Archivio del Tag ‘Polo Sud’
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Pino Aprile: truccati gli archivi, nascosto il genocidio del Sud
Come nasce la storiografia italiana? Nasce con un atto del 1830 da un piccolo, ristrettissimo gruppetto – parliamo di 2-3 famiglie: nessuno di loro aveva mai scritto o insegnato storia. Persone di buona cultura, normalmente di ambiente cattolico molto tradizionalista, alla De Maistre; individui nobili, possidenti terrieri, di strettissima osservanza sabauda. Le regole sono: vanno distrutti tutti i documenti che gettano ombre sulla dinastia. Quelli che non vengono distrutti devono essere classificati e collocati in un archivio segreto, inviolabile. Un’altra parte deve finire in archivi controllati da loro. Quella mostrata dev’essere una piccola parte. Saranno gli archivisti a scegliere a chi far vedere i documenti, controllando (in corso d’opera) come li usano. E chi poi scriverà di quei documenti dovrà prima sottoporre ai controllori l’elaborato, in modo che si decida se potrà essere pubblicato oppure no. Tutto questo è documentato dall’Istituto Studi Storici del Risorgimento (la massima autorità, il professor Umberto Levra, già docente all’università di Torino e presidente dell’associazione dei docenti di storia risorgimentale). Viene documentato come il Re in persona, per “aggiustare” la storia, strappasse documenti e lettere dei suoi familiari.
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Scienziati Usa: la Terra ora rischia una nuova era glaciale?
Un aumento del ghiaccio in Antartide potrebbe innescare la prossima era glaciale. E’ l’avvertimento lanciato da un gruppo di scienziati dell’Università di Chicago, che ha condotto una serie di simulazioni al computer. «Le loro conclusioni – scrive l’Agi – suggeriscono che, qualora si accumulasse ghiaccio marino in Antartide, si formerebbe una sorta di coperchio sull’oceano che bloccherebbe lo scambio di anidride carbonica con l’atmosfera». Questo, aggiunge l’Agenzia Italia, provocherebbe una sorta di effetto serra “inverso”, che alla fine raffredderebbe la Terra e «farebbe entrare il nostro pianeta in una nuova era glaciale, dopo l’ultima che si è verificata oltre due milioni di anni fa, durante l’era pleistocenica». Sono anni che gli scienziati americani stanno studiando i processi che hanno portato alle ere glaciali in passato. E hanno scoperto che un ruolo importante lo giocherebbe lo scambio di gas tra l’oceano e l’atmosfera. Dalle simulazioni al computer, i ricercatori hanno scoperto che il ghiaccio marino, in Antartide, non solo cambia la circolazione oceanica, ma agisce come un “tappo”, bloccando il rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera e raffreddando così le temperature.«Quando la temperatura scende, viene rilasciata meno anidride carbonica nell’atmosfera, il che provoca un maggiore raffreddamento», conferma Alice Marzocchi, una delle ricercatrici del team americano. Queste conclusioni – aggiunge sempre l’agenzia di stampa – coincidono con le evidenze climatiche del passato, come sedimenti, barriere coralline e campioni di ghiaccio “antico”. Notizie come questa sembra vadano prese con le dovute cautele, così come quelle – di segno opposto – diffuse a gran voce dall’Ipcc, il comitato intergovernativo sul cambiamento climatico, che (attraverso testimonial come Greta Thunberg) sostengono che vi sia una correlazione diretta, e molto rilevante, tra le attività umane e le alterazioni climatiche. Sarebbe invece di origine addirittura cosmica il catastrofico sconvolgimento planetario determinato dal cosidetto “Dryas recente”, secondo cui una “pioggia cometaria” attorno al 10.900 avanti Cristo avrebbe causato una grande esplosione nell’atmosfera terrestre, in seguito all’impatto di giganteschi frammenti meteorici provenienti dallo spazio esterno.All’evento si attribuisce l’innesco di un periodo freddo, diffuso su tutto il pianeta. Lo sciame di comete avrebbe colpito vaste aree del continente nordamericano, producendo numerosissimi incendi diffusi su tutta l’America del Nord fino a causare, nel corso della Glaciazione Würm (ultimo periodo glaciale) l’estinzione degli animali più grandi. Molto più vicina a noi è invece la “piccola era glaciale”, che dalla metà del XIV alla metà del XIX secolo fece registrare un brusco abbassamento della temperatura media terrestre. Quella fase fredda fu preceduta da un lungo periodo di temperature relativamente elevate, chiamato “periodo caldo medievale”. Dal 1300, ricorda Wikipedia, si assistette a un graduale avanzamento dei ghiacciai che prima si erano ritirati molto o erano scomparsi, e si ebbe anche la formazione di nuovi depositi di ghiaccio sui monti. I ghiacciai arrivarono al culmine della loro estensione intorno al 1850. La “piccola era glaciale” causò inverni molto freddi in Europa e Nord America. Il Tamigi e molti canali in Olanda si congelarono spesso durante l’inverno. Nel 1780 si ghiacciò anche il porto di New York, consentendo di andare a piedi da Manhattan a Staten Island.Il mare ghiacciato circondante l’Islanda si estese per molti chilometri in tutte le direzioni, impedendo l’accesso navale ai porti dell’isola. Lo stesso avvenne anche in Groenlandia. In entrambe le isole le navi commerciali provenienti dalla Danimarca non riuscivano più a entrare nei porti. Questo fece sì che la Danimarca cominciò quasi a dimenticare l’esistenza delle due isole. Si hanno riferimenti del 1500 di una spedizione danese che trovò la Groenlandia completamente disabitata. In particolar modo, viene ricordato l’inverno 1709 che, secondo gli esperti, è considerato il più freddo degli ultimi 500 anni per il continente europeo. Gli inverni più rigidi ebbero effetti sulla vita umana: le carestie divennero più frequenti (quella del 1315 uccise 1,5 milioni di persone) e le morti per le malattie aumentarono. La piccola era glaciale (visibile anche nella pittura fiamminga di Pieter Bruegel il Vecchio, vissuto nel Cinquencento) si concluse intorno al 1850, quando il clima terrestre tornò gradualmente a riscaldarsi, facendo nuovamente arretrare i ghiacciai. Ora le ultime notizie dall’Antartide ci dicono che il freddo potrebbe tornare a sfrattare il caldo?Un aumento del ghiaccio in Antartide potrebbe innescare la prossima era glaciale. E’ l’avvertimento lanciato da un gruppo di scienziati dell’Università di Chicago, che ha condotto una serie di simulazioni al computer. «Le loro conclusioni – scrive l’Agi – suggeriscono che, qualora si accumulasse ghiaccio marino in Antartide, si formerebbe una sorta di coperchio sull’oceano che bloccherebbe lo scambio di anidride carbonica con l’atmosfera». Questo, aggiunge l’Agenzia Italia, provocherebbe una sorta di effetto serra “inverso”, che alla fine raffredderebbe la Terra e «farebbe entrare il nostro pianeta in una nuova era glaciale, dopo l’ultima che si è verificata oltre due milioni di anni fa, durante l’era pleistocenica». Sono anni che gli scienziati americani stanno studiando i processi che hanno portato alle ere glaciali in passato. E hanno scoperto che un ruolo importante lo giocherebbe lo scambio di gas tra l’oceano e l’atmosfera. Dalle simulazioni al computer, i ricercatori hanno scoperto che il ghiaccio marino, in Antartide, non solo cambia la circolazione oceanica, ma agisce come un “tappo”, bloccando il rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera e raffreddando così le temperature.
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Inversione dei poli: il Sole potrebbe “bombardare” la Terra
La Terra potrebbe riscaldarsi in modo imprevedibile, colpita dall’azione diretta del sole a causa del clamoroso sommovimento magnetico che sarebbe in corso. L’inversione dei poli magnetici sta infatti avvendo più velocemente del previsto. Nel frattempo, si è stabilito che le particelle magnetiche rilavate all’interno di rocce sedimentarie in Siberia indicano che 500 milioni di anni fa il Nord e il Sud magnetici si sono invertiti circa 80 volte nell’arco di pochi milioni di anni. La scoperta, pubblicata sulla rivista “Earth and Planetary Science Letters”, si deve alla ricerca coordinata da Yves Gallet, dell’università di Parigi e del Cnrs, il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica. Analizzando i sedimenti raccolti nel fiume Khorbusuonka, nella Siberia nord-orientale – spiega l’agenzia Ansa – i ricercatori hanno trovato le prove dell’inversione dei poli magnetici nell’orientamento delle particelle di due minerali, la magnetite e l’ematite, il cui allineamento ai poli magnetici terrestri è rimasto “intrappolato” nelle rocce in modo permanente. I geologi hanno identificato 78 inversioni di polarità avvenute nell’arco di 3 milioni di anni. «Dal punto di vista magnetico, la Terra ha alternato fasi particolarmente stabili, come accaduto nel periodo compreso tra 118 e 83 milioni di anni fa, a fasi dinamiche, con frequenti inversioni del campo magnetico terrestre», dichiara all’Ansa Aldo Winkler, del laboratorio di paleomagnetismo dell’Ingv, l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.«Negli ultimi 20 milioni di anni – aggiunge Winkler – le inversioni del campo magnetico terrestre sono avvenute al ritmo di qualche centinaio di migliaia di anni, l’ultima circa 780.000 anni fa». Le inversioni, spiega lo scienziato, «avvengono durante periodi di bassa intensità del campo e dipendono dalle complicate dinamiche nel confine tra nucleo esterno e mantello». Non è affatto chiaro se questi eventi siano collegati o meno ad alcune estinzioni di massa, ma secondo l’esperto «non sono state trovate significative correlazioni, anche considerando che il genere umano è sopravvissuto a molte di queste inversioni». Il fenomeno oggi creerebbe problemi «soprattutto a satelliti e reti elettriche, che potrebbero essere bombardati da particelle solari e raggi cosmici perché il campo magnetico indebolito ha più difficoltà a fare da scudo». Per la vita sulla Terra e per la nostra stessa sopravvivenza, afferma il “Sole 24 Ore”, l’esistenza di un campo magnetico è essenziale, «perché devia particelle pericolosissime che arrivano dal sole, il vento solare, ma anche dagli spazi profondi, tutta materia che ammazzerebbe qualsiasi forma di vita».Il Polo Nord magnetico del nostro pianeta si sta muovendo molto velocemente, più di quanto abbia fatto nell’ultimo secolo, riassume il newsmagazine “NoGeoingegneria”: «Attualmente infatti sta andando dal Canada verso la Siberia alla velocità di oltre 50 chilometri all’anno, 55 per la precisione». Perché sta cambiando così velocemente? «Difficile fare previsioni su cosa accadrà al Polo Nord magnetico, o capire se manterrà la velocità attuale nella sua migrazione verso la Siberia», sottolinea Robyn Fiori, ricercatore del Natural Resources Canada. «L’unica cosa che sembra essere certa è la sua imprevedibilità». Phil Livermore, geofisico dell’università di Leeds, sostiene che «qualcosa di anomalo» sta succedendo a latitudini elevate. All’American Geophysical Union lo scienziato avanzò una sua teoria descrivendo le recenti “stranezze” riscontrate come un “braccio di ferro” del campo magnetico terrestre. Il Polo Nord magnetico sembrerebbe essere controllato da altre due sezioni di campo magnetico, una posta sotto il Canada settentrionale e l’altra al di sotto della Siberia, in Russia. La parte del Canada è sempre stata la più forte dal punto di vista magnetico, ma oggi le cose starebbero cambiando velocemente. A cosa è dovuto tutto questo?Una delle teorie è che un getto di ferro fuso presente al centro della Terra si stia spostando, indebolendo poco alla volta il campo magnetico presente al di sotto del Canada, scrive ancora “NoGeoingegneria”. Un’altra teoria vede in atto l’inversione dei poli. Le rocce ci raccontano che cose del genere sono avvenute molte volte durante la storia geologica terrestre. «L’inversione ha luogo una volta ogni 200-300mila anni circa». Il geofisico Ciaran Beggan sottolinea che la caduta provvisoria dello scudo terrestre ci esporrebbe totalmente al flusso di particelle cariche di vento solare, dannose per l’uomo e altri animali. E mentre Greta Thunberg e i suoi seguaci insistono nel sostenere che le variazioni climatiche sarebbero di esclusiva origine antropica, il mondo scientifico è preoccupato per una anomalia geologica considerata la vera responsabile della cosiddetta inversione dei poli. «Un team di ricercatori guidato da specialisti dell’università di Rochester – si legge ancora su “NoGeoingegneria” – ha infatti scoperto che, a circa 2.900 chilometri di profondità, sotto l’Africa meridionale, il campo magnetico terrestre sta subendo un importante indebolimento».Il fenomeno, geologicamente parlando, è stato improvviso. «Stando ai dati raccolti dai ricercatori, e pubblicati sulle pagine della rivista scientifica “Geophysical Review Letters”, i primi segnali di questa specifica anomalia risalirebbero a circa 160 anni fa». Una vasta area, caratterizzata da una roccia particolarmente densa conosciuta col nome tecnico di “African Large Low Shear Velocity Province”, starebbe influenzando il ferro fuso che genera il campo magnetico terrestre, provocando un indebolimento significativo della magnetosfera, nota anche come “Anomalia del Sud Atlantico”. «La vasta area rocciosa – evidenziano gli scienziati di Rochester – si troverebbe al confine tra il nucleo esterno (liquido) della Terra e il mantello soprastante, più freddo e rigido». Nonostante la Terra abbia già superato diverse volte l’inversione dei poli magnetici, «gli scienziati sono estremamente preoccupati, perché gli effetti sulla vita potrebbero esser potenzialmente catastrofici». Il campo magnetico terrestre, ibadiscono, è infatti importantissimo: «Un suo eccessivo indebolimento potrebbe esporre le forme di vita presenti sul pianeta alle particelle provenienti dal vento solare e ai letali raggi cosmici».La Terra potrebbe riscaldarsi in modo imprevedibile, colpita dall’azione diretta del sole a causa del clamoroso sommovimento magnetico che sarebbe in corso. L’inversione dei poli magnetici sta infatti avvenendo più velocemente del previsto. Nel frattempo, si è stabilito che le particelle magnetiche rilavate all’interno di rocce sedimentarie in Siberia indicano che 500 milioni di anni fa il Nord e il Sud magnetici si sono invertiti circa 80 volte nell’arco di pochi milioni di anni. La scoperta, pubblicata sulla rivista “Earth and Planetary Science Letters”, si deve alla ricerca coordinata da Yves Gallet, dell’università di Parigi e del Cnrs, il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica. Analizzando i sedimenti raccolti nel fiume Khorbusuonka, nella Siberia nord-orientale – spiega l’agenzia Ansa – i ricercatori hanno trovato le prove dell’inversione dei poli magnetici nell’orientamento delle particelle di due minerali, la magnetite e l’ematite, il cui allineamento ai poli magnetici terrestri è rimasto “intrappolato” nelle rocce in modo permanente. I geologi hanno identificato 78 inversioni di polarità avvenute nell’arco di 3 milioni di anni. «Dal punto di vista magnetico, la Terra ha alternato fasi particolarmente stabili, come accaduto nel periodo compreso tra 118 e 83 milioni di anni fa, a fasi dinamiche, con frequenti inversioni del campo magnetico terrestre», dichiara all’Ansa Aldo Winkler, del laboratorio di paleomagnetismo dell’Ingv, l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
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Global Strike: nuova religione, certezze piccine come Greta
Con Greta, oppure contro Greta: è indifferente, purché si dia spettacolo. Lo spiega il regista Massimo Mazzucco: intanto, i primi vincitori dell’operazione sono i media. Negli odierni palinsesti televisivi, sempre più stanchi, ogni minuto di ascolto vale oro, in termini pubblicitari. La ragazzina svedese infatti fa audience, e nel modo più comodo e inoffensivo: agita nobili ideali e solleva grandi interrogativi, ma senza mai allarmare il potere. La baby-agitazione sul clima non prevede, domattina, nessun G20 e nessun referendum. Solo parole al vento? Non per forza: può anche darsi che il seme gettato da Greta – diventare più responsabili verso l’ambiente – possa dare frutto, domani, tra i giovanissimi di oggi, quando saranno chiamati a votare e a scegliere leader meno “distratti”. Il rovescio della medaglia è lampante: il rischio è quello di appiattire masse immense su una sorta di non-pensiero, fondato su un assioma indimostrato: e cioè che il surriscaldamento climatico in corso sarebbe senza precedenti, nonché di origine umana. Sicuri? Per nulla: sull’attuale impatto ambientale in termini di temperature si accettano scommesse, mentre se c’è una certezza è proprio questa: la Terra si è sempre surriscaldata, per poi tornare a raffreddarsi fino a congelarsi, molto prima della nostra civiltà industriale. Quanto tempo prima, esattamente?
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Maometto e l’Arca dell’Alleanza sepolta dai russi in Antartide
Un’oscura strage alla Mecca e una strana spedizione navale russa in Antartide, con tappa a Gedda in Arabia Saudita. Vox populi, dal web: i russi, attraverso il patriarca ortodosso Kirill, avrebbero preso in custodia nientemeno che la leggendaria “Arca di Gabriele”, risalente a Maometto, per metterla al sicuro dalle parti del Polo Sud, in una base militare. Succedeva alla fine del 2015. Pochi giorni dopo, Putin scatenava l’offensiva dell’aviazione di Mosca contro l’Isis in Siria. E la misteriosa Arca dell’Alleanza? Sarebbe stata portata alla luce il 12 settembre nei sotterranei della Grande Moschea della Mecca. I 15 operai impegnati nell’operazione sarebbero morti, folgorati dall’imprecisata “energia” emanata dal manufatto. L’esplosione sarebbe stata così violenta da uccidere anche 107 pellegrini, al piano superiore. Le vittime sono reali, anche se le autorità saudite le hanno attribuite a cause accidentali: un incidente cantieristico nel sottosuolo avrebbe scatenato il panico in superficie, provocando il fuggi-fuggi culminato nella carneficina. Verificata anche l’anomala “visita di lavoro” della delegazione russa in Arabia Saudita, con la nave da ricerca “Admiral Vladimirsky” ormeggiata nel porto saudita di Gedda, a due passi dalla Mecca.La nave è poi ripartita diretta proprio in Antartide, scortata da una potente flotta capitanata dall’incrociatore lanciamissili “Varyag” e dalla nave da battaglia “Bystry”. Poche settimane dopo, lo stesso patriarca Kirill si è fatto fotografare tra i pinguini, in Antartide. Motivo ufficiale della missione religiosa: benedire una chiesa ortodossa. La notizia non poteva passare inosservata e, come annota l’inglese “Daily Star”, non poteva non eccitare i dietrologi di mezzo pianeta. La tesi: una volta scatenatosi il potere energetico dell’Arca, i sauditi si sono immediatamente rivolti ai russi per un motivo preciso, storico. Nel remoto 1204, all’epoca della Quarta Crociata, sarebbe stato proprio il clero ortodosso a mettere in salvo un documento cruciale, fino a quel tempo custodito nella basilica di Santa Sofia a Costantinopoli, saccheggiata dai crociati. Per mille anni sarebbero quindi state custodite dagli ortodossi slavi le “Istruzioni di Gabriele a Maometto”, vale a dire il “vademecum” per l’utilizzo dell’Arca che “l’arcangelo” avrebbe consegnato al profeta dell’Islam. Un’Arca diversa, quella di Gabriele, rispetto a quella che – secondo la Bibbia – Yahvè ordinò a Mosè di costruire, per riporvi le Tavole della Legge?Il Libro dell’Esodo la descrive come una cassa in legno d’acacia rivestita d’oro, lunga 110 centimetri, alta 66 e profonda altrettanto, sigillata da un coperchio di oro puro. Solo un oggetto di culto o anche un potente generatore energetico? Così la interpreta Mauro Biglino, a lungo traduttore della Bibbia per le Edizioni San Paolo: quell’Arca era pericolosa, al punto che gli addetti alla sua manutenzione – accuratamente prescelti – dovevano indossare esclusivamente panni di lino, materiale notoriamente “neutro”, adatto a proteggere il corpo dall’elettricità. Una specie di “ordigno energetico” temibile, esattamente come quello che – esplodendo – travolge i nemici di Harrison Ford (Indiana Jones) nel kolossal “I predatori dell’Arca perduta”, diretto da Spielberg nel 1981. Molto suggestiva, ovviamente, l’inconsueta triangolazione che – alla vigilia della guerra di Putin contro l’Isis – mette insieme Mosca, la Mecca e il continente antartico, “blindato” come zona militare off limits. Tra i blog propensi ad accreditare la versione “segreta” della vicenda si distingue “Segnali dal cielo”, che cita un dispaccio del ministero della difesa russo datato 6 dicembre 2015. La squadra navale sarebbe salpata l’8 dicembre 2015 da Gedda, alla volta dell’Antartide, con a bordo «un misterioso artefatto dall’Arabia Saudita».Si sarebbe trattato di «uno dei più strani trasporti mai organizzati dal Cremlino». La spedizione sarebbe stata espressamente richiesta dal leader della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill di Mosca, il quale «si è incontrato in Antartide con l’armata navale della Federazione Russa», incaricata di trasportare e scortare la mitica “Arca di Gabriele”. Dall’Arabia Saudita, l’Arca sarebbe giunta in Antartide «per essere affidata nelle mani del Custode delle due Sacre Moschee, in modo da propiziare un “antico rito” attraverso la lettura di un “testo segreto”». E attenzione: il misterioso “testo segreto” sarebbe stato fornito che da Papa Francesco, che ha incontrato Kirill a Cuba nello storico meeting interreligioso del 12 febbraio 2016. A mietere vittime alla Mecca, mesi prima, sarebbe stata una potente emissione di “energia-plasma” scaturita dall’Arca di Gabriele.Anche se il citato rapporto del ministero della difesa russo «non dice praticamente nulla sulle conversazioni tenute tra sua santità il patriarca Kirill e gli emissari della Grande Moschea, con riferimento a questa misteriosa “arma-dispositivo”», scrive il sito “Intermatrix”, colpisce l’automatismo in base al quale Putin, «informato di questa grave situazione», il 27 settembre 2015 «ha immediatamente ordinato la missione in Antartide per la nave “Vladimirsky”», la cui missione sarebbe stata ulteriomente protetta da satelliti militari. Tra le fonti russe, il sito “Imbf” conferma: la nave “Vladimirsky” ha fatto davvero scalo nel porto di Gedda, anche se «non c’è stata una spiegazione ufficiale dei motivi della chiamata» (i media si sono limitati a parlare di “visite di lavoro”. Secondo il newsmagazine moscovita, il 17 febbraio 2016, il patriarca Kirill avrebbe davvero eseguito “l’antico rituale” sulla cosiddetta Arca di Gabriele. Dove? «Nella chiesa ortodossa russa della Santissima Trinità, l’unica chiesa presente in Antartide», con l’aiuto di quel “testo segreto” «datogli da Papa Francesco». Subito dopo, il “misterioso artefatto” sarebbe stato «trasportato in profondità, in quel vasto e freddo continente, da un’unità di forze speciali».Pochi mesi dopo, l’11 novembre 2016, l’allora segretario di Stato americano John Kerry è volato a sua volta in Antartide, dove – ricorda sempre “Imbf” – ha avuto luogo una discussione, a porte chiuse, per la firma del «nuovo trattato intergovernativo, secondo cui le visite private in Antartide, senza previo consenso, sono state chiuse per 35 anni». Domande: cosa avrebbe comunicato il Papa cattolico al patriarca Cirillo all’Avana? E perché il sovrano saudita avrebbe precipitosamente chiesto a Putin di trasportare tra i ghiacci antartici l’ipotetica Arca trovata nel sottosuolo della Mecca? E poi: in cosa si differenzia, la cosiddetta Arca di Gabriele, da quella più celebre in Occidente, cioè l’Arca dell’Alleanza biblica tra Yahvè e la famiglia israelita di Giacobbe? Secondo la tradizione copta, quell’Arca sarebbe custodita in Etiopia, nella cattedrale di Nostra Signora Maria di Sion, ad Axum. Si tratterebbe di «una delle reliquie più antiche e misteriose della storia», sottolinea il newsmagazine “Si Viaggia”. Si trova davvero lì, l’Arca di Yahvè? «Nessuno può dirlo con certezza. La cattedrale che la custodisce infatti è sorvegliata da un sacerdote, che ha l’ordine di non lasciare la cappella dove si trova il manufatto per nessuna ragione al mondo».Secondo la Bibbia, da quello strano arnese «scaturivano aloni di luce e lampi “divini”, che colpivano chiunque vi si avvicinasse». E come sarebbe finita in Africa, l’Arca dell’Alleanza? Il mito – spiega sempre “Si Viaggia” – prende spunto dal testo sacro etiope Kebra Nagast (“Gloria dei Re”), secondo il quale Re Salomone l’avrebbe donata a Menelik I, il figlio avuto dalla regina di Saba, leggendaria fondatrice dell’Etiopia. «Da allora, l’Arca sarebbe custodita nella cattedrale di Axum, e ancora oggi i religiosi copti sostengono che si trovi lì». Nel 2009, l’allora patriarca etiopico Abuna Paulos dichiarò che l’Arca dell’Alleanza «si trova da tremila anni in Etiopia, e con la volontà di Dio continuerà ad essere lì». Nella cattedrale di Axum, meta di pellegrinaggi da ogni parte del pianeta, «possono entrare soltanto i monaci, e uno di loro è il guardiano dell’Arca: l’unico al mondo che può vederla». E la pericolosa Arca di Gabriele? E’ ancora Mauro Biglino a inquadrare sotto un’altra luce le notizie di origine biblica, attraverso la traduzione letterale del testo: quelle narrate dalla Bibbia (libro senza fonti, costantemente rimaneggiato fino all’epoca medievale di Carlo Magno) sono notizie essenzialmente storiche, politiche e militari, ma non religiose.Il nome Gabriele (Jibril, in arabo) non designa un individuo, ma una categoria di persone: in ebraico antico, Ghever-El significa “plenipotenziario di un El”. E nella Bibbia – aggiunge Biglino – l’espressione El (comandante) è il plurale di Elohim, termine che indica quegli individui che, come Yahvè, esercitavano il loro potere “coloniale” sugli umani. La Bibbia ne cita una ventina: sono analoghi agli Anunnaki sumeri, agli Netheru egizi, ai Theoi greci e ai Deva indiani. Extraterrestri, successivamente divinizzati – dopo millenni – con la nascita dei monoteismi? Non stupiscono le voci sulla presunta pericolosità dell’Arca della Mecca, che avrebbe costretto i sauditi a mobilitare la flotta militare russa: anche l’Arca di Yahvè, sottolinea Biglino, era un dispositivo da maneggiare con cura. Era guardato a vista nella dimora di Yahvè da personale altamente specializzato. E dal locale che la ospitava si udiva l’incessante ronzio dei “serafini”, simile a quello emanato dalle turbine dei generatori elettrici. Per Biglino, ovviamente, la Bibbia non parla di Dio: l’alleanza tra il governatore Yahvè e gli israeliti non aveva carattere mistico, ma militare. E proprio quell’Arca poteva essere una sorta di arma letale. Quella della Mecca – che secondo la tradizione fu consegnata a Maometto da un Ghever-El, a sua volta spiritualizzato e trasformato in “arcangelo” – era un esemplare gemello di quello di Gerusalemme, che ora sarebbe custodito ad Axum? Difficile sperare in conferme, tantomeno ufficiali. Specie se c’è di mezzo l’Antartide.Un’oscura strage alla Mecca e una strana spedizione navale russa in Antartide, con tappa a Gedda in Arabia Saudita. Vox populi, dal web: i russi, attraverso il patriarca ortodosso Kirill, avrebbero preso in custodia nientemeno che la leggendaria “Arca di Gabriele”, risalente a Maometto, per metterla al sicuro dalle parti del Polo Sud, in una base militare. Succedeva alla fine del 2015. Pochi giorni dopo, Putin scatenava l’offensiva dell’aviazione di Mosca contro l’Isis in Siria. E la misteriosa Arca dell’Alleanza? Sarebbe stata portata alla luce il 12 settembre nei sotterranei della Grande Moschea della Mecca. I 15 operai impegnati nell’operazione sarebbero morti, folgorati dall’imprecisata “energia” emanata dal manufatto. L’esplosione sarebbe stata così violenta da uccidere anche 107 pellegrini, al piano superiore. Le vittime sono reali, anche se le autorità saudite le hanno attribuite a cause accidentali: un incidente cantieristico nel sottosuolo avrebbe scatenato il panico in superficie, provocando il fuggi-fuggi culminato nella carneficina. Verificata anche l’anomala “visita di lavoro” della delegazione russa in Arabia Saudita, con la nave da ricerca “Admiral Vladimirsky” ormeggiata nel porto saudita di Gedda, a due passi dalla Mecca.
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Mazzucco: Terra Piatta, super-bufala che fa felice il potere
Cari “terrapiattisti”, ma non l’avete ancora capito che la vostra strampalata teoria della Terra Piatta è un assist perfetto per il mainstream, pronto a mettere il bavaglio a qualsiasi verità scomoda? Che c’è di meglio di una bufala come quella, per consentire ai media di liquidare con una battuta – come fanno “Le Iene”, ad esempio – qualsiasi argomento a cui il potere è allergico, dall’11 Settembre alle scie chimiche? Perde la pazienza, Massimo Mazzucco, di fronte al fervore “teologico” dei teorici della Terra Piatta, secondo cui il globo terrestre sarebbe in realtà una specie di pizza, con al centro il Polo Nord, contornata per 40.000 chilometri da una crosta di ghiacci antartici. Fingendo per un attimo di sposare il credo “terrapiattista”, di gran voga ultimamente tra gli ambienti più complottistici del web, sul blog “Luogo Comune” Mazzucco commenta l’impresa di Colin O’Brady, il 33enne statunitense che ha appena annunciato di aver completato la prima traversata in solitaria dell’Antartide senza l’ausilio di vele o cani, in assenza di guide e rifornimenti. Nella notte del 26 dicembre l’atleta ha raggiunto, con uno scatto finale da record, la Barriera di Ross nell’Oceano Pacifico. Ha impiegato 54 giorni per compiere 1.500 chilometri, trainando una slitta da 135 chili contenente i viveri per il viaggio e lo stretto indispensabile per sopravvivere durante la traversata in totale autonomia.L’impresa, ribattezzata “The Impossible First”, è stata portata a termine dal giovane O’Brady battendo (in velocità e resistenza) l’ufficiale dell’esercito britannico Lou Rudd, 49 anni, il primo ad annunciare lo scorso aprile la sua intenzione di partire per un trekking in solitaria in Antartide, potenzialmente avvantaggiato da una precedente esperienza di esplorazione nel continente ghiacciato. Tutto questo, ovviamente, presupponendo che la Terra sia uno sferoide. Se invece fosse piatta, fa notare Mazzucco, l’impresa di O’Brady avrebbe del sovrumano: la distanza dal Messner Point al Ghiacciaio Leverett sarebbe di 20.000 chilometri. Vorrebbe dire che O’Brady avrebbe tenuto una media di circa 370 chilometri al al giorno. Tenendo conto che avrebbe trascorso circa metà del tempo a riposarsi, e metà a camminare, questo significa che O’Brady, dallo scorso 3 novembre, avrebbe «camminato per 54 giornate alla velocità media di 30 chilometri all’ora, per 12 ore al giorno». Praticamente sarebbe filato senza soste, per tutti quei giorni, quasi «alla velocità di Usain Bolt sui 100 metri piani». Il campione di atletica “vola” a 36 chilometri orari ma solo per cento metri, mentre O’Brady – a quella velocità – avrebbe continuato «senza stancarsi e senza fermarsi mai», per quasi due mesi, in più tirandosi dietro la sua slitta da oltre un quintale, “pattinando” sul ghiaccio battuto dal vento.Se invece la Terra “fosse” tonda, scherza Mazzucco, allora la distanza percorsa da O’Brady “sarebbe” di soli 1.500 chilometri, con una media quotidiana molto più ragionevole: 27 chilometri al giorno. «A parte la barzelletta su O’Brady – annuncia Mazzucco, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – nei prossimi giorni realizzerò un video serio, ragionato, per esaminare una volta per tutte la teoria della Terra Piatta». Autore di documentari di importanza capitale sull’11 Settembre, ripresi anche da Mentana a “Matrix” su Canale 5, Mazzucco è una voce autorevole nel mondo dell’informazione alternativa. Da video-reporter, ha firmato documentari impeccabili sulla franosità delle versioni ufficiali: non solo riguardo all’11 Settembre, ma anche sul presunto allunaggio del ‘69 e sull’omicidio di Bob Kennedy. Memorabili le video-inchieste di Mazzucco sulle cure alternative per il tumore e sulla scelta storica di criminalizzare la cannabis in favore del petrolio. Dopo gli esordi nella fotografia con Oliviero Toscani e molti anni trascorsi nel cinema di Hollywood alla Dino De Laurentiis, da tempo Mazzucco è impegnato in prima linea tra i diffusori di verità scomode. Sono rivolte a una platea che sta crescendo, e che inizia a preoccupare il potere. Al punto da contrastare in modo sistematico qualsiasi iniziativa di informazione assunta da Mazzucco.Contro di lui di scatenano i “debunker” come quelli del Cicap, in una sorta di persecuzione mediatica. Non mancano risvolti inquietanti, per mano anonima: «Ormai ho rinunciato a correggere il mio profilo pubblico su Wikipedia: se appena provo a eliminare gli errori, l’indomani ricompaiono puntualmente». Il Grande Fratello è in ascolto? E lo si può capire: «Sta crescendo a vista l’occhio il numero di persone che stanno aprendo gli occhi», sostiene Massimo, che si mostra persino ottimista: «Sono convinto che, se continueremo così – grazie all’impegno quotidiano di migliaia di attivisti – nel giro di 5-10 anni tante verità ufficiali cominceranno a crollare, fino a essere finalmente accantonate». A una condizione: che le indagini indipendenti vengano condotte con la massima serietà, cioè sulla base di prove e riscontri precisi. Coerenza logica, innanzitutto: dove trovarne, nella fiaba della Terra Piatta? «Qui semmai entriamo nel territorio tipico della fede religiosa», sostiene Mazzucco: «Il più delle volte, il tono dei “terrapiattisti” scivola nel fanatismo», nel dogma che non ammette di essere messo in discussione. «Errore: tutto va messo in discussione, sempre. Possibile che i “terrapiattisti” non si accorgano che il potere cavalca la loro teoria, approfittandone per mettere in ridicolo, abusivamente, qualunque altra versione non ufficiale?».Dal canto suo, Mazzucco comprende benissimo la tensione che anima, in assoluta buona fede, molti fan della Terra Piatta. «Pensano: se ci mentono sulla forma della Terra, allora ci mentono su tutto». Ma per accorgersi delle menzogne del mainstream, in realtà, basta molto meno: «A me è stato sufficiente scoprire le bugie sull’11 Settembre. Mi sono detto: chissà su quante altre cose mente, il potere, se è stato di capace di raccontare frottole su un’immane tragedia come quella». La situazione è più che seria: che bisogno c’è di inventarsi che la Terra sarebbe piatta come una pizza? Ed è qui che scatta la trappola: una teoria così campata per aria è perfetta, per screditare tutte le altre. Mazzucco torna a citare “Le Iene”: «Hanno sentito la necessità di smontare la teoria della Terra Piatta, e ci può stare. Ma che bisogno c’era di dire che chi crede alla Terra Piatta crede anche alle scie chimiche e al complotto dell’11 Settembre? Alle scie non c’è bisogno di credere: si vedono ogni giorno, nei nostri cieli. Quanto all’11 Settembre, basta informarsi: e si scopre che ormai è dimostrato universalemente che la versione ufficiale – le Torri Gemelle abbattute da aerei – è completamente falsa».Come dire: la sfida è impegnativa, con questo potere non si può scherzare. Perche mai, dunque, farsi prendere in giro a reti unificate con una storia come quella della Terra Piatta? Torniamo piuttosto alla realtà, insiste Mazzucco: ce n’è a sufficienza, di emergenze (vere) per le quali allarmarsi. Vogliamo parlare di vaccini? L’ha fatto Franco Bechis, nuovo direttore del “Tempo”: intervistando il presidente dell’ordine dei biologi, ha scoperto che sono stati somministrati vaccini “sporchi”, contenenti anche tracce di diserbante, e privi degli agenti immunizzanti. Dunque, vaccinazioni innanzitutto inutili, e forse anche nocive per la salute. Apriti cielo: Bechis è finito nella bufera, per aver osato infrangere il tabù dei vaccini perfetti. «Vediamo se fra tre mesi sarà ancora alla guida del suo quotidiano», azzarda Mazzucco. Che intanto mette a fuoco quello che gli pare il vero problema: «Introducendo l’obbligo vaccinale, l’autorità sottopone la popolazione a un ricatto pericoloso: devi vaccinare i figli, o non potranno andare all’asilo. Domani, temo, il ricatto sarà esteso agli adulti: o ti vaccini, o perdi parte dei tuoi diritti. In Argentina si sono inventati la revoca della patente di guida. Il problema non è il vaccino, ma il ricatto. E il guaio è che l’abbiamo sostanzialmente accettato, senza battere ciglio».Di questo passo, continua Mazzucco, dove andremo a finire? Se accetti di essere ricattato, dice, domani potrebbero costringerti a fare di tutto. Magari a metterti un microchip sottopelle, come succede in Svezia. Una pratica alla quale si sono già sottoposti almeno diecimila svedesi. La televisione presenta il fenomeno come una conquista. «Mi duole dirlo – aggiunge Mazzucco – ma gli svedesi si dimostrano i più cretini d’Europa. Certo, il chip sottopelle sarà anche comodo: ci puoi pagare il pranzo alla mensa aziendale. E’ tutto gratis? Vero. Ma, come dice un vecchio adagio: se è gratis, significa che il prodotto sei tu». Un mondo da incubo, post-orwelliano: tutti vaccinati, anche gli adulti, e tutti con il loro bravo chip sottopelle. Fine di qualsiasi privacy, di qualunque libertà, di ogni vera tutela della salute. Ognuno sarebbe controllato, 24 ore su 24. Perfettamente tracciato ogni istante della giornata. Zootecnia: bestiame, a cui inoculare qualsiasi sostanza. Magari anche gli erbicidi, riscontrati dai biologi in alcuni vaccini appena somministrati ai neonati italiani. E questi sono fatti, non leggende. Che bisogno c’è di mettersi a dire che la Terra, oltre che manipolata da un potere bugiardo, sarebbe anche piatta? Tanta insistenza su questa storia, da parte del mainstream, secondo Mazzucco alimenta più di un sospetto: «Temo che qualcuno, lassù, stia seriamente investendo proprio sulla teoria della Terra Piatta, per screditare chiunque cerchi di conquistare pezzi di verità».Cari “terrapiattisti”, ma non l’avete ancora capito che la vostra strampalata teoria della Terra Piatta è un assist perfetto per il mainstream, pronto a mettere il bavaglio a qualsiasi verità scomoda? Che c’è di meglio di una bufala come quella, per consentire ai media di liquidare con una battuta – come fanno “Le Iene”, ad esempio – qualsiasi argomento a cui il potere è allergico, dall’11 Settembre alle scie chimiche? Perde la pazienza, Massimo Mazzucco, di fronte al fervore “teologico” dei teorici della Terra Piatta, secondo cui il globo terrestre sarebbe in realtà una specie di pizza, con al centro il Polo Nord, contornata per 40.000 chilometri da una crosta di ghiacci antartici. Fingendo per un attimo di sposare il credo “terrapiattista”, di gran voga ultimamente tra gli ambienti più complottistici del web, sul blog “Luogo Comune” Mazzucco commenta l’impresa di Colin O’Brady, il 33enne statunitense che ha appena annunciato di aver completato la prima traversata in solitaria dell’Antartide senza l’ausilio di vele o cani, in assenza di guide e rifornimenti. Nella notte del 26 dicembre l’atleta ha raggiunto, con uno scatto finale da record, la Barriera di Ross nell’Oceano Pacifico. Ha impiegato 54 giorni per compiere 1.500 chilometri, trainando una slitta da 135 chili contenente i viveri per il viaggio e lo stretto indispensabile per sopravvivere durante la traversata in totale autonomia.
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Mistero Antartide: un’oasi verde grande tre volte la Francia
Come mai l’Antartide ha una temperatura incredibilmente inferiore a quella artica? Essendo ai due poli, le due zone avrebbero dovuto avere identiche temperature. La spiegazione ufficiale sarebbe che il Polo Nord è riscaldato dalla cosiddetta Corrente del Golfo, che mitigherebbe le temperature. Per quanto non mi avesse mai convinto come spiegazione, la prendevo per buona. Una cosa che non riuscivo a spiegarmi però erano le scoperte dell’ammiraglio Byrd. Tutti i libri che parlavano dell’Antartico, facevano inevitabilmente riferimento alla scoperta, da parte di questo ammiraglio, negli anni ‘50, di una zona temperata vicino al Polo Sud, in cui la temperatura era mite, le acque fluivano regolarmente e il verde era lussureggiante. La scoperta era stata fatta nell’ambito di una spedizione militare finanziata dagli Usa, e a causa della notorietà dell’ammiraglio, nonchè del numero dei partecipanti ad essa, la cosa non potè essere messa sotto silenzio. Ma sia la stampa dell’epoca che quella successiva dedicarono solo poche righe a questa scoperta. E mi domandavo come mai non si facessero spedizioni per cercare questa terra misteriosa e approfondire la questione.Ricordo un libro di Peter Kolosimo che parlava della scoperta di questa terra straordinaria da parte dei nazisti, confermata poi dalle successive spedizioni di Byrd. Ma si sa, all’epoca Peter Kolosimo era considerato una specie di antesignano del moderno complottismo ed era snobbato a livello ufficiale. Nella mia mente di bambino mi dicevo che forse la questione non era stata mai approfondita perché c’erano troppi pericoli ad effettuare altre spedizioni e abbandonai la cosa lì. Oggi però la questione dell’Antartide torna alla ribalta nella mia vita in merito alla questione della Terra piatta. E ho deciso di dare una risposta ai miei dubbi di bambino. Tutti i “terrapiattisti”, senza eccezione, fanno riferimento a questa scoperta (in rete si vedono anche i video originali delle interviste effettuate dalla tv americana all’ammiraglio Byrd). E inevitabilmente si citano i diari di bordo dell’ammiraglio, in cui egli parla di un incontro con una razza diversa dalla nostra. La questione a questo punto diventa interessante. Ora, se tali diari siano veri o no, non posso saperlo. Mi limito a prendere atto che finora nessuno ne ha smentito l’autenticità.Tuttavia la storia di questi diari è abbastanza affascinante e quindi faccio una sorta di controprova. Vado a scovare alcuni dei libri che leggevo alle medie e al liceo (stiamo quindi parlando degli anni ‘70-80) per verificare cosa dicono di questo argomento. A quell’epoca non si parlava ancora di Terra piatta, non c’era Internet, e quindi la posizione attorno a questo argomento era meno fideistica e meno suscettibile di alterazioni. E allora, leggendo questi libri, le cose non tornano più. Infatti si citano le scoperte di Byrd, ma le si liquidano in poche righe. Prendiamo ad esempio il libro di Silvio Zavatti, dal titolo “L’esplorazione dell’Antartide” (Mursia). Il libro è del 1974. Zavatti è uno studioso che, nella sua vita, si è occupato solo di esplorazioni artiche e antartiche. Nel suo libro dedica diverse pagine all’ammiraglio Byrd e, quando arriva al momento di citare la sua scoperta, la liquida in due righe. Byrd – dice il libro – avrebbe scoperto una vasta zona verdeggiante, ove il clima era temperato, probabilmente per un fenomeno di vulcanismo secondario o per la particolare inclinazione dei raggi del sole (sic!). Fine della questione.Oppure prendiamo la voce dedicata all’ammiraglio Byrd dell’enciclopedia Treccani (un’opera certamente non sospettabile di complottismo, ma in genere molto precisa nelle nozioni che fornisce). Ecco cosa c’è scritto: «La grandiosa spedizione (cfr. la relazione dello stesso Byrd, in “National Geographic Magazine”, Washington, ottobre 1947) scoprì montagne alte oltre 6.000 metri (Monti del Comitato Esecutivo, nella Terra di Maria Byrd) e inoltre anche un’ampia “oasi” interna libera da ghiacci». Fine della questione. Un’ampia oasi interna libera da ghiacci. Questo è tutto quello che troviamo su Byrd!!! Una cosa simile succede se cerchiamo, sempre nella stessa enciclopedia Treccani, la voce Antartide. Ecco quello che troviamo, con riferimento alle esplorazioni antartiche. Cito testualmente: «Una quarta, imponente (1946), durante la quale fu ancora sorvolato il Polo Sud, rilevò centinaia di chilometri di coste, scoprendo, fra l’altro, una specie di oasi alle spalle della Terra della Regina Maria, libera dai ghiacci, rivestita di prateria e cosparsa di laghi dalle acque verdi o azzurre; nel complesso furono rilevati almeno 1.600.000 km2 di nuovi territori».Sì. Avete letto bene: una vasta terra, grande quanto una nazione, non con un piccolo laghetto, o fiumiciattolo, ma addirittura “cosparsa di laghi dalle acque verdi, o azzurre”. Ricordo che stiamo parlando dell’enciclopedia Treccani, non di un sito complottista pronto a fare del sensazionalismo ad ogni costo. A questo punto alcune considerazioni logiche si impongono. E’ impossibile che la scoperta di una zona temperata all’interno dell’Antartico non abbia destato interesse. Così come è impossibile che, con i mezzi moderni che abbiamo oggi, nessuno abbia avuto anche solo l’idea di sorvolare quella zona, per fotografarla e studiarla. Ammesso e non concesso che la temperatura antartica sia troppo proibitiva per i mezzi di Terra, oggi con gli aerei moderni si potrebbe sorvolare la zona, eventualmente paracadutando degli scienziati che potrebbero studiare quella zona in tutta sicurezza e senza gli inconvenienti e i pericoli che c’erano negli anni ‘50. Rimangono quindi queste domande: perché nessuno sembra essere interessato all’esplorazione di questa zona? Forse delle spedizioni ci sono state e i risultati sono stati mantenuti segreti?In Antartide esistono circa 70 basi, di diverse nazionalità da ogni parte del mondo. Settanta!!! In queste basi studiano la composizione del ghiaccio, analizzano i fenomeni atmosferici, la composizione dell’acqua e finanche la dentatura delle foche ivi presenti, per poi rapportarla con l’analisi delle feci, ma pare che a nessuno interessi andare a visitare le terre scoperte da Byrd. Leggendo in rete qua e là questa questione della Terra piatta, per quello che ho potuto capire, la maggior parte delle persone che si occupano di queste problematiche sono in buona fede. Mi spiego. Pochi hanno davvero interesse a mantenere segrete certe informazioni. La maggior parte dei ricercatori, degli scienziati, o dei semplici appassionati, semplicemente, non vedono proprio il problema. La nostra mente infatti tende a focalizzarsi solo su ciò che sa, senza considerare ciò che le è ignoto. Il fenomeno è noto in psicologia come percezione selettiva. Si tratta di quel fenomeno per cui solo dopo che abbiamo deciso di acquistare un determinato modello di auto, lo vediamo spesso in circolazione; in precedenza, non l’avevamo mai notato. Solo dopo che uno conosce il simbolismo, inizia a notarlo sui luoghi del delitto; prima, non ci aveva mai fatto caso. Eccetera.A fronte quindi di una notizia come questa, di una terra verde all’interno del Polo Sud, la maggior parte delle persone, semplicemente, non la considera interessante né meritevole di approfondimento. Proprio l’esempio del libro che ho citato prima è emblematico in tal senso. Un ricercatore come Zavatti è chiaramente in buona fede, perché se avesse voluto nascondere la notizia, semplicemente non l’avrebbe data. Invece, al contrario, ha dato la notizia ma, molto, altrettanto sorprendentemente, non l’ha considerata degna di approfondimento. In altre parole: un ricercatore che dell’esplorazione dei poli ha fatto il centro della sua vita, non ritiene interessante approfondire proprio quella che, se fosse confermata, sarebbe la scoperta più straordinaria mai effettuata sul pianeta, dopo la scoperta dell’America. Né può essere tacciato di malafede l’autore che ha compilato la voce dell’enciclopedia Treccani, il quale, in perfetta buona fede e senza neanche accorgersi dell’enormità di quello che ha scritto, ha citato la scoperta di Byrd, affermando che furono scoperti circa 1.600.000 km quadrati di territorio (un territorio cioè pari a tre volte la grandezza della Francia, per intenderci). Eppure, la cosa passa nel più totale silenzio. Perché?(Paolo Franceschetti, estratto dal post “Il mistero antartico”, pubblicato sul blog “Petali di Loto” il 10 settembre 2018).Come mai l’Antartide ha una temperatura incredibilmente inferiore a quella artica? Essendo ai due poli, le due zone avrebbero dovuto avere identiche temperature. La spiegazione ufficiale sarebbe che il Polo Nord è riscaldato dalla cosiddetta Corrente del Golfo, che mitigherebbe le temperature. Per quanto non mi avesse mai convinto come spiegazione, la prendevo per buona. Una cosa che non riuscivo a spiegarmi però erano le scoperte dell’ammiraglio Byrd. Tutti i libri che parlavano dell’Antartico, facevano inevitabilmente riferimento alla scoperta, da parte di questo ammiraglio, negli anni ‘50, di una zona temperata vicino al Polo Sud, in cui la temperatura era mite, le acque fluivano regolarmente e il verde era lussureggiante. La scoperta era stata fatta nell’ambito di una spedizione militare finanziata dagli Usa, e a causa della notorietà dell’ammiraglio, nonchè del numero dei partecipanti ad essa, la cosa non poté essere messa sotto silenzio. Ma sia la stampa dell’epoca che quella successiva dedicarono solo poche righe a questa scoperta. E mi domandavo come mai non si facessero spedizioni per cercare questa terra misteriosa e approfondire la questione.
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Israele in Patagonia, coi soldi inglesi. E quel sommergibile
Perché un miliardario britannico Joe Lewis sta acquistando terre in Patagonia, dove Israle sta mandando “in vacanza” migliaia di soldati, proprio di fronte al mare – affacciato sull’Antartide – dove è scomparso il sommergibile argentino San Juan, alle prese con una imprecisata “missione segreta” di cui però gli inglesi erano al corrente? Se lo domanda un giornista internazionale come Thierry Meyssan, di stanza in Libano: «Probabilmente il San Juan è esploso: la stampa argentina è convinta che abbia urtato una mina o sia stato distrutto da missile nemico». E gli immensi territori in via di acquisizione sud dell’Argentina e anche nel vicino Cile? Per il momento, ragiona Meyssan, «è impossibile stabilire se Israele abbia avviato un programma di sfruttamento dell’Antartide o se stia costruendo una base in cui ripiegare in caso di disfatta in Palestina». Ma il reporter si interroga sulle possibili connessioni “invisibili” che sembrano legare Patagonia e Antartide, Tel Aviv e Londra, la guerra in Siria e la strana sparizione del sottomarino, scomparso (in fondo al mare?) dopo l’ultima comunicazione con la terraferma, il 15 novembre, con a bordo 44 marinai.Nel XIX secolo, ricorda Meyssan su “Rete Voltaire” in un post ripreso da “Megachip”, il governo britannico era indeciso se istallare lo Stato di Israele nell’attuale Uganda, in Argentina o in Palestina. «All’epoca l’Argentina era controllata dal Regno Unito e, per iniziativa del barone francese Maurice de Hirsch, era diventata terra di accoglienza per gli ebrei che fuggivano dai pogrom dell’Europa centrale». Nel XX secolo, dopo il colpo di Stato militare contro il generale Juan Domingo Peron, presidente democraticamente eletto, nelle forze armate si affermò una corrente antisemita: «Questa fazione dell’esercito diffuse una brochure in cui accusava il nuovo Stato d’Israele di preparare un’invasione della Patagonia, il Piano Andinia». Oggi emerge che, «nonostante l’esagerazione dei fatti dell’estrema destra degli anni ’70», esisteva davvero un progetto di insediamento (e non di invasione) in Patagonia, sottolinea Meyssan. «Tutto cambiò con la guerra delle Malvine del 1982, quando la giunta militare argentina tentò di rientrare in possesso delle isole Malvine, della Georgia del Sud e del Sandwich del Sud, territori dal suo punto di vista occupati da un secolo e mezzo dai britannici».L’Onu riconobbe la legittimità della rivendicazione dell’Argentina, ma il Consiglio di Sicurezza ne condannò il ricorso alla forza al fine di recuperare i territori contesi. «La posta in gioco era considerevole», spiega il giornalista francese, «perché le acque territoriali di questi arcipelaghi danno accesso alle ricchezze del continente antartico». Alla fine della guerra delle Malvine, che fece oltre un migliaio di morti (i numeri ufficiali britannici sono di molto inferiori), Londra impose a Buenos Aires un trattato di pace particolarmente duro, che riduceva al minimo le forze armate argentine. «In particolare, all’Argentina venne sottratto il controllo dello spazio aereo del sud del paese e dell’Antartico, che passò alla Royal Air Force». Inoltre, continua Meyssan, ancora oggi «Buenos Aires deve informare il Regno Unito di ogni sua operazione militare». E non tutto è andato liscio, da quelle parti, dopo la guerra della Falkland: «Nel 1992 e nel 1994 due misteriosi attentati, particolarmente sanguinosi e devastanti, distrussero l’ambasciata d’Israele e la sede dell’associazione israelita Amia». Il primo attentato, rivela Meyssan, avvenne subito dopo che i capi della sezione dell’intelligence israeliana per l’America Latina avevano lasciato l’edificio.Il secondo attentato ebbe luogo durante le ricerche congiunte egiziano-argentine per i missili balistici Condor. «Nello stesso periodo la fabbrica principale dei Condor esplose, e i figli dei presidenti Carlos Menem e Hafez al-Assad morirono entrambi in incidenti. Le numerose inchieste che seguirono furono inquinate da una serie di manipolazioni». Dopo aver designato la Siria come responsabile dei due attentati, aggiunge Meyssan, il procuratore Alberto Nisman passò all’Iran, accusandolo di esserne il committente, e a Hezbollah, accusandolo di esserne l’esecutore. «L’ex presidente peronista Cristina Kirchner fu accusata di aver negoziato la chiusura del procedimento contro l’Iran in cambio di un prezzo vantaggioso per il petrolio». Poco dopo, però, «il procuratore Nisman è stato trovato morto in casa e la presidente Kirchner è stata incolpata di alto tradimento». La settimana scorsa, infine, «un nuovo colpo di scena ha mandato all’aria quello che si dava per certo: l’Fbi ha tirato fuori analisi del Dna che dimostrano che il presunto terrorista non era tra le vittime e che tra queste vi era invece un corpo mai identificato». Morale: «Venticinque anni dopo, non si sa ancora nulla degli attentati di Buenos Aires».E intanto, l’interesse anglo-israeliano per il Sud dell’Argentina non ha fatto che aumentare: «Nel XXI secolo, approfittando dei vantaggi ottenuti con il Trattato della guerra delle Malvine, Regno Unito e Israele intraprendono un nuovo progetto in Patagonia. Le sue proprietà si estendono ormai su una superficie più volte multipla dello Stato d’Israele», avverte Meyssan. «Si trovano nella Terra del Fuoco, all’estremo Sud del continente. In particolare, circondano il Lago Escondido, cui impediscono l’accesso nonostante un’ingiunzione della magistratura argentina». Il miliardario inglese Joe Lewis «ha costruito un aeroporto privato con una pista di due chilometri, su cui possono atterrare aerei di trasporto civile e militare». Dalla fine della guerra delle Malvine, l’esercito israeliano organizza in Patagonia “campi di vacanza” (sic) per i suoi soldati. «Ogni anno, da 8.000 a 10.000 soldati trascorrono due settimane nelle proprietà di Joe Lewis». Se negli anni ’70 l’esercito argentino lanciò l’allarme per 25.000 nuovi alloggi rimasti inabitati, dando vita al mito del piano Andinia, oggi ne sono stati costruiti centinaia di migliaia. «È impossibile verificare lo stato di avanzamento dei lavori perché, essendo proprietà privata, Google Earth oscura le fotografie satellitari della zona, così come fa per le istallazioni militari dell’Alleanza Atlantica».Poi c’è il ruolo del vicino Cile, aggiunge Meyssan, che «ha ceduto una base di sottomarini a Israele, dove sono stati scavati tunnel per sopravvivere al rigore dell’inverno polare». Gli indiani Mapuche, che abitano la Patagonia argentina e cilena, sono rimasti sorpresi nell’apprendere che a Londra è stata riattivata la Resistencia Ancestral Mapuche (Resistenza Ancestrale Mapuche – Ram), misteriosa organizzazione che rivendica l’indipendenza. «Inizialmente accusata di essere una vecchia associazione rispolverata dai servizi segreti argentini, la Ram è ora considerata dalla sinistra un movimento secessionista legittimo e dai leader Mapuche un’iniziativa finanziata da George Soros». Infine, in questo scenario opaco, si è inserita la sparizione del sommergibile San Juan, con il quale la marina argentina ha perso i contatti il 15 novembre 2017, dichiarandolo poi “inabissato in mare”. Era uno dei due sottomarini diesel-elettrici Tr 1700, fiore all’occhiello della difesa argentina. «Alla fine il governo ha dovuto ammettere che il sottomarino era in “missione segreta”, non meglio specificata, di cui Londra era a conoscenza». L’esercito statunitense ha partecipato alle ricerche e la marina russa ha inviato un drone in grado di scandagliare i fondali marini a 6.000 metri di profondità, che però non ha trovato nulla. Che sta succedendo, dunque, all’estremo confine meridionale del pianeta?Perché il miliardario britannico Joe Lewis sta acquistando terre in Patagonia, dove Israele sta mandando “in vacanza” migliaia di soldati, proprio di fronte al mare – affacciato sull’Antartide – dove è scomparso il sommergibile argentino San Juan, alle prese con una imprecisata “missione segreta” di cui però gli inglesi erano al corrente? Se lo domanda un giornalista internazionale come Thierry Meyssan, di stanza in Libano: «Probabilmente il San Juan è esploso: la stampa argentina è convinta che abbia urtato una mina o sia stato distrutto da missile nemico». E gli immensi territori in via di acquisizione nel sud dell’Argentina e anche nel vicino Cile? Per il momento, ragiona Meyssan, «è impossibile stabilire se Israele abbia avviato un programma di sfruttamento dell’Antartide o se stia costruendo una base in cui ripiegare in caso di disfatta in Palestina». Ma il reporter si interroga sulle possibili connessioni “invisibili” che sembrano legare Patagonia e Antartide, Tel Aviv e Londra, la guerra in Siria e la strana sparizione del sottomarino, scomparso (in fondo al mare?) dopo l’ultima comunicazione con la terraferma, il 15 novembre, con a bordo 44 marinai.
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Inuit e Nasa: i ghiacci disciolti inclinano l’asse terrestre
Il sole allo zenit, in un cielo completamente diverso. Risultato: clima impazzito, temperature in aumento, cataclismi naturali dovuti all’inaudito sciogliemento dei ghiacci e alla “migrazione” di immense quantità d’acqua. Sta accadendo qualcosa di mai prima osservato: lo affermano gli anziani Inuit, intervistati nell’Artico dal regista e produttore canadese Zacharias Kunuk, in contatto con la Nasa. «Gli anziani parlano di come il loro mondo è cambiato, da come era decenni prima di oggi», riassume il blog “La Crepa nel Muro”. E’ un quadro preoccupante, di cui gli Inuit sono testimoni: lo scioglimento dei ghiacciai artici, la scomparsa del ghiaccio marino. «Le foche hanno bruciature sulla loro pelliccia e sono coperte di piaghe e di una pelle più sottile, la pelle è deteriorata». E mentre gli scienziati sostengono che è l’inquinamento umano a contribuire in modo decisivo al cambiamento climatico, i vecchi Inuit sono convinti qualcosa di molto molto più grande sta succedendo. L’agenzia aerospaziale americana conferma: «I ghiacci che si sciolgono ai poli e le falde idriche depauperate sulla terraferma modificano la distribuzione della risorsa idrica sul pianeta, alterando la rotazione della Terra: lo spostamento è tale da inficiare l’accuratezza di un Gps».Come noto, ricorda Filomena Fotia su “Meteoweb”, la Terra ruota sul suo asse in modo irregolare, oscillando e sobbalzando: queste variazioni naturali sono accompagnate da quelle generate dai cambiamenti climatici, spiega oggi la Nasa, confermando le inquietanti anomalie osservate dagli anziani Inuit. «L’oscillazione fa variare leggermente l’inclinazione dell’asse terrestre, provocando uno spostamento, che per tutto il XX secolo si è diretto verso la Baia di Hudson, in Canada, ma ha invertito la rotta a partire dal 2003, spostandosi di circa 17 centimetri all’anno in direzione delle Isole Britanniche». Il risultato della ricerca, pubblicato su “Science Advances”, si deve a Surendra Adhikari e la suo collega Erik Ivins, entrambi ricercatori della Nasa. Gli esperti, aggiunge Fotia, hanno analizzato i dati dal 2003 a oggi dei satelliti Grace (Center Gravity Recovery and Climate Experiment) che misurano la distribuzione delle masse d’acqua sul pianeta, e hanno fatto una scoperta clamorosa: «La natura degli spostamenti spiegava la migrazione dell’asse verso l’Europa, rilevata a partire dal duemila. Si consideri che ogni anno in Groenlandia si sciolgono 278 trilioni di chili all’anno di ghiaccio e in Antartide occidentale 172 trilioni di chili».Oltre che allo scioglimento dei ghiacci, secono i ricercatori della Nasa la “migrazione” verso l’Europa è dovuta anche «al depauperamento delle risorse idriche sulla terraferma, in particolar modo in Eurasia: 530 trilioni di chili di acqua all’anno vanno persi a causa della siccità e dell’eccessivo sfruttamento delle falde, provocando un innalzamento del livello del mare». Effetti di cui soffriamo tutti, e il cui impatto è particolarmente forte tra gli abitanti delle più estreme regioni artiche, convinti – per primi – che il “climate change” non sia solo dovuto alla Terra, cioè all’uomo, ma anche al cielo: gli anziani intervistati da Zacharias Kunuk «dicono che il Sole non sorge più come nella normalità del tempo andato: hanno la luce del giorno più a lungo, per cacciare, e il Sole è più alto di quanto non lo sia mai stato prima e riscalda più velocemente l’ambiente». Su questo sono tutti d’accordo: il sole e la luna, che sono “cambiati”, «influenzano la temperatura, il modo in cui soffia il vento». E così, a memoria d’uomo, non è mai stato così difficile prevedere il tempo. «Conosciamo i problemi correlati alla geoingegneria», cioè le “scie chimiche”, e «tutti gli effetti negativi di ricaduta sulla Terra e la salute pubblica». Ma a questi problemi ora «si aggiungono quelli scoperti dagli anziani Inuit», determinati «dallo spostamento dell’asse terrestre» confermato dalla Nasa.Il sole allo zenit, in un cielo completamente diverso. Risultato: clima impazzito, temperature in aumento, cataclismi naturali dovuti all’inaudito sciogliemento dei ghiacci e alla “migrazione” di immense quantità d’acqua. Sta accadendo qualcosa di mai prima osservato: lo affermano gli anziani Inuit, intervistati nell’Artico dal regista e produttore canadese Zacharias Kunuk, in contatto con la Nasa. «Gli anziani parlano di come il loro mondo è cambiato, da come era decenni prima di oggi», riassume il blog “La Crepa nel Muro”. E’ un quadro preoccupante, di cui gli Inuit sono testimoni: lo scioglimento dei ghiacciai artici, la scomparsa del ghiaccio marino. «Le foche hanno bruciature sulla loro pelliccia e sono coperte di piaghe e di una pelle più sottile, la pelle è deteriorata». E mentre gli scienziati sostengono che è l’inquinamento umano a contribuire in modo decisivo al cambiamento climatico, i vecchi Inuit sono convinti qualcosa di molto molto più grande sta succedendo. L’agenzia aerospaziale americana conferma: «I ghiacci che si sciolgono ai poli e le falde idriche depauperate sulla terraferma modificano la distribuzione della risorsa idrica sul pianeta, alterando la rotazione della Terra: lo spostamento è tale da inficiare l’accuratezza di un Gps».
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Graham Hancock: il segreto della civiltà che ci ha preceduti
Quale segreto si nasconde nell’archeologia “misteriosa”, cioè tuttora non completamente “spiegata” dalla scienza ufficiale? La tesi: una civiltà preesistente alla nostra, molto evoluta, fu spazzata via dalla Terra circa 12.000 anni fa. Ma le sue tracce emergono regolarmente dai reperti e da profonde verità custodite da svariate tradizioni esoteriche. Nel libro “Lo Specchio del cielo”, Graham Hancock continua la ricerca cominciata nel suo bestseller “Impronte degli dei” per scoprire «l’eredità nascosta dell’umanità» e rivelare che le culture che noi consideriamo antiche erano, di fatto, eredi di una civiltà di gran lunga più antica, dotata di una «saggezza». Lavorando con la fotografa Santha Faiia, sua moglie, Hancock traccia il network dei siti sacri intorno al mondo in uno spettacolare viaggio di scoperta che ci porta dalle piramidi e templi dell’antico Egitto alle enigmatiche statue dell’isola di Pasqua, dalle rovine dell’America pre-colombiana allo splendore di Angkor Wat, in Cambogia, nel tentativo di decifrare il codice dei nostri antenati. Per l’editore, Corbaccio, «è un’odissea attraverso il mito e la magia, e incredibili rivelazioni archeologiche che ci costringono a ripensare la nostra concezione delle origini della civiltà».“Lo Specchio del cielo” è molto più che un seguito a “Impronte degli dei”: è «un’immersione nella spiritualità degli antichi, una ricerca della rivelazione di un segreto scritto nella lingua dell’astronomia, e conservato nelle fondamenta dei più sacri siti dell’antichità». Un segreto che «parla della misteriosa connessione tra cielo e terra, che trasforma templi in stelle e uomini in dèi». In altre parole, «il più oscuro e nascosto segreto del nostro passato dimenticato». Graham Hancock è nato in Scozia, a Edimburgo, ma ha vissuto a lungo in India, dove il padre lavorava come chirurgo. Tornato in patria, si è laureato in sociologia presso la Durham University e ha iniziato la carriera di giornalista, arrivando a firmare articoli per i più prestigiosi quotidiani britannici, come il “Guardian”, il “Times” e l’“Independent”, per poi passare anche alla produzione di libri a partire dal 1980. In una recente intervista realizzata Michael Parker per “Antidote”, scrive il blog “Segni dal cielo”, Hancock sostiene che gli indizi sulle antiche civiltà della Terra, misteriosamente scomparse, «potrebbero aiutare i ricercatori di oggi a scoprire i pezzi perduti della storia antica dell’uomo».Un gigantesco puzzle planetario: dalle incredibili costruzioni megalitiche, come quelli di Gobekli Tepe e Gunung Padang, alle «fonti di energia nascoste utilizzate da numerose antiche culture di tutto il mondo», poi scomparse in seguito a «estinzioni di massa», forse causate dall’impatto con un gigantesco meteorite: «Una ipotesi che viene accolta da molti scienziati – aggiunge “Segni dal cielo” – visto che, oltre Giove e Saturno, ci sono comete giganti che possono essere vettori di distruzione planetaria». Secondo Hancock, vi sono prove sufficienti che suggeriscono che tra il 10.800 e il 9.600 aC, uno tsunami di proporzioni epiche spazzò via interi contineti, a causa dell’impatto di una cometa. Nel tempio di Horus, nell’antica città egiziana di Edfu, celebri iscrizioni descrivono come “dèi” gli esseri che vi si erano rifugiati, «provenienti da un’isola sacra, distrutta da inondazioni e incendi». L’autore sostiene che un evento di estinzione antica «spazzò via Atlantide e le società avanzate di 12.000 anni fa». Le strutture megalitiche a Gobekli Tepe e Gunung Padang sarebbero «antichi centri di potere sepolti, dove viene nascosta una storia che gli archeologi non sono disposti a riconoscere».Sono in corso profonde revisioni della storiografia anche recente: alcuni siti archeologici terrestri, dalle piramidi di Giza ad Angkor Wat, sarebbero molto più antichi di quanto pensi l’archeologia ortodossa. Le piramidi d’Egitto e la Sfinge non sarebbero stati edificati 4.500 anni fa (nel 2.500 a.C.) ai tempi dei faraoni della IV dinastia, come oggi comunemente accettato, ma nel 10.500 a.C. e cioè 12.500 anni fa, ai tempi dell’ultima glaciazione. A sostegno di queste tesi le indagini eseguite sulla sfinge dai geologi Robert Schoch ed John Anthony West, che nel 1996, incaricati di studiare i segni di corrosione sulla Sfinge, hanno concluso che essi potevano risalire a circa 7.000 anni fa, quando ancora l’Egitto non era arido come adesso. Altre indagini sono state eseguite utilizzando il software Skyglobe, secondo il quale la costellazione visibile ai tempi della presunta edificazione della sfinge (2.500 a.C.), non fosse il Leone, del quale invece essa ne riproduce l’aspetto, come invece accadrebbe nel cielo visibile dalla Terra nel 10.500 a.C. Analoghi ragionamenti per il monastero di Angkor Wat o le statue dell’isola di Pasqua: alcuni siti terrestri sarebbero “lo specchio del cielo” che i loro costruttori vedevano nel 10.500 a.C. (la costellazione di Orione per le piramidi, quella del Drago per Angkor Wat).Hancock ipotizza anche la presenza sulla Terra di una civiltà evoluta, estintasi appunto 10.500 anni fa ai tempi dell’ultima glaciazione (l’Atlantide di cui parlava anche Platone). Si pensa che qualcosa, di quella civiltà, sia comunque sopravvissuto, al punto che – grazie alle sue conoscenze – l’umanità sarebbe stata in grado di costruire piramidi più recenti e altri immensi monumenti. Troppe “coincidenze”, in ogni caso: «Che cosa lega un mappamondo del 1513, le opere dei Maya, degli Atzechi, degli Incas e le monumentali costruzioni egiziane?», si domanda una recensione su “Leggere a colori”. «Hancock rivela un messaggio universale celato nelle grandi opere e riportato nei miti e nelle leggende di tutte le popolazioni». Partendo da Nazca fino ad arrivare in Egitto, passando da Perù, Bolivia e Messico, l’autore va alla ricerca di una connessione, un legame, tra mappe, miti e opere architettoniche, lasciateci da popolazioni geograficamente lontane le une dalle altre e con una preparazione culturale, tecnologica e ingegneristica apparentemente non così avanzata da poter realizzare tali opere.Il viaggio, racconta “Leggere a colori”, prende spunto dall’analisi del misterioso mappamondo di Piri Reis, disegnato nel 1513, in cui è riportata l’esatta linea costiera antartica che noi conosciamo grazie all’utilizzo di potenti mezzi tecnologici, ma che è nascosta all’occhio umano dalla calotta glaciale (che risale circa a 40.000 anni fa). «La mappa è sicuramente autentica e, altrettanto sicuramente, nel 1513 non avevano i mezzi per rilevare tale formazione al di sotto dello spesso strato di ghiaccio. La spiegazione più plausibile su come Piri Reis abbia potuto disegnare la sua mappa è che sia venuto a conoscenza di dati tramandati nei secoli; ma tramandati da chi? Questa misteriosa popolazione deve aver visto le coste prima della glaciazione e quindi essere esistita prima della classica preistoria. E ha qualcosa a che vedere con i misteri che circondano le grandi opere maya, inca, atzeche e egiziane?». Per rispondere a queste domande, Graham Hancock parte per un lungo viaggio che lo porterà ad analizzare in maniera molto tecnica e scientifica i principali siti archeologici delle prime civiltà a noi note. Un continuo susseguirsi di nuove scoperte, rilevando strane analogie tra opere architettoniche e miti di popoli e civiltà molto lontani tra loro.«Chi e perché, ha costruito quelle opere monumentali? È possibile che ci sia un legame tra tali opere? Sono solo costruzioni fini a se stesse o nascondo un messaggio?». Attraverso le sue osservazioni e i suoi approfondimenti, Hancock scopre caratteristiche comuni agli antichi popoli, non solo nei miti che ci hanno tramandato ma anche nelle conoscenze scientifiche e astronomiche. Trova un filo logico tra i miti raccontati dalle prime civiltà, le conoscenze astronomiche (che dovevano essere molto avanzate) e le grandi opere realizzate da una civiltà misteriosa: «A questo punto appare chiara la presenza di una civiltà ignota, data la mancanza di prove evidenti che possano attribuire competenze tali alla realizzazione di opere così complesse alle popolazioni da noi conosciute». Mettendo in discussione la datazione attribuita ai principali siti archeologici (più antichi di ciò che pensiamo, eretti prima della glaciazione) Hancock ipotizza che possano «celare una premonizione, che solo un elevato grado di conoscenza scientifco-astronomica potrebbe mettere in luce».Quale segreto si nasconde nell’archeologia “misteriosa”, cioè tuttora non completamente “spiegata” dalla scienza ufficiale? La tesi: una civiltà preesistente alla nostra, molto evoluta, fu spazzata via dalla Terra circa 12.000 anni fa. Ma le sue tracce emergono regolarmente dai reperti e da profonde verità custodite da svariate tradizioni esoteriche. Nel libro “Lo Specchio del cielo”, Graham Hancock continua la ricerca cominciata nel suo bestseller “Impronte degli dei” per scoprire «l’eredità nascosta dell’umanità» e rivelare che le culture che noi consideriamo antiche erano, di fatto, eredi di una civiltà di gran lunga più antica, dotata di una «saggezza». Lavorando con la fotografa Santha Faiia, sua moglie, Hancock traccia il network dei siti sacri intorno al mondo in uno spettacolare viaggio di scoperta che ci porta dalle piramidi e templi dell’antico Egitto alle enigmatiche statue dell’isola di Pasqua, dalle rovine dell’America pre-colombiana allo splendore di Angkor Wat, in Cambogia, nel tentativo di decifrare il codice dei nostri antenati. Per l’editore, Corbaccio, «è un’odissea attraverso il mito e la magia, e incredibili rivelazioni archeologiche che ci costringono a ripensare la nostra concezione delle origini della civiltà».