, euro 13,90).L’ha scoperto la saggista Maria Soresina: la “Divina Commedia” di Dante rappresenta simbolicamente il Consolamentum, cioè l’unico sacramento previsto dalla maggiore eresia medievale, quella dei Catari, a cui il sommo poeta fiorentino era legatissimo. Lo dimostra l’importanza attribuita nel Purgatorio alla figura di Marco di Lombardia, vescovo cataro di Concorezzo. Ma, secondo Soresina, nella costruzione allegorica della “Commedia” c’è un elemento che, più di ogni altro, svela l’identità càtara dello stesso Dante: il ricongiungimento con l’amata Beatrice, ormai stabilmente residente tra i beati, allude infatti alla vera missione spirituale del Catarismo, che impegnava il credente a far “sposare” la sua parte animica, “prigioniera” del corpo mortale, con «l’altra parte dell’anima, mai incarnata», che nel poema è impersonificata dalla figura femminile, “angelicata” secondo il credo letterario del Dolce Stil Novo. Tradotto nel 2018: c’è qualcosa, dentro di noi, che attende di essere “risvegliato”? E’ la tesi di un ricercatore contemporaneo, Sergio Audasso, tra i primi in Italia a definire l’esistenza di un “cervello quantico”: una sorta di potenzialità teoricamente infinita, con un suo “programma di benessere” già inscritto del Dna, che solo le nostre paure finiscono per inibire.
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Carpeoro: fermare la Lega, giudici brutali e intellettuali servi
Ora la campagna mediatica contro Salvini coinvolge anche il mondo dello spettacolo, con il discusso appello su “Rolling Stone”? Il problema di fondo è che la cultura italiana è fatta di meretricio intellettuale. Uno firma e fa i girotondi perché “fa bello”, giova alla carriera e giova all’immagine aggregarsi nel politicamente corretto. I cosiddetti artisti e intellettuali italiani hanno voglia di omologazione, hanno voglia di essere branco. Ed è esattamente il contrario di quello che dovrebbe essere un intellettuale o un artista. Io lo trovo l’esempio della gregarietà del mondo culturale, intellettuale e artistico italiano. Questo è un paese di moralisti, non è un paese di morale. La maggior parte di quelli che fanno la morale agli altri, se vai a guardare a casa loro, scopri che fanno di peggio. A livello nazionale è partita la guerra contro Salvini. Non che la Lega non debba risarcire la somma che è stata stabilita (in primo grado). A ingenerare sospetto è la fretta. Una sentenza di primo grado che condanna un partito a rifondere 49 milioni di euro mi desta un po’ di perplessità per la cifra. Mi sembra un po’ alla carlona il fatto che tutti i rimborsi elettorali debbano essere sostituiti, e mi sembra di ricordare che il merito di quel provvedimento fosse di gran lunga inferiore a queste cifre. Il problema è che è stata resa esecutiva la decisione di primo grado, e che – cosa che non fanno quasi mai – i magistrati hanno deciso di dare a queste esecuzioni delle modalità piuttosto brutali.Che succede, se ad un partito sequestri tutti i conti bancari e anche i rimborsi correnti? Se gli esponenti precedenti della Lega hanno mal disposto dei rimborsi, ciò non significa automaticamente che l’intero partito debba essere ritenuto responsabile. Probabilmente lo stesso partito è una parte lesa nei confronti di costoro. Quindi a me sembra che una vicenda affrontata con questa brutalità e con questa fretta, molto sospetta, voglia mettere in ginocchio il partito della Lega. Da parte mia, non ho alcuna simpatia, per la Lega: se avesse perso le elezioni non ne sarei stato rattristato. Ma il problema è che le ha vinte, e questo oggi sembra quasi una colpa. Come si è visto, il provvedimento giudiziario è stato deciso a pochissima distanza dalla vittoria della Lega, nonostante questa decisione (di primo grado) fosse esecutiva da tempo. Con molto zelo, invece, la magistratura ha deciso di realizzare un esecuzione a tempi di record. Ricordo che la Lega non difese le ragioni del diritto durante Tangentopoli, quando Craxi fu condannato a tempo di record, in un’Italia in cui i processi duravano vent’anni. Questo è dunque un film già visto, che oggi vede la Lega passare da carnefice a vittima. Io non gioisco quando il carnefice diventa vittima, perché per me le vittime sono tutte uguali. E’ il meccanismo che mi preoccupa, il meccanismo per cui uno possa diventare vittima.E’ un meccanismo che interessa tutti, ed è interesse della comunità che un individuo non diventi vittima, qualunque sia l’individuo, perché ognuno deve pagare le sue colpe. Perché eseguire così brutalmente il sequestro dei conti correnti della Lega, immobilizzando l’intero partito? Giustamente Salvini si lamenta, nonostante la tradizione del suo partito non lo legittimi, politicamente. Fa bene Salvini a disegnare uno scenario antidemocratico: si blocca la vita di un partito, che teoricamente dopodomani deve chiudere, perché questo sequestro incombente riguarda tutti i soldi in ingresso – che la Lega non potrà più usare per finanziare la sua legittima attività politica. Questo a me non sembra una cosa saggia, da parte della giustizia. Mi sarebbe semvrato saggio aspettare il terzo grado di giudizio e comunque concordare, dopo il terzo grado, delle forme di rientro economiche per questo partito. In Italia, misure simili sono stati garantite a cani e porci, e invece questi pretendono 49 milioni sull’unghia, dalla Lega, dopo il primo grado di giudizio. Capisco che probabilmente gli scopi sono diversi da quelli della giustizia. Ed è un problema che si ripete, come se la giustizia fosse la foglia di fico dietro cui nascondersi: è ora di riconoscere che in Italia la giustizia è uno strumento, una variabile che incide profondamente sulla politica e sulla vita democratica, e questo a me non piace.Attenzione: far sparire soldi sequestrati dalla magistratura configura un reato, ma presuppone l’accertamento del reato. Se io veramente li ho fatti sparire, quei soldi, tu – magistrato – hai modo di accertarlo, identificando anche i responsabili. Per certi aspetti hai anche la possibilità di scoprire dove sono finiti quei soldi, perché 49 milioni di euro non spariscono con la bacchetta magica. Se veramente sono spariti, sono scomparsi quasi in un’unica soluzione, perché il periodo sospetto è limitato a un tempo ristretto di attività criminosa. In effetti la procura di Genova ha aperto un’inchiesta. Siccome sul conto corrente della Lega non ci sono soldi, sarebbe giusto che – se questa inchiesta portasse alla conclusione che l’attuale dirigenza della Lega ha predisposto un piano criminoso per farli sparire – la giustizia fosse spietata, in questo senso. Il problema però è che tu non puoi darla per scontata, questa teoria, avendo solo aperto un’inchiesta. La giustizia non è fatta solo di leggi, è fatta anche di buon senso. Quindi, prima di immobilizzare un partito che prende milioni di voti, tu devi avere certezze – altrimenti può darsi, effettivamente, che in quel partito i soldi li abbiano fatti sparire i malversatori o che tu abbia sbagliato i conti, paralizzando – solo per i tuoi sospetti – un partito che prende milioni di voti.C’è un evidente problema politico: certi magistrati fanno politica perché sanno che se assumono certe posizioni fanno carriera, col clima che c’è nel Csm, nella Corte Costituzionale e presso tutte le cariche istituzionali. Vorrei che ci fosse meno politica, nella magistratura, altrimenti lo Stato dovrebbe dire: “Sui magistrati non indagano magistrati”. La cosiddetta autogestione e indipendenza delle toghe diventa un valore minore, se i magistrati non sono effettivamente indipendenti, se non sono “terzi”. Perché mi dovrei fidare dell’indipendenza della magistratura come valore teorico se questa non si traduce anche in esercizio pratico? Io credo che se lo Stato “facesse lo Stato” il sistema attuale potrebbe funzionare bene, con qualche piccola modifica. Ma lo Stato fa davvero lo Stato? Noi abbiamo un presidente della Repubblica che ha inciso fortemente (e io sostengo che non poteva farlo) sulla stessa composizione del governo. Abbiamo una situazione in cui lo Stato non fa lo Stato. E perché dovremmo ritenere che la magistratura non abbia ripercussioni da tutto questo? Tant’è vero che Salvini non ha chiesto un colloquio col vicepresidente del Csm, tradizionale vertice operativo dell’organo. Prima di certe iniziative intraprese da Cossiga, il presidente della Repubblica era solo una figura onorifica e simbolica, in qualità di presidente del Csm. Era il vicepresidente a rappresentare il vertice.Ora invece Salvini (giustamente, dal suo punto di vista) ha chiesto un colloquio direttamente al presidente della Repubblica, e non al vicepresidente del Consiglio Superiore. La verità è che abbiamo creato una Costituzione materiale che è diversa dalla Costituzione scritta, che è fatta di stereotipi, di cose che non sono scritte, di forzature fatte passare dando per scontato che quello costruito dai costituenti forse un sistema perfetto e non modificabile, come se i costituenti avessero detto “noi siamo Dio e facciamo le dodici tavole”. Ma i principi “perfetti” per una certa epoca possono rivelarsi imperfetti un’altra epoca. Così oggi rischia di essere bloccato, per via giudiziaria, un partito votato da milioni di italiani. Né mi stupiscono le voci su una possibile resurrezione di Renzi, in un nuovo partito “finanziato da Soros” con la Bonino, Tabacci, la Lorenzin. Gli italiani potrebbero “bersi” la nuova, ipotetica “verginità” di Renzi? E’ possibile, perché gli elettori si accontentano della “verginità” formale, non badano a quella sostanziale. E’ una mentalità italiana che è all’origine anche del successo degli attuali partiti: Lega e 5 Stelle hanno avuto successo facendo agli altri quello che adesso viene fatto a loro. Il successo degli attuali partiti ha le stesse radici, purtroppo, dell’insuccesso degli altri.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” durante la diretta web-streaming “Carpeoro Racconta”, su YouTube, il 7 luglio 2018).Ora la campagna mediatica contro Salvini coinvolge anche il mondo dello spettacolo, con il discusso appello su “Rolling Stone”? Il problema di fondo è che la cultura italiana è fatta di meretricio intellettuale. Uno firma e fa i girotondi perché “fa bello”, giova alla carriera e giova all’immagine aggregarsi nel politicamente corretto. I cosiddetti artisti e intellettuali italiani hanno voglia di omologazione, hanno voglia di essere branco. Ed è esattamente il contrario di quello che dovrebbe essere un intellettuale o un artista. Io lo trovo l’esempio della gregarietà del mondo culturale, intellettuale e artistico italiano. Questo è un paese di moralisti, non è un paese di morale. La maggior parte di quelli che fanno la morale agli altri, se vai a guardare a casa loro, scopri che fanno di peggio. A livello nazionale è partita la guerra contro Salvini. Non che la Lega non debba risarcire la somma che è stata stabilita (in primo grado). A ingenerare sospetto è la fretta. Una sentenza di primo grado che condanna un partito a rifondere 49 milioni di euro mi desta un po’ di perplessità per la cifra. Mi sembra un po’ alla carlona il fatto che tutti i rimborsi elettorali debbano essere sostituiti, e mi sembra di ricordare che il merito di quel provvedimento fosse di gran lunga inferiore a queste cifre. Il problema è che è stata resa esecutiva la decisione di primo grado, e che – cosa che non fanno quasi mai – i magistrati hanno deciso di dare a queste esecuzioni delle modalità piuttosto brutali.
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Massoni: pressing sul Pd, via Renzi e alleanza con Di Maio
Fortissime pressioni massoniche sul Pd per archiviare Renzi e puntare all’abbraccio con Di Maio, a sua volta in attesa di essere accolto dalla supermassoneria internazionale alla quale ha bussato. Lo scenario verso il quale premono i poteri forti, l’alleanza tra Pd e 5 Stelle, sarebbe perfetto per Salvini, che – dall’opposizione – continuerebbe indisturbato a spolpare Forza Italia, accreditandosi come leader unico del centrodestra. Il problema? Si chiama Matteo Renzi: non è facile farlo fuori. Parola di Gianfranco Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Dal giorno dopo le elezioni – ricorda Carpeoro, saggista e attento osservatore della situazione italiana – ho detto che non si sarebbe andato da nessuna parte, se non facendo delle acrobazie istituzionali non solo inutili, ma dannose per il paese». Un mese dopo, ribadisce il concetto: l’unica cosa seria da fare, dice, sarebbe varare un governo destinato a durare solo 90 giorni. Un esecutivo di scopo, sostenuto da tutti i partiti, con un unico obiettivo: cambiare la legge elettorale, reintroducendo il premio di maggioranza. «Chi vince, anche di poco, deve poter governare. E’ un problema pratico, non ideologico. Bisogna uscire da questa ipocrisia assoluta, imposta dalla Corte Costituzionale, per la quale il premio di maggioranza nel 90% dei casi è illegittimo. Basta: chi vince, governi».Di Maio oggi parla di Pil e mercati, equilibrio di bilancio e rispetto dei parametri europei? «Cos’altro aspettarsi, da Di Maio?». Per Carpeoro, il leader dei 5 Stelle «sta cercando di farsi accogliere nella Ur-Lodge dove si è proposto». Quale? «Se posso fare una previsione, dovrebbe essere la “Three Eyes”», ovvero la superloggia storica della destra reazionaria, incarnata per decenni da figure di vertice del massimo potere mondiale come Kissinger, Rockefeller e Brzezinki, incluso – secondo Gioele Magaldi – lo stesso Giorgio Napolitano. Secondo l’autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), della “Three Eyes” fanno parte anche Mario Draghi nonché Christine Lagarde del Fmi, in compagnia di esponenti dell’élite italiana come Gianfelice Rocca (Techint e Assolombarda), il top manager Giuseppe Recchi, Marta Dassù di Finmeccanica, il banchiere Enrico Tommaso Cucchiani, l’economista Carlo Secchi e Federica Guidi, già ministro dello sviluppo economico del governo Renzi. Questo il salotto buono al quale, secondo Carpeoro, avrebbe chiesto asilo il candidato premier dei 5 Stelle. «Dieci giorni prima delle elezioni – ricorda – Di Maio è andato a parlare col mondo finanziario di Londra, che è quello che organizza i grandi complotti e le grandi speculazioni».Un progetto partito da lontano, il ruolo di Di Maio come “cavallo di Troia” del grande potere? Anche no: la sua leadership è emersa strada facendo. Il grande momento del Movimento 5 Stelle «ha portato Di Maio a essere un personaggio esteticamente opportuno per fare quest’operazione». E come avrebbe fatto, l’ex steward dello stadio di Napoli, ad avvicinare il mondo supermassonico delle Ur-Lodges? Ha sempre avuto alle spalle Casaleggio, sottolinea Carpeoro. «In fin dei conti, Casaleggio è uno che ha progettato il Nuovo Ordine Mondiale: guardatevi i suoi documenti, i filmati». Beninteso: «Mica è una parolaccia, il Nuovo Ordine Mondiale: dipende da come lo fai, può essere anche una cosa non necessariamente drammatica». La storia dell’uomo, aggiunge Carpeoro, è fatta di epoche di ordine e epoche di disordine: è strano, eppure «si somigliano sempre sinistramente, l’ordine e il disordine». Carpeoro ne parla nel libro “Summa Symbolica”, di cui sta per uscire il secondo volume: «Non essendo possibile un ordine assoluto, tutto finisce per essere un ordine». Gianroberto Casaleggio? «Era un mistico, quindi ha disegnato il progetto di una società perfetta, a suo avviso. E aveva un socio – Enrico Sassoon – che faceva parte di una Ur-Lodge». Carpeoro diffida, dei progettisti di mondi perfetti: «Nessuno fa più danni di chi pensa di fare il bene degli altri: Hitler era uno così, no?».Ora i giornali dicono che l’alleanza tra Pd e 5 Stelle sarebbe una falsa pista, mentre il vero obiettivo di Di Maio sarebbe l’intesa con Salvini? Favole: «Di Maio sa che non potrà mai fare un’alleanza con Salvini, a meno di non considerare Salvini un idiota», taglia corto Carpeoro. La ragione è ovvia: «Salvini è motivato a essere il leader del centrodestra. Automaticamente, se scaricasse gli altri per fare da stampella a Di Maio, non potrebbe mai più essere il leader del centrodestra (lo dimostrano tutti i casi precedenti: Fini, Casini, Follini)». Il capo della Lega, aggiunge Carpeoro, sa perfettamente che in un governo coi 5 Stelle andrebbe a fare il passacarte. Molto meglio, per lui, essere il leader dell’opposizione. Quindi, Salvini propone a Di Maio di accettare anche Forza Italia, mettendosi alla pari con il centrodestra. Ipotesi abbastanza impercorribile: «Se Di Maio accettasse, l’idiota sarebbe lui». Non resta che l’altra sponda, il Pd, che in questo momento sta subendo «fortissime pressioni – paramassoniche, massoniche, internazionali – per cambiare la sua posizione e archivare Renzi». Ma eliminare l’ex premier è difficile: «Renzi si è cautelato, ha il predominio numerico sul partito: se si fanno le primarie, le rivince lui». E soprattutto: senza più Renzi, il Pd teme di poter scomparire. «Ne va della sua sopravvivenza politica». Vie d’uscita? Una sola, per Carpeoro: un governo che duri solo tre mesi. Obiettivo: voto anticipato, con una nuova legge elettorale che garantisca il governo di un vincitore sicuro.Fortissime pressioni massoniche sul Pd per archiviare Renzi e puntare all’abbraccio con Di Maio, a sua volta in attesa di essere accolto dalla supermassoneria internazionale alla quale ha bussato. Lo scenario verso il quale premono i poteri forti, l’alleanza tra Pd e 5 Stelle, sarebbe perfetto per Salvini, che – dall’opposizione – continuerebbe indisturbato a spolpare Forza Italia, accreditandosi come leader unico del centrodestra. Il problema? Si chiama Matteo Renzi: non è facile farlo fuori. Parola di Gianfranco Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Dal giorno dopo le elezioni – ricorda Carpeoro, saggista e attento osservatore della situazione italiana – ho detto che non si sarebbe andati da nessuna parte, se non facendo delle acrobazie istituzionali non solo inutili, ma dannose per il paese». Un mese dopo, ribadisce il concetto: l’unica cosa seria da fare, dice, sarebbe varare un governo destinato a durare solo 90 giorni. Un esecutivo di scopo, sostenuto da tutti i partiti, con un unico obiettivo: cambiare la legge elettorale, reintroducendo il premio di maggioranza. «Chi vince, anche di poco, deve poter governare. E’ un problema pratico, non ideologico. Bisogna uscire da questa ipocrisia assoluta, imposta dalla Corte Costituzionale, per la quale il premio di maggioranza nel 90% dei casi è illegittimo. Basta: chi vince, governi».
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Il Graal di Salvador Dalì, il segreto del suo Cristo alchemico
Salvador Dalì, uno dei pochi autentici Rosacroce, ha trasfuso nella sua opera pittorica il sapere esoterico a cui venne iniziato. La maggior parte dei suoi quadri, in particolare quelli dell’ultima fase misticheggiante, sono impregnati di un fortissimo significato esoterico, codificato sapientemente in un linguaggio simbolico a cui pochi possono accedere. Esiste una bellissima tela del pittore catalano dal titolo “Corpus Hypercubus”, del 1954, in cui viene raffigurato Cristo su una croce composta da otto cubi. Si tratta indubbiamente di un uso di ascendenza pitagorica del numero 4 e del numero 8, una scelta non casuale, considerata la matrice iniziatica del pittore. Cristo in realtà non è rappresentato inchiodato alla croce ma sospeso in aria, fluttuante come se fosse già risorto. Perché Dalì ha voluto rappresentare Cristo in un modo così palesemente discordante dalla tradizione sinottica (ma non da quella giovannea, intrisa della cosiddetta “teologia della gloria”)? Il corpo di Cristo appare perfetto, non flagellato e scarnificato dalle torture alle quali, secondo i Vangeli, venne sottoposto prima di essere crocifisso. Dunque, un’immagine di Cristo trasfigurata, che non trova corrispondenza nelle testimonianze neotestamentarie. Quale il significato simbolico da attribuire a questa strana rappresentazione che capovolge ogni logica?E’ indubbio che rappresentando Cristo come già risorto sulla croce Dalì abbia voluto celare ai profani un messaggio: la trasmutazione di un uomo in uno stato superiore dell’Essere avviene già in vita e non dopo la morte. Se così non fosse, Dalì avrebbe raffigurato Cristo alla maniera classica come sofferente e col corpo deturpato dal supplizio subito. Dalì ha senz’ombra di dubbio tratto ispirazione da Giovanni 8,28: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’Uomo, allora saprete che Io Sono», dove per “innalzato” si intende proprio la crocifissione: Giovanni usa infatti il verbo greco “innalzare”, che è identico a quello usato in Numeri 21,4-9 (versione greca dei LXX) nell’episodio del serpente di rame innalzato da Mosè su di un’asta) – per alludere alla morte e rinascita spirituale del Figlio dell’Uomo, non dopo la morte ma al momento della crocifissione. Dunque Cristo rivela se stesso, la trasmutazione della sua natura umana in divina – e l’uso dell’Ego eimì, “Io sono”, non lascia molti dubbi sul significato da attribuire all’affermazione di Gesù – proprio nel momento più atroce e anche in quello più scandaloso per i credenti.Ma per rinascere a nuova vita in vita, per realizzare una perfetta compenetrazione tra la natura umana e quella divina, occorre salire in alto, ascendere verso gli stati superiori dell’Essere, cioè staccarsi dalla croce, che inchioda l’essere umano alla dimensione terrena, per fluttuare in una danza armonica con lo Spirito. Perciò Dalì non poteva che raffigurare Cristo staccato dalla croce e fluttuante nell’iperspazio rappresentato dalla figura geometrica del cubo. Ora, a questo punto i più acuti si saranno chiesti: furono la morte e la risurrezione di Cristo un evento solo simbolico? O furono anche degli eventi storici? Per chi come la sottoscritta ha penetrato certi misteri, la risposta non può che essere univoca: la croce e la risurrezione furono anche e soprattutto eventi storici, investiti tuttavia di un potente messaggio simbolico. Quale? Cerco di spiegarlo con pochi e semplici concetti. Cristo non è sceso dalla croce per salvare se stesso, come i membri del Sinedrio lo invitarono a fare per rivelare la potenza operante di Dio. Bevve fino in fondo il calice, il Santo Graal, che è accettazione della vita e delle sue terribili contraddizioni.Scegliendo di non salvare il suo Io terreno salvò la sua essenza non terrena. Scegliendo di rimanere in croce, Cristo realizzò la perfetta intersecazione tra il piano del visibile e dell’immanenza (l’asse orizzontale della croce) e quello del non visibile e della trascendenza (l’asse verticale della croce). Egli, da uomo, divenne Logos, trasmutò se stesso realizzando l’archetipo umano nella sua pienezza ontologica, che è da sempre nella mente di Dio. Il Santo Graal è la croce, simbolo della trasmutazione dell’essere. Cristo ha aperto una strada, quella della ricongiunzione tra le polarità opposte: essenza umana e divina, immanenza e trascendenza, vita ed eternità, nonché maschile e femminile, come spiegherò più avanti. Sta a noi seguire il percorso tracciato da Lui. Impresa delle imprese, traguardo quasi impossibile, meta irraggiungibile? La cosa fondamentale non è emulare ma porsi in tensione “verso”: non si imita un Dio, ci si pone in una tensione dialettica nella consapevolezza che l’attuale umanità è immersa da secoli in uno stato di torpore spirituale. Ma noi, che beviamo ogni giorno il Sacro Graal, abbiamo il compito di ridestarci e ridestare l’umanità, di scuoterla dall’immobilismo spirituale che da sempre la paralizza. Perciò è essenziale bere ogni giorno il calice amaro della vita: solo così possiamo andare oltre i nostri limiti e le nostre bassezze.La croce della vita quotidiana, così, da strumento di sofferenza può diventare uno strumento di trasmutazione, insieme interiore ed ontologica. Il Sacro Graal, appunto. E non è casuale che nella tela di Dalì compaia accanto alla croce una donna, raffigurata con le fattezze di Gala, la moglie di Dalì, per simboleggiare la riunificazione tra il maschile e il femminile. Gala, infatti, contempla estatica la risurrezione di Cristo, segno che il femminile gioca un ruolo determinante nella rinascita spirituale. Se così non fosse nella tela apparirebbe solo Cristo e l’iperspazio, ovvero il maschile, ma è proprio la presenza di una donna a suggerire che nel processo di risurrezione è coinvolta anche l’anima umana, che dal punto di vista esoterico è rappresentata dal femminile. D’altronde, i veri iniziati sanno molto bene che la conquista del Graal passa attraverso una ricomposizione della frattura edenica tra maschile e femminile, del loro bilanciamento armonico. Chi sostiene, come certe tradizioni religiose e certi controiniziati, che il femminile è soltanto un vaso, uno strumento da utilizzare per risaire nelle sfere più elevate dello Spirito (ogni riferimento a un uso deviato del tantra è puramente casuale) è ancora bel lontano dall’aver penetrato il mistero del Graal. Dalì docet.(Patrizia Francesconi, “Il Sacro Graal, la Croce e Dalì”, dal blog “Verità Giustizia Bellezza” del 30 ottobre 2017).Salvador Dalì, uno dei pochi autentici Rosacroce, ha trasfuso nella sua opera pittorica il sapere esoterico a cui venne iniziato. La maggior parte dei suoi quadri, in particolare quelli dell’ultima fase misticheggiante, sono impregnati di un fortissimo significato esoterico, codificato sapientemente in un linguaggio simbolico a cui pochi possono accedere. Esiste una bellissima tela del pittore catalano dal titolo “Corpus Hypercubus”, del 1954, in cui viene raffigurato Cristo su una croce composta da otto cubi. Si tratta indubbiamente di un uso di ascendenza pitagorica del numero 4 e del numero 8, una scelta non casuale, considerata la matrice iniziatica del pittore. Cristo in realtà non è rappresentato inchiodato alla croce ma sospeso in aria, fluttuante come se fosse già risorto. Perché Dalì ha voluto rappresentare Cristo in un modo così palesemente discordante dalla tradizione sinottica (ma non da quella giovannea, intrisa della cosiddetta “teologia della gloria”)? Il corpo di Cristo appare perfetto, non flagellato e scarnificato dalle torture alle quali, secondo i Vangeli, venne sottoposto prima di essere crocifisso. Dunque, un’immagine di Cristo trasfigurata, che non trova corrispondenza nelle testimonianze neotestamentarie. Quale il significato simbolico da attribuire a questa strana rappresentazione che capovolge ogni logica?
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Vinny Ooh: il primo “alieno” ex-umano, senza più i genitali
«Il mondo è bello perché è vario. Anche se a volte qualcuno esagera». È il caso di Vinny Ooh, 22enne americano che ha subito ben 110 operazioni chirurgiche per diventare “un alieno”. «Ora ha in programma un intervento per la rimozione dei genitali, dei capezzoli e dell’ombelico», riferisce Rachele Nenzi sul “Giornale”. «Voglio essere un essere alieno senza sesso», dice lui. «Voglio che il mio io interiore si rifletta all’esterno». Il suo obiettivo è quello di diventare un alieno “genderless”, letteralmente senze genere: né maschio, né femmina. Più precisamente, come ha dichiarato al “Daily Mail”: «Voglio essere un ibrido». Per provarci, da quando aveva 17 anni, ha speso oltre 50.000 dollari in operazioni di chirurgia plastica. «Voglio essere senza sesso e senza genere», ha ribaduto ai medici. «E sono stato fortunato», sostiene. Vinny fa il “make-up artist” a Los Angeles, scrive “Supereva”: «La sua vita sembrerebbe “normale”, se non fosse che il ragazzo ha un’idea fissa: «Il mio obiettivo – dice – è quello di cambiare la mentalità di tutti circa le “bambole umane”. Sto cercando di svegliare la gente per mostrare loro che i ruoli di genere nella società non importano e dimostrare che abbiamo bisogno di essere solo degli esseri umani migliori».La sua trasformazione, iniziata anni fa, non si è ancora completata. E ora, continua “Supereva”, Vinny sogna di diventare presto l’essere perfetto che ha sempre sognato. Nel frattempo si è sottoposto a oltre 100 interventi di chirurgia plastica e indossa quotidianamente lenti a contatto nere, unghie finte e parrucche. «L’immagine complessiva che voglio avere è quella di un alieno», insiste. «Voglio essere un ibrido, non maschio o femmina. Ho voluto essere senza sesso e senza genere da quando avevo 17 anni». E come farà senza più i genitali? «Potrei vivere senza organi sessuali, quindi perché dovrei avere un pene o una vagina?». Inoltre, sottolinea il “Giornale”, «per assomigliare di più a un alieno, o a quello che l’immaginario e il cinema ci hanno insegnato, indossa grandi lenti a contatto annerite e artigli». Per diventare “un alieno”, Vinny non ha badato a spese ed è finito numerose volte sotto i bisturi. Per lui, riassume “Supereva”, ci sono stati ben 12 interventi riempitivi alle guance, 5 operazioni al naso e 2 alla fronte, perché la conformazione del volto fosse simile a quella di un alieno (o almeno a come se lo immagina lui).Le labbra carnose invece sono il risultato di 5 “filler” per le labbra e diverse sedute di botox. Inoltre si è sottoposto a laser al viso e a 35 trattamenti in tutto il corpo. «E mentre negli Stati Uniti in tanti si scandalizzano e lo criticano per il suo comportamento bizzarro, lui sta già programmando la prossima operazione: prossimamente si farà rimuovere i capezzoli e l’ombelico, ma soprattutto gli organi genitali». Lo scopo di tutte queste operazioni? Secondo il giovane è quello di creare addirittura una nuova specie: «Vinny – racconta, parlando di sé in terza persona – è un alieno di una generazione di nuovi individui che vogliono un aspetto diverso». E azzarda una profezia: «Entro 15 anni, centinaia di persone inizieranno a voler sembrare come lui». Chiosa “Leonardo.it”: «Da oggi in poi, oltre all’alieno, simpatico, di “Avanti un altro”, ricordiamoci anche di Vinny, il ragazzo americano che ha fatto più di 110 operazioni chirurgiche per assomigliare sempre più a un essere extraterrestre». Viviamo strani giorni, cantava Battiato. Ma era solo il 1996: il futuro “alieno” di Los Angeles era appena nato e poppava il latte, come tutti i bebè.«Il mondo è bello perché è vario. Anche se a volte qualcuno esagera». È il caso di Vinny Ooh, 22enne americano che ha subito ben 110 operazioni chirurgiche per diventare “un alieno”. «Ora ha in programma un intervento per la rimozione dei genitali, dei capezzoli e dell’ombelico», riferisce Rachele Nenzi sul “Giornale”. «Voglio essere un essere alieno senza sesso», dice lui. «Voglio che il mio io interiore si rifletta all’esterno». Il suo obiettivo è quello di diventare un alieno “genderless”, letteralmente senze genere: né maschio, né femmina. Più precisamente, come ha dichiarato al “Daily Mail”: «Voglio essere un ibrido». Per provarci, da quando aveva 17 anni, ha speso oltre 50.000 dollari in operazioni di chirurgia plastica. «Voglio essere senza sesso e senza genere», ha ribaduto ai medici. «E sono stato fortunato», sostiene. Vinny fa il “make-up artist” a Los Angeles, scrive “Supereva”: «La sua vita sembrerebbe “normale”, se non fosse che il ragazzo ha un’idea fissa: «Il mio obiettivo – dice – è quello di cambiare la mentalità di tutti circa le “bambole umane”. Sto cercando di svegliare la gente per mostrare loro che i ruoli di genere nella società non importano e dimostrare che abbiamo bisogno di essere solo degli esseri umani migliori».
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Dante e i Templari fiorentini, fino a John Fitzgerald Kennedy
In un libro edito da Aurora Boreale, “Firenze, città santa dei Templari”, Luca Monti scrive che Dante Alighieri fu il Gran Maestro segreto dei Templari dopo Jacques De Molay. «La storia dei Templari è molto diversa da quella che viene descritta dagli storici tradizionali», spiega Monti, intervistato da Paolo Franceschetti. «Quando io mi occupo della storia non me ne occupo con gli strumenti tradizionali, cioè con i libri e i materiali scritti da storici, perché questi sono materiali scritti da uomini, quindi con criteri limitati; io parto invece dai simboli, che sono universali a tutte le latitudini. Da questo punto di vista i simboli usati dai Templari ci dicono molto, e ci dice molto anche il modo in cui Dante scriveva, che era di tipo esoterico. Già questo quindi offre le prime basi di partenza per l’interpretazione della Divina Commedia e ci dà delle precise indicazioni sul suo valore». Tutto, aggiunge Monti è basato su determinati numeri: 3 cantiche, e 3 è il numero della perfezione; 33 canti, e 33 è il massimo grado della massoneria, il massimo grado sapienziale. Ricorre spesso il numero 13: Dante mette nelle varie cantiche diversi gruppi di 13; 13 i dannati a cui Dante chiede il nome, 13 quelli cui non chiede il nome, 13 i dannati che si fanno riconoscere senza che venga loro chiesto il nome, eccetera.«Abbiamo poi indizi che dicono che Dante era un templare», prosegue Monti, nell’intervista pubblicata sul blog di Franceschetti. Esiste una moneta conservata in un museo di Vienna, in cui viene attribuito a Dante il grado di Cavaliere Kadosh, uno dei cavalierati più segreti all’interno dei Templari. «Attorno a sé lui aveva creato un circolo che ufficialmente si occupava di poesie d’amore, ma in realtà era un circolo segreto di matrice esoterica. L’ultima guida di Dante poi è San Bernardo, che è il creatore della regola templare». I manoscritti originali di Dante, ufficialmente, non esistono, osserva Franceschetti: non abbiamo una sua firma autografa, un suo manoscritto, nulla. Esiste qualcuno che li ha? «Per quello che posso immaginare sì, ci sono – risponde Monti – ma non sono consultabili e credo siano negli Stati Uniti, custoditi dai Templari di oggi. C’è ad esempio un certo Filippo Mazzei che è stato uno dei firmatari della Costituzione americana ed era un fiorentino di una famiglia templare molto importante. I legami quindi tra Templari e Usa sono molto stretti, perché a partire dal 1200 ormai l’Europa divenne scomoda per i Templari e quello che potevano fu portato negli Usa».Questi documenti, continua Monti, «non vengono divulgati perché da secoli ci sono battaglie all’interno del movimento templare tra coloro che sono chiamati “passatisti”, che hanno una visione pura del mondo iniziatico, e i “modernisti”, che sono la componente più nera». Nella Divina Commedia non esiste un solo cenno alla moglie di Dante, Gemma Donati, e così pure nelle altre opere. Corso Donati, Forese Donati e Piccarda Donati sono parenti di Gemma e vengono nominati, aggiunge Franceschetti – ma perché mai la moglie? Cosa ci hanno taciuto del personaggio di Dante? E’ possibile che sia un’opera collettiva e Dante sia un personaggio romanzato? «No, credo proprio di no. Credo sia tutta farina del sacco di una persona», dice Monti. «Dante divenne maestro templare controvoglia. Il vero maestro doveva essere Brunetto Latini, ma non se la sentì e per questo fu posto all’Inferno, per punirlo simbolicamente del suo rifiuto. Quanto a Gemma, potrebbe simboleggiare la “gemma gnostica” e non essere un personaggio vero e proprio. Probabile fosse quindi uno pseudonimo».E Dante cosa faceva nei periodi bui della sua biografia? «Si dedicò a ripristinare l’Ordine templare che ormai era quasi finito», racconta Luca Monti. «Non è escluso che sia stato in Medio Oriente per incontrare i Sufi, con cui ebbe rapporti molto stretti. Lo stesso Federico II provò a mettere insieme la cavalleria cristiana e islamica e addirittura quella mongola; lui infatti temporeggiava nell’intraprendere la crociata voluta dal Papa di allora, perché cercava questo accordo tra Islam e Cristianesimo esoterico». Altra domanda: Castel Del Monte, in Puglia, era il luogo dove fu custodito il Graal dai Templari? «E’ plausibile. Occorre vedere quale Graal, perché ce n’erano tre. Il contenitore del sangue di Cristo, il balsamario e quello dell’ultima cena». E che dire di due personaggi fondamentali della Divina Commedia, San Bernardo e Beatrice? «Beatrice è l’obiettivo cui devono tendere i Templari, perché simbolicamente rappresenta la gnosi, la “sofìa”, la conoscenza suprema. Per questo la troviamo nel Paradiso, perché non deve essere contaminata da energie basse». Quanto a San Bernardo, «non è solo chi ha scritto la regola, ma è colui che ha plasmato esotericamente i Templari». E i cavalieri del Tempio «non nascono certo per difendere i pellegrini in Terrasanta: in 9 infatti potevano fare ben poco». La loro vera missione: «Trovare degli oggetti esotericamente importanti». Nel tempio di Gerusalemme «cercarono l’Arca dell’Alleanza, la testa di San Giovanni Battista e molto altro».In chiave inziatica, aggiunge Franceschetti, com’è che l’esoterista Dante “vede” Inferno, Purgatorio e Paradiso? «Secondo me li ha visitati davvero», risponde Monti, «nel senso che con un “viaggio astrale” probabilmente lui ha effettuato questo percorso, e probabilmente è stato il “viaggio astrale” più interessante della storia dell’umanità», nientemeno. Con l’espressione “viaggio astrale” si può intendere “esperienza extracorporea”, nota anche con le sigle Obe o anche Oobe (dall’inglese “out of body experience”), che per Wikipedia sta a indicare «tutte quelle esperienze, la cui interpretazione rimane controversa, nelle quali una persona percepisce di “uscire” dal proprio corpo fisico, cioè di proiettare la propria coscienza oltre i confini corporei». Sempre per Wikipedia, circa una persona su dieci ritiene di aver avuto qualche volta nella vita una di queste esperienze. «Più stringatamente», il termine «sta a indicare quella sensazione che taluni provano come se stessero fluttuando all’esterno del proprio corpo e, in taluni casi, percependo la presenza del proprio corpo da un punto esterno ad esso».In genere – prosegue Franceschetti, cambiando argomento – gli iniziati condivisono tra loro il cosiddetto “segreto iniziatico”, e proprio per questo motivo «non parlano di Dante svelandone i principali segreti». Luca Monti invece perché ne parla? Non è vincolato al “segreto iniziatico”, pure essendo “Gran Priore del Sacro Ordine Equestre Ecumenico Templare”? «Personalmente – spiega l’autore del libro sul templarismo fiorentino – credo sia il momento di divulgare il più possibile, e che il “segreto iniziatico” debba essere molto ridimensionato». E aggiunge: «Credo anzi che la missione del vero iniziato, oggi, in cui i tempi sono molto cambiati, debba addirittura essere capovolta rispetto al passato, cioè essere quella di cercare di innalzare il livello sapienziale delle masse, per quanto possibile, buttando sempre più sassolini per permettere a chi vuole di fare delle ricerche». Sicché, Franceschetti ne approfitta: «Dante – dice – parla spesso di un “cinquecentodieci e quinque”, 515, che libererà l’umanità». Che cos’è? Cosa rappresenta? «E cosa rappresenta il 666? Teniamo conto che nella Divina Commedia le profezie dantesche sono tutte collocate, con precisione matematica, a 515 o 666 versi di distanza l’una dall’altra».«Io penso che questo 515 arriverà verso il 2020», risponde Monti. «Ma questo numero rappresenta anche la riunificazione; noi siamo tutti in potenza parti di Dio, particelle divine, e il 515 rappresenta la riunione di noi stessi col divino. Il 666 invece è il numero della Bestia dell’Apocalisse, ma ricordiamoci anche che l’Apocalisse è la Rivelazione». Altro quesito: se Dante fu il successore segreto di Jacques De Molay, l’ultimo leader dei Templari arso sul rogo, chi fu il successore di Dante? Sorpresa: per Luca Monti, il successore dell’Alighieri-templare fu «Gherarduccio dei Gherardini, antenato di John Fitzgerald Kennedy. Ecco perché questo legame tra Dante e i Templari». Sul tema, Monti sta scrivendo un libro, “Dal rogo all’ermellino”, ovvero «la trasformazione dei Templari dalla clandestinità all’affermazione di nuovi ordini». E i Catari, sterminati tra 1200 e 1300 dal Vaticano prima con la Crociata Albigese e poi con l’istituzione dell’Inquisizione, come incrociano la loro storia “eretica” con Dante e i Templari? «Catari e Templari sono fratelli – sostiene Monti – nel senso che condividevano una stessa visione gnostica della spiritualità; solo che i Templari non potevano esternarlo ufficialmente come i Catari, essendo formalmente riconosciuti dalla Chiesa». Ma non è tutto, perché «il legame spirituale dei Templari va oltre il Catarismo e oltre il Sufismo», basti pensare che «San Bernardo era un druido e anche quella è, quindi, una direzione spirituale da percorrere». Templari e Fedeli d’Amore? Stessa cosa, a Firenze: «I Fedeli d’Amore, quindi il gruppo di Cavalcanti e Brunetto Latini, erano i veritici templari, perché quello di “Fedele d’Amore” è il grado più alto dei Templari».(Il libro: Luca Monti, “Firenze, città santa dei Templari”, Aurora Boreale editore, 80 pagine, 12 euro).In un libro edito da Aurora Boreale, “Firenze, città santa dei Templari”, Luca Monti scrive che Dante Alighieri fu il Gran Maestro segreto dei Templari dopo Jacques De Molay. «La storia dei Templari è molto diversa da quella che viene descritta dagli storici tradizionali», spiega Monti, intervistato da Paolo Franceschetti. «Quando io mi occupo della storia non me ne occupo con gli strumenti tradizionali, cioè con i libri e i materiali scritti da storici, perché questi sono materiali scritti da uomini, quindi con criteri limitati; io parto invece dai simboli, che sono universali a tutte le latitudini. Da questo punto di vista i simboli usati dai Templari ci dicono molto, e ci dice molto anche il modo in cui Dante scriveva, che era di tipo esoterico. Già questo quindi offre le prime basi di partenza per l’interpretazione della Divina Commedia e ci dà delle precise indicazioni sul suo valore». Tutto, aggiunge Monti è basato su determinati numeri: 3 cantiche, e 3 è il numero della perfezione; 33 canti, e 33 è il massimo grado della massoneria, il massimo grado sapienziale. Ricorre spesso il numero 13: Dante mette nelle varie cantiche diversi gruppi di 13; 13 i dannati a cui Dante chiede il nome, 13 quelli cui non chiede il nome, 13 i dannati che si fanno riconoscere senza che venga loro chiesto il nome, eccetera.
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Gender a scuola, i bambini e l’orco. Ma la famiglia dov’è?
Gender: tutti diversi, tutti uguali. Bellissimo, ma se poi la faccenda scappa di mano e la scuola diventa il paradiso degli orchi? A rimetterci sarebbero loro, i minori. A meno che non entri in scena un soggetto troppo spesso assente: la famiglia, con le sue responsabilità educative. «Quando sentii parlare di questa teoria e della sua diffusione nelle scuole, lì per lì pensai a una bufala perché veniva proposta come una specie di invito esplicito alla masturbazione e all’omosessualità anche per i bambini delle elementari e dell’asilo». L’ideologia Gender in classe? Superficialmente, scrive Paolo Franceschetti, si potrebbe credere che tutta la questione si riduca a un derby tra gay e omofobi, sinistra progressista e Vaticano conservatore. Già il governo Letta invitava gli insegnanti a educare alla diversità (“Rosa e i suoi due papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar; se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”). «La necessità di approfondire la questione – ammette Franceschetti – mi è venuta quando ho letto che il ministro dell’istruzione minacciava querele contro chi osasse sostenere che la riforma Renzi introducesse la teoria Gender».A livello teorico, tutto nasce dagli studi di Margareth Mead, che dimostrano che i ruoli possono benissimo ribaltarsi, come in certe società tribali dell’Oceania: le donne a caccia, gli uomini a casa a farsi belli. Succede anche da noi, scrive Franceschetti nel suo blog: c’è l’amico Maurizio, «che fa il supermacho superscopatore, ma in privato mi confessa che gli piacciono le gonne e i vestiti femminili e quando è solo si veste con le scarpe coi tacchi della moglie». E all’opposto c’è l’amica Ambra, a cui domandi “cosa facciamo stasera?” e ti risponde “andiamo a tirare col fucile”, e al poligono «fa cento colpi e cento centri, una cosa mai vista in vita mia». Autore di clamorose denunce sul “lato oscuro del potere” (gli omcidi rituali, il Mostro di Firenze, la misteriosa setta criminale denominata Ordine della Rosa Rossa), l’ex avvocato Franceschetti, autore di un recentissimo libro, “Le Religioni”, che indaga sulla comune matrice spirituale delle grandi confessioni religiose del pianeta, si è anche distinto per i ripetuti allarmi lanciati in favore dei minori: ne spariscono troppi, anche in Italia. Centinaia, ogni anno. Dove finiscono? Nel traffico di organi e nelle reti potentissime dei pedofili d’alto bordo.Di fronte alle istanze “Gender”, Franceschetti riconosce che «la rigida divisione tra sessi che per secoli ha dominato la società ha portato, e porta tuttora, a degli squilibri». Una donna in carriera è considerata “poco femminile” e temuta dagli uomini, mentre un uomo “casalingo” «è visto con sospetto, come un parassita nullafacente». L’uomo che va con molte donne «è guardato con ammirazione», mentre la donna che ha molti uomini «è quasi sempre una troia». La divisione in sessi? Ha penalizzato chiunque, uomo o donna, rifiutasse gli obblighi sociali. «Non parliamo poi delle problematiche che sorgono se una persona vuole cambiare sesso, o se durante il matrimonio scopre di avere tendenze omosessuali». La teoria Gender vuole sicuramente «porre rimedio a questo stato di cose, introducendo una nuova mentalità, rispettosa delle differenze individuali, per educare la popolazione a una nuova concezione della sessualità e delle differenze di genere». E fin qui, tutto bene. Si prefigura «un meraviglioso mondo, dove l’uomo che voglia andare in giro con i tacchi a spillo e il rossetto venga rispettato, così come una donna che si metta a ruttare e fare a braccio di ferro bestemmiando al bar».Idem per i piccoli: «Nessun trauma arrivi a un bambino che sia allevato da due papà o due mamme, perchè la salute psichica del bambino si misurerà in funzione dell’affetto e degli insegnamenti che riceve, e non dal fatto che abbia necessariamente un padre maschio e una mamma femmina». Ma le ricadute pratiche? Utile leggere il dossier “Standard per l’educazione sessuale in Europa”, commissionato dall’Oms, per capire cosa si vuole fare nelle scuole. Rispetto, equilibrio, attenzione: un documento “amorevole”. Ma «il bello viene da pagina 37 in poi, dove ci sono le direttive sintetiche che gli insegnanti di educazione sessuale dovrebbero applicare sui bambini di varie fasce di età». Sono 144 disposizioni: «Il problema sorge per solo una ventina di direttive in tutto, sparse qua e là quasi innocentemente», specie quelle rivolte ai bambini dai 9 ai 12 anni. L’educatore deve «mettere il bambino in grado di decidere se avere esperienze sessuali o no, effettuare una scelta del contraccettivo e utilizzarlo correttamente, esprimere amicizia e amore in modi diversi, distinguere tra la sessualità nella vita reale e quella rappresentata dai media». E deve «aiutare il bambino a sviluppare l’accettazione della sessualità (baciarsi, toccarsi, accarezzarsi)», nonché «trasmettere informazioni su masturbazione, piacere e orgasmo».Amarcord inevitabile: «Il pensiero corre ai miei professori del liceo», dice Franceschetti. «Quello di matematica che toccava sempre i seni alle ragazze, tranquillo dell’impunità del preside, tanto che quando fu denunciato da una ragazza fu la ragazza a dover cambiare istituto, non il professore». O quello di storia e filosofia, che sprecava intere lezioni «coi suoi racconti tesi a dimostrare che il sesso è peccato». Già alle elementari fioccavano ceffoni: rudi maestre, anziché «improvvisati educatori sessuali protetti dallo scudo delle direttive europee». L’idea Gender? «Meravigliosa e auspicabile se fossimo in un mondo ideale, e se chi la dovesse applicare fosse un essere umano ideale». Ovvero: un educatore «equilibrato, centrato, e amorevole», capace di «saper amare davvero l’altro e il prossimo e saperlo rispettare», dopo «essersi confrontato con la propria parte omosessuale ed essersi interrogato, ove tale parte sussista, su come viverla».L’insegnante-modello, inoltre, dovrebbe essere «monogamo per scelta, convinto che la fedeltà sia un dono, non un obbligo», dunque «una persona sessualmente attiva», che desidera altri partner ma si trattiene, e inoltre è «disposta ad accettare la poligamia del proprio». Di fronte al tradimento subito, massima comprensione: «Caro/a, ho scoperto che mi tradisci; è evidente che ho sbagliato in qualcosa». E poi dev’essere «uno che, scoperta l’omosessualità del figlio, anziché preoccuparsi, veda questo come un’opportunità di crescere insieme e apprendere di più dalla vita e da se stessi». E ancora, scoprendo l’omosessualità del partner, gli dovrebbe dire: «Ti amo, e per rispetto vorrei che tu vivessi appieno questa tua esperienza, finché non deciderai in che ruolo collocare il nostro rapporto». Tutto bene, «se esistesse un essere umano che ha raggiunto un tale grado di consapevolezza». Quanti ne conosciamo, nella vita quotidiana? Ovviamente, «questo ritratto di essere umano quasi perfetto è praticamente introvabile».La realtà, infatti, è desolatamente opposta: «Dal punto di vista sessuale, la maggior parte delle persone non solo non è affatto equilibrata, ma ha quelle che in psicologia sono considerate devianze o problemi: eiaculazione precoce, impotenza, anorgasmia, sadomasochismo, feticismo». E poi le “stranezze”, «come l’eccitarsi solo in determinate condizioni ambientali», magari con l’impiego di “oggetti particolari”, «per non parlare della percentuale, altissima, di coloro che hanno delle vere e proprie perversioni criminali». Morale: «Il problema dell’ideologia Gender è, molto semplicemente, che non esiste un numero sufficiente di educatori che abbia l’equilibrio tale da poter insegnare ai bambini il rispetto di genere (altrui e proprio) per il semplice motivo che ancora non hanno raggiunto tale equilibrio in loro stessi». Che medico sei, se non sai nemmeno curare te stesso?Sicché, le «demenziali 20 regole» indicate da Franceschetti «porteranno a una conseguenza inevitabile nelle scuole: abusi, facilitazioni della pedofilia e traumi vari ai bambini». Quindi, anche se «l’obiettivo teorico della riforma è lodevole e teoricamente condivisibile», visto che propone che i bambini devono essere educati al rispetto di genere, di fatto «la riforma conseguirà (volutamente, è il caso di dirlo) l’obiettivo opposto: aumenterà gli abusi sui minori nel lungo termine, e nel breve termine creerà la falsa contrapposizione tra progressisti e conservatori omofobi». Una riforma di questo tipo, «in mano a insegnanti e politici inconsapevoli e non in grado di gestire una problematica come quella del genere», secondo Franceschetti produrrà scontri, tensioni e cause legali: «Cattolici contro omosessuali, omosessuali contro eterosessuali, politici contro politici, genitori contro insegnanti, magistrati contro cittadini». Tutto questo, «in un clima in cui a risentirne e a restarne traumatizzati saranno soprattutto i bambini».Tradotto: anche questa del Gender «si inquadra in quel contesto di riforme volute dal Parlamento Europeo in tutti i campi (economico, politico, finanziario, sociale, scolastico) per distruggere i fondamenti della società e ricostruirne una nuova, basata sul Nwo, creando caos sociale ad ogni livello». Nuovo ordine mondiale? «La tecnica è nota», insiste Franceschetti: «Si parte da una premessa giusta (educare al rispetto delle diversità) e si fa una legge in parte giusta (educare i bambini alla sessualità) con qualche appiglio per ribaltare completamente il risultato e creare più caos di quanto già non ce ne sia (dando mano libera ai pedofili e ai pervertiti di poter agire liberamente nelle scuole)». E i primi frutti dell’introduzione dell’ideologia Gender si vedono già: «Alcuni sindaci hanno ritirato alcuni libri ispirati all’ideologia Gender dalle scuole. Una maestra è stata denunciata da un rappresentante dell’Arcigay e linciata mediaticamente, su tutti i giornali, per aver detto a scuola che l’omosessualità è una malattia (salvo poi essere scagionata dagli allievi, che hanno detto “ma no, veramente ha detto tutt’altro”)».Stefania Giannini, ministro dell’istruzione, minaccia denunce contro chi sostiene che la riforma Renzi della “buona scuola” obblighi a educare sessualmente i giovani secondo le teorie Gender: la riforma imporrebbe solo di “educare al rispetto della diversità”. «Ogni tanto sui giornali escono notizie di genitori preoccupati per i vibratori a scuola. Una preside ha inviato una lettera al ministero per denunciare l’introduzione della teoria Gender nelle scuola, e il ministero ha mandato gli ispettori (sic!) ritenendo inaccettabile il comportamento della preside». E ancora: «In una scuola sono state denunciate delle suore che, stando ai giornali, avevano fatto educazione alla masturbazione a bambini di 10 anni». In alcuni Comuni già si raccolgono firme “contro”. Ma attezione: «La maggior parte delle notizie sono false e volutamente distorte, per poter essere interpretate come uno preferisce. Come è falso che questa teoria sia “imposta” dall’Ue», che in realtà «impone solo, con vari regolamenti, direttive e indicazioni, di abolire le differenze di genere tra uomo e donna in tutti gli ambiti, il che è sacrosanto».Le teorie Gender a scuola sono già applicate in diversi paesi europei, «ma la situazione è di estremo caos». La confusione impazza, anche nel privato: «Solo per fare un esempio personale – racconta Franceschetti – ho postato sulla mia pagina Facebook un video dell’avvocato Amato, di tendenza dichiaratamente cattolica. Una ragazza omosessuale mi ha ritirato l’amicizia sentendosi profondamente ferita dal video (sue parole testuali). Un altro mi ha dato del fascista, dicendo in aggiunta che probabilmente poi di nascosto vado a trans». Tutto questo, «a riprova che non si può discutere serenamente di Gender senza creare conflitti: se sei contro questa nuova tendenza, sei omofobo e retrogrado; se sei a favore, sei un pedofilo o un frocio». Dobbiamo quindi preoccuparci, gridare allo scandalo e arroccarci sulle vecchie posizioni, o sposare le teorie Gender? «Nulla di tutto ciò. C’è invece la possibilità di trasformare la questione Gender in un’occasione favorevole per la crescita dei nostri figli e di noi stessi». E come? Mobilitando – per la prima volta, in molti casi – la cara, vecchia famiglia, troppo spesso assente, o peggio.«Lo sfascio del sistema in cui viviamo è inevitabile, e questa ideologia porterà, col tempo, allo sfascio della famiglia tradizionale e dei valori tradizionali», insiste Franceschetti. «I bambini saranno spesso abusati e traumatizzati. Ma purtroppo, occorre dirlo, i bambini sono da sempre stati abusati e traumatizzati perché – in questo ha ragione l’ideologia Gender – l’imposizione rigida dei ruoli ha provocato da sempre una serie di problemi psicologici». Il bambino è inoltre traumatizzato su vari fronti, non solo quello sessuale, e peraltro in tutte le epoche, «perché la maggior parte dei genitori riversa inevitabilmente i propri disturbi personali sul bambino stesso, che fin da piccolo è costretto a subire limitazioni prive di senso, ad essere sgridato senza criterio, talvolta picchiato, costretto a subire le urla dei genitori tra di loro, gli abbandoni, la violenza verbale e fisica che a volte sussiste nella coppia». Basta rileggere gli studi di Alice Miller: “Il dramma del bambino dotato”, “Il bambino inascoltato”, “La fiducia tradita”, “La chiave abbandonata”.Niente di nuovo sotto il sole: i bambini «saranno “solo” costretti a un ulteriore abuso, oltre a quelli che quotidianamente subiscono dagli ignari genitori», spesso convinti di essere impeccabili. «Questa situazione di caos e ulteriore abuso, però, potrà avere effetti positivi qualora le famiglie si riappropriassero del proprio ruolo, senza delegare alla scuola l’educazione dei bambini», sostiene Franceschetti. «Se fino ad oggi, a casa, di sesso non se ne parlava, o se ne parlava male», a questo punto «per arginare l’effetto traumatico della riforma Gender l’unica possibilità è che i genitori si sforzino sempre di più di dialogare con i figli, di accettare davvero le diversità e di spiegare loro che se l’insegnante si masturba in classe è solo un pervertito, non un educatore». E a fronte di un insegnante che vorrà “far provare nuove esperienze” al bambino di 9-12 anni, come da protocollo, «gli si spieghi che forse, a quell’età, tali esperienze potrebbero provocargli un trauma: sarà meglio rimandarle magari a quando sarà adulto e in grado di decidere da solo quali esperienze diverse provare».E di fronte a un insegnante che magari «esalterà l’omosessualità dicendo che è normale, invitando i bambini di 9 anni a farne esperienza», il genitore dirà: «Sì tesoro, in effetti è normale, ma statisticamente l’80% delle persone è ancora eterosessuale, quindi direi che potrai fare queste prove più in là, magari dopo i vent’anni». Così, «invece di portarli al doposcuola, forse sarà la volta buona che un genitore anaffettivo trovi una buona scusa per portare i figli con sé e passarci più tempo insieme», conclude Franceschetti. In pratica, proprio perché la riforma Gender è arrivata nel momento in cui l’istituzione familiare «si era deresponsabilizzata dal suo ruolo educativo», forse «è proprio questo il momento buono affinché l’educazione sessuale dei figli venga riportata nel luogo principale dove dovrebbe essere effettuata: la famiglia».Gender: tutti diversi, tutti uguali. Bellissimo, ma se poi la faccenda scappa di mano e la scuola diventa il paradiso degli orchi? A rimetterci sarebbero loro, i minori. A meno che non entri in scena un soggetto troppo spesso assente: la famiglia, con le sue responsabilità educative. «Quando sentii parlare di questa teoria e della sua diffusione nelle scuole, lì per lì pensai a una bufala perché veniva proposta come una specie di invito esplicito alla masturbazione e all’omosessualità anche per i bambini delle elementari e dell’asilo». L’ideologia Gender in classe? Superficialmente, scrive Paolo Franceschetti, si potrebbe credere che tutta la questione si riduca a un derby tra gay e omofobi, sinistra progressista e Vaticano conservatore. Già il governo Letta invitava gli insegnanti a educare alla diversità (“Rosa e i suoi due papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar; se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”). «La necessità di approfondire la questione – ammette Franceschetti – mi è venuta quando ho letto che il ministro dell’istruzione minacciava querele contro chi osasse sostenere che la riforma Renzi introducesse la teoria Gender».