Archivio del Tag ‘profezie’
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Viganò: l’Anticristo odia Trump e ama Bergoglio e la Cina
Ormai libero dal mio incarico ufficiale, l’ispirazione confidatami da Papa Benedetto mi permette di rivolgermi al presidente Trump con la massima libertà, evidenziando quale sia il suo ruolo nel contesto nazionale e internazionale, e quanto la sua missione sia decisiva nello scontro epocale che va delineandosi in questi mesi. La Santa Sede appare oggi assalita da forze nemiche. Io parlo come vescovo, come successore degli apostoli. Il silenzio dei pastori è assordante e sconvolgente. Alcuni addirittura preferiscono appoggiare il Nuovo Ordine Mondiale allineandosi alle posizioni di Bergoglio e del cardinale Parolin che, frequentatore del Bilderberg Club, si è servilmente sottomesso ai suoi diktat, alla stregua di tanti esponenti politici e dei media mainstream. Sono persuaso che quanto ho denunciato nella mia lettera aperta al presidente Trump dello scorso giugno sia ancora valido e possa costituire una chiave di lettura per comprendere gli eventi che stiamo vivendo. La spaccatura in seno all’episcopato americano è il risultato di un’azione ideologica condotta sin dagli anni Sessanta specialmente dalle università cattoliche – e dai gesuiti in particolare – nella formazione di intere generazioni di giovani.
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Magaldi: e dopo Bergoglio, ora Mike Pompeo striglierà Conte
Non che si diverta, Gioele Magaldi, a fare il profeta. E comunque sarebbe bello se, una volta tanto, le sue anticipazioni (previsioni, non profezie) ottenessero l’onore della cronaca, nel silente mainstream italico. Avrebbero tutto da guadagnare, i giornali, a dare – in anticipo – certe notizie. Per esempio: il clamoroso passaggio del “fratello” Mario Draghi al fronte progressista, da cui il rivoluzionario intervento keynesiano, sul “Financial Times”, con le sue istruzioni “rooseveltiane” su come uscire dall’emergenza economica scatenata dal coronavirus. Oppure: l’annuncio dell’intervento decisivo a favore all’Italia, in termini finanziari (acquisto di titoli di Stato, da parte della Bce) garantito dalla “sorella” Christine Lagarde, altro pezzo da novanta – fino all’altro ieri – dell’élite reazionaria, ora in forza (come Draghi e altri) allo schieramento massonico-democratico, di cui fanno parte anche Bob Dylan e Robert Kennedy Junior. Una galassia che appoggia Trump e contesta la gestione oligarchica della crisi, nonché la pericolosa manipolazione psico-terroristica del Covid, innescata utilizzando una Oms ormai finanziata soprattutto da Pechino e da Bill Gates.Ed è proprio la Cina l’argomento della terza, recente “profezia” di Magaldi, ignorata dai media e puntualmente confermata dai fatti: Mike Pompeo verrà a Roma per strigliare Bergoglio e Conte, considerati esponenti del partito “cinese” che starebbe sovragestendo il governo italiano, con fortissimi agganci anche in Vaticano. «Nella stampa italiana ho qualche nemico», ammette Magaldi, polemico con molte redazioni per l’ostinato silenzio con cui nel 2014 è stato accolto il suo besteller “Massoni”, un saggio scomodissimo che mette in piazza le malefatte occulte delle superlogge “neoaristocratiche”, coi loro terminali anche italiani. In questi anni, non si contano le previsioni azzecate da Magaldi, dall’improvviso declino di Renzi all’inattesa vittoria di Trump. Il giornalismo italiano sembra non aver ancora voluto fare i conti con le rivelazioni contenute nel libro “Massoni”, seguitando anche a ignorarne molto spesso l’autore. Così, non fanno esattamente un figurone i media che oggi – a reti unificate – sono costretti a dire, in ritardo, quello che Magaldi aveva anticipato la scorsa settimana.Impossibile continuare a tacere, di fronte al tweet con cui il segretario di Stato americano strattona ruvidamente nientemeno che il Papa, colpevole di contiguità col governo cinese. «Come avevo annunciato, nella sua imminente visita a Roma, Mike Pompeo non farà sconti a nessuno: apprezzo la franchezza con cui ha richiamato Papa Bergoglio, senza complimenti, sull’impegno verso il rispetto dei diritti umani». All’establishment politico, aveva anticipato Magaldi, Pompeo chiederà di ridimensionare il peso del partito trasversale “cinese”, funzionale agli interessi di Pechino, che tanto condiziona l’Italia. Idem il discorso rivolto al Vaticano, che due anni fa concesse al regime di Pechino la facoltà di designare i vescovi cattolici in Cina. «Squisitamente massonico, da parte di Pompeo – dice Magaldi – l’appello al Papa, laddove il “fratello” Pompeo avverte la Chiesa che, cedendo al partito comunista cinese, rischia di compromettere la sua autorità morale in materia di diritti umani». Diritti che «un tempo la Chiesa stessa calpestava, ma che oggi dichiara di difendere». E dunque, «come si concilia, questo, con l’amicizia con una brutale dittatura come quella di Pechino?».E dopo il Vaticano, toccherà al governo: «Giuseppe Conte si prepari a ricevere una robustra strigliata», avverte Magaldi: «Per gli Usa, è inammissibile lo stato comatoso dell’economia italiana, ridotta in ginocchio dal lockdon “cinese”, modello Wuhan, imposto al paese». Anche secondo il presidente del Movimento Roosevelt, sono catastroficamente inefficaci le misure finora adottate dall’esecutivo durante l’emergenza: «E’ stato speso un fiume di miliardi, ma senza risultati. E in una situazione come questa – aggiunge Magaldi – i cialtroni della classe politica italiana non hanno esitato a farci perdere altro tempo e denaro per un referendum demenziale, che propone l’ennesimo taglio (quello del Parlamento, cioè della democrazia), quando invece avrebbero dovuto preoccuparsi di ben altre riforme della Costituzione, cominciando dall’eliminazione dell’obbligo del pareggio di bilancio, misura sciagurata introdotta per compiacere Mario Monti e anche Giorgio Napolitano, altro personaggio veramente oscuro».Monti e Napolitano? Due supermassoni reazionari, per chi ha letto “Massoni”. «Avevo chiarito che, di fronte a chiunque si fosse sentito diffamato dal mio libro, avrei esibito pubblicamente e prove delle mie affermazioni, contenute in migliaia di dossier riservati. Ma nessuno si è fatto avanti, per contestarmi». Pochissimo spazio, nel mainstream, anche alle analisi alternative a quelle correnti, che danno per inevitabile la gestione “panica” del Covid, condotta in Italia a spese delle libertà individuali, insieme alle misure draconiane (e probabilmente tardive) per arginare il contagio, la scorsa primavera. Magaldi è tra quanti ritengono che la pandemia sia stata impugnata come un’arma politica dall’élite neoliberista che per prima sdoganò la Cina, come possibile modello per un futuro Occidente con meno democrazia e meno diritti. Ancora più drastico un grande cantautore come Bob Dylan, Premio Nobel per la Letteratura, che in piena emergenza, attraverso il brano “Murder Most Foul”, ha lanciato una potente suggestione: i “falsi profeti” del Covid (e del vaccino universale) sono gli eredi politici del clan che assassinò John Kennedy a Dallas.Tornando al Belpaese: per Magaldi, la visita di Pompeo segnerà un punto di svolta nei rapporti politici fra Casa Bianca e Palazzo Chigi, e in generale tra gli Usa e larghi strati dell’establishment italiano, finora assai arrendevole rispetto all’espansione cinese. Sempre secondo Magaldi, Pompeo tratterà da posizioni di forza, visto che sembra scontata la rielezione di Donald Trump alle presidenziali di novembre. «Si confermerà un buon presidente anche nel prossimo quadriennio: l’America ha ancora bisogno di Trump», che è sostenuto dai circuiti massonici progressisti. «Poi, dalle elezioni successive – profetizza Magaldi – si potrà finalmente pensare a un candidato progressista “doc” come Robert Kennedy Junior, che nel suo recente discorso a Berlino ha riaperto un orizzonte che mette al centro la libertà: esattamente il contrario della sottomissione al “terrorismo psicologico” dell’Oms, di marca cinese, al quale si è finora allineato lo stesso governo Conte. Tutte cose che a Trump non sono piaciute, e che ora Mike Pompeo – in pubblico, e soprattutto in privato, a muso duro – non mancherà di ribadire all’attuale presidente del Consiglio, l’increscioso Conte».Non che si diverta, Gioele Magaldi, a fare il profeta. E comunque sarebbe bello se, una volta tanto, le sue anticipazioni (previsioni, non profezie) ottenessero l’onore della cronaca, nel silente mainstream italico. Avrebbero tutto da guadagnare, i giornali, a dare – in anticipo – certe notizie. Per esempio: il clamoroso passaggio del “fratello” Mario Draghi al fronte progressista, da cui il rivoluzionario editoriale keynesiano, sul “Financial Times”, con le sue istruzioni “rooseveltiane” su come uscire dall’emergenza economica scatenata dal coronavirus. Oppure: l’annuncio dell’intervento decisivo a favore all’Italia, in termini finanziari (acquisto di titoli di Stato, da parte della Bce) garantito dalla “sorella” Christine Lagarde, altro pezzo da novanta – fino all’altro ieri – dell’élite reazionaria, ora in forza (come Draghi e altri) allo schieramento massonico-democratico, di cui fanno parte anche Bob Dylan e Robert Kennedy Junior. Una galassia che appoggia Trump e contesta la gestione oligarchica della crisi, nonché la pericolosa manipolazione psico-terroristica del Covid, innescata utilizzando una Oms ormai finanziata soprattutto da Pechino e da Bill Gates.
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Se al Popolo delle Mascherine resta il piacere di votare No
Il minimo che ci potesse capitare, dopo aver dato retta a Greta Thunberg, era di finire confinati in casa per mesi, e poi guardati a vista come pericolosi bricconi, irresponsabili diffusori del Virus della Paura. Milioni di sguardi imbambolati davanti all’epifania scandinava della minuscola fiammiferaia, venuta a raccontarci – insieme ai tecno-narratori dell’Onu – che siamo noi, proprio noi, a surriscaldare pericolosamente il globo. Per la cronaca: è lo stesso pianeta che, solo dodicimila anni fa, passò in un battibaleno dall’inferno dei vulcani alla notte artica dei ghiacci, superando il Grande Diluvio, per poi arrivare alle temperature – più alte di quelle di oggi – dell’epoca dell’Impero Romano, quando cioè non esistevano plastiche né carbone né acciaierie. Tutti a sentire i profetici ammonimenti della piccina, mentre la Terra si riempiva di strane antenne, i cieli erano rigati da strane scie, e dai laboratori fuggivano strani virus. Antenne, scie e virus: tre vocaboli complemanente assenti, nel lessico della maestrina svedese, i cui ricchissimi impresari (dalla Bank of England in giù) erano riusciti a distoglierci dal vero problema, l’avvelenamento ottuso e criminale del suolo, dell’aria e delle acque. E’ colpa vostra, cioè nostra: il Vangelo secondo Greta è lo stesso degli arconti che stabiliscono, da sempre, quanto e come crescere, quanto e come soffrire, e quando infine decrescere, impoverirsi, possibilmente sparire.Sono sempre loro a decidere quale canzone cantare, a seconda dei momenti: il guaio, semmai, è che poi la cantiamo tutti, o quasi tutti, lasciando che siano i medesimi sceneggiatori a scegliere per noi lo spartito del giorno. I pessimisti parlano apertamente di zootecnia, sia pure evolutissima e sapientemente truccata da politica, da informazione, da entertainment culturale. E’ ancora possibile cantare fuori dal coro, entro certi limiti; al momento giusto, però, non manca mai un Vasco Rossi che sappia richiamare all’ordine, da par suo, gli eventuali indisciplinati. Di tanto in tanto, al Popolo delle Mascherine è ancora concesso l’antico lusso della celebrazione democratica, elettorale, a condizione – beninteso – che dal voto non dipenda niente di importante. Bazzecole, piccole faide tra nano-leader, guerriglie tra clan. Da Greta Thunberg a Beppe Grillo, il passo è brevissimo: ci si ritrova con Luigi Di Maio ministro degli esteri, e Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. L’unico campionato vinto dal Fratello di Montalbano, per ora, è quello della vaccinazione obbligatoria più inutile del pianeta, il siero contro l’influenza, mentre i suoi fieri oppositori – il barbaro Salvini (l’energumeno al citofono) e la piccola Giorgia («sono italiana, sono cristiana») – si stringono attorno al redivivo Nonno Silvio, che spedisce in aula un fenomeno indimenticabile come Mariastella Gelmini ad aprire ufficialmente la stagione della Vaccinazione Universale Obbligatoria.Al Popolo delle Mascherine è consentito celebrare il rito solenne delle elezioni regionali, tra gossip e sondaggi, già pregustando l’esiziale bilancio che proporrà vincitori e vinti, come se davvero i cambi di casacca e di poltrona portassero in dote un qualche lume capace di rischiarare la lunga notte polare nella quale i sudditi sono stati abbandonati, costretti a subire eventi non spiegati, letteralmente incomprensibili, se non protetti dal segreto. «Questo governo non lavora col favore delle tenebre», ha detto l’umorista Conte, l’ometto che ha proibito la circolazione di ogni possibile notizia giungendo a imporre la supervisione di un Ministero della Verità, abilitato a vigilare e censurare, nemmeno fossimo in Corea del Nord. Un atto d’imperio madornale, scandaloso, contro il quale però non s’è levata alcuna voce, dalle redazioni: non un fiato, né dai telegiornali né dai sindacati; non una sillaba dal mitologico Ordine dei Giornalisti, sempre che esista ancora. Anzi, al contrario: tutti i cantori si sono esercitati nello stesso coro, giungendo a ostracizzare e ridicolizzare anche i Premi Nobel che avessero avuto l’impudenza di esprimere un loro libero pensiero. L’aria che tira è scurissima, nel paese delle Sardine e dei magistrati formato Palamara: forse persino Primo Levi, oggi, rischierebbe di beccarsi del negazionista.Si dirà che è scontato anche questo, presso i sudditi che vivono sui social e si muovono soltanto se hanno in tasca il dispositivo telefonico di tracciamento volontario personale. Tutto ovvio e normalissimo, per chi ha creduto che Barack Obama fosse una specie di Babbo Natale in versione gospel. Normale, per chi ha accolto con un bell’applauso il macellaio Mario Monti, per chi crede ancora che Romano Prodi sia una sorta di filantropo bonario, per chi pensa che la truce Angela Merkel sia meglio dell’aborrita Maggie Thatcher, la Strega del Nord (che almeno ha rovinato solo gli inglesi, lasciando in pace il resto dell’Europa). Normale, per chi ancora crede alla leggenda nera del Debito Pubblico, e pensa che la sbalorditiva solidità italiana – case, risparmi – possa andare benissimo per gli avvoltoi che sognano l’eterna patrimoniale, mentre non valga nulla per il rating dell’Ue (che tratta l’Italia come un pezzente da mettere alla porta, un povero paesucolo insolvente). Tutto normale, per chi riesce addirittura a fare il tifo per i nazi-terroristi prezzolati che portano la guerra nelle strade americane, usurpando senza ritegno persino il nome e le bandiere dell’antifascismo.E in fondo al tunnel, naturalmente, c’è pure un referendum. Anche questo è concesso, ai cittadini in libertà provvisoria: votare per tagliare quel poco di democrazia formale che ancora sopravvive. Massacrare il Parlamento, volontariamente: un harakiri magistrale. Poltrone oggi tristemente inutili, scavalcate da poteri decisivi, eppure ancora temute: per quello che potrebbero diventare, domani, se a occuparle fosse gente d’altra razza. Come – per dire – quel coraggioso Kennedy, capace di scuotere i dormienti con il suo appello berlinese al bene più prezioso, l’orgoglio di sentirsi liberi. I saggi dicono che non serve frugare tra i complotti, per fare l’inventario del disastro: basta e avanza lo spettacolo di un corpo elettorale rassegnato a votare ogni volta con odio, contro qualcuno, anziché per qualcosa. Accadde con Matteo Renzi, nell’improvvida chiamata alle urne che gli costò il posto. Votarono in massa, gli italiani, per zittire il fanfarone (ma nessuna alternativa era in cantiere: dopo di lui lo zombie Gentiloni, e ora addirittura Conte). Cosa farà, stavolta, il Popolo delle Mascherine? Assalterà i seggi, per punire il grottesco ducetto del Distanziamento, l’omino che ha imposto il bavaglio alla nazione? Oppure resterà a casa, davanti alla partita? O peggio: voterà convintamente per suicidare il Parlamento? L’elettore, oggi, sa di essere considerato meno di niente. Gli resta quel miniscolo potere, soltanto per un giorno: dire No. E’ poco, ma è qualcosa. La franchezza di un messaggio: non ci piace, quello che ci avete fatto.(Giorgio Cattaneo, “Al Popolo delle Mascherine resta una possibilità: il piacere di dire No”, dal blog del Movimento Roosevelt del 17 settembre 2020).Il minimo che ci potesse capitare, dopo aver dato retta a Greta Thunberg, era di finire confinati in casa per mesi, e poi guardati a vista come pericolosi bricconi, irresponsabili diffusori del Virus della Paura. Milioni di sguardi imbambolati davanti all’epifania scandinava della minuscola fiammiferaia, venuta a raccontarci – insieme ai tecno-narratori dell’Onu – che siamo noi, proprio noi, a surriscaldare pericolosamente il globo. Per la cronaca: è lo stesso pianeta che, solo dodicimila anni fa, passò in un battibaleno dall’inferno dei vulcani alla notte artica dei ghiacci, superando il Grande Diluvio, per poi arrivare alle temperature – più alte di quelle di oggi – dell’epoca dell’Impero Romano, quando cioè non esistevano plastiche né carbone né acciaierie. Tutti a sentire i profetici ammonimenti della piccina, mentre la Terra si riempiva di strane antenne, i cieli erano rigati da strane scie, e dai laboratori fuggivano strani virus. Antenne, scie e virus: tre vocaboli completamente assenti, nel lessico della maestrina svedese, i cui ricchissimi impresari (dalla Bank of England in giù) erano riusciti a distoglierci dal vero problema, l’avvelenamento ottuso e criminale del suolo, dell’aria e delle acque. E’ colpa vostra, cioè nostra: il Vangelo secondo Greta è lo stesso degli arconti che stabiliscono, da sempre, quanto e come crescere, quanto e come soffrire, e quando infine decrescere, impoverirsi, possibilmente sparire.
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Il silenzio dell’outsider, di fronte all’apocalisse in corso
A volte succede di essere stanchi. Dopo un po’, anche i megafoni si stancano. Anche i veggenti, o anche i solo i testimoni oculari. Va così: è in arrivo un cataclisma, e i pochi che lo sanno in anticipo – magari perché ne sono coinvolti, in modo diretto o indiretto – si guardano bene dal dirlo. Qualche outsider se ne accorge, o almeno sospetta che stia avvenendo qualcosa di strano, e così comincia ad annunciarlo ad alta voce. Gli allarmi dell’outsider non è detto che siano precisi e attendibili, è sempre possibile prendere cantonate. Subito, però, la platea si divide. I detentori ufficiali della verità tacciono la notizia. La maggioranza ignora l’outsider o lo considera un pazzo, un esibizionista, non immaginando che l’outsider è il primo a sperare in cuor suo di essersi sbagliato: se ha parlato, l’ha fatto d’istinto; il suo non era nemmeno altruismo, era solo un riflesso di conservazione della specie – la necessità fisiologica di condividere una certa preoccupazione per un possibile pericolo. A quel punto, quando ormai i ruoli sono definiti, i detentori della parola ufficiale cominciano a menzionarlo, l’outsider, con un atteggiamento di sufficienza irridente: a che punto siamo arrivati, se ci sono in giro squilibrati di questa fatta?
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Magaldi: socialismo liberale, il virus salva-Italia siamo noi
«Siamo piccoli, ma attentamente monitorati: ai piani alti, c’è chi si domanda in che modo contiamo di riuscire nell’impresa, e non manca chi vorrebbe attuare le nostre proposte. Che poi sono le uniche in grado di ribaltare la situazione: perché le nostre idee sono uno scandalo, un’eresia. Un virus benefico, destinato a contaminare finalmente il sistema». Gioele Magaldi sintetizza il concetto in due parole: socialismo liberale. Keynes e Roosevelt, Carlo Rosselli, Olof Palme. I semi migliori del Novecento: l’antidoto contro l’ingiustizia. Dove sono finiti? Dispersi: soffocati dalla sovragestione del neoliberismo globalizzato. Ma oggi, per un movimento d’opinione come quello fondato nel 2015 da Magaldi, rappresentano l’unico salvagente per evitare il naufragio della democrazia, schiacciata dalle possenti oligarchie planetarie che ora speculano anche sul disastro del coronavirus. Il loro piano: mantenere il potere a tutti i costi, anche instaurando una sorta di polizia sanitaria mondiale, pronta a usare il ricatto della paura e il fantasma della depressione economica. Risultato: l’Europa ridotta a nullità politica, capace però di tenere in ostaggio un paese come l’Italia, il cui governo – lasciato senza soldi – non ha la minima idea di come evitare il massacro sociale a orologeria che già si annuncia per l’autunno. «Famiglie e aziende avranno l’acqua alla gola, per effetto del terribile lockdown imposto senza nessun vero paracadute economico».«A Conte faremo una proposta che non potrà rifiutare», annunciò Magaldi tempo fa, tra il serio e il faceto, indossando una maglietta con l’icona di Marlon Brando nei panni del “Padrino”. Ora rilancia: «In settimana, il nostro piano salva-Italia sarà pronto e illustrato anche in un video, sul nuovo canale MrTv». Il succo: proposte ragionevoli, il “minimo sindacale” per evitare il peggio. Attenti: «La nostra non è una provocazione arrogante, tutt’altro: sono iniziative che qualsiasi governo (di centrodestra o centrosinistra, non importa) avrebbe dovuto adottare già durante il lockdown». Un pacchetto di misure «attuabili da subito», che il Movimento Roosevelt guidato da Magaldi insiste nel voler impacchettare sotto forma di “ultimatum”: «Sarà recapitato nei prossimi giorni all’esecutivo, che avrà a disposizione l’intera estate per valutare le nostre proposte. L’ultimatum scadrà in occasione dell’election-day del 20-21 settembre». Giuseppe Conte accoglierà quei consigli? Tanto meglio: «Se saranno soddisfatte le esigenze minime degli italiani – dice Magaldi – ne prenderemo atto e ringrazieremo: in una prospettiva laica come la nostra non ci sono nemici, né antagonisti o pregiudizi».Se Conte e i suoi ministri, «da quei brocchi che hanno mostrato di essere sinora, dimostrassero di diventare dei purosangue, a partire da settembre», allora «mi toglierei il cappello e ne sarei felice, come cittadino italiano e come europeo», assicura il leader “rooseveltiano”. «C’è però la “legittima suspicione” che così non sarà», aggiunge: «E allora, in quel caso si avrà il debutto della Milizia Rooseveltiana il 5 ottobre, nell’anniversario della data fatidica del 1789 in cui le donne della Rivoluzione Francese marciarono su Versailles per chiedere al Re perché mai non volesse sottoscrivere la nuova Costituzione». Milizia Rooseveltiana? Una formazione “marziale” solo a livello teatrale, con uno slogan (”dubitare, disobbedire, osare”) che capovolge ironicamente il mussoliniano “credere, obbedire, combattere”. «Missione: incalzare il governo, in modo nonviolento ma divenendo una vera spina nel fianco: nelle piazze italiane, la Milizia chiederà conto – ogni giorno – dell’eventuale, mancato recepimento del piano salva-Italia».Altra avvertenza: non è un’iniziativa di parte, contro Conte. «Neppure l’opposizione ha brillato», sottolinea Magadi: Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia «non hanno strutturato una vera proposta alternativa per il paese». Un consiglio? «Qualcuno di loro dovrebbe andare politicamente in pensione. Altri dovrebbero guardarsi dentro e sviluppare un vero progetto per l’Italia, che oggi non hanno». Ce l’ha Magaldi, il progetto? La sua risposta è scontata: certamente sì. Ma chi è, il presidente del Movimento Roosevelt? Due cose insieme: un intellettuale, e un massone. Laureato in filosofia, appassionato storico, tagliente politologo. E’ ultra-trasparente, il suo impegno nel mondo libero-muratorio: nel suo saggio “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere (bestseller italiano, oscurato dai media), da un lato denuncia le superlogge sovranazionali neo-oligarchiche e il loro sogno di Nuovo Ordine Mondiale neoliberista, “neoaristocratico” e post-democratico, e dall’altro rivendica il ruolo della massoneria settecentesca nella fondazione dell’attuale modernità: suffragio universale, libere elezioni, laicità e Stato di diritto.«La democrazia è un’anomalia della storia: e non ce l’ha portata la cicogna, è il frutto della massoneria rivoluzionaria che riuscì ad abbattere l’Ancien Régime in Europa a partire dalla Francia fino poi a guidare il Risorgimento italiano, dopo aver animato la stessa Rivoluzione Americana». Insiste: «L’architettura istituzionale del mondo in cui viviamo è interamente massonica. Per questo mi domando se siano in grado di fare il loro mestiere i magistrati come Nicola Gratteri, che tendono a criminalizzare la massoneria: si rendono conto che la stessa Costituzione italiana nasce dalle idee ultra-massoniche alla base della primissima Costituzione della Repubblica Romana di Mazzini e di Garibaldi, primo “gran maestro” del Grande Oriente d’Italia?». Discorsi lunari, in un’Italia che associa regolarmente i grembiulini alla P2 di Gelli, o a qualche congrega infiltrata dalla mafia. «Quelle sono conventicole che non contano niente, e lo sanno tutti. Ma fingono di non sapere che i grandi decisori dei nostri tempi – anche italiani, da Monti a Napolitano – appartengono tutti all’aristocrazia massonica internazionale: il mondo delle Ur-Lodges, quello che orienta davvero i destini del pianeta».Ne fa parte lo stesso Magaldi, già “iniziato” alla superloggia “Thomas Paine”, punta di lancia del progressismo novecentesco. Una filiera che ha “allevato” e sostenuto personaggi come Gandhi e Papa Giovanni XXIII, i Kennedy e i Roosevelt, Martin Luther King, Nelson Mandela, Yitzhak Rabin. Sempre di massoneria si tratta, ma di segno opposto. Ed ecco il punto: «Il sistema massonico oligarchico stava perdendo la sua presa sul mondo, lo si è visto con l’inattesa elezione di Donald Trump, fiero avversario del globalismo neoliberista: Trump ha imposto uno stop all’egemonia della Cina, che era e resta la creatura preferita dell’élite massonica reazionaria». Il progetto: efficienza economica, ma senza democrazia. Un modello da esportare in Occidente? «Sicuramente è stato esportato il modello-Wuhan per il coronavirus: massimo rigore e sospensione della libertà. Ed è successo appena dopo che Trump ha inflitto a Xi Jinping l’umiliazione dei dazi». Come dire: è in corso una partita cruciale per le sorti del pianeta, di portata epocale. Da una parte i neoliberisti, che si sono riciclati come gendarmi sociali in nome del Covid, favoloso pretesto per rendere eterna l’austerity degli ultimi decenni. Dall’altra, sono in campo quelli che Magaldi chiama massoni progressisti: avversari del rigore già prima della pandemia, e ora impegnati a evitare che il virus diventi un alibi per seppellire quel che resta della nostra democrazia.Di più: per il fronte in cui Magaldi milita, la crisi pandemica è un’occasione irripetibile. Il collasso indotto dal lockdown rappresenta un assist perfetto, per archiviare il dogma della scarsità – solo immaginaria – e il falso riformismo sulla pelle degli altri (”ce lo chiede l’Europa”). Il Piano-B l’ha esposto Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times”: tornare a Keynes. Cioè: inondare di miliardi l’economia, senza paura di spendere. Soldi che non si trasformino in debiti: proprio come in tempo di guerra. Ma Draghi non era il sommo custode dell’ordoliberismo europeo in salsa teutonica? Lo era, dice Magaldi, ma nell’ultimo anno ha abbandonato la comitiva. «Il “fratello” Draghi è tornato alle sue origini keynesiane e ha chiesto di essere accolto nel circuito massonico progressista, come anche la “sorella” Christine Lagarde». A muoversi sono pesi massimi del potere economico, come la stessa Kristalina Georgieva del Fmi e Premi Nobel del calibro di Krugman e Stiglitz. Tutti a dire che non è possibile insistere con la “terapia” che ha impoverito l’Europa: vista la gravità della crisi economica indotta dal Covid, bisogna buttare a mare trent’anni di rigore finanziario e metter mano al “bazooka” dell’emissione monetaria illimitata e gratuita, non a debito, pena il collasso del sistema economico.«Ci stiamo accorgendo che nessun denaro verrà dato all’Italia con spirito solidaristico e risolutivo», riassume Magaldi. «Concedere denaro in prestito, vincolato alle solite condizionalità – poco importa che si tratti del Mes o di altro – è inaccettabile, in questa temperie. E se la classe politica europea non è all’altezza, quella italiana rispecchia perfettamente questa mediocrità complessiva». Così almeno la vede Magaldi: «L’Europa è un nano politico, economicamente sempre più problematico (benché ricco, perché eredita posizioni di privilegio). Ma il nanismo politico, geopolitico, diplomatico e militare, nella nuova guerra fredda tra sistema-Cina e sistema-Usa, con in mezzo la Russia a fare da terzo incomodo, non aiuta i futuri sviluppi economici dell’Europa». Lo spettacolo è eloquente: «L’Ue è incapace di darsi un’unità fiscale, evitando il dumping che molti paesi esercitano, ed è incapace di costruire un tessuto socio-economico più equo e lungimirante». E intanto il mondo non ci aspetta: «La Cina ci ha insegnato che un paese molto povero può aumentare in modo significativo il proprio Pil, anno dopo anno, e proiettarsi sullo scenario globale da protagonista neo-imperiale». Domani, tutto potrebbe cambiare. E noi, semplicemente, subiamo gli eventi: «C’è davvero un’assenza di visione, da parte di tutti i leader europei».A soffrire le pene dell’inferno, tanto per cambiare, è in primo luogo l’Italia: «Troppe famiglie, lavoratori, aziende ed esercizi sono ancora appesi a decisioni che non vengono prese. C’è un menare il can per l’aia, del governo e anche delle opposizioni: litigano e cazzeggiano. Gli uni (al governo) sono del tutto inefficaci, ma non è ben chiaro cosa farebbero al loro posto gli altri, che stanno all’opposizione». La verità, dice il presidente “rooseveltiano”, è che l’emergenza coronavirus non è mai cessata: «Ieri c’era un’emergenza sanitaria, e adesso c’è un’emergenza che è economica e sociale. Ce ne accorgeremo proprio a settembre: molti nodi verranno al pettine e ci sarà il baratro, per molti». A partire da settembre, «diventeranno lampanti i disastri che la cattiva gestione e la mancata reazione del governo provocherà, nella società e nell’economia italiana». E il guaio è che i leader europei sembrano ectoplasmi: «Troppi cincischiamenti, al di là dell’azione benemerita di Christine Lagarde, contro ogni previsione (salvo la mia). Per il resto solo parole, passi indietro e traccheggiamenti odiosamente studiati: quando era forte la pressione mediatica sul lockdown e sull’emergenza sanitaria strombazzata, si parlava del dovere dell’Europa di intervenire subito. E invece, di Recovery Fund stiamo ancora soltanto discutendo».Quest’anno il bilancio è molto negativo, sin qui, perché secondo Magaldi si è persa anche la grande opportunità – generata dal coronavirus – per un cambio di paradigma. Obiettivo mancato: archiviare gli ultimi disastrosi decenni di austerity. «La mia previsione però non è catastrofica: io continuo a rilanciare l’ottimismo della volontà, a patto però che diventi anche “ottimismo del fare”». Spiegazioni: «I massoni progressisti operano dietro le quinte, mentre il Movimento Roosevelt opera davanti alle quinte». Ma da solo non basta: «Si decidano a operare tutti i cittadini, aderendo a strumenti di azione politica». Concretezza e realismo: «Bisogna evitare di andare appresso ai soliti piagnoni apocalittici, che parlano di uscire dalla Nato e dall’euro, e magari strizzano l’occhio alla Russia ma odiano gli americani. Tutto questo “pastone” di “alternativi” non ha mai prodotto nulla, in questi anni, e continuerà a non produrre niente. Se si vuole cambiare la situazione, occorre iniziare dalle cose che si possono fare già da domani: e questo è l’unico cammino serio che il Movimento Roosevelt vuole intraprendere».Piccola profezia: «Il Movimento Roosevelt è destinato a crescere, perché la censura che l’ha finora colpito sarà destinata a crollare». Quel giorno, «risulterà che in questi anni si sono avvicendati partitini e partitoni, grandi e piccoli protagonisti, piccole narrazioni, litanie e piagnistei, mentre il Movimento Roosevelt è stato granitico, dal punto di vista ideologico, nel proporre qualcosa che è ancora un’eresia, uno scandalo». Ovvero: «Il socialismo liberale di cui parliamo noi non è quella parodia che ne ha fatto Renzi, e che tuttora ne fanno Calenda e altri, che declinano una forma di neoliberismo “de sinistra”». Magaldi allude al socialismo liberale in versione rooseveltiana, post-keynesiana, rosselliana. «Ci richiamiamo alla migliore tradizione del socialismo democratico, quella di Olof Palme. E’ il socialismo liberale che, in qualche modo, anche l’esecrato e demonizzato Bettino Craxi aveva comunque cercato di introdurre, tra luci e ombre, nella coscienza politica degli italiani». Già, Craxi: «Ebbe indubbie benemerenze, che però vennero stroncate: in Italia, quei socialisti che non erano subalterni ai comunisti erano definiti “social-traditori”. E Craxi era odiato da quella sedicente sinistra che da Pci si trasformò in Pds, poi in Ds, poi in Pd, e che certo non ha operato bene».Secondo Magaldi, «oggi è paradossale che il Pd appartenga al Partito Socialista Europeo, considerando che non c’è più nulla, di socialista, nella politica del Pd». Peraltro, «non c’è più nulla di socialista neppure nel Pse: dovrebbero vergognarsi, i sedicenti socialisti europei, ricordando l’esempio di personaggi come Olof Palme». Non solo: «Dovrebbero vergognarsi i socialdemocratici tedeschi, come anche i socialisti francesi, guardando a cosa si sono ridotti, e a quanto sono subalterni a narrative neoliberiste che in altri tempi sarebbero state definite “di destra conservatrice”. Il loro è un mondo fasullo, capovolto». Il Movimento Roosevelt, al contrario, rivendica un’assoluta e granitica coerenza: «Parliamo di socialismo liberale e democrazia sostanziale, e denunciamo i riti fasulli, vuoti e retorici di una democrazia priva di anima. Abbiamo idee all’avanguardia sull’istruzione, sull’ambiente, sull’energia, sulla difesa, sull’economia, sulla stessa riforma costituzionale dello Stato. Tutti seguono le nostre mosse con attenzione, e si chiedono cosa ne sarà di queste nostre idee forti, che qualcuno vorrebbe attuare. Domani, io credo che questa nostra influenza uscirà alla luce del sole e diventerà pienamente percepibile». Tanto ottimismo è motivato: «Per fortuna, c’è chi – accanto a noi, a livello globale – agisce dietro le quinte e prepara le condizioni più propizie perché le nostre idee possano affermarsi, presso la coscienza del popolo sovrano».Questo, ribadisce Magaldi, deve fare la differenza: «Il Movimento Roosevelt non vuole candidarsi a raccogliere voti alle elezioni, ma vuole influenzare politica e cittadini in modo solare, come una lobby apertamente dichiarata: una lobby della democrazia e del socialismo liberale». La missione: «Contaminare, come un virus benigno, le coscienze e le istituzioni. E vogliamo farlo in Italia, in Europa e nel mondo: per far sì che diventi un imperativo categorico, quello che è scritto nel nostro statuto, cioè la promozione e l’estensione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani». Il mondo di oggi è pieno di piaghe: «Democrazia assente, diritti calpestati, disuguaglianze mostruose. Oligarchie e teocrazie che dominano, imperterrite, con la loro arroganza». Ci dimentichiamo, ricorda Magaldi, che nel 1948 tutte le nazioni si erano impegnate a promuovere i diritti umani. «Il Movimento Roosevelt è qui per ricordarlo a tutti. E io credo che la sua influenza si misurerà negli anni e resterà nella storia: il giorno in cui certe cose verranno affermate, non si potrà non ricordare che questo è stato, perché a un certo punto il Movimento Roosevelt ha suonato la campana, e ha detto “la ricreazione è finita”».Pensieri visionari? Forse, dando per scontato che ogni avanguardia tende a esplorare orizzonti lunghi. Il monitor italiano, peraltro, s’è incantato su un fermo-immagine: il paese è a terra, e il governo non sa dove trovare i soldi per rianimarlo. «Quei soldi non c’erano nemmeno prima», dice Magaldi, che già un anno fa parlava di «almeno duemila miliardi» per rimettere in sesto infrastrutture, servizi e occupazione. Come trovare quel fiume di soldi, ora che la crisi post-Covid morde gli italiani? Nel solo modo possibile: creandoli dal nulla, come sempre si è fatto di fronte alle grandi crisi. L’Ue non lo consente? Male: perché l’alternativa non esiste. Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, predica da anni il ricorso – temporaneo – all’emissione di moneta parallela, di Stato, spendibile solo in Italia: un toccasana, per resuscitare stipendi e consumi. Chi pensa in grande – da Draghi in giù – sa che un’Unione Europea così conciata non ha futuro: è indispensabile cambiare le regole, gettando a mare la religione del rigore finanziario. Rosselli credeva nel socialismo come ricetta socio-economica bilanciata dalla giustizia sociale. Un altro campione democratico come Olof Palme, autore del rinomato welfare svedese, impegnò lo Stato per salvare aziende traballanti e posti di lavoro.Lo stesso Roosevelt, che ereditò un’America messa in ginocchio dalla Grande Depressione, adottando le ricette di Keynes trasformò gli Stati Uniti nella prima superpotenza mondiale. E noi che facciamo, stiamo ancora a pietire le concessioni usuraie dei signori di Bruxelles, mentre milioni di italiani tra poco non sapranno come arrivare a fine mese? «Per inciso: Rosselli, Palme, Keynes e Roosevelt erano tutti massoni progressisti», precisa Magaldi, come per rimarcare che – se qualcuno oggi li evoca – intende avvertire il pubblico che s’è messo in moto qualcosa di importante, che affonda le sue radici in cent’anni di battaglie per i diritti sociali. «L’essenziale, in un momento come questo, è non cadere nella tentazione del complottismo stupido che demonizza qualsiasi potere, a prescindere: il cospirazionismo apocalittico è l’alleato perfetto della peggior oligarchia, quella che noi democratici vogliamo abbattere». Ecco perché non è il caso di sottilizzare, su Conte e soci: «Se saranno loro, ad accettare il nuovo corso, benissimo. Ridurre la politica a tifo da stadio è una pessima idea: serve solo ad allungare la vita al sistema che ci ha messo di fronte avversari solo apparenti, come Prodi e Berlusconi, di fatto esecutori dei medesimi diktat». Magaldi ne è certo: sarà la durezza della crisi a imporre le scelte giuste. E allora cadranno, di colpo, tutte le storielle che ci hanno finora propinato: dalla criminalizzazione del deficit all’odio tribale che spinge le tifoserie a dilaniarsi l’un l’altra, come i capponi di Renzo destinati a finire in padella.«Siamo piccoli, ma attentamente monitorati: ai piani alti, c’è chi si domanda in che modo contiamo di riuscire nell’impresa, e non manca chi vorrebbe attuare le nostre proposte. Che poi sono le uniche in grado di ribaltare la situazione: perché le nostre idee sono uno scandalo, un’eresia. Un virus benefico, destinato a contaminare finalmente il sistema». Gioele Magaldi sintetizza il concetto in due parole: socialismo liberale. Keynes e Roosevelt, Carlo Rosselli, Olof Palme. I semi migliori del Novecento: l’antidoto contro l’ingiustizia. Dove sono finiti? Dispersi: soffocati dalla sovragestione del neoliberismo globalizzato. Ma oggi, per un movimento d’opinione come quello fondato nel 2015 da Magaldi, rappresentano l’unico salvagente per evitare il naufragio della democrazia, schiacciata dalle possenti oligarchie planetarie che ora speculano anche sul disastro del coronavirus. Il loro piano: mantenere il potere a tutti i costi, anche instaurando una sorta di polizia sanitaria mondiale, pronta a usare il ricatto della paura e il fantasma della depressione economica. Risultato: l’Europa ridotta a nullità politica, capace però di tenere in ostaggio un paese come l’Italia, il cui governo – lasciato senza soldi – non ha la minima idea di come evitare il massacro sociale a orologeria che già si annuncia per l’autunno. «Famiglie e aziende avranno l’acqua alla gola, per effetto del terribile lockdown imposto senza nessun vero paracadute economico».
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“Contro il Covid vaccinatevi voi, che a me viene da ridere”
Come era facile immaginare, qualcuno, dopo aver terrorizzato tre miliardi di persone sulla presunta pandemia del Covid-19, ora vuole imporre il vaccino a tutti. È un affare da qualche trilione di dollari che certamente i globocrati cercheranno di non farsi scappare. Il piano, finora, sembra essere riuscito: generare un virus non letale ma pericoloso per la società in quanto contagiosissimo e in grado di paralizzare uno Stato se non addirittura uno o più continenti; spaventare a morte la gente per il pericolo di contagio; lanciare l’allarme per il crollo dell’economia nazionale invitando tutti a tirare la cinghia per il bene comune; chiedere a tutti, per lo stato di necessità, di farsi spiare dai servizi segreti con la App “Immuni”; obbligare la popolazione a farsi vaccinare; rendere tutti docili e sottomessi come neppure fu nel Medioevo. I fatti si sono susseguiti secondo copione sotto i nostri occhi. Così siamo diventati facili prede della psicosi alimentata ad arte dai mass media, a loro volta finanziati da “filantropi” esperti in terrorismo globale, perché la paura è l’arma più potente per annichilire le masse.L’Italia è la più colpita (dopo la Cina e la Corea del Sud) in quanto priva di indipendenza a qualsiasi livello nonché la più debole in senso politico dell’intero Occidente, a causa di governanti – spesso analfabeti – palesemente eterodiretti e telecomandati dall’estero. Ma quando tutto sembrava riuscito alla perfezione, molti medici e virologi hanno detto che si trattava della più grande bufala della storia dell’umanità, che si trattava di un virus influenzale ancora sconosciuto ma per il quale, finalmente, le cure ci sono e il vaccino non serve. Alcuni di loro sono Zangrillo, Tarro, Montanari, De Donno, insieme a Paolo Ascierto che col Tocilizumab – un farmaco utilizzato per curare l’artrite reumatoide – ha sconfitto il Covid-19 rendendo Napoli l’unica metropoli italiana sanificata (da quando c’è l’epidemia, in tutta la Campania ci sono stati circa 5.000 casi e un migliaio di morti; a Napoli ci sono stati tanti morti quanti ve ne sono stati a Tortona).Il dubbio resta, poiché in tutta questa storia qualcosa non torna. Anche perché si parla di vaccino pur sapendo che il coronavirus è mutevole, e un vaccino finirebbe per non avere altro effetto se non quello di renderne dipendente chi lo fa, con grande piacere di chi, coi richiami, glielo venderà a vita. Che il vaccino possa essere inutile, tra i tanti, lo dice anche Mike Ryan, responsabile delle emergenze dell’Oms, il quale in questi giorni ha dichiarato ufficialmente: «Speriamo di trovare un vaccino efficace, ma non è garantito che questo accada». Eppure la quasi totalità della stampa nazionale continua imperterrita a terrorizzare gli italiani sul pericolo Covid-19, sulla inevitabile ricaduta d’autunno, sulla necessità improrogabile di vaccinarsi. C’è addirittura un piano europeo per finanziare il vaccino anti-Covid in forza d’un accordo tra i ministri della salute europei, mentre l’alleanza a quattro, Italia, Germania, Francia e Olanda, ha già in tasca il contratto con la multinazionale britannica AstraZeneca, che entro l’anno permetterà di vaccinare tutti gli over 65, più sanitari e forze dell’ordine.Ebbene, che il vaccino l’avrebbe venduto AstraZeneca, noi di “Alessandria Oggi” l’abbiamo pubblicato esattamente tre mesi fa. Profeti? Chissà. Gli è che qualcosa puzza, perché tutto potrebbe far parte di un piano molto ben congegnato che sta funzionando alla perfezione. E avrebbe potuto chiudersi con successo se non ci fosse stato chi gridava: “Il Re è nudo!”, mentre ci sarà certamente chi, come chi scrive, rifiuterà di farsi vaccinare. Il vaccino sarà reso obbligatorio? E io me ne frego. Vaccinatevi pure voi, che a me vien da ridere.(Andrea Guenna, “Vaccinatevi voi, che a me vien da ridere”, da “Alessandria Oggi” del 13 giugno 2020).Come era facile immaginare, qualcuno, dopo aver terrorizzato tre miliardi di persone sulla presunta pandemia del Covid-19, ora vuole imporre il vaccino a tutti. È un affare da qualche trilione di dollari che certamente i globocrati cercheranno di non farsi scappare. Il piano, finora, sembra essere riuscito: generare un virus non letale ma pericoloso per la società in quanto contagiosissimo e in grado di paralizzare uno Stato se non addirittura uno o più continenti; spaventare a morte la gente per il pericolo di contagio; lanciare l’allarme per il crollo dell’economia nazionale invitando tutti a tirare la cinghia per il bene comune; chiedere a tutti, per lo stato di necessità, di farsi spiare dai servizi segreti con la App “Immuni”; obbligare la popolazione a farsi vaccinare; rendere tutti docili e sottomessi come neppure fu nel Medioevo. I fatti si sono susseguiti secondo copione sotto i nostri occhi. Così siamo diventati facili prede della psicosi alimentata ad arte dai mass media, a loro volta finanziati da “filantropi” esperti in terrorismo globale, perché la paura è l’arma più potente per annichilire le masse.
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Della Luna: dal Messia a Q-Anon, le profezie consolatorie
Il 29 maggio 2020 è passato senza che avverassero le profezie di Q-Anon per questa data, che doveva vedere il completamento della liberazione del mondo annunciata da Q-Anon, anche per bocca di un misterioso “colonnello Gregory Lane” della Usaf, di stanza ad Aviano, il quale – si dice – via Twitter aveva preannunciato per il 27 maggio la notizia del secolo, che puntualmente non c’è stata. E aveva dichiarato, il 26 maggio, che fosse stato disattivato il server dell’applicazione di tracciamento Immuni – cosa mai avvenuta. Q-Anon prediceva che Trump, assieme a una falange di militari e altri soggetti, con l’aiuto di Putin, servendosi principalmente dei marines e della Us Navy, avrebbe sgominato, appunto entro ieri, la cupola mondiale di satanisti-pedofili-schiavisti-omicidi-usurai, succhiatori di adenocromo prelevato dai bambini rapiti e rinchiusi sottoterra – mostri legati all’area liberal dei Democrats. Molte persone in tutto il mondo – anche diversi miei amici – hanno creduto in questa ‘profezia’: seguivano le riferite imprese dei marines nei tunnel sotterranei dei mostri (che però nessuno vedeva), e continuavano a credere in essa anche dopo il mancato avverarsi di altre sue precedenti predizioni, come i tre giorni di oscuramento elettrico o del web in periodo pasquale (un triduo durante cui Trump e i marines dovevano arrestare tutti i malfattori, iniziando da Bill Gates).La psiche umana si è sempre fabbricata, nel corso della storia, simili miti consolatori, che le hanno consentito di sopportare le condizioni presenti e di andare avanti verso il futuro anche quando il volto di questo appariva, come appare oggi, buio e minaccioso; e anche quando, come pure accade oggi, l’uomo si sente impotente dinnanzi a tremendi mali che incombono e che colpiscono la capacità di vivere e di sperare. Gli ebrei, per esempio, vivevano (e molti di loro ancora vivono) nell’aspettazione del Messia, un re della stirpe di Davide, che li dovrebbe liberare dall’oppressione straniera, riportandoli alla potenza tra le genti. Gesù, cioè Joshua, fu creduto il Messia per un certo tempo; poi, siccome non si comportava come un condottiero, deluse gli ebrei e successe ciò che sappiamo. I suoi discepoli credevano che suo Padre sarebbe intervenuto all’ultimo momento per salvarlo dalla morte. Gesù annunciava che «non passerà questa generazione che avverranno queste cose», cioè il suo ritorno in gloria e il giudizio universale di Dio in terra (che era l’aspettativa tradizionale degli ebrei).Quando i cristiani videro che gli ultimi di quella generazione stavano morendo e la profezia non si avverava, si inventarono che il giudizio sarebbe stato non in terra ma in cielo: ognuno, alla morte, nell’Aldilà, sarebbe stato sottoposto a un giudizio particolare; e poi, alla fine dei tempi, ci sarebbe stata una resurrezione di tutti i morti per il giudizio universale. E’ così che si forma gran parte della cervellotica teologia cristiana. I Testimoni di Geova profetizzavano che il giudizio e l’Apocalisse sarebbero avvenuti nel 1914; quando il 1914 fu trascorso senza che avvenissero, si inventarono che nel 1914 fosse avvenuta l’intronazione di Cristo sulla Terra, e che il giudizio-apocalisse sarebbe avvenuto “presto”, ma in un tempo indefinito. Sono passati, da allora, 106 anni. Presumo che il terzo segreto di Fatima sia tenuto nascosto dalla Chiesa perché probabilmente contiene una profezia con una data, e la Chiesa giustamente teme che, se la divulga e poi il fatto predetto non si avvera, un grande ridicolo e discredito ricada su di essa e sulla fede. Vari culti ufologici hanno formulato profezie sull’avvento degli alieni per salvare o punire gli uomini a seconda dei loro meriti, fissando date precise, che ovviamente non hanno visto materializzarsi la profezia.Anche il marxismo esprimeva una profezia consolatoria: il capitalismo crollerà per le sue contraddizioni interne e lascerà il campo al socialismo. Al contrario, il capitalismo si adatta, scarica le proprie contraddizioni sulla società e, anziché avverarsi il motto “proletari di tutto il mondo, unitevi!”, si sono uniti i capitalisti di tutto il mondo e hanno diviso i proletari gli uni contro gli altri. In Germania si formò la leggenda di Federico Barbarossa, che, sebbene morto annegato, in realtà aspetterebbe, nella torre di un castello, un segnale per ritornare e guidare i germani alla riscossa. In Messico, dopo la sua uccisione, si formò il mito di Pancho Villa, che non sarebbe morto ma si preparerebbe a ritornare, in sella al suo destriero, per guidare il suo popolo alla lotta per la libertà e la giustizia sociale. Insomma, la profezia consolatoria è una struttura immanente della psiche umana, che sempre si riattiva dopo ogni smentita; e gli uomini non imparano dalla storia delle sue smentite, oppure non vogliono imparare o non possono sopportare di capire questa realtà e di non credere più.(Marco Della Luna, “Dal Messia a Q-Anon, le profezie consolatorie”, dal blog di Della Luna del 30 maggio 2020).Il 29 maggio 2020 è passato senza che avverassero le profezie di Q-Anon per questa data, che doveva vedere il completamento della liberazione del mondo annunciata da Q-Anon, anche per bocca di un misterioso “colonnello Gregory Lane” della Usaf, di stanza ad Aviano, il quale – si dice – via Twitter aveva preannunciato per il 27 maggio la notizia del secolo, che puntualmente non c’è stata. E aveva dichiarato, il 26 maggio, che fosse stato disattivato il server dell’applicazione di tracciamento Immuni – cosa mai avvenuta. Q-Anon prediceva che Trump, assieme a una falange di militari e altri soggetti, con l’aiuto di Putin, servendosi principalmente dei marines e della Us Navy, avrebbe sgominato, appunto entro ieri, la cupola mondiale di satanisti-pedofili-schiavisti-omicidi-usurai, succhiatori di adenocromo prelevato dai bambini rapiti e rinchiusi sottoterra – mostri legati all’area liberal dei Democrats. Molte persone in tutto il mondo – anche diversi miei amici – hanno creduto in questa ‘profezia’: seguivano le riferite imprese dei marines nei tunnel sotterranei dei mostri (che però nessuno vedeva), e continuavano a credere in essa anche dopo il mancato avverarsi di altre sue precedenti predizioni, come i tre giorni di oscuramento elettrico o del web in periodo pasquale (un triduo durante cui Trump e i marines dovevano arrestare tutti i malfattori, iniziando da Bill Gates).
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Magaldi: soldi a tutti, ma subito. Draghi saprebbe cosa fare
Giuseppe Conte ha chiuso gli italiani in casa, per giunta lasciandoli senza soldi e gettando tutti nell’angoscia, a partire dalle fasce sociali più fragili. Se ora non riesce a ottenere neppure gli eurobond, faccia un favore al paese: tolga finalmente il disturbo, visto che non ha la stoffa per gestire l’Italia. Si avvicina l’ora di Mario Draghi? Imbucato tra i 5 Stelle nel 2018, Comte era stato pescato come premier-ombra del governo gialloverde, “re travicello” quasi senza poteri, schiacciato tra Di Maio e Salvini. Poi, quasi di colpo, l’ex “avvocato del popolo” (vicinissimo al Vaticano, più che al popolo) si è trovato in mezzo alla tempesta del coronavirus, facendo solo disastri. Beninteso: nessuno se l’è cavata benissimo, nel mondo, alle prese con il tuttora misterioso Covid-19. Ma una cosa è certa: l’Italia – paradossalmente indicata come modello, dall’ambigua Oms – ha sbagliato tutto lo sbagliabile. Alla vigilia, spiccavano le “profezie” televisive dei vari Burioni: tranquilli, siamo in una botte di ferro. Poi, lo stranissimo focolaio lombardo nel Lodigiano, la cui esplosività resta tuttora inspiegata. Ma era ancora tempo di brindisi sui Navigli, con Sala e Zingaretti. Poco dopo, l’errore capitale: sprangare l’intera Lombardia, lasciando però il tempo – a decine di migliaia di potenziali “untori” – di lasciare Milano e contagiare l’intero Stivale, isole comprese. Salvo poi imporre il coprifuoco a tutto il paese, fuori tempo massimo, per giunta colpevolizzando i cittadini e vessandoli con la decretazione d’emergenza, che molti giuristi considerano incostituzionale.Poche settimane, e la catastrofe-Conte si è espressa in tutta la sua potenza: italiani costretti in casa, e senza ancora aver visto un soldo. Anche alle aziende, solo promesse o annunci demenziali: come l’offerta di indebitarsi in banca. E dopo cinque settimane di quarantena nazionale, con la previsione di non riaprire nulla se non a partire dal 4 maggio, oggi nessuno sa ancora cosa succederà: né sul versante della calamità sanitaria, né su quello della devastante crisi economica che potrebbe schiantare il paese e innescare pericolose rivolte sociali. Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt (che sta attrezzando sportelli legali per assistere cittadini colpiti da sanzioni impugnabili) è sempre stato contrario all’imposizione delle restrizioni: «C’era tutto il tempo per fare almeno due cose: potenziare le terapie intensive e raccomandare agli anziani di restare al riparo, e non si è fatta né l’una né l’altra». Terza mossa: investire sul fronte scientifico. «Occorreva finanziare con la massima urgenza il lavoro dei nostri laboratori di ricerca, per trovare cure efficaci: e non lo si è fatto». Meglio il vicolo cieco della clausura, di fronte alla disperazione dei medici assediati dai pazienti, e senza i necessari posti letto in rianimazione. Domanda: cosa succederà, con la riapertura? «Se i contagi riprendessero a crescere e il virus dovesse malauguratamente riesplodere – si chiede Magaldi – il governo che farà? Tornerà a rinchiuderci tutti in casa?».Il dramma, secondo il presidente del Movimento Roosevelt, è proprio la mancanza assoluta di visione prospettica: «Serve una capacità almeno decennale di previsione: nel mondo globalizzato dobbiamo rassegnarci a convivere, con i virus, ma non è pensabile che ogni volta scatti la follia della quarantena, o che le restrizioni alle libertà diventino permanenti, con una sorveglianza sociale orwelliana in stile cinese». Serve una strategia complessiva: «Investimenti sulla sanità, dopo i tagli sciagurati imposti dall’austerity neoliberista, dando a ciascuno la certezza di essere curato nel migliore dei modi. E chiedendo alla medicina di tornare a fare anche molta prevenzione: occorre coltivare la salute, non solo limitarsi a fronteggiare le patologie in atto». Per tutto questo, naturalmente, servono soldi: tantissimi. Dove trovarli? «Lo ha spiegato Draghi nella sua recente lettera al “Financial Times”: bisogna rispolverare Keynes e Roosevelt, e quindi emettere miliardi a costo zero, che non si trasformino in debito». Anche per questo, secondo Magaldi, i mitici eurobond evocati da Conte sarebbero solo una parte della soluzione. «Tanto per cominciare andavano varati nel 2010, per annullare lo spread. Ora certo andrebbero creati, meglio tardi che mai. Ma siamo sicuri che Conte riuscirà a imporli, a paesi come la Germania, notoriamente eterodiretti dall’oligarchia finanziaria neoliberista?».Ecco il punto: il capo del governo ne ha fatto una questione di principio, la sua linea del Piave, rispondendo a muso duro a Salvini e alla Meloni, che lo avevano accusato di aver già “svenduto” l’Italia, sottobanco, agli eurocrati del Mes. «Questo non è vero», chiarisce Magaldi: «Conte non ha ancora firmato alcun impegno vincolante o rischioso, per l’Italia». Per contro, non è ancora riuscito a portare a casa gli eurobond. «Se non ce la facesse, al prossimo vertice europeo – tra pochi giorni – dovrebbe concludere di non essere all’altezza, e quindi farsi finalmente da parte». E’ finito in un gioco più grande di lui? «Conte non sembra avere la statura necessaria: del resto, fin dall’inizio sembrava ambire a diventare un semplice “maggiordomo” delle tecnocrazie europee, come lo è il suo ministro Roberto Gualtieri – che lavora da sempre per il suoi “padroni”, non certo per il popolo italiano, e quindi andrebbe senz’altro licenziato». Un fuoriclasse come Mario Draghi, ovviamente, avrebbe ben altre capacità da mettere in campo. La prima: «Trovare il modo di assistere economicamente gli italiani in modo immediato, come ha chiarito nel suo intervento sul “Financial Temp”: non c’è più tempo, l’Italia sta per crollare e gli italiani sono sul punto di esplodere. Vanno aiutati subito, adesso. E Draghi, a differenza di Conte, saprebbe come farlo».Stiamo parlando del “nuovo” Draghi, il super-tecnocrate “pentito” della sua vita precedente, in cui è stato tra i massimi architetti del rigore finanziario europeo. Una svolta, la sua, che risale a quasi un anno fa: clamorose le riflessioni sulla possibilità di ricorrere anche al famoso “helicopter money”, moneta emessa alla bisogna (in modo virtualmente illimitato, e a costo zero), come consigliato dalla Modern Money Theory. In altre parole: capovolgere il dogma neoliberista della (falsa) “scarsità di moneta”, e tornare a impiegare lo Stato sovrano come leva strategica dell’economia privata. Era proprio necessario un cataclisma come il coronavirus, per far capire a tutti che un’Italia sull’orlo dell’abisso non può continuare a dipendere da prestiti concessi a carissimo prezzo? L’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt e allievo dello stesso maestro di Draghi, Federico Caffè, ha una sua soluzione: moneta nazionale, “non a debito”, da stampare subito per rimettere in piedi l’Italia. «Lo stesso Draghi, poi – aggiunge Magaldi – parla addirittura della necessità di azzerare i debiti pregressi, pubblici e privati, come si fa in caso di guerra». Il povero Conte, nel suo piccolo, si limita a chiedere gli eurobond. Se però non li ottenesse, a fine aprile, il suo destino potrebbe essere segnato: addio Palazzo Chigi. Chiosa Magaldi: «Resistiamo, perché presto verranno tempi migliori: ma dovremo conquistarceli».Giuseppe Conte ha chiuso gli italiani in casa, per giunta lasciandoli senza soldi e gettando tutti nell’angoscia, a partire dalle fasce sociali più fragili. Se ora non riesce a ottenere neppure gli eurobond, faccia un favore al paese: tolga finalmente il disturbo, visto che non ha la stoffa per gestire l’Italia. Si avvicina l’ora di Mario Draghi? Imbucato tra i 5 Stelle nel 2018, Conte era stato pescato come premier-ombra del governo gialloverde, “re travicello” quasi senza poteri, schiacciato tra Di Maio e Salvini. Poi, quasi di colpo, l’ex “avvocato del popolo” (vicinissimo al Vaticano, più che al popolo) si è trovato in mezzo alla tempesta del coronavirus, facendo solo disastri. Beninteso: nessuno se l’è cavata benissimo, nel mondo, alle prese con il tuttora misterioso Covid-19. Ma una cosa è certa: l’Italia – paradossalmente indicata come modello, dall’ambigua Oms – ha sbagliato tutto lo sbagliabile. Alla vigilia, spiccavano le “profezie” televisive dei vari Burioni: tranquilli, siamo in una botte di ferro. Poi, lo stranissimo focolaio lombardo nel Lodigiano, la cui esplosività resta tuttora inspiegata. Ma era ancora tempo di brindisi sui Navigli, con Sala e Zingaretti. Poco dopo, l’errore capitale: sprangare l’intera Lombardia, lasciando però il tempo – a decine di migliaia di potenziali “untori” – di lasciare Milano e contagiare tutto lo Stivale, isole comprese. Salvo poi imporre il coprifuoco al paese, fuori tempo massimo, per giunta colpevolizzando i cittadini e vessandoli con la decretazione d’emergenza, che molti giuristi considerano incostituzionale.
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Virus e paura: ecco la mutazione che sconvolgerà l’umanità
No, non sarà solo una grave crisi economica e sociale, non genererà solo miseria e volontà di ricostruzione, non cambierà solo gli assetti politici e il rapporto tra potere e cittadini; non inciderà solo sulle relazioni, i viaggi, la globalizzazione, il rapporto tra le generazioni. Dall’emergenza mondiale alle prese col mistero dei virus avverrà la Mutazione, qualcosa di profondo, globale, radicale. La Mutazione antropologica che sconvolgerà l’umanità, non solo nei comportamenti e nei consumi, ma anche nell’anima e nella visione della vita e della morte. L’espressione che più rende l’idea del tempo che verrà è Medioevo prossimo venturo, tratta dal libro famoso di un ingegnere-futurologo, Roberto Vacca, che nei primi anni Settanta prefigurò una grande crisi dello sviluppo e un ritorno a una specie di Medioevo. Un’utopia rovesciata, cioè una distopia, o piuttosto una previsione, se non una profezia. La Mutazione allinea una serie di elementi psicologici insorti in questi giorni: in primis la paura, il terrore del contagio e del mondo esterno; quindi il mistero, la percezione di trovarsi di fronte a un evento imponderabile, di cui ci sfugge l’essenziale, anche se sappiamo tutto intorno; poi l’isolamento radicale di massa come mai l’avevamo conosciuto, tutti soli, barricati in casa, a fronteggiare il male senza possibilità di contatti; quindi la prossimità del limite, inteso come misura, confine invalicabile, ma anche come vicinanza della morte, che avevamo rimosso; infine la noia della cattività, il vuoto dei giorni e della vita, l’assenza di impegni, se non l’appello biologico ad autoconservarsi, per sé e per gli altri.Incrociando questi fattori interiori con la situazione esterna, il collasso sociale, l’incertezza totale, il crollo del ciclo produzione-consumo, sorge la Mutazione, non solo di abitudini e aspettative, ma anche psichica, senza precedenti. Anzi usiamo la parola rimossa: spirituale. Non è forse un caso il nesso originario tra spirito e respiro, che hanno la medesima radice in spiritus e pneuma. Una società priva di spiritualità soffoca, non respira, come per il virus. Non sappiamo se a questa crisi spirituale risponderà, almeno in occidente, un risveglio del cristianesimo. Nei primi giorni dell’emergenza la fede e la Chiesa per la prima volta da secoli risultavano sparite davanti alla tragedia. Irrilevanti, defilate. Le chiese chiuse, il silenzio del papa barricato e solo, la stessa preghiera solitaria del vescovo di Milano alla Madonnina in cima al Duomo, confermavano l’idea che questa crisi nasceva senza i conforti religiosi. La religione regrediva, per ragioni di salute, a programma tv o social. Come in una forzata svolta protestante, nasceva la religione per individui soli, fuori dalla Chiesa, una religione bricolage domestico, faidate. Interiors. Poi non sono mancati esempi luminosi. Uno tra tutti: don Giuseppe Berardelli nella bergamasca, che capovolgendo il motto egoista mors tua vita mea ha ceduto il suo respiratore a un paziente più giovane, andando incontro alla morte. Con tanti eroi medici e infermieri, vanno onorati anche i sacerdoti martiri.Ma il tema in campo non è quello della religione umanitaria e pro-migranti dell’era Bergoglio: è la religione che risponde al bisogno di spiritualità, alla fame di senso e di sacro, al saper addomesticare la morte, accettare i limiti e il mistero. La religione dei simboli, dei riti, della liturgia e soprattutto alla preghiera. La religione del rosario, dei santi e dei martiri; la religione che consola per la morte e proietta nella resurrezione, nella beatitudine immortale. Non sappiamo se sarà la religione cristiana ad accompagnare la Mutazione o altre vie spirituali. Così come non sappiamo se sarà l’antico mondo nazional-conservatore, o il nuovo populismo sovranista, a rappresentare il bisogno di ordine e di comunità organica, di stato autorevole e decisore, che emerge nel mondo. L’esperienza del contagio ci riconduce a una visione della società come organismo: se una parte del corpo s’infetta contagia il resto. Siamo dunque consorti, comunità di destino. Tornano i valori? Torna piuttosto il terreno che li precede, su cui possono sorgere. L’idea stessa di libertà, dopo questa esperienza muterà radicalmente: non liberare all’infinito i propri desideri, non libertà come liberazione da ogni vincolo; ma libertà per qualcosa, in vista di qualcosa. Con senso della misura, responsabilità, in rapporto con l’autorità e con l’ordine.Si, la libertà come diritto alla differenza, libertà di opinione e di voto, libertà di movimento; ma la libertà come Diritto Assoluto, diritto di avere diritti, non può funzionare. Il bisogno che sorge in questa situazione è esistenziale e spirituale. Veniamo da una società benestante ma depressa, che usa farmaci e terapie, ricorre a guru e psicanalisti per tenere a bada il mostro dell’angoscia. Ora che l’età dell’ansia esplode sono possibili due ipotesi opposte ma non inconciliabili: che si entri in una depressione di massa senza precedenti o che si guarisca di fronte ai pericoli reali dai pericoli mentali. Mi sembra che le due ipotesi si sovrappongano. Ad entrambe la risposta non può essere solo una “disperata vitalità”, per dirla con Pasolini: ma un rinnovato senso spirituale, sorto dopo questa ascesi di massa nelle proprie case, nelle città morte che dovranno rinascere quando scenderanno dai loro rifugi milioni di eremiti di cui già parlava Montale mezzo secolo fa. Per ora la nostra salvezza è lo smartphone e i suoi parenti stretti. Ma quando torneremo guardinghi all’aria aperta, ci vorrà altro, non basterà internet. Ci vorrà eternet.(Marcello Veneziani, “La Mutazione che sconvolgerà l’umanità”, riflessione pubblicata da “Panorama” e ora ripresa dal blog di Veneziani).No, non sarà solo una grave crisi economica e sociale, non genererà solo miseria e volontà di ricostruzione, non cambierà solo gli assetti politici e il rapporto tra potere e cittadini; non inciderà solo sulle relazioni, i viaggi, la globalizzazione, il rapporto tra le generazioni. Dall’emergenza mondiale alle prese col mistero dei virus avverrà la Mutazione, qualcosa di profondo, globale, radicale. La Mutazione antropologica che sconvolgerà l’umanità, non solo nei comportamenti e nei consumi, ma anche nell’anima e nella visione della vita e della morte. L’espressione che più rende l’idea del tempo che verrà è Medioevo prossimo venturo, tratta dal libro famoso di un ingegnere-futurologo, Roberto Vacca, che nei primi anni Settanta prefigurò una grande crisi dello sviluppo e un ritorno a una specie di Medioevo. Un’utopia rovesciata, cioè una distopia, o piuttosto una previsione, se non una profezia. La Mutazione allinea una serie di elementi psicologici insorti in questi giorni: in primis la paura, il terrore del contagio e del mondo esterno; quindi il mistero, la percezione di trovarsi di fronte a un evento imponderabile, di cui ci sfugge l’essenziale, anche se sappiamo tutto intorno; poi l’isolamento radicale di massa come mai l’avevamo conosciuto, tutti soli, barricati in casa, a fronteggiare il male senza possibilità di contatti; quindi la prossimità del limite, inteso come misura, confine invalicabile, ma anche come vicinanza della morte, che avevamo rimosso; infine la noia della cattività, il vuoto dei giorni e della vita, l’assenza di impegni, se non l’appello biologico ad autoconservarsi, per sé e per gli altri.
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Il massone Bob Dylan, Kennedy e i golpisti del coronavirus
Vide il corpo di Kennedy sobbalzare in avanti, e capì che Chuck Nicoletti lo aveva colpito alla schiena, sparando dal palazzo accanto a quello in cui era appostato il futuro capro espiatorio Lee Oswald. Il presidente era ferito, ma in modo non mortale. Un’intuizione millimetrica, lo spazio di un secondo: poi la limousine si sarebbe allontanata dalla fatale collinetta dell’agguato. Fu in quel preciso istante che il secondo killer sparò a sua volta, con il suo Fireball, facendogli saltare il cervello e ribaltando all’indietro il corpo di Jfk. «Sono stato, io a esplodere il colpo mortale», dice James Files – detenuto negli Usa per altri reati – nel documentario (mai distribuito nel circuito televisivo) che svela la vera storia dell’omicidio, realizzato in mondovisione il 22 novembre 1963 a Dallas. Versione confermata in punto di morte da Howard Hunt, allora numero due della Cia. Per l’assassinio del secolo, gli 007 reclutarono la mafia di Chicago. Se ne accorse Zack Shelton, agente dell’Fbi, subito messo a tacere. Altra fonte, un “pentito”: il criminale Chaucey Holt. Conferma Tosh Plumlee, pilota della Cia: fu lui a trasportare a Dallas i gangster incaricati di eliminare Jfk.Alla vigilia, in un drammatico summit nella città texana, il piano venne convalidato dal Deep State: con lo stesso Howard Hunt, nella villa del petroliere Clint Murchinson c’era Edgar Hoover (Fbi) insieme al vice di Kennedy, Lyndon Johnson, e ad altri due futuri presidenti degli Stati Uniti, Richard Nixon e George Bush. Potere criminale: ma perché riparlarne oggi, come fa Bob Dylan, suggerendo un collegamento tra quell’atroce mattanza e il coronavirus? «State attenti e mettetevi al riparo», ha scritto Dylan sul suo sito, il 27 marzo, presentando l’esplosiva “Murder Most Foul”, regalata al pubblico “worldwide”, in modo sorprendente e spettacolare. Una strepitosa ballad lunga 1016 secondi (quasi 17 minuti) che ripercorre “l’omicidio più ignominioso”, facendo di Kennedy il simbolo di un’America che si stava svegliando, anche sulle ali della musica, per uscire dall’incubo della guerra fredda e della segregazione razziale, del terrore nucleare, del Vietnam.Perché farlo proprio adesso? Perché diventa così loquace, un solitario come Dylan, sempre ultra-reticente con la stampa? Probabilmente, la domanda contiene già la risposta: era indispensabile lanciare un avvertimento, sia pure filtrato dall’eleganza del linguaggio artistico. Un messaggio però anche esplicito, con indizi messi lì apposta per lasciarsi decodificare: l’invito a “suonare il numero 3, il numero 9″, cioè la perfezione dell’armonia. Roba da esoteristi: come il massonico 33, evocato a proposito dei “fratelli” che avrebbero organizzato “l’inferno”, a Dallas. «Nessun mistero: Bob Dylan è, da sempre, un massone radicalmente ultra-progressista», afferma – clamorosamente – Gioele Magaldi, evidentemente autorizzato a dare ufficialmente la notizia. «Dylan milita nei medesimi circuiti massonici progressisti ai quali appartengo anch’io», aggiunge Magaldi, che nel 2014 – nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere – ha denunciato le trame anche golpiste e terroristiche della supermassoneria reazionaria.L’accusa: è stata la superloggia “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush, ad architettare l’11 Settembre e il crollo delle Torri Gemelle, per poi inventarsi anche l’Isis. Se qualche sprovveduto crede ancora alla storiella degli aerei che avrebbero abbattuto le Twin Towers (cadute per “demolizione controllata”, come ormai dimostrato da oltre tremila architetti e ingegneri americani), proprio l’omicidio Kennedy – giudiziariamente irrisolto, dopo oltre mezzo secolo – sta lì a ricordare a tutti che, a volte, “l’impossibile” diventa possibilissimo. Tant’è vero che qualcuno ci lascia la pelle: anche in modo inimmaginabile, persino se si tratta di un intoccabile come il presidente degli Stati Uniti. Magaldi mette in fila gli eventi: la stessa élite reazionaria, che nel 1975 usò la Trilaterale di Kissinger per dichiarare guerra alla democrazia sociale, oggi sovragestisce la crisi planetaria della pandemia secondo il modulo Wuhan, fondato sulla sospensione della libertà costituzionale.Attenti, avverte Magaldi: fu proprio il club di Kissinger a sdoganare la Cina, aprendola al mercato globale, per farne una specie di Frankenstein: formidabile efficienza economica, ma niente democrazia. Un modello perfetto da trapiantare in un futuro Occidente distopico, raggelante, oggi con il pretesto psico-sanitario del coronavirus, il coprifuoco imposto a tutti (provvisorio, ma con la prospettiva che le libertà di ieri non tornino mai più). Ed ecco, allora, Bob Dylan. «La sua uscita – sottolinea Magaldi – è perfettamente sincronizzata con l’altrettanto clamorosa lettera di Mario Draghi al “Financial Times”, in cui l’ex presidente della Bce (fino a ieri massone neoaristocratico, e oggi tornato ai lidi keynesiani delle origini) dichiara guerra alla “teologia” del rigore neoliberista, evocando addirittura il New Deal rooseveltiano: cioè la necessità di ricorrere a massicci aiuti di Stato per svincolare l’economia dal ricatto della finanza speculativa. Un regime che tuttora strangola l’Italia nella morsa dell’Ue, proprio adesso che il paese ha un bisogno drammatico di fondi che non si trasformino in debito».Draghi e Dylan, strano tandem: in modo diverso paiono dire la stessa cosa. Ovvero: siamo ormai giunti a un bivio esiziale, messi di fronte – con l’accelerazione planetaria della pandemia – a una scelta di campo ormai ineludibile: se la globalizzazione solo finanziaria porta dritti a Wuhan, l’alternativa sta nel riscrivere da zero le regole del mondo. E chi, meglio di John Kennedy, riuscì a esplicitare questo concetto? Era il sogno della New Frontier: un mondo unito, pacificato e libero. Di recente, s’è scoperto un carteggio segreto con Nikita Krushev: i due leader impegnavano Usa e Urss a mettere fine alla guerra fredda entro il 1970. Ma a costare la vita a Kennedy, probabilmente, fu altro: per esempio, la decisione di stampare direttamente banconote di Stato, svincolate dal sistema bancario. Ed ecco che Jfk, riletto oggi, sembra parlare direttamente a noi, alle prese con le maschere dell’euro-rigore “tedesco”. Ma chi era, veramente, Kennedy?«Tra le altre cose, il presidente assassinato a Dallas era un inziato eleusino», rivela lo storico fiorentino Nicola Bizzi, che nel sorprendente libro “Da Eleusi a Firenze” mette a fuoco l’ascendenza “eleusina” del Rinascimento italiano. Ovvero: la regia occulta, nel potere della signoria medicea, della tradizione misterica risalente al 1300 avanti Cristo, quando – secondo la narrazione – la dea Demetra avrebbe rivelato ai fedeli di Eleusi, alle porte di Atene, l’origine “atlantidea” della nostra specie, “creata” dagli dei Titani come Poseidone, signore dei mari. Kennedy eleusino? «Di più: era anche un templare, direttamente collegato a Dante Alighieri». Lo sostiene Luca Monti, autore del volume “Firenze, città santa dei templari”, pubblicato da Aurora Boreale, editrice di cui è titolare lo stesso Bizzi. Collegato alla rete odierna del templarismo, Monti spiega: l’autore della Divina Commedia ereditò la guida segreta dell’Ordine del Tempio dopo il rogo in cui fu arso vivo l’ultimo gran maestro ufficiale, Jacques de Molay. E il collegamento con il presidente assassinato a Dallas? «Il successore dell’Alighieri-templare fu Gherarduccio dei Gherardini, antenato di John Fitzgerald Kennedy», nientemeno.Stupefacente? Be’, sì. Ma questo aiuta a leggere un po’ meglio tra le righe, persino nei riferimenti simbolico-esoterici di cui è gremito l’amletico testo del massone Dylan, “Murder Most Foul”. Va preso sul serio, Luca Monti? Fate voi. Nel 2016, intervistato da Paolo Franceschetti, si sbilanciò con questa previsione: «Nel 2020 succederà qualcosa di inaudito, a livello mondiale». La fonte? Numeri, ancora: nella Commedia di Dante, ricorre il 515. Le profezie contenute nel poema sono intervallate dal medesimo numero di versi, “centodieci e quinque”. «Io penso che questo 515 arriverà verso il 2020», disse Monti, spiegando: «Questo numero rappresenta anche la riunificazione; noi siamo tutti in potenza parti di Dio, particelle divine, e il 515 rappresenta la riunione di noi stessi col divino». Suggestioni da brividi? Certo, si tratta di materiale con cui Bob Dylan ha sempre dimostrato un’estrema confidenza: nessuno come lui ha saputo maneggiare – e con uno slang “pop”, per giunta – la stessa Bibbia e i simboli pescati nei territori dell’alchimia, dell’astrologia, dei tarocchi, della mitologia. Se Kennedy era anche un neo-templare e un iniziato “eleusino”, oltre che un celebrato campione della democrazia, suona sempre meno strano l’omaggio che il grande cantautore gli tributa, in mezzo al panico da coronavirus, come se “Murder Most Foul” fosse anche una dichiarazione di guerra, oltre che un esercizio di pietà.Cade dall’alto, il guanto di sfida lanciato dall’ex ragazzo di Duluth, con alle spalle sessant’anni di carriera, oltre 50 dischi e anche l’Oscar cinematografico per la colonna sonora di “Things have changed”. Il prestigio culturale di Bob Dylan è già scritto nella storia: Premio Pulitzer, Nobel per la Letteratura, Legion d’Onore francese, Premio Principe delle Asturie. Risale al ‘97 il riconoscimento dei Kennedy Center Honors, e al 2012 la Medaglia Presidenziale della Libertà (massimo “award” civile, negli Stati Uniti). Neppure il Dylan politico è una sorpresa, dai tempi di “Blowin’ in the wind” e “Masters of war”. Suo il primo atto d’accusa, frontale, contro la globalizzazione: “Union Sundown”, nel 1983, anticipa profeticamente la tragedia delle delocalizzazioni, in un mondo che sarebbe stato devastato dallo strapotere delle multinazionali. Forte l’attitudine a scendere in campo direttamente, in modo anche spericolato: l’affarista William Zantzinger dichiarò di essere stato rovinato, da Dylan, per la canzone “The lonesome death of Hettie Carroll”, domestica nera uccisa a bastonate. Il pugile afroamericano Rubin Carter, vittima di un caso giudiziario condizionato dal razzismo, fu letteralmente scarcerato in seguito alla campagna per la sua liberazione lanciata da Dylan con il brano “Hurricane”.«Siamo un paese costruito sulla schiena degli schiavi», disse, in prossimità dell’uscita dell’album “Tempest”, pubblicato nel 2012, in cui riecheggia la guerra civile americana nell’interpretazione del poeta Herny Timrod. Sempre rarissime, le interviste, ma quasi tutte memorabili. «Come spiegare la mia longevità artistica? Be’, da giovane ho fatto un patto con il “comandante in capo”». Tradotto: consacro la mia arte alla maggiore delle cause. Obiettivo: far fermentare il talento, alchemicamente, al servizio dell’umanità. Un modo per “tendere al divino”, per citare il 515 dantesco? Più esplicitamente: «Pensate alla trasfigurazione di Cristo, nel Getzemani». Simboli, certo. Positivi e negativi: «Ha vinto Walt Disney», sentenziò anni fa: «Quindi abbiamo perso tutti». Prigioneri della Matrix, in un mondo di plastica? Ecco, forse il velo potrebbe squarciarsi, oggi, di fronte al dramma del coronavirus che sembra distruggere ogni certezza. A patto però – e qui è il “templare” kennedyano che riemerge, il “massone progressista” – che si abbia il coraggio di metterci la faccia. Per esempio regalando ai senzatetto milioni di dollari, ricavati dal disco natalizio “Christmas in the heart” pensato nel 2009 per sfamare gli homeless d’America (gesto di liberalità squisitamente massonico, se non addirittura rosacrociano).A proposito: tra i leggendari Rosa+Croce, elusiva confaternita iniziatica capitanata nel secondo ‘900 dal pittore Salvador Dalì, un simbologo italiano come Gianfranco Carpeoro include il grande Freddie Mercury. E il suo gruppo – i Queen – è l’unico citato da Dylan nella sequenza finale di “Murder Most Foul”, in cui si dispiega lo splendore della colonna sonora degli irripetibili anni Sessanta. Un indizio rivelatore: siamo di fronte a una stretta parentela, non solo artistica? In recenti conferenze, insieme allo stesso Magaldi, Carpeoro ha svelato la cifra massonica di artisti come David Bowie e, in particolare, l’identità anche rosacrociana del massone progressista Michael Jackson, cresciuto nella Prince Hall Freemasonry, l’obbedienza dei neri americani. A costargli la vita, a quanto pare, sarebbe stata la canzone “They don’t care about us”, contro gli abusi del grande potere globalista. Un verso recita: «Tutto questo non succederebbe, se Roosevelt fosse ancora qui». Alla moglie di Franklin Delano, Eleanor, madrina della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il giovanissimo Bob Dylan dedicò “Dear Mrs. Roosevelt”, scritta dal suo antico maestro Woody Guthrie.Sempre Dylan fu tra le star che risposero all’appello di Michael Jackson, autore con Lionel Richie del brano corale “We are the World”, destinato a raccogliere fondi (campagna “Usa for Africa”) per assistere la popolazione dell’Etiopia colpita dalla spaventosa carestia del 1985. Oggi, a quanto sembra, siamo all’ennesimo appuntamento con la storia: si tratta di disseppellire John Kennedy, per aiutare il mondo a ritrovare il suo stesso coraggio. Cambiare tutto, senza paura: né del coronavirus, né nei suoi ipotetici “sovragestori”, che probabilmente sognano un pianeta di neo-sudditi, schiavizzati dal terrore dei virus (oggi il “corona”, domani chissà), e sottoposti alla dittatura orwelliana di una polizia sanitaria capace di imporre vaccini e microchip, azzerando la privacy e la libertà. Messaggio: il momento è cruciale. La sfida è lanciata: “Murder Most Foul” è nell’aria, ne sta parlando il mondo intero. «State al riparo, e state attenti», si congeda il quasi ottantenne Dylan. «E che Dio sia con voi».(Giorgio Cattaneo, 5 aprile 2020).Vide il corpo di Kennedy sobbalzare in avanti, e capì che Chuck Nicoletti lo aveva colpito alla schiena, sparando dal palazzo accanto a quello in cui era appostato il futuro capro espiatorio Lee Oswald. Il presidente era ferito, ma in modo non mortale. Un’intuizione millimetrica, lo spazio di un secondo: poi la limousine si sarebbe allontanata dalla fatale collinetta dell’agguato. Fu in quel preciso istante che il secondo killer sparò a sua volta, con il suo Fireball, facendogli saltare il cervello e ribaltando all’indietro il corpo di Jfk. «Sono stato, io a esplodere il colpo mortale», dice James Files – detenuto negli Usa per altri reati – nel documentario (mai distribuito nel circuito televisivo) che svela la vera storia dell’omicidio, realizzato in mondovisione il 22 novembre 1963 a Dallas. Versione confermata in punto di morte da Howard Hunt, allora numero due della Cia. Per l’assassinio del secolo, gli 007 reclutarono la mafia di Chicago. Se ne accorse Zack Shelton, agente dell’Fbi, subito messo a tacere. Altra fonte, un “pentito”: il criminale Chaucey Holt. Un pilota della Cia, Tosh Plumlee, conferma di aver trasportato a Dallas i gangster incaricati di eliminare Jfk.
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Magaldi: il partito “cinese” dichiara guerra alla nostra libertà
Anziani soli e disperati che piangono, al telefono coi carabinieri, implorando un piatto di cibo, mentre i servizi segreti avvisano Palazzo Chigi che ormai il Sud è a rischio sommossa: dilaga l’economia sommersa, e dunque non è possibile indennizzare i lavoratori-fantasma reclusi anch’essi ai domiciliari. Così a Palermo già si saccheggiano gli scaffali, e a presidiare i supermercati accorre la polizia. Tutto questo mentre il truce Macron si schiera clamorosamente con l’Italia contro “l’Europa egoista”. E lo stesso Mattarella – per la seconda volta in pochi giorni, dopo l’uscita di Draghi sul “Financial Times” («soldi a tutti, e subito, perché ora siamo in guerra») – interviene dal Quirinale con un appello a Bruxelles: fine del rigore, o stavolta l’Italia ci lascia la pelle. Cronache del finimondo, minuto per minuto, nel giorno in cui si registrano quasi mille morti in appena 24 ore, drammatico record mondiale dell’apocalisse chiamata coronavirus. Tragedia nella tragedia: il governo italiano paralizza il paese imponendo il coprifuoco, ma senza riuscire a evitare l’ecatombe. E senza rassicurare né soccorrere finanziariamente, con tempestività, i milioni di lavoratori che ha confinato in casa, pena sanzioni severissime per chi sgarra: si può portare a spasso il cane, ma non i bambini.E a proposito di medioevo: il sottosegretario Andrea Martella (Pd) apre la caccia a quelle che chiama “fake news”, mentre l’Agcom mette al bando il giornalista “eretico” Adriano Panzironi, che raccomanda le vitamine per rafforzare le difese immunitarie. Da parte sua, il Patto per la Scienza fondato dal virologo Roberto Burioni va persino oltre: l’associazione (privata, ma benedetta al suo esordio da Grillo, Renzi e Mentana) esige il bavaglio per il nanopatologo Stefano Montanari, che ridimensiona – in modo discutibile – la pericolosità clinica del Covid-19. Con un atto inaudito nella storia della nostra democrazia, Burioni chiede addirittura ai magistrati di oscurare “ByoBlu”, il video-blog più seguito d’Italia, “reo” di aver dato spazio a una voce scientifica alternativa. Siamo sull’orlo di un regime che esala dalle fogne della storia? Peggio: siamo di fronte a un piano preciso, spietato e mostruoso. Gioele Magaldi lo chiama: il partito del virus, che è cinese solo a metà. Pistola fumante: il clamoroso servizio della Rai, girato da “Leonardo” nel 2015 e riesumato in queste ore. La prova: il laboratorio che traffica coi coronavirus per fabbricarne una versione pericolosa per l’uomo, anche allo scopo di calibrarne in anticipo l’eventuale vaccino. Attenzione: il laboratorio è cinese, ma – a quanto pare – sotto il controllo dell’Oms.La coda del diavolo: qualcuno ha usato la nuova Cina post-comunista come “Frankenstein”, dopo averla appositamente creata? Un gigante economico bifronte: capitalista, ma senza libertà. Era il sogno degli oligarchi (non certo cinesi) che nel 1975 evocarono la fine della democrazia come “soluzione” per il mondo globalizzato. Autore del bestseller “Massoni”, Magaldi – atlantista di ferro – demolisce le suggestioni del complottismo antiamericano che demonizza invariabilmente lo Zio Sam. E svela un retroscena spiazzante: il ruolo di una quarantina di superlogge-ombra, impegnate a disputarsi i destini del pianeta. Da una parte gli eredi della supermassoneria “progressista”, rooseveltiana e keynesiana, fermata anche a colpi di pallottole: i Kennedy, Martin Luther King, e in Europa personaggi come lo svedese Olof Palme, campione del welfare. E così in Africa l’immenso Nelson Mandela, e in Medio Oriente un eroe della pace come Yitzhak Rabin. Dall’altra, le superlogge reazionarie capeggiate dalla storica “Three Eyes” di Kissinger, vero regista del golpe in Cile l’11 settembre 1973. Tanti anni dopo (ma sempre l’11 settembre) un’altra superloggia, la “Hathor Pentalpha” dei Bush, avrebbe scelto addirittura l’abominio del terrorismo stragista “fatto in casa” per ricattare il pianeta, spingendolo nella voragine infinita dei nuovi fronti di guerra.Negli Usa ne seguì il Patriot Act: la fine della privacy, con l’alibi della sicurezza. Ci risiamo? La risposta è sì. E la matrice del “partito del coronavirus”, dice Magaldi, è sempre quella messa a fuoco nelle pagine di “The crisis of democracy”, il fatale libello – firmato da Samuel Huntington, Michel Crozier e Joji Watanuki – con cui la Commissione Trilaterale (sempre lui, il Kissinger che sdoganò la Cina maoista) raccomandava la sua ricetta: ridurre la democrazia, perché «troppa libertà fa male». Cinque anni dopo, lo sciagurato patto “United Freemason for Globalization” inaugurò il terzo millennio con largo anticipo. Salvo poi imporre un’accelerazione spaventosa – nel segno del sangue e del terrore – con la demolizione delle Torri Gemelle, seguita dalle guerre in mezzo mondo e infine coronata dal terrorismo stragista dell’Isis, altro “Frankenstein” uscito dalla stessa fabbrica di mostri. «E ora, eccoci al Covid-19: sembra proprio l’ultimo nato, da quella filiera dell’orrore».Si può credere, a Magaldi, frontman italiano dei circuiti massonici progressisti sovranazionali? Fate voi. Nel suo libro-denuncia, in premessa, chiarisce: ho 6.000 pagine di dossier riservati, sotto chiave. «Pubblicarli tutti ci pareva proibitivo: così s’è ragionato con l’editore, Chiarelettere. Ma se qualcuno si sente diffamato, me lo dica: mostrerò la documentazione scritta che comprova ogni mia affermazione». Risultato: silenzio di tomba. Non un fiato, da parte di nessuno dei super-potenti messi alla berlina. «Lo stesso Napolitano, esponente della “Three Eyes” – assicura Magaldi, senza timore di dover rispondere di quanto dichiara – ha dovuto abbandonare il Quirinale proprio a causa del mio libro: ha preferito dimettersi, piuttosto che chiarire la sua posizione, imbarazzante, di grande regista del commissariamento italiano attraverso il “golpe bianco”, supermassonico, di Monti». Silenzio anche in Parlamento, nonostante una clamorosa interrogazione dei 5 Stelle. E mutismo assoluto – più che sospetto – da parte dei grandi media, per un saggio che ha scalato le classifiche e tuttora veleggia nelle primissime posizioni, tra i long-seller italiani di argomento storico. Non se ne può parlare: non si deve. L’argomento è tabù.Magaldi però non si ferma. Ha fondato il Movimento Roosevelt, meta-partito che prova a risvegliare dal letargo la politica italiana. E, come leader del “Grande Oriente Democratico”, già affiliato alla superloggia “Thomas Paine”, presidia il back-office “massonico-progressista” del Belpaese. Obiettivo: contrastare gli oligarchi, con ogni mezzo. Per esempio, parlando. E non solo: nel 2018 chiese le dimissioni di Mattarella, accusandolo di aver forzato la Costituzione nel negare il ministero dell’economia a Paolo Savona, temutissimo dai signori dell’austerity europea. Di seguito, l’illusione gialloverde: «Dovevano pretendere già allora quello che oggi l’Italia invoca, nel disastro nazionale in cui Conte ha trasformato l’emergenza sanitaria, prima coi suoi errori e poi col coprifuoco di marca cinese». Magaldi è severo anche con Salvini: «Oggi si è accodato al clima di panico. Ieri, però – precisa – è stato demonizzato ingiustamente, con accuse ridicole: xenofobia, fascismo». Temevano Salvini, le Sardine che fino a gennaio brulicavano nelle piazze? Ebbene, prendano nota: non è certo il “capitano” leghista, ad aver sigillato in casa gli italiani.Cos’avevano chiesto, ragliando, le Sardine? Che i politici cessassero di potersi esprimere liberamente, sui social. E adesso eccoci qui, con le restrizioni alla libertà di parola che ormai incombono a reti unificate: le televisioni partecipano alla crociata contro il web accreditandosi come uniche voci ascoltabili, serie e autorevoli, mentre l’Italia sospende – di fatto – la democrazia. Le Sardine, cioè Romano Prodi: per Magaldi il professore bolognese, «grande privatizzatore in grembiulino», è un’eminenza grigia – dietro le quinte – del “partito cinese” che ha ridotto l’Italia a provincia di Wuhan, senza neppure riuscire a evitare la strage, e mandando allo sbaraglio medici e infermieri. Infuria il grande terrore, e Conte sbaglia tutto lo sbagliabile: non si sbriga ad attrezzare posti letto per la rianimazione, poi lascia scappare al Sud migliaia di potenziali “untori”, quindi ferma il paese e chiude gli italiani in casa, mandando l’esercito nelle strade. «A proposito: guai se qualcuno si azzarda, come ventilato, a spedire i militari nelle nostre case, dopo il 15 aprile, a eseguire chissà quali controlli: si vuole commettere anche il reato di tentata strage, moltiplicando i contatti fra persone?». Italiani comunque già trasformati in gregge da sorvegliare: con le app sugli smartphone, con i droni. Tutti potenziali trasgressori, intimiditi da decreti minacciosi. Sprangati in casa, senza risarcimenti pronta cassa né la certezza di riuscire a riaprire – chissà quando – l’attività economica di cui è stata imposta la chiusura.E questo, avverte Magaldi, non è che l’inizio: è la “guerra” che ci si aspettava, da molto tempo. Si pensava a uno scontro finanziario con Bruxelles – dispotismo contro sovranità – e invece è arrivato il virus, a sparigliare le carte. Qualcuno, è evidente, ci si è avventato come un avvoltoio: quale migliore occasione, per archiviare libertà e democrazia terremotando anche l’economia? Magaldi annuncia battaglia: nel mirino, gli “apprendisti stregoni” che manovrano l’Oms, che ormai guida la nuova psico-polizia sanitaria, di sapore orwelliano. Nel partito “cinese”, accusa Magaldi, milita sicuramente Conte, una mezza figura destinata a non lasciare traccia quando non servirà più, esattamente come l’increscioso Di Maio, ormai rottamato insieme al Movimento 5 Stelle. Quanto al fondatore, Grillo – dice sempre Magaldi – l’ex comico coltiva relazioni molto altolocate, sorprendenti, anche se ormai sembra aver perso completamente la bussola. In ogni caso: tutte pedine, di un gioco più grande. Ma attenzione: pedine italiane. E questo, sì, è decisivo. Illuminante. Non è un caso che proprio l’Italia sia l’epicentro, l’occhio del ciclone che sta cambiando faccia al mondo, ridisegnando la globalizzazione, la vita quotidiana, il perimetro delle libertà.Inascoltato, Magaldi l’aveva ripetuto in tempi non sospetti: sta arrivando la bufera, e sarà proprio l’Italia la trincea strategica, il bivio decisivo. Da una parte la stretta autoritaria, dall’altra la riscossa democratica: la morsa del rigore, fino alla soppressione delle libertà più elementari, oppure il risveglio di un paese che – si calcola – potrebbe trovare la forza di demolire la menzogna europea dell’austerity neoliberista, la “dittatura” parassitaria della peggiore finanza, ritrovando la strada dei diritti sociali fino a fare da apripista per il mondo intero. Fantasie? Niente affatto, se si segue l’analisi di Magaldi (e le sue “profezie”, che puntualmente si avverano). Mesi fa, annunciava: Christine Lagarde e Mario Draghi, nientemeno, stanno divorziando dagli oligarchi e vorrebbero rimediare ai disastri che hanno contribuito a creare, massacrando l’economia europea. Primo round: alla richiesta italiana di aiuto, di fronte alla catastrofe-coronavirus, “lady Bce” risponde a muso duro: niente da fare, non siamo qui per calmare gli spread. Un’uscita tremenda, evitabilissima. «Gliel’abbiamo richiesta noi», dice Magaldi: «Le abbiamo chiesto di mostrare il vero volto, spietato, del potere europeo: solo così si sarebbe potuta finalmente suscitare l’indignazione generale che infatti ha spinto persino il timidissimo Mattarella ad alzare la voce per difendere l’Italia».Poco dopo, ecco il secondo round: l’affondo di Draghi, gran maestro del supremo rigore, che adesso chiede di ribaltare tutto e aprire i rubinetti, senza condizioni, per rianimare l’economia. Una mossa epocale, tenendo conto che Draghi resta uno degli uomini più influenti del pianeta. Nel suo curriculum: Bankitalia, Goldman Sachs, il Gruppo dei Trenta, la Bce. Prima ancora: da direttore del Tesoro, aveva orchestrato le devastanti privatizzazioni all’italiana che avevano declassato l’Italia (in tandem con Romano Prodi, incaricato di sabotare l’Iri, vero motore del Belpaese). Nella Seconda Repubblica – da Berlusconi a Monti, passando per D’Alema, Amato e Prodi – l’Italia ha continuato a scivolare verso il basso: l’ex quinta potenza industriale del pianeta è arrivata all’elemosina, alla fuga dei cervelli, alla strage delle aziende. Tagli ovunque: ricerca, sanità, lavoro, pensioni. Forche caudine: il Patto di Stabilità e il Fiscal Compact, il Mes, il pareggio di bilancio. Da trent’anni siamo in avanzo primario: lo Stato eroga meno denaro, in termini di servizi, rispetto a quanto ne riceva, dai cittadini, sotto forma di tasse. Verità scioccante, ma sempre taciuta. Ora ci siamo: è il dramma del virus a mettere a nudo le menzogne ufficiali (l’eccesso di debito, gli italiani “cicale”), nel frattempo costate sofferenze indicibili.Di fronte al Covid-19 – virus tuttora misterioso – si legge in trasparenza una dinamica precisa: il male esplode in Cina, e Pechino reagisce sequestrando i cinesi. Atto secondo, l’Italia: stesso film. Siamo il primo paese occidentale a reagire all’emergenza esattamente come l’oligarchia asiatica. Con una differenza: Xi Jinping si è limitato a sprangare Wuhan, noi invece abbiamo paralizzato l’intera penisola. Doveva servire da esempio per tutti? L’Italia come apripista del sistema-Cina da imporre all’Europa e poi al resto del mondo? Solo economia, senza più democrazia? Ognuno sta giocando le sue carte, dice Magaldi. E i nodi vengono al pettine, uno dopo l’altro. Finalmente, crolla la legittimità del rigore europeo: gli italiani adesso lo toccano con mano. «Non esiste scarsità di moneta: lo dice persino Draghi, smentendo se stesso (e in questo, dimostrando una certa grandezza)». L’ex presidente della Bce è consapevole del fatto che qui si sta davvero facendo la storia, partendo proprio dall’Italia: ma che combinazione, chi l’avrebbe mai detto?Magaldi annota: lo scontro sarà epocale, perché il nemico è potentissimo, transatlantico e transpacifico. E’ articolato in modo trasversale e tentacolare, sedimentato in decenni di potere incontrastato: finanziario e tecnologico, politico, mediatico, ideologico, scientifico, militare. Esattamente come per il contagio, non ci sono frontiere che tengano: la sfida è mondiale, tra democrazia e oligarchia. Primo obiettivo, intanto: smascherare in Italia il partito “cinese”, che poi cinese non è. E spiegare agli italiani che – ora sì – hanno la possibilità di cambiare il proprio destino. Certo, non sarà un passeggiata. Intanto, la penisola è in ginocchio. E domani, quando ai segregati sarà concesso di uscire di casa, si conteranno i caduti economici: una carneficina annunciata, pari a quella che si sta consumando negli ospedali. Ma attenzione: dalle guerre si può rinascere, l’economia si può ricostruire. La perdita della libertà, invece, è infinitamente più pericolosa. Magaldi invita a tenere gli occhi aperti: la democrazia (difettosa fin che si vuole) è un’invenzione recente, dopo millenni di autoritarismo. «Conquistarla è costato sangue, sempre. E non si tratta mai di una conquista definitiva: va difesa, ogni giorno. Lo stiamo imparando anche oggi».(Giorgio Cattaneo, Libreidee, 28 marzo 2020. Le affermazioni di Gioele Magaldi sono tratte dagli interventi su YouTube registrati in questi giorni: “Massoneria On Air” del 26 marzo con Paolo Franceschetti, “Nella Morsa” con Gianfranco Carpeoro – sempre su “Border Nights” – e poi “Siamo ancora in democrazia?”, con Marco Moiso e Roberto Hechich).Anziani soli e disperati che piangono, al telefono coi carabinieri, implorando un piatto di cibo, mentre i servizi segreti avvisano Palazzo Chigi che ormai il Sud è a rischio sommossa: dilaga l’economia sommersa, e dunque non è possibile indennizzare i lavoratori-fantasma reclusi anch’essi ai domiciliari. Così a Palermo già si saccheggiano gli scaffali, e a presidiare i supermercati accorre la polizia. Tutto questo mentre il truce Macron si schiera clamorosamente con l’Italia contro “l’Europa egoista”. E lo stesso Mattarella – per la seconda volta in pochi giorni, appena dopo l’uscita di Draghi sul “Financial Times” («soldi a tutti, e subito, perché ora siamo in guerra») – interviene dal Quirinale con un appello a Bruxelles: fine del rigore, o stavolta l’Italia ci lascia la pelle. Cronache del finimondo, minuto per minuto, nel giorno in cui si registrano quasi mille morti in appena 24 ore, drammatico record mondiale dell’apocalisse chiamata coronavirus. Tragedia nella tragedia: il governo italiano paralizza il paese imponendo il coprifuoco, ma senza riuscire a evitare l’ecatombe. E senza rassicurare né soccorrere finanziariamente, con tempestività, i milioni di lavoratori che ha confinato in casa, pena sanzioni severissime per chi sgarra: si può portare a spasso il cane, ma non i bambini.
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Veneziani: ci minaccia il pericolo di una dittatura sanitaria
Dopo l’esperienza del virus, sappiamo che l’eventuale minaccia totalitaria che si annida nel futuro potrà essere una dittatura sanitaria. Dittatura globale e/o nazionale, giustificata da norme anticontagio. Vi invito a un viaggio letterario e forse un po’ profetico nel futuro globale, partendo dai nostri giorni. Stiamo sperimentando sulla nostra pelle che nel nome della salute è possibile revocare la libertà, sospendere i diritti elementari e la democrazia, imporre senza se e senza ma norme restrittive, fino al coprifuoco. È possibile mettere un paese agli arresti domiciliari, isolare gli individui, impedire ogni possibile riunione di persone, decomporre la società in molecole, e tenerla insieme solo con le istruzioni a distanza del potere sanitario. Più magari un vago patriottismo ricreativo e consolatorio, da finestra o da balcone… Nessuno mette in discussione la profilassi e la prevenzione adottate, si può dissentire su singoli provvedimenti, su tempi, modi e aree di applicazione; ma nessuno vuol farsi obiettore di coscienza, renitente, se non ribelle, agli imperativi sanitari vigenti.E comunque tutti li accettiamo col sottinteso che si tratta di un periodo breve, transitorio, uno stato provvisorio d’eccezione. Ma se il rischio dovesse protrarsi, si potrebbe protrarre anche la quarantena e dunque la carcerazione preventiva di un popolo. Disperso, atomizzato, in tante cellule che devono osservare l’obbligo di restare separate (ecco come sterilizzare il populismo). Del resto, anche un’esperienza breve ma traumatica lascia segni destinati a durare e modificare il nostro rapporto col potere, con la vita e con gli altri. Il tema di fondo è antico quanto l’uomo e la politica. Il potere regge sulla paura, lo diceva Hobbes e in modi diversi Machiavelli. E lo dicevano gli antichi prima di loro. E la paura è sempre, alla fine, paura di morire. A volte si affronta e si addomestica quel timore attraverso due grandi rielaborazioni mitiche e sacrali: la visione eroica della vita o la visione religiosa ultraterrena. Se il modo in cui spendi la vita vale più della vita stessa, se l’aspettativa dell’Aldilà supera la difesa della pelle qui e ora, ad ogni costo, allora magari puoi scommettere fino in fondo.Se sei disposto a rischiare anche la vita hai una libertà che nessuno può toglierti. Ma se tutto è qui e non ci aspetta altro, né la gloria né l’eternità, allora la vita è l’assoluto e per lei siamo disposti a tutto, in balia di chiunque possa minacciarla o proteggerla. La libertà dalla paura ha anche una variante disperata: se vivi nella schiavitù e nella miseria più nera, se non hai nulla da perdere se non il tuo inferno quotidiano, allora forse sei disposto a mettere a repentaglio la tua incolumità e perfino la tua sopravvivenza. Ma se tutto sommato hai la tua casa e i tuoi minimi agi, la tua vita passabile, se non serena, allora no, la salvaguardia della salute è imperativo assoluto, e giustifica ogni rinuncia. E la nostra è una società salutista e in fondo benestante, che ha un solo, umanissimo e unanime imperativo, vivere più a lungo possibile e possibilmente bene. Di conseguenza davanti al terrore di contaminarsi e al rischio di morire, non c’è diritto, libertà, voto, opinione che tenga. Prima di tutto la salute. La voglia di sicurezza, fino a ieri esecrata, diventa una priorità assoluta. È la biopolitica.Se riscrivessimo oggi 1984 o “La Fattoria degli animali” di George Orwell, “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley o “Il Padrone del Mondo” di Robert Hugh Benson, se immaginassimo una distopia, cioè un’utopia negativa nel futuro, figureremmo un potere totalitario che usa la sanità, il contagio e la protezione dal contagio come la sua arma di dominazione assoluta. Magari non limitandosi a fronteggiare i casi di contagio ma procurandoli perfino, per esercitare poi il suo potere totalitario sulla società o su paesi che resistono alla sottomissione. Stiamo parlando di letteratura e non di realtà storica, sappiamo distinguere tra i fatti e l’immaginazione, non ci lasciamo prendere da nessuna sindrome del complotto diabolico. Però la letteratura a volte enfatizza, figura, esprime alcune latenti ma reali preoccupazioni della gente e a volte – pur nella sua narrazione fantasiosa – coglie alcune inquietanti tendenze e costeggia perfino alcune profezie. Pensiamoci, pur mantenendo lo scarto tra la realtà e l’immaginazione.Qualche giorno fa sottolineavo gli aspetti positivi della tremenda situazione che stiamo vivendo, la riscoperta di alcuni principi fino a ieri condannati: l’ordine e la disciplina, l’orgoglio nazionale e il senso della casa, solo per dirne alcuni. Ora sto sottolineando invece le controindicazioni inverse, gli effetti collaterali possibili di un terrore sanitario collettivo. Perché ogni scenario che si apre ha almeno due principali possibilità di sviluppo, oltreché di lettura, più un’infinità di varianti, gradi e sfumature. Nel frattempo patisco come voi queste interminate giornate di prove tecniche di fine umanità, con le metropoli ridotte, come aveva scritto Eugenio Montale riferendosi a Milano, a “enorme conglomerato di eremiti”. Una sera ho passeggiato da solo a Roma tra le rovine della contemporaneità, ben più spettrali e desolanti delle rovine antiche. E mi ha fatto così male che non ci riproverei più, anche se avessi una dispensa speciale per farlo. Non puoi vivere se il mondo intorno è morto. Ma restiamo in attesa di resurrezione.(Marcello Veneziani, “Il pericolo di una dittatura sanitaria”, da “La Verità” del 15 marzo 2020).Dopo l’esperienza del virus, sappiamo che l’eventuale minaccia totalitaria che si annida nel futuro potrà essere una dittatura sanitaria. Dittatura globale e/o nazionale, giustificata da norme anticontagio. Vi invito a un viaggio letterario e forse un po’ profetico nel futuro globale, partendo dai nostri giorni. Stiamo sperimentando sulla nostra pelle che nel nome della salute è possibile revocare la libertà, sospendere i diritti elementari e la democrazia, imporre senza se e senza ma norme restrittive, fino al coprifuoco. È possibile mettere un paese agli arresti domiciliari, isolare gli individui, impedire ogni possibile riunione di persone, decomporre la società in molecole, e tenerla insieme solo con le istruzioni a distanza del potere sanitario. Più magari un vago patriottismo ricreativo e consolatorio, da finestra o da balcone… Nessuno mette in discussione la profilassi e la prevenzione adottate, si può dissentire su singoli provvedimenti, su tempi, modi e aree di applicazione; ma nessuno vuol farsi obiettore di coscienza, renitente, se non ribelle, agli imperativi sanitari vigenti.