Archivio del Tag ‘pesticidi’
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Zero prove nel ridicolo dossier-Siria presentato da Obama
Solo sospetti, senza uno straccio di prova. Motivo: i siriani le avrebbero cancellate, bombardando a lungo, nelle ore seguenti, i quartieri di Damasco che sarebbero stati attaccati con armi chimiche il 21 agosto. Il governo Obama «valuta altamente probabile» che il regime di Assad abbia sferrato l’attacco, dichiara di avere indizi precisi ma rifiuta di diffonderli per «proteggere le fonti». Fine. Altro non ha dire, l’amministrazione che – sulla base di queste scarne note – pretende di coinvolgere il mondo in una guerra pericolosa, fondata sulla propaganda e sull’ipocrisia oltre che sulla menzogna: il regime di Washington infatti continua a definire “opposizione” le milizie che ha reclutato, armato e addestrato sul campo, da almeno due anni, con l’obiettivo di rovesciare il governo di Damasco trasformando in sanguinosa guerra civile l’iniziale rivolta democratica e pacifica dei cittadini siriani ostili al potere autoritario di Assad.
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Noi, docili cretini cerebrolesi: avvelenati da cibo e farmaci
Avvelenati per decenni dal cibo e dai farmaci, per costruire una società di automi. E’ la tesi di Roberto Marocchesi, basata su ricerche che studiano gli effetti neurologici dell’assunzione di sostanze chimiche contenute negli alimenti e nei medicinali. «Ci sono più di cinquemila specie di mammiferi sul pianeta, ma solo una di loro è “pazza”»: solo l’homo sapiens «volutamente avvelena pure i suoi figli, iniettando tossine e sostanze chimiche neurolesive nella maggior parte dei membri della specie». Mammiferi, uccelli, rettili e insetti hanno almeno cinque caratteristiche in comune: nessuno di loro mangia alimenti trasformati, assume farmaci, contamina la prole con vaccini tossici tenuti insieme da prodotti chimici nascosti, pratica l’agricoltura meccanizzata chimica e la monocoltura. E nessuno di loro, ovviamente, filtra la realtà in modo artificiale attraverso la Tv o Internet. L’uomo, invece, «la specie più folle del pianeta», s’impegna abitualmente in tutte e cinque queste cose, «avvelenando il corpo, la mente e i propri figli con metalli pesanti, pesticidi, mercurio, conservanti, farmaci che alterano la mente, solventi chimici, Ogm e deliri di programmazione mentale».
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Europa cannibale: prima divoratrice mondiale di foreste
In meno di vent’anni, tra il 1990 e il 2008, i consumi europei hanno causato l’abbattimento di foreste in varie parti del mondo per un’estensione pari ad almeno 9 milioni di ettari, una superficie paragonabile a quella dell’Irlanda. Peggio ancora di Usa e Canada: siamo noi europei i primi consumatori di foreste al mondo. Un triste primato, registrato il 2 luglio dalla stessa Unione Europea nel rapporto “The impact of Ee consumption on deforestation”. Secondo il Wwf, «emergono prove inquietanti su come l’Unione importi prodotti derivanti dalla deforestazione in quantità superiore a quella prevista, nonostante il suo impegno a ridurre la deforestazione tropicale del 50% entro il 2020». E dire che Bruxelles aveva promosso lo studio nel 2011 per contribuire a contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità a livello mondiale. Obiettivo: valutare l’impatto del consumo europeo sulla perdita delle foreste nel mondo. A quanto pare, i migliori boschi del pianeta li divoriamo alla velocità della luce: più che il legname, ci interessa il pascolo che si ottiene radendo al suolo gli alberi.
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Api a rischio estinzione: in gioco il 90% del nostro cibo
Ora sappiamo esattamente cosa uccide le api: l’estinzione delle colonie di api in tutto il mondo non è un grande mistero come vorrebbero farci credere le aziende chimiche. Gli scienziati conoscono il problema: sanno che le api da miele stanno morendo per via dei pesticidi in agricoltura, della siccità, della distruzione del loro habitat naturale, del riscaldamento. I biologi, spiega Rex Weyler di “Greenpeace”, hanno trovato tracce di 150 diversi pesticidi chimici nel polline delle api, un cocktail mortale secondo Eric Mussen, apicoltore della University of California. Le aziende chimiche Bayer, Syngenta, Basf, Dow, DuPont e Monsanto hanno scrollato le spalle, come se il “mistero” fosse troppo complesso per essere decifrato. E comunque, «non hanno messo in atto alcun cambiamento in merito alle politiche sui pesticidi: dopotutto, la vendita di veleni a coltivatori in tutto il mondo è vantaggiosa». Come se non bastasse, l’habitat delle api selvatiche si riduce di anno in anno a causa dell’attività agroindustriale che distrugge praterie e foreste per lasciar spazio alle monocolture, contaminate dai veleni.
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Vandana Shiva: i brevetti sui semi minacciano la libertà
«Vendete agli amici le sementi del pomodoro giallo salentino, che nessuno coltiva più da due secoli? Ronzate su Internet alla ricerca dell’introvabile seme di pera veneta rinascimentale per abbellire il vostro orto? Ebbene, siete da oggi tutti fuorilegge. Come i pirati che scaricano film coperti da copyright, come i ragazzini che trafficano con i Cd copiati dalla Rete». Così Debora Billi, all’indomani di una sentenza della Corte Europea che già nel 2012 prevedeva il divieto di vendere sementi non iscritte allo specifico albo certificato dell’Unione Europea, prima ancora che – nel 2013 – venisse formalmente proposto il “riordino” della materia, attraverso l’Agenzia delle Varietà Vegetali Europee, cui anche i piccoli produttori dovrebbero sottoporsi, per poter commercializzare i prodotti del loro orto. Super-burocrazia per scoraggiare le piccole coltivazioni? Di questo passo, avvertono l’inglese Ben Gabel del “Real Seed Catalogue” e lo scrittore Mike Adams, i divieti potrebbero insidiare persino gli orticoltori amatoriali.
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Latouche: rinunciamo al potere e alla schiavitù salariale
La decrescita è un progetto sociale, non un progetto politico, Lenin aveva un progetto politico. Tutti quelli che hanno un progetto politico vogliono realizzarlo, per questo la tradizione rivoluzionaria, soprattutto in America latina, resta legata alla presa del potere. Pensiamo a quando il subcomandante Marcos e le comunità zapatiste hanno preso San Cristóbal de las Casas, in Chiapas, il 1° gennaio 1994: la prima cosa che hanno detto è stato: «Non vogliamo prendere il potere perché sappiamo che se prendiamo il potere saremo presi dal potere». Per questo penso che avere un progetto politico sia diverso dall’avere un progetto sociale. Un progetto di una società alternativa deve essere pensato concretamente in funzione del luogo, della cultura dove il movimento agisce, ma il problema è che ha a che fare anche con il potere. Naturalmente è una buona cosa, se alcuni nostri amici diventano deputati, ministri, consiglieri ma sappiamo bene che qualsiasi politico è sempre sottomesso alla pressione dei grandi poteri, non esiste un governo buono.
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Appello al Piemonte: non chiudete lo sportello del Bio
Si fa presto a dire “biologico”. Filiere corte, chilometri zero. Prodotti locali d’eccellenza, che – per fortuna – inondano le campagne italiane e le mille fiere enogastronomiche promosse e sostenute dagli enti pubblici. Peccato che poi ci si dimentichi che quegli stessi prodotti nascono dal duro lavoro quotidiano di contadini spesso isolati ma sempre più consapevoli del loro ruolo ecologico. Agricoltori-custodi, li chiamano, e ormai sono un network in crescita. Anche grazie all’impegno di centri di eccellenza italiana come il Crab, lo sportello piemontese dell’agricoltura biologica che ora – nell’indifferenza generale – rischia addirittura di chiudere, per mancanza di fondi. Spending review, tagli orizzontali: eppure il Crab fa girare mezzo milione di euro all’anno (economia pulita) e costa solo 280.000 euro. Ma attenzione: i due terzi della spesa sono già ampiamente coperti da progetti speciali, a termine
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Agri-business: e l’Europa ha perso metà dei suoi uccelli
In poco più di trent’anni nelle aree agricole dell’Unione europea i volatili sono calati del 52%. Dal 1980 ad oggi, infatti, ben 300 milioni di uccelli selvatici sono letteralmente spariti. Colpa dei metodi di coltivazione insostenibili per la natura, accusa Lipu-BirdLife Italia. Che, sulla base dei clamorosi dati raccolti dal Farmland Bird Index (Fbi), avverte: «L’agricoltura intensiva distrugge il paesaggio e fa scomparire gli animali». Un problema che rischia di andare fuori controllo. L’inquietante moria di volatili è infatti un indicatore degli effetti che l’abuso di sostanze chimiche sta avendo sull’intera biodiversità. Urge un ripensamento della Politica agricola comune (Pac), secondo Lipu, per «premiare gli agricoltori che riducono l’uso di acqua, pesticidi e nitrati». Esattamente il contrario di quanto fatto negli ultimi decenni. Metodi di coltivazione intensivi e uso smodato di fertilizzanti e diserbanti. Ma anche stravolgimenti del paesaggio rurale.
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Latouche: abbiamo bisogno che questo sistema crolli
«Sappiamo già che l’attuale sistema crollerà tra il 2030 e il 2070. Il vero esercizio di fantascienza è prevedere che cosa succederà tra cinque anni». Serge Latouche non ha dubbi: faremo la fine dell’Impero Romano, o del Sacro Romano Impero di Carlo Magno che fu travolto dai Barbari. «Purtroppo siamo già dentro il capitalismo catastrofico». Ed è solo l’inizio, nel bluff chiamato Europa. «La barca affonda e andremo giù tutti insieme. Ma non è detto che questo avverrà senza violenza e dolore». Quanto all’Italia, «l’unica soluzione è la bancarotta: da Monti in giù, tutti sanno che il debito non potrà essere ripagato». Sono alcune delle affermazioni che l’ideologo francese della Decrescita ha rilasciato a Giovanna Faggionato per “Lettera 43”. Il sistema, dice Latouche, non ha mantenuto nessuna promessa: «Dicevano che la concorrenza ci avrebbe fatto lavorare di più per guadagnare di più, e invece ci fa lavorare di più e guadagnare sempre meno: questo è sotto gli occhi di tutti».
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Ribelli Usa: sovranità alimentare, riprendiamoci la terra
Bastano 150 metri quadrati di terra, coltivata ad orto: possono risolvere da soli il problema dell’alimentazione, per un anno intero, di una famiglia composta da quattro persone. Se il mondo di sfascia giorno per giorno sotto i colpi imperiali della finanza, tra le macerie di un modello di sviluppo giunto al capolinea – con l’inutile corollario del “rigore” inflitto ai cittadini da governi che non hanno soluzioni per uscire dal tunnel – la nuova frontiera del futuro ha un nome antico: sovranità alimentare. Tradotto: trovare un po’ di tempo per tornare alla terra, almeno part-time, e mettersi a coltivare l’orto. Anche nelle città? Sì, certo: e se gli spazi scarseggiano, non resta che occupare quelli liberi. Detto fatto: nel Giorno della Terra, con un atto di disobbedienza civile, centinaia di attivisti americani si sono radunati ad Albany e hanno letteralmente invaso l’Area Gill, vasto appezzamento di proprietà dell’università californiana Berkeley, finora utilizzato solo per testare pesticidi e supportare operazioni speculative.
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Pensare come le montagne, o non avremo scampo
Cialtroni pubblici e truffatori della finanza, politici-fantasma e replicanti dello “sviluppo” alle prese col delirio tragicomico della “crescita” ormai impossibile: un film horror? C’è di peggio. Se si spalanca la finestra sulla realtà, quella vera, si può restare stecchiti: teoricamente, siamo alle soglie del suicidio del pianeta. Mai, nella sua storia, la Terra ha dovuto affrontare problemi come quelli di oggi. Mentre assistiamo allo sfacelo quotidiano di una delle tante crisi, quella economica, il mondo là fuori sta letteralmente collassando: esplosione demografica, deserto che avanza, acqua che non basta più. Previsioni: catastrofiche. Molte le analisi, e non uno straccio di soluzione. Nell’era di Internet, siamo ciechi al futuro: possibile? Nessuno che avanzi una via d’uscita ragionevole? Inutile attendere risposte: occorre agire, e subito.
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Petrella: se la green economy diventa un alibi ipocrita
«I paesi potenti non hanno alcun interesse a modificare le cause strutturali del disastro climatico. Al contrario tutti sembrano ormai convinti, al Nord come al Sud, che la soluzione alla crisi mondiale passi per il rilancio della crescita, dell’economia di mercato, ma di colore verde (automobile verde, energia verde, abitazione verde…)». Lo afferma Riccardo Petrella su “Le Monde Diplomatique”, contestando l’abuso della “green economy”: riconvertire l’industria serve a poco, se non si ferma la crescita che produce emergenze come quella dell’acqua e quella dei rifiuti.